SIMEONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
alle 12,20 di martedì 4 marzo 1997, un Mig delle forze armate albanesi, quasi certamente partito dalla base di Cuvoce, è atterrato all'aeroporto militare di Galatina, dove i due piloti (tra l'altro sprovvisti di documenti) hanno chiesto asilo politico alle autorità italiane -:
se i meccanismi radar di rilevazione abbiano consentito di avvistare in tempo utile il velivolo;
quali siano le ragioni per le quali il velivolo non è stato intercettato in volo, al fine di impedirgli un atterraggio non autorizzato;
quali siano le ragioni per le quali è stato consentito l'atterraggio;
se il Ministro della difesa sia stato tempestivamente informato dell'intenzione dei due piloti albanesi di atterrare a Galatina e, in caso affermativo, se abbia autorizzato l'atterraggio stesso;
se il Governo abbia consapevolezza dell'estrema gravità della vicenda, gravità che emerge non soltanto dall'episodio in sé considerato, ma anche dalla constatazione che lo stesso potrebbe costituire un pericoloso «precedente» del quale in ogni caso le autorità preposte non avrebbero dovuto creare, come invece è stato fatto, i deleteri presupposti;
in che modo il Governo ritenga di doversi comportare nell'eventualità in cui episodi del genere abbiano a ripetersi, prospettiva non remota se si considera l'effetto «stimolante» derivante dalla sconcertante facilità con la quale i due piloti albanesi sono riusciti a portare a termine la loro iniziativa;
se intendano accogliere la richiesta di asilo politico avanzata dai due piloti;
a quali risultati abbia condotto la commissione d'inchiesta istituita dal capo di stato maggiore dell'aeronautica;
se dall'inchiesta siano emerse precise responsabilità;
in caso affermativo, in che modo il Governo intenda far valere tali responsabilità. (3-00853)
(10 marzo 1997)
IACOBELLIS, MARENGO, PEZZOLI, CUSCUNÀ e MALGIERI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
B) Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e delle finanze, per sapere - premesso che:
C) Interrogazione:
GARRA. - Al Ministro del tesoro. - Per sapere - premesso che:
D) Interrogazioni:
BERGAMO. - Ai Ministri delle finanze e del tesoro. - Per sapere - premesso che:
ALOI, VALENSISE, FILOCAMO e FINO. - Ai Ministri delle finanze, del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere:
da notizie apparse sulle pagine del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, risulta che martedì 4 marzo 1997 un aereo militare albanese Mig 15, di fabbricazione cinese, è entrato nello spazio aereo italiano alle ore 12,22 ed è atterrato sulla base aerea di Galatina (Lecce) dell'Aeronautica militare, in maniera maldestra;
i due piloti albanesi hanno chiesto asilo politico ed attualmente sono a piede
libero a Lecce, con un permesso provvisorio di soggiorno in attesa di ulteriori decisioni del ministero dell'interno;
il comando dell'Aeronautica militare ha dichiarato che lo stesso velivolo, armato, è stato immediatamente intercettato dai radar italiani e da nostri aerei da addestramento Macchi MB 399, e quindi scortato sino all'atterraggio;
tutta la vicenda, per come si è svolta, fa ritenere che la nostra difesa aerea sia stata beffata, mettendo a nudo pericolose negligenze che solo fortunosamente non hanno avuto gravi conseguenze -:
quali iniziative intenda mettere in atto per accertare: a) se sia vero che gli aerei da addestramento italiani levatisi in volo fossero disarmati, e quindi nell'impossibilità di difendere il territorio italiano; b) perché non siano intervenuti i caccia intercettori (F 104 o Tornado Adv), capaci di neutralizzare ed eventualmente abbattere un velivolo nemico;
in che modo l'Aeronautica militare ritenga di poter difendere il nostro Paese, se è vero che un aereo che parte dall'Albania raggiunge il nostro territorio in appena sei minuti;
se non ritenga di dover informare il Parlamento della grave vicenda. (3-00886)
(13 marzo 1997)
il settore delle imprese di pulizia occupa circa quattrocentomila lavoratori, suddivisi fra trentacinquemila imprese (ditte individuali, società di capitali, cooperative): vi è dunque un addetto ad otto ore lavorative ogni cento cittadini, mentre nelle società industrializzate più avanzate vi sono in tale settore ben tre addetti per cento cittadini;
la differenza fra il mercato delle imprese di pulizia italiane e quello degli altri paesi ad economia avanzata appare più evidente se si fa riferimento alle dimensioni delle imprese: infatti, mentre in Italia ciascuna di esse occupa in media non più di duemila lavoratori, la media addetto per impresa è in Europa di circa trenta/quarantamila lavoratori;
la polverizzazzione delle imprese del settore, la carenza di controlli da parte degli uffici provinciali del lavoro e la carenza di norme adeguate sono fattori che hanno contribuito alla diffusione del lavoro nero, con conseguenti distorsioni della libera concorrenza e del mercato e con indubbi vantaggi per le imprese non in regola con le normative previdenziali o che non rispettano il contratto collettivo di lavoro previsto per gli addetti alla categoria, anche per la natura stessa dell'attività, nella quale il costo del lavoro incide per l'ottantacinque per cento sul costo globale dei servizi resi;
la libera concorrenza fra le imprese operanti nel settore è compromessa altresì dai benefici contributivi di cui godono imprese che hanno la sede legale in zone «protette» e, rese forti e competitive da tale agevolazione, si affacciano sul mercato e concorrono a gare in zone in cui le altre imprese sono invece gravate dall'obbligo di pagare per intero i contributi previdenziali previsti dalla legge;
un aspetto particolare, ma rilevante sotto l'aspetto quantitativo, è la presenza attiva nel settore di imprese a struttura cooperativa, che versano i contributi previdenziali sulle retribuzioni convenzionali, anziché sulle retribuzioni effettive;
tutti questi fattori concorrono a far sì che gli appalti vengano spesso affidati ad imprese che sono in grado di fornire servizi ad un costo orario inferiore del quaranta per cento rispetto a quello previsto per la mano d'opera dei contratti collettivi di categoria;
per sopravvivere alle difficoltà del mercato, ovvero perché pressati da alcune amministrazioni pubbliche, alcune imprese del settore hanno accettato di concorrere a gare associandosi temporaneamente a cooperative, e ciò potrebbe comportare seri danni al libero mercato del lavoro;
la Usl di Cesena ha di recente (il bando di gara è stato pubblicato sui quotidiani del 17 gennaio 1996) indetto una licitazione privata per i servizi di pulizia riservando la partecipazione esclusivamente a «raggruppamenti temporanei di impresa che includano fra le ditte associate almeno di una cooperativa sociale» -:
quali improrogabili iniziative intendano adottare per effettuare maggiori controlli al fine di: a) evitare i fenomeni di lavoro nero ed evasione contributiva; b) favorire la libera concorrenza e l'ordinato sviluppo delle imprese che operano seriamente e correttamente nel settore; c) ridefinire la normativa del settore al fine di renderla più chiara, più efficace e verificabile nell'attuazione; d) ridurre i fattori distorsivi della libera concorrenza anche attraverso una revisione della normativa prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n.602, che prevede, fra l'altro, che il calcolo degli oneri previdenziali sia, per le cooperative, effettuato non in base alla effettiva retribuzione corrisposta, ma in base ad un ammontare convenzionale stabilito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale; e) combattere il lavoro nero, invitando gli organi della pubblica amministrazione che indicano gare per i servizi di pulizia a controllare, nel caso di eccessivi ribassi sul prezzo base, che pagamenti ai lavoratori e contributi pagati siano in linea con quanto previsto dai contratti collettivi di categoria e con le norme vigenti.
(2-00080) «Mammola».
(3 luglio 1996)
la legge 29 gennaio 1994, n.87, all'articolo 3, comma 1, ha previsto l'applicazione dei benefici ivi previsti anche agli ex dipendenti dello Stato per i quali la liquidazione dell'indennità di fine servizio non sia stata definita, non essendo ancora esauriti i rapporti giuridici stante la pendenza di contenziosi;
nell'applicazione della relativa normativa, l'Inpdap di Catania, con lettera raccomandata spedita in data 18 agosto 1996 a migliaia di pensionati, ha intimato agli stessi l'invio di ponderosissima documentazione (copia del ricorso al Tar, copia degli atti o delle pronunce intervenute, certificato di pendenza di giudizio eccetera) e da ultimo li ha invitati alla consegna di detti documenti entro e non oltre il 2 dicembre 1996;
il panico suscitato tra gli ultraottantenni e le loro famiglie, ma anche tra ex dipendenti in età meno veneranda, è stato indicibile, ed ha provocato centinaia di richieste di atti pervenute al Tar Lazio, che non ha solo da rilasciare detti documenti ai pensionati delle provincia di Catania, ma anche alle altre migliaia di pensionati di tutta Italia;
sia i pensionati che in tempo sono riusciti a presentare il certificato di litispendenza, sia a quelli che non lo hanno potuto esibire, nella prima decade di dicembre 1996 è poi pervenuta comunicazione a modulo, sempre del predetto Inpdap di Catania, che sovente così conclude: «La SV ha proposto ricorso al Tar oltre il termine... La sua richiesta non può trovare accoglimento», operando così una... giustizia domestica -:
se i fatti suesposti siano a conoscenza del Ministro interrogato;
se non ritenga di emanare apposita circolare volta ad evitare che agli ex servitori dello Stato venga serbato il
danno e la beffa delle disinvolte procedure "targate" Inpdap Catania. (3-00580)
(20 dicembre 1996)
il sistema della riscossione dei tributi nell'Italia meridionale va inquadrato nell'ottica della soluzione del problema della riscossione nelle regioni Sicilia, Campania e Calabria, da anni mai affrontato;
la società concessionaria del servizio riscossione tributi per la regione Calabria e la provincia di Salerno, la Get spa, contando oltre mille unità lavorative, è tra le più grandi industrie private del Mezzogiorno;
a tutt'oggi la società non ha corrisposto ai dipendenti le competenze del mese di gennaio 1997, per cui attualmente i lavoratori sono in stato di agitazione;
tra le cause principali di tale gravissima situazione risulta all'interrogante vi sia il comportamento omissivo della stessa amministrazione finanziaria, che non ha provveduto per tempo ad accogliere le istanze motivate della società e non ha concesso i provvedimenti agevolativi previsti dall'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica n.43 del 1988 per oltre cento miliardi di lire, relativi al solo anno 1996, e per circa cinquanta miliardi di lire per l'anno 1995;
in data 31 dicembre 1996, la stessa amministrazione ha ammesso di aver errato nel calcolo di tali provvedimenti, rinviando a tempi futuri il riesame e la quantificazione del credito da riconoscere alla stessa società;
una serie di ulteriori inadempienze da parte della stessa amministrazione (nella fattispecie gli uffici distrettuali delle imposte dirette), concretizzatesi in ritardi ed omissioni, hanno penalizzato la Get spa nella misura di non meno di cento miliardi di lire;
alla società è venuto meno improvvisamente l'apporto finanziario garantito dalla Carical, del gruppo Cariplo, istituto bancario che, attraverso la Get, si era in precedenza assicurato l'intero flusso finanziario di ben sei province, per un ammontare di circa cinquemila miliardi, e che aveva assunto precisi obblighi, in occasione delle richieste di concessione decennale, sia con la società Get sia con la stessa amministrazione -:
al fine di salvaguardare i posti di lavoro, quali provvedimenti immediati intendano adottare in ordine alla concessione della dilazione di cui all'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica n.43 del 1988 (adempimento che deve essere compiuto dalla direzione centrale relativamente al periodo 1995/1996), evitando ulteriori, inaccettabili ritardi ed inadempienze, che prefigurerebbero il compimento di gravi reati da parte della stessa amministrazione finanziaria;
quali disposizioni siano state impartite o si intenda impartire urgentemente agli uffici periferici per evitare azioni risarcitorie nei confronti della stessa amministrazione;
quali provvedimenti, anche parziali, intendano adottare, considerato che questi consentirebbero alla società di fare fronte agli impegni assunti in ordine al pagamento delle competenze maturate dai dipendenti, nonché al pagamento delle spettanze dei terzi, dal momento che la crisi della Get ha coinvolto tutte le aziende che con tale società hanno fattivi rapporti di lavoro e minaccia di creare una pericolosa situazione sia economica sia sociale in una terra già ampiamente devastata dallo spaventoso fenomeno della disoccupazione;
quali interventi siano stati posti in essere o si intendano promuovere presso il gruppo Cariplo, al fine di imporre il
rispetto degli obblighi assunti nei confronti della società e della stessa amministrazione finanziaria;
se intendano intervenire con prontezza, pretendendo la tutela degli interessi dell'erario e degli enti impositori, e riferire sulla portata dell'obbligazione assunta dal gruppo Carical-Cariplo;
quali certezze sul loro futuro intendano assicurare ai dipendenti della Get spa ed alle aziende ad essa collegate. (3-00721)
(11 febbraio 1997)
se siano a conoscenza della gravissima situazione in cui versa la Get, la società che gestisce le esattorie della Calabria e della provincia di Salerno, che, a causa di varie inadempienze dell'amministrazione finanziaria, non è più in grado di provvedere tempestivamente ai propri compiti istituzionali per mancanza di liquidità, al punto che non riesce neppure a corrispondere gli stipendi ai propri dipendenti;
quali siano i motivi per i quali la Carical, del gruppo Cariplo, ha bloccato i propri finanziamenti, venendo meno all'impegno, assunto con l'amministrazione finanziaria in sede di conferimento della concessione, di garantire la Get a tutela dell'erario, degli enti e dei dipendenti;
se, in presenza di una siffatta critica situazione, che crea grande tensione negli oltre mille dipendenti che si vedono costretti a dover ricorrere allo sciopero per la tutela dei propri diritti, intendano adottare concreti ed urgenti provvedimenti per ricondurre a normalità il particolare, delicato servizio pubblico.
(3-00727)
(12 febbraio 1997)