Seduta n. 181 del 16/4/1997

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Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni (ore 9,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.
Cominciamo con l'interpellanza Rallo n.
2-00313 e con l'interrogazione Gasparri n. 3-00514 (vedi l'allegato A).
Questa interpellanza e questa interrogazione, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
L'onorevole Rallo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

MICHELE RALLO. Signor Presidente, se mi viene consentito uno spazio adeguato per la replica, preferisco ascoltare prima la risposta del sottosegretario.

PRESIDENTE. Onorevole Rallo, il tempo è quello previsto dal regolamento.
Il sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

ROBERTO PINZA, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Con l'interpellanza e l'interrogazione all'ordine del giorno, gli onorevoli Rallo e Gasparri sollecitano chiarimenti in ordine alla questione della partecipazione dell'Italia all'Unione europea.
A tale riguardo va premesso che il Governo si è impegnato e si sta impegnando con determinazione a risanare i conti della finanza pubblica per raggiungere i parametri indicati nel Trattato di Maastricht, che sono notoriamente tasso d'inflazione, stabilità dei cambi, rapporto disavanzo-PIL, rapporto debito-PIL e convergenza dei tassi di interesse a lungo termine. Questi sono, dunque, i cinque criteri previsti.


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In vista di tale traguardo, alcuni obiettivi sono stati già raggiunti; in particolare, il tasso di inflazione è in continua discesa: nel mese di febbraio 1997 il valore tendenziale ha raggiunto il 2,4 per cento. Poiché la mia risposta è stata elaborata qualche giorno fa, non tiene inoltre conto dell'ultimo dato annunciato ieri dal ministro del tesoro, secondo il quale nel mese di marzo l'inflazione è stata dell'ordine dell'1,8 per cento; quindi anche il valore tendenziale del tasso di inflazione ha subito un'ulteriore diminuzione rispetto al dato appena indicato.
Al fine di consolidare nel 1997 il processo di rientro dell'inflazione, il Governo intende proseguire nella politica dei redditi avviata con l'accordo sul costo del lavoro del 1993, unitamente ad una rigorosa politica di bilancio. In particolare l'intervento dello Stato in materia di tariffe dei servizi pubblici sarà ispirato al criterio della migliore allocazione delle risorse per garantire alle imprese produttrici un equilibrio di bilancio di medio periodo.
Seconda questione: il calo dell'inflazione ha prodotto altresì una riduzione sensibile dei tassi di interesse, tanto che il rendimento dei BTP decennali nel mese di gennaio è sceso fino al 7,3 per cento, per cui il differenziale con il bund tedesco di pari durata è ampiamente sotto i 200 punti base richiesti, oscillando tra i 170 ed i 180 punti. Anche in questo caso un aggiornamento posteriore alla redazione della mia risposta, che comunque è di soli pochi giorni fa (il dato al 15 aprile 1997 prospetta una differenza con il bund tedesco esattamente di 168 punti, con un margine di notevole consistenza rispetto ai 200 punti base richiesti), comunque è tendenzialmente in calo.
In terzo luogo, la lira è rientrata nello SME dopo aver gradualmente recuperato la perdita di valore verificatasi nella primavera 1995, e presenta condizioni di stabilità dei cambi coerenti con i limiti previsti negli accordi europei. Il dato di stamane indica 984 circa nel rapporto lira-marco, convalidando ulteriormente tale osservazione.
L'obiettivo sul quale è quindi necessario far convergere gli impegni è quello di cui più si parla in questi giorni, cioè il rapporto disavanzo-PIL al 3 per cento. Su ciò è stato imperniato l'insieme dei provvedimenti della manovra finanziaria, che consentiranno di ridurre automaticamente e di proseguire nel processo di riduzione del rapporto debito-PIL.
Note considerazioni di carattere economico-finanziario internazionale hanno spinto il Governo ad accelerare i tempi per il raggiungimento dei parametri di convergenza rispetto al percorso indicato nel documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio 1997-1999, approvato nel luglio scorso. Va infatti precisato che le misure di risanamento finanziario decise negli ultimi anni hanno arrestato la tendenza all'aumento del rapporto debito pubblico-PIL, avviandone la diminuzione a partire dal 1995. Nei prossimi anni la riduzione del rapporto sarà più sensibile e nel solo 1997 il rapporto debito-PIL diminuirà di poco più di un punto e mezzo rispetto al 1996.
In relazione alle prospettive di ripresa dell'economia a livello nazionale ed internazionale nei limiti in cui esse sono stimate dai centri di ricerca, il Governo ha fissato al 3 per cento l'obiettivo del rapporto indebitamento netto-PIL per il 1997, contro il 5,45 per cento che era stato stabilito nel DPEF 1997-1999 con provvedimenti aggiuntivi per ulteriori 25 mila miliardi, che si sommano ai precedenti 37.500 già indicati nel DPEF.
L'ammontare totale della manovra finanziaria presentata dal Governo ed approvata dal Parlamento alla fine del 1996 ha raggiunto, pertanto, i 62.500 miliardi.
Tenendo conto della riduzione della spesa per interessi (meno 2.600 miliardi) che deriva dalla stessa manovra finanziaria, l'impatto sul saldo del conto delle pubbliche amministrazioni, che rappresenta il parametro utile ai fini del progetto di convergenza stabilito dal Trattato di Maastricht, è in realtà pari a 65.100 miliardi.
Il Governo ha stabilito questi nuovi obiettivi nella nota di aggiornamento al

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DPEF presentata in Parlamento. Il conto delle pubbliche amministrazioni riportato nella relazione previsionale e programmatica evidenzia che la manovra finanziaria, nelle sue diverse articolazioni, consentirà di ridurre l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni al 3 per cento.
Per raggiungere tale obiettivo, nell'ambito dei provvedimenti collegati alla legge finanziaria, sono state previste misure destinate ad avere effetti di correzioni permanenti degli andamenti di finanza pubblica. A fine marzo un'ulteriore valutazione della situazione economica ha richiesto una manovra aggiuntiva di 15.500 miliardi, presentata dal Governo ed attualmente in discussione in Parlamento.
Quest'ultima correzione (credo non valga la pena di esporla analiticamente, essendo a tutti nota) si articola su alcuni capitoli che posso riassumere ma che, come dicevo, credo siano ampiamente conosciuti e non necessitino quindi di particolare attenzione.
A dimostrazione della credibilità e della solidità delle misure di finanza pubblica varate dal Governo, occorre citare la positiva reazione dei risparmiatori, italiani e non.Già dagli ultimi mesi del 1996, a seguito della riduzione del tasso ufficiale di sconto da parte della Banca d'Italia, i rendimenti dei titoli di Stato si sono sostanzialmente ridotti, con una conseguente diminuzione della spesa per interessi di ben 42 mila miliardi fino al 1999. Tale tendenza è stata confermata dall'andamento dei future sui BTP.
Sul piano internazionale un importante indicatore dell'azione di risanamento della finanza pubblica è lo spread dei BTP a dieci anni rispetto agli analoghi titoli tedeschi, di cui prima si è detto.
L'impegno con cui quindi il Governo sta attuando la politica di rigore ha già in parte contribuito a conseguire l'obiettivo di acquisire la fiducia dei mercati finanziari internazionali e consentirà di innescare il ciclo virtuoso di riduzione progressiva dei tassi di interesse e dell'onerosità del debito pubblico.
Del resto, l'ipotesi secondo cui il nostro paese nel 1997 possa conseguire un rapporto indebitamento-PIL del 3 per cento è stata avallata anche dalla Commissione europea, la quale ha approvato, oltre alla manovra, anche le riclassificazioni di alcune poste contabili, che concorrono a determinare il debito pubblico e l'indebitamento.
Occorre precisare che il limite di Maastricht, stabilito per il rapporto debito-PIL, previsto nel protocollo sulla procedura per i debiti eccedenti, è del 60 per cento. Tuttavia, l'articolo 104 C, lettera b) del Trattato, prevede anche la possibilità di superare tale soglia nel caso in cui il rapporto stesso si stia riducendo in misura sufficiente. Esso costituisce quindi un obiettivo verso il quale tendere: più che come una soglia di esclusione, va quindi considerato come un valore di riferimento.
Si soggiunge infine che il rispetto dei parametri previsti dagli accordi di Maastricht verrà rilevato sulla base di dati di bilancio relativi alla fine del 1997. Al momento, ciò che si può notare è un andamento in miglioramento dei conti pubblici, la cui dinamica muove verso i parametri di Maastricht.
Le dichiarazioni rese agli organi di comunicazione nel corso delle passate settimane mirano ad attestare questo miglioramento nei confronti dell'opinione pubblica interna ed internazionale e trovano riscontro in analoghe dichiarazioni provenienti da autorevoli esponenti di organismi internazionali, in particolare dalla Commissione europea.
Per quanto riguarda il rapporto debito-PIL, occorre rilevare che anche altri paesi candidati all'ingresso nell'Unione monetaria potrebbero non essere in linea con il previsto 60 per cento, mentre alcuni si trovano nella situazione analoga a quella italiana. Anche in questo caso ciò che rileva è che l'Italia sia riuscita ad ottenere negli ultimi anni una progressiva riduzione del rapporto in funzione di quella valutazione di tipo politico complessivo che viene effettuata sui cinque parametri nella primavera del 1998.

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Una nota del tutto marginale: i giornali degli altri paesi sono esattamente come i nostri, cioè esprimono valutazioni degli articolisti, che quindi non hanno il carattere di ufficialità e di valutazioni che è invece proprio della Commissione europea o di altri organismi internazionali. Nell'articolo dell'Herald Tribune che è stato menzionato veniva ribadita la volontà di perseguire l'obiettivo del 3 per cento già nel 1997, e si affermava che in realtà un ritardo nell'ingresso in Europa sarebbe stato - uso la terminologia utilizzata in quell'articolo - un'enorme tragedia.
Le altre affermazioni contenute nelle interrogazioni e nelle interpellanze su élite transnazionali e su complotti ai danni del nostro paese appartengono ad un genere di considerazioni alle quali non è possibile dare risposta, non fondandosi su elementi oggettivi.

PRESIDENTE. L'onorevole Rallo ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n.2-00313.

MICHELE RALLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, innanzitutto prendo atto che il Ministero del tesoro è in condizioni di dare una risposta in tempi relativamente brevi: quattro mesi e mezzo. Da dieci mesi aspetto una risposta sulla vicenda della Sicilcassa, che ancora non è arrivata; l'altro giorno ho presentato una nuova interrogazione e spero che avrà miglior sorte.
Per quanto riguarda la risposta di questa mattina, ringrazio il sottosegretario Pinza per il lodevole sforzo di sintesi di tutto l'ottimismo che il Governo Prodi è in condizioni di esprimere; al di là di questo, onestamente, non è andato.
Per ciò che concerne la mia interpellanza, in particolare, essa partiva da considerazioni analoghe a quelle dell'interrogazione del collega Gasparri, che hanno formato l'oggetto del 99 per cento del tempo di risposta all'interpellanza medesima; per il resto essa articolava una serie di considerazioni e di quesiti cui il sottosegretario, in chiusura, si è detto impossibilitato a rispondere, dato che si fondavano soltanto su elaborazioni politiche, dottrinarie, e comunque non su dati certi, da parte dei giornalisti.
Ebbene, al di là delle vicende tecniche in sé, che mi lasciano estremamente preoccupato, al di là di quanto il Giornale attesta oggi in prima pagina, almeno dal suo punto di vista («Fonti certe: l'Italia fuori dall'Europa»), l'interpellanza parte da un editoriale del medesimo giornalista, Carlo Pelanda, secondo le cui affermazioni l'Italia sarebbe rimasta fuori dall'Europa, al primo passaggio quanto meno; affermazioni che sarebbero state ufficialmente confermate al giornalista dai consiglieri di Kohl e Chirac. Non ho ancora avuto modo di leggere l'articolo, a pagina 12, ho letto soltanto quanto riportato in prima pagina; ho letto però l'editoriale di Pelanda, che mi porterà a svolgere altre considerazioni.
Il punto, signor sottosegretario, è che l'Italia in tutta questa vicenda ha tenuto un comportamento un po' dilettantesco, quello di cercare di mettere la classica «pezza» alla situazione, e le leggi finanziarie che si sono succedute nel tempo sono soltanto una serie di «pezze». Infatti, il nostro problema non è far pagare qualche lira in più di tasse, come è stato fatto finora, in maniera palese o mascherata. Il nostro problema è quello di arrivare ad una riduzione strutturale del debito. È infatti il debito pubblico che ci mantiene fuori dai parametri, discutibilissimi, di Maastricht, che secondo me è stato un errore accettare come tali nel momento in cui furono formulati e posti come pilastri per la scelta tra buoni e cattivi. Noi non possiamo procedere in questo modo; noi dobbiamo dimostrare di ridurre il nostro debito pubblico, che non è basato soltanto sulla spesa previdenziale (che presenta altri problemi) quanto sui debiti materiali che i Governi italiani hanno accumulato negli ultimi anni e che in questo momento non siamo in grado di onorare. Quello di cui avremo bisogno oggi in Italia è dunque un onesto piano di smobilizzo come un qualsiasi debitore che non sia in condizione di fare fronte ad un debito nei confronti della Sicilcassa o di


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altre aziende di credito. E non mi sembra che questo, francamente, avvenga. Considero, peraltro, non perfettamente corretto quanto si sta facendo in questo momento. Come diceva il sottosegretario nella risposta alcuni parametri non sarebbero rigidi, ma se diamo l'idea - e questo è previsto - di voler veramente ridurre il nostro debito pubblico può darsi che ciò costituisca un buon passaggio. Per fornire ai nostri alleati europei questa impressione calchiamo l'acceleratore sul problema, per esempio, della previdenza, con l'unico risultato di portare ad una fuga degli impiegati statali cui non sappiamo come fare fronte.
Un altro elemento che mi preoccupa molto è quello che il sottosegretario ha affrontato con minore attenzione. Si parla di complotti che mirano a creare un'Europa centrata attorno alla nazione tedesca. Ho grande ammirazione per le virtù del popolo tedesco e per le sue qualità, ma da modestissimo studioso dei fatti storici so che ogni volta che la Germania ha tentato di creare un'Europa tedesca, l'Europa è andata incontro ad una tragedia. Ho le mie perplessità e ritengo che qualcosa in questa direzione si stia muovendo, che il supermarco, che l'Europa tedesca, franco-tedesca nella migliore delle ipotesi sia una realtà e certi allargamenti ad est mi preoccupano perché rappresentano un cammino oggettivo in direzione di una sfera di influenza tedesca che esiste nei fatti ed alla quale l'Europa mediterranea, latina non sa come rispondere. Come rispondiamo, con l'invio di qualche militare in Albania? Ritorniamo così a scenari degli anni '30 che ci hanno visto soccombenti, signor sottosegretario. Mi preoccupa, soprattutto, il fatto che non elaboriamo nulla che ci possa portare a rispondere ad un'Europa tedesca. Se, come sostiene l'editorialista de il Giornale, ci si dirà che siamo fuori dai parametri di Maastricht e che non potremo entrare in Europa, cosa faremo? Accetteremo questa situazione? Affronteremo un'ulteriore fase di crisi acutissima che seguirà questo evento traumatico e resteremo con le mani in mano? Perché, per esempio, non cerchiamo di elaborare l'idea di una seconda Europa latina e mediterranea da contrapporre all'Europa tedesca in modo da svuotarla? Non riusciamo ad elaborare nessuna risposta credibile, ecco perché gli accenni ai complotti nella direzione di un'Europa tedesca non mi lasciano del tutto indifferente e mi preoccupano. Mi preoccupano anche perché ambienti legati all'attuale ministro del tesoro hanno concorso a creare l'ossatura di questa strana Europa di Maastricht che non ci convince, che non convince i popoli europei e neanche il popolo tedesco se è vero - come è vero - che autorevoli voci affermano che neanche la Germania è in condizione di rispettare i parametri di Maastricht; se è vero come è vero che anche in Germania cominciano a sorgere movimenti popolari che esprimono una certa insoddisfazione nei confronti delle linee economiche e sociali che il Governo è costretto a seguire per rientrare in questi parametri.
Quindi, secondo me, la vicenda è molto complessa e certamente non posso, per le considerazioni che ho fatto e per altre che evidentemente la situazione non mi consente di illustrare adeguatamente, dichiararmi soddisfatto della risposta del Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Gasparri ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n.3-00514.

MAURIZIO GASPARRI. Onorevole Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, devo dire che con qualche sorpresa ho colto l'annuncio del servizio Assemblea che mi sarebbe stata data risposta a questa interrogazione, che avevo presentato con molto scetticismo, nel senso che la mia domanda puntuale riguardava il problema del rapporto debito pubblico-PIL e siccome siamo al 120 per cento - come del resto ha dovuto ricordare anche il sottosegretario Pinza - e dovremmo arrivare al 60 per cento, pensavo che non ci sarebbe stata risposta alla mia domanda (e difatti non c'è). Ho atteso con molta curiosità di sapere come si sarebbe


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potuto adeguare questo parametro alle esigenze di Maastricht, immaginavo di ottenere o non risposte - come è stato - o una notizia clamorosa che sarebbe andata sulle prime pagine. Non c'è - ahimè - materiale per le prime pagine nella risposta del sottosegretario Pinza, il quale ci ha semplicemente detto che poiché forse nel 1997 ci sarà una riduzione dell'1,5 per cento - «forse», tra l'altro - di questo rapporto tra il nostro ingente debito pubblico (che ammonta, come oramai è risaputo, a 2 milioni 200 mila miliardi e forse, mentre parliamo, a cifre ancora superiori) e il prodotto interno lordo e poiché tale rapporto è attualmente del 120 invece che del 60 per cento, non so se una riduzione - ammesso che vi sarà - dell'1,5 per cento possa costituire un elemento valutabile ai fini di quell'articolo 104, lettera b) - puntualmente richiamato - del Trattato di Maastricht, secondo il quale sarebbe sufficiente la «tendenza». Sappiamo che questo articolo fu fatto inserire all'epoca proprio dal ministro del tesoro Carli, probabilmente preveggente in merito alle questioni del debito pubblico, sapendo che difficilmente l'Italia si sarebbe presentata all'appuntamento europeo con i dati in regola.
Noi non crediamo tanto ai titoli di prima pagina de il Giornale, che, come è stato detto, oggi, in concomitanza con questa discussione parlamentare, afferma letteralmente: «Fonti certe: Italia fuori dall'Europa». Sono notizie che ricorrono spesso ed io, a differenza dell'onorevole Rallo, per la verità, pur essendo molto scettico su alcuni aspetti dell'Europa di Maastricht, ritengo che l'Italia avrebbe dovuto inserirsi in questo processo. Peraltro, devo dire che non abbiamo atteso le discussioni di queste settimane per indicare alcune cautele, per suggerire alcuni dubbi, alcune riflessioni sui tempi e sulle modalità. Questo poi, in fondo, è il nostro dubbio, non tanto la partecipazione o meno a un contesto europeo del quale l'Italia - mi permetto di dire - è parte essenziale: noi siamo l'Europa, per cultura, per storia, per tradizioni, nonostante questo Governo.
Credo che anche l'ultima manovra, sottosegretario Pinza, abbia fatto ridere l'Europa. Sappiamo, perché abbiamo anche noi qualche relazione con politici europei e con eurocrati, che fa ridere. Di Ciampi ormai negli ambienti europei si dice che non si capisce più se sul suo modo di agire sia più influente il logorio del tempo - che, ahimè, vale per tutti e quindi anche per Ciampi, che ha avuto una carriera impegnativa e logorante - o il logorio di rifondazione comunista; credo che sia un mix di entrambe le cose. L'ultima manovra è tanto ridicola quanto inutile. Vi siete comportati come una famiglia che, avendo dei debiti e dovendo incassare qualche sospeso, decide di rinviare i pagamenti (cioè le liquidazione dei dipendenti pubblici: «Le pagheremo più avanti») e di incassare prima i sospesi («Signori imprenditori versateci prima le tasse sulle liquidazioni che pagherete»). È un sistema contabile per il quale non serviva Ciampi, bastava chiedere al vicino di casa: «Che facciamo?». Il vicino di casa, all'ipotetico governante, avrebbe detto: «Paga i debiti più tardi e incassa i crediti prima». Ma alla fine del mese poi i numeri quelli sono e quelli saranno! Quindi, la manovra che stiamo discutendo è iniqua - perché penalizza l'economia produttiva e sottrae liquidità al sistema delle imprese, già duramente colpite - e penalizza i dipendenti pubblici, dei quali l'Ulivo si era fatto alfiere nella campagna elettorale, rivelandosi bugiardo anche in questo. Peraltro, per quanto iniqua, sarà anche inutile, perché, a meno che nel corso del tempo non si tramuti in confisca permanente il rinvio del pagamento delle liquidazioni o in raddoppio della tassazione l'anticipo dei versamenti sulle tasse sulle liquidazioni che versano gli imprenditori, le cose comunque andranno male.
Mi dichiaro ovviamente insoddisfatto della risposta; del resto non vi erano elementi per fare diversamente. Se il sottosegretario Pinza avesse annunciato stamane che il differenziale tra il debito e

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il PIL era arrivato al 70 per cento, sarebbero state «conquistate» le prime pagine dei giornali. Sarebbe stata una notizia per cui nel suo collegio e altrove l'avrebbero portato in trionfo e l'avrebbero mostrato sulle piazze di Torino al posto della Sacra Sindone! Ma - ahimè! - non andrà incontro a questo destino che sul piano personale potrei anche augurargli. Come sottosegretario per il Tesoro ci ha offerto dei dati che non cambiano la situazione.
Si è parlato di credibilità e solidità delle misure del Governo. Nel giugno scorso avete fatto un documento di programmazione economica e finanziaria che, dal giorno alla notte, avete dovuto stracciare e ricambiare quando vi siete accorti che perfino la Spagna, paese che non è paragonabile alla forte Germania dal grande marco, era in grado di presentarsi alle scadenza europee un po' più in ordine di noi; con un'agenda diplomatica e di negoziati piena di dati, superati dalla realtà spagnola, avete dovuto in fretta e furia buttare a mare il DPEF e venire qui con note, come lei ha ricordato, di aggiornamento, per cambiare in corsa la finanziaria, che peraltro non ha risolto alcunché. Successivamente infatti si è fatta la manovra post-finanziaria di fine anno e se ne sta facendo un'altra che, come qui ho riassunto, sostanzialmente cambierà poco perché si tratta di giochetti di numeri (anticipi e posticipi di partite finanziarie) ma in termini reali non ci sono tagli di spese strutturali o sopravvenienze attive e reali.
Lei ha detto che molti indicatori economici sono positivi. Voi vi ammantate di questi dati sull'inflazione ma la produzione industriale sta crollando, la disoccupazione sta aumentando, tutte le categorie sono in rivolta: dagli imprenditori, alla polizia, ai carabinieri. Queste categorie, pur così diverse e distanti, scendono in piazza: gli industriali in piazze virtuali telematiche, i poliziotti e i carabinieri in piazze reali (venerdì mattina, a Roma). Solo questo dovrebbe indurre il Governo a rassegnare le dimissioni e non tanto l'intimazione di sfratto che forse ci arriverà da Berlino o da Parigi e dinanzi alla quale anche noi potremmo reagire perché abbiamo il senso della dignità! Ma forse l'intimazione di sfratto vi sta arrivando, giorno dopo giorno, dai numeri e dalle categorie, le più disparate, che vi criticano e vi contestano.

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Taradash n.2-00401 (vedi l'allegato A).
L'onorevole Taradash ha facoltà di illustrarla.

MARCO TARADASH. Intervengo brevemente per ricordare i termini della questione.
Alcuni mesi fa ho presentato una prima interrogazione a risposta scritta sulla questione dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, a cui è stata data una risposta il 15 novembre 1996. Avendo giudicato insoddisfacente tale risposta ho presentato sull'argomento un'interpellanza.
Ricordo che l'Istituto poligrafico dello Stato ha compiuto, secondo denunzie circostanziate, una serie di gravi irregolarità, tra cui assenze di delibere riguardanti il programma annuale di attività, la creazione o l'acquisto negli ultimi cinque o sei anni di decine di consociate, i cui amministratori e sindaci sono oggi gli stessi dirigenti dell'Istituto che si autonominano a ripetizione e possono in questo modo agire senza controllo. Tali consociate perdono decine di miliardi l'anno e naturalmente gli utili dell'Istituto, che ammontano a 5-6 miliardi (tutti finanziati dallo Stato), non sono sufficienti a coprire i buchi che via via si aprono.
Per fare un esempio, le cartiere Miliani, che sono state acquistate dall'Istituto poligrafico dello Stato, hanno dovuto ricevere recentemente un finanziamento di 60 miliardi in ordine ai quali il sottosegretario Pennacchi, nella precedente risposta, si è riservato di dare ulteriori notizie perché evidentemente anche il Governo non è aggiornato sui motivi di tale finanziamento.
A suo tempo sono state fatte delle inchieste interne che hanno garantito la


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regolarità di tali operazioni. Ma l'unico risultato di queste inchieste è che il consigliere di amministrazione che aveva sottoposto alla magistratura e al ministero la questione è stato rimosso dal consiglio di amministrazione, il quale è stato rinnovato prima della scadenza dei termini. Mentre si attendeva una nuova definizione dei compiti del consiglio di amministrazione è stato rimosso il consigliere Tribuni che aveva «aperto» questa serie di interrogativi a cui non è stata data ancora risposta.
C'è stata anche un'inchiesta della magistratura che si è risolta in questi termini: il pubblico ministero Martellino ha chiesto ai carabinieri una relazione; questi hanno chiesto all'Istituto poligrafico dello Stato se le cose fossero regolari; l'Istituto poligrafico dello Stato ha risposto che tutto era regolare; il maggiore dei carabinieri Francesco D'Agostino ha riportato questa risposta al sostituto procuratore, il quale ha riferito al giudice per le indagini preliminari Iannini e la questione si è ovviamente chiusa.
Spero che il sottosegretario Pennacchi non si comporti come questo ufficiale dei carabinieri e che, dunque, non sia andato a chiedere all'Istituto poligrafico dello Stato se tutto vada bene, madama la marchesa!
Mi auguro che con la risposta all'interpellanza ci si dica qualcosa di più, anche perché si era in attesa di una verifica affidata alla società di consulenza - la Vitale e Borghesi Spa - ed era in corso un monitoraggio della situazione patrimoniale e finanziaria dell'intero gruppo. Mi aspetto dunque una risposta dal sottosegretario.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

LAURA MARIA PENNACCHI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Rispetto
al decorso di singoli, specifici atti ribadisco ciò che ho affermato nella precedente risposta scritta ad una interrogazione di contenuto analogo all'interpellanza odierna dell'onorevole Taradash, che risale al 7 novembre 1996 ed è riportata nei resoconti della seduta del 15 novembre, come l'onorevole Taradash ricordava.
Vorrei tuttavia rassicurare l'onorevole interpellante che, nell'ambito del processo di riorganizzazione dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato che sta per essere avviato, si darà mandato agli uffici al fine di riesaminare le decisioni assunte relativamente al consiglio di amministrazione, in particolare per quanto concerne il caso dell'ex consigliere Tribuni, sotto il profilo della legittimità, che è quanto l'onorevole Taradash sollecita.
Ritengo però opportuno cogliere questa occasione per non sottrarmi all'obbligo di fornire alcune informazioni e precisazioni che hanno diretta attinenza con molte delle questioni che l'onorevole Taradash solleva, anche allo scopo di fornire primi e parziali elementi - come questa sede non può che consentire - di chiarezza rispetto a notizie che giungono sulla stampa in modo incondizionato, incontrollato e disordinato.
Molto brevemente partirei da alcuni elementi che riguardano la nostra visione della situazione attuale. In primo luogo, dobbiamo tener conto che l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato non dispone a tutt'oggi di un sistema di controllo di gestione e di un sistema di budget e, in conseguenza di questa che non posso che definire arcaicità di organizzazione, non abbiamo alcun dato relativo al 1996. Possiamo fare valutazioni sugli anni precedenti.
Pur valutando questi ultimi, ci risulta un progressivo deterioramento dei margini industriali. Prendiamo soltanto due indicatori molto semplici: il rapporto margine operativo lordo-fatturato e il reddito operativo.
Il rapporto margine operativo lordo-fatturato nel 1993 era del 9,5, nel 1994 del 5,1, nel 1995 del 4,2. Il reddito operativo per gli stessi anni era del 4,2 nel 1993, dello 0,8 nel 1994 e dello 0,5 nel 1995: siamo praticamente ad un azzeramento del reddito operativo complessivo.


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Dalla situazione attuale emergono, in secondo luogo, livelli di efficienza molto bassi. Fornisco soltanto due indici molto significativi: il rapporto fatturato per dipendente e, di nuovo, il margine operativo lordo.
Il rapporto fatturato per dipendente nelle aziende analoghe per attività del settore in cui opera l'Istituto poligrafico è annualmente pari a 493 milioni. All'Istituto poligrafico e zecca dello Stato il fatturato per dipendente all'anno è di 182 milioni.
Il margine operativo lordo nel settore è mediamente di 26 milioni, quindi non sono settori ad elevatissima redditività. All'Istituto poligrafico dello Stato però il margine operativo lordo è di 8 milioni.
Per quanto riguarda le cartiere Miliani, il soggetto determinante nell'espansione che si è avuta in questi anni, su cui ritornerò e rispetto alla quale l'onorevole Taradash chiede chiarimenti, risulta che l'azienda abbia buone performance industriali, un'ottima reputation sul piano internazionale, ma che abbia altresì un'esposizione finanziaria molto rilevante, che ammonta, se consideriamo le cartiere sommate alle società del gruppo, a 620 miliardi e con le sole cartiere a 450 miliardi. Questo fa sì che l'indebitamento eroda per intero i margini industriali positivi delle cartiere Miliani ed impedisca la realizzazione di un utile netto.
Se questa è la situazione, che cosa possiamo anticipare sulle prospettive? In primo luogo ricordo, come avevo già fatto nella risposta scritta, che il ministro in carica ha tempestivamente fornito un incarico di analisi ad un advisor, la società Vitale e Borghesi. Questo lavoro è giunto al termine, almeno nella sua parte analitica, e come Ministero del tesoro diamo un giudizio molto positivo sul lavoro che la società ha compiuto, che offre a noi una valutazione tecnica da cui ora il ministero partirà per proporre nelle prossime settimane il piano di riorganizzazione.
È doveroso e corretto che io fornisca una prima risposta nel merito all'interrogazione presentata in questi giorni dall'onorevole Storace, ma vorrei anche dire, per inciso, che sono in grado di escludere fin da ora in modo molto netto che l'advisor abbia partecipato a riunioni di banche e che abbia mantenuto contatti e diffuso notizie in relazione ai risultati dell'indagine.
Ragionando sulle prospettive, mi preme affermare che dobbiamo lavorare in armonia con il quadro comunitario, che ci impone il rispetto di obiettivi di competitività e di concorrenza sempre più stringenti, anche perché li riteniamo giusti in sé e non soltanto un paravento; inoltre, dobbiamo tener conto anche di esperienze compiute da istituzioni analoghe al poligrafico in altri paesi che sono stati tutti investiti da grandi fatti di trasformazione in questi anni. Cito il caso inglese dell'Her Majesty's Stationery Office, oggi soltanto Stationery Office, perché si trova nella fase finale della privatizzazione, che è iniziata addirittura nel 1980 e che ha richiesto moltissimi anni per compiersi perché i processi, quando sono reali, equilibrati ed efficaci, richiedono tempo. Cito anche il caso dell'Imprimerie nationale francese, che ha avviato una ristrutturazione nel 1986 e che è stata trasformata in società di capitali nel gennaio del 1994.
Il piano di riorganizzazione al quale stiamo lavorando anche alla luce dell'esperienza di altri paesi comunitari terrà conto del fatto che esiste un'area di attività, le carte valori, per la quale si può considerare l'opportunità di mantenerla in concessione esclusiva all'Istituto poligrafico dello Stato, nell'ambito però del rispetto delle stringenti normative comunitarie. Invece, per l'attività di produzione e di fornitura di carta e carte comuni, non appaiono sussistere oggi esigenze di carattere generale tali da giustificare la sottrazione di queste attività a regime di concorrenza. L'adozione di un regime di concorrenza peraltro si presterebbe molto meglio al perseguimento degli obiettivi di economicità gestionale, che sono il presupposto minimo da cui partire per avviare il processo di ristrutturazione.

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Quali obiettivi, quindi, deve darsi il processo di ristrutturazione? Il primo obiettivo è il recupero di efficienza e di economicità, nonché la valorizzazione delle professionalità esistenti, che sono molto numerose sia a livello umano sia a livello di attività produttive, condizionandoci all'obbligo di salvaguardia dei livelli occupazionali.
C'è un secondo obiettivo che credo l'onorevole Taradash apprezzerà. Indubbiamente vi è stata una proliferazione di società partecipanti, non sempre rispondente ad una logica di integrazione in cui con la capogruppo, e peraltro, in generale, in questi quindici anni è avvenuto un processo contrario a quello dell'idea dell'integrazione verticale, un processo di concentrazione sul core business. Potremmo perfino dire che, forse, non esiste un'industria cartaria che possegga un'industria produttrice di cellulosa.
Le tendenze a livello internazionale sono di tipo opposto e quindi bisognerà operare facendo perno sulla razionalizzazione delle cartiere Miliani valorizzando il pezzo pregiato ma anche il marchio, la reputation internazionale che le cartiere hanno. In questo modo si potrà compiere un'operazione di armonizzazione intorno a questa industria.
Quanto all'azione futura, nell'immediato agiremo con strumenti amministrativi e, non appena sarà possibile, forniremo ulteriori informazioni al riguardo; in prospettiva potrebbe anche esserci la trasformazione del poligrafico in società per azioni che, nel caso fosse riconosciuta la soluzione più conveniente ed equa, potrebbe avvenire per legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Taradash ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n.2-00401.

MARCO TARADASH. Il Governo ha fornito alcune informazioni importanti, anche se limitate, che apprezzo. Per esempio, la valutazione fornita sull'inefficienza complessiva dell'Istituto poligrafico dello Stato è importante, ma è priva di un'indicazione sul passaggio successivo. È vero, il Governo ha dichiarato che agirà in via amministrativa; sta di fatto, però, che i dirigenti che hanno provocato tutto questo «scatafascio» all'interno dell'Istituto poligrafico, che si sono accaparrati aziende senza nessuna ragione economica, che hanno assunto incarichi all'interno di tali aziende sfuggendo ad ogni controllo, che hanno fatto sì che il ministro liquidasse addirittura l'unica persona all'interno del consiglio di amministrazione che non condivideva le intenzioni degli altri, rimangono al loro posto, nonostante il Governo sia in possesso delle informazioni che ha reso qui. Si dice che non si è in grado di sapere che cosa sia davvero l'Istituto poligrafico dello Stato, ma la verità è che manca qualsiasi sistema di controllo e di budget, per cui i dipendenti dell'Istituto fanno tutto ciò che passa loro per la testa e per le tasche. Il Governo sostiene che non c'è possibilità di controllo e quindi il paese resta inerte ed inerme e lascia che le cose vadano avanti. Invece mi sembra che il Governo sia ormai in possesso di tutti gli elementi per intervenire con la sicurezza di colpire l'obiettivo.

ELIO VELTRI. Posso interromperti un attimo?

MARCO TARADASH. Non so.

ELIO VELTRI. Mi sono già occupato di questo problema.

PRESIDENTE. Onorevole Veltri, non è possibile intervenire in questa fase.

MARCO TARADASH. Un conto è un'interruzione, un conto è una «pararisposta».
È stato detto che saranno scorporate dal core business le cartiere Miliani attorno alle quali si armonizzerà tutto questo impasto o impero di società, per passare ad una società per azioni. Il Governo però deve anche dirci quale utilità vi sia per lo Stato in questo genere di attività, poiché restituire alla concorrenza significa vendere, privatizzare non far sì che lo Stato partecipi ad una


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concorrenza in un settore dove le aziende vengono gestite meglio dal privato, come dimostra la storia dello stesso Istituto poligrafico.
Mi sembra che da questo punto di vista vi sia una reattività piuttosto scarsa da parte del Governo, il quale per il momento si dichiara soddisfatto dell'analisi effettuata dalla società di monitoraggio, anche se quest'ultima non ha fornito un'indicazione circa i tempi.
Immagino che i tempi saranno brevi, però vorremmo avere qualche certezza in più. Il quadro che è stato disegnato sulla inefficienza e sull'oscurità dell'Istituto è corrispondente a quello che viene rappresentato nella mia interpellanza; restano da comprendere però le ragioni per cui i vertici del poligrafico siano rimasti al loro posto. Credo che il Governo dovrebbe darci una spiegazione perché, dopo le affermazioni che ha fatto oggi il sottosegretario Pennacchi, non mi sembra decente che quei dirigenti che hanno portato l'Istituto a quella situazione restino per un minuto in più in carica; tutto ciò, peraltro, mentre la persona che ha svelato il gioco è stata rimossa dall'incarico. Si dice che vi sarà una valutazione sulla legittimità del provvedimento; chiaramente nel caso della rimozione dall'incarico del dottor Tribuni non si è trattato di una questione di legittimità, bensì di una scelta politica operata prima dal Governo Dini e confermata poi dal Governo Prodi. Ribadisco che il dottor Tribuni è stato rimosso dall'incarico, mentre coloro i quali hanno distrutto l'Istituto poligrafico dello Stato (non so se per un semplice gusto di distruzione o perché ne hanno ricavato dei benefici) sono ancora al loro posto.

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Rebuffa n.3-00390 (vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.

ROBERTO PINZA, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Gli onorevoli Rebuffa e Bonaiuti pongono questioni varie in ordine alle procedure di privatizzazione di partecipazioni statali, chiedendo in particolare quante e quali siano le banche d'affari coinvolte nei processi di privatizzazione dal 1992 in poi; quali siano gli importi pagati dal Ministero del tesoro dalle società pubbliche a ciascuna di queste banche di affari o società di intermediazione; quali siano i criteri che hanno presieduto alla scelta di queste banche da parte del Ministero del tesoro e delle società pubbliche; i nominativi delle persone che abbiano fatto parte di eventuali commissioni chiamate a valutare le offerte delle varie banche di affari o altri soggetti finanziari coinvolti nei processi di privatizzazione.
Al riguardo, va innanzitutto premesso che i quesiti attengono a tutto il processo di privatizzazione avviato e realizzato fino allo stato attuale e, in questa sede, risulta estremamente difficile rispondere esaurientemente ai quesiti posti per la complessità e la vastità della materia trattata. Una risposta sintetica sarebbe probabilmente considerata insoddisfacente e incompleta.
In ordine alle questioni sollevate si fa presente che, ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge n.474 del 1994, sono state presentate al Parlamento le relazioni sulle operazioni di cessione delle partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, pubblicate nel febbraio 1996 e nello scorso mese di gennaio. In esse risultano ampiamente illustrate le varie fasi dei procedimenti finora seguiti per le privatizzazioni, nonché dettagliatamente indicate sia le cifre relative ai compensi corrisposti ai consulenti, i nominativi dei medesimi ed il ruolo da essi svolto in ciascuna delle operazioni condotte a termine fino ad ora. Questo è un documento del 1996.
Il documento che vi sto mostrando, invece, è stato pubblicato nel gennaio 1997 e contiene l'indicazione del soggetto alienante, l'oggetto dell'alienazione, l'attività svolta, il nome del consulente e il compenso che è stato corrisposto. Tale documento contiene quindi un dato analitico relativo a tutte le operazioni che


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sono state compiute, naturalmente alla condizione che siano state compiute, e che quindi il compenso sia stato definito.
Per quanto concerne in particolare le procedure di selezione dei consulenti per le operazioni di privatizzazione, il Tesoro si è attenuto ai criteri indicati (per le società di proprietà del Tesoro e per quelle previste dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre del 1993) dal comitato di consulenza globale e di garanzia. Il comitato assicura, infatti, alle autorità preposte all'attuazione del programma di riordino delle citate dismissioni un'assistenza tecnica avente carattere di unitarietà per la varie operazioni del programma e per tutto il periodo necessario alla loro realizzazione, così da favorire il buon esito e garantire la coerenza delle decisioni ed il loro coordinamento temporale. Esso assolve, altresì, a funzioni di garanzia della trasparenza e della congruità delle procedure poste in essere dal Governo; può acquisire da tutte le società interessate le informazioni, di natura contabile ed extracontabile, necessarie allo svolgimento dei compiti affidati, nonché proporre al Ministero del tesoro un calendario delle operazioni di privatizzazione, secondo priorità definite dal comitato stesso, riducendo i tempi di realizzazione e tenendo conto delle strategie industriali e finanziarie delle società interessate, nonché dell'andamento del mercato. Il comitato suggerisce, inoltre, le iniziative in materia fiscale e legale necessarie per favorire il successo delle privatizzazioni.
Con l'assistenza del comitato si procede, in tutti i casi in cui sia possibile, alle operazioni di dismissione delle partecipazioni mediante collocamenti pubblici che favoriscano la diffusione dei titoli fra i risparmiatori, evitino concentrazioni di quote significative di capitali presso singoli azionisti e permettano nel contempo la costituzione di un nucleo di azionisti che assicuri stabilità alla compagine azionaria.
Il ministro del tesoro o le società interessate vengono assistiti dal comitato permanente di consulenza globale nel conferimento a primarie istituzioni nazionali ed internazionali dell'incarico di valutare ciascuna società ed attività da cedere, secondo le indicazioni contenute nella deliberazione del CIPE del 30 dicembre 1992.
Il comitato fornisce inoltre alle istituzioni incaricate delle valutazioni tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento del compito ad esse affidato, operando sostanzialmente da referente delle stesse a tale riguardo.
La guida dei consorzi di collocamento delle partecipazioni da dismettere viene affidata, con la consulenza del comitato, a primarie istituzioni bancarie e finanziarie di consolidata esperienza in materia di offerta al pubblico di titoli italiani, prescelte secondo la procedura prevista dalla deliberazione del CIPE del 30 dicembre 1992. La guida del consorzio non può essere affidata ai soggetti incaricati della valutazione.
Questo per ciò che riguarda gli aspetti metodologici dei quesiti; per quel che concerne invece l'aspetto analitico, cioè l'elenco di tutte le società a cui sono stati affidati i compiti e i compensi che, ripeto, sono indicati nei documenti nella misura in cui siano maturati ed erogati e quindi non per effettuazioni in corso, richiamo i due documenti del 1996 e del gennaio 1997 in ordine a tutte le privatizzazioni effettuate.

PRESIDENTE. L'onorevole Rebuffa ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n.3-00390.

GIORGIO REBUFFA. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio il sottosegretario per aver cortesemente risposto alla mia interrogazione ed anche per aver riletto il testo della medesima, che ritengo sia sempre un lavoro di una certa utilità.
Il quesito che avevamo posto nell'interrogazione era di un'estrema semplicità, essendo di carattere quantitativo, e ad esso bisognava rispondere, se possibile, con dei numeri. Sono ovviamente consapevole della complessità della materia, ma proprio per rendere meno complesso il


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quesito abbiamo chiesto che ci venissero forniti dei numeri.
Sono a conoscenza delle relazioni di febbraio, anche perché un'analoga interrogazione era stata presentata al Senato e in quell'occasione ne ho preso visione. Tuttavia, nel rileggere la mia interrogazione forse lei, signor sottosegretario, ha omesso, se non ho ascoltato male la sua risposta, l'ultima parte della medesima, cioè quella relativa ai nominativi delle persone che hanno fatto parte di eventuali commissioni chiamate a valutare le offerte delle varie banche d'affari o di altri soggetti finanziari coinvolti nei processi di privatizzazione.
Oltre al dato quantitativo, che resta il perno (abbiamo bisogno di dati quantitativi non solo perché Galileo diceva che il libro della natura è fatto di numeri, ma anche perché la politica, soprattutto quella del Tesoro, è fatta di numeri), la questione più importante è che abbiamo bisogno di passare, per così dire, dalle spiegazioni procedurali al controllo sulle procedure. Molto spesso ho la sensazione che anche per quanto riguarda il Ministero del tesoro gli «schermi» procedurali siano dannosi per tutti. Non ne faccio una questione di maggioranza e di opposizione: la funzione di controllo è anche quella di aiutare la maggioranza, o l'esecutivo, a svolgere meglio la sua azione. Ho spesso la sensazione che manchi la possibilità di controllo.
Al di là delle procedure, non sono riuscito a capire, nonostante la mia modestissima capacità di ricerca, da chi sia composto il comitato di consulenza globale. Mi dichiaro allora molto insoddisfatto della risposta. Apprezzo la cortesia di averla data, sia pure dopo un tempo infinito, lontano dal momento in cui ci eravamo tutti interessati della questione, ma questa è un'altra maledizione che ci perseguita tutti; lei, quando cortesemente mi rimanda ai testi scritti, sa, come so io, che quei testi scritti riportano dati che risalgono ad eventi che intanto sono stati scavalcati da altri eventi. Credo che l'unico documento prodotto in tempo reale nella nostra Repubblica sia il resoconto stenografico dell'Assemblea della Camera (e di quella del Senato, naturalmente).
Per concludere, dichiarandomi assolutamente insoddisfatto della risposta, rinnoverò la richiesta, magari circostanziandola, sulla base dei dati quantitativi che riuscirò a procurarmi. Credo che sia interesse del Tesoro fornire a me, ma soprattutto a se stesso, dati quantitativi che gli consentano di disporre degli strumenti di controllo in questo complicato processo di privatizzazione.

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Vignali n.3-00460 (vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per le risorse agricole, alimentari e forestali ha facoltà di rispondere.

ROBERTO BORRONI, Sottosegretario di Stato per le risorse agricole, alimentari e forestali. Le preoccupazioni espresse dall'onorevole Vignali nell'interrogazione sono condivise dal ministero. A tale proposito l'amministrazione ha assunto un'iniziativa nei confronti dell'Avvocatura dello Stato, fornendo all'Avvocatura stessa una dettagliata relazione nella quale sono contenuti tutti gli elementi della questione a cui l'onorevole Vignali fa riferimento e le osservazioni del ministero stesso.
Credo sia opportuno anche ricordare che in Commissione agricoltura si è concluso l'iter legislativo relativo alle denominazioni di origine protetta ed alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli alimentari. I lavori della Commissione su tale testo si sono conclusi il 6 marzo 1997 ed al relatore Ferrari è stato affidato l'incarico di riferire in senso favorevole in Assemblea.
Vorrei richiamare l'attenzione dell'onorevole Vignali sull'articolo 8 del disegno di legge che è stato approvato in Commissione, relativo alle funzioni attribuite ai consorzi di tutela, laddove al comma 1, lettera b), è previsto che i consorzi definiscano, in accordo con i produttori, sia i programmi relativi alle misure di carattere strutturale e di adeguamento tecnico dei consorzi stessi, sia gli obiettivi di


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produzione relativi da un lato alle misure quantitative e dall'altro alle misure che sono finalizzate al miglioramento qualitativo delle produzioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Vignali ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n.3-00460.

ADRIANO VIGNALI. Le notizie che mi ha fornito il sottosegretario vanno evidentemente nella direzione che io avevo sollecitato, anche perché, per riprendere una battuta pronunciata nel corso dello svolgimento della precedente interpellanza, non sempre i numeri funzionano bene, nel senso che per quanto riguarda la produzione agroalimentare evidentemente la qualità fa sicuramente premio rispetto alla quantità. Pertanto, ripeto, sono soddisfatto di questo impegno che riguarda una nuova legge; era quello che io sollecitavo nella mia interrogazione.
Sono anche contento che sia stata presentata questa dettagliata relazione o questa memoria, anche se è passato un certo tempo dalla decisione dell'autorità anti-trust. Mi auguro comunque che si vada in direzione dell'accoglimento di questa richiesta, anche perché (è l'ultima notazione che intendo fare) nei diversi paesi europei i consorzi di produttori nel settore agroalimentare riferiscono di una legislazione molto più adeguata di quella italiana. Nella misura in cui il provvedimento che verrà all'esame dell'Assemblea sarà approvato, questo rappresenterà un adeguamento vero all'Europa e quindi rimedierà anche ad alcuni risultati economici negativi che quella decisione dell'anti-trust ha provocato in questi mesi.

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Fino n.2-00415 (vedi l'allegato A).
L'onorevole Fino ha facoltà di illustrarla.

FRANCESCO FINO. Signor Presidente, rinuncio ad illustrare la mia interpellanza e mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le risorse agricole, alimentari e forestali ha facoltà di rispondere.

ROBERTO BORRONI, Sottosegretario di Stato per le risorse agricole, alimentari e forestali. La disciplina della produzione e del commercio di sementi e di piante da rimboschimento, come certamente l'onorevole Fino sa, è delegata alle regioni ad eccezione degli aspetti concernenti l'importazione e l'esportazione di materiale forestale di propagazione e di tutta l'attività di controllo sull'osservanza delle disposizioni recate dalla legge n.269. Al fine di dare attuazione a quanto previsto dalla suddetta normativa, il ministero ha predisposto uno schema di regolamento circa la disciplina delle competenze regionali in materia di boschi da seme e di commercializzazione dei cloni di pioppo, che consentirà alle regioni di conseguire un elevato grado di autonomia nella selezione dei popolamenti forestali locali da destinare alla produzione di materiale riproduttivo di origine conosciuta.
A seguito dell'emanazione di questo provvedimento, che ha già ottenuto l'approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni e del Consiglio di Stato, le regioni potranno, con propria normativa, definire le specie di cui regolamentare la provenienza genetica e la produzione vivaistica in funzione delle caratteristiche ambientali del loro territorio, ovviamente nel rispetto delle norme statali concernenti le specie elencate nell'allegato A della citata legge n.269.
Per quanto concerne la vivaistica forestale di tipo pubblico, faccio notare che attualmente essa si configura soprattutto a livello regionale, pur tenendo conto della notevole esperienza che è stata acquisita dagli uffici periferici del Corpo forestale dello Stato e dall'ex Azienda di Stato per le foreste demaniali. A tale riguardo è opportuno sottolineare i positivi sviluppi conseguiti all'affidamento alla gestione ex ASFD delle aziende vivaistiche forestali già appartenenti all'Ente nazionale per la cellulosa e la carta, che è stato posto in liquidazione. Tali aziende, distribuite sull'intero


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territorio nazionale, stanno mettendo in produzione piantine di specie forestale di provenienza nota da impiegare con successo negli interventi di rimboschimento e di riqualificazione ambientale. Una rete capillare di aziende di queste dimensioni, impostata per bacini di utenza con caratteristiche ambientali note e circoscritte, potrà soddisfare anche le necessità di materiale di impianto autoctono, evitando il rischio di inquinamento di genotipi vegetali presenti in natura.
È comunque evidente che nel settore, in particolare per quanto riguarda la vivaistica per l'arboricoltura da legno, rimangono spazi per le imprese private, che potranno godere di finanziamenti regionali e comunitari.
Per quanto concerne infine la legislazione comunitaria, si fa osservare che è tuttora in corso di revisione, con la partecipazione anche dei rappresentanti del Ministero per le risorse agricole, alimentari e forestali, l'intera normativa concernente il materiale forestale di propagazione.
Per la revisione della normativa nazionale, si ritiene quindi opportuno attendere la nuova direttiva europea, nonché l'ultimazione dei lavori di revisione della normativa sul commercio del materiale di riproduzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Fino ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n.2-00415.

FRANCESCO FINO. Signor sottosegretario, la sua risposta alla nostra interpellanza mi lascia insoddisfatto per tutta una serie di motivi che andrò ad esporre.
Avrei preferito che nell'ambito della risposta venisse fornito un quadro più esauriente anche rispetto alle disposizioni richiamate dal sottosegretario, in particolare per quanto riguarda la legge n.269 del 1973. Tale legge oggi non può più ritenersi adeguata ai mutamenti che si sono avuti nel settore. Se, infatti, nel momento in cui la legge n.269 veniva emanata, la richiesta di vivaistica era diretta per lo più al rimboschimento montano e, quindi, ad una varietà di piante (o comunque di vivaistica) ben precisa, tanto che nell'allegato citato dal sottosegretario erano ricomprese una serie di piante ed arbusti destinati appunto ad un rimboschimento montano, nella situazione attuale, come dicevo per modifiche intervenute, vi è una richiesta di vivaistica che va in direzione anche di una forestazione urbana, di un recupero di ambienti degradati. In definitiva, si tratta di una domanda di vivaistica anche per la pianura e per la costa e le varietà di piante richieste a questo fine non vengono tutelate, non essendo ricomprese in quella famosa tabella A della richiamata legge n.269. Per quanto riguarda questi tipi di piante si rischia quindi un inquinamento genetico. È dunque chiaro ed evidente che questo tipo di legislazione va rivista in funzione delle esigenze attuali.
A ciò si aggiunge il fatto che, in funzione anche delle disposizioni e degli incentivi comunitari, ha avuto una forte crescita l'offerta privata nel settore vivaistico che, proprio per effetto del fatto che quel tipo di settore non è tutelato dalla legge n.269, non può essere controllata da parte degli organi a ciò preposti. Dunque le aziende private possono introdurre ed introducono nel mercato tipi di piante e di semi che, allo stato, non possono essere controllati. È vero che la stessa legge n.269, ma più ancora il decreto del Presidente della Repubblica n.616 del 1977, delegavano alle regioni tale compito, ma mi risulta che ancora oggi, dopo vent'anni, ben poche regioni abbiano dato attuazione ai controlli che dovevano effettuare.
Vi è d'altronde il problema di chi dovesse effettuare il controllo. Fino al 1977 tale controllo doveva essere esercitato dal Corpo forestale dello Stato, mentre allo stato attuale, in base appunto all'articolo 69 del citato decreto del Presidente della Repubblica n.616 del 1977, ritengo dovrebbe essere esercitato dalle regioni, ma non credo che al riguardo niente sia stato fatto.


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A questo punto si impone necessariamente una riforma della legge n.269 e del Corpo forestale dello Stato, il quale ha sicuramente tra i suoi compiti quello del controllo e della tutela dell'ambiente, argomenti questi che mi sembra non siano stati richiamati dal sottosegretario. È chiaro quindi che c'è un buco normativo che riguarda la materia dei rimboschimenti, ma fin tanto - come dicevo prima - che questa materia era di scarsa importanza e concerneva solo il settore pubblico, il buco normativo e la mancanza di procedure certe per richiedere ed ottenere le certificazioni previste dalla legge non sono venuti alla luce. Ora però che l'interesse per gli impianti forestali è cresciuto in tutta la nazione, a causa dei finanziamenti messi a disposizione di chi rimboschisce terreni agricoli in base al regolamento CEE 2082/92, tale vacatio legis si è fatta evidente ed ha iniziato a danneggiare in modo crescente varie categorie di cittadini: innanzitutto i vivaisti, pubblici e privati, che non possono vendere i loro materiali perché non certificati, ed i cittadini che godono di finanziamenti pubblici per i rimboschimenti dei terreni agricoli (è prescritto infatti che per le specie tutelate dalla legge n.269 del 1973 si debba fare uso solo di piante certificate). Così è già successo che vivaisti che hanno venduto piante fuori dalla loro regione di residenza siano stati oggetto di procedure sanzionatorie, perché i materiali venduti non erano accompagnati dai regolari certificati previsti dalla predetta legge.
In conclusione, signor Presidente, ritengo opportuno - e non credo che i provvedimenti citati dal sottosegretario possano essere intesi in tale direzione - che il ministero si faccia carico di questa revisione generale per il controllo del settore vivaistico, che ha influenze ovviamente anche sull'ambiente; conosciamo infatti il degrado dell'ambiente e della forestazione. A questo proposito vorrei ricordare molto brevemente quanto è accaduto nella mia regione, la Calabria, allorquando le montagne, a causa del dissesto idrogeologico e quindi di forestazione, non hanno retto le acque e ciò che è avvenuto in pianura, particolarmente nella città di Crotone ma in generale in tutta la regione, nell'ottobre 1996, con i provvedimenti ed i relativi costi che lo Stato ha dovuto sopportare a fronte di quella tragedia di ordine idrogeologico ed umano.

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Giovanardi n.2-00387 e all'interrogazione Teresio Delfino n.3-00606 (vedi l'allegato A).
Questa interpellanza e questa interrogazione, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
Avverto che l'onorevole Giovanardi ha comunicato alla Presidenza di rinunziare ad illustrare la sua interpellanza n.2-00387, riservandosi di intervenire in sede di replica.
Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

CARLA ROCCHI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Signor Presidente, rispondo contestualmente all'interpellanza Giovanardi e all'interrogazione Teresio Delfino perché l'argomento che riguarda l'estensione della proroga per l'adeguamento a norma di sicurezza degli edifici sedi di scuole non statali è comune.
In ordine alla questione rappresentata nell'interpellanza e nell'interrogazione in discussione, si ritiene di dover far presente che le disposizioni previste dal decreto legge n.542 del 1996, convertito nella legge n.649 del 1996, che hanno tra l'altro prorogato al 31 dicembre 1999 il termine - già fissato dal decreto legislativo n.626 del 1994 - per l'adeguamento degli edifici scolastici di proprietà pubblica agli standard di sicurezza previsti dal medesimo decreto, non hanno inteso discriminare in alcun modo le istituzioni scolastiche non statali rispetto a quelle statali.
La proroga in parola per gli edifici scolastici di proprietà pubblica è stata ritenuta opportuna per venire incontro alle esigenze degli enti locali ai quali la


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normativa vigente demanda la fornitura degli edifici scolastici da destinare alle istituzioni scolastiche statali in un momento in cui l'intervenuta redistribuzione delle competenze tra comuni e province operata dalla legge 11 gennaio 1996 n.23 richiede ancora l'adozione di alcuni provvedimenti attuativi e gli enti stessi si trovano nell'impossibilità di fare fronte ai gravosi oneri a loro carico. Peraltro il termine del 31 dicembre 1999 è indicato dall'articolo 1-bis del decreto-legge n.542 del 1996 come termine massimo per cui, una volta divenuto operante l'assetto delle competenze previsto dalla legge n.23 del 1996 e quando gli enti locali saranno dotati delle risorse finanziarie occorrenti, i medesimi potranno intervenire anche in anticipo rispetto alla data ultima stabilita.
A tale riguardo occorre ricordare che per il rifinanziamento dei programmi e dei piani di edilizia scolastica previsti dalla legge n.23 del 1996 sono state reperite apposite risorse con decreto-legge n.67 del 1997 (articolo 1, comma 1). Si desidera comunque far presente che il Ministero è sostanzialmente favorevole ad una eventuale iniziativa legislativa nel senso auspicato dagli onorevoli interroganti finalizzata ad estendere la proroga in parola sia agli edifici adibiti a sede di istituzioni scolastiche non statali che a quelli di proprietà privata presi in affitto dagli enti locali per essere adibiti ad uso di scuole statali. In tal senso il Ministero medesimo si è già attivato per le necessarie intese con le altre amministrazioni interessate.

PRESIDENTE. L'onorevole Teresio Delfino ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n.3-00606.

TERESIO DELFINO. Rimango alquanto stupito dalle motivazioni singolari addotte dal sottosegretario per giustificare una vera discriminazione. I ragazzi che vanno a scuola nell'edificio pubblico o nell'edificio privato, infatti, non sono - e non devono essere - assolutamente a conoscenza di quelle che sono le normative, i problemi di finanziamento, le armonizzazioni nel trasferimento di competenze dallo Stato agli enti locali; ma immaginare che questioni che attengono al finanziamento, al raccordo ed al rapporto fra Stato ed enti locali giustifichino questo tipo di discriminazione è a mio avviso semplicemente folle, assolutamente strumentale e penalizza in termini reali e sostanziali (come affermano tutte le associazioni che operano nella scuola libera) questa presenza nel settore educativo e formativo.
Si tratta di una vicenda che definirei vergognosa alla quale il Parlamento ha già cercato di dare risposta. Abbiamo infatti ripetutamente presentato emendamenti con riferimento sia al collegato alla finanziaria sia al decreto-legge n.670 non convertito in legge; come CDU e CCD abbiamo poi presentato alcune proposte di legge, attualmente all'esame della Camera, che tendono a superare questo stato di fatto. Il Governo, che ha un ruolo più alto ed esecutivo ed a cui compete di togliere ogni elemento di discriminazione, dovrebbe sentire il dovere di un'iniziativa puntuale. Non è sufficiente, sottosegretario Rocchi - pur prendendone atto favorevolmente - dichiarare disponibilità all'attivazione; questo elemento di ambiguità deve essere immediatamente spazzato via né si può continuare a dichiararsi favorevoli in linea di principio all'equa perequazione, alla parità tra scuola libera e scuola pubblica e poi in ogni passaggio legislativo frapporre difficoltà che sicuramente vanno nella direzione di attenuare, di ridurre sempre di più la presenza della scuola libera.
Questo mi consente di concludere con un invito ad un sottosegretario che non dimentico essere stato, in sede di finanziaria per il 1997, favorevole ad una puntuale verifica per l'inserimento nella riorganizzazione della rete scolastica anche delle scuole non private. Ma poi abbiamo visto in aula il ministro smentire un parere favorevole espresso dal sottosegretario in Commissione a questo riguardo.
Quindi, crediamo che sia necessario su questa vicenda e in questa direzione


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sollecitare il Governo ad eliminare immediatamente questo tipo di discriminazione, perché altrimenti abbiamo il timore di trovarci sempre davanti, per quanto concerne la parità scolastica, a solenni impegni parlamentari poi però non seguiti dai fatti. Lo stesso ministro Berlinguer in quest'aula, in sede di finanziaria, proclamò il 31 marzo come termine ultimo, inderogabile per presentare il disegno di legge. Invece, ha presentato il documento della commissione D'Amore, che evidentemente è un documento assolutamente inadeguato, insufficiente, che tende a negare nella sostanza le vere soluzioni che noi proponiamo al problema della parità scolastica, in sostanza quelle volte a garantire la possibilità di una vera scelta da parte delle famiglie del progetto educativo che si vuole dare, certamente in un contesto legislativo nel quale gli istituti scolastici, privati e pubblici, che erogano il servizio pubblico scolastico, debbano rispettare certi criteri, certi standard.
Quindi, esprimiamo questa forte sollecitazione e nutriamo la speranza che il Governo, alla luce delle sollecitazioni che abbiamo rivolto anche oggi, si muova in termini più rapidi ed incisivi per eliminare questa nuova forma di discriminazione riguardante la sicurezza degli edifici, che comporta oneri gravosissimi non affrontabili nel medio termine, soprattutto da parte degli istituti privati, a fronte invece delle risorse che lo Stato dà agli enti locali per realizzare l'adeguamento, concedendo anche ulteriori tre anni di tempo. Inoltre, rinnoviamo la richiesta che il benedetto disegno di legge sulla parità scolastica venga finalmente presentato in Parlamento ed in questa sede si possa trovare una soluzione che garantisca un vero pluralismo educativo nella nostra società.
Con questa raccomandazione, la ringrazio per l'attenzione che il ministero vorrà prestare alle nostre riflessioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di replicare per la sua interpellanza 2-00387.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, purtroppo non posso dichiararmi soddisfatto, perché avrei voluto dal rappresentante del ministero una risposta diversa da quella che è stata pronunciata questa mattina. Immaginavo che il rappresentante del Governo sarebbe venuto a dirci che riconosceva l'errore o l'omissione commessa nel momento in cui nel decreto-legge si concedeva la proroga per gli edifici pubblici escludendo però quelli scolastici privati, quindi discriminando una fattispecie rispetto all'altra.
È abbastanza singolare che il Governo non si sia attivato in questa direzione ed affermare che è favorevole ad iniziative legislative in merito non giustifica e non spiega perché, quando è stato il Governo a prendere l'iniziativa, non abbia messo sullo stesso piano questo tipo di realtà. Devo anche dire che il fatto che questo provvedimento - che era stato emendato dal Senato, perché il Parlamento aveva già provveduto a correggere l'errore - sia stato travolto nell'ambito del decreto-legge «mille proroghe», che estendeva il meccanismo ben al di là di questo specifico punto che a noi stava particolarmente a cuore, ha ingarbugliato ancora di più la matassa.
Credo che qui ci sia un nodo politico di fondo su cui ci affatichiamo da mesi: se cioè la maggioranza sia in grado di mantenere le promesse elettorali e le dichiarazioni più volte fatte anche in quest'aula dal ministro Berlinguer o se invece vale «Berlinguer 2» (quello dell'intervista di alcuni giorni fa) in cui per l'ennesima volta si dichiara paralizzato da contraddizioni, incertezze e contrarietà presenti all'interno della sua maggioranza.
Signor sottosegretario, purtroppo non siamo facendo accademia ma stiamo parlando di realtà che se non verranno trattate in maniera paritaria tra un po' di tempo non esisteranno più. Qui non si tratta di dire che tra due, dieci o venti anni si arriverà alla parità scolastica e questo perché tra due o cinque anni le istituzioni che dovrebbero comporre il tessuto di un sistema scolastico che veda


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la parità tra scuole statali e non statali non esisterà più a causa della chiusura di tutte queste strutture.
Quel decreto era l'ennesima dimostrazione dell'insensibilità del Governo rispetto a questo problema, perché differiva oneri per le scuole pubbliche e, non correggendo i termini, continuava ad imporre oneri immediati per le scuole private, naturalmente non ponendosi il problema di come tali oneri possano essere finanziati e le opere realizzate.
Mi sembra che già da alcuni mesi, purtroppo, ci avvitiamo in una situazione dal punto di vista politico insostenibile perché tutte le volte che in quest'aula abbiamo presentato emendamenti tendenti a riconoscere il diritto alla parità scolastica, questi sono stati bocciati dalla maggioranza in quanto definiti prematuri; ci è stato detto che la maggioranza stava concludendo al suo interno le verifiche per arrivare a portare in aula provvedimenti concernenti la parità. Ma così non è dal punto di vista generale e non lo è nemmeno dal punto di vista particolare. Infatti quando dal punto di vista settoriale si assumono provvedimenti che riguardano anche la scuola non statale scatta puntualmente, nei fatti, la discriminazione. A parole si dice: tendiamo alla parità; ma poi nei fatti scatta la discriminazione.
Il Governo avrebbe quindi potuto provvedere, senza subire alcun tipo di critica da parte del Parlamento, anche con un decreto-legge teso a sanare questi errori. Ma perché non lo fa? Visto che l'errore è stato macroscopico perché non lo corregge con una sua iniziativa? Temo che, in realtà, all'interno della maggioranza non ci sia la volontà di arrivare ad un risultato; si fanno proclamazioni declamatorie e alla fine i comportamenti sono questi.
Il richiamo o il rinvio al Parlamento, alle iniziative legislative, è assolutamente riduttivo. Dinanzi a questo errore avremmo voluto vedere da parte del Governo ben altro atteggiamento e ben altra decisione per correggere un errore macroscopico compiuto in quel decreto.

PRESIDENTE. Segue l'interpellanza Saonara n.2-00409 (vedi l'allegato A).
L'onorevole Scantamburlo, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di illustrarla.

DINO SCANTAMBURLO. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

CARLA ROCCHI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. L'interpellanza in oggetto, a cui si dà risposta in questo momento, riguarda la richiesta di attribuzione di valore abilitante ai precari in possesso di titoli relativi al sostegno.
Le considerazioni svolte nell'interpellanza in esame affinché, a titolo di specializzazione, conseguito dai docenti precari a norma del decreto del Presidente della Repubblica n.970 del 1975, sia riconosciuto valore abilitante sono certamente comprensibili ma attengono ad un problema che nonostante ogni migliore predisposizione non appare suscettibile di accoglimento tenuto conto che per l'abilitazione all'insegnamento è prescritto un apposito esame di Stato in conformità di quanto sancito dall'articolo 33, comma 5, della Costituzione.
Quanto, comunque, al raffronto tra le finalità e i conseguenti effetti dei due provvedimenti presi in esame dagli interpellanti e cioè il citato decreto del Presidente della Repubblica n.970 del 1975 e il decreto del Presidente della Repubblica n.470 del 1996, si ritiene di dover ricordare che i corsi biennali di specializzazione, istituiti ed attuati ai sensi del primo dei citati provvedimenti, sono stati gestiti in parte direttamente dall'amministrazione, la quale ne ha limitato la partecipazione a titolo gratuito ai soli docenti di ruolo, e in parte da enti e da associazioni varie che ne hanno consentito la partecipazione a titolo oneroso anche a neodiplomati e a neolaureati attirati dalla prospettiva di una più agevole sistemazione nella scuola.


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Siffatta prospettiva si è più volte in passato tramutata in realtà, tenuto conto che nel conferimento delle supplenze sui posti di sostegno sono stati utilizzati gli aspiranti in possesso della specializzazione, anche se non abilitati. Conseguita l'abilitazione, a volte nei concorsi ordinari ma più spesso nelle apposite sezioni riservate, molti dei suddetti docenti sono stati poi immessi in ruolo attraverso il meccanismo del cosiddetto doppio canale e destinati a posti di sostegno con la possibilità di transitare nell'insegnamento ordinario dopo cinque anni.
La questione sollevata nell'interpellanza si pone, pertanto, per quei docenti precari i quali, pur avendo conseguito fino a tutto il 1996, un titolo di specializzazione attraverso la partecipazione ai corsi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.970 del 1975 sono tuttora privi dell'abilitazione all'insegnamento e si vedono quindi preclusa la possibilità di accedere ai concorsi per soli titoli ai fini dell'immissione in ruolo.
Non si ritiene, comunque, che i docenti in parola siano stati penalizzati dalla istituzione delle scuole di specializzazione universitaria previste dalla legge n.341 del 19 novembre 1990, considerato tra l'altro che tali scuole sono state previste per il conseguimento di fini che non sono del tutto assimilabili a quelli perseguiti con i corsi di specializzazione ai quali hanno partecipato i medesimi docenti.
Infatti le nuove scuole universitarie, il cui ordinamento didattico è stato approvato con i decreti del Presidente della Repubblica nn.470 e 471, rispettivamente per la scuola secondaria e per quella primaria, sono finalizzate, secondo lo spirito della legge istitutiva, alla formazione specifica degli insegnanti, a differenza dei corsi attivati a norma del decreto del Presidente della Repubblica n.970 del 1975, i quali avevano lo scopo precipuo di fornire agli insegnanti medesimi solo una specializzazione che consentisse loro di essere utilizzati in attività di sostegno a favore degli alunni affetti da handicap fisici e sensoriali, indipendentemente da qualsivoglia collegamento tra la specializzazione conseguita e determinate classi di concorso.
Non si ritiene del tutto condivisibile l'assunto secondo cui le discipline di studio previste per il conseguimento dell'abilitazione mediante le nuove scuole universitarie sarebbero equivalenti a quelle richieste dalle norme che disciplinavano i corsi di specializzazione.
In realtà, il decreto del Presidente della Repubblica n.470 del 1996, che disciplina il funzionamento della scuola di specializzazione per gli insegnanti della scuola secondaria, prevede nell'arco di un biennio dieci insegnamenti semestrali, di cui cinque comuni a tutti gli indirizzi e cinque differenziati per specifiche discipline, con almeno settecento ore di insegnamento e trecento ore di tirocinio.
Gli indirizzi relativi agli insegnamenti differenziati sono volti ad un approfondimento metodologico e didattico nelle aree disciplinari interessate corrispondenti alle abilitazioni che si intendono conseguire, fatte salve eventuali variazioni che le università riterranno di apportare, così come precisato nell'articolo 3 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n.470 del 1996.
A conclusione del biennio è prescritto un esame finale per il conseguimento del diploma che ha valore di esame di Stato per l'abilitazione all'insegnamento, in coerenza con il diploma di laurea che ha dato accesso alla scuola di specializzazione e che costituisce titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a cattedra.
Gli allievi che intendano conseguire un'abilitazione valida anche per l'attività didattica di sostegno devono sobbarcarsi poi ad un numero più elevato di ore di studio, dovendo aggiungere a quelle dianzi riferite altre cinque semestralità obbligatorie riguardanti insegnamenti dell'area delle pedagogie, delle didattiche speciali e dell'area neuropsicologica, nonché attività di laboratorio e di tirocinio.
Non risulta pertanto che il diploma di abilitazione abiliti automaticamente all'attività

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di sostegno, essendo richieste perché ciò possa avvenire altre cinque specifiche semestralità successive.
Le suesposte considerazioni escludono che alle specializzazioni conseguite mediante i corsi disciplinati dalla pregressa normativa possa essere attribuito valore abilitante e che per le medesime specializzazioni possano essere previste apposite classi di concorso.
In ordine a quest'ultimo punto occorre in particolare tener presente che l'attività di sostegno non è configurabile come disciplina di insegnamento a se stante, concretandosi soltanto in interventi individualizzati di natura integrativa a favore degli alunni in situazione di handicap, così come espressamente stabilito dall'articolo 9, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n.970 del 1975, a prescindere da accertate specifiche competenze disciplinari possedute dai docenti interessati.
Alla luce di quanto sopra premesso, si desidera ad ogni modo assicurare che il problema dei docenti precari specializzati, privi di abilitazione e con adeguata anzianità di servizio, è all'attenzione del ministero, che auspica di poterlo eventualmente risolvere nel contesto del disegno di legge n.932, attualmente all'esame del Parlamento, in ordine al quale è in atto il confronto tra le forze politiche per giungere ad una modifica del sistema di reclutamento del personale della scuola.

PRESIDENTE. L'onorevole Scantamburlo ha facoltà di replicare per l'interpellanza Saonara n.2-00409, di cui è cofirmatario.

DINO SCANTAMBURLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per la risposta e prendo atto dell'articolazione della stessa che spiega le motivazioni di carattere giuridico per cui le posizioni sono diverse tra i docenti che intendono dedicarsi all'insegnamento di sostegno e quelli di ruolo tradizionale, diciamo così. Va detto che rimangono delle situazioni piuttosto ibride e non sempre chiare e definite.
Ho ascoltato con soddisfazione che con il disegno di legge all'attenzione delle Camere il Governo intende definire in maniera chiara, stabile ed anche definitiva un meccanismo che consenta a questi docenti precari, privi di abilitazione e a tutti gli altri docenti di dedicarsi in maniera stabile all'insegnamento. Si deve trattare di una procedura ben definita, tale da non creare periodicamente una serie di problemi. Non vogliamo che dopo pochi anni venga avanzata una serie di richieste di revisione e che il ministero debba effettuare interventi correttivi, perché tutto ciò crea una grave situazione di precarietà.
Prendo quindi atto con soddisfazione dell'impegno dichiarato e credo che quella cui ho fatto riferimento sia la sede opportuna per definire il problema.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta.

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