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PAOLO GALLETTI. A nome dei deputati verdi esprimo un voto politico favorevole a questo provvedimento, mantenendo tutte le riserve di merito, così come abbiamo già espresso in sede di dibattito generale, di discussione degli emendamenti, di dichiarazione di voto sulla fiducia posta dal Governo.
ANNA MARIA BIRICOTTI. Il gruppo parlamentare della sinistra democratica-l'Ulivo voterà a favore di questo provvedimento che si colloca nel binario di una riforma generale del settore. Le vicende politiche che hanno condizionato i tempi di votazione, le soluzioni trovate fanno ulteriore chiarezza. È un decreto attuativo di accordi raggiunti dal Governo con le categorie interessate, un atto dovuto, dunque, una sorta di provvedimento «ponte» tra la vecchia disciplina fatta, come i colleghi ricordano, di provvedimenti tampone con cui lo Stato ha impegnato risorse consistenti senza risolvere i problemi complessi ed articolati del settore ed una riforma organica della materia che la nostra parte politica chiede da tempo e che, finalmente, il ministero ha annunciato, presentandone le idee guida in un recente incontro pubblico, prima della sua definizione e della sua presentazione al Consiglio dei ministri ed alle Camere per la sua approvazione.
ELENA CIAPUSCI. Il decreto che ci accingiamo a votare, come ci ha anticipato il ministro dei trasporti Burlando in dicembre, è stato trattato con le associazioni di categoria del mondo dell'autotrasporto. Ricordo comunque che anche noi dell'opposizione abbiamo contatti con le associazioni e che stiamo valutando il presente decreto anche sulla base di una conoscenza diretta dei problemi inerenti al settore. Ricordo ancora che in dicembre non abbiamo potuto votare a favore del decreto perché non era stato accolto nessuno degli emendamenti migliorativi da noi presentati. Oggi questa conversione può da noi essere definita soltanto come un insulto: un insulto tramite politica poiché la maggioranza e il resto dell'opposizione (cioè il Polo) non stanno valutando il merito del decreto stesso (è essenziale per la vita delle 188 mila piccole aziende che operano nel settore in quanto copre i maggiori costi creatisi per le maggiori imposizioni fiscali) ma solo mercanteggiando chissà quali compromessi mettendo il decreto stesso e gli interessi degli autotrasportatori sullo stesso piano del mercato abusivo dei tappeti.
Ci auguriamo davvero che sia l'ultima volta che il Parlamento si trovi a dover discutere un decreto fotocopia (dal 1992 ad oggi) che elargisce 208 miliardi a favore del trasporto merci su strada. Una perpetuazione del modello distorto italiano di trasporti in violazione delle direttive dell'Unione europea che ha aperto contro il Governo italiano una procedura di infrazione. Fortunatamente il Governo ha predisposto un disegno di legge per una riforma organica del settore ed in quel contesto riproporremo con forza le tesi dei verdi.
Vorrei sottolineare il comportamento del polo e della lega nord per l'indipendenza della Padania che, pur essendo d'accordo come in passato sul merito del provvedimento, anzi sostenendo una richiesta di ulteriore finanziamento a carico del contribuente da elargire a fondo perduto per mantenere l'arretratezza di un settore che così com'è non è in grado di competere sul mercato europeo, hanno messo in atto un confuso ostruzionismo privo di proposta politica.
È scandaloso che il Parlamento sia stato ostaggio non solo di una lobby ma addirittura delle guerriglie intercategoriali tra piccoli e grandi autotrasportatori, tra l'associazione X e il consorzio Y, ognuno dei quali trova il suo partito o componente di partito di riferimento.
È il contrario della politica e dell'azione di Governo che devono contribuire a modificare la realtà orientandola verso soluzioni innovative, sostenibili dal punto di vista sociale, ambientale, economico.
Qui siamo anni luce lontani dal livello minimo di decenza della politica ed è il caso di dire che sotto le ruote dei TIR finiscono, oltre ai soldi dei contribuenti, le ragioni della politica!
Lunga è ancora la strada per una politica sostenibile dei trasporti e irta di ostacoli. Poche le voci innovative, silenti gli ambientalisti della quercia.
Tale riforma, tuttavia non potrà agire se non dal 1998. Dunque, per il 1996 occorre prevedere interventi perché il settore non sia lasciato in balia di se stesso, un settore che corre seri rischi di marginalizzazione per il contesto in cui opera rispetto all'analogo comparto in Europa.
Dunque, il provvedimento di oggi, seppure parziale, consente alle categorie di restare sullo scenario del mercato europeo.
D'altronde, noi siamo convinti che, se è necessario superare la logica del mantenimento immutato della situazione normativa ed organizzativa esistente, è altrettanto necessario non approdare ad una semplicistica ed utopica liberalizzazione selvaggia incapace di tener conto della realtà consolidatasi e dei possibili contraccolpi sul comparto e su tutto il sistema produttivo nazionale.
Riteniamo, perciò, necessario ed urgente definire le regole con cui andare sul mercato, per garantire la qualità dei servizi, la sicurezza, la tutela del lavoro e dell'ambiente, intervenendo sulle questioni più rilevanti che caratterizzano la debolezza strutturale del comparto data, essenzialmente, dalla polverizzazione del settore (centocinquantamila sono le aziende italiane a fronte delle cinquantamila in Germania e delle ventiseimila in Francia) dal fatto che, l'80 per cento delle imprese è a conduzione familiare e proprietaria di un solo mezzo.
Anche altri dati però denunciano la difficoltà del settore nonché l'esigenza di una politica innovativa ed articolata che aiuti davvero le imprese.
Nell'impostare le politiche del settore, infatti, non si può ignorare che, oltre ad un progressivo aumento della quantità di merci trasportate su gomma a scapito della rotaia e del cabotaggio che evidenzia la necessità di politiche intermodali, la quota dei traffici su strada gestita da vettori italiani è scesa dal 50 al 32 per cento alla fine degli anni ottanta ed è destinata a scendere ulteriormente alla fine degli anni novanta (si presume il 20 per cento).
Se si considera che l'82 per cento del traffico marittimo avviene su navi straniere e che il differenziale di costo fra il trasporto italiano e quello straniero si aggira attorno al 15 per cento a svantaggio delle nostre aziende, si ha, chiaro, lo scenario di un trasporto che, nel nostro paese, è condotto da aziende prevalentemente straniere con una marginalizzazione delle imprese nazionali.
Risulta con tutta evidenza la necessità di interventi di Governo e Parlamento che rimuovano i limiti che condizionano l'autotrasporto italiano e più complessivamente la politica dei trasporti nazionali e che, se non eliminati, si aggraveranno con il progressivo ampliamento del processo di liberalizzazione del settore. Limiti dati oltre che dalla polverizzazione dell'offerta, anche dai costi, dalla diffusione delle frodi che penalizzano le aziende sane, dalle barriere all'entrata del sistema dei prezzi controllati che non regge alle logiche di
apertura dei mercati ed alla qualificazione del servizio; limiti che pregiudicano un'evoluzione ed una ristrutturazione complessiva del trasporto italiano, che impongono interventi complementari che operino su più piani.
È tuttavia necessario agire anche con programmi infrastrutturali per favorire, così come la stessa Unione europea suggerisce, il recupero di competitività e di quote di mercato da parte delle altre modalità di trasporto (ferrovia e nave). Molti sono i nodi da sciogliere.
Partita finalmente la riorganizzazione della portualità, dopo una fase di colpevole e dannoso congelamento, è da affrontare il nodo del rapporto ferrovia-autotrasporto come chiave di riassetto in termini intermodali del sistema del trasporto che privilegi la qualità ed il miglior uso delle risorse.
L'autotrasporto può e deve partecipare a questo processo, specializzandosi e ristrutturandosi, cogliendo le opportunità che possono venire dalla dimensione industriale, dai servizi collaterali, dall'investimento tecnologico.
La ricchezza, infatti, sarà sempre più nella logistica, in chi avrà in mano il percorso complessivo della merce. Solo così sarà possibile avere un miglioramento delle attività delle imprese e ridurre il costo del trasporto del nostro paese, utile alle industrie del settore e all'intero sistema produttivo.
Il provvedimento che ci apprestiamo a votare tiene conto della rete e, collocandosi nel solco delle riforme, crea i presupposti per governare i processi verso una ristrutturazione competitiva del settore.
Vorremmo, per il futuro, che le vicende politiche condizionassero meno interventi vitali per l'economia.
È un insulto alle opposizioni poiché nega loro il legittimo diritto di esercitare il proprio ruolo, come d'altronde è dimostrato dal continuo porre la questione fiducia su ogni provvedimento che non incontra un immediato consenso dell'opposizione, dietro la scusa della scadenza dei termini. È così che si nega il diritto di apportare miglioramenti a qualsiasi provvedimento. Va dunque rimarcato come con questo comportamento la maggioranza con prepotenza chiuda ogni dialogo con l'opposizione e ciò è avvalorato dal fatto che nell'emendamento omnibus, o maxiemendamento come chiamar si voglia, sono state accolte le modifiche che la lega nord per l'indipendenza della Padania aveva suggerito. È un insulto per il mondo economico italiano e per i cittadini contribuenti tutti che purtroppo hanno ancora una volta riposto fiducia in questo Parlamento andando a votare democraticamente perché pensavano che il Parlamento fosse l'organo istituzionale democratico per eccellenza mentre questa maggioranza sta dimostrando di voler ignorare questi sacri principi. È un insulto soprattutto per gli autotrasportatori che la maggioranza pensa di poter «accontentare» con questo decreto «tampone», come se la categoria stessa fosse formata da un branco di ricattatori dello Stato che per un pugno di soldi minaccia fermi nazionali.
Non è assolutamente così: gli autotrasportatori stanno rivendicando un legittimo finanziamento che copra parzialmente i maggiori costi che lo stesso Governo ha loro imposto aumentando le accise sui contributi, sui carburanti e su quant'altro. Ricordo inoltre che essi sono ancora in attesa di quella legge che ristrutturi completamente il settore e che permetta loro di poter continuare ad operare a livello competitivo sul mercato europeo. Legge promessa da più ministeri e mai approntata.
Dopo questa premessa entro nel merito del provvedimento in esame. In riferimento all'emendamento 2.55, presentato in data odierna dal Governo al decreto-legge n. 1 del 1997, sull'autotrasporto, faccio osservare che, al comma 2, è stata inserita la percentuale di sconto pari al 5 per cento per le imprese con un fatturato fino a 100 milioni. Ricordo che il nostro gruppo aveva presentato nella IX Commissione trasporti due emendamenti (uno stabiliva un'unica percentuale di sconto pari al 10 per cento, l'altro stabiliva due percentuali di sconto legate rispettivamente ad un fatturato fino ai 100 milioni e ad un fatturato oltre i 100 milioni), volti al riconoscimento della riduzione dei pedaggi anche a favore delle piccole imprese; al comma 2-ter, il Governo ha stabilito che con lo stesso decreto con il quale il ministro dei lavori pubblici fissa i criteri e le modalità di rimborso alle società concessionarie, si definiscano anche quei criteri per assicurare la trasparenza circa i rimborsi alle imprese di autotrasporto. Si chiede al Governo di sapere quali siano questi criteri. Al comma 2-quater si è previsto che tutte le società concessionarie, comprese quelle che gestiscono i trafori del Monte Bianco e del Fréjus, continuino ad applicare le riduzioni attualmente previste per l'autotrasporto; al comma 2-quinques, è stabilito, per dare concreta attuazione al precedente decreto-legge n. 517 (convertito con modificazioni dalla egge 4 dicembre 1996, n. 611), che la somma di 55 miliardi destinati alle concessionari e non utilizzate al 1996, possono essere utilizzate per il 1997. Ciò che lascia perplessi di questa disposizione è che l'impegno di spesa per i benefici previsti per il 1997, può essere assunto nell'anno 1998. Tale disposizione poteva avere una ragion d'essere se la copertura finanziaria per il 1997 non fosse stata sufficiente ma, dal momento che alla spesa prevista in lire 208 miliardi si provvede con l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti e della navigazione, non si riesce a comprendere quale sia esattamente il significato di tale periodo. Si potrebbe azzardare un'ipotesi e interpretare il periodo nel senso che, in vista della manovrina aggiuntiva di cui si parla da diversi giorni, il Governo abbia intenzione (così come ha fatto nello scorso luglio con il decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323), di procedere alla riduzione degli stanziamenti delle tabelle A e B approvate con la finanziaria 1997 e al conseguente blocco degli impegni. Se così fosse vorrebbe dire che alle imprese di autotrasporto la riduzione non viene applicata fino al 1998? Naturalmente si tratta di un nostro dubbio e vorremmo che il Governo ci desse delucidazioni in merito. Al comma 2-sexies si prevede che le regioni interessate dall'attraversamento di strade statali e da autostrade possono disporre altre riduzioni a favore delle imprese di autotrasporto. Ricordo che il Governo ha formulato tale emendamento sulla falsariga di un emendamento da noi proposto in IX Commissione con il quale la possibilità di disporre altre riduzioni veniva attribuita ai comuni al fine di procedere al decongestionamento del traffico nonché contenere l'inquinamento atmosferico ed acustico.