Seduta n. 228 del 14/7/1997

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Seguito della discussione della proposta di legge: S. 46. - Senatori Bertoni ed altri: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (approvata dal Senato) (3123); e delle concorrenti proposte di legge: Nardini ed altri: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (1161); Butti e Taborelli: Norme per l'ammissione nella polizia municipale degli obiettori di coscienza (1374); Bampo: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (3259) (ore 16,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato: S. 46. - Senatori Bertoni ed altri: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (3123); e delle concorrenti proposte di legge: Nardini ed altri: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (1161); Butti e Taborelli: Norme per l'ammissione nella polizia municipale degli obiettori di coscienza (1374); Bampo: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (3259).
Ricordo che nella seduta del 4 giugno scorso è stata respinta la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dai deputati Gasparri ed altri.
Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il relatore, onorevole Chiavacci, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCESCA CHIAVACCI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, la storia istituzionale del provvedimento in esame è molto lunga e per certi versi anche travagliata; da ciò credo derivi la sua importanza ed il motivo della grande attesa nel paese per la sua approvazione. Il provvedimento contiene la riforma della legge n.772 del 1972, recante norme in materia di obiezione di coscienza, ma certamente non può essere considerato soltanto - e non sarebbe poco - un semplice testo di adeguamento o di modifica di quella normativa.
La storia della legislazione del nostro paese in materia di obiezione di coscienza ha radici lontane che, per motivi di tempo, non posso esaminare dettagliatamente. Ricordo solo che il primo progetto di legge presentato in Parlamento nel 1949 portava le firme del socialista Calosso e del cattolico Giordani e che intorno a tale questione si è svolto soprattutto negli anni sessanta, in seguito a prese di posizione che provocarono anche conseguenze gravi per coloro che le avevano assunte - cito per tutti i casi giudiziari di don Lorenzo


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Milani, padre Balducci e Giorgio La Pira -, un dibattito anche molto aspro su cui si sono confrontate, e a mio parere arricchite, culture e sensibilità diverse. L'approvazione della legge n.772 del 1972 fu anche il frutto di questo dibattito. Per la prima volta veniva previsto un servizio civile sostitutivo della leva per chi si dichiarasse obiettore di coscienza a determinate condizioni.
Tale legge veniva successivamente modificata dalla legge n.695 del 1974; inoltre, come è noto, su questa stessa normativa sono intervenute, in fasi successive, numerosissime sentenze della Corte costituzionale, modificandone in maniera significativa alcune parti importanti. Tra le pronunce della Corte più significative sono da ricordare la sentenza n.164 del maggio 1985, che dichiarò che gli obiettori che prestano servizio civile concorrono pienamente alla difesa della patria, la sentenza n.113 del 23 aprile 1986, che dichiarò l'inammissibilità del fatto che gli obiettori fossero giudicati dai tribunali militari e la sentenza n.470 del 31 luglio 1989, con cui la durata del servizio civile venne equiparata a quella del servizio militare. Nei 25 anni di vita della legge n.772 il fenomeno delle obiezioni da parte di giovani italiani è aumentato esponenzialmente, fino ad arrivare alle quasi 48 mila domande del 1996.
Per quanto riguarda l'attività del Parlamento, questa è la quarta legislatura in cui si discute di detta riforma. Nella X si era giunti all'approvazione di un disegno di legge, che divenne oggetto di rinvio alle Camere da parte del Capo dello Stato con messaggio motivato da rilievi di ordine costituzionale; nella XI il provvedimento riprendeva il proprio iter alla Camera, ma una volta trasmesso al Senato non riceveva ulteriore impulso, sino alla conclusione della legislatura. Nel corso della XII legislatura il Senato ha approvato un testo di legge che, giunto alla Camera, venne esaminato dalla Commissione difesa in sede referente, con la costituzione di un comitato ristretto, ma a causa della fine anticipata della legislatura l'esame non giunse a conclusione.
La necessità di una riforma della legge vigente trova fondamento, innanzitutto, nelle trasformazioni profonde che in questi 25 anni sono avvenute all'interno della società italiana, rendendo quel testo obsoleto, inadeguato per regolare il fenomeno dell'obiezione. In secondo luogo, si tratta di un atto che anche organismi internazionali, come il Consiglio d'Europa e il Parlamento europeo, con la richiesta di armonizzazione delle normative esistenti nei vari paesi europei, hanno sollecitato. Infine, ricordo che settori importanti della società civile, come il volontariato e l'associazionismo, nonché del mondo istituzionale, come numerosissimi comuni italiani di alcune regioni, hanno più volte richiesto che il Parlamento procedesse in tal senso.
Credo che dovremmo affrontare la discussione su questa normativa partendo dalla convinzione che si tratta principalmente di una legge di principi, che attiene innanzitutto all'esercizio di alcuni diritti costituzionali, quali quello della libertà di pensiero e di opinione e quello della libertà di esercizio di fede religiosa; un provvedimento che riconosce l'esercizio di un diritto soggettivo e lo dichiara intangibile dinanzi ad una scelta che mette il cittadino di fronte alla propria coscienza. L'equilibro tra tale diritto e il dovere che quel cittadino ha nei confronti dello Stato, dovere sancito anch'esso costituzionalmente, viene raggiunto attraverso la costituzione di un servizio civile o sostitutivo, che si configura comunque come adempimento al sacro dovere di difesa della patria, come la Corte costituzionale ci ha ripetuto, ma che deve essere esercitato entro limiti precisi e che determina la necessità di una propria struttura organizzativa; necessità che diviene ancor più pressante nel momento in cui il fenomeno dell'obiezione di coscienza interessa decine di migliaia di giovani. Questo è ancor più vero nel momento in cui le Camere stanno discutendo e approvando parti importanti del nuovo modello di difesa. Le scelte che si potranno fare

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rispetto a ciò potranno essere di vario genere, ma sicuramente non operative da domani.
Nella discussione sul nostro sistema di sicurezza stiamo affrontando questioni destinate a segnare profondamente il futuro delle nostre Forze armate con un procedimento di programmazione e di definizione del sistema di reclutamento che avverrà, comunque, sul medio o lungo periodo. Questo percorso di riforme sarebbe incompleto qualora non si rendesse operativa da subito nel nostro paese, ultimo ormai in Europa (ricordo ai colleghi che pochi giorni fa anche la Grecia, che condivideva con noi questo primato, ha approvato una legge di principi che riguarda il riconoscimento del diritto all'obiezione), una norma che, nell'immediato, riconosca appunto questo diritto.
Passo rapidamente alla descrizione di ciò che è avvenuto in questa legislatura. Alla Commissione difesa sono stati assegnati in materia di obiezione, oltre al progetto di legge dei senatori Bertoni ed altri, il n.3123, già approvato dal Senato, anche la proposta di legge n.1161 dei deputati Nardini ed altri e la proposta di legge Butti e Taborelli n.1374. L'esame abbinato di tali progetti di legge ha avuto inizio il 13 febbraio ed è quindi proseguito nelle sedute del 18 e del 19 febbraio. Nel frattempo, è stata assegnata alla Commissione la sentenza della Corte costituzionale n.43 del 10 febbraio 1997, che riguarda appunto la legge n.772, su cui tornerò successivamente. La Commissione ha quindi proceduto, ai sensi dell'articolo 108, comma 5, del regolamento, all'esame congiunto della predetta sentenza della Corte con le tre proposte di legge assegnate.
Il dibattito è proseguito nelle sedute del 12 e 13 marzo, nel corso delle quali si è svolto un ampio dibattito che ha investito prevalentemente profili procedurali. Alcuni deputati hanno infatti rilevato l'inopportunità che la Commissione difesa procedesse all'esame delle predette proposte di legge in materia di obiezione di coscienza avendo il Governo presentato al Senato, il 12 febbraio scorso, un proprio disegno di legge (atto Senato n.2118) che disciplina l'istituzione ed il funzionamento del servizio civile nazionale, all'interno del quale dovrà essere svolto anche il servizio sostitutivo degli obiettori di coscienza. È stata quindi richiesta da parte di taluni deputati l'attivazione delle opportune intese tra i Presidenti delle due Camere, ai sensi dell'articolo 78 del regolamento, con riferimento al predetto disegno di legge governativo assegnato alla Commissione difesa del Senato ed alle proposte di legge al nostro esame in materia di obiezione.
Dopo che la Commissione si era espressa in senso contrario all'attivazione delle predette intese, il presidente della Commissione difesa, onorevole Spini, il 18 marzo scorso ha rimesso alla valutazione del Presidente della Camera l'accertamento dell'esistenza o meno dei presupposti per il ricorso alla procedura di cui all'articolo 78. Nello stesso giorno il Presidente della Camera ha comunicato di non ritenere che ricorressero i presupposti per l'attivazione delle suindicate intese con riferimento ai progetti di legge sull'obiezione, trattandosi di materia su cui era già intervenuta la deliberazione del Senato, precisando infine che la IV Commissione poteva proseguire l'esame dei progetti di legge sull'obiezione di coscienza. Mi scuso se mi sono dilungata, ma credo si tratti di una questione importante anche ai fini del successivo dibattito e, soprattutto, per illustrare il confronto molto acceso svoltosi in Commissione a questo riguardo.
Il seguito dell'esame ha avuto luogo nelle sedute del 20 marzo e del 1 aprile; in quest'ultima seduta, tenuto conto dell'avvenuta iscrizione dei progetti di legge all'ordine del giorno dell'Assemblea - prevista già dall'8 aprile -, è stato concluso l'esame preliminare e la Commissione ha deliberato di assumere come testo base per il seguito dell'esame la proposta di legge n.3123, già approvata dal Senato. È stato quindi fissato un termine per la presentazione degli emendamenti, entro il quale sono pervenuti circa 2.400 emendamenti.

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Nella seduta del 3 aprile scorso, dopo un ampio dibattito sull'ordine dei lavori, il presidente della Commissione difesa, constatata l'impossibilità di esaurire l'esame degli emendamenti entro la data prevista dell'inizio dei lavori dell'Assemblea, ha esercitato i suoi poteri ordinatori, basati su circolari dei Presidenti della Camera e su numerosi precedenti, ponendo direttamente in votazione il mandato alla sottoscritta a riferire favorevolmente sul progetto di legge (atto Camera n.3123).
Si ricorda che su questa proposta erano chiamate ad esprimersi in sede consultiva, oltre alle Commissioni affari costituzionali e bilancio, anche le Commissioni affari esteri, ambiente ed attività produttive. Erano inoltre previsti i pareri rinforzati della Commissione giustizia per le disposizioni di natura sanzionatoria e della Commissione lavoro per gli aspetti in materia previdenziale. Tali pareri non sono stati peraltro espressi dalle competenti Commissioni nei tempi utili per consentire alla relatrice ed alla Commissione di riferire all'Assemblea. Pertanto, la Commissione, tenuto conto del calendario dei lavori dell'Assemblea, ha concluso l'esame in sede referente anche in mancanza dei predetti pareri, come peraltro consentito dalla circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997 sull'istruttoria legislativa nelle Commissioni. La Commissione ha anche proceduto ad un'attività conoscitiva sui temi oggetto del provvedimento in esame; nell'ambito dell'ufficio di presidenza, infatti, sono state svolte audizioni del comitato promotore dei referendum sulla legge n.772 e della congregazione cristiana dei testimoni di Geova, nonché della consulta nazionale enti per il servizio civile. Nella precedente riunione del 6 marzo 1997 l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, aveva inoltre svolto un'audizione informale del ministro della difesa avente ad oggetto temi afferenti a diversi procedimenti legislativi in corso presso la Commissione, tra cui anche quello relativo all'obiezione di coscienza.
Devo infine ricordare che l'8 aprile scorso, dopo la conclusione dell'esame in sede referente, è stata assegnata alla Commissione anche la proposta di legge Bampo ed altri n.3259, sempre recante nuove norme in materia di obiezione di coscienza, che il 15 aprile è stata abbinata a quelle già esaminate per ricomprenderla nella relazione. Ricordo comunque che la Commissione ha adottato come testo base il progetto di legge già approvato dal Senato ed ha conferito alla sottoscritta il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea su tale progetto di legge.
Passo ora alla descrizione dettagliata del contenuto del testo in esame. Il principio di fondo al quale è informata la proposta consiste nel pieno riconoscimento al cittadino, sancito nell'articolo 1, del diritto di rifiutare, sulla base di motivi di coscienza e per contrarietà all'uso delle armi, la prestazione del servizio militare. Non è legittimo alcun controllo da parte dello Stato sui presupposti che inducono un giovane a dichiararsi obiettore. La norma riconduce tale opzione al libero esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione, e richiama in tal senso la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e la Convenzione internazionale sui diritti civili. I cittadini che effettuano la scelta dell'obiezione possono adempiere il dovere della difesa della patria sancito dall'articolo 52 della nostra Costituzione attraverso lo svolgimento di un servizio civile autonomo da quello militare.
Le cause che ostano all'esercizio del diritto di obiezione sono indicate dall'articolo 2 e sono in larga misura analoghe a quelle già previste dalla legge n.772 (anche se nel dibattito al Senato sono stati approvati emendamenti che hanno ampliato tali cause ostative). Esse consistono in fattispecie dalle quali è direttamente desumibile una incompatibilità con la scelta dell'obiezione. In primo luogo, la preclusione opera per quanti siano titolari di licenze o autorizzazioni all'uso delle armi. Si prevede in tal senso che, qualora un cittadino soggetto agli obblighi di leva faccia richiesta per ottenere la licenza di

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caccia, il questore debba avvertirlo della conseguenza preclusiva che deriverà da tale autorizzazione.
La seconda categoria di cittadini esclusi dalla scelta dell'obiezione comprende quanti abbiano presentato richiesta per l'arruolamento nelle Forze armate o di polizia o per qualunque altro impiego che comporti l'uso delle armi. Infine, ricadono nell'esclusione i condannati con sentenza di primo grado per reati connessi a detenzione, importazione o altro utilizzo abusivo di armi e materiali esplodenti, nonché i condannati in primo grado per delitti non colposi comportanti violenza contro le persone ovvero per delitti riguardanti l'appartenenza a gruppi eversivi o di criminalità organizzata.
Per promuovere l'informazione sulla nuova normativa, l'articolo 3 dispone che nei bandi di chiamata alla leva redatti dal Ministero della difesa venga fornita l'indicazione dei diritti e dei doveri relativi all'obiezione di coscienza. Le procedure per il riconoscimento della posizione di obiettore sono indicate agli articoli 4 e 5. La domanda deve essere presentata entro 60 giorni dalla data dell'arruolamento ovvero, in caso di rinvio del servizio militare, entro il 31 dicembre dell'anno precedente la chiamata. Anche questi termini sono identici a quelli previsti dalla legge vigente. Nella domanda, oltre ad una dichiarazione che faccia esplicito riferimento ai motivi di cui all'articolo 1, deve essere altresì dichiarata l'insussistenza delle cause ostative previste dall'articolo 2. Nella domanda stessa può inoltre essere indicata la propria preferenza in ordine al settore di destinazione per l'espletamento del servizio civile.
Il provvedimento di accoglimento, ovvero di reiezione motivata della domanda deve essere emesso dal Ministero della difesa nel termine di sei mesi, decorso il quale la domanda si intende accolta. Avverso le decisioni del ministero è ammesso ricorso dell'interessato al pretore competente per territorio, che può sospendere l'efficacia del provvedimento di reiezione fino alla sentenza definitiva.
L'articolo 6 dispone la piena equiparazione giuridica e retributiva tra obiettori e militari di leva. Il periodo di servizio civile è riconosciuto valido ai fini del trattamento previdenziale nel settore pubblico ed in quello privato con gli stessi criteri e modalità operanti per il servizio di leva.
Inoltre, si prevede che, tanto il servizio civile, quanto il servizio militare siano valutati nei concorsi pubblici con il medesimo punteggio riconosciuto per l'espletamento di impieghi presso la pubblica amministrazione.
Dopo che è stato emesso il provvedimento di accoglimento, il nominativo dell'obiettore viene inserito in un'apposita lista per il servizio civile.
I compiti di coordinamento e di organizzazione del nuovo servizio civile - questa è una novità importante rispetto alla legge vigente, che prevede la gestione da parte del Ministero della difesa - sono affidati ad un ufficio per il servizio civile nazionale, istituito dall'articolo 8 presso il Dipartimento affari sociali della Presidenza del Consiglio. L'ufficio provvede alla gestione ed alla assegnazione degli obiettori sulla base di una programmazione annuale, che tiene conto delle esigenze riscontrate nei vari settori di utilizzo e che viene effettuata dopo aver acquisito il parere delle regioni e delle province autonome (questa è un'altra novità).
I soggetti presso i quali vanno destinati gli obiettori...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Chiavacci, ma ho il dovere di avvertirla che lei dispone ancora di tre minuti.
Eventualmente, potrebbe riassumere gli aspetti che ritiene più significativi, consegnando il testo integrale perché venga pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

FRANCESCA CHIAVACCI, Relatore. La ringrazio, signor Presidente, ma sono giunta quasi alla fine. Ci tengo tuttavia - perché questo è un aspetto sul quale vi sarà poi discussione - ad indicare le


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attività alle quali gli obiettori potranno essere destinati. Esse comprendono l'assistenza, la prevenzione, la cura e la riabilitazione, il reinserimento sociale, l'educazione, la protezione civile, la cooperazione allo sviluppo, la difesa ecologica, la salvaguardia del patrimonio artistico ed ambientale, la tutela e l'incremento del patrimonio forestale (credo sia importante citarlo). Viene espressamente esclusa l'assegnazione a mansioni di natura burocratico-amministrativa.
Ho citato le due novità fondamentali, cioè il riconoscimento del diritto soggettivo e la gestione da parte del Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio. Ovviamente da questo discendono una serie di conseguenze organizzative che derivano dalla nuova concezione del servizio civile.
Per quanto riguarda i profili di conformità del testo alla sentenza della Corte costituzionale n.43 - anche questo è un aspetto importante che abbiamo esaminato insieme -, che si sofferma in particolare sul comma 3 dell'articolo 8 della legge vigente, il quale dispone che l'espiazione della pena esoneri dalla prestazione del servizio militare di leva, reputandola «insuperabilmente contraddittoria», la mia proposta - che peraltro è molto aperta a suggerimenti e consigli per superare questo aspetto di incongruità, visto che il testo che esamineremo è identico a quello della legge vigente - è quella di risolvere la contraddizione attraverso l'approvazione di un ordine del giorno che inviti il Ministero della difesa ad intervenire in via amministrativa attraverso una circolare.
Concludo, ricordando che da anni il nostro paese attende una legge di riforma della legge n.772. Questo testo, pur riproponendo sostanzialmente l'impianto adottato dal Parlamento fin dal 1990, ha recepito molte delle richieste provenienti dai vari gruppi parlamentari. Sono stati approvati 13 dei 20 emendamenti presentati dall'opposizione. Nell'altro ramo del Parlamento si è registrato un dibattito diverso rispetto al passato, più sereno e pacato, mentre nelle votazioni in aula vi è stato un ampio consenso.
Auspico pertanto che anche alla Camera si possa riproporre il clima registrato al Senato, e che tutti i gruppi raggiungano la consapevolezza che stiamo per affrontare una discussione che verte principalmente sul riconoscimento di un diritto soggettivo, di un principio di libertà. Invito pertanto tutti i colleghi ad affrontare la discussione in questo modo e ad esprimere un voto favorevole, senza apportare modifiche al testo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il sottosegretario di Stato per la difesa, onorevole Rivera.

GIOVANNI RIVERA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Mi riservo di intervenire in sede di replica, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ritengo che si debba fare una valutazione iniziale su questo provvedimento, dopo aver ascoltato le considerazioni esposte dal relatore, che poi coincidono con quelle della maggioranza. Sono del parere che ci troviamo di fronte ad un fatto eccezionale, o quanto meno anomalo, rispetto ad una gestione di buona amministrazione, perché questo provvedimento è pervenuto al nostro esame - dopo essere stato sottoposto al vaglio della Commissione e dopo la reiezione della questione pregiudiziale posta dall'onorevole Gasparri - nonostante presso l'altro ramo del Parlamento giaccia un disegno di legge volto a istituire il servizio civile nazionale.
La cosa strana - mi rivolgo soprattutto al sottosegretario - è che molti riferimenti di questo provvedimento sono contenuti anche nel disegno di legge governativo presentato al Senato. Non sono pertanto chiari gli obiettivi, poiché il Governo in materia di forze armate agisce in maniera disorganica e disordinata, spesso sincopata


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rispetto ai progetti ed ai traguardi che intende raggiungere. Se vi è una gestione a singhiozzo, è proprio quella nell'ambito della difesa.
La relatrice ha portato a sostegno delle sue considerazioni la valutazione del nuovo modello di difesa, che a mio parere invece indebolisce le sue argomentazioni: infatti, l'aspettativa di tale modello avrebbe dovuto consigliare il Governo e il Parlamento a non prendere iniziative fino a che non sia chiaro quale sia il progetto in questo senso da parte dell'amministrazione della difesa. Si sta invece andando avanti, per così dire, a pezzetti ed a bocconi per quanto riguarda il servizio civile nazionale e l'obiezione di coscienza: vorrei capire, una volta approvata l'obiezione di coscienza e determinate talune conclusioni rispetto ad obiettivi già raggiunti, come si inserisca la questione della nuova obiezione di coscienza. Per esempio, vorrei sapere come si collochi l'ufficio del servizio civile presso il dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri nell'ambito del servizio civile nazionale previsto dal disegno di legge governativo presentato dal Senato.
Mi domando dunque come si inquadri questo complesso di provvedimenti nell'ambito del nuovo modello di difesa, dell'organizzazione del servizio civile ed in presenza dell'obiezione di coscienza: ho l'impressione che ci troviamo di fronte ad un provvedimento che, pur senza dolo, ha comunque la sventatezza di creare difficoltà all'organizzazione delle nostre forze armate. Dico questo con grande pacatezza, signor Presidente, perché le vicende che stanno caratterizzando questo momento politico non ci inducono a voli pindarici, né a fughe in avanti, né ad estreme considerazioni propagandistiche e tanto meno demagogiche. Certamente vi è, da parte dell'amministrazione della difesa, un'implicita azione di smantellamento o, quanto meno, di ridimensionamento delle nostre forze armate.
C'è poi un'altra questione. Debbo dirlo tranquillamente all'onorevole Chiavacci: ma perché parlare degli anni quaranta, del 1946, del 1947, menzionando Calosso, La Pira, don Milani, Balducci e Gino Giordani? Quelli erano momenti diversi, in cui si svolgevano le grandi battaglie per la libertà spirituale, per i principi etici. La battaglia di oggi per l'obiezione di coscienza non credo abbia nulla a che vedere con quelle tensioni e con quelle motivazioni ideali che riguardavano l'individuo, la libertà e la dignità della persona. I grandi personaggi che lei ha citato, onorevole Chiavacci, conducevano quelle battaglie in un clima diverso, in una situazione diversa, in una storia diversa, in un'organizzazione diversa del nostro paese.
La storia dell'obiezione di coscienza prende avvio negli anni settanta, con le grandi mobilitazioni studentesche, i grandi confronti, gli incidenti nelle piazze e gli interventi delle forze dell'ordine. Non so se la legge n.772 del 1972, che lei ha ampiamente ricordato, sia una grande legge, però ha consentito, a quanti rivendicavano questa esigenza, di dichiararsi obiettori di coscienza e di essere collocati nelle varie strutture convenzionate con il Ministero della difesa. Ha consentito, quindi, che questo istituto potesse esistere ed operare; però il Governo, più volte da noi sollecitato, non ci ha mai detto con chiarezza quale sia stato il ritorno, sul piano produttivo, dei servizi - non soltanto dal punto di vista economico -, dell'attività svolta dagli obiettori collocati nelle varie strutture del servizio civile. Non ci ha detto quali risultati gli obiettori abbiano raggiunto nei carceri minorili, negli assessorati per i servizi sociali, nella Caritas e così via.
Il fatto è che non ci è stato nemmeno detto se veramente si tratti di un discorso che riguarda la coscienza e la libertà individuale, oppure soltanto di una questione di interesse occasionale, strumentale, che ha preso il sopravvento nell'applicazione di quella che deve essere invece una legge eccezionale che regola la realtà di minoranze che si evidenziano all'interno del nostro paese. Ritengo, allora, che se il Governo fosse così benevolo ed accondiscendente nei confronti del Parlamento, se fosse così disponibile, se fosse

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così buono e magnanimo da fornirci gli elementi, i dati, potremmo verificare tranquillamente che molti si dichiarano obiettori di coscienza per poter stare a casa, dormire e mangiare a casa, in una situazione più favorevole, diversa rispetto a quella di chi svolge il servizio militare, senza che tutto ciò dia, onorevole sottosegretario, alcun ritorno sul piano produttivo. Nella mia regione si racconta una storiella: si dice che vi sia gente che ha presentato la domanda di obiezione di coscienza e che proviene da ambienti certamente non esaltati o trasfigurati da principi etici, essendo invece organicamente inserita in organizzazioni criminose.
Vi è poi un altro aspetto da considerare, onorevole Chiavacci. Sono previste alcune limitazioni: non si devono praticare le armi, non si deve avere la licenza di caccia, né si deve essere presentata domanda per entrare nell'Arma dei carabinieri, nella polizia di Stato, nella Guardia di finanza e così via. Il provvedimento prevede che il personaggio che presenta richiesta di rilascio del porto d'armi venga chiamato dal questore, il quale dovrebbe dirgli: stai attento, perché se presenti questa domanda non avrai diritto a dichiararti obiettore di coscienza. Il personaggio in questione, naturalmente, farà la sua scelta, deciderà se presentare o meno quella domanda. Però, nel momento in cui questo ragazzo presenta la domanda per ottenere, per esempio, una licenza per una rivendita di armi o per praticare la caccia non ha già manifestato una tendenza e una volontà, e che non hanno nulla a che fare con quelle che sono state e che sono le grandi tensioni che hanno animato i veri obiettori di coscienza e che noi non vogliamo criminalizzare, ma al contrario tutelare? Ritengo che questo aspetto debba essere valutato attentamente.
Signor Presidente, c'è poi una serie di altre considerazioni da fare che riguardano l'articolo 52 della Carta costituzionale. Una sentenza della Corte costituzionale - chi è ormai avanti negli anni come me sa che le sentenze della Corte costituzionale vengono assunte sempre con beneficio di inventario: non abbiamo grandi certezze in questo nostro paese ed anche le grandi certezze istituzionali cadono un pezzo dietro l'altro - afferma che coloro che fanno gli obiettori di coscienza concorrono pienamente alla difesa della patria. Alla luce di questa sentenza della Corte costituzionale, pongo una domanda al Governo e al relatore, onorevole Chiavacci, che del resto ha svolto un'ottima relazione e per questo devo complimentarmi con lei. È una domanda che pongo anche ai colleghi della maggioranza: se «concorrere pienamente alla difesa della patria» è un'espressione che corrisponde alla previsione contenuta nell'articolo 52 della Costituzione, che afferma che la difesa della patria è sacro dovere del cittadino, che significa allora riconoscere in questo provvedimento in capo a chi si professa obiettore di coscienza un diritto soggettivo, e prevedere la tutela di questo diritto, mentre nella Carta costituzionale c'è la previsione di un dovere?
Infatti, chi presta il servizio militare riveste uno status particolare, che impone un affievolimento dei diritti, una condizione diversa, caratterizzata dalla gerarchia e soprattutto da imposizioni e da condizionamenti legati proprio allo status militare, come i vincoli derivanti dal regolamento di disciplina. Certo, in questa proposta di legge, si prevede all'articolo 8, comma 2, lettera g), un regolamento di disciplina degli obiettori di coscienza; però, ritengo che comunque non poniamo sullo stesso piano chi fa il servizio militare e chi fa invece l'obiettore di coscienza. Tanto è vero che nelle varie proposte di legge presentate in passato vi era stato il tentativo di differenziare chi faceva l'obiettore di coscienza e chi prestava servizio militare quanto meno sul piano temporale, per cui si prevedeva una durata di quindici mesi per il servizio civile rispetto ai dodici mesi del servizio di leva (dopo che quest'ultima è stata ridotta a dieci mesi, il servizio civile è stato portato a dodici mesi).

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Anche nelle proposte di legge presentate in questa legislatura veniva mantenuta questa differenziazione della durata del servizio civile rispetto al servizio militare, proprio perché si capiva che chi fa il servizio militare ha una condizione particolare. Oggi, invece, vogliamo mettere sullo stesso piano l'obiettore di coscienza e chi svolge il servizio militare, e questo non è giusto, perché viene uniformata anche la durata: dieci mesi per chi è chiamato a fare il militare e dieci mesi per chi è chiamato a fare l'obiettore di coscienza.
Passo ad un'altra considerazione, signor Presidente. Questi obiettori di coscienza vengono inviati a svolgere certi servizi nelle strutture cui ho fatto poc'anzi riferimento. Tali strutture non sono controllate, non sono inserite in un progetto diverso, articolato per quanto riguarda il servizio civile. Voglio capire se qualifichiamo professionalmente gli obiettori di coscienza. In realtà, noi non qualifichiamo gli obiettori di coscienza. Ecco perché sarebbe stato meglio attendere il provvedimento organico concernente l'istituzione del servizio civile nazionale ed attendere il nuovo modello di difesa; invece si va avanti in termini di grande disarticolazione, cosa che certamente non possiamo accettare.
Signor Presidente, concludendo, mi auguro che nel seguito del dibattito si faccia una valutazione oggettiva al di fuori, onorevole Rivera, degli schieramenti di maggioranza e di minoranza; mi auguro, cioè, che si faccia una valutazione oggettiva e che il Governo e il Parlamento raccolgano il messaggio scaturito dall'ultimo referendum sull'obiezione di coscienza. Se i referendum hanno un senso e un significato e possono lasciare un messaggio, ebbene quest'ultimo dovrebbe essere raccolto da chi nel Parlamento rappresenta ed esprime la sovranità nazionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.

SIMONE GNAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, diciamo che finalmente la Camera si trova qui a dibattere su un argomento che dal 1949 è oggetto di dialettiche di carattere sociale.
Ricordo che la normativa n.772 del 1972 ha cercato di dare una risposta ad esigenze di carattere politico. Ricordo la trasformazione dell'obiezione di coscienza rispetto a quella che era inizialmente e che veniva portata avanti da alcuni soggetti che vedevano nel riconoscimento della libertà individuale uno dei principi etici e religiosi. L'obiezione di coscienza si è trasformata (ricordo il periodo degli anni sessanta-settanta da alcuni considerato il periodo d'oro e da altri il periodo nefasto) non solo in un riconoscimento - in primis - di legittime ricerche individuali dal punto di vista religioso ed etico, ma anche in un riconoscimento di carattere politico.
È evidente che viviamo in una società dove chi ha portato avanti l'obiezione di coscienza si identifica con una parte, mentre chi si è opposto si identifica con un'altra parte. Viene così meno il riconoscimento di quelli che sono i principi individuali (in questo caso la libertà assolutamente soggettiva di scelta). Deve cioè trattarsi di una volontà generale - il che è estremamente importante - per arrivare a trattare, quindi a riformare quella che è un'esigenza evidente agli occhi di tutti: l'esigenza di una normativa che forse in questo momento è assolutamente inadeguata. È inadeguata perché molti sono gli oggetti che ruotano.
Mi riferisco non solo a quello a cui si riferiva in precedenza lo stesso onorevole Tassone e cioè al fatto che vi è un provvedimento all'esame del Senato, ma anche al provvedimento legato al modello di difesa europeo. Il provvedimento, tra l'altro, dovrebbe prevedere anche l'entrata (sono stato testimone di dialettiche molto forti riguardo a questo aspetto) delle donne nel servizio militare, in Italia.
Ma voglio qui ricordare altri aspetti, quali il servizio volontario e quello concernente il professionismo, punti legati in particolar modo alle funzioni delle forze armate in Italia. In altre parole, mi sto


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riferendo agli interventi di quelle che sono forze militari che si devono occupare di missioni di peace-keeping.
Su questo provvedimento, dunque, ruotano e sono centripeti altri oggetti. La richiesta che la materia fosse trattata in modo organico e in concomitanza ad altri oggetti, trovo che sia non soltanto consona, ma anche coerente con quella che è poi l'esigenza di riguardare tutto l'oggetto delle forze armate.
Al pari del relatore e del presidente della Commissione, nel sentire i nomi di quei personaggi che hanno combattuto per l'obiezione di coscienza e provenendo da Firenze dove ho ascoltato Don Milani, Padre Balducci degli scolopi e La Pira, non posso che dire che si tratta di soggetti che hanno ruotato nell'area fiorentina e nella stessa città di Firenze; sono tutti personaggi che ci hanno istruito.
L'onorevole Tassone diceva prima che non dobbiamo tornare indietro facendo sempre riferimento agli stessi personaggi; sta di fatto che questi hanno parlato molto nel passato, un passato che non è estremamente remoto, ma recente. Tuttavia, dobbiamo aver presente che la società si è evoluta e non è più quella di cui si occupavano questi personaggi. Noi ci troviamo talora a dibattere su alcune loro argomentazioni, perché essi hanno preso una posizione chiara ed incisiva sull'obiezione di coscienza, ma essendo trascorso del tempo, è giusto che altri soggetti, che non devono essere necessariamente La Pira, padre Balducci o don Milani, si occupino del problema. Quei personaggi hanno fatto affermazioni di alto profilo, non solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello filosofico - mi riferisco soprattutto ad alcune affermazioni sull'obiezione di coscienza fatte da padre Balducci - ed è quindi giusto che il dibattito oggi sia acceso e forte. Si deve trattare di un dibattito che deve implicare la dialettica tra maggioranza e minoranza, ma che deve concludersi con un esito che sia espressione della volontà generale.
Non solo è necessario rivedere l'anacronistica legge n.772, ma è anche necessario armonizzare la nostra legislazione a quella vigente negli altri paesi della Comunità europea. Infatti, siamo gli unici a trovarci in una situazione legislativa paragonabile a quella della Iugoslavia prima della disgregazione, dal momento che tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale riconoscono uno dei caratteri primari: la differenziazione temporale. È una questione che affronteremo in modo più dettagliato quando esamineremo l'articolato, ma la differenziazione temporale è essenziale. In tutti gli altri paesi europei vi è una differenza di tempo tra i due servizi militari. Tra l'altro vi è una risoluzione del Parlamento europeo del 1989 che invita tutti i paesi aderenti alla Comunità ad adeguarsi a questa differenziazione. Sempre nel 1989, però, vi è stata una sentenza della Corte costituzionale che ha stabilito l'incostituzionalità della differenziazione temporale contenuta nella legge n.772.
A tale proposito anticipo quello che sarà il contenuto di uno dei nostri emendamenti, per dire che si potrebbe prevedere un corso preparatorio di tre mesi da svolgere prima del servizio civile. In pratica l'arco complessivo del servizio sarebbe di quindici o di tredici mesi, per cui chi opta liberamente per l'obiezione di coscienza, svolgerebbe il suo servizio per tre mesi in più. Ciò però non è previsto nel provvedimento al nostro esame, sul quale l'onorevole Chiavacci ha svolto un'ottima relazione. È giusto, allora, che l'opposizione metta in evidenza gli aspetti sui quali non concorda.
Io sono per il professionismo ed a tale riguardo entrerò probabilmente in contrasto con il mio gruppo, ma anche gli ultimi eventi che si sono verificati in Albania dimostrano chiaramente come la non conoscenza di alcuni mezzi e l'assoluta incapacità a maneggiare determinati ordigni non per motivi di stupidità - ci mancherebbe altro! - ma per ragioni di ignoranza, di legittima ignoranza, poiché

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tali soldati non sono chiamati ad essere in ciò competenti, abbiano provocato una tragedia.
È quindi essenziale optare per il professionismo, o quantomeno per una struttura mista e ciò sarà oggetto di future discussioni che vedranno impegnato in modo non indifferente il sottosegretario.
Poiché sono favorevole al professionismo, sono attualmente d'accordo sull'obiezione di coscienza, perché reputo legittimo che un soggetto liberamente e in piena coscienza decida come impiegare una parte della propria esistenza: una parte che prevede la sottoposizione ad una rigida disciplina di tipo gerarchico e quindi presuppone una diversità di atteggiamento nei confronti di quei giovani che liberamente scelgono, in base a considerazioni di carattere personale ed etico, l'obiezione di coscienza.
Certamente l'elevato numero di domande che sono pervenute negli ultimi tempi fa sorgere il dubbio che si faccia obiezione di coscienza per evitare di prestare il servizio di leva, avvalendosi della facoltà di prestare il servizio civile. Da parte degli organi di stampa e dalla stessa televisione sono state ampiamente diffuse notizie circa i servizi prestati sul territorio dai giovani che scelgono il servizio civile. Analogo risalto è stato dato anche dalle varie istituzioni, non solo da questo, ma anche dai precedenti Governi, ma non mi risulta che vi siano stati servizi di propaganda di incentivazione sotto questo punto di vista; anzi negli ultimi anni vi è stata una propaganda di immagine da parte delle Forze armate. Dobbiamo pensare che decine di migliaia di giovani si sono ritrovati ad essere «folgorati sulla strada di Damasco» e hanno deciso di svolgere il servizio civile. Certo che è meglio svolgere il servizio civile, perché si sta vicini a casa, perché il più delle volte le scelte operate vengono assecondate e perché l'impegno è limitato a pochissime ore nell'arco della giornata! In sostanza si tratta di un servizio totalmente opposto a quello richiesto ad un giovane che presta il servizio di leva.
Per questo motivo abbiamo presentato un emendamento attraverso il quale si dà la possibilità di svolgere il servizio civile al di fuori della regione di residenza al fine di consentire ai giovani quelle conoscenze, quella aggregazione e quella partecipazione nazionale che tutti auspichiamo.
Il dibattito svoltosi presso l'altro ramo del Parlamento è stato molto sereno ed in quella sede la lega si è astenuta. Confesso che non comprendo questo tipo di voto perché, a mio parere, su un argomento delicato come quello dell'obiezione di coscienza si può essere solo a favore o contro. Se poi la lega presenta alcuni emendamenti, e questi non vengono approvati, deve votare contro e non semplicemente astenersi. Probabilmente alcuni colleghi dissentiranno dalle proposte che farò in questa sede ma, lo ripeto, è auspicabile o un voto a favore o un voto contrario.
Il relatore si è dichiarato disponibile ad accettare suggerimenti e consigli. Non sono certamente nella condizione di dare suggerimenti e consigli al relatore, ma solo un piccolo apporto ad una dialettica che speriamo sia costruttiva. In alternativa proporrò un voto contrario perché penso che dobbiamo essere molto chiari su questo argomento, poiché il progetto di legge al nostro esame si pone molti obiettivi. Non dimentichiamo che si è passati dalle 4.800 domande alle oltre 47 mila dell'ultimo anno, che c'è una sentenza della Corte costituzionale che non permette di adeguarsi ad una risoluzione del Parlamento europeo, che la legislazione italiana non è armonizzata con il futuro modello di difesa europeo. È questo un problema che riguarda anche altri paesi, come la Grecia, ma poiché l'Italia punta ad essere uno dei paesi guida, occorre che la sua legislazione sia in armonia con quella dei paesi fautori del modello di difesa europeo.
Non mi dilungo oltre, sia perché mi trovo perfettamente d'accordo dal punto di vista storico con quanto già anticipato dal relatore, sia perché sull'articolato preferisco intervenire successivamente. I punti essenziali sono sempre gli stessi: la

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differenza temporale, la possibilità di indicare luoghi diversi da quelli della regione di provenienza, l'ipotesi di eliminare un'incombenza ulteriore per il Ministero della difesa, coinvolgendo altri dicasteri.
A quest'ultimo proposito, in altri paesi è stato creato un comitato ad hoc per il vaglio delle domande. Da noi il compito è sempre attribuito al Ministero della difesa e quindi sarebbe necessario far intervenire autonomamente, non insieme, un altro organismo che possa poi decidere, avendo valutato le domande sulla base di una più precisa competenza.
Un altro punto essenziale è quello relativo all'impossibilità per il Ministero della difesa di fare una valida organizzazione durante la chiamata alle armi, anno per anno, dal momento che la scelta per l'obiezione di coscienza può avvenire entro 60 giorni dalla chiamata alle armi. Sarebbe essenziale che ciò avvenisse entro il 31 dicembre dell'anno precedente la chiamata, in modo da permettere, da un lato al Ministero della difesa di organizzare bene i propri quadri, di sapere quanti giovani chiamati alle armi saranno operativi nell'anno, e dall'altro di avere un'organizzazione sul territorio logisticamente più consona alle reali esigenze delle forze armate.
Signor Presidente, sono certo che ci troveremo presto di fronte ad un dibattito più acceso, che coinvolgerà altri argomenti che ruotano intorno all'oggetto del provvedimento. Sono comunque fiducioso nella massima collaborazione da parte di tutti, così come sono certo che verranno accettati alcuni suggerimenti e consigli, come diceva il relatore.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, è con soddisfazione che il gruppo della sinistra democratica accoglie l'avvio della discussione generale sulla riforma dell'obiezione di coscienza. Più volte avevamo sollecitato la Presidenza della Camera a porre all'ordine del giorno l'esame di questo provvedimento che, da quattro legislature, attende l'approvazione. Per la verità, nel 1992 era già stato approvato un testo analogo a quello oggi in discussione e l'allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, il 1 febbraio di quell'anno, decise di rinviare il testo alle Camere e di non promulgare la legge.
Oggi finalmente si avvia la discussione sulla riforma dell'obiezione di coscienza. Molte cose sono cambiate da quando fu approvata, nel 1972, la legge n.772; molte cose sono cambiate dopo 25 anni, sia sul piano internazionale - si è modificata la necessità di impiego delle forze armate, sono crollati i muri, alcuni paesi dell'est hanno chiesto di far parte della NATO - sia sul piano nazionale.
Di fatto, oggi l'Italia è l'unico paese europeo nel quale l'obiezione di coscienza non è riconosciuta come diritto soggettivo. Proprio in questi giorni, come ricordava il relatore, la Grecia ha approvato una legge che considera la possibilità di optare per l'obiezione di coscienza quale diritto soggettivo. Molte sono le risoluzioni approvate dall'ONU e dalla Commissione per i diritti dell'uomo; quella del 10 marzo 1997 riconosce, appunto, l'obiezione di coscienza al servizio militare quale diritto umano fondamentale. Vi sono poi le prese di posizione del Parlamento europeo proprio su questi aspetti e vi è la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che, all'articolo 18, richiama l'obiezione di coscienza come diritto umano fondamentale. Dunque, anche sul piano internazionale sono pervenute molte sollecitazioni.
Molte cose sono cambiate anche sotto il profilo nazionale, come ricordavano i colleghi intervenuti prima di me. Ad esempio è mutato il dato relativo agli obiettori di coscienza: siamo passati dai 200 che per primi fecero domanda nel 1973 ai 48 mila del 1996. Possiamo discutere della questione o meno, ma questo è il dato reale con il quale in qualche modo dobbiamo fare i conti. Sono complessivamente 300 mila i giovani che hanno fatto ricorso all'obiezione di coscienza; c'è stato un aumento del 71 per cento tra il 1993 e il 1996 e il 50 per


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cento di quei 300 mila giovani vi ha fatto ricorso negli ultimi quattro anni. È evidente, quindi, che qualcosa è cambiato, ma non solo dal punto di vista dei giovani. È questo il secondo aspetto che mi interessa sottolineare: nel 1973 le convenzioni erano 15, oggi sono quasi 5 mila gli enti, le associazioni, i comuni che hanno una convenzione per l'obiezione di coscienza. Si è passati da 100 ad oltre 43 mila posti a disposizione degli obiettori di coscienza. Questo è il segno di cosa sia cambiato in questi 25 anni; non è cambiata solo l'opinione dei giovani, ma anche l'atteggiamento che enti, associazioni, forze del volontariato, comuni hanno nei confronti della legge sull'obiezione di coscienza.
Analizzando i dati relativi agli obiettori di coscienza, mi preme sottolineare che la situazione non è analoga in tutto il paese. Mentre il 47 per cento dei soldati di leva è concentrato al nord ed il 40 per cento nel sud e nelle isole, il 76 per cento degli obiettori di coscienza è concentrato al nord ed il 16 per cento nel sud e nelle isole. Lo stesso avviene per quel che riguarda il livello degli studi: mentre solo il 12 per cento dei soldati di leva frequenta l'università o ha una laurea, il 40 per cento degli obiettori ha una frequenza universitaria o una laurea. Anche per quel che riguarda la ripartizione degli enti convenzionati nel territorio nazionale c'è una netta sproporzione: sono 6.900 i posti per gli obiettori di coscienza in Emilia Romagna, 8.800 in Lombardia, 4.500 in Toscana, 3.800 in Veneto, mentre in Calabria sono 900, in Puglia 1.200, in Sicilia 1.400, in Sardegna 300. Questo dimostra che c'è anche una differenziazione di utilizzo sotto il profilo nazionale.
A mio avviso si tratta di un aspetto sul quale il provvedimento deve intervenire; mi riferisco allo sforzo di tentare di garantire un'equità nella distribuzione degli obiettori di coscienza in tutto il territorio nazionale e tra i comuni. Occorre peraltro pubblicizzare l'obiezione di coscienza per consentire agli stessi comuni pari possibilità di utilizzo dei giovani obiettori.
Credo che aumentare il numero degli obiettori di coscienza sia una necessità per il paese. Mi rivolgo in particolar modo a quelle forze che, come la nostra, pensano ad un futuro di professionalizzazione delle Forze armate. Siamo di fronte ad una riforma seria del settore: per la prima volta si ha il coraggio di ridurre le regioni militari da 7 a 3, di attuare una ristrutturazione ed una razionalizzazione delle nostre Forze armate. La mia parte politica, quindi, si augura di avviare il paese verso una riforma delle Forze armate e non comprendo le contraddizioni che alcuni ravvisano tra la professionalizzazione delle Forze armate ed un utilizzo più adeguato degli obiettori di coscienza. Penso che l'esercito del 2000, l'esercito del futuro, debba partecipare alle missioni di pace (abbiamo avuto l'esempio della Bosnia e dell'Albania), puntando alla qualità piuttosto che alla quantità delle Forze armate. Credo che questo sia un dato ormai inequivocabile.
Probabilmente non sarà oggetto di esame in questa legislatura la trasformazione in senso professionale delle Forze armate, ma proprio perché siamo in una fase di transizione ritengo che utilizzare un numero più elevato di obiettori di coscienza sia necessario per garantire equità tra i giovani. Se è vero che abbiamo bisogno di un minor numero di militari di leva, è allora necessario far svolgere ai giovani un servizio utile per il loro paese. Dunque, la riduzione dei militari di leva deve comportare, per forza di cose, un aumento degli obiettori di coscienza. Ciò può significare anche dare una risposta alle esigenze del paese. In questi giorni sarà al centro dell'attenzione del Governo e delle forze sociali la riforma dello Stato sociale, del welfare: ebbene, ritengo che una parte importante dello Stato sociale del nostro paese sia rappresentata sul territorio dai comuni, dalle associazioni, dalle forze del volontariato. Quindi, una riforma del welfare che utilizzi in maniera intelligente gli obiettori di coscienza come componente importante, può garantire un sostegno concreto ai comuni, alle associazioni, al

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volontariato. Pensiamo, ad esempio, quanto potrebbe costare l'assistenza ad un portatore di handicap senza l'aiuto delle associazioni o del volontariato. Dunque, in qualche misura, gli obiettori di coscienza possono rappresentare un contributo che viene concesso alle forze del terzo settore, del non profit.
Analogo discorso può farsi per i comuni; siamo stati costretti a ridurre i trasferimenti dello Stato verso i comuni. Ebbene, utilizzando gli obiettori di coscienza, i comuni saranno in grado di garantire servizi aggiuntivi alla popolazione per quanto riguarda la cultura, le biblioteche, i beni monumentali, il turismo, i parchi urbani, l'apertura di centri «informagiovani»; penso anche ai servizi sociali, soprattutto nei confronti della terza età, garantendo pasti a domicilio o l'assistenza domiciliare. Tutto ciò è ricompreso nella riforma di cui stiamo discutendo questo pomeriggio alla Camera.
Occorre, quindi, un servizio utile ai giovani ed al paese, che consenta di aumentare la qualità della vita nelle nostre città. Credo poi che vi sia un altro aspetto che non può essere contenuto nel disegno di legge, ma che considero altrettanto importante; oltre tutto vengo da una zona del paese, il nord-est, che ci porta ad essere particolarmente sensibili a tale aspetto. È importante insegnare ai nostri giovani che si appartiene ad una comunità verso la quale si hanno dei doveri, oltre che dei diritti. Ciò lo si può insegnare, sia attraverso l'obiezione di coscienza, sia attraverso il servizio militare; un servizio che consenta di trasmettere anche la solidarietà per sentirsi più vicini all'Italia. Inoltre, tale momento rappresenta, in molti casi, il primo contatto con le istituzioni; è quindi importante che tale rapporto sia positivo.
Penso al servizio civile anche come ad una possibilità di educazione civica nei confronti delle nuove generazioni, ad una possibilità di insegnare la cultura della pace.
Molti sono i punti qualificanti del provvedimento e non voglio soffermarmi su tutti; tuttavia, vi sono alcuni aspetti che devono essere sottolineati.
Faccio riferimento, in primo luogo, alla possibilità di prevedere una formazione obbligatoria per i giovani obiettori, affinché siano qualitativamente in grado di offrire risposte adeguate alle associazioni o ai comuni.
Vi è poi un punto, che ha sollevato prima l'onorevole Tassone - e mi dispiace che al momento non sia presente -, che considero molto importante: quello dei controlli, che vengono demandati alle regioni ed alle prefetture. Ritengo che la questione dei controlli - lo dico perché credo in questa legge e nell'utilizzo degli obiettori di coscienza - sia un aspetto estremamente importante, sul quale dobbiamo porre una certa attenzione. Infatti, un utilizzo sbagliato, o fuori dai canoni previsti dal provvedimento, degli obiettori di coscienza, rischierebbe di annullare il significato del disegno di legge in discussione. Pertanto, chi crede nei contenuti del provvedimento e nell'importanza del servizio civile deve chiedere un controllo efficace e puntuale sull'utilizzo degli obiettori di coscienza.
Un altro elemento qualificante del testo in discussione consiste nella possibilità di avviare la ricerca e la sperimentazione nel campo della difesa civile non armata e non violenta. Inoltre vanno sottolineati i seguenti aspetti: il richiamo degli obiettori di coscienza fino ai quarantacinque anni di età in caso di pubblica calamità; il rispetto dell'area vocazionale, giacché è giusto che un giovane, se è portato o ha una qualificazione particolare in un settore, possa essere utilizzato come da lui richiesto; la partecipazione all'estero, che fino ad oggi è stata espressamente prevista solo in alcuni casi, come l'intervento in Bosnia o in Albania, mentre è giusto che i giovani obiettori di coscienza - anche per sfatare l'idea di un servizio in qualche modo più semplice e più facile di quello di leva - possano partecipare all'estero alle missioni di pace e, quindi, in qualche modo concorrere alla difesa del proprio

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paese non solo all'interno dei confini nazionali, ma anche al di fuori da essi, portando il loro contributo nelle missioni di pace. Lo stesso dicasi per l'articolo 13, il quale prevede che, in caso di guerra - speriamo di non dover mai ricorrere a tale articolo - gli obiettori di coscienza possano far parte sia del corpo della protezione civile, sia della Croce rossa.
Con l'articolo 24 - voglio ricordarlo - si abroga la legge n.772 del 1972; non va però abrogato il sacrificio di quei giovani che trascorsero anche un periodo di tempo in carcere per garantire alle generazioni successive la possibilità di accedere ad un servizio alternativo a quello militare.
Nell'ultima parte del mio intervento desidero riprendere aspetti toccati da altri colleghi. Sinceramente non capisco l'atteggiamento negativo di alcune forze politiche dell'opposizione. Addirittura, da parte di qualche componente politica siamo ad un atteggiamento che oserei definire ostruzionistico; peraltro, si è modificato l'orientamento rispetto al Senato nonostante il disegno di legge non abbia recato modificazioni sostanziali e nonostante vi siano state sollecitazioni nei confronti del Parlamento di varia natura, non ultimo anche quel referendum che, pur non avendo raggiunto il quorum, ha dimostrato come la sensibilità della stragrande maggioranza degli italiani che si sono recati a votare ...

MAURIZIO GASPARRI. Ha dimostrato il contrario. Il 70 per cento non ha votato!

PIERO RUZZANTE. ... abbia dato un'indicazione positiva. Quindi, la maggioranza degli italiani che si sono recati a votare rappresentano comunque un test importante. Si è dimostrato favorevole tutto il mondo del volontariato, del terzo settore...

MAURIZIO GASPARRI. Il 70 per cento non si è recato a votare!

PIERO RUZZANTE. Capisco onorevole Gasparri che lei non guarda al terzo settore, non lo ritiene un settore importante e qualificante di questo paese. Io ritengo invece che il terzo settore sia un mondo importante.

MAURIZIO GASPARRI. Il 70 per cento degli italiani non ha votato. Io guardo al terzo settore. Tu non guardi i numeri!

PIERO RUZZANTE. Tutto il mondo del volontariato, la Caritas, l'associazionismo laico e cattolico chiedono a questo Parlamento di approvare questa legge; tutto il mondo del terzo settore.

MAURIZIO GASPARRI. Il 70 per cento non ha votato!

PIERO RUZZANTE. Continuo a capire che lei, onorevole Gasparri non è interessato al terzo settore...

MAURIZIO GASPARRI. Tu non sei interessato alla democrazia, ai numeri!

PIERO RUZZANTE. ... ma forse potrebbe esserlo ai comuni. Ad esempio, tutti i comuni, governati da sinistra, dal Polo o dalla lega, utilizzano, attraverso le convenzioni, gli obiettori di coscienza e ritengono ciò un elemento fortemente positivo. Le assicuro che ho avuto sollecitazioni da parte di comuni che non appartengono all'area di centro-sinistra - di cui faccio parte - per chiedere che venga garantita la convenzione per gli obiettori di coscienza. Quindi, anche all'interno dei partiti dell'opposizione vi è sensibilità ed attenzione rispetto all'approvazione del provvedimento al nostro esame e si chiede che esso venga approvato.
Ritengo, oltre tutto, che rispetto al 1972 vi sia un atteggiamento positivo da parte dell'area più aperta del mondo militare, la quale ha capito perfettamente che una chiusura a riccio oggi non è utile e non conviene alle Forze armate italiane ma, anzi, rischia di essere controproducente. Riaprire qui un vecchio dibattito


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tra militaristi ed antimilitaristi sarebbe controproducente per le stesse Forze armate.
Peraltro, nell'arco di questi 25 anni, è cambiato anche l'atteggiamento degli obiettori di coscienza nei confronti delle Forze armate. Vi è un'inchiesta della regione Veneto (regione in cui governa il Polo e, quindi, spero mi si dia atto che non sarà sicuramente di parte) da cui risulta che su 600 obiettori di coscienza la motivazione più importante della loro scelta è quella umanitaria per il 37 per cento ed etica per il 18 per cento; solo il 23 per cento ha compiuto quella scelta chiaramente e dichiaratamente in chiave antimilitarista.
Bisogna dare atto che vi è un 18 per cento dei soggetti considerati che ha optato per l'obiezione per evitare i disagi del servizio militare. Rispetto alla questione dei disagi del servizio militare, però, non ci nascondiamo dietro ad un dito. Questo malessere tra i giovani italiani c'è, un malessere che interroga le nostre Forze armate ed il Parlamento e mi auguro che riusciremo a ridare un senso ai giovani che devono prestare il servizio di leva nel nostro paese. Non ce la caviamo dicendo che i giovani vogliono fare una scelta comoda, ammesso che sia tale.
Penso che sia un bene che le nostre Forze armate non abbiamo più quel vecchio atteggiamento anti obiettori di coscienza e che, analogamente, questi ultimi non abbiano più un orientamento antimilitarista. In questi 25 anni è avvenuta nel nostro paese una crescita ed una maturazione. Entrambe le funzioni - lo ribadisco come lo ha ribadito il relatore - sono utili ed importanti per la difesa della patria e del nostro paese. Si possono integrare l'una all'altra. Non capisco, e secondo me non li capiscono neppure i nostri giovani, atteggiamenti vetero-militaristi o di difesa dello status quo. Sono andato a rileggermi un dibattito svoltosi al Senato nel 1972; molte cose sono cambiate nel nostro partito da allora. A quell'epoca ponevamo la necessità di approvare la legge sull'obiezione di coscienza garantendo però il servizio di leva di massa. Oggi abbiamo modificato la nostra posizione, e mi auguro che anche il gruppo di alleanza nazionale modifichi la posizione espressa a suo tempo dal senatore Bacchi quando scelse di votare contro la legge n.772. Egli allora disse: «Noi non vogliamo l'esaltazione dei meno portati a compiere integralmente il proprio dovere. Io penso che siano persone che si trovano in una condizione umana non felice» (mi sembra che sinceramente questa posizione sia superata) «Pertanto non si tratta di antesignani, ma di uomini di cui dobbiamo tenere conto come facciamo per coloro che hanno una statura inferiore al minimo di leva».
Mi auguro che rispetto a tali affermazioni la situazione si sia evoluta anche all'interno di alleanza nazionale, perché ritengo che atteggiamenti di chiusura provocherebbero danni sia alle nostre Forze armate sia al paese.
In conclusione, non ritengo che l'approvazione della nuova legge sull'obiezione di coscienza sia contraddittoria rispetto al disegno di legge sul servizio civile nazionale il cui esame è stato avviato al Senato. Mi riferisco sempre alla frase pronunciata dall'onorevole Tassone per rilevare che oggi si parla di diritto all'obiezione, ma domani dovremo discutere di una possibilità di opzione. Mi sembra che vi sia una differenza netta e chiarissima, anche rispetto ai riferimenti extranazionali.
A mio avviso la nuova legge sull'obiezione di coscienza è il primo tassello di una riforma più ampia; altri elementi di ulteriore riforma dovranno essere approvati, come ad esempio la possibilità di estendere il servizio civile alle donne in forma volontaria, oppure consentire a chi viene dichiarato inabile alla visita di leva di svolgere comunque il servizio civile. Occorre infine una modifica della normativa per mettere tutti i giovani italiani sullo stesso piano sotto il profilo delle opportunità. Oggi non è così, perché oltre ai 170 mila giovani che svolgono il servizio militare e ai 50 mila che svolgono il servizio civile ve ne sono ben 30-40 mila che ogni anno vengono dichiarati in esubero,

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ponendoli quindi in una posizione di privilegio rispetto ai loro coetanei. Ma questa è materia che riguarderà il futuro.
Oggi il nostro compito fondamentale è quello di accelerare i tempi di approvazione della nuova legge sull'obiezione di coscienza. Il gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo è pronto a dare il suo contributo positivo.

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è esaurito, onorevole Ruzzante.

PIERO RUZZANTE. Ho concluso, Presidente.
Ci auguriamo che si trovino le condizioni per superare le difficoltà e le divergenze.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giannattasio. Ne ha facoltà.

PIETRO GIANNATTASIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario di Stato per la difesa, nel pieno rispetto dell'istituzione di cui facciamo parte non posso fare a meno di rilevare che un argomento di così vitale importanza per i nostri giovani e per la nostra difesa viene trattato oggi, lunedì, alle 16,30, alla presenza di soli 14 parlamentari. Aggiungo che sono proprio sfortunato perché non riesco mai a svolgere un intervento di fronte a più di 13 persone!
L'argomento che dovrebbe essere portato a conoscenza di tutti rimarrà dunque tra queste mura, sarà trascritto nei resoconti, non sappiamo quanti li leggeranno, e quindi non avrà quella risonanza che invece dovrebbe avere. Non posso fare a meno di dispiacermene, perché, anche se ho elementi di contrarietà nei confronti delle proposte contenute nel provvedimento in esame, ritengo che l'argomento stesso, solo per il fatto che attiene alla coscienza dell'individuo, meriti una grandissima attenzione.
Nei miei 40 anni di vita militare ho avuto spesse volte contatti con gli obiettori di coscienza, sia all'epoca in cui l'obiezione non veniva ancora riconosciuta sia quando, successivamente, è stata riconosciuta. Ho incontrato obiettori che, pur essendo tali, hanno effettuato il servizio militare, dimostrando una profondissima coscienza umana e rispetto per le leggi e le istituzioni dello Stato, mantenendo però sempre nell'animo e nel cuore questa convinzione che faceva loro onore in quanto, non essendo ancora vigente una legge sull'argomento, essi forzavano la loro coscienza, ma compivano il servizio conservando il loro amore per la pace e la loro avversità per le armi anche nello svolgimento di un perfetto servizio militare.
Allora esaminiamo questo fenomeno che alla sua origine ha tradizioni di antica data anche in altri paesi, che ha vincoli profondi nell'animo umano e che merita tutto il nostro rispetto. Parlo dell'origine del fenomeno, di quando si è manifestato le prime volte e di quando giustamente è stato accolto, sia pure con remore ed in modo guardingo da chi doveva difendere il vecchio istituto della leva e l'articolo 52 della Costituzione che definisce sacro il dovere del cittadino di difesa della patria.
Ecco che allora, di fronte a queste manifestazioni iniziali di coscienza, io ho avuto sempre grande rispetto. Ho visto anche giovani che hanno pagato di persona per difendere tali convincimenti. I primi, senz'altro, erano i più veri.
Questo fenomeno, però, purtroppo, da quella fase iniziale in cui abbiamo avuto certe dimostrazioni di convincimento assertivo ha subito degenerazioni. Non è solamente una mia impressione, ma quanto sto dicendo viene suffragato dai fatti.
Abbiamo una prima fase della legge n.772, fino a quando sono state emanante le due sentenze della Corte costituzionale che rendevano paritetica la durata del servizio civile rispetto a quello militare: si può partire dalle 1.500 domande del 1978 per arrivare alle 44.342 del 1995 fino alle circa 50 mila domande attuali.
Quest'anno abbiamo avuto impiegati solo 26 mila obiettori, cioè il 50 per cento: il restante 50 per cento è rimasto a casa.


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Non fermiamoci, però, al risultato finale: dobbiamo esaminare la linea di tendenza che non può lasciarci indifferenti, né acquiescenti. Non possiamo fare come le tre scimmiette (non vedo, non sento, non parlo): qui non siamo più di fronte ad un'obiezione di coscienza, ma ad un'obiezione di comodo, con riscontri che lasciano veramente perplessi. La maggior parte degli obiettori appartiene alle regioni dell'Italia settentrionale, come ha detto l'onorevole Ruzzante; la maggior parte degli obiettori possiede un titolo di studio molto elevato.
Non possono essere dichiarati obiettori coloro che hanno precedenti penali di violenza e coloro che hanno il porto d'armi o che hanno fatto domanda di arruolamento nelle forze dell'ordine. Ergo, i militari debbono essere dei violenti, magari con precedenti penali.
Se poi consideriamo il gettito della leva pari a circa 400 mila persone con un futuro in diminuzione e consideriamo l'aumento del numero degli obiettori in parallelo con la riduzione delle Forze armate secondo questo nuovo modello di difesa, che è ancora un'araba fenice, sorge il dubbio naturale: come riusciremo a stabilire chi deve fare il servizio militare, ammesso e non concesso che vi sia ancora qualcuno che non ha presentato la domanda per l'obiezione di coscienza? Faremo un esercito di sole donne, forse, perché, grazie a Dio, le donne lo vogliono fare.
Tutti questi obiettori dovranno fare il servizio civile? Con quale organizzazione e con quali fondi a disposizione? Il tutto mentre il Senato si accinge ad esaminare il disegno di legge governativo sul servizio civile, che ha un articolato che è la copia della legge che stiamo esaminando.
C'è ancora un'altra assurdità che non posso fare a meno di citare: noi affrontiamo il problema di chi non vuole fare il militare prima ancora di aver definito lo strumento militare che la nazione deve avere per garantire la propria difesa, cioè anteponiamo agli interessi della comunità quelli dei singoli cittadini, abdicando alla funzione primaria dell'istituzione dello Stato, cioè la garanzia della funzione Stato quale agglomerato di cittadini che vuole darsi le regole per vivere, convivere e prosperare.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Giannattasio.
Onorevole Gasparri, se vuole essere così cortese da usare un tono di voce più basso mentre telefona, il rappresentante del Governo sarà in grado di sentire l'onorevole Giannattasio.

MAURIZIO GASPARRI. Tanto il Governo non sente lo stesso! Comunque, va bene.

PRESIDENTE. Io devo presumere che senta.
Prego, onorevole Giannattasio.

PIETRO GIANNATTASIO. Concludo, signor Presidente, citando quanto ebbe a dire il Presidente Cossiga nel respingere questa legge: «Il problema del rapporto tra gli inderogabili interrogativi di una retta coscienza e le leggi positive della comunità politica, tra la coscienza etica individuale e la solidarietà civile su cui basa la sua esistenza qualunque comunità politica è un problema vero, delicato e complesso, che deve essere risolto secondo libertà e diritto. E così è il problema dell'obiezione di coscienza, per la cui soluzione occorre tener conto non solo delle sue motivazioni etiche e filosofiche, ma anche ecclesiali e politiche, come è apparso chiaramente durante il recente conflitto del golfo Persico. È un problema che può trovare soluzione soddisfacente solo liberandolo dall'ipoteca di una certa cultura della paura e della resa, che non ha mancato, tra l'altro, in questi anni, di tentare di travestire la viltà con i panni della virtù, la resa con quelli della tolleranza, l'accettazione della violenza con quelli dell'impegno di pace, concorrendo così a determinare i fattori per una progressiva denazionalizzazione del paese».

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cangemi. Ne ha facoltà.


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LUCA CANGEMI. Torna dunque in quest'aula il tema dell'obiezione di coscienza, la cui riforma è stata caratterizzata da una lunga e travagliata storia, come ha detto la relatrice, alla quale mi sia consentito di esprimere grande apprezzamento e condivisione per la relazione con la quale ha aperto questo nostro dibattito. In ordine a questo travaglio credo valga la pena di spendere qualche riflessione: esso è espressione, non certo l'unica ma neanche la più trascurabile della difficoltà da parte del Parlamento di interpretare e rappresentare la società e le sue mutazioni.
Tale difficoltà a rappresentare le esigenze della società è tanto più grave perché la questione in oggetto riguarda in modo particolare la sua parte più delicata e decisiva, costituita dalle giovani generazioni, e quindi il futuro della società stessa. Basti citare un solo dato per avere la dimensione del fenomeno: in dieci anni, dal 1986 al 1995, le domande per l'obiezione di coscienza sono passate da 4.282 a 44.342 ed in questi mesi siamo arrivati ad oltre 50 mila. Ma vi è un dato qualitativo oltre a quello quantitativo, che si afferma al di là degli stereotipi e della raffigurazione degli obiettori che purtroppo anche quest'oggi viene fatta in quest'aula con scarso spirito critico. Il dato qualitativo è la critica di massa da parte dei giovani, non solo dunque di minoranze ristrette o di élite privilegiate, che viene rivolta nei confronti dell'esercito: a questo esercito italiano, all'esercito del generale Loi, del nonnismo, della separatezza, dell'inutilità, tema quest'ultimo che non introduco io ma lo stesso Ministero della difesa. Più complessivamente emerge una critica verso l'uso della forza, che proviene dal movimento pacifista, una critica all'esercito come strumento di risoluzione dei conflitti, ed un'opzione invece per un servizio indirizzato a difendere la società dalle tante devastazioni che quotidianamente la attraversano.
Questa realtà ha poi inevitabilmente fatto irruzione, come sempre avviene, nelle leggi, ma vi ha fatto irruzione per una via traversa non per quella maestra del Parlamento, con le sentenze - certo positive - della Corte costituzionale. Ciò ha portato ad una normativa frammentata, fonte continua e perenne di ostacoli, problemi ed incertezze; una normativa che si è combinata - ne abbiamo discusso più volte sia in quest'aula sia in Commissione difesa - con un atteggiamento sbagliato e poco aperto (consentitemi di usare questo eufemismo in omaggio alla richiesta della relatrice di moderare i toni di questo dibattito, perché altrimenti userei ben altre parole) del Ministero della difesa rispetto agli obiettori. Le conseguenze di questa normativa frammentaria e di questo atteggiamento non sono valse certo ad impedire gli abusi, che pure vi sono stati; sono valse invece, spesso, ad ostacolare enti e ragazzi che volevano svolgere seriamente il servizio civile. Un concreto atteggiamento culturale di chiusura che ci troviamo davanti di nuovo adesso in aula, in questa discussione. Inutile fingere di non vedere la quantità sterminata di emendamenti, di sapore chiaramente ostruzionistico.
Si ripropone, su questo tema, l'azione di uno schieramento isolato nel paese e minoritario anche nel Parlamento, che però vuole con tutti i mezzi impedire che venga sciolto finalmente questo nodo. Si manifesta in modo rozzo una cultura militarista, un'opzione autoritaria che sceglie l'obiezione di coscienza come bersaglio privilegiato e simbolico. Un'opzione, questa, che ha avuto anche interpreti illustri: l'atto del Presidente Cossiga, che è stato ricordato (in merito al quale non possiamo non ribadire la definizione di «inaudito»), nel quadro in cui venne compiuto, di picconate alla democrazia rappresentativa, di picconate all'edificio costituzionale, aveva proprio il senso di rilanciare questa opzione autoritaria scegliendo il terreno dell'obiezione di coscienza.
Se queste sono le linee entro cui si situa la nostra discussione, è chiaro che siamo, per la maggioranza ed il Governo, ad un cimento politico.


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Spero - voglio sottolinearlo - che il Governo confermi l'importante dichiarazione resa dal sottosegretario Brutti al Senato, durante la discussione di questo provvedimento. La cito testualmente: «Il Governo guarda con favore ed interesse» - alla conclusione positiva dell'iter di questo disegno di legge - «e siamo» - il soggetto è sempre il Governo - «impegnati a fare in modo che questo testo si traduca presto in legge». Spero, appunto, che questa posizione venga ribadita e che il Governo assuma tutte le iniziative necessarie per essere conseguente rispetto alla posizione assunta.
I parlamentari del gruppo di rifondazione comunista faranno fino in fondo la loro parte. Il testo che abbiamo proposto all'inizio della legislatura presenta alcune differenze rispetto a quello approvato dal Senato, ma noi abbiamo privilegiato in Commissione - e continueremo a farlo nella discussione in Assemblea - l'esigenza di dare al paese e ai giovani una nuova e moderna normativa, di affermare il diritto soggettivo all'obiezione di coscienza. Questo è il punto centrale, un punto non negoziabile. Altra cosa (e qui introduco un tema che è già stato affrontato, sul quale voglio dire brevemente la mia) è l'organizzazione del servizio civile, che richiederà un lungo dibattito ed un'attenta considerazione in merito al suo collegamento con il nuovo modello di difesa, in relazione alle modalità attuative, e così via. Per noi sono tutte questioni completamente aperte. Cito solamente un aspetto, quello del possibile ruolo svolto dall'istituto del servizio civile nella discussione sullo stato sociale. Noi, infatti (lo dico con grande franchezza, rivolgendomi anche al collega Ruzzante, che ha affrontato questo tema), non accetteremo mai che il servizio civile sia un elemento della precarizzazione del lavoro, che rappresenti una parte sostitutiva dell'attività delle pubbliche amministrazioni, dei servizi che lo Stato deve rendere, in modo più qualificato ed ampio rispetto a quanto avviene attualmente. Si tratta, quindi, di questioni aperte, il cui esito non è scontato. Il dibattito che dovrà essere svolto, pertanto, richiederà i tempi necessari.
Riconoscimento del diritto soggettivo all'obiezione di coscienza ed istituzione del servizio civile nazionale sono, dunque, questioni distinte nel merito ed è politicamente assai opportuno che restino tali nell'iter parlamentare. Sancire finalmente il diritto soggettivo all'obiezione di coscienza è quindi la premessa politica per aprire una fase nuova, anche rispetto alle questioni della difesa, su cui credo si debba svolgere una riflessione critica, per il modo in cui sono state affrontate in questo inizio di legislatura.
Colleghe e colleghi, sono stati ricordati - e giustamente - nomi importanti in questo dibattito: Don Milani, Balducci e altri, nomi che fanno onore al paese e al popolo italiano. Nomi che però non sono stati delle esperienze isolate; a partire da queste esperienze, da queste testimonianze di vita, più complessivamente sull'obiezione di coscienza negli ultimi decenni si è sviluppato, fra le fondamentali correnti ideali e culturali del paese, un grande dibattito. Fra le culture del mondo cattolico e del movimento operaio, fra le più aperte correnti culturali del mondo laico si è sviluppato un incontro e una feconda e positiva contaminazione e poi anche, nell'associazionismo e nel volontariato, una concreta azione. È tempo - io credo - che anche il Parlamento rispetto a questo tema faccia la sua parte e la faccia bene.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Credo che molte cose siano state dette su questo tema in questi anni, alcune, divertenti, sono state dette poc'anzi da alcuni colleghi. Ho interloquito con il collega Ruzzante soltanto perché c'è stata un'evidente disinformazione da parte sua e gli ricordo nel mio intervento - e quindi scusandomi per l'interruzione precedente - che il referendum che si è celebrato sull'obiezione di coscienza qualche settimana fa ha visto il 70 per cento di italiani che non


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hanno votato. Il collega ha celebrato quel risultato come positivo; io non posso che augurare, per le battaglie che egli sostiene e che io non condivido, per il partito a cui appartiene e che io non sostengo, successi come questo per tutta la vita, perché se questo è un successo, credo che siamo veramente a una sorta di autoflagellazione.
Il referendum ha dimostrato in maniera evidente che il 70 per cento delle persone non ha votato, non ha condiviso l'obiettivo di chi ha promosso il referendum. Il referendum è stato promosso dagli obiettori di coscienza, non dagli antiobiettori. Poi, gli obiettori non lo volevano più tenere, perché volevano una legge pur che fosse, invece del referendum che avevano promosso. Fatto il referendum, il 70 per cento non ha votato: questo è un dato di democrazia, caro collega che hai dato un'interpretazione francamente singolare del risultato.
Lasciamo perdere poi il 30 per cento che ha votato. In quella percentuale c'è anche un 10 per cento che è andato alle urne e ha votato «no». Quindi, il 70 per cento che non ha votato più il 10 per cento che ha votato «no» fa l'80 per cento dei cittadini che non ha sostenuto quella legge, che sono molto più numerosi di quel 20 per cento che ha votato a favore delle richieste referendarie.
Questo in termini democratici e pertanto mi chiedo di cosa stiamo parlando, francamente. Di cosa stiamo parlando? Che cos'è la democrazia? Che cos'è il Parlamento? Che cos'è l'opinione dei cittadini? Cosa sono i referendum? Capisco che in questo consesso i meccanismi di democrazia diretta, quali il referendum e il presidenzialismo, incontrino difficoltà ad affermarsi, anche se qualche spiraglio, per fortuna, si è recentemente aperto nella bicamerale, con un orientamento favorevole alla elezione diretta del Presidente della Repubblica, che però non è emerso grazie all'attuale maggioranza di Governo, ma grazie al voto di altri gruppi e a qualche eccezione singola, che salutiamo e ricordiamo.
Per effetto del referendum, tale questione non dovrebbe essere più discussa. C'è una violazione sostanziale della democrazia in questo momento: stiamo discutendo, caro Presidente dell'Assemblea, una legge che non può essere discussa perché gli italiani non lo vogliono, se i referendum contano qualcosa. È una fonte sovraordinata, rispetto al Parlamento, la volontà popolare in una democrazia (per quanto sia una democrazia rappresentativa e non diretta quella in cui oggi viviamo, in attesa di riforme che possano dare accanto al Parlamento altri sbocchi alla democrazia dei cittadini)? Penso che la volontà popolare, che si esercita nei modi previsti dalle norme vigenti (e i referendum sono previsti dalla Costituzione e da una legge), sia molto, molto più importante di quello che oggi, 14 luglio 1997, il sottoscritto, il collega Ruzzante, la relatrice Chiavacci e quanti altri stanno sostenendo. Per quanto parlamentari, siamo meno rappresentativi di un corpo elettorale che, sollecitato, si è espresso come si è espresso.
Pertanto, confermo che ci troviamo di fronte ad una sostanziale violazione, Presidente, delle regole democratiche fondamentali. Abbiamo fatto presente quello che si sta verificando in termini di stravolgimento non solo ai massimi livelli delle istituzioni ma anche ai massimi livelli di quest'Assemblea. La nostra opposizione non è più solo di merito alla legge, ma anche in generale al fatto che non si tiene in alcun modo conto della volontà popolare e democratica dei cittadini italiani. Infatti, il referendum è stato promosso da quelli che volevano questo tipo di trasformazione. Non lo abbiamo chiesto noi. Noi abbiamo favorito il suo svolgimento, questo sì, è vero, perché volevamo capire come la pensava il paese su un grande tema; un tema che poi è stato a volte enfatizzato e viene molto ideologizzato.
Pare che questo non sia servito, per cui noi ci riserviamo di fare un'opposizione motivata e seria nel merito e sul metodo. Che paese è, infatti, quello in cui i cittadini vengono chiamati ad esprimersi e

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fanno comunque una scelta o una non scelta (i referendum hanno comunque un loro quorum), ma poi tutto questo non conta o non vale?
Cari colleghi, si tratta dunque di un fatto molto grave sotto il profilo democratico e noi ne terremo conto nel prosieguo del dibattito e nell'esame degli emendamenti. Non crediate che la partita finisca qui, tanto è vero che abbiamo accettato con serenità anche una restrizione del dibattito, che è veramente discutibile. Se è vero che sono molti anni che questa materia è in discussione, proprio per questo si sarebbe dovuto evitare un contingentamento che a un gruppo quale è il nostro riserva un'ora e nove minuti di discussione. Francamente si sarebbero potute fare scelte diverse, in ogni caso vi sarà molto tempo per discutere di questa legge, in altri modi e in altre forme.
Tra l'altro vorrei far presente che questo è un modo per indispettire l'opposizione. Dare infatti un'ora e nove minuti fa sì poi che gli emendamenti presentati siano stati un certo numero e non un altro. Se ci fosse stato confronto e discussione e rispetto della volontà democratica dei cittadini, sarebbe stato meglio.
Prima è stato insultato l'ex capo dello Stato Francesco Cossiga. Come parlamentare mi scuso nei confronti di Cossiga; la Presidenza non ha colto quando un collega del gruppo di rifondazione comunista ha associato il nome di Cossiga all'opzione autoritaria, alle «picconate» alla democrazia rappresentativa...

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, lei pensi un po' al suo discorso che alla Presidenza ci penso io, per cortesia: non vi erano, infatti, motivi per un richiamo.

MAURIZIO GASPARRI. Benissimo, io pronuncio il mio discorso. Ritengo grave che sia stato insultato l'ex Capo dello Stato, visto che giustamente si è discusso di insulti e di polemiche anche recentemente...

PRESIDENTE. Di insulti e di polemiche ho l'impressione che lei ne capisca più di me. Ripeto che a mio giudizio non vi erano ragioni per un richiamo. Vada avanti, onorevole Gasparri!

MAURIZIO GASPARRI. Io ho subito i «rigori» del regolamento per aver contestato chi dimenticava la parola «foibe»; accetto il richiamo che mi è stato fatto...

MAURO PAISSAN. Non hai contestato, hai insultato: il che è diverso.

MAURIZIO GASPARRI. Infatti ho accettato il richiamo. Anche il Governo è stato richiamato! In questo senso ho avuto una grossa soddisfazione e di ciò sono grato alla Presidenza, la quale ha richiamato il Governo a non essere elusivo come era stato dimenticando di pronunciare la parola «foibe». Va bene, per ricordare la tragedia delle «foibe» vi è una censura! Personalmente l'accetto volentieri perché è stata conseguita per una giusta causa.
Stavo dicendo che prima è stato insultato l'ex capo dello Stato, definito persona che «picconava» la democrazia rappresentativa. Ovviamente io non sono d'accordo.
Quanto al merito, perché siamo contrari a questa legge? Perché riteniamo che si debba arrivare alla soluzione fondamentale del problema. Noi parliamo di obiezione di coscienza e di strumento militare in maniera molto confusa. Noi partiamo da questo presupposto: siamo per l'abolizione della leva obbligatoria; siamo per un esercito volontario su base professionale, come avviene in molti paesi del mondo. Per tale motivo non siamo persone che vogliono conculcare i diritti, le aspettative di chi si definisce obiettore, di chi non vuole servire un paese in armi. La nostra tesi è nostra ma registra oggi un largo consenso! Devo dare atto al presidente della Commissione difesa della Camera, onorevole Spini (che non appartiene al nostro schieramento) di aver dato recentemente alle stampe un volume in cui si assume una posizione su una


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riforma della «naja» in senso contrario a quello professionale. Lo stesso Governo si è «aperto», in varie occasioni, relativamente a tale tema, salvo poi non essere conseguente negli atteggiamenti. Quindi quella che era una posizione della destra, che risale al 1978 (è stata la prima proposta di legge presentata in questa materia), oggi è un patrimonio comune: a parole quasi tutti sono d'accordo.
Ebbene, se si attuasse questa riforma vi sarebbe un motivo in più per non fare l'odierna discussione. Anzitutto questo è un dibattito contro la democrazia sostanziale e referendaria; in secondo luogo, con un esercito volontario non vi sarebbe l'obbligo della leva e quindi non vi sarebbe l'obbligo del volontariato, nel senso che chi non vuole prestare questo servizio non lo presta. Certo, chi vuol dedicarsi al sociale, al no profit, al volontariato, lo può fare comunque. Lo posso fare io, lo può fare lei, lo può fare chiunque. Ciascun cittadino, finito il proprio lavoro, la propria attività preminente, può, deve svolgere un'attività di volontariato. Si chiama appunto tale proprio perché è una scelta etica e personale. Voi invece volete fare il volontariato obbligatorio di comodo, nel senso che dite: tu fai l'obiettore così non vai a fare il militare come quell'altro giovane; poi faremo la legge per cui lo potrai fare sotto casa, dove e come ti pare e comunque sei un servitore della causa sociale.
Ho sempre detto che sarei molto diffidente nell'affidare un mio anziano parente bisognoso di assistenza ad uno di questi volontari sociali che svolgono questa attività solo per sottrarsi all'obbligo della leva. Infatti, queste persone possono essere meno capaci, meno motivate e meno esperte di altre che svolgono le medesime attività per ragioni etiche e con trasporto, nonché con quel minimo di consapevolezza che ci vuole per svolgere qualsiasi attività, anche l'assistenza e il volontariato. Infatti non è un'attività nella quale ci si può improvvisare. Sostenere una persona portatrice di handicap, aiutare chi soffre richiede non solo una certa disposizione d'animo, ma anche un minimo di perizia, perché diversamente si potrebbero determinare gravi inconvenienti.
Non si può, quindi, inventare l'obbligo del volontariato perché ciò rappresenta una contraddizione in termini. Se si tratta di volontariato, si deve trattare di una scelta, frutto della libera determinazione della persona, non di un escamotage volto a sottrarsi ad un obbligo. Che c'entrano allora la leva, l'esercito, le Forze armate con il no-profit, il terzo settore e quant'altro?
È necessario varare leggi volte ad aiutare il terzo settore, che il Governo Prodi sta penalizzando. Infatti, i provvedimenti riguardanti il terzo settore e il no-profit sono contestati, cari colleghi, da molti operatori dello stesso perché non vanno incontro alle loro esigenze.
Facciamo allora delle leggi volte ad aiutare il terzo settore! Che senso ha fornire della manovalanza gratis attraverso dei soldati mancati che fanno gli obiettori? È una forma di sfruttamento di alcuni opportunisti. Vi sono poi gli obiettori veri, che noi non contestiamo, ma già c'è in Italia una legge sull'obiezione di coscienza. E può darsi che nel prosieguo del dibattito parlamentare si trovino delle opportunità per dare il giusto epilogo alla vicenda.
Perché abbiamo portato avanti una azione di opposizione? È una questione sulla quale vorrei che i colleghi di opposizione presenti in aula riflettessero. Mentre si discuteva dell'obiezione di coscienza, il Governo Prodi, senza che nessuno lo abbia costretto a farlo, ha presentato al Senato un disegno di legge che istituisce il servizio civile. Si tratta del Governo Prodi, del Governo che voi della maggioranza sostenete.
Il servizio volontario femminile, la riforma della leva, il provvedimento sull'obiezione di coscienza, che è stato approvato dal Senato, sono tutti in discussione alla Camera. Io ho grande rispetto del bicameralismo perfetto fino a quando esso esisterà e quindi non ritengo che tali provvedimenti debbano essere discussi solo alla Camera, ma faccio presente che

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in questo ramo del Parlamento è in corso una discussione su molti temi tra loro collegati e riguardanti il riordino dello strumento militare, sempre che questo debba rimanere in vita, perché altre sono le considerazioni da fare se questo deve essere abolito. Infatti, se per assurdo qualcuno ne proponesse l'abolizione, noi non saremmo d'accordo, ma anche in caso di abolizione delle Forze armate, non ci sarebbe bisogno di obiettori, perché, come è evidente, non ci sarebbe più l'esercito e pertanto non ci sarebbe nemmeno l'obiezione nei confronti di qualcosa che non esiste.
Quindi, il Governo ha presentato al Senato un disegno di legge sul servizio civile e io mi chiedo perché lo abbia presentato al Senato.
Stiamo svolgendo, cari colleghi, un discorso puramente ideologico e lo sappiamo perfettamente. Questa legge deve essere approvata perché dobbiamo fare contente alcune fasce sociali che la sostengono. Si è detto persino che taluni facevano lo sciopero della fame, ma non mi risulta che nessuno sia morto di fame, quindi si trattava di falsi scioperi della fame. Ho ricevuto dei fax e dei telegrammi al riguardo, ma ciò è avvenuto mesi fa. O quegli scioperi della fame sono stati interrotti, e nessuno me lo ha comunicato, oppure si trattava di iniziative propagandistiche. Infatti, mi sarei preoccupato se qualcuno ne avesse sofferto nel fisico perché rispetto chi sostiene fino in fondo le cause in cui crede. Abbiamo visto gente che si è lasciata morire di fame davvero in altri paesi ed in altri contesti.
Perché allora il disegno di legge sul servizio civile è in discussione al Senato? Discutiamolo alla Camera: questa è una proposta che facciamo da tempo al Governo. Oppure riportiamo tutta la materia al Senato, se quello è il ramo che se ne deve occupare per primo.
Il Governo propone che il giovane arrivato all'età dell'obbligo della leva potrà scegliere tra un servizio militare e un servizio civile. Questo risolve il problema in discussione perché non si presenta più il problema di fare l'obiettore, di sottoporsi all'esame del tribunale delle coscienze o di affermare un diritto soggettivo, come questo provvedimento ritiene, per cui, se uno è obiettore, non fa il servizio militare. Più semplicemente una persona sceglie se vuol fare il servizio civile o militare. Bisogna anche decidere come si debba svolgere il servizio civile, chi lo debba gestire, se sia manovalanza offerta semi-gratis a questa o a quella organizzazione, se si debba trattare di persone che si inventano un'obiezione «fai da te» dietro l'angolo di casa o se ci si trovi di fronte a qualcosa di davvero utile. Però contesto l'idea per cui la funzione di protezione civile debba essere svolta dagli obiettori o dai volontari sociali, perché si tratta di strutture che devono funzionare in modo adeguato. Se si verifica una calamità naturale, i volontari svolgono, come è noto, un ruolo sempre importante, però devono esistere alcune strutture di intervento nell'ambito pubblico, a livello comunale, o regionale, o nazionale. Quando servono le ruspe, i mezzi di soccorso, gli elicotteri, non si può pensare di far fronte alle calamità soltanto su base volontaria. Il volontario svolge un'attività di aiuto, di soccorso umanitario, ma il corpo vero dell'intervento è formato da una struttura organizzata in permanenza. Altrimenti andremmo incontro a conseguenze di improvvisazione e disorganizzazione notevoli. Si tratta dunque di un'attività concorrente, non esaustiva.
Volete il servizio civile firmato da Prodi, da Andreatta e dagli altri? Discutiamone! Non potete volere tutto insieme, cioè il servizio civile ed il servizio militare, nonché la legge sull'obiezione, la quale peraltro sarebbe superata se si istituisse il servizio civile. Quest'ultimo, a sua volta, consentirebbe a tutti di svolgere un servizio non militare. Vedo che un collega dissente ma il concetto è lo stesso perché «obiezione» - questa è la parola - significa che uno rifiuta un certo adempimento.

PIERO RUZZANTE. È diverso da «opzione».


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MAURIZIO GASPARRI. Nel momento in cui c'è l'opzione, essendo il servizio militare obbligatorio, ci si proclama obiettori. È un diritto della persona previsto dalla legge, e noi stiamo discutendo su come articolarlo ed ampliarne i confini; è un diritto che già esiste, e nessuno piange per questo, tanto meno chi vuole l'esercito volontario e professionale. Ciò significa che il problema non si pone in maniera drammatica perché il servizio civile istituzionalizzato consente una doppia uscita, nel senso che se uno è obiettore di fronte all'obbligo di portare le armi, nel caso in cui debba usarle contro un suo simile e non lo vuole fare, ha un atteggiamento da non condannare dal punto di vista morale; se è previsto il servizio civile, costui allora presterà il servizio civile. Se questa Repubblica manterrà un obbligo di servizio civile o militare (di un anno, di dieci mesi, come è attualmente), noi siamo favorevoli all'abolizione di tale obbligo e siamo per aiutare il volontariato sociale con leggi che riguardano altre materie ed altri campi (perché lo riteniamo utile) e siamo per la creazione di uno strumento militare di qualità e non di quantità. Dunque pensiamo ad un esercito volontario e professionale.
Vi sono state numerose emergenze internazionali (comunque le si voglia giudicare), vi sono stati numerosi attacchi alle Forze armate che con il tempo si stanno lentamente sgonfiando di fronte ad uno che ritratta e all'altro che smentisce ma, al di là dei singoli episodi che saranno giudicati in altre sedi, per cui se ci saranno responsabilità, saranno giustamente perseguite, nella missione in Libano nel 1982, e in quelle nel golfo persico, nel Mozambico, in Angola, in Albania le Forze armate sono state utilizzate in operazioni sia di pace sia con rischi militari.
Per esempio, nel conflitto fra Kuwait e Iraq abbiamo partecipato ad una vera e propria guerra (è inutile chiamare le cose in maniera diversa) a cui l'Italia ha preso parte con una sua limitata forza. Quando poi siamo stati chiamati nella ex Iugoslavia, dove si poneva la necessità di intervenire anche dal punto di vista aereo e non solo per distribuire beni di conforto, non avevamo le cosiddette «bombe intelligenti». Nelle nostre Forze armate ci sono tanti effettivi, alcuni intelligenti e altri meno, come in tutte le categorie, compresa quella dei politici, però non disponiamo di strutture tecnologiche indispensabili, sempre che si voglia avere uno strumento militare. Se poi si afferma l'intenzione di abolire l'esercito, come la sinistra ha sostenuto per decenni, è una posizione che non contesto in termini di principio ma che avverso politicamente. Oggi una parte della sinistra non è più della stessa opinione di fronte alla real politick che ha richiamato tutti all'esigenza di uno strumento militare che serve anche per dirimere i conflitti altrui. Non si può sempre intervenire con forze di interposizione composte da obiettori che dicano «non vi sparate»; bastasse questo, avremmo risolto fin dai tempi di Caino e Abele i problemi dei contrasti violenti nella storia dell'umanità!
Purtroppo l'uso della violenza fa parte tragicamente della millenaria storia del genere umano e a volte per bloccare la violenza occorre la forza, come abbiamo potuto verificare nella ex Iugoslavia, dove si è intervenuti militarmente mentre era in corso una vera e propria carneficina. Oggi la situazione è più sotto controllo ma all'inizio l'impatto fu molto più duro. Lo stesso ragionamento vale per altre situazioni che si sono verificate nel mondo.
A questo punto dobbiamo dare priorità alla riforma del modello di difesa: alla domanda se vogliamo le Forze armate noi diciamo «sì»; alla domanda se le vogliamo volontarie e professionali noi diciamo «sì».
Fatta la scelta di abolire l'obbligo della leva, non c'è bisogno di altre leggi sull'obiezione di coscienza perché il volontariato sociale può essere regolato attraverso leggi ad esso mirate e non attraverso leggi che riguardano le Forze armate. Non si vuole fare tutto questo? Si vuole mantenere l'obbligo della leva e consentire l'opzione alternativa (servizio militare obbligatorio o servizio civile obbligatorio)


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ricomprendendo tutte le tematiche della obiezione? Noi potremmo - uso il condizionale - anche discutere del servizio civile, decidendo se debba essere affidato direttamente allo Stato o alle regioni con incarichi affidati a strutture di volontariato o private. Al riguardo non è stato scritto alcun testo definitivo e quindi il servizio civile potrebbe ricomprendere tutte quelle forme di volontariato trasparenti e serie, presenti in gran numero sul nostro territorio, alle quali rendiamo omaggio. È vero però che fra queste ve ne sono alcune composte da profittatori e da privilegiati che godono di particolari finanziamenti, come abbiamo denunziato in quest'aula. Grazie alla risposta del ministro Livia Turco abbiamo scoperto che solo don Vinicio Albanesi ha ottenuto alcune decine di miliardi per attività di formazione professionale svolte da strutture che a lui fanno capo.
C'è una disparità tra il numero esiguo delle realtà collocate nelle zone dove quei fondi potevano essere destinati e la quantità ingente dei fondi stessi. Dopo le notizie che il Governo ci ha fornito, stiamo svolgendo un'attività di verifica sul territorio per vedere la congruità del rapporto tra mezzi e iniziative.
Ho fatto un esempio chiaro di come qualcuno, avendo definito sciacalli coloro i quali combattevano contro il diritto di drogarsi, si è trovato un po' in difficoltà rispetto ai dati che il Governo, non noi, ha fornito in quest'aula. Credo che l'accusa di «sciacallismo», se i fatti si dimostreranno essere quelli che sembrano configurarsi, potrà ritorcersi nei confronti di chi inopportunamente la aveva lanciata contro il sottoscritto e i colleghi Giovanardi, Meluzzi ed altri parlamentari.
Signor Presidente, vorrei sapere quanto tempo ho ancora a disposizione.

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è ancora di 5 minuti e 30 secondi.

MAURIZIO GASPARRI. Visto che la discussione è contingentata, cercherò di rispettare i tempi.
Credo che dobbiamo evitare di parlare del problema solo in termini ideologici: una volta o l'altra questo Parlamento dovrà decidere cosa fare delle Forze armate. Il Governo di recente ha varato un decreto legislativo, in attuazione di una delle tante deleghe che si è autoconferito in queste aule parlamentari, che va verso la riduzione delle strutture e degli strumenti militari. Si è creato una specie di fiume carsico di proposte di ristrutturazione delle Forze armate, che a volte emerge. La legge sui vertici è stata approvata con il concorso decisivo delle opposizioni, che hanno addirittura insistito - ricordo il ministro Andreatta che temeva la mancanza del numero legale ed era pronto a rinviare l'esame ad altra data - perché si andasse fino in fondo nelle votazioni - sono stato io stesso a dirlo - garantendo quella presenza che avrebbe consentito al Parlamento di legiferare su una questione sulla quale si era tanto discusso e che non vedeva una contrapposizione ideologica.
Abbiamo quindi dimostrato grande attenzione alle questioni militari e, ad esempio, per la missione militare in Albania, abbiamo garantito al Governo - e siamo stati criticati per questo - di andare avanti; non so se, qualora si ripetesse una situazione del genere, faremmo le stesse scelte di fronte ad un Governo che dà 500 mila lire agli albanesi che, facendo semplicemente il loro dovere, tornano a casa; un Governo che lo fa dopo aver negato tale ipotesi, perché il sottosegretario Sinisi disse che non sarebbe stata data una lira e poi si è saputo che l'OIM (l'organizzazione internazionale per l'emigrazione) dà i soldi - lo abbiamo letto sui giornali, nonché sentito ieri, domenica 13 luglio, nel corso dei telegiornali delle 13,30 e delle 20 della prima rete RAI - e che il Governo rimborserà all'OIM questa cifra.
Quindi il sottosegretario ha detto una cosa falsa. Ho rivolto un'interrogazione al Governo e spero di avere una risposta non solo per capire se sia giusto o meno dare i soldi; secondo me no, perché si accompagnano a casa loro gli albanesi, che hanno avuto la possibilità di fare le


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elezioni e di darsi un Governo e quindi, come tutti i popoli, saranno artefici del loro futuro.
L'Italia, nell'ambito degli accordi internazionali, farà il possibile per aiutare un paese limitrofo, ma non capisco la scelta di dare 500 mila lire se costoro tornano in Albania a luglio, ovvero 150 mila lire se si tratta di un bambino; mi sembra un traffico di persone che andrebbe quasi perseguito ai sensi di legge, perché è di un cinismo addirittura ributtante stabilire una tariffa condizionata anche dal periodo: se uno torna in Albania a settembre, gli daranno 170 mila lire? E se va via a dicembre? Forse saranno 120 mila lire che, con la tredicesima, diventeranno 240 mila!
Siamo al ridicolo; eppure noi, rendendoci conto che si trattava di una missione militare a fini umanitari, abbiamo dato al Governo la possibilità, che non aveva, di dar luogo a quella missione. Abbiamo quindi sempre agito con senso di responsabilità e con lo stesso senso di responsabilità diciamo al Governo che se vuole mettere mano alla riforma - non dico in direzione di un servizio volontario e professionale: non possiamo pretendere che quanto proponiamo, essendo minoranza, venga accolto, per quanto si spera sempre di convincere la controparte; nei colloqui privati che si svolgono nei corridoi siamo sempre tutti d'accordo - si deve prima discutere se serva un esercito e di quante persone debba essere; in subordine, si affronta tutto il resto. Se poi si deve fare un dibattito sul volontariato, la questione è diversa. Si parte allora dai diritti, dalle prerogative, da uno statuto delle associazioni del volontariato, da un trattamento fiscale delle stesse molto più serio di quello che il Governo Prodi sta proponendo al terzo settore, che viene così penalizzato.
Sono questioni disgiunte che dobbiamo incrociare. Non sappiamo se vogliamo o non vogliamo l'esercito, non sappiamo cosa debbano fare gli obiettori. Noi proponiamo una via d'uscita di modernità, di qualità, di serietà, che dia risposte anche a chi non vuole sottoporsi all'obbligo della leva, che una volta abolito rende inutile l'obiezione, la quale esiste se c'è un'affermazione rispetto alla quale obiettare; se l'obbligo di leva non c'è, l'obiezione viene meno.
Vedremo, nel prosieguo del dibattito, se vi sarà la possibilità di trovare una soluzione positiva a tale riguardo; noi non escludiamo aprioristicamente - questa è l'ultima osservazione che rivolgo in particolare al Governo e al relatore - la possibilità di una soluzione positiva.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Gasparri.

MAURIZIO GASPARRI. Sarà poi il Governo a dover dire pubblicamente ciò che dice in privato e a farsi carico, insieme al relatore e ai colleghi degli altri gruppi, di trovare una soluzione per evitare di impantanarci per intere settimane in discussioni inutili. Il Governo stesso, quindi, se lo riterrà, potrà muovere i suoi passi in tutte le direzioni (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saonara. Ne ha facoltà.

GIOVANNI SAONARA. Signor Presidente, credo spetti ai colleghi della Commissione difesa e ovviamente anche al rappresentante del Governo, sottosegretario Rivera, la valutazione politica di quanto ha appena affermato l'onorevole Gasparri, indicando una prospettiva di ulteriore discussione che vada al di là dell'ingente massa di emendamenti presentati al provvedimento in esame. Peraltro, mi permetto di dire - mi auguro che l'onorevole Gasparri non si arrabbi - che nel corso delle sue argomentazioni mi è tornata in mente una frase di Einstein, quella cioè che è più facile in questo secolo spezzare un atomo che un pregiudizio. Naturalmente è solo una battuta.

MAURIZIO GASPARRI. Non mi arrabbio, è una bella frase!


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GIOVANNI SAONARA. Come è stato già ricordato, la discussione di questo provvedimento avviene di lunedì pomeriggio, con un numero assai limitato di deputati e peraltro in un giorno assai singolare per la nostra nazione. Infatti, mentre avviamo la discussione sulla riforma in materia di obiezione di coscienza, nella città di Napoli hanno iniziato il loro servizio militari di leva, chiamati da quella comunità a svolgere attività di supporto a favore dell'ordine pubblico. Credo sia nostro dovere di parlamentari, che agiscono al di là dei pregiudizi, rivolgere loro non solo un saluto ma anche un ringraziamento cordiale per quanto faranno a supporto della vitalità di quella comunità così provata, da moltissimi anni, da fenomeni dolorosissimi di sopraffazione e di violenza.
Il mio cenno alle forze dell'ordine, ma anche ai soldati di leva impegnati a Napoli e in altre realtà, non è casuale; ritengo infatti che la prima osservazione sulla proposta di legge n.3123, approvata dal Senato, debba essere semplicemente quella che le nuove norme in materia di obiezione di coscienza si inseriscono oggettivamente all'interno di un lavoro inteso e molto ordinato svolto dalla Commissione difesa della Camera. Al riguardo credo si debba oggettivamente respingere qualsiasi rilievo critico rivolto alla Commissione difesa, al Governo o alla Presidenza della Camera. Infatti, ripercorrendo il lavoro svolto in questo anno abbondante di legislatura constatiamo che oltre all'attenzione rivolta all'obiezione di coscienza vi è stata anche un'intensa e interessante indagine conoscitiva sulla riforma della leva e sul nuovo strumento militare. Abbiamo assistito a discussioni intense ed appassionate sul servizio militare volontario femminile; vi è stata l'approvazione - non dimentichiamolo - della legge n.25 del 1997 sulle attribuzioni del Ministero della difesa e sull'amministrazione di quest'ultima. Aggiungo che in questi giorni si è svolto un intenso dibattito, non solo nelle aule parlamentari, sui decreti legislativi che ridisegnano i confini, le forze, le risorse poste a disposizione dell'amministrazione della difesa.
È evidente che coloro i quali pongono l'accento in maniera polemica sulla illegittimità di questa discussione dimenticano tutto ciò; dimenticano che nel collegato alla legge finanziaria vi è l'indicazione di un piano poliennale di interventi sulla difesa (articolo 1, commi 96-118, della legge n.662); dimenticano che su questi temi ci si è confrontati in Commissione ma anche in aula ogni qualvolta il nostro paese è stato interpellato sul piano internazionale: sono stati fatti, giustamente, i nomi della Bosnia e dell'Albania, ma potremmo citare anche gli appuntamenti NATO, OCSE e ONU. Per non parlare del dibattito che si è intrecciato tra molti di noi nel momento in cui si assisteva sgomenti ai fatti dei Grandi Laghi in terra d'Africa. Ebbene, chi rimuove tutto questo credo si ponga in posizione di polemica contestazione esclusivamente verso questo provvedimento e verso l'esperienza dell'obiezione di coscienza, isolandola in qualche modo rispetto ad un contesto che è complesso, ma del quale - ritengo - il Governo e la Commissione difesa hanno piena consapevolezza e del quale gli atti parlamentari testimoniano non solo la conoscenza della complessità, ma anche lo sforzo e la volontà di intervenire su più piani ed in diverse direzioni. Di ciò va dato atto non solo al relatore Chiavacci, ma a tutti i componenti della Commissione difesa chiamati ad operare in una situazione che è stata, oggettivamente, di incertezza per le prospettive politiche e finanziarie di questi anni.
Detto questo, occorre svolgere una seconda osservazione di carattere generale. A me sembra che si perda tempo, il nostro ma soprattutto quello della nazione, nel momento in cui si indugia, ancora una volta, a contrapporre servizio civile, obiezione di coscienza e servizio militare. Il ministro Andreatta, il 17 ottobre 1996, nell'ambito dell'indagine conoscitiva che ho già ricordato, faceva esplicitamente riferimento ad un modello


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misto, di possibile integrazione. Credo dunque sia fuorviante per ciascuno di noi, ma soprattutto per le comunità che rappresentiamo, porre le questioni in termini di divaricazioni. Noi ci accingiamo a disegnare un modello ove, dal punto di vista normativo, viene riconosciuto il diritto all'obiezione, viene dato spazio e richiesto il servizio civile, viene dato spazio e restituita dignità al servizio militare di leva. Si tratta di modelli integrati entro la logica europea ed entro la logica delle alleanze. Chi non vuole questa integrazione, evidentemente indugia su altri terreni che, mi si permetta di dirlo, sono però particolarmente vecchi sia per quanto riguarda l'approccio ideologico sia dal punto di vista dell'approccio pragmatico. Si tratta di modelli che non hanno visto crollare i muri né hanno assistito alle logiche dei nuovi conflitti che sono stati ricordati in questa sede. Chi ha operato da volontario nelle terre martoriate della Bosnia ed a Sarajevo ci racconta in maniera esplicita che accanto all'indispensabile presenza militare risulta altrettanto indispensabile quella di forze qualificate in servizio civile e, quindi, anche degli obiettori di coscienza. Questa è l'esperienza recente e più significativa, sulla quale non si può non indugiare quando si è chiamati a discutere e deliberare circa le nuove norme in materia di obiezione di coscienza.
Da questo punto di vista la legge n.772 è invecchiata e deve essere superata, perché alcuni suoi aspetti costituiscono oggi dei vincoli e dei freni e non per gli obiettori e per gli enti, ma per una nazione come la nostra, che deve qualificarsi anche come autentica operatrice di pace nello scenario internazionale.
Una terza considerazione che voglio brevemente svolgere è che alla gratitudine verso la relatrice Chiavacci si accompagna, se è possibile, un'indicazione non tanto sotto forma di emendamenti (che abbiamo in abbondanza) quanto in termini di attenzione per il futuro o, forse, di un ordine del giorno dei gruppi di maggioranza o di tutte le forze politiche. In riferimento, in particolare, all'articolo 3 e alla pubblicizzazione dei diritti e dei doveri concernenti l'esercizio dell'obiezione di coscienza, esperienze significative del territorio che mi onoro di rappresentare ci mostrano che i comuni possono fare molto perché i giovani chiamati alla leva conoscano - attraverso l'informazione fornita dai comuni, dagli uffici giovani delle municipalità o, in loro mancanza, dalla stessa struttura comunale meglio di quanto non avvenga attraverso il circuito amicale - anche le possibilità legate all'obiezione di coscienza.
Un secondo suggerimento, anche in collegamento - ciò non stupisca - alla produzione della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, verte sull'importantissimo articolo 9 del disegno di legge alla nostra attenzione, circa la possibilità che gli obiettori svolgano il servizio al di fuori del territorio nazionale. In alcuni ambienti si è molto parlato (in altri contesti evidentemente gli interessi sono diversi) di una forza di pace disarmata, i cosiddetti caschi bianchi. Questo tema ci sta particolarmente a cuore, anche se personalmente non lo scindo mai dal futuro dei caschi azzurri o di qualsiasi altro contingente impegnato in operazioni di creazione o di mantenimento della pace.
In conclusione, qualcuno in precedenza e recentemente anche su Il Sole 24 ore (mi riferisco al generale Jean, nell'edizione di sabato 12 luglio) si è espresso utilizzando le parole «viltà» e «virtù» ed il Governo è stato rimproverato di non aver mai dato risposta circa gli esiti e le attività degli obiettori di coscienza. Mi permetto di segnalare a questi colleghi (non tutti, evidentemente, abbiamo tanto tempo a disposizione) che la giunta della regione Veneto (che non è guidata dall'Ulivo), in collaborazione con il movimento internazionale della riconciliazione, ha svolto una ricerca sull'obiezione di coscienza e sul servizio civile completa di dati, tabulati e impressioni.
È l'inizio di un lavoro di verifica, ma credo (lo ricordo ancora una volta) che pubblicazioni di questo genere, che attivano i ricercatori nell'ambito delle regioni

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e che richiamano le risorse attivate nelle comunità locali, nelle associazioni, nelle attività di assistenza, di sanità, di cultura, di educazione, di ambiente e di protezione civile, dovrebbero insegnarci ad avere non solo la pazienza nel confronto politico (eventualmente anche nell'esame emendamento per emendamento), ma anche l'umiltà di ricordare, accanto al numero degli obiettori (richiamato, per esempio, dal collega Ruzzante), anche il fatto che centinaia di enti convenzionati (444 nel Veneto ed altre centinaia in tutte le regioni d'Italia) attendono da noi non chiacchiere su qualcosa di indeterminato ma una decisione rapida e sollecita su un argomento che da molti anni fa scrivere pagine assai significative su una cittadinanza responsabile e giusta (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).
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