![]() |
![]() |
![]() |
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scalia. Ne ha facoltà.
MASSIMO SCALIA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, ci soffermeremo adesso sulla questione di fiducia che è stata posta, mentre sul merito del provvedimento interverremo in sede di dichiarazione di voto finale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Testa. Ne ha facoltà.
LUCIO TESTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, rinnovamento italiano voterà la fiducia al Governo sul provvedimento che reca misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica. Il provvedimento è stato fatto oggetto, anche a seguito dell'emendamento governativo, di significative modifiche che ne migliorano il contenuto e ne rendono più plausibile la finalità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Piscitello ha poc'anzi avanzato un ardito parallelo, immaginando che cosa sarebbe accaduto al nostro paese se, invece del Governo Prodi e dell'Ulivo, avessimo avuto al potere il Polo: egli ha disegnato scenari cupi per l'economia italiana e per le classi popolari. Forse al collega Piscitello è sfuggito ciò che si è verificato in questo anno di Governo Prodi nel nostro paese, quello che è successo nella realtà e quello che noi cristiano-democratici abbiamo tentato di contrastare, senza molta fortuna per la verità. Del resto, questo ennesimo voto di fiducia dimostra quanto sia difficile discutere e confrontarsi in questo Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signori del Governo, i deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti voteranno la fiducia posta dal Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Comino. Ne ha facoltà.
DOMENICO COMINO. Grazie, Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pasetto. Ne ha facoltà.
GIORGIO PASETTO. Signor Presidente, il paese nel suo insieme, nel senso più ampio del termine, farebbe grande torto a se stesso se continuasse a sottilizzare ed a far credere all'esterno di essere stato ferito oltre misura ed ingiustamente dai giudizi della Commissione europea nella valutazione del rapporto reale tra deficit e PIL. La questione vera non riguarda qualche punto decimale in più o in meno quanto la considerazione che Bruxelles ha certificato che in un anno siamo passati da un deficit del 6,8 per cento sul prodotto interno lordo al 3,2 per cento per il 1997. La voce del Capo dello Stato ha già detto abbastanza in questa direzione, ma continuare a proiettare all'esterno ed all'interno del paese l'idea strumentale di un fallimento o di un torto subito rischia di creare alibi per le nostre future responsabilità.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pasetto. Onorevole Molgora, la richiamo all'ordine!
GIORGIO PASETTO. non dobbiamo cercare, come fa l'opposizione, vie di fuga, perché con l'avanzo primario più alto tra tutti i paesi europei, l'abbattimento dell'inflazione, la diminuzione del tasso di sconto, il ritorno della lira nello SME ed il mantenimento di stabilità del cambio sono state create le condizioni in grado di dare concretamente una risposta definitiva...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pasetto.
GIORGIO PASETTO. Come dicevo, sono state create le condizioni in grado di dare concretamente una risposta definitiva sul piano delle politiche di risanamento. La storia delle manovre finanziarie fin qui varate sta a dimostrare...
PRESIDENTE. Onorevole Armani, la richiamo all'ordine! Per cortesia, onorevoli colleghi, un minimo di correttezza!
GIORGIO PASETTO. ...pur nell'ambito di una grande difficoltà, la bontà degli sforzi e la serietà dell'impegno assunto fin dalla nascita di questo Governo. È in ragione di ciò che il gruppo dei popolari e democratici anche in questa occasione riconferma il suo impegno e la sua fiducia al Governo Prodi.
PRESIDENTE. Onorevole ministro Bogi, adesso ci si mette anche lei!
GIORGIO PASETTO. Dicevo che tutto ciò tende ad abbassare quel livello di visione unitaria delle cose che sono a fondamento delle grandi aspirazioni del paese. Il livello di convergenza in Italia sull'obiettivo Europa, condiviso in maniera esplicita da quasi tutte le forze politiche, si abbassa artificialmente in continuazione quando le questioni di contenuto reale di carattere economico vengono sopraffatte da ragioni di esclusiva politica interna se non di propaganda. Questa situazione non soltanto rende difficile la comunicazione dei problemi reali all'interno del paese, ma lancia anche messaggi distorti agli interlocutori europei ed inoltre non favorisce la creazione di quel clima positivo, necessario e indispensabile per operare quelle scelte che sono la conseguenza logica degli obiettivi di risanamento raggiunti. Mi chiedo infatti se la distorsione della dialettica politica interna e l'indice di instabilità complessiva che questa distorsione produce non siano alla base delle incertezze che la Banca d'Italia mostra nel prendere la decisione di ridurre ulteriormente il tasso di sconto, per la quale a nostro avviso ci sono tutte le condizioni e che certamente sarebbe uno degli elementi in grado di favorire la ripresa dello sviluppo e dell'occupazione. Ma non solo: l'esasperazione del confronto parlamentare fuori dalle questioni di merito rischia di non farci cogliere per intero le opportunità che ci auguriamo possano emergere già a partire dalle prossime settimane dalle indicazioni del nuovo documento di programmazione economico-finanziaria, che è lo strumento che ci consentirà di saldare gli sforzi compiuti anche con questa «manovrina» con la piattaforma, per certi aspetti definitiva, delle nostre scelte di politica economica. Siamo consapevoli che si vanno riducendo sempre più i margini di esclusiva manovra finanziaria e che probabilmente l'organizzazione della contabilità dello Stato ha esaurito la sua capacità di razionalizzazione nelle situazioni esistenti.
PRESIDENTE. Onorevole Pasetto, ha esaurito il tempo a sua disposizione.
GIORGIO PASETTO. Onorevole Presidente, sono stato interrotto più volte. Non posso ricorrere ai tempi supplementari?
PRESIDENTE. Ne abbiamo tenuto conto.
GIORGIO PASETTO. L'auspicio del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo è che questa occasione venga colta dalle forze politiche nella loro capacità di proposta e dal Governo nella sua capacità di iniziativa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, ieri il nostro capogruppo, onorevole Tatarella, ha denunciato l'ipocrisia del Governo che per bocca dell'oggi latitante ministro dell'economia Ciampi, in omaggio al Parlamento, poneva la questione di fiducia, dopo aver illustrato alcune linee di economia.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Gasparri: onorevole Floresta, la richiamo all'ordine (Commenti del deputato Floresta).
ELIO VITO. Cosa sta facendo?
MAURIZIO GASPARRI. Siamo di fronte, dicevo, al fatto che il Governo per la ventunesima volta ricorre al voto di fiducia. Un voto che, come ha denunciato l'onorevole Fini in queste ore, intercorre ogni sedici giorni da quando esiste questo Governo, domeniche e festività natalizie e pasquali comprese. È il record dei record! Nessun Governo ha fatto un ricorso così massiccio ed estensivo alla fiducia!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.
BEPPE PISANU. Signor Presidente ed onorevoli colleghi...
PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, la prego di attendere un attimo solo che i colleghi terminino di congratularsi con l'onorevole Gasparri. Rivolgo poi la preghiera ai deputati del gruppo di alleanza nazionale di mantenere quel tanto di tranquillità per consentire all'onorevole Pisanu di svolgere il suo intervento.
BEPPE PISANU. Lo faranno senz'altro, signor Presidente. La ringrazio.
PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, le posso chiedere un secondo?
BEPPE PISANU. Ho acceduto ben volentieri a questa giusta e doverosa interruzione.
FABIO MUSSI. Pochi!
BEPPE PISANU. Osservo peraltro che molti degli emendamenti del CCD sarebbero caduti per ragioni regolamentari, altri sarebbero stati ritirati, avendo tutti i parlamentari del Polo a priori deciso di incentrare la loro attenzione sui 24 emendamenti sottoscritti da tutti i gruppi dello schieramento.
ELIO VITO. Presidente, non li richiama?
PRESIDENTE. Onorevole Mussi, la prego...
BEPPE PISANU. ...presentare un emendamento, onorevole Mussi, non è un fatto ostruzionistico; ostruzionistico semmai è l'uso che dell'emendamento si può fare. Osservo ancora che se ieri avessimo seguito la via normale, anche nell'ipotesi che nessuno dei 473 emendamenti fosse stato ritirato o fosse stato fatto decadere, a quest'ora, onorevoli colleghi, ci troveremmo esattamente al punto in cui ci troviamo adesso, cioè alle dichiarazioni di voto (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
ELIO VITO. Vergogna!
BEPPE PISANU. Ormai avete incassato i ringraziamenti di principi, di duchi e varia altra nobiltà e, come si dice, «finita la festa, gabbato lo santo», ancorché sabaudo!
PRESIDENTE. Presidente Pisanu, a quale emendamento ammesso si riferisce?
ELIO VITO. A quello su cui il Governo ha posto la fiducia.
BEPPE PISANU. A quella norma figurante nell'«emendamentone» del Governo che rende monetizzabili i rimborsi...
PRESIDENTE. Ho capito.
BEPPE PISANU. Si tratta comunque di materia previdenziale.
PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, dovrebbe concludere.
BEPPE PISANU. Mi avvio a concludere, Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cherchi. Ne ha facoltà.
SALVATORE CHERCHI. Signor Presidente, in questi giorni si è molto polemizzato da parte dell'opposizione sulla richiesta da parte del Governo della fiducia
ELIO VITO. Per le divisioni della maggioranza!
SALVATORE CHERCHI. Per quanto riguarda l'esame da parte dell'Assemblea, come ha ricordato poc'anzi l'onorevole Pisanu, sono stati presentati solamente - dice egli - 500 emendamenti! Se questi venissero tutti esaminati, con le procedure regolamentari vigenti si consentirebbe a qualsiasi opposizione di inchiodare la maggioranza sul provvedimento e di impedirne di fatto, vista la doppia lettura che se ne deve fare, la conversione in legge in tempi utili.
PRESIDENTE. Onorevole Cherchi, deve concludere.
SALVATORE CHERCHI. Mi avvio a concludere, Presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Cherchi, deve davvero concludere.
SALVATORE CHERCHI. Ciò anche ad evitare, signor Presidente, che i positivi risultati ottenuti in termini di risparmio della spesa per interessi vadano ad alimentare la spesa corrente.
PRESIDENTE. Colleghi, prima di procedere al voto devo una risposta al presidente Pisanu, il quale ha posto alcune questioni direttamente al Presidente. Come è noto, non è nella prassi dell'Assemblea che il Presidente risponda direttamente, altrimenti si rischia di interferire con le funzioni dell'Assemblea stessa e di distorcerle. Essendo però molto autorevole il richiamo che è stato avanzato e strettamente attinente alla materia di cui parliamo... Per cortesia, fate un po' d'ordine. I commessi facciano sgombrare l'emiciclo.
ELIO VITO. Il decreto trattava del condono!
PRESIDENTE. Scusate colleghi, non possiamo aprire un dibattito di questo tipo. Mi è stato detto che avevo dichiarato inammissibile un emendamento in materia previdenziale, essendo invece stato dichiarato ammissibile l'emendamento del Governo. Non è così: l'emendamento in materia previdenziale, il 4.8, è stato dichiarato ammissibile. Questo è lo stato delle cose. Avviene a volte che vi siano «sconnessioni» - per così dire - nei rapporti fra singoli parlamentari e presidenti di gruppo, come capita talvolta tra gli uffici e il Presidente della Camera.
Comincerà dall'onorevole Frosio Roncalli.
GIUSEPPINA SERVODIO, Segretario, fa la chiama.
ELIO VITO. Si era detto che non si facevano privilegi!
PRESIDENTE. Ho appena letto, onorevole Vito, una comunicazione. Mi scusi, ma lei non sta attento.
(Segue la chiama).
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito i deputati segretari a procedere al computo dei voti.
(I deputati segretari procedono al computo dei voti).
Comunico il risultato della votazione per appello nominale sull'emendamento Dis. 1.1 del Governo, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia:
Sono così preclusi i restanti emendamenti.
Hanno risposto «sì»:
Hanno risposto «no»:
Sono in missione:
I verdi voteranno la fiducia del Governo, la loro ventunesima fiducia. I verdi non hanno mai guardato con favore a questo istituto, anche per la loro esperienza di opposizione, ma qui l'opposizione si è ormai da tempo trasformata in Aventino, un Aventino che durante la legge finanziaria si vedeva - spettacolo unico nella storia delle democrazie parlamentari - nei banchi lasciati vuoti dalle opposizioni.
Oggi i banchi non sono più vuoti - si fa per dire! - ma il clima è lo stesso: un'opposizione pregiudiziale ed intransigente. Mai più un voto a Prodi, proclama il leader del Polo, che si stempera e rilancia il parlottio sulle larghe intese solo e rigorosamente quando sono in ballo gli interessi diretti - economici o giudiziari - di colui che è il capo reale di Mediaset, di alcuni grandi circuiti distributivi, di società di assicurazioni, eccetera eccetera.
Ma, quando si tratta di manovre economiche, l'opposizione ritorna sull'Aventino, impenetrabile ai dati della realtà. E questi dati, questa realtà ci dicono che l'inflazione è oggi sotto il 2 per cento e che questo è un dato che non si vedeva da 28 anni; che la riduzione del tasso di sconto a livelli europei è ormai un dato di fatto; che il fabbisogno del primo semestre 1997 sarà inferiore alla metà di quello corrispondente del 1996 e che pertanto su questa strada il mitico 3 per cento di Maastricht sarà agevolmente raggiunto nel corso del 1997, in barba alle sentenze politiche formulate in Europa sulla base di dati discutibilissimi da esponenti di Governi di centro-destra e di circoli finanziari molto esclusivi.
Il provvedimento in esame può essere ritenuto non entusiasmante e francamente non ci entusiasma, ma onestà intellettuale dovrebbe impedire di non riconoscere che esso si inserisce in modo equo ed equilibrato nella linea di condotta che con determinazione testarda ma efficace Prodi e Ciampi stanno seguendo per conseguire l'obiettivo di fare parte della «sudata» euromoneta.
La questione politica sottostante al decreto-legge in esame riguarda il trattamento di fine rapporto. Il Polo senza esitazioni si è arruolato sotto le bandiere della Confindustria. Si tratta di una scelta del tutto legittima, anche se un po' riduttiva, se la si rapporta alla rappresentatività sociale ed elettorale del Polo stesso.
Ai colleghi socialisti, che in un contesto diverso, di dichiarata lealtà alla maggioranza e al Governo, hanno mostrato sensibilità analoghe sulla questione, mi permetto di ricordare due punti: in primo luogo, che il prelievo sul trattamento di fine rapporto, mentre esclude la piccola impresa, opera su una platea così ampia
da conseguire un risultato significativo con un impatto modesto sulle aziende; si tratta infatti del 2,5 per cento dello stock complessivo, circa 200 mila miliardi, accantonato dalle imprese proprio per il trattamento di fine rapporto. In secondo luogo, è incontrovertibile che la gestione aziendale del TFR non ha corrispettivi in Europa, come non ha corrispettivi l'elevato livello di oneri sul costo del lavoro. Ma si tratta di una sensibilità che dovrebbe appartenere alla storia del movimento socialista; quando si parla di trattamento di fine rapporto, si parla di una forma di salario differito, di soldi dei lavoratori, insomma; una questione molto delicata e concreta a fronte del rischio del downsizeing, collega Villetti, da lei molto sottolineato, ma francamente remoto, almeno a mio modo di vedere.
Al collega Masi, infine, che talvolta predilige espressioni ad effetto di vago sapore tardo dannunziano, vorrei ricordare la sproporzione di certe immagini evocate quando la pistola è scarica ed in realtà poi non è neanche una pistola.
I verdi non si sentono minacciati da questo Governo e voteranno pertanto liberamente questa fiducia (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).
Innanzitutto va ricordato che rinnovamento italiano ha svolto in Commissione una continua azione costruttiva rispetto a vari punti del provvedimento, in particolare per quanto riguarda una migliore articolazione del trattamento di fine rapporto e l'introduzione di disposizioni che consentissero un alleggerimento del prelievo, specie a favore della piccola e media impresa. L'esclusione del prelievo anticipato sui trattamenti di fine rapporto delle imprese fino a quindici addetti, l'esclusione del prelievo per i nuovi assunti, qualunque sia la dimensione dell'impresa, la franchigia di dieci dipendenti per le imprese fino a cinquanta addetti, sono misure volute e sostenute decisamente da rinnovamento italiano.
La ricomprensione di tali misure accanto a quelle sulle transazioni delle liti fiscali, fonte di una maggiore copertura, e l'alleggerimento a favore delle imprese e dell'occupazione hanno alleviato la pesantezza del provvedimento, la cui necessità resta confermata dalla finalità che è pur sempre quella dell'ingresso in Europa.
Il provvedimento rientra, dunque, nell'obiettivo Europa e nella complessiva azione di risanamento della finanza pubblica. È noto che, sin dalla fase di impostazione del decreto-legge n.79 del 1997, rinnovamento italiano avrebbe preferito un provvedimento di diversa natura, non basato prevalentemente su misure di cassa e su anticipazioni di entrata; avrebbe preferito che si affrontassero più direttamente i nodi strutturali di correzione degli andamenti della finanza pubblica.
Tuttavia, il provvedimento va sostenuto in quanto è un ulteriore passo per raggiungere entro l'anno i parametri stabiliti per l'adesione all'unione monetaria europea. Vogliamo però ricordare al Governo, nell'esprimere la nostra fiducia, che questo obiettivo deve essere perseguito e raggiunto a pressione fiscale invariata. Le azioni di correzione futura, di conseguenza, dovranno riguardare il lato della spesa.
Votando la fiducia a questo provvedimento, rinnovamento italiano vota per un'azione ancor più coraggiosa del Governo verso la moneta unica. Quest'ultima non è solo un fatto monetaristico e di cambiamento di banconote, la moneta unica ci aiuterà a cambiare parecchie cose, anche al di fuori della politica di bilancio; ci costringerà - desidero sottolineare
questo aspetto - ad adottare una organizzazione ed un funzionamento dell'ordine giudiziario più efficiente, una politica scolastica e della ricerca scientifica in grado di affrontare le sfide culturali e tecnologiche dei sistemi avanzati e complessi, un sistema fiscale non penalizzante sia per le imprese sia per le famiglie, un mercato del lavoro in grado di rispondere alle esigenze di competitività e di sviluppo. La moneta unica e la permanenza nell'unione monetaria europea ci costringono ad avere leggi che per numero e qualità non impediscono di uscire dai problemi elencati a puro titolo esemplificativo; ci costringono anche a rinunciare a svalutazioni competitive, ci proibiscono di continuare a finanziare il deficit statale con il debito, ci obbligano a migliorare l'efficienza con la quale raccogliamo e spendiamo i denari pubblici. Ci costringono anche, e non da ultimo, ad abolire l'imponibile di manodopera correlato alle assunzioni obbligatorie di categorie protette che generano un esercito di falsi invalidi.
Il gruppo di rinnovamento italiano esprime il proprio voto di fiducia in attesa del documento di programmazione economico-finanziaria nel quale vorremmo vedere, per raggiungere l'obiettivo Europa, il completamento delle privatizzazioni ed una adozione ancora più ampia e convinta delle regole di mercato.
Incidere sulla spesa pubblica affrontando i nodi strutturali delle pensioni, della sanità e dello Stato sociale non è sfida da poco - ce ne rendiamo conto - e questa impresa riguarda non solo le forze politiche ma anche le parti sociali con cui verificare subito gli effetti della riforma previdenziale varata nel 1995, in modo da intervenire in aderenza con gli obiettivi della moneta unica e da garantire l'equilibrio finanziario dell'intero sistema.
Occorre mettere mano allo Stato sociale sia per raggiungere l'obiettivo Europa sia per rendere in ogni caso certe le prestazioni del futuro la cui incontrollabilità dei conti è il primo e principale nemico; parimenti la ristrutturazione e la razionalizzazione della spesa sanitaria devono passare attraverso un'attenta ricognizione di bisogni tradizionali (sinora coperta ma ormai fuori dell'area della socialità) e bisogni nuovi, i quali devono calamitare una diversa e più attenta considerazione. Nuove priorità, diverse autorizzazioni delle risorse, eliminazione degli sprechi, eliminazione di vecchi privilegi, nuovi bisogni da capire e soddisfare: anche questo, signori del Governo, vorremmo vedere a giorni nel documento di programmazione economico-finanziaria. Soprattutto non vorremmo vedere segnali ma impegni contro il dramma della disoccupazione, la grande emergenza di fine secolo. Vorremmo che il primo e principale obiettivo a cui le future risorse della finanza pubblica, pur nel riequilibrio dei conti dello Stato, fosse proprio questo, l'occupazione. Mi riferisco a quella dei giovani, specie nelle aree più povere ed emarginate, ovunque essi si trovino, al sud come al nord. L'esistenza di un'economia sommersa di dimensioni enormi, a cui si affianca un'evasione fiscale e contributiva di pari dimensione, rendono quanto mai indilazionabili interventi strutturali sul mercato del lavoro, di flessibilità, di costituzione di redditi di fiducia tra le imprese per la riqualificazione professionale e per il lavoro.
Signor Presidente, il provvedimento che oggi ci apprestiamo a votare con la fiducia è un atto dell'economia ufficiale; come prima accennavo, però, in Italia esiste un'altra grande economia, forse pari alla metà della prima e che sfugge totalmente al fisco e all'Istat (che tuttavia ne tenta alcune stime), ai sindacati, ai contratti nazionali ed aziendali, alle ASL, all'INPS e, ovviamente, alla legalità intesa nel senso più ampio. Questo mondo è tuttavia una risorsa, un'opportunità per il nostro paese, purché risanata e riportata alla legittimità in modo idoneo. Ci attendiamo sulle politiche del lavoro, anche di quello sommerso, delle novità che ancora non sembrano manifestarsi con il necessario vigore.
Vorrei ricordare l'importanza che ha, per l'occupazione e l'ammodernamento del paese e per la ripresa dell'incremento
del PIL, la rimessa in moto dei lavori pubblici, nella sua più ampia accezione: dalla difesa del suolo alla viabilità, al risanamento del patrimonio edilizio e culturale preesistente. È una ricetta sicura, collaudata, che però trova nelle procedure sugli appalti esistenti più che una garanzia contro la trasparenza una certezza di inagibilità, in cui la scarsa razionalità del legislatore fa a gara con le comode latitanze delle amministrazioni: progetti pronti, finanziamenti che rischiano di andare in economia, disoccupazione oltre il 30 per cento in molte aree depresse, piccole e medie imprese che non trovano come pagare le anticipazioni della «manovrina» - sulla quale oggi daremo la fiducia - e ingenti fondi del quadro comunitario di sostegno, la cui mancata utilizzazione non gioverà neanche ad alleggerire gli impegni di cassa in quanto torneranno nel grande calderone europeo. È proprio perché la moneta unica significa superare tutto questo e ci costringe a rivedere ancora di più l'organizzazione amministrativa dello Stato che il nostro voto di fiducia sul provvedimento è ancora più convinto di quanto la manovra stessa meriti.
È evidente che il documento di programmazione economico-finanziaria metterà alla prova l'intesa del Governo. L'accordo sui contenuti e la possibilità di trasformazione in precisazioni di risanamento della finanza pubblica e di ripresa dell'incremento del PIL sono subordinati alla sussistenza di un patto di Governo, a cui tutte le componenti della maggioranza - ivi compresa rifondazione comunista - dovranno dare il loro ampio, chiaro ed incondizionato contributo. Qualora mancasse al prossimo decisivo appuntamento la volontà di rifondazione comunista, occorrerà trarre le conseguenze circa l'agibilità dell'attuale Governo rispetto agli obiettivi di adesione all'unione monetaria europea, al risanamento del bilancio, alla soluzione degli altri gravi problemi sinteticamente richiamati e, in primis, a quello della disoccupazione.
Signor Presidente, signori del Governo, rinnovamento italiano, confermando la propria fiducia al Governo, ha dimostrato ancora una volta la coerenza al suo impegno programmatico, la sua prudenza, il suo equilibrio e la cautela che l'importanza della posta in gioco richiedono in ragione degli obiettivi che il Governo va perseguendo e che l'interesse del paese impone. Pertanto, signor Presidente del Consiglio, sia certo che rinnovamento italiano sarà solidale con l'azione del suo Governo, con gli obiettivi di risanamento del bilancio, del rilancio dell'occupazione, della partecipazione italiana, tra i primi, alla moneta unica. Ci aspettiamo, d'altra parte, che tutte le altre componenti di Governo e di maggioranza manifestino e si impegnino con la stessa lealtà e coerenza verso questa grande impresa di trasformazione dello Stato; e non solo di questo, ma dell'intera società italiana (Applausi dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano).
La verità è che noi da dodici mesi a questa parte abbiamo assistito ad una politica economica e finanziaria che ha attaccato duramente le famiglie e la loro capacità di reddito e di spesa; ha attaccato duramente le imprese, ha spento
l'inflazione a costo di una grave recessione dell'economia del nostro paese e di un crollo della domanda interna.
Tutto questo perché, onorevoli colleghi? Perché qualcuno della maggioranza, o forse l'onorevole Piscitello, è in grado di sostenere che questa è la linea che ci porterà in Europa o perché - mi è sembrato di averlo sentito da più parti, compreso dalla parte governativa - si sta prendendo atto che si è perso un anno di tempo e che se non si porrà mano a riforme strutturali (in primo luogo a quella della previdenza), i sacrifici fatti quest'anno dal popolo italiano saranno sacrifici inutili?
Mi spiegate allora i motivi per i quali sono state varate per un anno intero manovre-tampone, tasse, prelievi, accorgimenti straordinari, si è cioè perso un anno di tempo prima di accorgersi che bisognava porre mano a quelle riforme strutturali che già il Polo, con il governo Berlusconi, nel 1994 aveva in animo di varare, senza toccare una lira delle pensioni in essere, ma semplicemente ponendosi il problema di una ristrutturazione del sistema previdenziale? Questa è la verità. È inutile parlare del 3 o del 3,2 per cento: noi abbiamo sempre inchiodato al 120 per cento il rapporto con il debito pubblico consolidato. Il 120 per cento! Una delle tre condizioni di Maastricht è avvicinarsi al 60 per cento, quindi il 120 per cento è esattamente il doppio, e non vi è stata alcuna tendenza in questo anno a far decrescere tale rapporto. I prelievi straordinari, infatti, o verranno reiterati in maniera ancora più acuta, più pesante, nel prossimo anno, oppure si dovrà porre mano effettivamente alla ristrutturazione dello Stato sociale. Ma come? Con quale maggioranza? Con quale programma? Quello di rifondazione comunista, o quello di rinnovamento italiano, o dei popolari, o del PDS? Non vi è stata neppure, in un anno di vita parlamentare, la capacità di trovare all'interno della maggioranza un terreno di confronto comune su questi argomenti.
È questo il problema di fondo che costringe il Governo tutte le volte a saltare a piedi pari il confronto in Commissione ed in aula.
Non mi pare che in passato - al riguardo dovrei consultare gli atti parlamentari, ma credo che la ricerca sia abbastanza facile - su provvedimenti congiunturali di questo tipo sia mai accaduto che un testo giungesse in aula con il voto negativo della Commissione bilancio. Non è mai accaduto, cioè, che un provvedimento del Governo, bocciato dalla Commissione bilancio perché una parte determinante della maggioranza si è dissociata (è saltato persino il relatore di maggioranza, sostituito dal presidente della Commissione), una volta approdato in aula venisse subito paralizzato dal voto di fiducia, talché il Parlamento non ha potuto neppure mettersi in sintonia con il voto espresso dalla Commissione in sede referente. Stiamo passando veramente di anomalia in anomalia; infatti, se si fosse ripetuto in aula il quadro che si era verificato in Commissione, in ordine a moltissime proposte emendative il provvedimento del Governo sarebbe stato bocciato.
Stiamo quindi vivendo una fase di esautoramento della funzione parlamentare. La bicamerale si occupa di riforme future, di presidenzialismo, di rafforzare l'esecutivo, ma mai come in questi mesi abbiamo visto un Governo che con arroganza ha scavalcato il Parlamento, ha scavalcato l'opposizione ma anche la maggioranza. Quando il Parlamento infatti tenta di correggere gli errori delle manovre governative viene posto immediatamente davanti alla tagliola del voto di fiducia. Basta scorrere l'elenco dei voti di fiducia finora sottoposti al Parlamento per verificare come nessuno di noi parlamentari sia stato in grado, con libertà, di entrare nel merito non solo di alcune questioni determinanti, ma anche di talune secondarie. Io per esempio ritenevo importante la questione della rottamazione. I piccoli imprenditori, gli artigiani, ci chiedono come mai il Governo, quindi il Parlamento, continuino nella politica di
regalare fondi alla grande industria, per esempio ai fabbricanti di automobili; i cittadini, cioè, ci chiedono perché devono essere loro a pagare, con i propri soldi, con l'eurotassa. Guardando il bilancio della FIAT, ho verificato che gli azionisti hanno avuto un premio: in dividendo si tratta di soldi presi direttamente dalle tasche dei cittadini e passati agli azionisti della FIAT, tramite il regalo fatto per la rottamazione. Io ritenevo che vi fossero priorità diverse, più importanti, rispetto alla continuazione di una politica di favore nei confronti di alcune grandi imprese. Ma questo Parlamento ha potuto esprimersi? No, perché sulla rottamazione è stata posta la questione di fiducia, come è stata posta sulle quote latte, sul Banco di Napoli, sul problema dell'autotrasporto, in politica estera sulla questione dell'Albania, e così sul Giubileo, per Bagnoli, per i lavori socialmente utili e forse, la prossima settimana, sul pacchetto del lavoro. Sul provvedimento Bassanini è successo un fatto incomprensibile; vi era stato un importante confronto in Commissione e poi all'improvviso, anche se certamente vi sarebbe stato qualche altro passaggio parlamentare che tuttavia in genere è utile a migliorare i provvedimenti e ad evitare errori, si è troncata la discussione con un voto di fiducia.
Si tratta di un Governo, dunque, che pone la questione di fiducia su provvedimenti fondamentali e secondari, nonché su provvedimenti ordinamentali come quello Bassanini che, disegnando la ristrutturazione della pubblica amministrazione, avrebbe avuto bisogno di un confronto e di un approfondimento; è un Governo che continua a sfuggire alla logica del dialogo non solo con l'opposizione ma anche con la sua maggioranza, perché non ha una maggioranza. Forse sbaglio? Forse il provvedimento in esame ha avuto, alla prova del fuoco, nell'unica occasione in cui si è votato liberamente, l'approvazione della Commissione bilancio? Non l'ha avuta, perché una parte rilevante della maggioranza si è dissociata.
Ancora oggi in questa aula abbiamo sentito alcuni colleghi della maggioranza ripetere che questa sarà l'ultima volta, che votano la fiducia perché sono costretti da un vincolo di lealtà. Ciò è esattamente quello che hanno affermato i colleghi del patto Segni. I deputati di rinnovamento italiano, invece, come ha dichiarato il loro rappresentante, chiedono che il problema di rifondazione comunista venga chiarito e che si rassereni il clima. Diliberto, sono molto solidale con te, riconoscendoti coerenza. Quando infatti per diciassette volte rinnovamento italiano ripete tali appelli, dichiarando che un chiarimento è indispensabile, è ovvio che la credibilità non la perdete voi ma loro. Comunque, abbiamo ascoltato nuovamente il ritornello di una parte importante della maggioranza, la quale ha affermato che voterà la fiducia su tale provvedimento non perché sia convinta ma perché non può fare altro.
Ebbene, state attenti, perché chi di fiducia colpisce di fiducia perisce, così come un organismo si debilita quando medicamenti straordinari vengono utilizzati come se fossero la normalità.
I deputati del centro cristiano democratico voteranno con convinzione contro la fiducia. Infatti, così come si è verificato in occasione del provvedimento Bassanini e com'è accaduto sul disegno di legge di conversione in esame, abbiamo sempre cercato di contribuire ad un confronto parlamentare sereno e costruttivo, basato sulla presentazione di pochi emendamenti qualificanti. Ma tutto ciò non serve a nulla, perché poi in Assemblea non si riesce a discutere nemmeno un emendamento: il dibattito viene chiuso prima ancora che l'Assemblea possa avere la possibilità di affrontare l'esame di alcuni punti qualificati. Pertanto anche l'atteggiamento costruttivo dell'opposizione viene reso vano e tutto viene tagliato dalla fiducia. Ciò, lo ripeto ancora una volta, ci induce a votare con convinzione contro la fiducia posta dal Governo e più in generale a negare una fiducia che non possiamo certo riconoscere a questo esecutivo (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).
Com'è noto, avremmo preferito che non fosse decisa alcuna manovra, poiché la scelta di adottarla è collocata nello schema delle convergenze imposto da Maastricht. Tale schema proprio in questi giorni, tra l'altro, viene sottoposto a pesanti condizionamenti della politica: la politica di chi vuole omologare l'Italia alle linee di governo degli esecutivi di centro-destra in Europa; la politica di chi teme la visibilità di un percorso che non aggredisce le tutele sociali fondamentali conquistate in questi anni dalle lavoratrici e dai lavoratori italiani; la politica di chi scambia, con singolare interpretazione del vocabolario italiano, «riforme» con «tagli»; la politica di chi nega ogni autonomia ai governi nazionali, affidando alle banche centrali le decisioni reali sugli indirizzi di politica economica.
In questi giorni abbiamo ascoltato le enormi pressioni esercitate su tutti noi dagli organismi preposti. Ma il quadro europeo è aperto e mosso; mosso da movimenti di lotta e da resistenze sociali alle politiche restrittive e neo-liberiste. La Gran Bretagna, che in questi anni è stata la patria per antonomasia di queste politiche, ha chiesto, con il voto dell'altro ieri, un'inversione di tendenza.
In Francia ed in Germania le forze della sinistra, quelle moderate e quelle della sinistra alternativa, chiedono di ridiscutere con diverso grado di intensità modalità e tempi del Trattato di Maastricht ed in Italia si allarga uno schieramento che chiede che non sia tagliata la spesa sociale e che non sia modificata una concezione universalistica del welfare in nome di Maastricht (il movimento sindacale, parti importanti dell'associazionismo democratico, settori della stessa sinistra politica).
È stato ieri affermato autorevolmente dal ministro Ciampi che non sono previsti, neanche in prospettiva, interventi sul livello di spesa ed è quindi da considerarsi un fatto positivo che questa manovra, ancora una volta, giri al largo esattamente da quegli interventi che oggi ci chiedono le destre e la Confindustria, i poteri economici internazionali, interventi penalizzanti su pensioni e sanità.
Questa volta si è chiesto un livello di contribuzione attraverso un'anticipazione delle trattenute fiscali sui trattamenti di fine rapporto a carico delle imprese. Nulla di trascendentale, nessun esproprio proletario: un modesto contributo operato agendo su fondi di cui, peraltro, i legittimi titolari sono i lavoratori; un contributo chiesto dopo anni di sacrifici dei lavoratori in nome del cosiddetto risanamento mentre, contemporaneamente, venivano elargiti (ed ancora oggi parzialmente continuano ad esserlo) decine di migliaia di miliardi di trasferimenti alle imprese sotto forma di condoni, sgravi fiscali, incentivi di vario genere, di cui, peraltro, spesso non si sono verificati gli esiti, i risultati e le trasparenze di gestione.
Eppure, per questo modesto contributo la Confindustria ha promosso un'incredibile protesta, uno sciopero virtuale; ha minacciato di trasferire fuori dal nostro paese le produzioni ed ha chiesto ripetutamente - fatto veramente singolare - un mutamento del quadro politico. In questa aggressione senza precedenti c'è un'evidente nostalgia di tempi andati a cui le forze di centro-destra stanno dando voce e di cui si stanno rendendo interpreti.
Vi sono interventi in questa manovra che continuano a non convincerci, come la serie di microcondoni fiscali e contributivi, previsti a parziale copertura dello sconto di circa mille miliardi sul prelievo del TFR, originariamente previsto; analogamente non ci convince il blocco di sei mesi del TFR dei pubblici dipendenti che usufruiscono delle pensioni di anzianità e l'accelerazione della vendita del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali. Ci sembrano invece positive - le abbiamo richieste da sempre - le misure tese a
soddisfare in contanti e non più in titoli di Stato i pensionati aventi diritto agli arretrati a seguito della sentenza della Corte. Positivi ci paiono anche i tentativi - purtroppo ancora timidi - di recuperare parte dell'evasione fiscale. La lotta all'evasione fiscale è la strada maestra che, se imboccata decisamente, può costituire, insieme alle politiche per l'occupazione, la vera fonte di finanziamento per una reale riforma dello Stato sociale.
Il confronto a cui saremo chiamati da qui a breve è impegnativo e complesso. Non ci sottrarremo, ma nessuno si illuda che esso possa avvenire in uno scenario condizionato dai tagli e dalle riduzioni di spesa. Quote della ricchezza prodotta dal paese, del profitto, degli aumenti di produttività, della rendita finanziaria devono essere ripartiti in tutele e nuovi diritti. Lo Stato sociale non può gravare sul sempre più ridotto monte salari. Se accettassimo questa logica assisteremmo ben presto, favorendolo, ad un lacerante conflitto distributivo interno alle classi più deboli e spianeremmo la strada ad un mutamento di modello sociale, costruendo così le condizioni per uno Stato sociale minimo, residuale.
Per noi è il lavoro la vera sfida della riforma dello Stato sociale. Si parte da qui. In Europa comincia a farsi strada con decisione la convinzione che la riduzione d'orario è uno strumento decisivo nella lotta alla disoccupazione. I comunisti francesi, in occasione delle elezioni imposte da Chirac, hanno stilato, in accordo con il partito socialista di Jospin, un documento di intenti in cui al primo punto di un possibile Governo delle sinistre - cosa che adesso in Francia non appare improbabile - vi sia la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore a parità di salario. Non eravamo così fuori dal mondo quando abbiamo, per primi, proposto questo in Italia! In Germania è una realtà dei lavoratori metalmeccanici. È questa la strada che dobbiamo perseguire anche noi. Così come dobbiamo ricostruire e difendere una presenza pubblica dei settori strategici della nostra economia, perché le sinistre francesi unite si impegnano - leggo testualmente - «contro la mondializzazione liberale dell'economia e la deregolamentazione» e chiedono - udite, udite! - «l'arresto dei processi di privatizzazione di France Telecom, Air France, Thompson». E noi perché non dovremmo qui ambire a fare altrettanto (Commenti del deputato Garra)?
C'è un'Europa in cui è urgente l'integrazione: è l'Europa dei popoli, quella solidale, quella del lavoro e quella delle lotte sociali degli operai della Renault, quella della ricostruzione di una identità culturale. È un'Europa di sinistra e democratica che accetta la sfida delle destre e propone un'alternativa di società. Proviamo a farla vivere anche qui in Italia (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).
Onorevoli colleghi, avrei voluto richiamare anche l'attenzione del signor Presidente del Consiglio, ma è forse impegnato in un colloquio telefonico con il premier Fino per cercare di capire, visti i risultati, che cosa siamo andati a fare in Albania! Allora, mi accontento di richiamare l'attenzione del signor ministro per i rapporti con il Parlamento.
Ci troviamo, per l'ennesima volta, a votare la fiducia su un maxiemendamento che, alla faccia della semplificazione legislativa - vero, signor Presidente? -, consta di una sessantina di commi riguardanti una dozzina di articoli del decreto dello scorso 28 marzo, che reca - e qui siamo alle solite - misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica. I termini usati appaiono per lo meno impropri, in quanto, a forza di parlare di urgenza di misure, ci viene il sospetto che le stesse perdano il carattere dell'urgenza per assumere quello più proprio della prassi governativa, senza perciò ricercare regole semplici, chiare ed efficaci da
applicare ad un bilancio che deve essere continuamente riequilibrato perché i piatti della bilancia dello Stato sono stati forgiati male fin dall'inizio, con materiali e pesi diversi: quello delle entrate eternamente più leggero di quello delle uscite, inclinato com'è a danno della Padania, a garantire una spesa improduttiva e assistenziale volta unicamente al controllo del consenso elettorale più che a garantire l'ingresso della lira nel sistema europeo a moneta unica.
Non ci meravigliamo che anche in tale occasione sia stata posta la questione di fiducia né auspichiamo - come taluno ha fatto - l'intervento autorevole del Capo dello Stato per ristabilire la centralità del Parlamento. Questo lo lasciamo fare a certe forze che si dichiarano di opposizione a parole ma non lo sono nei fatti, che nell'ambito della Commissione bicamerale invocano una riforma presidenzialista o semipresidenzialista tendente ad attribuire maggiori poteri al Presidente, e poi pietiscono l'intervento del «monaco del colle» affinché restituisca al Parlamento un ruolo sovraordinato nei confronti dell'esecutivo!
Non c'è molta coerenza negli atteggiamenti di certa destra che, nonostante i proclami, le grida, le intenzioni di una nuova fase liberista, rimane quello che è da sempre e che ha dimostrato di essere anche in questo scorcio di legislatura: il riferimento dell'assistenzialismo al meridione, il «reggicoda» dell'attuale maggioranza per tutti quei provvedimenti che, guarda caso, l'hanno vista in difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Non ci stupisce più di tanto, né ci stupisce l'atteggiamento del Governo, che usa uno strumento regolamentare contro cui vi è ben poco da fare se non dichiarare voto contrario, come il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania ha sempre fatto con coerenza e come farà anche in questa occasione.
Ci stupisce invece, per certi versi, la dabbenaggine del Governo, in primo luogo perché propone un decreto del cui testo non è assolutamente convinto, se lo fa bocciare in Commissione, prende atto dell'irritazione delle solite lobby e lo emenda in sede di esame in quest'aula ricorrendo alla fiducia. Cari membri del Governo, anche in questa occasione dimostrate di essere come tanti don Abbondio, che il coraggio non lo posseggono e quindi non se lo possono dare! Ma la vostra dabbenaggine, in secondo luogo, è tanto più palese perché vi ostinate a perseguire obiettivi raggiungibili con misure inefficaci.
Pochi mesi or sono sono stati approvati il collegato e la manovra di fine anno. In occasione di quell'approvazione il nostro gruppo aveva già dimostrato con una relazione di minoranza che la programmazione economico-finanziaria del Governo Prodi non avrebbe assicurato il raggiungimento dei parametri di Maastricht. Ora si rende necessaria una manovrina aggiuntiva (chiamatela bis, ter o come volete) smentita (questa è la grande coerenza del Governo) soltanto fino ad un mese fa. In concomitanza con il nuovo deficit rilevato, il Governo Prodi con questa manovra ricorre nuovamente a nuove tasse ed imposte, ai condoni fiscali (quando soltanto nella passata legislatura il ministro Visco aveva proposto una legge per dichiarare l'incostituzionalità di qualunque condono fiscale), alla previsione di un programma di dismissione dei beni immobili degli enti previdenziali per conseguire nuove entrate.
Ma la nota più dolente contenuta nella manovra è senz'altro il prelievo forzoso sul TFR delle imprese, che rappresenta un duro colpo sferzato al settore produttivo già in crisi. Con questa infelice misura il Governo dimostra la sua bravura non solo nel ricorrere costantemente all'aumento delle imposte, ma anche nel disperdere e nello spendere anticipatamente i soldi dei cittadini e delle imprese, danneggiando ulteriormente gli investimenti produttivi. Dall'inizio della legislatura questa maggioranza ha approvato provvedimenti recanti ulteriori entrate per circa 51 mila miliardi, aumentando la pressione fiscale nonostante le promesse della campagna elettorale, e ne ha spesi circa 18 mila. Ma
non si è verificato alcun rilancio dell'economia né sono stati creati nuovi posti di lavoro (anzi la disoccupazione è in netto aumento), né ci siamo avvicinati, nonostante la rivendicazione peraltro obsoleta sul tasso di inflazione, ai parametri di Maastricht, come giustamente rilevato dalla Commissione europea.
Ciò significa che tutte le ulteriori risorse finanziarie prelevate dall'unica vera fascia produttiva del paese, la Padania, sono state e saranno destinate al finanziamento della macchina burocratico-amministrativa, che continua ad assorbire risorse della Padania restituendo solo nuovi oneri alle generazioni future. Lo sappiano non tanto i membri del Governo, quanto i cittadini padani, e lo sappiano soprattutto quelli che si ostinano a credere che le sorti italiane, delle quali non siamo assolutamente responsabili, possano essere migliorate vuoi dal Polo vuoi dall'Ulivo. Lo sappiano soprattutto gli illusi che continuano a finanziare uno Stato decotto con la sottoscrizione di titoli del debito pubblico.
A questi illusi, più che a noi, cari membri del Governo, signori della maggioranza e signori della falsa opposizione, fate sapere, possibilmente con un congruo anticipo, quando porrete la fiducia sulla manovra di consolidamento del debito pubblico. È lì che finirete per parare (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Traduco per i più ottusi: quando opererete il congelamento dei titoli di Stato.
In conclusione, signor Presidente, non mi rimane che ribadire ancora una volta il voto contrario del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania sulla fiducia posta dal Governo su questo inutile - ancora una volta - provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Non dovrebbe sfuggire alla nostra attenta valutazione che in definitiva siamo stati giudicati in via preliminare e prioritaria sul terreno dei parametri di convergenza. Nessuno, del resto, aveva chiesto un giudizio sulla nostra affidabilità complessiva. Siamo stati quindi sottoposti ad una severa - e forse eccessiva - analisi critica dei nostri conti economici. La verità è che il risanamento della finanza pubblica operato in questi mesi è in grado di reggere a qualsiasi esame critico a livello internazionale ed è in grado di costituire un punto di riferimento certo per le dinamiche dei mercati.
Quando dalla maggioranza e dal Governo è stata scelta la strada stretta ed impegnativa della moneta unica per fare un salto di qualità per l'integrazione economica e politica dell'Europa non si è certamente scelto di chiudere lo spazio politico europeo nei nuovi organismi economici, ma si è deciso, correttamente, di basare le nuove prospettive di integrazione a livello politico su una solidale integrazione delle economie, per contribuire alla sua trasformazione in una regione economica attiva e dinamica nei processi di globalizzazione in atto nel mondo.
Abbiamo tutti accettato il fatto che l'inizio di questo processo fosse caratterizzato da un radicale risanamento delle
finanze pubbliche ed abbiamo iniziato a rispondere a questa sfida in misura straordinaria, soprattutto in quest'ultimo anno. Se oggi questo nostro sforzo viene giudicato promettente, anche se non definitivo...
Onorevole Frattini, nisi caste, saltem caute, parli almeno a bassa voce!
La manovra su cui oggi il Governo chiede la fiducia va collocata entro un processo teso al raggiungimento di uno dei parametri di Maastricht e non può essere assunta come elemento a se stante, quasi a voler ignorare i tagli alle spese che proprio l'ultima finanziaria ha prodotto. Del resto, l'avvio alla soluzione di fondo delle difficoltà del nostro sistema economico non si è limitato soltanto alle operazioni di risanamento finanziario, ma ha riguardato anche una serie di interventi strutturali concernenti la riforma della pubblica amministrazione, la semplificazione fiscale e la riforma del bilancio dello Stato. Al di là delle ricorrenti polemiche avanzate dal Polo, sono questi i risultati che hanno innalzato la credibilità complessiva del paese su livelli che non possono tornare indietro. Oggi non si tratta di ricominciare daccapo; ciò che si rende necessario è un decisivo sforzo finale. Il voto del gruppo dei popolari e democratici è dunque un voto favorevole verso la politica complessiva del Governo per quanto attiene agli interventi di risanamento della finanza pubblica, condizione essenziale per rendere credibile nella sua totalità la scelta dell'ingresso in Europa.
Ma siamo altresì consapevoli che il nostro problema è anche quello di rendere, da una parte, più competitivo il sistema economico e, dall'altra, più stabile l'assetto politico. Non a caso, ancora una volta si intrecciano i punti essenziali dell'azione di Governo. La riforma dei meccanismi istituzionali resta un'improrogabile necessità, così come l'ammodernamento della pubblica amministrazione è a sua volta la migliore garanzia perché il risanamento della finanza pubblica prodotto in questo anno abbia la certezza di durare nel tempo.
Naturalmente, dentro questo giudizio complessivamente positivo dell'azione di Governo c'è una valutazione specifica in ordine a questa manovra di aggiustamento. Ed è un vero peccato che il positivo e costruttivo confronto avviato in Commissione non si sia potuto tradurre in quella sede in un voto di conferma degli interventi correttivi ed integrativi rispetto alla proposta iniziale della manovra. Tuttavia, larga parte delle proposte avanzate in Commissione dalla maggioranza e in parte dalla stessa opposizione hanno trovato nell'emendamento proposto dal Governo
una positiva e puntuale riconferma, soprattutto per quanto riguarda l'alleggerimento del prelievo sul TFR per le piccole e medie imprese, la franchigia per tutte le imprese in ordine alle nuove assunzioni e le agevolazioni fiscali per le imprese agricole individuali. Tutto questo senza voler trascurare la rilevanza delle altre modifiche, tra cui ci preme segnalare quella apportata all'articolo 13 del provvedimento, in ordine ai problemi del sostegno all'innovazione e alla ricerca industriale.
Esprimiamo quindi soddisfazione, perché quanto emerso nella Commissione è stato quasi tutto ricollocato dentro l'emendamento sul quale è stata chiesta la fiducia e su cui concordiamo in pieno. Ma è amaro dover constatare, signor Presidente, l'accentuarsi di una continua drammatizzazione in ordine alle scelte di politica economica, perché tutto ciò tende ad abbassare quel livello...
Prosegua, onorevole Pasetto.
Quello che ci si deve attendere dal documento di programmazione economico-finanziaria è un modello di interventi strutturali ed è in questo modello di risanamento finanziario che risiede l'energia propulsiva per la ripresa dello sviluppo. Quest'ultima, su basi nuove e risanate - della quale già si avvertono i primi segnali all'interno di uno Stato ammodernato nelle sue strutture amministrative e rinnovato nelle sue forme istituzionali di governo - è la garanzia reale per la conservazione dello Stato sociale nella trasparenza e nell'equità, intese quali presupposti indispensabili per politiche attive di solidarietà reale.
Se lanceremo al paese un messaggio forte in questa direzione, non ci saranno fronti ostili per noi in Europa. Spetta a noi, nell'arco di tempo che ci separa dalle decisioni finali, alzare il livello della nostra credibilità come paese, consolidando le aspettative positive che già si concentrano su di noi e confinando quel giudizio di inaffidabilità che molti conservano ancora nei nostri confronti, sul terreno del puro e semplice pregiudizio (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e della sinistra democratica-l'Ulivo).
Siamo di fronte...
Onorevole Floresta, la richiamo all'ordine per la seconda volta!
Prego onorevole Gasparri.
Si pone, cari esponenti del Governo e cari colleghi della presunta - cosiddetta - inesistente maggioranza, un problema di democrazia. Dico inesistente maggioranza perché l'abuso di voti di fiducia deriva soprattutto da questo, dal fatto cioè che la maggioranza in termini politici non c'è e non c'è stata neanche sulla politica estera: mi riferisco alla missione albanese, della quale riparleremo nei prossimi giorni. In quel caso abbiamo votato per la sicurezza dell'Italia e per gli aiuti all'Albania, ma non abbiamo avuto né gli aiuti all'Albania, né la sicurezza in Italia, perciò vogliamo capire a che cosa serve quella missione (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
Vi siete trovati in minoranza sulla questione dei valori e della droga, perché è stata bocciata la mozione del PDS, e il ministro Turco è rimasta al suo posto. In proposito, abbiamo scoperto giorni fa che il ministro non conosceva alcuni provvedimenti in materia di tossicodipendenza varati dal Governo del quale fa parte, di iniziativa del ministro della sanità, onorevole Bindi!
Anche in Commissione bilancio il Governo è stato sconfitto - come ben sanno i colleghi che fanno parte di quella Commissione - allorché questa «manovrina» è stata esaminata, perché alcuni membri della maggioranza non si sono prestati.
I voti di fiducia sono inversamente proporzionali alla consistenza della maggioranza: meno la maggioranza c'è, più si vota con la pistola alla tempia, come ha detto un collega (al quale dico che bisognerebbe reagire). Quando si ha la pistola puntata alla tempia, non si piega la testa, si va alla polizia e si denuncia il Governo che punta la pistola alla tempia dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Il Governo predispone questo genere di manovre economiche, sulle quali si potrebbero soffermare meglio di me i colleghi
Pace, Valensise e Armani per la preparazione accademica oltreché per l'esperienza parlamentare acquisita, specie nel caso dell'onorevole Valensise; il ministro Ciampi, questo genio dell'economia, l'uomo che ha portato la lira al disastro nel 1992 e per questo fu promosso Presidente del Consiglio dei ministri (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale), in un altro paese sarebbe stato licenziato; tanto, cari militari ed appartenenti alle forze dell'ordine, le pensioni della Banca d'Italia sono ricchissime, a differenza delle vostre, per le quali avete protestato! Ebbene, quale manovra ha studiato Ciampi? Quella di far pagare più tardi la liquidazione ai dipendenti pubblici e di far pagare prima le tasse agli imprenditori sulle liquidazioni dei dipendenti. È una ricetta antichissima per la quale non serviva il «grande» Ciampi! Bastava rivolgersi, cari ministri, al vostro vicino di casa, ammesso che qualcuno abiti ancora a fianco a voi e non sia andato via. È il vecchio sistema: pagare dopo e incassare prima. Lo fanno da millenni gli uomini e le donne di tutti i paesi della terra! E questa sarebbe la grande manovra di risanamento? E poi ci si meraviglia perché l'Europa ci boccia e si impreca contro i ragionieri? Credo che noi abbiamo avuto il dovere di contestare la posizione di chi dovrebbe essere garante delle istituzioni ma si rivela capofila di un Governo bocciato in Europa. Il nostro giudizio lo ribadiamo in Parlamento, in questo dibattito (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Quindi questa è una manovra iniqua, ingiusta e al tempo stesso inutile, perché danneggia i dipendenti pubblici. Cari colleghi dell'Ulivo, non erano quelli che aizzavate in campagna elettorale contro il Polo dicendo: se vincerà il Polo cosa accadrà ai dipendenti pubblici? Ebbene, con voi hanno avuto meno soldi e nemmeno più la liquidazione. È questa la realtà della politica per il pubblico impiego portata avanti dal Governo del centro-sinistra, dal Governo dell'Ulivo.
Inoltre oggi le imprese che già sono in crisi di liquidità, che non hanno accesso a crediti facili, le imprese piccole e medie che non hanno avuto i benefici della rottamazione pro FIAT, mentre tutti gli altri pagano tassi di interesse da usura, devono pagare prima le tasse sulle liquidazioni. Sarebbe questa la grande manovra? Peraltro, a meno che non confischiate definitivamente le liquidazione dei dipendenti pubblici e raddoppiate alle imprese le tasse che già versano sulle liquidazioni, questi soldi alla fine non cambiano i saldi di spesa. Prima o poi pagherete - ce lo auguriamo - la liquidazione ai dipendenti pubblici e quegli anticipi di tasse non li richiederete agli imprenditori un'altra volta!
Pertanto, la manovra oltre ad essere iniqua è anche inutile, perché alla fine della partita tutto torna al suo posto. E poi ci si meraviglia perché l'Europa ci boccia dinanzi a questi trucchetti.
Abbiamo appreso con grande irritazione che veniva chiesto il voto di fiducia, perché esso impedisce al Parlamento di modificare i testi legislativi. Ventuno fiducie: una ogni sedici giorni! E non si prenda a pretesto l'alibi degli emendamenti. Lo sanno benissimo i membri del Governo e lo sa benissimo il Presidente del Consiglio, che ha fatto autoironia quando è andato in Transilvania perché l'abbiamo chiamato «Vamprodi», il vampiro fiscale; bene, questi ha scelto il posto adatto alla sua politica, alla sua identità, alla sua vera natura di «dissanguatore» del popolo italiano.
Noi non abbiamo mai fatto barricate con migliaia di emendamenti. Forse a volte il gruppo della lega ha fatto un massiccio ricorso a questo strumento, ma i colleghi del Polo, membri della Commissione lavoro, con riferimento al «pacchetto Treu» hanno concentrato le proposte di modifica in poche unità. Anche su questo metterete la fiducia? Volete impedire al Parlamento di migliorare i provvedimenti? Ma poi sapete cosa succede? Ciò che è accaduto con il «Bassanini 1» e il «Bassanini 2», i due provvedimenti sulla pubblica amministrazione. A forza di fiducie accade che in un provvedimento successivo, voi della maggioranza e del
Governo rimettete le mani sulla stessa materia per correggere gli errori che avete fatto.
Rivendichiamo in questo dibattito non soltanto il diritto del Parlamento di opporsi ad una manovra che - lo ripeto - è tanto ingiusta quanto sostanzialmente inutile perché è comunque una misura provvisoria. È infatti una di quelle misure una tantum che fanno soffrire l'economia e le famiglie senza offrire alcuna prospettiva di uscire dal tunnel di una profonda crisi economica. Noi protestiamo anche perché non si può più cambiare una legge, non si può più fare un dibattito vero. E quando ci sono i veri dibattiti (ho citato quelli sulla droga, sulla questione albanese e sulla stessa «manovrina» in Commissione) la maggioranza non c'è. Quindi voi mettete la fiducia per porre «la pistola alla tempia» di alcuni parlamentari. È questa la verità!
Credo che invece di mandare i militari in missione internazionale in Albania, prima o poi dovremo forse rivolgerci all'ONU per chiedere che venga qualche missione in Italia ad appurare lo stato delle istituzioni democratiche di questo paese. Infatti non si era mai visto un Governo tanto debole, tanto disomogeneo al suo interno, tanto litigioso e tanto inefficace nei suoi singoli membri, e risparmio i giudizi individuali. Che dire però dell'operato del ministro della difesa Andreatta, del ministro per la solidarietà sociale Turco, e dell'arroganza del ministro della sanità Bindi che boccia leggi regionali (mi riferisco a quelle della Lombardia) sulla sanità, con una protervia dittatoriale che denunciamo in questo dibattito, rappresentando l'autonomia, il territorio... (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
Voi dell'Ulivo parlavate del federalismo e state a fare i «giannizzeri» contro le autonomie regionali! E poi dovremmo avere fiducia nella Commissione bicamerale e in D'Alema grande riformatore? Ma per carità!
Guardate che prima o poi avremo l'amaro destino di diventare, noi, i bulgari del mondo: una volta si faceva riferimento alla Bulgaria, perché era un paese ancora arroccato nel comunismo. Eppure anche la Bulgaria, qualche settimana fa, ha cambiato orientamento e si è affidata al centro-destra: non vorrei che quanto prima in Bulgaria cominciassero ad usare l'espressione «all'italiana», corrispondente a quella che avevamo noi un tempo («alla bulgara») per fare riferimento a maggioranze dittatoriali e alla omogeneità forzata imposta dal comunismo.
Cari membri del Governo, mentre voi vi fate quattro manovre, l'occupazione precipita. Dai dati si è visto che essa è diminuita del 3,9 per cento: per il sesto mese consecutivo, quindi, essa registra una diminuzione assoluta, secca. E faccio riferimento al dato di gennaio di quest'anno rispetto a quello di gennaio dell'anno scorso.
Peraltro la situazione riguarda anche il settore dei servizi. Non è più la crisi della grande industria conseguente alle ristrutturazioni, all'automazione, ai robot, ai benefici della rottamazione, che favoriscono i bilanci della FIAT ma fanno diminuire i dipendenti. No, anche nei servizi vi è una riduzione dell'occupazione!
Vi è poi anche una riduzione dei consumi alimentari, checché ne dica l'onorevole Prodi che ha voluto ribattere all'onorevole Fini quando giorni fa parlava di caduta dei consumi. Anche i consumi alimentari! Non siamo più al taglio dei beni di lusso, ma alla riduzione di ciò che serve alla famiglia per sopravvivere.
Questo è, dunque, il panorama economico dopo un anno di Governo: più tasse, più disoccupazione, l'impresa è soffocata ed è soffocato il terziario, il commercio, l'artigianato, i giovani sono lasciati senza prospettiva, anche se si prospettano ricette assistenzialistiche. Mi riferisco ai 100 mila posti di lavoro, non so se a 600 o a 800 mila lire al mese per sei mesi: il precariato, per mettere poveri contro poveri! Poi ai genitori di quei giovani che
percepiranno per qualche mese poche centinaia di mila lire si imporranno tasse addirittura maggiori o equivalenti!
Noi proponiamo misure di tutt'altro genere e a chi dice che il Polo - e, nel Polo, alleanza nazionale - fosse ostile alle privatizzazioni ricordo che tra le nostre proposte di modifica della manovra vi era l'anticipo di alcune privatizzazioni (dell'ENI, dell'ENEL). Vi sono tranche che possono essere vendute prima per garantire - se i saldi di spesa devono essere quelli, se in Europa bisogna andare - proventi dal mercato, dal risparmio, da chi vuole investire e non dalle famiglie o dalle imprese. Voi siete contro le vere privatizzazioni, perché volete lottizzare l'ENI, volete lottizzare l'ENEL, volete lottizzare la STET e tutto il resto, con la protervia che anche il caso Finmeccanica ha dimostrato!
Allora noi non solo vi neghiamo la fiducia su questa manovra, ma ve la neghiamo sul complesso della vostra azione e rivendichiamo da quest'aula il diritto dell'opposizione di svolgere il proprio ruolo democratico. Non state solo funestando la vita economica e sociale del paese, ma state anche minacciando i capisaldi della democrazia e noi non possiamo accettare in silenzio questo scempio di libertà! Il nostro «no» al vostro Governo è il «sì» alla libertà ed al pluralismo che con Prodi stanno soffocando in questa nostra patria (Vivi applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia - Molte congratulazioni)!
Prego, onorevole Pisanu.
Onorevoli colleghi, signor Presidente della Camera, l'accusa di ostruzionismo rivolta con insistenza all'opposizione e specialmente al Polo delle libertà ha raggiunto tra ieri ed oggi toni davvero inaccettabili, ai limiti della decenza.
È stata messa in opera una campagna ben orchestrata che vede in testa, accanto ai rappresentanti della maggioranza, ministri come Veltroni e Bassanini, con lo scopo evidente di denigrare l'opposizione e probabilmente - ma sarebbe vana chimera - di intimidire le opposizioni.
È presente in tribuna, e sta per lasciarla, il ministro degli esteri della Repubblica di Lituania. La Presidenza della Camera e l'Assemblea gli rivolgono omaggio (Vivi, generali applausi a cui si associano i membri del Governo).
Onorevole Pisanu, la ringrazio della sua cortesia e la prego di proseguire.
Vediamo dunque qual è stata la storia di questo provvedimento. Onorevoli colleghi, vi chiedo un po' di attenzione perché si sta parlando troppo in proposito. Questo provvedimento ha concluso il suo iter nella Commissione di merito secondo i tempi previsti e ne è uscito bocciato. Anche in aula la discussione sulle linee generali si è conclusa prima dei termini previsti. Inoltre, il provvedimento è arrivato in aula con la seguente dotazione di emendamenti: 9 di forza Italia, 48 di alleanza nazionale, 24 del Polo delle libertà, 54 della lega e 338 del CCD; in tutto 473 emendamenti.
Comunque, anche ammesso che gli emendamenti fossero stati tutti esaminati, faccio osservare innanzitutto che...
Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghi, dov'è l'ostruzionismo? Non lo chiedo al ministro Bassanini che nega anche le lettere scritte e sottoscritte, come ci ricorda la recente vicenda del dibattito sul bilancio, lo chiedo al ministro Bogi che segue attentamente i nostri lavori e lo chiedo soprattutto a lei, signor Presidente della Camera: in quale istante dell'iter parlamentare la condotta del Polo è stata ostruzionistica? Bisogna che lei ci dia formalmente questa risposta. Non faccio la domanda retoricamente, ma per avere una risposta, perché altrimenti anche lei corre il rischio di essere associato - mentre l'accusa non dovrebbe neppure sfiorarla - nella campagna di intimidazione e di diffamazione che si sta conducendo nei confronti del Polo.
Non si fa né si è fatto ostruzionismo e le chiediamo di attestarlo, signor Presidente della Camera. La verità è un'altra: la verità è che la maggioranza si butta in avanti per non cadere indietro; la verità è che la maggioranza ricorre alla fiducia non solo perché vuole evitare il confronto con i 24 emendamenti del Polo per le libertà, ma soprattutto perché vuole evitare di fare i conti con le contraddizioni che vi sono al suo interno. La verità è che la maggioranza sta facendo campagna elettorale e in campagna elettorale tutto vale, come a carnevale, dalle accuse agli oppositori alle promesse ai Savoia, alle promesse ai pensionati - per stare solo a questo provvedimento - e via dicendo.
A proposito di Savoia, onorevole Bogi, dov'è il progetto di legge di iniziativa del Governo per l'abrogazione dei commi 1 e 2 della XIII disposizione transitoria della nostra Costituzione? Glielo dico io. Se non è in un cassetto di palazzo Chigi, non è da nessuna parte perché voi non lo avete ancora presentato (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)!
Se volete, siamo in grado di prestarvi noi un progetto di legge già fatto; ce n'è uno presentato dai colleghi Frattini e Prestigiacomo nel giugno 1996 che speriamo venga sottoposto all'esame della Camera prima del vostro misterioso e per ora inesistente disegno di legge.
Mi dispiace osservare che alcune delle modifiche introdotte dal ministro Ciampi sono state presentate a fini smaccatamente elettorali. Mi riferisco in particolare a quella norma che riguarda le modalità di erogazione dei fondi per i pensionati, sbloccati con la nota sentenza della Corte costituzionale.
Signor Presidente della Camera, quella disposizione era inammissibile perché
estranea alla materia. Lei stesso aveva dichiarato inammissibili, proprio perché estranei alla materia, gli emendamenti Bono e Prestigiacomo presentati in Commissione bilancio e riguardanti il sistema previdenziale. Allora sono inammissibili gli emendamenti in materia previdenziale dell'opposizione mentre non lo sono quelli del Governo!
Anche qui le pongo la domanda in maniera non retorica, ma in attesa di una risposta precisa perché nell'iter di questo provvedimento ci sono state troppe sviste: ieri l'annunziato parere favorevole del Comitato dei nove, che invece non c'era; poi questa disparità di valutazione sull'ammissibilità degli emendamenti in materia previdenziale e all'inizio della seduta in aula...
Ben più grave di tutto questo (mi avvio rapidamente alla conclusione perché so che il mio tempo si sta esaurendo) è l'abuso connesso con la posizione della questione di fiducia senza alcuna motivazione, come ho cercato di dimostrare. Per di più la fiducia è posta su un emendamento che stravolge il testo originario ed introduce elementi non compatibili con la materia del decreto. In questo modo - l'ho detto ieri e lo ripeto oggi - con il combinato disposto costituito dai voti di fiducia e dall'«emendamentone» che stravolge il testo originario, il Governo introduce un modo nuovo di legiferare che sostituisce, in maniera capziosa che aggrava ulteriormente la situazione, quella per decretazione d'urgenza. In questo modo, onorevoli colleghi, voi approverete un provvedimento che è stato bocciato dalla Commissione di merito, stravolto da un «emendamentone» del Governo senza che la stessa Commissione si sia potuta pronunziare e senza che naturalmente l'opposizione abbia potuto dire una sola parola.
Io me ne preoccuperei perché, dove non c'è opposizione, non c'è Parlamento e neppure democrazia! Noi siamo dunque di fronte ad un iter parlamentare alterato, perché vengono violati l'articolo 72 della Costituzione e l'articolo 81 del regolamento. Si registra tale violazione perché da una parte vengono ammessi emendamenti non ammissibili e dall'altra si è in presenza di un provvedimento sul quale alcuni insigni costituzionalisti hanno sollevato motivati dubbi di costituzionalità.
Ci chiediamo perciò - e credo che a questo, essenzialmente a questo, si riferisse l'onorevole Fini - se...
Dicevo che ci chiediamo perciò se il Presidente della Repubblica non abbia nulla da dire a questo proposito, perché tocca a lui, supremo garante, in ultima istanza, accertare la regolarità del processo di formazione delle leggi sottoposte alla sua firma.
Nel nostro «no» a questo voto di fiducia vi è anche una delicata questione di carattere costituzionale che vogliamo sollevare e sottolineare con forza (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD - Molte congratulazioni).
finalizzata a garantire la conversione in legge in tempi utili di un decreto-legge essenziale per il contenimento del fabbisogno del settore statale e dell'indebitamento delle pubbliche amministrazioni. Lo ha fatto poc'anzi anche - con molta enfasi - l'onorevole Pisanu. In realtà questo esito, e cioè la posizione della questione di fiducia, è apparso scontato sin dal momento in cui l'opposizione ha presentato ben 1.400 emendamenti in Commissione bilancio, vale a dire 100 emendamenti per articolo! La discussione sul provvedimento svoltasi in Commissione bilancio è stata chiusa nei tempi ricordati dall'onorevole Pisanu solamente per il fatto che si è adottata la strada della bocciatura tecnica finalizzata alla ripresentazione del testo; altrimenti, già in Commissione ci saremmo trovati di fronte ad una impossibilità pratica ad esaurire l'esame del provvedimento.
Al di là delle schermaglie retoriche, torna ancora una volta alla nostra attenzione la questione, già registrata in questa come in altre circostanze, dei tempi utili della decisione parlamentare.
Ricordo che ieri l'onorevole Mussi, dopo che il ministro Ciampi aveva annunciato la posizione della questione di fiducia, ha riproposto all'opposizione una questione che riguarda l'intera Assemblea e che però - lo debbo constatare - è stata elusa nella sua essenza vera e nel suo spessore dall'opposizione. Quest'ultima ha il legittimo diritto di sviluppare la propria iniziativa e di svolgere pienamente il suo ruolo, ma anche il Governo ha il diritto-dovere di portare in Parlamento i provvedimenti essenziali del suo programma; non solo, ma il Governo, e la maggioranza che lo sostiene, hanno il diritto ed il dovere di decidere in tempi certi e utili per l'attuazione del programma per il quale l'esecutivo ha ricevuto la propria investitura.
Questo è il problema di fondo e non servono artifici retorici, non serve arrampicarsi sugli specchi: se si vuole discutere seriamente, questo è il problema da affrontare soprattutto in relazione all'esame dei decreti-legge, dopo che per gli effetti della sentenza della Corte costituzionale deve esserne assicurata la conversione in tempi ristretti (i tempi necessariamente sono quelli che non consentono la reiterazione). È di questo, allora, che bisogna discutere; è questo l'argomento che vogliamo riproporre all'opposizione perché esso riguarda l'intera Assemblea.
Assicurati i tempi certi della decisione parlamentare sta poi alla maggioranza dimostrare un sufficiente grado di coesione per garantire il sostegno all'attuazione della politica concordata con il Governo. In primo luogo si pone però - lo ripeto ancora una volta - la questione dei tempi utili per la decisione parlamentare.
Il secondo aspetto che intendo sviluppare riguarda il merito del provvedimento. Il ministro Ciampi ha esposto ieri le ragioni che hanno determinato la necessità di un'ulteriore manovra correttiva degli andamenti di finanza pubblica, ne ha sottolineato gli obiettivi e non intendo ulteriormente insistere su questo punto. Da parte dell'opposizione sono state avanzate due obiezioni. La prima riguarda l'asserita vanità dello sforzo compiuto dal Governo. Si dice infatti: «Comunque non centrerete i parametri previsti dal Trattato di Maastricht».
La seconda obiezione riguarda il carattere essenzialmente contingente, momentaneo, non permanente, non strutturale dell'insieme dei provvedimenti adottati dal Governo e quindi l'incapacità di
assicurare la stabilità nel tempo degli equilibri finanziari del bilancio pubblico allargato e dell'insieme del settore pubblico.
Quanto alla prima obiezione, l'onorevole Pasetto ha già ricordato la rilevanza del risultato ottenuto dall'Italia. Ammesso e non concesso che l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni sia pari effettivamente al 3,2 per cento e non al 3 per cento come sostiene il Governo italiano, quello che conta è l'enormità del balzo compiuto in un anno dal nostro paese circa il controllo degli andamenti di finanza pubblica. In un anno si è compiuto un balzo che vale il 3,6 per cento in rapporto al prodotto interno lordo che, insieme ai risultati conseguiti in tema di controllo dell'inflazione, degli interessi a lungo termine, della partecipazione dell'Italia al sistema monetario europeo, consente al nostro paese di candidarsi alla partecipazione all'Unione economica monetaria sin dall'inizio.
Un anno fa questo obiettivo appariva proibitivo, oggi è concretamente alla portata del nostro paese ed è questo ciò che conta; è questo l'obiettivo che la politica del Governo e della maggioranza innanzitutto deve conseguire. Si tratta di un obiettivo essenziale per l'insieme del paese: partecipare all'Unione economica monetaria sin dall'inizio, lo voglio ricordare amichevolmente anche al collega e compagno Giordano, è la precondizione, la condizione essenziale anche per determinare i contenuti sociali dell'Europa che vogliamo insieme costruire.
Questo risultato è stato ottenuto dal Governo e dalla maggioranza con un insieme di provvedimenti che hanno posto molta attenzione all'equità distributiva; un insieme di provvedimenti calibrati su interventi di carattere permanente e su altri di carattere non permanente.
È falsa l'affermazione secondo la quale tutto quello che è stato fatto in questo anno sia fondato sulla sabbia, su misure di carattere non permanente che esauriscono i loro effetti rapidamente. Questo non è vero se solo si pone attenzione ai contenuti e si compie onestamente un consuntivo delle azioni indicate come essenziali nel documento di programmazione economico-finanziaria approvato lo scorso anno. Non è vero per le misure di carattere più strettamente finanziario, perché lo scorso anno sono state poste in essere misure di contenimento e di razionalizzazione della spesa che determinano risparmi significativi e permanenti in tutti i comparti, da quello della previdenza a quelli della sanità, del pubblico impiego, della finanza locale. Si tratta di risultati permanenti ottenuti con misure di razionalizzazione e senza alcun taglio significativo delle prestazioni.
Non è inoltre vero quanto è stato affermato per un'altra elementare verità, cioè che il Parlamento ha approvato provvedimenti di carattere strutturale in tema di riforma della pubblica amministrazione, di delegificazione, di semplificazione, di redistribuzione dei poteri tra il centro e le amministrazioni periferiche, tra lo Stato, le regioni e gli enti locali. Il Parlamento ha avviato la riforma fiscale e quella del bilancio con leggi che sono già state votate e che in questo momento stanno trovando concreta attuazione nei decreti legislativi che il Governo sta trasmettendo al Parlamento per l'espressione del parere.
Quanto al provvedimento sul quale oggi voteremo la fiducia, debbo rilevare che sono state avanzate critiche ingenerose. È per esempio curioso che sia stata presentata una questione pregiudiziale di costituzionalità sulla misura concernente il trattamento di fine rapporto da parte di quelle forze che l'hanno suggerita al Governo in occasione della discussione della legge finanziaria. Quella proposta in particolare da alleanza nazionale era una misura di importo e di peso per le aziende, comprese quelle artigiane di piccole dimensioni, di ben altro rilievo rispetto all'intervento predisposto dal Governo.
È poi curioso che in quest'aula sia stata avanzata, come è accaduto poc'anzi, una questione sul pagamento di somme dovute ai pensionati. In realtà, per entrare nel merito, non si tratta di materia
strettamente previdenziale bensì di materia di cassa e quindi, in quanto tale, perfettamente proponibile nell'ambito del provvedimento in esame. Si tratta, soprattutto, di un atto di giustizia nei confronti di quei pensionati i quali, magari per somme di modesto importo, si sarebbero visti corrispondere l'assegnazione di titoli di Stato anziché appunto somme immediatamente spendibili.
Quanto al carattere del provvedimento, il Governo per primo, come ha affermato ieri il ministro Ciampi, è consapevole del fatto che le misure contenute nella manovra non hanno per la maggior parte una natura permanente (mi riferisco ovviamente alle disposizioni previste nel decreto-legge in esame). Il fatto è che le circostanze, in modo particolare l'andamento del ciclo economico, hanno suggerito di adottare provvedimenti di tale natura. Da tale affermazione discende la necessità di rendere stabili nel tempo gli effetti di contenimento degli andamenti di finanza pubblica che altrimenti si esaurirebbero nel corso del 1997 e del 1998. Al riguardo giova ricordare che già il documento di programmazione economico-finanziaria approvato lo scorso anno prevede per il 1998 l'adozione di misure di carattere strutturale per un importo di 27 mila miliardi di lire.
Quello che sta accadendo, quindi, è esattamente iscritto all'interno di un ciclo di programmazione che ha già scontato per l'anno prossimo un intervento di carattere strutturale. Non so se l'ammontare di 27 mila miliardi, di cui ho parlato prima, sia interamente necessario. Probabilmente occorrerà un intervento più contenuto, ma certamente di carattere strutturale poiché sono necessarie misure di rallentamento delle attuali dinamiche della spesa corrente.
Nella prossima discussione sul documento di programmazione economico-finanziaria, signor Presidente, ci misureremo con responsabilità, ma anche con chiarezza politica, al fine di stabilizzare i positivi risultati ottenuti.
Con le motivazioni esposte, dichiaro il voto favorevole dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo sulla questione di fiducia posta dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).
Come dicevo, trattandosi di questioni di particolare rilievo, risponderò subito alle osservazioni formulate.
In ordine alle ragioni che hanno indotto il Governo a porre la questione di fiducia, informo il collega Pisanu che... Colleghi, non è possibile! Onorevole Gasparri, la richiamo all'ordine!
Il ministro Ciampi, ponendo la questione di fiducia, non ha fatto riferimento all'ostruzionismo, ma ha detto «atteso il numero degli emendamenti presentati». Questa è stata la motivazione che qui ha addotto il ministro Ciampi.
Gli emendamenti erano 500 e su questo vi è una valutazione del Governo sulla quale ciascuno di noi può esprimere le proprie considerazioni. Io posso solo dire che un andamento fisiologico delle votazioni sui 500 emendamenti ci avrebbe
portato a chiudere più o meno entro questa sera, così come chiuderemo. Parlo di un andamento fisiologico del lavoro; se poi fossero intervenuti elementi patologici, evidentemente non ce l'avremmo fatta.
Per quanto riguarda la seconda questione, quella concernente l'annuncio del parere del Comitato dei nove, lei sa bene, onorevole Pisanu, che vi è stato un disguido nei rapporti con la presidenza della Commissione bilancio, che ho rilevato immediatamente, della qual cosa lei ora mi sta a sua volta dando atto. Di ciò mi dispiace molto ed ho chiesto anche scusa all'Assemblea. Si è trattato di un errore in cui sono incorso non per responsabilità esclusivamente mia, ma è così: ho dato un'informazione sbagliata e ne ho chiesto scusa. Credo che più di questo fosse difficile fare.
Per quanto concerne la terza, importante questione che lei ha posto, ho preso contatto anche con l'onorevole Prestigiacomo, la quale cortesemente mi ha fornito spiegazioni (non riesco a vedere l'onorevole Bono, il quale è l'altro presentatore dell'emendamento). Se non ho compreso male, la questione è nei seguenti termini: ho recuperato l'emendamento 4.8 dei colleghi Bono, Armani, Valensise e Prestigiacomo nella parte che riguarda specificamente l'estensione del condono previdenziale ai territori interessati dal terremoto. Questa parte dell'emendamento è stata dichiarata ammissibile e lei la ritrova nel fascicolo a pagina 49 (emendamento Bono 4.8). Ciò che voglio dire è che, quindi, non sono stati usati due pesi e due misure, ma si è fatto ricorso allo stesso criterio.
Non è stata invece dichiarata ammissibile un'altra parte dell'emendamento, quella che fa riferimento alla regolarizzazione di tutti i debiti verso l'amministrazione finanziaria, non solo di quelli previdenziali. Trattandosi a questo punto di materia molto più estesa e non più previdenziale, parte dell'emendamento non è stata ammessa e mi dicono, se non ho capito male - poi però sentiremo anche il collega Bono (Commenti del deputato Vito)...
Mi scusi, mi faccia finire. Come dicevo, sentiremo anche il collega Bono, ma mi pare che su questo, alla fine, si fosse convenuto. Quindi l'emendamento è stato dichiarato ammissibile nella parte previdenziale: non sono stati seguiti due criteri distinti.
Questa è la risposta che dovevo alle questioni poste...
Nel testo originario il condono c'era!
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Passiamo alla votazione.
Indìco la votazione per appello nominale sull'emendamento Dis.1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, sulla cui approvazione, senza subemendamenti e senza articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Prima di estrarre a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama, informo l'Assemblea che saranno chiamati a votare alcuni deputati che ne hanno fatto espressa e motivata richiesta con congruo anticipo.
Come sapete, colleghi, procederemo alla votazione in modo diverso dal passato, cioè utilizzando un sistema elettronico: compariranno su una tabella i nomi dei primi cinque deputati che devono votare, mentre sull'altra apparirà il tipo di voto espresso da chi ha votato, di modo che possa verificare che è stato correttamente registrato il suo voto.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
Si faccia la chiama.
(Segue la chiama).
Si riprenda la chiama.
(Segue la chiama).
Presenti e votanti 578
Maggioranza 290
Hanno votato sì 318
Hanno votato no 260
(La Camera approva).
Abaterusso Ernesto
Acciarini Maria Chiara
Acquarone Lorenzo
Agostini Mauro
Albanese Argia Valeria
Albertini Giuseppe
Aloisio Francesco
Altea Angelo
Alveti Giuseppe
Angelici Vittorio
Angelini Giordano
Attili Antonio
Bandoli Fulvia
Barbieri Roberto
Bartolich Adria
Bastianoni Stefano
Battaglia Augusto
Benvenuto Giorgio
Berlinguer Luigi
Bertinotti Fausto
Bianchi Giovanni
Biasco Salvatore
Bicocchi Giuseppe
Bielli Valter
Bindi Rosy
Biricotti Anna Maria
Boato Marco
Boccia Antonio
Boghetta Ugo
Bogi Giorgio
Bolognesi Marida
Bonato Francesco
Bonito Francesco
Bordon Willer
Borrometi Antonio
Boselli Enrico
Bova Domenico
Bracco Fabrizio Felice
Brancati Aldo
Bressa Gianclaudio
Brugger Siegfried
Brunale Giovanni
Brunetti Mario
Bruno Eduardo
Buffo Gloria
Buglio Salvatore
Burlando Claudio
Caccavari Rocco
Calzolaio Valerio
Cambursano Renato
Camoirano Maura
Campatelli Vassili
Cananzi Raffaele
Cangemi Luca
Capitelli Piera
Cappella Michele
Carazzi Maria
Carboni Francesco
Carli Carlo
Carotti Pietro
Caruano Giovanni
Casinelli Cesidio
Castellani Giovanni
Caveri Luciano
Cennamo Aldo
Cento Pier Paolo
Ceremigna Enzo
Cerulli Irelli Vincenzo
Cesetti Fabrizio
Cherchi Salvatore
Chiamparino Sergio
Chiavacci Francesca
Chiusoli Franco
Ciani Fabio
Colombo Furio
Cordoni Elena Emma
Corleone Franco
Cossutta Armando
Cossutta Maura
Crema Giovanni
Crucianelli Famiano
Cutrufo Mauro
D'Alema Massimo
Dalla Chiesa Nando
Dameri Silvana
D'Amico Natale
Danieli Franco
De Benetti Lino
Debiasio Calimani Luisa
De Cesaris Walter
Dedoni Antonina
Delbono Emilio
Delfino Leone
De Mita Ciriaco
De Murtas Giovanni
De Piccoli Cesare
De Simone Alberta
Detomas Giuseppe
Di Bisceglie Antonio
Di Capua Fabio
Di Fonzo Giovanni
Diliberto Oliviero
Dini Lamberto
Di Rosa Roberto
Di Stasi Giovanni
Domenici Leonardo
Duca Eugenio
Duilio Lino
Evangelisti Fabio
Faggiano Cosimo
Fantozzi Augusto
Fassino Piero
Ferrari Francesco
Finocchiaro Fidelbo Anna
Fioroni Giuseppe
Folena Pietro
Fredda Angelo
Frigato Gabriele
Fumagalli Marco
Fumagalli Sergio
Gaetani Rocco
Galdelli Primo
Galletti Paolo
Gambale Giuseppe
Gardiol Giorgio
Gasperoni Pietro
Gatto Mario
Gerardini Franco
Giacalone Salvatore
Giacco Luigi
Giannotti Vasco
Giardiello Michele
Giordano Francesco
Giulietti Giuseppe
Grignaffini Giovanna
Grimaldi Tullio
Guarino Andrea
Guerra Mauro
Guerzoni Roberto
Innocenti Renzo
Iotti Leonilde
Izzo Domenico
Izzo Francesca
Jannelli Eugenio
Jervolino Russo Rosa
Labate Grazia
Ladu Salvatore
Lamacchia Bonaventura
La Malfa Giorgio
Leccese Vito
Lenti Maria
Lento Federico Guglielmo
Leoni Carlo
Li Calzi Marianna
Lombardi Giancarlo
Lorenzetti Maria Rita
Lucà Mimmo
Lucidi Marcella
Lumia Giuseppe
Maccanico Antonio
Maggi Rocco
Malagnino Ugo
Malentacchi Giorgio
Manca Paolo
Mancina Claudia
Mangiacavallo Antonino
Mantovani Ramon
Manzato Sergio
Manzini Paola
Mariani Paola
Marini Franco
Marongiu Gianni
Maselli Domenico
Masi Diego
Massa Luigi
Mastroluca Francesco
Mattarella Sergio
Mattioli Gianni Francesco
Mauro Massimo
Mazzocchin Gianantonio
Melandri Giovanna
Meloni Giovanni
Merlo Giorgio
Merloni Francesco
Michelangeli Mario
Migliavacca Maurizio
Molinari Giuseppe
Monaco Francesco
Montecchi Elena
Morgando Gianfranco
Moroni Rosanna
Mussi Fabio
Muzio Angelo
Nappi Gianfranco
Nardini Maria Celeste
Nardone Carmine
Negri Luigi
Nesi Nerio
Niedda Giuseppe
Novelli Diego
Occhetto Achille
Occhionero Luigi
Oliverio Gerardo Mario
Olivieri Luigi
Olivo Rosario
Orlando Federico
Ortolano Dario
Paissan Mauro
Palma Paolo
Panattoni Giorgio
Parrelli Ennio
Pasetto Giorgio
Pecoraro Scanio Alfonso
Penna Renzo
Pennacchi Laura Maria
Pepe Mario
Peruzza Paolo
Petrella Giuseppe
Petrini Pierluigi
Pezzoni Marco
Piccolo Salvatore
Pinza Roberto
Pisapia Giuliano
Piscitello Rino
Pistelli Lapo
Pistone Gabriella
Pittella Giovanni
Polenta Paolo
Pompili Massimo
Pozza Tasca Elisa
Prestamburgo Mario
Procacci Annamaria
Prodi Romano
Rabbito Gaetano
Raffaelli Paolo
Raffaldini Franco
Ranieri Umberto
Rava Lino
Repetto Alessandro
Ricci Michele
Ricciotti Paolo
Risari Gianni
Riva Lamberto
Rivera Giovanni
Rizza Antonietta
Rizzo Marco
Rogna Sergio
Romano Carratelli Domenico
Rossi Edo
Rossiello Giuseppe
Rotundo Antonio
Rubino Paolo
Ruffino Elvio
Ruggeri Ruggero
Ruzzante Piero
Sabattini Sergio
Saia Antonio
Sales Isaia
Salvati Michele
Saonara Giovanni
Saraceni Luigi
Sbarbati Luciana
Scalia Massimo
Scantamburlo Dino
Schietroma Gian Franco
Schmid Sandro
Sciacca Roberto
Scozzari Giuseppe
Scrivani Osvaldo
Sedioli Sauro
Serafini Anna Maria
Servodio Giuseppina
Settimi Gino
Sica Vincenzo
Siniscalchi Vincenzo
Sinisi Giannicola
Siola Uberto
Soave Sergio
Soda Antonio
Solaroli Bruno
Soriero Giuseppe
Soro Antonello
Spini Valdo
Stajano Ernesto
Stanisci Rosa
Stelluti Carlo
Strambi Alfredo
Susini Marco
Targetti Ferdinando
Tattarini Flavio
Testa Lucio
Trabattoni Sergio
Treu Tiziano
Tuccillo Domenico
Turci Lanfranco
Turco Livia
Turroni Sauro
Valetto Bitelli Maria Pia
Valpiana Tiziana
Vannoni Mauro
Veltri Elio
Veltroni Valter
Vendola Nichi
Veneto Armando
Veneto Gaetano
Vignali Adriano
Vigneri Adriana
Vigni Fabrizio
Villetti Roberto
Visco Vincenzo
Vita Vincenzo Maria
Voglino Vittorio
Volpini Domenico
Vozza Salvatore
Widmann Johann Georg
Zagatti Alfredo
Zani Mauro
Zeller Karl
Alborghetti Diego
Aloi Fortunato
Amato Giuseppe
Amoruso Francesco Maria
Anedda Gian Franco
Angeloni Vincenzo Berardino
Anghinoni Uber
Apolloni Daniele
Aprea Valentina
Aracu Sabatino
Armani Pietro
Armaroli Paolo
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Bagliani Luca
Baiamonte Giacomo
Ballaman Edouard
Balocchi Maurizio
Bampo Paolo
Barral Mario Lucio
Becchetti Paolo
Benedetti Valentini Domenico
Bergamo Alessandro
Berruti Massimo Maria
Berselli Filippo
Bertucci Maurizio
Bianchi Vincenzo
Bianchi Clerici Giovanna
Bocchino Italo
Bonaiuti Paolo
Bono Nicola
Borghezio Mario
Bosco Rinaldo
Bruno Donato
Buontempo Teodoro
Burani Procaccini Maria
Butti Alessio
Calderisi Giuseppe
Calderoli Roberto
Calzavara Fabio
Caparini Davide
Cardiello Franco
Cardinale Salvatore
Carlesi Nicola
Carrara Carmelo
Carrara Nuccio
Caruso Enzo
Cascio Francesco
Casini Pier Ferdinando
Cavaliere Enrico
Cavanna Scirea Mariella
Cè Alessandro
Cesaro Luigi
Chiappori Giacomo
Chincarini Umberto
Ciapusci Elena
Cicu Salvatore
Cimadoro Gabriele
Cito Giancarlo
Cola Sergio
Collavini Manlio
Colletti Lucio
Colombini Edro
Colombo Paolo
Colonna Luigi
Colucci Gaetano
Comino Domenico
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Conti Giulio
Copercini Pierluigi
Cosentino Nicola
Covre Giuseppe
Crimi Rocco
Cuccu Paolo
Cuscunà Nicolò Antonio
Danese Luca
De Franciscis Ferdinando
de Ghislanzoni Cardoli Giacomo
Del Barone Giuseppe
Delfino Teresio
Dell'Elce Giovanni
Delmastro Delle Vedove Sandro
De Luca Anna Maria
Deodato Giovanni Giulio
Di Comite Francesco
Di Luca Alberto
Di Nardo Aniello
D'Ippolito Ida
Divella Giovanni
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Errigo Demetrio
Faustinelli Roberto
Fei Sandra
Filocamo Giovanni
Fini Gianfranco
Fino Francesco
Fiori Publio
Floresta Ilario
Follini Marco
Fontan Rolando
Fontanini Pietro
Formenti Francesco
Foti Tommaso
Fragalà Vincenzo
Franz Daniele
Fratta Pasini Pieralfonso
Frattini Franco
Frau Aventino
Fronzuti Giuseppe
Frosio Roncalli Luciana
Galati Giuseppe
Galeazzi Alessandro
Gambato Franca
Garra Giacomo
Gasparri Maurizio
Gastaldi Luigi
Gazzara Antonino
Gazzilli Mario
Giannattasio Pietro
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Giovanardi Carlo
Giovine Umberto
Gissi Andrea
Giudice Gaspare
Giuliano Pasquale
Gnaga Simone
Gramazio Domenico
Grugnetti Roberto
Guidi Antonio
Iacobellis Ermanno
Landi di Chiavenna Giampaolo
Landolfi Mario
Lembo Alberto
Leone Antonio
Lo Jucco Domenico
Lo Porto Guido
Lo Presti Antonino
Losurdo Stefano
Lucchese Francesco Paolo
Maiolo Tiziana
Malavenda Mara
Malgieri Gennaro
Mammola Paolo
Mancuso Filippo
Mantovano Alfredo
Manzione Roberto
Manzoni Valentino
Marengo Lucio
Marinacci Nicandro
Marino Giovanni
Marotta Raffaele
Marras Giovanni
Martinat Ugo
Martinelli Piergiorgio
Martini Luigi
Martusciello Antonio
Masiero Mario
Massidda Piergiorgio
Mastella Mario Clemente
Matacena Amedeo
Matranga Cristina
Matteoli Altero
Mazzocchi Antonio
Melograni Piero
Menia Roberto
Messa Vittorio
Miccichè Gianfranco
Michelini Alberto
Miraglia Del Giudice Nicola
Misuraca Filippo
Mitolo Pietro
Molgora Daniele
Morselli Stefano
Napoli Angela
Neri Sebastiano
Niccolini Gualberto
Nocera Luigi
Ostillio Massimo
Pace Carlo
Pace Giovanni
Pagliuzzi Gabriele
Palmizio Elio Massimo
Palumbo Giuseppe
Pampo Fedele
Panetta Giovanni
Paolone Benito
Parenti Tiziana
Paroli Adriano
Parolo Ugo
Pepe Antonio
Peretti Ettore
Pezzoli Mario
Pirovano Ettore
Pisanu Beppe
Pittino Domenico
Piva Antonio
Poli Bortone Adriana
Polizzi Rosario
Porcu Carmelo
Possa Guido
Prestigiacomo Stefania
Previti Cesare
Proietti Livio
Radice Roberto Maria
Rallo Michele
Rasi Gaetano
Rebuffa Giorgio
Riccio Eugenio
Rivelli Nicola
Rizzi Cesare
Rizzo Antonio
Rodeghiero Flavio
Romani Paolo
Roscia Daniele
Rossetto Giuseppe
Rossi Oreste
Rosso Roberto
Rubino Alessandro
Russo Paolo
Santori Angelo
Sanza Angelo
Saponara Michele
Saraca Gianfranco
Savarese Enzo
Savelli Giulio
Scaltritti Gianluigi
Scarpa Bonazza Buora Paolo
Scoca Maretta
Selva Gustavo
Serra Achille
Signorini Stefano
Simeone Alberto
Sospiri Nino
Stagno d'Alcontres Francesco
Storace Francesco
Taborelli Mario Alberto
Taradash Marco
Tassone Mario
Tatarella Giuseppe
Terzi Silvestro
Tortoli Roberto
Tosolini Renzo
Trantino Enzo
Tremaglia Mirko
Tringali Paolo
Urbani Giuliano
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valensise Raffaele
Vascon Luigino
Viale Eugenio
Vitali Luigi
Vito Elio
Zaccheo Vincenzo
Zacchera Marco
Berlusconi Silvio
Buttiglione Rocco
Maroni Roberto
Martino Antonio
Nania Domenico
Tremonti Giulio