Seduta n. 158 del 26/2/1997
(continuata nelle giornate di giovedì 27 e venerdì 28 febbraio 1997)

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...

Si riprende la discussione (ore 10,35).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Brancati ed altri n. 9/3181/5...

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ho già dichiarato aperta la votazione, onorevole Marongiu, mi rincresce...

FEDELE PAMPO. Deve esprimere il parere!

PRESIDENTE. Per la prossima volta, onorevole sottosegretario, la prego di segnalare tempestivamente la sua intenzione di chiedere la parola.
Riprendiamo la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Brancati ed altri n. 9/3181/5, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 445
Maggioranza 223
Hanno votato 214
Hanno votato no 231
(La Camera respinge).

Passiamo all'ordine del giorno Caveri e Pagliuca n. 9/3181/6.

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Signor Presidente, il Governo ha già espresso parere contrario. Tuttavia, avendo appurato nella tarda serata di ieri che questa tematica è all'ordine del giorno per una modifica, vorrei invitare l'onorevole Caveri a ritirare il suo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Accetta l'invito del rappresentante del Governo, onorevole Caveri?

LUCIANO CAVERI. Ritiro l'ordine del giorno, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Intende aggiungere qualche considerazione sul precedente ordine del giorno Brancati ed altri n. 9/3181/5, onorevole sottosegretario, affinché rimanga politicamente agli atti?

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Sull'ordine del giorno Brancati ed altri n. 9/3181/5, signor Presidente, vorrei rimanesse agli atti che il Governo ribadisce il suo parere contrario. Tuttavia il Governo intende ricordare a se stesso e ribadire all'Assemblea che, di fronte a richieste motivate, la norma consente che siano concesse deroghe.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole sottosegretario. Le sue considerazioni rimarranno agli atti.

GIANCARLO CITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su quale questione, onorevole Cito?

GIANCARLO CITO. Vorrei fare mio l'ordine del giorno ritirato dall'onorevole Caveri.


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PRESIDENTE. Mi scusi, ma gli ordini del giorno ritirati non possono essere fatti propri.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pampo ed altri n. 9/3181/7, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato 218
Hanno votato no 242
(La Camera respinge).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Abaterusso ed altri n. 9/3181/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Intende ritirarlo, collega? Mi dispiace, ma ormai siamo nel corso della votazione. Avrebbe dovuto dirlo prima.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 454
Votanti 448
Astenuti 6
Maggioranza 225
Hanno votato 66
Hanno votato no 382
(La Camera respinge).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Scaltritti n. 9/3181/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Vi sono 3 postazioni di voto bloccate, colleghi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 444
Votanti 442
Astenuti 2
Maggioranza 222
Hanno votato 167
Hanno votato no 275
(La Camera respinge).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Frattini ed altri n. 9/3181/16, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Vi sono 17 postazioni di voto bloccate, colleghi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 462
Votanti 461
Astenuti 1
Maggioranza 231
Hanno votato 168
Hanno votato no 293
(La Camera respinge).

È così esaurita la trattazione degli ordini del giorno.
Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è stato affermato dal Governo e dalla maggioranza...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Delfino.
Colleghi, per cortesia! Onorevole De Murtas! Onorevole Montecchi! Onorevole Evangelisti, prenda posto, per favore! Onorevole Bassanini, vuole prendere posto?
Parli pure, onorevole Delfino.

TERESIO DELFINO. Dicevo che è stato affermato dal Governo e dalla maggioranza che il decreto-legge che ci apprestiamo


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a votare rappresenta il completamento della manovra per il 1997 secondo le linee già fissate nel documento di programmazione economico-finanziaria e le proposte già approvate con il provvedimento collegato alla legge finanziaria 1997.

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo ancora, onorevole Delfino. Colleghi, vi informo che ci sono circa 130 dichiarazioni di voto.
Prego, onorevole Delfino.

TERESIO DELFINO. Si tratta di un clamoroso falso, in quanto il Governo ha già dovuto ammettere la necessità di una manovra correttiva sui conti pubblici del 1997. Le innovazioni contenute nel provvedimento rappresentano ancora una volta la mancanza di una chiara strategia che questo Governo e questa maggioranza sembrano incapaci di concepire nell'assumere con coraggio provvedimenti che si muovano veramente nella direzione della tutela degli interessi generali.
Non sono sufficienti azioni modeste...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Delfino. Colleghi, se continuate in questo modo, sospendo la seduta! Non mi costringete a sospendere la seduta. Non si può lavorare in queste condizioni!
Prego, onorevole Delfino.

TERESIO DELFINO. Non sono sufficienti azioni modeste, «normicciole», come le ha definite il sottosegretario Marongiu, che, al di là di qualche attenuazione delle difficoltà delle famiglie e del sistema delle piccole e medie imprese, risultano inadeguate per sostenere una vera prospettiva di cambiamento della politica economica del paese.
È chiaro infatti che il nostro paese, senza riforme strutturali, senza le privatizzazioni, senza il rilancio dell'economia e delle riforme istituzionali, non uscirà da una situazione che diventa ogni giorno più drammatica sotto il profilo occupazionale e non riuscirà a far parte dell'unione monetaria europea dal 1 gennaio 1999. Abbiamo detto con grande convinzione e senza alcuna invidia, sottosegretario Cavazzuti, che i risultati conseguiti dal Governo...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Delfino.
Sospendo la seduta per alcuni minuti. Non è possibile continuare a lavorare in queste condizioni!

La seduta, sospesa alle 10,35, è ripresa alle 10,45.

PRESIDENTE. Onorevole Montecchi, per favore. Ho sospeso la seduta per dieci minuti per consentire al collega Teresio Delfino di svolgere in un clima adeguato e rispettoso il suo intervento.
Onorevole Del Bono, la richiamo all'ordine per la prima volta!
Continui pure la sua dichiarazione di voto, onorevole Teresio Delfino.

TERESIO DELFINO. È chiaro infatti che il nostro paese, senza riforme strutturali, privatizzazioni, senza il rilancio dell'economia e senza le riforme istituzionali non uscirà da una...

PRESIDENTE. Onorevole Scalia, la richiamo all'ordine per la prima volta!

TERESIO DELFINO. ...situazione che diventa ogni giorno più drammatica sotto il profilo occupazionale e non riuscirà a far parte dell'unione monetaria dal 1 gennaio 1999.

PRESIDENTE. Onorevole Lo Presti, la richiamo all'ordine per la prima volta!

TERESIO DELFINO. Abbiamo detto con grande convinzione e senza alcuna invidia che i risultati conseguiti dal Governo e dalla maggioranza, grazie soprattutto alla rigorosa azione del Governatore della Banca d'Italia...

PRESIDENTE. Onorevole Schietroma, la richiamo all'ordine per la prima volta!


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TERESIO DELFINO. ...sull'inflazione e sugli interessi, sono condizioni necessarie per lo sviluppo, ma non sufficienti, da sole, a garantire un rilancio duraturo...

PRESIDENTE. Onorevole Pinza, la richiamo all'ordine per la prima volta!

TERESIO DELFINO. ...della nostra economia ad un livello adeguato per aggredire il grave e sempre più pesante problema dell'occupazione. Siamo infatti dell'avviso che non c'è spazio per cullarsi nell'illusione che la stabilità dei prezzi ed il rigore della politica monetaria determinino naturalmente una prospettiva di crescita dell'economia. Occorre procedere senza indugi all'approvazione di una serie di provvedimenti che realizzino una complessiva riforma del nostro sistema economico. Purtroppo constatiamo anche in questo provvedimento la mancanza di questa progettualità complessiva che, pure, il ministro dell'economia Ciampi va teorizzando in tutte le sue dichiarazioni senza riuscire ad ottenere dal Governo, ma soprattutto dalla maggioranza, un impegno coerente.
I problemi che impediscono di valorizzare i risultati sull'inflazione e sui tassi di interesse sono noti: una spesa pubblica fuori controllo, la rigidità del mercato del lavoro, la necessità di un più alto e diverso livello di risorse per gli investimenti, per la formazione, per il sostegno alle piccole e medie imprese. I cittadini italiani hanno già compiuto rilevanti sacrifici senza poter constatare risultati corrispondenti sul piano della qualità dei servizi. Ora non possono più aspettare perché gli effetti di tali sacrifici diventano ancora più pesanti da sopportare se, anziché produrre la crescita dell'economia, inducono invece un aumento della disoccupazione. I tempi si fanno stretti e le scadenze europee si avvicinano rapidamente. Noi vogliamo evitare un ulteriore declino della nostra economia, che purtroppo si intravede in questi mesi. Il provvedimento in esame, come ha fatto emergere il dibattito svoltosi anche in quest'aula, lascia aperte tutte le grandi questioni; contiene una serie di misure sulle quali, con la fiducia che è stata posta, ci è stata negata la possibilità di un adeguato confronto. È vergognoso che la Camera dei deputati sia ridotta ad una funzione puramente notarile. Per questo vogliamo denunciare al Governo che la sua politica dei piccoli passi, del quotidiano sopravvivere, della completa incoerenza rispetto agli impegni elettorali, non ci porterà lontano.
Il Governo aveva dichiarato - soprattutto il Presidente del Consiglio - che avrebbe fatto l'impossibile per entrare fin dall'inizio nella moneta unica europea.
Oggi possiamo dire che sul piano dell'aumento delle tasse il Governo ha mantenuto tale impegno, venendo invece meno ad un progetto coerente per quanto concerne il contenimento della spesa pubblica. L'obiettivo di Maastricht può essere raggiunto soltanto se si mette mano ad una profonda e radicale riforma dello Stato sociale senza rinunciare alla tutela dei soggetti deboli, ma sapendo valorizzare la famiglia come risorsa centrale del nuovo welfare state italiano. Su questo tema in particolare nelle dichiarazioni programmatiche il Presidente del Consiglio aveva assunto un impegno forte ma, dopo dieci mesi, non si intravede un progetto di vero sostegno alla famiglia, in carenza del quale nel nostro paese assistiamo pure ad un drammatico e progressivo calo demografico.
Realizzare i parametri di Maastricht significa prendere atto che i conti della previdenza vanno posti rapidamente sotto controllo per evitare l'esplosione del sistema previdenziale e per recuperare risorse agli investimenti; significa altresì sbloccare le privatizzazioni, che oggi purtroppo segnano il passo, ed è necessario affrontare con decisione il problema del mercato del lavoro incidendo senza altri ritardi sugli sprechi ancora rilevanti della spesa pubblica.
Sono queste, signor Presidente, le riflessioni che ci rendono molto preoccupati della situazione del paese e della sua possibilità di soddisfare i criteri di Maastricht; se non entriamo in Europa, domani


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avremo minori possibilità di far sentire la nostra voce, rischiando la nostra progressiva emarginazione. L'interesse generale del paese richiede una svolta urgente nella politica economica del Governo, che avvertiamo peraltro essere condivisa anche da esponenti della maggioranza.
Non vorremmo che il legame tra rifondazione comunista ed il Governo dell'Ulivo, nato per battere la coalizione di centro-destra con un patto di desistenza, diventi ora una mortale camicia di Nesso per il nostro paese, con sofferenze indicibili per gli italiani ma senza risultati concreti. A nostro giudizio il Governo deve uscire dall'ambiguità e deve dire con chiarezza al paese se gli obiettivi di Maastricht sono compatibili o meno con quelli di rifondazione comunista, se è possibile perseguire il risanamento dei conti pubblici del paese con questa maggioranza o se è necessario un diverso quadro politico per vincere la sfida di Maastricht.
Come cristiani democratici non siamo interessati alle altalenanti affermazioni di tutti coloro che un giorno affermano la necessità di un largo concorso di tutte le forze politiche per superare le gravi emergenze del nostro paese, salvo poi negarle il giorno successivo ribadendo all'attuale disomogenea e insufficiente maggioranza piena fedeltà. Chiediamo, come cristiani democratici, che sia superato questo teatrino da parte della maggioranza perché è indecoroso e soprattutto irriguardoso per gli italiani che da tempo affrontano onerosi sacrifici e vorrebbero quindi avere su Maastricht una risposta chiara e definitiva dal Governo. In caso contrario, sarebbe più dignitoso per tutti decidere, senza alcun ricatto, di andare alle urne e responsabilizzare i cittadini sul futuro del nostro paese.
Il convinto voto contrario dei cristiani democratici a questo provvedimento vuole pertanto essere un'ulteriore sollecitazione al Governo ed alla sua maggioranza perché superi questa situazione ed assuma una nuova e più alta responsabilità rispetto agli interessi veri dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

MARIO LANDOLFI. Chiedo di parlare per un richiamo agli articoli 59 e 61 del regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Ella poco fa ha richiamato all'ordine diversi deputati per il semplice fatto che - almeno così mi è sembrato - parlavano con alcuni colleghi. L'articolo 59 stabilisce testualmente che: «Se un deputato pronuncia parole sconvenienti oppure turba con il suo contegno la libertà delle discussioni o l'ordine della seduta, il Presidente lo richiama nominandolo».
Chiaramente posso sbagliarmi perché lei, Presidente, vede le cose dallo scranno più alto; mi sembra però che non sussistessero, almeno per quei colleghi che lei ha richiamato, le condizioni previste dall'articolo 59.
L'articolo 61 prevede poi che il Presidente sospenda la seduta, in caso di tumulto in aula, dopo reiterati richiami da parte della Presidenza.
Mi sembra, signor Presidente, che da parte sua vi sia stata un'interpretazione estensiva di questi due articoli.

PRESIDENTE. Vogliamo chiedere il parere all'onorevole Teresio Delfino che stava parlando in quel momento?
Le condizioni dell'aula in quel momento erano tali da non permettere assolutamente all'oratore di proseguire nel suo intervento! Ciascun deputato - e soprattutto un deputato dell'opposizione - ha diritto di parlare in un contesto di serenità. Quando ciò non gli viene consentito dall'Assemblea, in quanto le sue parole non possono essere ascoltate da nessuno, nemmeno dal Presidente che gli sta di fronte, è dovere del Presidente ricreare in aula condizioni tali per cui ciascuno - soprattutto se appartiene all'opposizione - possa esprimere la sua opinione in un clima sereno e tranquillo


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e possa essere ascoltato. Altrimenti l'opposizione non ha nemmeno lo spazio per esprimere le sue opinioni.
Mi stupisce che proprio da un deputato dell'opposizione sia venuto un richiamo del genere (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 10,55)

DANIELE MOLGORA. Signor Presidente, c'è da dire che dopo le dirette televisive del festival di Sanremo si pensava che qualcosa potesse cambiare ed invece la musica, in questa situazione, è rimasta sempre la stessa: o ci troviamo di fronte a montagne di tasse oppure, come in questo caso, ci troviamo di fronte al festival dell'aria fritta! Aria fritta a volontà, condita con elargizioni a piene mani verso i soliti «noti».
Con quale credibilità ci possiamo presentare agli altri paesi dell'Unione europea se, invece di ridurre il peso e il costo di questo Stato romano sull'economia, la maggior parte dell'intervento in discussione consiste nelle solite anticipazioni finanziarie di quindici giorni, esclusivamente per anticipare a dicembre del 1997 ciò che si dovrebbe incassare a gennaio del 1998? È il solito gioco delle tre tavolette a cui questo Governo ci ha abituati troppo spesso.
Quale credibilità offre questo Governo che prosegue sulla strada dei regali? I 2 mila 250 miliardi di sgravi contributivi al Mezzogiorno sono l'esempio più evidente, ma possiamo proseguire con quello relativo a Napoli, dove Bassolino si aggiudica, in questa strana lotteria, altri 25 miliardi perché evidentemente non sono bastati i precedenti cadeau relativi ai lavori socialmente utili, che negli ultimi sei anni ci sono costati - solo per Napoli - ben 730 miliardi (gli ultimi 135 miliardi nel 1996).
Ci troviamo dinanzi al solito atteggiamento di «attribuire» a piene mani le tasse pagate dai contribuenti della Padania al fine di ingrassare le solite clientele mafiose cui anche questo Governo fa riferimento (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ma non sono solo queste le clientele! Infatti nei meandri del grande capitale troviamo altre clientele o meglio altri clienti. Mi sto riferendo alla solita ben conosciuta famiglia Agnelli, maestra nel privatizzare utili da capogiro e nel socializzare costi stratosferici, dopo aver fruito di contributi, di sgravi e via dicendo. Ci troviamo dinanzi in questo caso - una volta di più - ad una leggina ad hoc.
L'unica norma vera è quella relativa all'immancabile aumento della benzina; da un lato, si favorisce l'acquisto di autovetture nuove, ma, dall'altro, si prosegue aumentando la benzina. Un aumento che, originariamente previsto per finanziare la spedizione in Bosnia, è stato prorogato come sempre avviene in occasione di ogni aumento di imposta. Si abbia almeno l'onestà di dire che tale aumento è definitivo e non che esso cesserà il 31 dicembre 1998!
Immancabile poi la proroga del concordato di massa per il 1994 e il prossimo aumento dei tabacchi. In questo disorganico «ammonticchiarsi» di disposizioni non poteva mancare l'ulteriore elargizione alle popolazioni nomadi della ex Iugoslavia. Sono stati 125 miliardi nel 1992, 50 nel 1994, 45 nel 1995, nel 1996 ne erano già stati stanziati 45 ai quali se ne aggiungono 29, nel 1997 saranno altri 45, per un totale di 339 miliardi. Si tratta di soldi che, guarda caso, vengono tutti gestiti dalle solite associazioni di volontariato tanto care alla sinistra e agli ex democristiani: questo è il modo migliore per mantenere apparati burocratici legati al loro entourage.
Alla fine il Governo, impegnato a fare regali a destra e a manca, ad inventare trucchi contabili da primo ragioneria, dimostra l'incapacità del sistema romano di toccare le spese produttive. Si continua sulla strada lastricata d'oro - oro prelevato dalla Padania - del Giubileo del duemila, del ripianamento delle perdite


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dell'Alitalia, invece di privatizzarla, dei 18 mila forestali della Calabria, delle false pensioni di invalidità, delle Olimpiadi del 2004, di Bagnoli, del terremoto del Belice eccetera, eccetera (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

GIANCARLO PAGLIARINI. Bravo!

GIACOMO STUCCHI. Bravo!

DANIELE MOLGORA. Intanto questo Governo di sinistra, così attento al sociale, così attento al federalismo, trova il modo di aumentare anche l'IVA sui farmaci, accollando la maggior spesa ai cittadini e alle regioni; proprio questo Governo che si dice così vicino al sociale.

GIACOMO STUCCHI. Governo ladro!

DANIELE MOLGORA. In mezzo al totale marasma delle finanza pubblica italiana si trova il coraggio di aumentare l'IVA sul gas metano al sud al 19 per cento - la stessa aliquota prevista per il nord - facendo però finta di dimenticarsi dell'imposta di consumo, che è largamente penalizzante per le popolazioni della Padania che pagano più del doppio rispetto al sud.
Il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania ha sempre, viceversa, evidenziato queste sperequazioni ai danni della Padania e ha sempre chiesto che l'equiparazione del trattamento fiscale sul gas metano mantenesse invariata la pressione fiscale globale sul settore. L'obiettivo sarebbe stato raggiungibile, fermo restando l'aumento dell'IVA al sud, riducendo l'imposta del consumo per le aree padane e innalzando allo stesso livello l'imposta del consumo per il sud. In tale modo si sarebbe raggiunta una pressione fiscale intermedia pari per tutte le aree. Invece, ancora una volta, l'Italia è divisibile.

DANIELE ROSCIA. È divisa!

DANIELE MOLGORA. Temiamo fortemente che questo Governo risarcirà il sud dell'aumento dell'IVA con altri interventi, ovviamente molto più costosi. Già sappiamo che vi è un disegno di legge sulla metanizzazione del Mezzogiorno, pronto per consentire l'elargizione di centinaia di miliardi.
Bisogna tuttavia ribadire che in questo provvedimento il rapporto tra regali ed imposte al sud è, come sempre, sbilanciato in favore dei regali.

GIACOMO STUCCHI. Babbo Natale!

DANIELE MOLGORA. Si tratta dunque del solito intervento di facciata che questo Governo non si esime dall'effettuare.
In conclusione, il provvedimento al nostro esame è un vero e proprio pateracchio: in esso si spaccia per grande amministrazione dello Stato quella che è semplicemente una vera e propria presa in giro. È un provvedimento inconsistente nelle entrate e molto consistente, invece, per quanto riguarda le maggiori uscite; un provvedimento - se vi erano dei dubbi - che non fa altro che allontanarci ancora di più dall'Europa. Pertanto ribadisco il voto contrario della Padania su questo provvedimento. (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

GIACOMO STUCCHI. Bravo! Padania libera!

GIANCARLO PAGLIARINI. Bravo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marzano. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARZANO. Presidente, onorevoli colleghi, il decreto di fine anno più che un pacchetto è una paccottiglia di disposizioni varie, talvolta con effetti di segno contrario sulla finanza pubblica, ma soprattutto prive di un disegno organico.
Il nostro paese è sotto osservazione e i mercati internazionali gli riservano attestati pesanti di sfiducia che si esprimono


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con la cessione dei nostri titoli pubblici e con il deprezzamento recente della nostra moneta.
Sono ben altre le misure di cui ci sarebbe bisogno, invece si continuano a varare interventi una tantum, consistenti nella anticipazione delle accise, si prorogano oneri che al momento della loro introduzione erano stati detti temporanei, si interviene ancora sui farmaci, colpendo un settore già in piena crisi per effetto della politica complessiva del Governo, e via seguitando con aumenti dei bolli, imposte di registro e balzelli vari.
Ognuno può giudicare quale tipo di messaggio si ricavi da questi interventi frammentari, non strutturali, che tradiscono impegni passati, che producono recessioni settoriali. Il Governo perde credibilità, come dimostrano in questi giorni i mercati dei titoli pubblici e delle valute, e all'interno esso perde credibilità perfino come bookmaker, perché stanno crollando anche gli acquisti dei biglietti delle lotterie pubbliche. In nessun modo gli aggiustamenti proposti possono essere interpretati come il segno di un cambiamento di rotta serio, strutturale e duraturo della politica del bilancio pubblico nel nostro paese.
In un provvedimento che dovrebbe produrre effetti di miglioramento della finanza pubblica non vi è traccia di misure volte ad eliminare gli sprechi dello Stato. Pensate che non ve ne siano più e che si sia raschiato il fondo del barile? Sarà, ma in quel fondo io intravedo ancora spese inutili, anzi, per l'esattezza, intravedo 550 enti inutili che costano varie centinaia di miliardi all'anno.
Invece si interviene con incentivi alla rottamazione, il cui proposito è quello di sostenere l'attività del settore automobilistico. Ma anche questo è un provvedimento che non risponde certo ad un intervento organico ed unitario di politica economica ed anzi confonde le cose. Perché si interviene su un settore, per quanto importante, piuttosto che su di un altro? E che relazione vi è tra un intervento di tale natura e i profusi riconoscimenti dei meccanismi delle economie di mercato, sui quali questo tipo di norme interferisce pesantemente?
In effetti, se c'è un eccesso di offerta di auto, il meccanismo di mercato dovrebbe essere quello di una riduzione del prezzo delle auto medesime e di un allungamento del credito agli acquirenti. Invece, un provvedimento di questo tipo impedisce che il prezzo delle auto diminuisca; in altre parole, dopo una politica di sostegno dei prezzi agricoli, questo paese passa ad una politica di sostegno dei prezzi automobilistici. E quale sarà l'effetto di questo intervento una volta raggiunta la scadenza della sua applicazione? Solo un crollo improvviso della domanda di auto. Perché non vi decidete piuttosto a «rottamare» gli enti inutili?
Il decreto ci offre, infine, altre prove di inettitudine governativa quando detta norme in materia di blocco degli impegni e di cosiddetto monitoraggio della spesa (articolo 8). È facile prevederne le conseguenze. Innanzitutto si ridurranno gli impegni relativi alle spese in conto capitale, in gran parte cioè spese di investimento pubblico che da oltre dieci anni vengono sistematicamente sacrificate. Si sta così trasformando grado a grado l'Italia in un paese che, sotto il profilo delle infrastrutture, assomiglia sempre più al terzo mondo.
In secondo luogo, si limitano i prelevamenti presso la tesoreria dello Stato. In altre parole, è possibile assumere impegni di spesa, ma poi non si dà luogo ai pagamenti. Ci si rende conto del fatto che così si raggirano le imprese che forniscono al settore pubblico beni o servizi? Si tratta di imprese che si indebitano contando sulla riscossione del dovuto e poi si trovano di fronte al blocco di tesoreria. Il rischio di fallimento dello Stato si trasforma così in rischio di fallimento delle imprese fornitrici dello Stato medesimo. È il contagio del fallimento pubblico.
È inutile osservare che, se il blocco della spesa riduce ovviamente il fabbisogno di cassa, fa però crescere i residui passivi, che sono pur sempre una forma di

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debito dello Stato quando si tratta, come nel caso, di residui propri e non di stanziamento. Una politica che fa crescere, sia pure surrettiziamente, il debito pubblico è forse una politica seria di risanamento?
Infine, con il collegato alla legge finanziaria si sollecitavano gli enti a finanza derivata a smaltire le giacenze di tesoreria perché, se queste non fossero calate al 20 per cento, non ci sarebbero stati più versamenti da parte dello Stato. Con il provvedimento odierno, invece, - «contrordine, compagni!» - si limitano le possibilità di smaltimento, vietando di prelevare dai conti oltre il 90 per cento del prelevato nel 1996. Vi è contraddizione tra questi interventi: gli enti ricevono incentivi di segno contrario che si annullano a vicenda perché il Governo non sa cosa vuole.
In conclusione ci troviamo di fronte ad un provvedimento raffazzonato, non strutturale, contraddittorio e mistificatorio; eppure questo Governo si è trovato di fronte ad una opposizione che ha dichiarato di voler anteporre l'interesse generale del paese rispetto a quello, pur legittimo, di limitarsi ad un'azione di contrasto. In questa occasione specifica abbiamo proposto in Commissione bilancio e nelle altre Commissioni miglioramenti che la stessa maggioranza ha riconosciuto validi nel merito, ma che ha rigettato al solo scopo di evitare che il provvedimento tornasse al Senato. La Camera esiste o siamo diventati, senza accorgercene, un Parlamento monocamerale?
Siamo dunque in totale disaccordo sul merito di questa cosiddetta «manovrina» di fine anno e sulle procedure seguite: l'inversione dell'ordine del giorno, il rigetto pregiudiziale degli emendamenti e, infine, il voto di fiducia. Avevamo il dovere di dichiarare la contrarietà di forza Italia, non potevamo certo limitarci a dire, di fronte a questo decreto: «vieni avanti, decretino»! Preannuncio quindi il voto contrario di forza Italia (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nesi. Ne ha facoltà.

NERIO NESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di rifondazione comunista ha avuto serie difficoltà a votare a favore di questo provvedimento per due ragioni di fondo. In linea generale perché siamo perplessi su questo modo di governare l'economia nazionale, un modo che si basa su dati di bilancio incerti, su continue richieste di nuove manovre senza una linea generale visibile, concreta, chiaramente identificabile. Per questa ragione eravamo favorevoli ad anticipare l'esame della legge finanziaria 1997-98.
Tutta la politica economica del Governo è dominata da un obiettivo ossessivo ed ossessionante: raggiungere parametri - quelli di Maastricht - scritti da tecnocrati irresponsabili, approvati da politici distratti o incompetenti. Un obiettivo dal quale tutti i paesi europei, escluso il Lussemburgo, tentano ora di prendere le distanze, aspettando tutti che sia la Germania a fare il primo passo. Avevamo avvertito da tempo, anche in via ufficiale, il Presidente del Consiglio ed il ministro del bilancio che la vera tassa per l'Europa non sarebbe stata quella approvata dal Parlamento ma la recessione che l'Italia sta vivendo.
In preda com'è all'ansia monetaristica, il Governo non sembra molto interessato ad affrontare questa che è invece la vera emergenza nazionale. Noi siamo, al contrario, convinti che sarà decisivo il modo in cui il nostro paese uscirà dalla recessione e che saranno ancora più decisivi il tipo e la qualità della struttura economica del paese che avremo fra due o tre anni. Tutto questo per quanto riguarda l'occupazione, lo Stato sociale, la rinascita del Mezzogiorno, l'assetto dei grandi gruppi industriali, commerciali e finanziari, le condizioni e le regole per la crescita delle piccole imprese, la giustizia fiscale, il funzionamento della pubblica amministrazione.
Vorrei dedicare una sola osservazione al sistema produttivo; un problema al


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quale il Governo non sembra dare grande importanza.
La situazione si è in questi mesi aggravata sotto tre aspetti e naturalmente si è aggravata la situazione dell'occupazione. Il primo: il processo di rivalutazione della lira ha assunto un andamento più rapido del previsto; le imprese si trovano ad affrontare d'un colpo il problema di una minore capacità concorrenziale all'estero.
Il secondo: tale aspetto si collega alla fase congiunturale di stagnazione che caratterizza tutta l'Europa.
Il terzo: il rapido rientro dall'inflazione, effetto della caduta della domanda, concorre a sua volta ad una caduta della domanda interna. Con il calo dell'inflazione diminuisce il tasso d'interesse corrisposto dallo Stato sul debito pubblico; lo Stato potrà risparmiare dai 20 mila ai 30 mila miliardi all'anno. Senonché lo Stato è indebitato - come è noto - quasi esclusivamente nei confronti dei risparmiatori nazionali. Diminuiscono così le entrate delle famiglie per un ammontare quasi pari al risparmio dello Stato. Le entrate delle famiglie sono state già fortemente penalizzate dall'imposizione diretta o indiretta, dalla diminuzione dei benefici dello Stato sociale e dal corrispondente accrescimento dei costi che le famiglie devono affrontare in modo diretto. La caduta, improvvisa e netta, del reddito prodotto dal risparmio accumulato crea una condizione di disagio grave, anche perché inattesa e non prevista.
Da tutto questo deriva la diminuzione della domanda. La diminuzione della capacità di concorrenza all'estero e la diminuzione della domanda italiana significano recessione! Ne è prova la diminuzione consistente dei livelli di produzione che vengono da noi denunciati in questi ultimi mesi.
Il Governo non si rende conto che occorre un grande piano per lo sviluppo del paese. Il Governo non si rende conto inoltre che occorre un grande piano per l'occupazione soprattutto nell'Italia meridionale; ed il rinvio sine die della conferenza nazionale per l'occupazione è prova di questa grave non conoscenza delle realtà da parte del Governo.
Vorrei svolgere una sola osservazione sulla parte del provvedimento in esame che riguarda le agevolazioni per l'industria automobilistica, che è la parte fondamentale sul piano politico del disegno di legge di conversione in esame. Fin dal momento in cui si cominciò a parlare di queste agevolazioni il nostro gruppo precisò la propria posizione; e lo fece nel modo più alto: con una mozione presentata il 22 dicembre scorso, che venne firmata da tutti i deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti.
In quella mozione - che non ha avuto purtroppo riscontro da parte del Governo - si impegnava l'esecutivo a subordinare ogni intervento di natura straordinaria a favore delle imprese automobilistiche ad alcune precise condizioni.
La prima: che venisse presentato un progetto di politica industriale che, partendo dall'evolversi della situazione dei trasporti di persone e di merci, definisse la struttura produttiva del settore per l'Italia.
La seconda: che il Parlamento venisse posto a conoscenza di quanto sono costati allo Stato gli aiuti alle industrie automobilistiche negli ultimi 10 anni, in termini di sgravi contributivi, cassa integrazione guadagni, pensionamenti anticipati, fondi per la formazione professionale, fondi per l'occupazione, contributi sui finanziamenti alle imprese industriali, contributi ad imprese per investimenti ad alto contenuto tecnologico, contributi ad imprese esportatrici, contributi ed investimenti sulla ricerca.
La terza: che le imprese automobilistiche mettessero a conoscenza il Governo ed il Parlamento della loro strategia per l'Italia.
Ricordo a questa Camera che ormai su 100 automobili di marche italiane ben 40 sono prodotte fuori dal territorio nazionale, che nei prossimi cinque anni queste 40 diventeranno 50 e che anche nelle 50

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macchine prodotte in Italia la parte componentistica non è più prodotta nel nostro paese.
La nostra mozione è stata trasformata al Senato in un ordine del giorno, che è stato accolto dal Governo come raccomandazione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa è la sola ragione che ci induce al voto favorevole, oltre alla coerenza con il voto di fiducia al Governo che abbiamo dato ieri. (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caveri. Ne ha facoltà.

LUCIANO CAVERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei esprimere in questa dichiarazione di voto, da una posizione di libertà che mi deriva dalla non appartenenza stretta ad uno schieramento, alcune riflessioni da un lato sul contenuto del decreto-legge, dall'altro sulla situazione politica che si sta delineando in queste ore.
Esprimiamo in particolare preoccupazione per questa sorta di blocco dei lavori parlamentari a cui stiamo assistendo, con il meccanismo perverso fiducia-ostruzionismo o ostruzionismo-fiducia, che tra l'altro rende assai difficoltoso il lavoro dei parlamentari: di fatto, la «blindatura» di questo provvedimento è diventata una sorta di strada obbligata rispetto alla certezza dei tempi derivante dall'impossibilità, sacrosanta, di ripresentare i decreti-legge una volta decaduti. L'augurio è che si possa tornare ad una situazione di normalità nei rapporti parlamentari tra maggioranza e opposizione per poter lavorare sui provvedimenti, cosa che non si è potuta verificare almeno in questo ramo del Parlamento proprio per l'obbligatorietà della scelta governativa di porre la fiducia.
Per quel che riguarda il merito del provvedimento, vorrei segnalare alcuni aspetti sui quali esprimiamo la nostra soddisfazione, ed altri che invece richiederanno talune precisazioni attraverso gli strumenti parlamentari che seguiranno al «decretone» di fine anno.
Un primo elemento di soddisfazione riguarda la disposizione presente al comma 3 dell'articolo 6, che corregge un'inesattezza presente nel provvedimento collegato alla legge finanziaria, relativa ai beni immobili situati nelle regioni a statuto speciale, cioè i beni immobili dello Stato che devono transitare nel demanio regionale.
Per quel che riguarda lo statuto della Valle d'Aosta - e questo è uno dei punti forti che caratterizzano lo statuto di autonomia - una sentenza della Corte costituzionale di alcuni anni fa ha riconfermato la validità di questa norma, che consentirà alla regione di ottenere tutti i beni immobili dello Stato che non sono più necessari come beni di interesse nazionale oppure di uso militare.
Sono lieto che questa disposizione sia stata approvata, anche perché dovrebbe accelerare i transiti di proprietà. Per fortuna è stato respinto l'ordine del giorno Frattini ed altri n. 16, che dava un'interpretazione restrittiva del comma 3 dell'articolo 6, escludendo di fatto il demanio militare che riteniamo sia invece importantissimo per le regioni a statuto speciale (penso alle caserme situate nella città di Aosta che, nel caso in cui non fossero più necessarie per i militari, sarebbero trasferite, in base a questa norma e a quanto previsto dallo statuto, direttamente al demanio regionale, consentendo l'utilizzo di quelle aree). Ci ha stupito, ripeto, la posizione del Polo, che in questo caso consideriamo gravemente lesiva dei diritti sanciti nello statuto della Valle d'Aosta.
Altrettanto positivo - e al riguardo devo ringraziare il sottosegretario Marongiu per il suo vivo interessamento - è stato il modo in cui è stata risolta la questione riguardante le case da gioco. Con la presentazione di un emendamento al Senato da parte del collega Dondeynaz - si tratta dell'articolo 10-ter - è stata risolta una questione già sollevata nella scorsa legislatura (era allora ministro delle finanze Fantozzi) concernente un rischio che pesava sulle quattro case da


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gioco italiane. Infatti, nel corso di un'inchiesta da parte della Guardia di finanza era stata data l'interpretazione in base alla quale si riteneva che le vincite nelle case da gioco dovessero essere assoggettate ad imposta; ciò avrebbe significato, nell'immediato, multe per centinaia di miliardi per le case da gioco ed anche una possibile chiusura dei casinò. Ebbene, l'articolo 10-ter definisce in maniera chiara il passato ed il futuro, prevedendo che non vi sia imposta sulle vincite, in parte tuttavia compensata da un aumento dell'aliquota dell'imposta sugli spettacoli.
Altrettanto positivo, anche se in minor misura, è il modo in cui sono state risolte alcune altre questioni nel «decretone», come, per esempio, quelle concernenti gli impianti a fune e le tasse di successione in zone di montagna, che oggi sono allargate anche alle frazioni di grandi comuni (è il caso, per esempio, di tutte le frazioni collinari di Aosta).
Restano però elementi sui quali esprimiamo, non avendo potuto vedere accolti alcuni emendamenti, talune perplessità. Mi riferisco in particolare al contenuto dell'articolo 8, del quale tante volte si è discusso anche nel corso dell'azione ostruzionistica svolta dai colleghi. Si tratta della questione della tesoreria unica e del limite del 90 per cento sulle spese mensili dello scorso anno. Non condividiamo tale meccanismo perché colpisce i parchi regionali, l'Istituto autonomo case popolari ed in particolare le aziende di promozione turistica; ciò creerà un caso, poiché non si tratta solo dell'appartenenza alla tesoreria unica - pur sempre discutibile secondo il punto di vista di un regionalista ed autonomista convinto - bensì del fatto che si impedisce ad enti strumentali delle regioni, quali appunto le APT, di poter operare concretamente. Ci auguriamo che nella «manovrina» che sta per essere varata tale questione possa essere risolta.
Ci auguriamo inoltre che una norma contenuta nel «decretone» di fine anno non crei confusione. Faccio riferimento all'articolo 10-bis ed alla lettera c-ter) del comma 1 dell'articolo 2, nei quali si torna sulla questione dell'iscrizione alla camera di commercio dei piccoli agricoltori i quali, lo dico per inciso, proprio con una modifica già intervenuta sono definiti tali nel caso in cui si collochino al di sotto dei 20 milioni di lire (non più, quindi, dei 10 milioni di lire). Dunque, dovrebbe intervenire un decreto ministeriale volto a stabilire per chi fra i piccoli agricoltori al di sotto dei 20 milioni sia facoltativa l'iscrizione. Resta scontato il fatto che, per fortuna, il Senato sta per varare una «leggina» sulle camere di commercio in cui si stabilisce che l'iscrizione sarà facoltativa per tutti coloro i quali siano al di sotto dei 20 milioni. Si renderà allora necessario - lo dico al rappresentante del Governo - rivedere l'articolo 2, comma 177, del provvedimento collegato alla finanziaria là dove, ai fini dell'accesso dell'esercente attività agricola ai contributi previsti dall'ordinamento nazionale e comunitario, è prevista l'iscrizione alla camera di commercio, prima obbligatoria ed ora facoltativa. Pertanto, non si potrà più operare una discriminazione nei confronti dei piccoli agricoltori. Ci auguriamo che tale punto venga definito meglio.
Concludo con alcune notazioni di natura più politica. Noi, con la correttezza che credo debba esserci riconosciuta dal Governo, abbiamo votato la fiducia e ci apprestiamo a farlo anche nel caso dovessero seguirne altre, anche se - lo ripetiamo - auspichiamo che possa essere ripristinato un clima di dialogo che consenta di tornare ad un esercizio ordinario dell'attività parlamentare.
Segnaliamo tuttavia al Governo alcune preoccupazioni rispetto ai ritardi che verifichiamo nell'approvazione delle norme di attuazione dello statuto e nel lavoro della commissione paritetica Stato-regione su temi per noi cruciali, come ad esempio le «quote latte», la regionalizzazione degli uffici del lavoro e la questione dei segretari comunali, che deve essere attribuita alla competenza esclusiva dell'ordinamento degli enti locali. Notiamo un preoccupante ritardo anche per quanto riguarda l'emanazione del previsto decreto ministeriale sul parco del Gran Paradiso; siamo inoltre preoccupati per i ritardi che

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si registrano complessivamente in relazione alla modernizzazione ed alla smilitarizzazione della ferrovia Chivasso-Aosta; e seguiamo con attenzione le problematiche relative alle privatizzazioni, con particolare riferimento allo smantellamento dell'Enel. Ciò infatti farà diventare l'energia elettrica un bene liberalizzato nell'alveo, nel nostro caso, dello statuto di autonomia, che assegna grandi ed importanti competenze alla regione, fatte salve anche dalla legge che ha previsto la nascita dell'authority specifica sull'energia. Ma privatizzazione significa anche ipotizzare un futuro per il ramo autostradale che collega per esempio Aosta ed il Monte Bianco e per lo stesso traforo del Monte Bianco.
Se dunque da un lato siamo lieti del fatto che si sia avviata la stagione delle riforme, da noi sempre auspicata - partecipa tra l'altro ai lavori della Commissione un senatore valdostano -, ciò non significa che non si intenda continuare a seguire il rapporto ordinario fra parlamentari valdostani e Governo. Vigiliamo affinché il nostro voto non sia, per così dire, un voto a perdere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Targetti. Ne ha facoltà.

FERDINANDO TARGETTI. Presidente, onorevoli colleghi, con la conversione in legge del decreto-legge n. 669 si attua il quarto passo di un complesso iter iniziato con la manovra del giugno scorso. L'effetto sulla finanza pubblica di tale decreto-legge dovrebbe comportare circa 4.300 miliardi e dovrebbe protrarsi nei prossimi due anni per una cifra di 5 mila miliardi di lire. La manovra complessiva di finanza pubblica assomma, quindi, ad un importo di quasi 80 mila miliardi che, anche al netto di operazioni di tesoreria, comporta uno sforzo secondo solo alla manovra Amato, con la differenza che allora si diminuiva un bilancio pubblico assai pingue, mentre oggi si deve far perdere peso ad un bilancio assai più magro e, quindi, lo sforzo richiesto è assai maggiore. Lo dimostra il fatto che, grazie a questa manovra complessiva, il nostro bilancio pubblico dovrebbe raggiungere quest'anno tra il 6 e il 7 per cento di avanzo primario, ponendosi tra i bilanci più virtuosi d'Europa.
Una manovra di tale rilevanza è stata accettabile a motivo della sostanziale equità che è riuscita a garantire. È naturale, peraltro, che una manovra di simile entità non possa non avere effetti restrittivi sulla domanda interna per consumi, come notato dall'opposizione e dall'onorevole Nesi. Nessuno di noi crede che la riduzione del debito ottenuta attraverso un avanzo primario abbia effetti nulli sul livello del reddito. Si pone tuttavia un problema di sentiero di crescita del reddito. L'obiettivo è quello di spostarsi da una crescita «tirata» dal disavanzo pubblico, che pone problemi di instabilità finanziaria di lungo periodo, ad una crescita dovuta ad esportazioni ed investimenti indotti da minori saggi di interesse. Su questo terreno ci siamo già posti, considerando la diminuzione dell'inflazione al 2,4 per cento tendenziale e la caduta del differenziale inflazionistico e dei saggi a lungo termine tra l'Italia e la Germania, differenziale che è al livello più basso da cinque anni a questa parte.
Il saggio di crescita del reddito per il 1997 sarà tuttavia superiore alle fosche previsioni che si sono fatte in quest'aula da parte dell'opposizione. Infatti, i maggiori centri di previsione economica stimano il saggio di crescita non già inferiore all'1 per cento, ma tra l'1 e il 2 per cento: insufficiente certo per consentire un'apprezzabile crescita dell'occupazione, ma che indica il segno di una ripresa.
Certo è che tale sentiero può essere reso impervio se il patto di stabilità dei paesi aderenti all'Unione europea si dovesse manifestare insensibile ai problemi di espansione della domanda interna europea e se dovesse prevalere l'idea che una maggiore occupazione europea possa essere conseguita solo attraverso la ricerca di maggiore flessibilità nel mercato del lavoro.


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D'altra parte, l'Italia può contribuire ad un diverso indirizzo della politica economia europea solo se si presenta ai propri partner con un bilancio pubblico non dissimile da quello da questi presentato. In quest'ottica si inserisce anche la conversione in legge del decreto oggetto di discussione. In particolare tale decreto si qualifica per interventi volti sia ad un aumento di entrata, di natura tale da non ingenerare un aumento dei prezzi, sia allo stimolo di settori produttivi ad elevato effetto moltiplicatore, come l'edilizia ed il settore automobilistico.
Il decreto in questione si qualifica per una manovra sull'IVA ad ampio raggio, che ha un triplice obiettivo: recupero di evasione; riduzione di aliquota in alcuni settori - in particolare la riduzione dal 19 al 10 per cento dell'IVA sulle spese per la manutenzione - ed il recupero di immobili e la riduzione dal 10 all'1 per cento dell'imposta di registro per l'acquisto di fabbricati di categoria A effettuata da imprese immobiliari.
Queste misure, accolte con soddisfazione dagli operatori del settore, esplicano effetti di stimolo alla ripresa dell'attività economica di questo importante comparto ed effetti che favoriscono la mobilità delle persone. Sono inoltre previsti introiti dalla benzina «verde» che non incideranno sul prezzo della benzina stessa, poiché non sono altro che proroghe di imposte già in essere.
Il decreto prevede poi la destinazione di più di 2 mila miliardi per sgravi contributivi nel Mezzogiorno. La misura ha finalità espansive e, nello stesso tempo, è mirata a non peggiorare la situazione occupazionale nell'area del paese a maggior tasso di disoccupazione.
Sempre per finalità espansive è previsto poi un impegno di circa 160 miliardi per incentivare l'acquisto da parte di chi porta a rottamazione il proprio veicolo. Questa manovra ha già cominciato a manifestare la sua efficacia, stando alle recenti notizie dell'assunzione alla FIAT a tempo determinato di mille persone al sud e di mille al nord, che si aggiungono a più di 400 assunzioni a tempo indeterminato localizzate in impianti siti nel Mezzogiorno.
Convengo con quanto affermato in alcuni interventi dell'opposizione che questa misura per sua natura non può che avere effetti temporanei, in quanto non fa che anticipare decisioni di spesa che sarebbero state altrimenti diluite nel tempo. Tuttavia, si è dimostrata un'efficace misura controciclica, perché l'accelerazione della vendita di autoveicoli ha registrato effetti espansivi in un anno, il 1997, che, come si diceva, presenterà una crescita economica che necessita di misure di sostegno. Questa misura, quindi, manifesta i suoi effetti al momento giusto ed a basso costo per l'erario, a differenza della misura di sostegno dell'economia varata negli anni scorsi, nota come legge Tremonti, che è costata parecchio all'erario e che ha prodotto degli effetti che sono stati prociclici, accelerando gli investimenti nell'anno in cui già crescevano spontaneamente.
Infine, sono da considerare consistenti misure di anticipo di pagamenti che non gravano sul reddito disponibile e sulle decisioni di spesa dei contribuenti: queste misure di anticipo riguardano soprattutto le accise sugli olii minerali. Si tratta di disposizioni che, come ha ricordato il sottosegretario Marongiu, ci pongono nelle condizioni degli altri paesi europei.
Errato sarebbe sostenere che questa manovra ha effetti deflazionistici, perché nell'ambito dell'obiettivo di contenimento del disavanzo si sono intraprese misure la cui valenza è senz'altro di segno espansivo su reddito ed occupazione ed altre che non hanno effetto restrittivo, in quanto consistono in puri anticipi di pagamenti.
Sarebbe anche scorretto attribuire alla complessiva manovra un eccessivo ricorso alla contabilità creativa, dato che altri paesi dell'Unione europea hanno fatto ricorso a questa pratica in modo più massiccio di quanto non sia avvenuto in Italia. D'altra parte, il recente esame Eurostat della contabilità pubblica italiana è stato più che soddisfacente.

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Ciò non significa che il percorso di riduzione del disavanzo pubblico che consente al nostro paese di essere tra i membri fondatori dell'unione monetaria europea sia concluso. Su questo terreno ci aspettano ancora appuntamenti impegnativi. È forse opportuno considerare l'eventualità di non ritardare il momento in cui le relative misure dovranno essere intraprese. Considerando che la pressione fiscale ha raggiunto il livello medio europeo (sebbene questo non sia un limite invalicabile, soprattutto da parte di chi ha un grave fardello di debito pubblico), è opportuno non appesantire famiglie ed imprese con un prelievo fiscale ulteriore. È quindi necessario considerare l'opportunità di un contenimento delle uscite. Se misure di riforma strutturale devono essere intraprese per garantire un equilibrio di bilancio pubblico duraturo nel tempo, quindi, esse devono essere assunte con coraggio quanto prima.
In futuro, le manovre intraprese a cominciare dal 1992 - ed in particolare nel biennio 1996-97 - saranno oggetto di un inequivocabile giudizio positivo, come manovre che avranno invertito una pericolosa tendenza sulla quale si era incamminato il nostro bilancio pubblico.
Mi sia consentita un'ultima osservazione sull'iter del decreto in esame. In questo ramo del Parlamento abbiamo patito - come altre volte - il fatto che, essendo il decreto giunto in quest'aula in seconda lettura ed essendo prossimo ad una scadenza divenuta improrogabile dopo la nota sentenza della Consulta, non si sono potuti accettare emendamenti in Commissione ed il Governo è dovuto ricorrere alla fiducia. Come giustamente ha osservato il relatore Agostini, questa necessità non è stata un'offesa all'opposizione (giacché essa ha potuto manifestare le proprie posizioni durante la discussione dello stesso provvedimento al Senato), ma è piuttosto la prova ulteriore delle crescenti difficoltà che presenta un bicameralismo perfetto come il nostro.
Nell'esprimere, quindi, un voto favorevole alla conversione in legge del decreto n. 669 del 1996, avanzo l'auspicio che l'attività della Commissione bicamerale proceda in modo spedito e fattivo, affinché il nostro futuro lavoro parlamentare possa risultare più fruttuoso (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, anche per ampliare un po' i temi specifici su cui si è discusso, vorrei fare riferimento a quanto ci dicono i giornali di oggi.
Un paio d'anni fa il sindaco di Napoli annunziò con grancassa l'emissione di 195 milioni di dollari in BOC (buoni ordinari comunali). All'epoca il cambio era di 1.538 lire ed il rischio di cambio del 2,3 per cento. Oggi il dollaro si trova a quota 1.668 ed il limite previsto per il rischio di cambio è saltato: se il comune dovesse rimborsare oggi i buoni ordinari emessi, subirebbe - con il cambio attuale - una perdita patrimoniale fra i venti e i ventidue miliardi.
È un'altra considerazione che dobbiamo aggiungere a quelle che, a varie «ondate», abbiamo svolto - come opposizione - in merito al decreto-legge n. 669. Accanto al debito pubblico ufficiale (quello del Tesoro: 2.200.000 miliardi) si stratificano altri debiti, che vanno ad aggiungersi ad esso. Il decreto in esame ne è un monumento: c'è il citato debito dei comuni e c'è il futuro debito regionale (i BOR emessi o in emissione dalle regioni), che comunque lo Stato dovrà garantire. E quando il signor Bassolino dovrà rimborsare questa sua emissione, probabilmente si troverà di fronte ad un rischio di cambio cresciuto. Spero che in quell'occasione a Napoli i consiglieri comunali del mio partito lo ricorderanno nell'aula consiliare.
Lo stesso decreto-legge n. 669, bloccando gli impegni e i tiraggi di tesoreria, crea altre forme di indebitamento. Non vi è dubbio, infatti, che non pagare il 40 per cento degli impegni assunti nel bilancio


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statale 1997 significa scaricare sul 1998, sul 1999 e sugli anni successivi una serie di residui passivi che sono un'ulteriore forma di indebitamento dello Stato. Non dobbiamo poi dimenticare l'indebitamento dell'INPS e quello del Servizio sanitario nazionale. Qualche settimana fa il sottosegretario per il tesoro, intervenendo in Commissione bilancio, ha detto che non poteva ancora fornirci per il 1996 dati sicuri sui disavanzi delle USL e del sistema sanitario regionale per mancanza degli stessi e che si riprometteva di fornirceli per la prossima trimestrale di cassa. Non conosciamo ancora, quindi, il vero disavanzo di fine 1996; anche gli aggiustamenti fatti con la benedizione dell'Eurostat, per cui si è scesi da 138 mila 500 miliardi a 127 mila miliardi, mantengono il rapporto disavanzo-PIL intorno al 6,8-7 per cento (qualche giornale, tra l'altro, parlava alcuni giorni fa di un'aggiunta di altri mille miliardi al disavanzo finora calcolato).
Abbiamo quindi una prospettiva di indebitamento e di appesantimento del disavanzo pubblico tutt'altro che tranquillizzante. Basti pensare che, anche nell'ipotesi in cui a fine 1996 il rapporto debito-PIL fosse del 7 per cento, in un anno dovremmo scendere dal 7 al 3 per cento per rispettare Maastricht. Non so, colleghi, come tale rapporto riuscirà a diminuire di 4 punti, specialmente (mi dispiace dover disilludere l'onorevole Targetti) se il PIL del 1997 non crescerà dell'1,2 per cento, ma dello 0,9 per cento. Invito l'onorevole Targetti a compiere una lettura attenta delle previsioni dei venti istituti internazionali di previsione, che parlano proprio in questi giorni di una crescita del PIL italiano dello 0,9 per cento e, ahimè, di una ripresa dell'inflazione a fine anno del 3 per cento. Tutto questo perché, crescendo il cambio del dollaro, cioè svalutandosi la lira rispetto a tale moneta, dal momento che siamo un paese trasformatore di materie prime, avremo una bolletta petrolifera e, in genere, un aumento del costo delle materie prime importate molto consistente, a fronte di una ripresa dell'economia americana che fa prevedere non un calo dei tassi di interesse ma probabilmente una crescita degli stessi o, quanto meno, un mantenimento al livello attuale. Il ministro Ciampi potrà forse invocare lo stellone italiano, ma è probabile che non avrà la soddisfazione di veder calare stabilmente i tassi internazionali per ridurre il servizio del nostro debito pubblico!
Abbiamo quindi un insieme di condizioni che «contornano» il decreto-legge n. 669, il quale si aggiunge alla manovra finanziaria per il 1997 (tra l'altro con una distanza di otto giorni tra l'approvazione del bilancio di previsione 1997 e l'adozione del decreto di fine anno), con una serie di provvedimenti di tipo recessivo. Altri colleghi, intervenuti prima di me, hanno ricordato il blocco degli impegni al 40 per cento rispetto al livello previsto complessivamente dal bilancio (che ho ricordato essere stato approvato pochi giorni prima dell'adozione di quest'ultimo decreto) e il contenimento drastico e rigido dei conti e dei tiraggi di tesoreria, che nemmeno l'ordine del giorno Pampo ed altri, da noi difeso strenuamente ieri, consentirà di attenuare, perché il meccanismo delle deroghe non sarà esteso agli istituti autonomi case popolari, ma sarà rigidamente controllato dal Tesoro, il quale non so come riuscirà a controllare le richieste di deroga di 15-16 mila enti, che hanno l'obbligo di detenere i loro fondi presso la tesoreria unica.
Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione estremamente critica e incerta, perché vi è una crescita del PIL ridotta e sappiamo che la riduzione del rapporto disavanzo-PIL non è data soltanto dal calo del disavanzo, ma anche dalla crescita del PIL. Se noi tentiamo di ridurre il disavanzo ma si riduce il PIL, il rapporto non si modifica.
Vi sono poi alcuni provvedimenti veramente assurdi come l'incentivo alla rottamazione delle auto e le sbandierate duemila nuove assunzioni (peraltro a tempo determinato) da parte della FIAT. L'incentivo decadrà il 30 settembre e probabilmente nel mese di ottobre potremo vederne le conseguenze, constatando

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che il mercato delle auto è un mercato di solo rinnovo, non di crescita della domanda. Poiché siamo un paese a basso tasso di natalità ed a crescita di popolazione rallentata fra l'altro con reddito spendibile in calo, anche la crescita della domanda di auto rappresenta solo un rinnovo a fronte delle auto rottamate. Dopo il 30 settembre questo provvedimento cesserà sostanzialmente di esistere e registreremo l'effetto che già si è avuto in Francia. Non inventiamo nulla e basta considerare quanto è avvenuto in quel paese, dove alla cessazione degli incentivi per l'automobile è seguito un crollo del mercato. I duemila assunti oggi alla FIAT potranno, dunque, diventare duemila cassaintegrati a partire da ottobre-novembre.
Signori deputati, colleghi, Presidente, siamo di fronte al gioco delle tre carte cui ci ha abituati questo Governo, a partire da quella manovra di 32.500 miliardi che dans l'espace d'un matin, anzi, nello spazio di una notte, col ritorno in Italia del Presidente Prodi dalla sua trasferta in Spagna è improvvisamente raddoppiata, per un colpo di bacchetta magica, a 62.500 miliardi. Il gioco delle tre carte non risolve però i problemi, non affronta i dati strutturali della spesa che incidono effettivamente sulla crescita del disavanzo. Vorrei ricordare che quel milione di persone portate in piazza nel 1994 dalla triplice sindacale probabilmente non sapeva allora che sarebbe stato tassato oggi sulle pensioni con la prossima manovra primaverile, mentre voleva difenderle in quel momento e probabilmente non sarà capace di difenderle nel 1997 (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il voto contrario del gruppo dei cristiani democratici su questa manovra è facilitato dal contesto di assoluta confusione in cui si colloca rispetto alla politica governativa, o, meglio, a quella che dovrebbe essere una politica governativa per risolvere il problema del deficit pubblico e per far rientrare l'Italia nei parametri di Maastricht. Lo scontro sulla finanziaria è stato forte. È ormai evidente che tale manovra, i cui effetti i cittadini cominceranno a pagare nei prossimi mesi, non ha risolto alcun problema strutturale della spesa pubblica. Ci troviamo a dover votare una manovra correttiva e sui giornali di questa mattina leggiamo di un altro drammatico confronto in essere all'interno della maggioranza, per un'altra manovra che si annuncia come indispensabile per 10, 15, 20 mila miliardi (come al solito siamo di fronte ad un balletto di cifre).
Anche su questa manovra aggiuntiva, a quanto pare, la maggioranza brancola nel buio. Non esiste, come abbiamo ascoltato questa mattina dal collega Nesi, alcuna concordanza né sui contenuti né sugli obiettivi. Il collega Nesi ha addirittura ripetuto questa mattina in aula che per rifondazione comunista è da contestare alla radice la politica del Governo di voler entrare in Europa nel gruppo dei paesi di testa nei tempi prestabiliti da Maastricht. È evidente che vale per la finanziaria, vale per questa manovra di fine anno, vale per la preannunciata manovra: il Governo non ha una strategia e si presenta in Parlamento con provvedimenti più o meno raffazzonati. I cittadini forse non lo sanno, perché saranno gli operatori che, andando a leggere il decreto del Governo, scopriranno che in esso ci sono norme in materia di lotterie, di concorsi pubblici, di funzionamento dei consigli comunali, di sfollati della ex Iugoslavia e una miriade di norme tributarie di limatura che, oltretutto, rappresentano ulteriori complicazioni rispetto alla promessa semplificazione del sistema fiscale italiano. Sì, certo, c'è la novità politica di rilievo rappresentata dalla rottamazione, sulla quale chiederei al Parlamento una riflessione.
Stanno fallendo tutti i consorzi agrari italiani: cinquanta sono in liquidazione e ne sopravvivono venti; hanno da vent'anni un credito nei confronti dello Stato liquido, esigibile, certificato dalla Corte dei


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conti, di mille miliardi che è già nei loro bilanci e che hanno già speso da anni ma che lo Stato non restituisce loro. Il Governo non ha fatto un decreto per restituire questi soldi a chi ne ha diritto, ha fatto però un decreto-legge per regalare non so quanti miliardi al sistema automobilistico sotto forma di premi. Allora è una strana politica quella che fa fallire i consorzi agrari che sono creditori, la cui liquidazione comporta che i produttori agricoli, che hanno depositato grano e denaro, verranno penalizzati, mentre graziosamente il Governo regala finanziamenti alle aziende automobilistiche.
Vedo che il sottosegretario scuote la testa: vada a guardare cosa è successo negli ultimi mesi e vedrà che sui consorzi agrari è stato presentato un disegno di legge in Consiglio dei ministri e si metta nei panni di uno dei produttori agricoli la cui azienda fallirà perché uno Stato per il quale ha anticipato del denaro e che riconosce di doverglielo, non glielo restituisce, mentre contemporaneamente fa un regalo ad altri. Poi gli agricoltori fanno i blocchi stradali per le quote latte: può darsi che scenderanno in piazza anche nel momento in cui vedranno le loro aziende andare in rovina per chiedere al Governo ragione di queste inadempienze!
Questo è solo un esempio delle contraddizioni contenute in questo decreto. La verità drammatica è che non c'è una politica economica del Governo: sfido chiunque, dal Presidente del Consiglio Prodi al ministro del tesoro Ciampi, a venirmi a spiegare questa mattina la logica dell'inserimento di questo decreto di fine anno fra la finanziaria e la manovrina di cui la maggioranza sta discutendo in questi giorni. Qual è il filo conduttore? L'unica cosa che mi sembra chiara è che il Governo non è in grado di affrontare il problema strutturale della spesa pubblica.
Leggiamo che andrà a prelevare una quota delle pensioni già in essere, che è la manovra più odiosa e inaccettabile che un Governo possa fare. Ricordo al Governo ed alla maggioranza che nel 1994 il Governo Berlusconi aveva presentato una riforma pensionistica che aveva come presupposto che non si toccasse una lira delle pensioni in essere, perché chi è andato in quiescenza vive della sua pensione e ci fa affidamento. Un conto era ristrutturare il sistema pensionistico per il futuro, allungando l'attività lavorativa per adeguarsi alla media europea, perché riguardava persone che hanno un posto di lavoro. Si dava certezza ai pensionati e si ritoccava in senso strutturale il sistema.
Questo Governo fa esattamente il rovescio: si rifiuta, ricattato da rifondazione comunista e dal sindacato, di ristrutturare il sistema previdenziale; quindi in Italia, anche in questo momento, si continua ad andare in pensione a quaranta-cinquanta anni. Nel contempo vengono rapinati i pensionati di una quota della loro pensione. Quindi trasferisce i soldi dal pensionato a chi, a cinquant'anni, va ad aggiungersi alla grande massa di 22-23-24 milioni di pensionati che già ci sono in Italia. Mi sembra che sia questa la situazione!
Nel momento in cui il Governo e la maggioranza ci chiedono di votare questa manovrina di fine anno, vorrei sapere da loro cosa pensino di fare per risolvere, non dal punto di vista dei prelievi straordinari o estemporanei, il problema della spesa pubblica in Italia. Non è una domanda da poco!
Di una tantum in una tantum può anche darsi che deprimendo l'economia italiana, facendo crollare i consumi, restando in una situazione deflazionistica, si arrivi anche a far quadrare per un istante i conti. Ammesso anche che in maniera fortunosa, più morti che vivi, si arrivi in Europa senza aver corretto la spesa strutturale, mi spiegate come ci rimaniamo? Con ulteriori prelievi straordinari? Con ulteriori prelievi sulle pensioni? Con ulteriori tasse per l'Europa, che rischiano di diventare non straordinarie ma annuali? In definitiva, con un'ulteriore pressione fiscale?
Se non si va nella direzione di una ristrutturazione della spesa pubblica, sembra

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essere questa l'unica speranza che ha il Governo per rastrellare fondi al fine di far quadrare i conti.
È chiaro quindi che noi siamo decisamente contrari a questo decreto in quanto è della serie «viviamo alla giornata».
Poiché penso di avere ancora qualche secondo da spendere...

PRESIDENTE. Cinquantacinque secondi!

CARLO GIOVANARDI. ...vorrei dire che noi siamo preoccupati non soltanto del contenuto di questo decreto.
Siamo qui, in questa settimana, a fare il nostro dovere di opposizione nei confronti di un altro provvedimento (quello sull'autotrasporto), con il quale il Governo e la maggioranza hanno dimostrato di essere svelti quando si tratta di fare regalie alle cooperative rosse e alla CGIL!
Il Parlamento è bloccato da un Governo che dinanzi a provvedimenti simili o del tipo di quello cosiddetto delle mille proroghe, che ha dovuto far «saltare», si preoccupa invece, con emendamenti come quello della scorsa settimana, di disattendere accordi contrattati con gli autotrasportatori e con un emendamento a sorpresa, presentato in aula, di cercare di far arrivare dei soldi alle sue organizzazioni collaterali. E su questo sacrifica quindici giorni di lavoro parlamentare! Ebbene, ci sacrificheremo anche noi, perché voteremo contro questo decreto che non risolve i problemi di questo paese e saremo vigili in Parlamento per evitare ulteriori problemi relativi alla spesa pubblica e ulteriori scelte partigiane del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Danese. Ne ha facoltà.

LUCA DANESE. Credo che molte cose siano state dette e quindi si rischia di essere ripetitivi. Tuttavia, ritengo che alcune considerazioni vadano fatte rispetto al modo con cui il Governo viene regolarmente dinanzi al Parlamento, prima in Commissione e poi in aula, a chiedere su questi temi e sulla sua azione legislativa fiducia e solidarietà.
È una situazione curiosa quella in cui ci troviamo, perché il Governo, in questi mesi, con le manovre messe in atto è andato avanti in modo altalenante.
Presso le Commissioni riunite bilancio e finanze, il Governo è venuto a dirci di non essere in grado di fornirci dati certi sull'ammontare del disavanzo fino a quando non fossero noti i risultati della trimestrale di cassa; conseguentemente non poteva esprimersi riguardo all'eventualità di una manovra aggiuntiva. Ma subito dopo, senza attendere cioè quei dati (Armani ha fatto bene a ricordare l'incidenza che su di essi ha l'ammontare del debito degli enti decentrati: comuni, regioni, unità sanitarie locali; a tale riguardo sappiamo bene che esiste un debito sommerso che prima o poi rischia di mandare in aria tutte le previsioni), è stata presentato un'ulteriore manovra.
Qui dobbiamo però discutere del contenuto della manovra di fine anno. Quella in cui ci troviamo è una situazione assurda; l'impressione è che si voglia continuamente sfogliare il carciofo per non far apparire la gravità complessiva della situazione.
Abbiamo un decentramento fiscale più volte annunciato e propagandato anche attraverso le misure previste nella manovra finanziaria che stenta a prendere corpo e che difficilmente potrà dare risultati, perché le regioni e i comuni non sono in grado di gestire l'autonomia tributaria che viene loro concessa. Si pensi all'assurdità di affidare la previsione dell'aumento della benzina alle regioni, senza che esse abbiano capacità di controllo e di erogazione di sanzioni. Si pensi all'assurdità di misure che incidono sul bilancio di questi enti per poche centinaia di miliardi rispetto alle migliaia di miliardi di spesa complessiva. Nella regione Lazio, il cui bilancio è di 24 mila miliardi, il gettito derivante dall'aumento della benzina sarebbe davvero poca cosa (meno dell'1 per


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cento). C'è quindi una situazione che si scontra con l'irrealizzabilità delle proposte che il Governo avanza.
Resta del tutto oscuro il capitolo delle privatizzazioni. Tutte le volte che, nelle varie sedi, si sono chieste maggiori certezze riguardo al piano del Governo e soprattutto riguardo all'ammontare previsto di maggiori entrate derivanti dal piano di privatizzazioni ci è stato risposto che ciò era ininfluente, perché le somme andrebbero a ridurre il debito. Si tratterebbe dunque di una nebulosa che non necessita di chiarezza.
A mio giudizio, poi, vi è una situazione esplosiva riguardante il bilancio delle banche. L'allarme lanciato da Fazio in varie circostanze lascia presagire che prima o poi la situazione esploderà realmente. Non a caso il Governo ha preso coscienza che nei prossimi mesi uno dei problemi principali sarà quello di consentire la riduzione del costo del lavoro all'interno del sistema bancario. Essa non può che verificarsi a seguito dell'adozione di strumenti legislativi che consentano realmente alle banche di avviare una programmazione del turn-over e dei prepensionamenti, che oggi non è loro consentita. Attualmente le banche non possono, anche qualora lo vogliano, versare i contributi ad un dipendente che volessero mandare in pensione con cinque anni di anticipo.
Occorre non solo prendere coscienza, ma intervenire in modo serio per favorire il miglioramento della situazione. Sappiamo che il problema è esplosivo, soprattutto nelle regioni meridionali, e non potrebbe essere altrimenti visto che la politica del Governo è quella di strozzare ulteriormente le imprese che lavorano con la pubblica amministrazione e con gli enti locali, le quali aspettano i pagamenti, che una volta erano garantiti ma che attualmente non vengono effettuati neppure dopo sei, sette, otto mesi di attesa. Basti pensare alla misura prevista nel decreto di fine anno relativa al blocco degli impegni di spesa e, soprattutto, alla riduzione del tiraggio dei fondi in tesoreria.
Del resto a tale riguardo Fazio è stato chiaro: ha detto che, se improvvisamente dovessero verificarsi tiraggi eccessivi e si dovesse prelevare in parte o integralmente l'ammontare della giacenza di tesoreria, il sistema esploderebbe improvvisamente e la situazione diverrebbe incontrollabile. Da qui l'esigenza, paradossale, da un lato, di accelerare la spesa (problema che si pongono soprattutto le amministrazioni locali che vengono accusate di non saper utilizzare i fondi stanziati e che hanno necessità di mettere in movimento meccanismi che garantiscano sviluppo, investimenti e, quindi, occupazione) e, dall'altro, di comprimere la spesa dal punto di vista della cassa, altrimenti l'utilizzo dei fondi giacenti in tesoreria creerebbe scompensi eccessivi.
Si tratta di una situazione contraddittoria che rischia di ricadere esclusivamente sulle piccole e medie imprese, sul mondo produttivo che stenta a mantenere la propria competitività sui mercati.
Lo stesso discorso vale per il grande respiro che sarebbe dovuto derivare sul mercato dall'avvio dell'alta velocità.
Non abbiamo ancora capito quale sia la reale intenzione del Governo da questo punto di vista e non sappiamo se sia vero che i lavori dell'autostrada Roma-Napoli sono bloccati. Come si pensa di dare certezza ad imprese che si sono preparate a questo tipo di appuntamenti visto che, subito dopo lo sparo di partenza, tutto viene bloccato come sta accadendo in questi giorni?
La situazione è preoccupante e rischia di diventarlo ancor più dal momento che si pretende di spendere 3.500 miliardi di fondi per il Giubileo nell'arco di due anni e mezzo. Inoltre, se ne vogliono spendere altri mille circa per le regioni che non siano il Lazio. Per Roma si ipotizza un investimento di migliaia di miliardi per attrezzarsi in vista delle Olimpiadi. Ma che tipo di investimenti si prevedono considerata la situazione, come risulta anche dalle misure contenute nel cosiddetto decreto di fine anno?
È stato stupefacente ascoltare Nerio Nesi pochi minuti fa sostenere che la

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manovra sarebbe stata fatta da tecnocrati incompetenti e che sarà approvata da politici irresponsabili, salvo poi sentir dire poco dopo che il gruppo di rifondazione comunista voterà a favore del provvedimento. Ciò è stupefacente, ma dimostra quanta sfiducia si nutra nei confronti di un'azione basata su una logica del giorno per giorno.
Il Ministero del tesoro in molte circostanze si comporta peggio del tanto deprecato Ministero delle partecipazioni statali. Penso ai meccanismi delle nomine per quanto attiene ai vari enti. Perlomeno nella spartizione lottizzatoria di allora vi era una forma di controllo che forse passava anche attraverso il Parlamento; adesso si siedono in una stanza quattro o cinque dirigenti del Ministero del tesoro, in quanto azionisti di riferimento, e fanno le nomine come desiderano, come è accaduto di recente per il blitz sulla GEPI.
L'intero quadro è molto poco rassicurante. Non può essere quindi il decreto di fine anno lo strumento che può farci uscire dalla grave situazione di difficoltà in cui ci troviamo. Una situazione che ogni due-tre mesi richiede correttivi improvvisati non può dare certezze al mondo produttivo, che guarda con attenzione a quanto succede in questo momento in Parlamento. Per tali ragioni il nostro voto non può che essere contrario (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fragalà. Ne ha facoltà.

VINCENZO FRAGALÀ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quanti sono intervenuti in precedenza per il Polo per le libertà, ma soprattutto l'onorevole Armani, che ha iniziato il fuoco di fila delle contestazioni a questo decreto per il gruppo di alleanza nazionale, hanno ampiamente illustrato le motivazioni che ci inducono a non votare a favore della conversione di questo decreto-legge. Esso penalizza e penalizzerà gli italiani, l'economia del paese e le prospettive politico-finanziarie dell'intera Italia e ciò è da addebitarsi alla politica che la maggioranza che sostiene il Governo ha scelto, appoggiata da una minoranza di italiani che alle elezioni ha votato per lo schieramento dell'Ulivo, alleato con rifondazione comunista, contro la maggioranza degli italiani che invece ha votato per il Polo. Si tratta di una politica economica che ha immediatamente tradito il programma elettorale dell'Ulivo il quale prometteva, alla tesi 32, come oggi riporta un editoriale de Il Giornale diretto da Vittorio Feltri, di mantenere la pressione fiscale invariata nel prossimo triennio, rispetto ai livelli del 1995.
Invece i tecnocrati, di cui ha parlato l'onorevole Nesi, non hanno saputo immaginare niente di più e niente di meno che una serie di aumenti della pressione fiscale, per giunta su prodotti di larghissimo consumo come la benzina, i tabacchi e le marche da bollo. Si tratta di una serie di interventi assolutamente identici a quelli che i Governi del centro-sinistra, precedenti all'attuale Governo di centro-sinistra, avevano sempre utilizzato per drenare denaro dalle tasche degli italiani allo scopo di aumentare gli sprechi di una macchina burocratica statale di tipo sovietico o a modello elefantiaco, per far sì che gli italiani avessero sempre meno denaro per i propri investimenti, per i propri risparmi e per incentivare la produzione delle imprese e per far sì che il fisco utilizzasse tale denaro per dividerlo tra amici e clientele politiche o per locupletare una serie indescrivibile di sprechi.
Credo, illustri colleghi, che di fronte alla tesi 32 dell'Ulivo di mantenere la pressione fiscale invariata nel prossimo triennio vi siano dati numerici assolutamente ineludibili ed inequivocabili che dimostrano che la pressione fiscale in Italia nel 1995 era pari al 41,7 per cento, nel 1996 è salita fino al 42,5 per cento e nel 1997 è prevista nella misura del 43,5 per cento. Ciò significa che gli italiani, i quali nell'epoca incredibile e malfamata dei precedenti Governi di centro-sinistra lavoravano sei mesi per lo Stato e gli


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altri sei mesi per se stessi e per le loro famiglie, adesso saranno costretti a lavorare otto mesi l'anno per lo Stato e i rimanenti mesi dell'anno per se stessi e soprattutto per tentare qualche ormai impossibile risparmio.
Quindi ci troviamo di fronte alla realizzazione di quel programma politico che le sinistre hanno sempre praticato dall'opposizione (quando cioè l'ex partito comunista si trovava all'opposizione), votando all'89 per cento tutte le leggi di spesa dei Governi di centro-sinistra dal 1980 in poi e votando, in un assemblearismo e in un consociativismo assoluto, quelle leggi di spesa che hanno portato il disavanzo dello Stato, il debito pubblico e la condizione assolutamente insopportabile delle nostre finanze al punto di crisi in cui ci troviamo.
E adesso con il decreto-legge n. 669 del 1996 il nuovo Governo di centro-sinistra che tipo di politica si propone di seguire? La politica della recessione, quella dell'aumento delle tasse, quella di nessun intervento sugli sprechi e sulle spese strutturali e addirittura quella della «rapina» vera e propria nei confronti dei pensionati, cioè di una tassa ignobile nei confronti di coloro i quali vivono con modestissime pensioni e che si vedono gabellare per contributo di solidarietà ciò che è invece - lo ripeto - una vera e propria «rapina» ai ceti più deboli e meno privilegiati, ma soprattutto a coloro che vivono di modestissime pensioni.
Signor Presidente, signori deputati, quando il Presidente della Repubblica, con un tocco demagogico a lui consueto, ha qualche settimana fa fatto riferimento e tuonato contro le cosiddette pensioni elevate, da nababbi, si è scoperto che in questo Parlamento per oltre 45 anni, fino al 1992, tutti i deputati che svolgevano un precedente lavoro di tipo statale percepivano il doppio stipendio; e poi hanno percepito l'indennità parlamentare, l'indennità da ministro o da Presidente della Repubblica, assieme alla pensione! E adesso, mentre si tenta di «rapinare» ai pensionati una parte del loro modestissimo reddito, apprendiamo che il Governo, con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ha addirittura ritenuto di elevare gli stipendi dei cinque ministri e dei 16 sottosegretari che non sono parlamentari, cioè di questi soggetti certamente privilegiati dal trattamento economico, a ben 8 milioni netti. In tal modo si è dimostrato, dal punto di vista del modello comportamentale e dell'immagine complessiva di una classe politica, come questo Governo desideri imporre i sacrifici soltanto agli altri, mentre vuole continuare a conservare i privilegi e addirittura aumentarli nei confronti dei propri ministri e sottosegretari.

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, le restano 29 secondi di tempo per concludere il suo intervento!

VINCENZO FRAGALÀ. Ho ascoltato da un collega dell'opposizione un apprezzamento rispetto al cosiddetto decreto pro rottamazione (cioè, pro senatore Agnelli e pro FIAT) ed un giudizio contrario alla legge Tremonti. Consiglierei a quel collega di leggere gli annunci di cessione di aziende riportati in tutti i quotidiani del nord nei quali, come elemento di qualificazione positiva per la cessione di azienda, vi è scritto: azienda si cede, con legge Tremonti (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagliuca. Ne ha facoltà.

NICOLA PAGLIUCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, qual è il primo discorso che intendiamo sottolineare? Che ancora una volta la maggioranza è ricorsa alla blindatura di un provvedimento! Abbiamo constatato come il disegno di legge di conversione n. 3181, proveniente dal Senato, non ha visto alcuna disponibilità da parte della maggioranza ad accogliere emendamenti giustissimi delle opposizioni. Questi ultimi, addirittura, in alcuni casi andavano a correggere errori madornali che erano stati commessi - forse anche


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non volendo - e mettono in evidenza l'atteggiamento scorretto che la maggioranza ha tenuto normalmente in questi ultimi periodi.
Riteniamo peraltro che le due Camere abbiano pari dignità; pertanto si dovrebbe consentire a questa Camera di svolgere correttamente il proprio compito, correggendo anche, laddove vi sono palesi errori, i provvedimenti legislativi e facendo di tutto affinché gli stessi possano essere migliorati.
Signor Presidente, in Italia abbiamo oltre 150 mila leggi ed ogni provvedimento che viene emanato contribuisce a non fare chiarezza, ad aumentare i lati oscuri delle norme. In tal modo il cittadino italiano, che pur con tutta la buona volontà cerca di interpretare la legge e di seguirla in maniera corretta, non vede facilitato il proprio compito. Pertanto, questo provvedimento, che dalla maggioranza viene inteso a chiusura di quella che doveva essere la politica del primo anno, cioè del risanamento dei conti pubblici, alla fine non fa altro che continuare a creare problemi proprio nella gestione del risanamento della finanza pubblica. Dico questo perché una serie di disposizioni contenute nel provvedimento non fanno altro che contribuire alla confusione che già esiste.
Al riguardo, voglio fare riferimenti precisi affinché sia più semplice la verifica anche da parte degli stessi colleghi della maggioranza. Nel provvedimento, per esempio, sono contenute misure che forse nelle intenzioni vanno anche nella direzione giusta; mi riferisco, in particolare, all'abbattimento dell'IVA sulle manutenzioni straordinarie. È noto, infatti, che una grandissima fascia di evasione fiscale esiste in quanto l'aliquota IVA molto alta sulle manutenzioni edili induce le imprese che operano nel settore, ma soprattutto i privati cittadini che utilizzano quel tipo di servizio, ad evadere. Il 19 per cento è infatti un'aliquota altissima, ma lo è anche il 10 per cento. Bisognava allora individuare un'aliquota bassissima, per esempio del 4 per cento, che avrebbe rappresentato una forma di deterrente molto forte per indurre le imprese a fatturare il cento per cento. Pertanto, se la volontà era quella di recuperare l'evasione fiscale, per poi diminuire la pressione fiscale, quello che è stato fatto non va certo in tale direzione; si tratta, infatti, di un tentativo timido che non realizza per intero l'obiettivo.
Per di più proprio l'edilizia, settore nel quale si registra la fascia di evasione più alta, è stata destinataria di leggi e leggine che hanno finito, attraverso la confusione, per agevolare sempre di più l'evasione. Questa invece avrebbe potuto essere per il Governo l'occasione - anche grazie al contributo che l'opposizione avrebbe potuto fornire - per risanare la situazione nel settore e creare le premesse per ottenere un risultato obiettivamente migliore rispetto a quello che si potrà ottenere. L'abbattimento dell'IVA sulle carni dal 16 al 10 per cento rappresenta un'altra di quelle misure che individuano una strada corretta senza tuttavia percorrerla fino in fondo.
Sappiamo - e credo lo sappia anche il Governo - che le più grandi truffe degli ultimi anni si sono realizzate proprio in relazione alla gestione dell'alta aliquota IVA sulle carni. L'Italia è ormai diventata un paese importatore di carni ed ogni qualvolta si sono importati animali vivi o carni dall'estero si è data la possibilità ad aziende collocate in particolari aree geografiche di realizzare disegni criminosi, truffando non solamente lo Stato ma l'intero popolo italiano e tutte quelle imprese che invece correttamente cercano di operare in un sistema che deve essere competitivo e creare pari opportunità per tutti. E allora il tentativo - o l'«esplorazione» - che il Governo ha fatto con questo provvedimento doveva essere compiuto fino in fondo e l'aliquota doveva essere rettificata, rendendola più bassa al fine di costituire un deterrente rispetto ad azioni criminose. Ripeto: il principio, sempre esposto dal Governo, di voler abbattere l'evasione fiscale, poi non si realizza mai fino in fondo. Si trova sempre una

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scappatoia per fare dell'evasione uno strumento di gestione dei propri interessi, delle proprie lobby.
Voglio ora affrontare un'altra questione, quella dell'aumento dell'aliquota IVA sul gas metano, che interessa in particolare il Mezzogiorno. Tale provvedimento in zone già depresse, che negli ultimi anni hanno avuto una sempre maggiore compressione dei redditi determinata anche dal fatto che l'impresa economica, che al nord si è attivata per effetto della svalutazione fiscale e monetaria successiva al 1992, nel sud non è decollata, non fa altro che contribuire ancora di più a creare problemi al sistema delle famiglie. Sappiamo che negli ultimi anni è aumentato moltissimo il tasso di indebitamento delle famiglie per quanto riguarda il sistema bancario; addirittura è aumentata in maniera assai elevata la difficoltà delle famiglie stesse di rimborsare i crediti ottenuti dal sistema bancario. Tale fenomeno non può passare inosservato: significa infatti che il sistema è ormai al collasso. Pertanto la decisione di aumentare in maniera così consistente - si parla di un incremento del 10 per cento - un bene primario qual è appunto il gas metano, che ormai è utilizzato largamente per diverse esigenze, non fa altro che determinare ulteriori e maggiori disagi rispetto ai quali un Governo come quello in carica, che dichiara di voler sostenere le fasce sociali più deboli, dovrebbe assumere un atteggiamento diverso (Commenti di deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Mi dispiace che il collega della lega nord non dimostri sensibilità al problema.
Da ultimo, signor Presidente, desidero osservare che, per quanto riguarda il sistema della riscossione, anche il provvedimento in esame, che finisce poi per essere un decreto omnibus, mette solo delle «pezze» e cerca di mantenere in vita un sistema che avrebbe dovuto essere modificato. Le mie affermazioni sono tra l'altro confermate dalle reazioni delle imprese che operano nel campo della riscossione, a seguito degli annunci del Governo. La scelta di mantenere invariato per tutto il 1997 il sistema dei compensi eviterà che tali aziende proseguano nell'azione di sostanziale riorganizzazione sul territorio che nella maggior parte dei casi era stata avviata. Indubbiamente tale riorganizzazione, ispirata a criteri di efficienza e di contenimento dei costi, avrebbe finito per penalizzare fortemente i cittadini, i quali - proprio a seguito di una revisione dei compensi - sarebbero stati costretti a code lunghissime o a spostamenti di chilometri per poter assolvere al loro dovere di pagare le imposte.
Noi riteniamo, però, che il Governo debba fare chiarezza una volta per tutte, evitando provvedimenti tampone che hanno il solo effetto di rinviare nel tempo il problema e che pertanto non possono più essere accettati.
Ribadisco dunque la necessità che sulla questione venga fatta chiarezza: o si torna al sistema, da noi sempre proposto anche per diverse finalità, del non riscosso per riscosso, che responsabilizza le imprese operanti nella riscossione, oppure si passa definitivamente ad un sistema diverso che, attraverso un migliore utilizzo del sistema bancario, consenta di svolgere adeguatamente le operazioni necessarie.
Concludo, signor Presidente, dicendo che il provvedimento più noto contenuto nel decreto-legge in esame, quello sulla rottamazione, avrebbe soltanto dovuto fissare i termini, evitando che le imprese operanti nel settore dell'auto aumentassero i prezzi dei propri listini una volta avuta conoscenza della norma (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanni Pace. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PACE. Signor Presidente, mi accingo a spiegare - se ancora ve ne fosse bisogno, ma ritengo di no, considerato che abbiamo svolto articolati interventi in sede di discussione generale - la ragione per la quale alleanza nazionale, ma credo di poter dire il Polo, esprimerà un voto negativo sul provvedimento al nostro esame.


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Il disegno di legge di conversione n. 3181, come non è sfuggito né a lei né a noi né al resto dell'Assemblea, ha avuto un iter curioso; non dico difficile, ma complicato per come si sono svolti i lavori, ad esempio, nelle Commissioni finanze e bilancio che sono state riunite appositamente senza che si sappia per quale motivo. Alle nostre richieste di informazioni, alle nostre proteste ed eccezioni in ordine a quel modo di interpretare e di applicare il regolamento non è stata data una risposta esauriente e chiara, così come sulle modalità, in genere, con le quali la discussione è andata avanti e che hanno accompagnato il nostro lavoro e la nostra fatica.
Già ieri, quando abbiamo dovuto illustrare gli ordini del giorno ed intervenire su di essi, si è riscontrato un atteggiamento del Governo che davvero non si è riuscito a capire. Si pensi, infatti, che, in buona sostanza, con l'ordine del giorno Pampo ed altri n. 9/3181/7, il gruppo di alleanza nazionale in particolare, ma tutto il Polo, chiedeva il motivo per il quale alcuni istituti autonomi case popolari che erano stati attenti nel definire le proprie strategie di investimento e nel rivedere la propria attività istituzionale, andando incontro alle esigenze della gente - istituti che avevano visto il rinnovo delle cariche tra la fine del 1995 e l'inizio del 1996 e che quindi hanno utilizzato l'ultima parte dello scorso anno per farsi i conti, per rivedere le situazioni, quali le avevano lasciate molti amministratori che, mi consenta signor Presidente, non hanno brillato per onestà e trasparenza; istituti che si sono trovati a gestire una situazione che dovevano capire e che, quindi, come ricordava il mio collega ed amico Carlo Pace, sono stati virtuosi nell'attività di investimento cercando di predisporre i progetti e non hanno effettuato spese - si trovano adesso ad essere penalizzati da quanto previsto dall'articolo 8 del decreto al nostro esame. Tale norma consente infatti di effettuare spese ed investimenti soltanto in una misura percentuale di quanto speso nel 1996. Da ciò si riscontra con quanta schizofrenia si interviene.
Ieri ci siamo appassionati all'argomento oggetto dell'ordine del giorno, non su quest'ultimo. Sappiamo perfettamente, infatti, che non sempre gli ordini del giorno, anche se approvati più o meno a maggioranza, ovvero all'unanimità, vengono proprio rispettati ed attuati, né da questo Governo né, per la verità, dai precedenti.
Abbiamo una casistica immensa di ordini del giorno approvati e dimenticati, disattesi, scordati. Questa mattina è stato approvato a larga maggioranza, se non all'unanimità, su proposta - lo cito nuovamente con piacere - di Carlo Pace, un ordine del giorno. La Commissione finanze era stata allertata sulle difficoltà in cui si sarebbero imbattute alcune categorie di cittadini nel Mezzogiorno d'Italia, aggredito da frane violente, da smottamenti, da calamità tali per cui vi era da ipotizzare un'impossibilità per i cittadini stessi di andare ad assolvere ad alcune formalità fiscali. Ebbene, con l'ordine del giorno in questione si chiedeva, tutto sommato, uno slittamento di termini che non fa fallire niente e nessuno. L'ordine del giorno è stato votato, ma il presidente Benvenuto mi diceva (spero di poterlo citare, perché si trattava di una confidenza) che il Governo fa «orecchie da mercante» e che anzi si sono avuti segnali dai quali si può trarre il convincimento, addirittura la certezza che l'ordine del giorno non avrà conseguenze.
Non dico che i documenti debbano essere sacramentali e fissi per l'eternità. Certo le posizioni si possono modificare in sede di votazione: ma qualcuno deve pur proporre la modifica! In relazione a quest'ordine del giorno, il Governo potrebbe sollecitare un riesame della situazione, segnalando elementi che forse non sono stati valutati sufficientemente. Questo avviene tra persone civili, non dico nemmeno «democratiche».
Da qui la schizofrenia nel modo di legiferare e di analizzare le situazioni a cui occorre applicare le norme.
Si è ben compreso che attraverso questa compressione di spesa si vanno a penalizzare possibilità di intervento, soprattutto

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in alcuni settori del nostro patrimonio edilizio abitativo (penso al recupero edilizio). Desidererei allora sapere se siano state calcolate le conseguenze di questa compressione.
Si tratta di costi sociali, innanzitutto: laddove viene penalizzata la possibilità di intervenire, la disoccupazione non soltanto non viene eliminata, ma dilaga. Vi sono poi costi per la collettività che derivano da un patrimonio edilizio fatiscente. L'istituto autonomo case popolari di Roma, per esempio, è proprietario di un patrimonio molto esteso, collocato peraltro in zone apprezzabilissime, che lo rendono assai appetibile (via Tor di Nona, al centro della città, vicino al Lungotevere). È insomma un patrimonio davvero interessante: ma se non si interviene, esso degrada, le case crollano. Né è ipotizzabile che il povero cittadino (come abitante delle case popolari, si presume abbia un reddito molto basso) possa intervenire in prima persona per garantire la manutenzione, soprattutto se straordinaria.
Se mi consentite, inoltre, colleghi parlamentari, a tutti questi si aggiungono i costi per la nostra storia: l'arte muraria è nobilissima, ha origini antiche che risalgono alla romanità e alla Grecia, ma il maestro muratore - capace di costruire archi e volte - è una figura che sta scomparendo, proprio perché non si realizzano più interventi di manutenzione su immobili che hanno strutture edili di un certo tipo. Oggi si ricorre a strutture prefabbricate e l'artigiano con questa qualificazione non ha più lavoro, non ha più compiti da svolgere, non ha più sviluppo: si perdono così figure professionali che sono parte della nostra storia, della nostra tradizione e cultura.
Vi sono, infine, colleghi, i costi per la fiscalità. Il settore edilizio certo non potrebbe risolvere in maniera conclusiva i problemi della nostra economia, non potrebbe rilanciare la nostra asfittica attività produttiva, ma sicuramente avrebbe la capacità e la possibilità di dare un forte impulso - almeno nel breve e medio periodo - al sistema del commercio, all'indotto, alla manodopera, garantendo una significativa boccata di ossigeno.

PRESIDENTE. Il tempo, onorevole Pace.

GIOVANNI PACE. Ha ragione, Presidente. Ma volevo dire che questo provvedimento è bugiardo.
È bugiardo quando indica ...

PRESIDENTE. Onorevole Pace, dato atto di questa sua affermazione, la prego di concludere il suo intervento.

GIOVANNI PACE. È bugiardo laddove dice che si possono detrarre le spese relativamente ai mutui per gli interventi di restauro da terminare entro il 31 dicembre ...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pace.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taradash.

MARIO LANDOLFI. Il Governo non sente!

PRESIDENTE. Onorevole Landolfi, per cortesia!
Ha facoltà di parlare, onorevole Taradash (Proteste di deputati del gruppo di alleanza nazionale).

MARCO TARADASH. Purtroppo, comprendo il sottosegretario...

PRESIDENTE. Il sottosegretario Marongiu ha il diritto di comportarsi in aula come meglio crede!

MARIO LANDOLFI. Questo è contestabile!

MARCO TARADASH. Quello che ha detto, Presidente, sarebbe vero se il sottosegretario Marongiu non fosse l'unico rappresentante del Governo presente! Poiché credo che sia diritto di ogni parlamentare essere ascoltato dal Governo,


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attenderò che il sottosegretario Marongiu concluda la sua telefonata prima di iniziare il mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Taradash, l'avverto che il tempo a sua disposizione sta trascorrendo! Lei non può avere questa pretesa.

MARCO TARADASH. Questa è una sua scelta, Presidente! La mia scelta è quella di farmi ascoltare dal Governo! Non capisco per quale altro motivo in questa fase io stia in Parlamento se non per parlare al Governo!

ENZO TRANTINO. È offensivo, Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Taradash, lei ha già consumato un minuto e mezzo!

MARCO TARADASH. Signor Presidente, io la stimo molto, ma non voglio rivolgermi solo a lei bensì anche al Governo. È un mio diritto!

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Sono solo e sono stato chiamato!

MARCO TARADASH. Infatti non me la sono presa con lei. Lei è solo e comprendo benissimo le sue esigenze. Forse ci si dovrebbe domandare come mai il Governo sia rappresentato da un unico sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Mi associo!

MARCO TARADASH. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, siamo forse alla conclusione di un iter, quello relativo alla manovra finanziaria, che ha attraversato per diversi mesi le aule parlamentari (anche se adesso si parla e si legge sui giornali di una «manovrina»; ma non sappiamo se ci sarà o non ci sarà). Il decreto di fine anno di cui stiamo discutendo chiude quel «pacchetto».
Vorrei porre una domanda politica di fondo al sottosegretario Marongiu e al Governo. Voi del Governo avete fatto tutto questo sforzo (non so se lo meritava, ma certamente c'è stato uno sforzo enorme) per portare a compimento il vostro progetto. Per quale motivo? La mia domanda è questa. Avete fatto questa finanziaria e questo pacchetto di provvedimenti (altri colleghi intervenuti prima di me hanno descritto le poche cose buone e il molto ciarpame contenuto anche nel provvedimento in esame) perché l'Italia ha interesse a varcare un traguardo con mezza punta di sci davanti al parametro di Maastricht oppure perché ha interesse a durare oltre il traguardo di Maastricht, e quindi a risanare la sua finanza e a irrobustire la sua economia? Il problema di fondo è questo.
Oggi leggiamo sui giornali che il ministro Ciampi ha detto che il deficit pubblico dello scorso anno non è di 139 mila miliardi, ma è stato ricontabilizzato a livello europeo diventando di 127-128 mila miliardi. Saremmo contenti di sapere come ciò sia avvenuto; forse il ministro Ciampi dovrà venire in Commissione bilancio a spiegarcelo. Tutti i trucchi contabili erano già stati utilizzati: se ne sarà trovato uno nuovo! Ma il problema del nostro paese non è di attestarsi su determinati parametri il giorno stabilito per l'euro, ma è di poter vivere in modo competitivo per la sua economia, sanare le sue disuguaglianze interne, fare in modo che chi oggi è escluso, perché giovane e disoccupato, perché anziano e disoccupato, perché ha una pensione da fame, possa invece stare meglio.
A me sembra che il Governo non ci abbia spiegato che cosa voglia fare; per meglio dire, attraverso i provvedimenti che si sommano si tratta di vedere quale sia la scelta che si vuole compiere. Noi intendiamo semplicemente partecipare ad una corsa cercando di tagliare il traguardo tra i primi? Vi è un problema di


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fondo, che riguarda un po' tutti noi. Se l'euro non ci sarà, che cosa accadrà? Lo dico in relazione a due ipotesi.
La prima ipotesi potrebbe verificarsi se l'euro non ci sarà perché la Germania riterrà troppo costoso partecipare e la Bundesbank truccherà in senso negativo i conti di questo paese per impedirgli di arrivare a quei parametri, e quindi si rinvierà l'unificazione monetaria europea. La seconda ipotesi si avrà se si faranno i conti veri in relazione all'Italia, se si guarderanno il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo e gli altri dati relativi al deficit; si comincerà allora a vedere che c'è un problema di rapporto di cambio e si dirà all'Italia di aspettare un attimo, di stare per qualche anno in una zona d'attesa.
Cosa succederà a quel punto? Ci siamo preoccupati di quello che succederà all'Italia nel caso in cui, per un motivo o per l'altro, l'euro non si facesse? A mio avviso no, perché se ciò fosse accaduto, allora avremmo cominciato davvero a toccare i problemi di fondo, i cosiddetti nodi strutturali di questo paese. Non lo si è fatto e non lo si fa nemmeno con questa ulteriore manovra correttiva.
Si persegue sempre lo stesso obiettivo: anticipare qualche entrata e ritardare qualche uscita. Lo si fa sia con gli interventi per la rottamazione che porta a vendere oggi automobili che comunque si sarebbero vendute nei prossimi anni solo per poter dire che abbiamo duemila occupati in più, quando fra un anno, probabilmente, vi saranno molti cassaintegrati in più in conseguenza dell'accelerazione dei tempi; lo si fa con la riscossione anticipata - giustissima, per carità! - delle imposte ancora non riscosse; lo si fa con il prelievo sul TFR; lo si fa, magari, con il contributo di solidarietà, che è un tributo, una tassa; lo si fa in modo tale da poter mettere in cassaforte un po' di soldi sapendo che poi dovranno essere restituiti. Ci si preoccupa, molto semplicemente, di varcare quel traguardo, come se dopo di esso non continuasse la politica, non continuassero l'economia, la concorrenza internazionale, europea e con gli altri paesi del mondo, senza risanare invece la struttura economica di base del nostro paese.
Leggiamo anche oggi che nella nuova manovra di 15 mila miliardi non vi sarà alcun intervento sostanziale sulle pensioni e sullo Stato sociale. Manterremo, di conseguenza, le ingiustizie di oggi. Attualmente, un pensionato di anzianità che vada in pensione a 53-54 anni carica sulla collettività una cifra di 300 milioni. Questi 300 milioni vengono sottratti o a investimenti per la nuova occupazione di chi non ha lavoro, oppure a chi ha pensioni da fame avendo una condizione di miseria. Il problema, infatti, non è quello delle pensioni d'oro e delle pensioni di fame; le pensioni basse, se sono in rapporto a basse contribuzioni, non creano ingiustizia, ma pensioni di fame assegnate a chi fa una vita di fame creano evidentemente ingiustizia. Questo è il problema che abbiamo di fronte. Salvaguardiamo privilegi e situazioni di iniquità ed al tempo stesso indeboliamo la struttura economica del paese.
Abbiamo ascoltato queste cose anche in congressi di partito di area diversa; fatto sta che i risultati pratici di quelle politiche sono quelli che abbiamo davanti, ossia una finanziaria fatta di trucchi contabili, manovre come quella che stiamo discutendo fatte di anticipazioni di entrate e di ritardi di spesa e cosiddette manovrine, che nell'eufemismo giornalistico del servilismo dell'informazione accentuato dal servilismo dei leader di opinione di Confindustria o del sindacato sono ciò che in altri tempi si chiamava stangata (fatto sta che anche in questo caso non si affrontano le questioni di fondo).
Per il fisco vale la stessa considerazione. Possibile che non ci si renda conto, per esempio, che il problema del Mezzogiorno è quello di consentire l'emersione del lavoro sommerso e che ciò si ottiene, innanzitutto, con la riduzione della pressione fiscale e secondariamente con la flessibilità del mercato del lavoro, ossia

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aprendo le gabbie salariali che oggi esistono, costruite dai contratti nazionali di lavoro? Questa è la situazione.
Il tempo a mia disposizione è concluso e due minuti sono stati presi dalla sua telefonata. Desidero solo dire che il rischio politico di fondo per il paese, considerato come stanno andando le cose, è che si proceda a colpi di fiducia senza maggioranza ed a colpi di ostruzionismo senza opposizione. Su questo tutti dobbiamo riflettere (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Credo di poter iniziare il mio intervento riprendendo dei temi che ho tentato di sollevare in quest'aula e che credo opportuno sottolineare anche alla Presidenza perché possano in qualche modo essere risolti per il futuro, se non in relazione alla conversione di questo decreto-legge. Mi riferisco in particolare ad un aspetto, completamente ignorato all'interno della Camera, relativo al momento in cui viene posta la questione di fiducia su un provvedimento come quello al nostro esame.
Ho sempre pensato, signor Presidente, che in questi casi gli uffici della Camera dovrebbero disporre dei verbali del Consiglio dei ministri in modo da consentire ai parlamentari che lo volessero di prendere visione dei medesimi e di verificare così la legittimità della procedura seguita in relazione alla questione di fiducia, garantendo in questo modo non soltanto l'osservanza della legge ma anche il rispetto di quelle prerogative che diversamente - nel caso cioè che la procedura seguita non fosse corretta - verrebbero tolte ai parlamentari. Attualmente, infatti, non è consentito ad alcun deputato di questa Camera verificare se la questione di fiducia, posta nel caso in esame dal ministro delle finanze, onorevole Visco, abbia i crismi e i caratteri di legittimità previsti dalla normativa in vigore e più dettagliatamente dalla legge n. 400 del 1988.
Ho provato a rivolgermi all'ufficio per l'informazione della Camera e mi sono rivolto anche al servizio Assemblea per avere un supporto di carattere normativo, ma tutto quello che posso riferire in quest'aula è che non si è mai fatta questione in ordine alla legittimità della procedura con cui è stata posta la fiducia sui provvedimenti. Ritengo che questo sia un fatto da dover segnalare e prego il Presidente di farsi interprete presso la segreteria della Presidenza del Consiglio dei ministri affinché prima del voto finale su questo provvedimento sia consentito ai parlamentari di avere la copia del verbale della seduta del Consiglio dei ministri nel corso della quale si è deciso di porre la questione di fiducia su questo provvedimento. E non mi si venga a dire che il problema avrebbe dovuto essere evidenziato, semmai, prima del voto sulla questione di fiducia che è stata posta perché, a mio modesto avviso, esso rileva anche ai fini del voto finale: se non vi fossero i presupposti di legittimità in ordine alla questione di fiducia sollevata, infatti, non sarebbe corretta neanche la procedura fin qui seguita e ho l'impressione che una questione di fiducia posta a dispetto delle disposizioni vigenti farebbe venir meno la deliberazione della stessa Camera.
Concludendo questa parte del mio intervento, signor Presidente, mi permetto di investirla di questo problema che, mi creda, non è assolutamente secondario.

PRESIDENTE. Sono a sua disposizione gli strumenti del sindacato ispettivo: la Presidenza non può inserirsi in questo problema.

MANLIO CONTENTO. Prendo atto della sua risposta e me ne dolgo, perché tramite gli atti di sindacato ispettivo non sarò mai posto in grado di sapere se le regole siano state rispettate; potrò saperlo solo a posteriori quando, ovviamente, vi sarà stata la possibilità di porre riparo ad eventuali imprecisioni.


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PRESIDENTE. Onorevole Contento, lei sa meglio di me che Montesquieu ha scritto queste cose due secoli fa.

MANLIO CONTENTO. Io mi trovo in quest'aula adesso (Applausi) e, con tutto il rispetto dovuto a Montesquieu, mi occupo del mandato parlamentare di cui sono stato direttamente investito.
Passando ad alcuni aspetti del merito del provvedimento, non posso non sottolineare quanto il collega Giovanni Pace stava evidenziando, e cioè che il decreto al nostro esame è estremamente bugiardo. L'onorevole Pace lo stava spiegando in relazione alla deducibilità degli oneri riferiti ai mutui per la realizzazione degli interventi di manutenzione e ristrutturazione per le case di abitazione.
Ebbene, lo stesso onorevole Pace tentava, in qualche modo, di dire in quest'aula come quel provvedimento, essendo straordinario e riferito soltanto al 1997, non sia in grado di apportare alcun beneficio, solo che si ponga mente all'iter burocratico necessario in qualsiasi ente locale o pubblica amministrazione, che dir si voglia, per passare dalla fase progettuale a quella di approvazione e quindi da un progetto definito all'inizio dei lavori, chiedendo conseguentemente il necessario mutuo.
È evidente che chi ha disegnato questa norma ne ha voluto fare una norma di vetrina di fronte ad incessanti interventi, soprattutto dell'opposizione, che segnalavano nelle Commissioni competenti come un settore fondamentale per la ripresa economica del nostro paese fosse la casa di abitazione e - se mi è consentito - non certo la FIAT di Agnelli. Ebbene, a fronte di questi interventi che l'opposizione gettava sul tappeto, la risposta è stata questo intervento normativo, che sicuramente non dà alcuna risposta concreta alle esigenze del settore che, lo ribadisco, è un settore trainante.
Quella disposizione serve a poco, anzi sostanzialmente non serve a nulla, e chi l'ha concepita non ha fatto i conti con la pubblica amministrazione. Del resto, come potevano concepire, coloro che l'hanno disegnata, una norma diversa quando si è fatto in modo di inserire all'interno di questo decreto altre disposizioni, come quella, per esempio, riferita alle accise? È davvero pazzesco pensare che l'anticipazione (cosa ormai tipica e ricorrente del nostro tempo) di eventuali imposte, in questo caso delle accise, possa risolvere problemi di carattere economico-finanziario! Come si fa a sostenere che una disposizione come quella è una misura di completamento in relazione alle modalità di intervento sulla finanza pubblica (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)?
Non credo Montesquieu, che forse di queste cose non si può più occupare, ma un qualsiasi studente universitario rimarrebbe scandalizzato se fosse questo l'orientamento in materia di finanza pubblica che viene in qualche modo disegnato! Ciò che è certo è che questo Parlamento ha inteso invece favorire, anche qui con misure non strutturali ma di carattere straordinario, certe imprese automobilistiche.
A fronte di questo intervento, si consuma uno degli altri teatrini della politica, che vede rifondazione comunista, nelle sedute di ieri e anche in quelle precedenti, parlare con un linguaggio, nei confronti dei padroni, che forse ricorda più gli anni settanta che quelli novanta, così definiti in termini negativi. Rifondazione comunista, dopo aver tentato o finto di condurre una battaglia nelle Commissioni, viene in quest'aula, ritira le sue truppe e si accoda al Governo, dando così la migliore dimostrazione di quello che è un regime. Tale è infatti, signor Presidente, non solo perché qui non si sa se la questione di fiducia sia stata legittimamente posta (cercherò di accertarlo), ma perché ormai il gioco è estremamente chiaro. Da una parte l'opposizione deve essere incanalata dallo schieramento dell'estrema sinistra; dall'altra la maggioranza, di concerto con i sindacati, ha la regia delle scelte di carattere legislativo e normativo.
Pertanto, all'interno di questa fase crediamo, non solo come alleanza nazionale ma come Polo per le libertà, di dover


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richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica su quanto sta accadendo e di dover quindi segnalare, anche facendo ricorso a questo tipo di attività, che c'è un pericolo. Non saprei dire se esso lo sia soltanto per la democrazia o anche per la politica; in ogni caso non è pensabile adottare continuamente, quotidianamente, dei provvedimenti che fingono di dare risposte, a fronte dei sacrifici che si impongono a larghe categorie di contribuenti, in nome di un'Europa che è sempre più lontana!
Abbiamo il dovere di denunciare questo sistema. Cari amici della maggioranza, questo sistema è il frutto di quella concertazione, è il frutto dell'accomodamento e del compromesso, delle scelte politiche che vedono insieme lo schieramento che va dal partito popolare a rifondazione comunista, con la sponda dei sindacati di regime. C'è il tentativo di non dare risposte concrete alla gente, ma di imbrigliare la questione politica per fare meglio i propri interessi e per mantenere le posizioni di potere che devono servire da base per le future iniziative.
Ebbene, potrei richiamare altri aspetti che ho già avuto modo di sottolineare nel mio intervento in sede di discussione sulle linee generali. Un altro aspetto divertente e colorato, se i colleghi mi consentono, è quello riferito alle disposizioni normative in ordine al tetto di emissione dei titoli pubblici in Italia e all'estero. È una cosa divertente. Se qui dovessimo in qualche modo pensare alla matematica, non potrei dire - e con ciò mi avvio alla conclusione - che essa sia un'opinione, ad esserlo sono invece i conti dello Stato. Dall'adozione del documento di programmazione economico-finanziaria preventivo rispetto all'estate, che segnalava un tetto di 109 mila miliardi, siamo arrivati a 128 mila miliardi con progressivi aggiustamenti.
Non è allora doveroso da parte nostra - e concludo davvero - chiedere a questo Governo di assumersi le proprie responsabilità e di spiegare al paese l'effettiva situazione dei conti pubblici, che neanche il ministro competente conosce (e confida negli aggiustamenti europei con la speranza - che, Dio non voglia, sarà magari disattesa - di poter centrare quell'obiettivo)?
Questo non è il modo di governare. Ecco dunque il motivo della nostra opposizione, che intendiamo segnalare con forza anche in quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PIETRO ARMANI. Bravo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Presidente, onorevoli colleghi, intanto plaudo all'intervento dell'onorevole Mattioli, che è velocemente venuto a dare manforte al povero sottosegretario onorevole Marongiu - mi scuso con lui - che si sentiva solo soletto nei banchi del Governo.
Debbo dire che non c'è da rimanere sorpresi per l'atteggiamento della minoranza, che oggi vuole portare avanti un principio che credo non sarà mai sufficientemente ribadito in quest'aula.
Stamane si è parlato di un tempo minimo necessario alla Camera per esaminare i provvedimenti. Abbiamo assistito in questi mesi alla continua presentazione di disegni di legge del Governo al Senato, dove una maggioranza numericamente più forte garantisce il prosieguo dell'iter degli stessi. Poi ci riduciamo sempre in pochi giorni ad affrontare i medesimi argomenti, avallando sostanzialmente una forma di monocameralismo, in cui tutto viene discusso solo nell'aula del Senato ed alla Camera ci si limita a certificare quanto è stato deciso altrove.
Credo che oggi la nostra presenza ed i nostri interventi siano tesi a denunciare questa circostanza, al di là dei contenuti. Veniamo a questi ultimi. Ho potuto verificare - e credo lo abbiano fatto tutti i colleghi - che le previsioni della minoranza sull'andamento dei conti pubblici vengono continuamente confermate.
In sede di esame della legge finanziaria avevamo preannunciato che probabilmente,


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con la relazione trimestrale di cassa, avremmo scoperto che mancavano molte decine di miliardi. Ora pare, finalmente, che il Governo si sia reso conto che, effettivamente, avevamo ragione. Al di là di una mera soddisfazione morale, non ci può certo far piacere aver avuto ragione nel prevedere lo sfascio dei conti pubblici e dell'andamento della nostra economia.
Nonostante i trionfalismi del Governo Prodi, il marco è ormai arrivato a quota mille e il dollaro si avvia rapidamente a raggiungere le 1.700 lire. La nostra economia quest'anno segnerà un aumento dello 0,9 per cento, dunque molto lontano dalle previsioni dell'esecutivo.
Ci dobbiamo allora domandare se il Governo stia svolgendo fino in fondo il proprio ruolo, se stia fino in fondo tutelando gli interessi generali del paese. Non vediamo una politica di largo respiro a medio e lungo termine. Rileviamo, invece, interventi tampone che aggiustano qua e là qualche prelievo fatto con le anticipazioni, come quelle sulle accise. Verifichiamo poi che l'economia è in una fase stagnante e che l'inflazione coincide con un calo dei consumi piuttosto che con un processo di miglioramento.
Quando vediamo che anche i tassi bancari non si allineano al tasso di sconto e che non seguono l'andamento dell'inflazione, ci domandiamo se non sia necessario effettuare ulteriori interventi.
Cosa dire della politica di questo Governo sull'occupazione? La disoccupazione continua ad aumentare e non credo che interventi come quello sulla rottamazione produrranno effetti positivi. Ho sentito in quest'aula dire che la legge Tremonti, presentata dal Governo Berlusconi, aveva prodotto un semplice effetto di anticipazione delle spese e che si era creata una sorta di ingorgo. Mi chiedo allora se il provvedimento del Governo sulla rottamazione non produrrà il medesimo effetto. Fra l'altro bisogna considerare che gli effetti di tale provvedimento saranno di durata estremamente limitata. Infatti, delle due l'una: o anche questo provvedimento è sbagliato, oppure era giusta la legge Tremonti che andava incontro alla necessità di favorire nuovi investimenti.
Mi sembra che questa maggioranza non abbia ben chiaro il concetto di investimento e di spesa perché gli investimenti continuano a latitare, mentre le spese continuano ad aumentare. Se è noto a tutti che le spese non portano nuova occupazione, allora o si effettua un cambiamento di rotta e si inizia a ragionare in termini di nuovi investimenti per creare nuova occupazione, oppure la situazione del paese peggiorerà sempre più.
Ad ogni modo, ci sembra che questo Governo continui a seguire i cambiamenti di umore dei tedeschi e degli olandesi, che una volta dicono che forse ce la faremo ad entrare in Europa ed un'altra volta sostengono che non ce la faremo in alcun modo. Noi siamo convinti che, se non si effettueranno interventi strutturali e non meramente correttivi attraverso una sequela di «manovrine», noi non ce la faremo ad entrare in Europa.
Non sarà sufficiente avvicinarsi ad alcuni dei parametri di Maastricht, come qualcuno sostiene in ambito governativo, perché non bastano le manovre tampone per sistemare dal punto di vista strutturale l'intero assetto della spesa pubblica. Lo ripeto, non è sufficiente avvicinarsi ad alcuni dei parametri di Maastricht, se successivamente non riusciremo ad attenerci a quei criteri. Sono considerazioni che fanno aumentare le preoccupazioni.
Signor Presidente, temo che il Governo pensi agli obiettivi posti dal trattato di Maastricht come ad una scusa per continuare ad aumentare le imposte, le entrate e al contempo per giustificarsi nei confronti del paese. Quando un Governo continua ad aumentare le entrate, evidentemente lo fa perché non ha idea di come effettuare i tagli strutturali. Ciò avviene perché all'interno di questa maggioranza non vi è una unicità di intenti, manca una politica di lungo periodo: non si ha idea di che cosa fare, di come farlo e in che tempi.
Se questa è la situazione reale, io sono molto preoccupato perché, quando arriveremo

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alla scadenza posta dal trattato di Maastricht - anche se personalmente penso che la data di introduzione della moneta unica slitterà, ma i tempi ci diranno se la nostra previsione sia valida o no -, bisognerà chiedere al Governo quali misure intenda adottare per il futuro. Ma vedo che grosse componenti di questa maggioranza pensano di poter rinviare questioni importanti come lo sviluppo dell'economia, la ripresa dell'occupazione e la revisione totale della struttura della spesa pubblica.
Dobbiamo anche considerare che ai 2 milioni 200 mila miliardi di debito pubblico vanno aggiunti i debiti dei comuni, degli enti locali in genere, dell'INPS; ci sono migliaia di miliardi nascosti fra le pieghe del bilancio statale, un bilancio che va rivisto completamente allo scopo di individuare le aree di evasione perché il sistema di riscossione è assolutamente deficitario. Occorre soprattutto passare dall'aumento della pressione fiscale all'aumento degli investimenti ed è per queste ragioni che ribadiamo ancora una volta il nostro «no» a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto di fine anno attualmente in discussione dimostra, a mio modo di vedere e penso anche a modo di vedere di tutto il gruppo di alleanza nazionale, le incongruenze e le incapacità evidenti dell'attuale Governo e della maggioranza che lo sostiene ad affrontare una politica economica e finanziaria che possa offrire garanzie di stabilità ad una nazione che si trova ormai in condizione di grave recessione e forte instabilità sociale.
Si tratta di un decreto, come sottolineato da molti colleghi intervenuti precedentemente, male impostato, che dispone una serie di interventi in vari settori della finanza pubblica aventi una caratteristica comune, quella di essere interventi non strutturali, legati ad una situazione particolare e tali da manifestare una certa «schizofrenia» (ripeto un termine usato poc'anzi dal collega Pace) nell'affrontare in maniera complessa e diffusa la situazione pesante in cui versano la finanza pubblica italiana ed il bilancio dello Stato.
Come dicevo, tali interventi seguono la logica della quotidianità, la logica della perfetta continuità con i peggiori Governi che si sono susseguiti nel tempo e che hanno portato al dissesto del nostro bilancio e quindi dello Stato. Sono interventi che non agiscono in modo profondo sulle cause, sulle origini della grande voragine rappresentata dal debito pubblico italiano.
Il gruppo di alleanza nazionale e comunque tutto lo schieramento del Polo attendevano dal Governo un atteggiamento diverso, una sensibilità diversa, una sensibilità che non si è manifestata nelle precedenti manovre, in particolar modo nella finanziaria precedentemente approvata. Da qui nascono le perplessità relative al decreto sottoposto al nostro esame.
Non ci sono tagli strutturali della spesa, in compenso però la manovra punta molto sugli artifizi contabili, sulle anticipazioni dei versamenti e dei tributi erariali e soprattutto punta ai blocchi degli impegni della realtà diffusa più importante nella vita della nazione, cioè gli enti locali. Quelli che ho elencato sono gli aspetti più preoccupanti, che dimostrano una totale incapacità di affrontare la questione nel suo complesso. In relazione agli artifizi contabili - come sottolineava prima il collega Contento - penso che nessuno possa affermare che il ricorso a meccanismi quali le anticipazioni dei versamenti possa considerarsi un intervento strutturale. Questi meccanismi in questo momento possono portare a qualche forma di beneficio, anche se il beneficio è tutto ancora da dimostrare, come abbiamo potuto vedere in occasione di precedenti manovre che sembravano essere un punto importante della strategia del Governo in tema di finanza pubblica ma che, sulla base dei dati di cassa e dei


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dati trimestrali, che stiamo ancora attendendo, sono stati sistematicamente disattesi.
Questo dimostra di fatto che anche le valutazioni sulle anticipazioni e su queste forme di entrate previste nei confronti del bilancio sono evidentemente errate e non corrispondono alla realtà. Ciò che è particolarmente preoccupante è il blocco degli impegni assunti (mi riferisco a quanto previsto dall'articolo 8 del provvedimento), che dovrebbe limitare al 90 per cento la possibilità di accesso alla tesoreria da parte di una serie di enti. Questo - lo ripeto - è un aspetto particolarmente preoccupante. Noi sappiamo, infatti, che nella fase attuale subiamo le conseguenze di un retroterra di circa 10 anni di attività bloccata riguardo ai grandi investimenti sulle infrastrutture, che sono completamente assenti, dei quali l'Italia e tutte le regioni (in primo luogo, sicuramente il Mezzogiorno, ma anche le regioni che oggi registrano i più alti livelli di industrializzazione e una forte presenza di piccole e medie imprese) del paese necessitano.
Con queste caratteristiche di comportamento anche rispetto alla possibilità degli enti di accedere a quelle forme di finanziamenti non vi è chiarezza e non si dà sicurezza a tutte le grandi imprese che intendono comunque partecipare agli appalti pubblici per queste infrastrutture. In tal modo, di conseguenza, si destabilizza un sistema che - lo ripeto - allo stato attuale risulta essere fortemente bloccato. Tutto ciò rischia di esporre il bilancio dello Stato - a seguito di valutazioni sovradimensionate e di conseguenza errate - a gravissimi rischi per il futuro; e purtroppo vi è la sensazione che si dovrà intervenire successivamente con ulteriori manovre che, alla luce degli intendimenti evidenziati fino ad oggi dal Governo e delle prospettive odierne, consisteranno in ulteriori inasprimenti della pressione fiscale. È questa una strategia già conosciuta ed una situazione già vista, ma che denota comunque un grave scollamento tra la realtà viva e produttiva del paese e gli intendimenti di un Governo che non intende comunque prendere atto delle realtà della competizione economica nazionale ed internazionale. Questo Governo, infatti, non ha saputo dare fino ad oggi adeguate garanzie. Non ha saputo fino ad oggi approntare una politica seria in questa direzione.
Alcuni miei colleghi facevano prima riferimento alle problematiche molto pesanti dell'occupazione e del Mezzogiorno. Io farò invece un riferimento molto forte - e quindi un richiamo al senso di responsabilità - alle aree fortemente industrializzate e in cui la piccola e media impresa ha offerto fino ad oggi un importante contributo sia dal punto di vista dell'occupazione sia e soprattutto all'erario. Queste ultime, infatti, rappresentano le realtà più vitali del paese che nel momento attuale garantiscono ancora allo Stato delle importanti entrate per poter programmare l'attività del Governo e la crescita della nazione.
Dicevo che vi sono dei segnali estremamente preoccupanti, che alleanza nazionale ha già sottolineato attraverso la presentazione di provvedimenti normativi. Ma manca tuttavia una certa sensibilità del Governo al riguardo. Noi abbiamo il problema che le realtà delle piccole e medie imprese tendono comunque a rivolgersi all'estero, in presenza di una pressione fiscale estremamente consistente, continuativa e senza segnali incoraggianti, e a valutare delle opportunità di insediamento e di investimento in nazioni limitrofe alla nostra; sottolineo che queste ultime stanno cercando di rispondere a tali esigenze con incentivi estremamente allettanti. È gravissimo pensare che alcune realtà imprenditoriali del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia possano investire - e quindi portare insediamenti produttivi - all'estero, e cioè in Slovenia, in Croazia e in Austria, pur di non continuare a produrre in Italia perché ormai la pressione fiscale e le condizioni per poter lavorare - e quindi incrementare l'attività produttiva - sono assolutamente insostenibili!
A fronte di questa situazione se vi deve essere responsabilità da parte nostra nell'affrontare

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l'argomento, riteniamo che prima di tutto debba esservi assunzione di responsabilità da parte del Governo, che deve fornire risposte in termini di interventi.
Quindi, sono necessari incentivi fiscali alla piccola impresa e non certo atteggiamenti come quello che è stato assunto con l'incentivo alla rottamazione, in una logica che vede comunque questo Governo sostenuto da una grande impresa assistita, che ha fino ad oggi utilizzato tutte le leve normative, da una parte, per poter scaricare sul bilancio dello Stato, quindi sulla spesa pubblica, le incapacità imprenditoriali e gestionali, dall'altra per privatizzare gli utili. Oggi il Governo, invece di dare risposte a coloro che riescono a competere a livello internazionale in maniera efficace, tende ad aumentare le prerogative di queste grandi realtà.
È per questa motivazione che...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Alberto Giorgetti (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, pensando tra me e me, ricordavo le parole di un personaggio che ha determinato la storia del nostro paese per vent'anni, quando, parlando di quest'aula, la definiva sorda e grigia; io oggi la definirei sorda, grigia e vuota! Avrei potuto benissimo impostare il mio intervento forse anche sul festival di Sanremo, su Valeria Marini, sarebbe stata la stessa cosa... Forse meglio, come mi suggerisce qualcuno. Dico questo per mettere in risalto l'atteggiamento che è stato assunto nei confronti di un'opposizione che pur porta avanti istanze qualificate, giuste e in linea con la propria posizione politica. Ciò che non si può dire da parte della maggioranza è proprio questo; la dicotomia che viene fuori principalmente da questo provvedimento - ed è questo il dato politico più pregnante che si deve mettere in risalto - consiste nella differenza enorme tra quanto dichiarato agli elettori per portare acqua al mulino dell'Ulivo e quanto invece si è fatto, si tenta e si continua a fare con provvedimenti della natura di quello del quale oggi ci occupiamo.
Vedere in quest'aula l'atteggiamento di rifondazione comunista, che con manovre rocambolesche e con dichiarazioni quasi da vergogna viene a supportare...

MARIA CARAZZI. Vergognati tu!

ANTONIO LEONE. Vergogna, perché non si può supportare il Governo dicendo di condividere alla fine con il voto questo provvedimento sulla scorta di una raccomandazione, neanche di un accoglimento di un ordine del giorno, ma di una semplice raccomandazione su quelle che sono le vostre presunte istanze! È questo che bisogna mettere in risalto, perché vi mettete l'anima in pace, perché continuate a supportare un Governo in cui neanche voi credete, perché state tradendo gli elettori, ma fino ad un certo punto...! Infatti, alcune promesse elettorali ben vengono mantenute con questo provvedimento, perché in costanza ed in presenza di un disprezzo totale nei confronti del Mezzogiorno, dei meno abbienti, si passa invece, d'un colpo, agli aiuti a chi ha supportato l'Ulivo durante la campagna elettorale. E vi parlo degli aiuti alla FIAT, ad Agnelli!
Sono queste le cose che vengono fuori da questo provvedimento, e, unite alla voglia di continuare a fare della seconda repubblica quello che si è fatto con la prima, consentono di creare ancora clientela. La battaglia che il gruppo di alleanza nazionale e l'intero Polo hanno condotto in quest'aula su alcune posizioni - non dovute a mero ostruzionismo al quale lo stesso Governo ci sta portando con l'atteggiamento di chiusura totale e di «blindatura» sia in Commissione che in aula al fine di non recepire le istanze dell'opposizione - è stata proprio quella di far emergere questa dicotomia e questi contrasti. Infatti, nel momento in cui si ritiene che i governi passati siano stati carenti, nel momento in cui si va sbandierando


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la possibilità di un cambiamento di rotta e quindi di concezione nella politica del Governo, ebbene tale intento non viene tradotto negli atti, così come dimostra il provvedimento oggi in esame.
Torno sulla questione delle case popolari, perché bisogna ammettere che vi è un contrasto enorme tra la volontà di pervenire ad una migliore amministrazione ed il tentativo di aiutare le gestioni passate, che sono state deficitarie, e la scelta di penalizzare, in definitiva, le vecchie gestioni, riducendo la possibilità di prelievo per alcuni enti tra i quali l'istituto autonomo case popolari. Questo è uno degli argomenti che si può porre in evidenza per comprendere quale sia la strada sulla quale il Governo ci vuole portare.
Occorrerebbe poi parlare, come accennavo poc'anzi, della questione relativa alla rottamazione, agli aiuti che si vogliono portare alla più grossa azienda italiana con un provvedimento kamikaze che non avrà nessun altro effetto se non quello, al quale alludeva il collega Taradash, di ritrovarci di qui a breve, una volta esaurite le scorte delle autovetture, di fronte ad uno spaventoso ricorso alla cassa integrazione. Sì, perché alla cassa integrazione Agnelli ha sempre attinto; alle nostre tasche Agnelli ha sempre attinto e continuerà ad attingere sino a quando garantirà sostegno al Governo.
Come si può pensare di togliere ai non abbienti, a chi ha veramente bisogno, a chi attende da anni una ristrutturazione della sua poverissima abitazione, per dare invece a chi già è ricco, a chi non ha mai perduto una lira in relazione all'andamento del mercato? Badate, l'atteggiamento del Governo, al di là di queste brevi considerazioni, traspare anche da un altro provvedimento inserito nel decreto-legge n. 669. Mi riferisco all'articolo 29-ter con il quale - guarda caso su richiesta dei verdi - si taglia completamente il finanziamento che consentirebbe di continuare a gestire la scuola tributaria in quel di Gorizia. Ed a nessuno sfuggirà che l'estrazione politica dell'amministrazione della città di Gorizia è di centro-destra. Ebbene, pur di arrivare a sopprimere del tutto tali aiuti si è giunti a vere e proprie aberrazioni giuridiche, qual è quella di non consentire alle ditte che hanno contribuito, con il loro lavoro, alla creazione di tale scuola, una giusta retribuzione, eliminando appunto ope legis legittime aspettative, in virtù del principio del «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato».
Questi sono gli aspetti più pregnanti che emergono dal provvedimento in esame che non ci porterà in Europa per le ragioni che i colleghi Conte e Marzano hanno egregiamente illustrato. Non si può continuare a varare riforme non strutturali, a mettere «pezze», ad assumere comportamenti di rottura nei confronti dell'opposizione. Nel momento in cui un'opposizione si dichiara pronta e disponibile ad offrire un aiuto il più leale possibile per consentire alla maggioranza di andare avanti in vista dell'obiettivo dell'ingresso in Europa, il Governo invece decide di chiudersi a riccio; decide di consentire l'abbandono nelle Commissioni finanze e bilancio - quello che è accaduto la scorsa settimana - degli esponenti delle minoranze (badate bene: qui vi è un altro pericolo già messo egregiamente in rilievo in quest'aula da altri colleghi) per far sì che questo provvedimento «blindato» non ritornasse più al Senato.
Forse siamo ormai arrivati ad una riforma monocamerale dello Stato perché, evidentemente, si svuota del tutto la possibilità che in quest'aula possano essere introdotti miglioramenti anche a fonte di errori madornali commessi al Senato. Ciò per evitare che il provvedimento in esame torni al Senato, che sia migliorato e di far anche solo pensare che questa maggioranza non abbia la forza numerica di andare avanti, in barba a qualsiasi opposizione ed a qualsiasi suggerimento da parte di quest'ultima per migliorare certi provvedimenti.
Tutto ciò emerge, come ha messo in rilievo anche il collega Contento, con una volontà che ormai è parte di noi, la sentiamo sulla pelle e dentro di noi: stiamo andando verso una irregimentazione del sistema. Per questo mi associo

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alla dichiarazione di voto dell'onorevole Marzano, che sarà contrario al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marengo. Ne ha facoltà.

LUCIO MARENGO. Signor Presidente, colleghi, parlare in un'aula vuota, alla presenza di un sottosegretario annoiato, forse giustamente, per l'atteggiamento di questo Governo...

MARIA CARAZZI. Non è interessante quello che dite!

LUCIO MARENGO. A mio avviso, cara collega, si ha l'impressione che siamo all'inizio della fine della democrazia in Italia. Questa è dittatura strisciante. Questo Governo sta occupando tutti i posti possibili ed immaginabili d'Italia: dai prefetti di colore, ovviamente politico, ai questori ed a tutti gli altri posti chiave.
Quando non si tiene conto neppure dei suggerimenti, che qualche volta possono anche essere opportuni e giusti, siamo alla fine. Quando i rapporti tra maggioranza ed opposizione si riducono a questi «braccio di ferro», siamo alla fine della democrazia in Italia.
Si parla soprattutto di manovre fiscali (adesso è stato coniato un nuovo termine, si chiamano «manovrine», per fare intendere, come si fa con i bambini, che si tratta di pillolette che non fanno male): vorrei capire a cosa servano queste «manovrine», se si tratti di misure di carattere economico risolutive di alcune situazioni, ovvero di interventi tampone. Questo bisogna capire ed anche a cosa tali interventi siano mirati.
Signor sottosegretario, ogni tanto dovreste viaggiare per il nostro paese, venire in Puglia dove gli uffici di collocamento, dalle ultime stime di questi giorni, hanno quantificato i disoccupati in 550 mila unità: solo a Bari, una città di 370 mila abitanti, i disoccupati sono oltre 52 mila. Consideri questo dato.
Durante il Governo Berlusconi i vostri sindacati, la triplice sindacale, scese in piazza protestando per manovre che non avevano nulla a che vedere con le attuali (eravamo al di sotto). I sindacati protestavano perché non c'era occupazione, perché - si diceva - Berlusconi aveva promesso un milione di posti di lavoro che non si vedevano. Qualche spiraglio, però, c'era.
Chiedo allora a questo Governo quante decine di posti abbia assicurato in un anno: forse neanche decine (Commenti del deputato Garra)! Invece è aumentata in maniera preoccupante la disoccupazione e si ha il timore che questo malcontento possa degenerare in atti inconsulti. Siamo in un vicolo cieco, siamo sull'orlo di un baratro! Questa è la verità!
Il Governo dice di voler riparare i guasti di quarant'anni, ma deve spiegarci quali sono i veri obiettivi: quello dell'Europa è solo un alibi. Dobbiamo allora comprendere quali sono i motivi. Dobbiamo capire cosa il Governo intenda fare per affrontare la disoccupazione, per ridurre l'oppressione fiscale, per combattere l'evasione.
Signor sottosegretario, circa quindici giorni fa in Commissione finanze si è discusso di una grave vicenda di evasione fiscale da parte di una grossa multinazionale americana: 9.200 miliardi. Ebbene, si è avuta l'impressione che il Ministero delle finanze abbia fatto quadrato intorno alla multinazionale, sminuendo o riducendo ai minimi termini quello che la Guardia di finanza - il cui ex comandante generale lo aveva dichiarato nella stessa Commissione finanze - aveva chiaramente segnalato come un caso di evasione fiscale. Al Ministero, invece, si è cercato di minimizzare: evidentemente l'azione che la multinazionale ha svolto è stata molto convincente per far cambiare atteggiamento!
Per quanto riguarda l'occupazione, possiamo aggiungere che sempre il Ministero delle finanze ha delegato tutto il sistema di informatica, un piano triennale di 25 mila miliardi. Signor sottosegretario, lei sa dove viene svolto questo lavoro? In


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Albania! I vari passaggi, i subappalti a ribassi pazzeschi hanno portato il lavoro - che doveva essere necessariamente svolto in Italia, perché i bandi sono europei - in Albania, dove un dipendente prende 130-140 mila lire al mese. Le aziende italiane, le aziende meridionali emigrano in paesi dell'est: mi domando cosa faranno i nostri giovani, quale destino aspetta loro, quali mestieri potranno esercitare. Niente, insomma, per giustificare queste manovrine; niente per lenire il dolore di questi disoccupati, per ridurne il numero, per diminuire l'attesa di un lavoro. Ho parlato della Puglia (550 mila disoccupati): ma immaginiamo a quale cifra si potrebbe arrivare se contabilizzassimo le stime di tutta l'Italia.
Quali prospettive ha questo Mezzogiorno d'Italia? Soltanto imbrogli. È un Mezzogiorno saccheggiato dalla classe politica che ha preceduto questi Governi. Saccheggiato: hanno realizzato impianti siderurgici dove sarebbe stato necessario insediare industrie manifatturiere per la trasformazione dei prodotti dell'agricoltura. Hanno rubato per quarant'anni: adesso quest'area paga lo scotto di un malgoverno durato troppo.
Non si può, allora, continuare a tartassare i cittadini italiani. Le vostre stime (lo ha detto l'ISTAT), le cifre del Governo dicono che l'oppressione è stata quantificata intorno al 46 per cento: su 100 mila lire guadagnate da un italiano, 46 mila - cioè - sono tasse.

GIANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Il dato è il 26,5 per cento. Il resto sono contributi previdenziali.

ITALO BOCCHINO. Il Governo può sempre chiedere la parola!

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi!
Onorevole Marongiu, più tardi potrà chiedere la parola ed intervenire. Ma adesso non può interrompere (Applausi dei deputati Bocchino e Vito)!
Prosegua pure, onorevole Marengo.

LUCIO MARENGO. Quando si parla di evasione fiscale, bisogna farlo concretamente e seriamente, non creando carrozzoni politici chiamati SECIT che servono soltanto a sperperare il pubblico denaro e non hanno funzionalità.
Signor sottosegretario, pensi che il SECIT ha il compito di studiare i fenomeni dell'evasione e riferirne al ministro. Sarà poi il ministro a decidere se operare o meno i relativi accertamenti fiscali. Siamo arrivati alle polizie personali!
Quando era titolare del dicastero delle finanze, il vostro collega ministro Fantozzi tentò di istituire un altro ispettorato, lo STAF: per fortuna il tentativo è stato sventato da un'opposizione che non gli ha dato tregua.
Allora, l'evasione fiscale si combatte seriamente, facendo pagare le tasse a tutti ma offrendo anche ai cittadini i servizi di cui hanno bisogno. Abbiamo una sanità malata che non funziona, la gente si sente abbandonata dalle istituzioni e non crede più in esse. Si sente abbandonata perché chi ha diretto e chi dirige ancora gode di immunità da parte di una magistratura lenta e molto spesso disattenta. I processi si risolvono tutti con assoluzioni: scoop da prima pagina, iter giudiziari che durano 10-15 anni, per poi vedere tutti assolti! Dov'è la serietà?
Lo scorso anno, signor sottosegretario, ho presentato una proposta in materia di evasione fiscale che è morta sul nascere. Questo è il metodo che si usa: si fanno morire le proposte! La mia proposta è di istituire una Commissione parlamentare contro l'evasione fiscale, che interpellasse i grossi industriali, gli uffici dello Stato. Non è detto, infatti, che tutti gli uffici dello Stato funzionino bene e che tutti i funzionari dello Stato siano integerrimi. Basta leggere le cronache! Una Commissione parlamentare dotata dei poteri delle altre Commissioni parlamentari potrebbe avere un'incidenza maggiore e potrebbe anche chiedere al ministro perché non si interviene in una certa maniera.
Per tutte le ragioni che ho illustrato, signor Presidente, esprimo il mio rammarico per questo ennesimo tentativo di


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carpire la buona fede degli italiani e di continuare sulla strada dell'oppressione fiscale, senza alcun risvolto positivo per il paese (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Sottosegretario Marongiu, lei intendeva prendere la parola?

GIANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Signor Presidente, se può interessare, vorrei fare una precisazione linguistica. Quando si parla di pressione fiscale, occorre distinguere tra pressione fiscale e parafiscale. La pressione fiscale è al 26,5 per cento, la restante è contributiva e parafiscale.

LUCIO MARENGO. È il doppio di quella europea, comunque!

PRESIDENTE. Prendiamo atto della spiegazione tecnica fornita dal sottosegretario Marongiu.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Possa. Ne ha facoltà.

GUIDO POSSA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, dopo la maratona durata tutto l'ultimo trimestre 1996, siamo qui, a fine febbraio, a discutere la conversione in legge del «decretone» di fine anno, ultimo provvedimento collegato alla finanziaria 1997.
Una prima domanda sorge spontanea nell'esame del provvedimento. Come mai tante disposizioni ivi previste, prive di ogni carattere di urgenza, non sono state a suo tempo inserite nella legge n. 662 del 23 dicembre 1996? Forse la volontà del Governo di legiferare fiscalmente a 360 gradi è talmente pressante che anche un decreto-legge come il «decretone» va bene, pur di riuscire a veicolare, a mo' di tram, qualche provvedimento di riforma? O forse si tratta semplicemente di quello spirito di improvvisazione legislativa di cui abbiamo avuto «n» dimostrazioni in ottobre e novembre con una finanziaria costruita in itinere? O forse, ancora, il Governo ha scelto la via della legiferazione fiscale continua per mascherare meglio ai cittadini il durissimo aumento della pressione fiscale che ha in animo di porre in essere? A sostegno di quest'ultima spiegazione vi è, ahimè, il recentissimo annuncio da parte del Presidente Prodi della necessità della «manovrina» di primavera, dopo reiterate assicurazioni del contrario. Qui il naso di Pinocchio ha avuto un ulteriore incremento!
Il provvedimento in esame manifesta, pur nella sua limitatezza intrinseca (perché, tutto sommato, si tratta di poca cosa), tutti i gravi difetti già riscontrati nella legge finanziaria e nei provvedimenti ad essa collegati: è totalmente al di fuori delle previsioni del documento di programmazione economico-finanziaria presentato dal Governo e approvato a fine luglio; punta come al solito sull'aumento delle entrate; è volto principalmente a migliorare il bilancio di cassa e non quello di competenza, e per il solo 1997, il che oggettivamente assume carattere mistificatorio nel contesto attuale del problema del raggiungimento e del rispetto dei criteri di Maastricht; non incide affatto sulla struttura della spesa; si preoccupa in misura troppo modesta di incentivare lo sviluppo; manca totalmente di organicità; concede, infine, alcune deleghe al Governo per specifiche definizioni legislative (al solito, deleghe praticamente su carta bianca, alla faccia dell'articolo 76 della Costituzione).
Mi limiterò ad alcune considerazioni di carattere generale perché osservazioni specifiche e dettagliate sono già state fatte molto bene in aula da colleghi che mi hanno preceduto. Il radicale disallineamento tra il DPEF di fine luglio ed i successivi provvedimenti collegati alla finanziaria è un fatto gravissimo, che non possiamo assolutamente dimenticare o perdonare, che la dice lunga sulle caratteristiche di improvvisazione della politica economica - e non solo - del Governo. Che cosa direbbe un'assemblea dei soci di un'importante impresa se il consiglio di amministrazione, a distanza di due mesi dall'approvazione di un piano generale, senza che siano intervenuti fatti esterni nuovi, impostasse una linea d'azione fondamentale


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e completamente diversa? Cosa succederebbe in Germania se il governo tedesco si permettesse un tale atteggiamento di improvvisazione? Come è stato osservato, anche questo provvedimento tende a rispondere ai gravissimi problemi del bilancio della nostra amministrazione pubblica solo aumentando la pressione fiscale, senza incidere in misura consistente sui meccanismi di spesa. È questa un'ulteriore irrisione dell'impegno assunto dal Governo a fine luglio relativamente ai futuri provvedimenti finanziari, impegno di un rapporto non inferiore a due tra l'entità degli interventi sulla spesa pubblica e l'entità degli interventi sulle entrate. Per non parlare, cari colleghi, dell'irrisione della promessa di mantenere inalterata la pressione fiscale - e parafiscale, onorevole Marongiu -. Buona parte dei benefici di cassa che saranno conseguiti nel 1997, come sappiamo saranno ottenuti tramite l'anticipazione del versamento all'erario delle accise e delle imposte di consumo relative a prodotti importanti come metano, benzine, oli minerali, energia elettrica e così via. Possiamo facilmente immaginare lo stress finanziario che queste disposizioni stanno provocando nelle società interessate (che, per inciso, sono più di duemila). Non potranno non risultarne effetti negativi sull'occupazione e recessivi, nel complesso, sull'andamento dell'economia.
Quanto agli incentivi per lo sviluppo, questo disegno di legge di conversione contiene alcuni provvedimenti che vanno nella giusta direzione, come per esempio lo sgravio dell'IVA per le manutenzioni edili e per la carne, la riduzione di oneri contributivi all'INPS prevista per le aziende turistiche e (anche se ha sollevato molte critiche) il contributo per l'acquisto di autoveicoli nuovi a fronte della rottamazione di autoveicoli con più di dieci anni di vita. Non vi è comunque alcuna organicità in questi provvedimenti e si tratta, nel complesso, di ben poca cosa se pensiamo che si tratta degli unici incentivi per lo sviluppo dell'economia dell'intera manovra finanziaria per il 1997.
In conclusione non possiamo non sottolineare le caratteristiche di arroganza che questo provvedimento presenta. È di fatto arrogante inserire in un decreto-legge, per il quale è costituzionalmente necessaria l'urgenza, disposizioni legislative assolutamente non urgenti, come per esempio quelle previste dall'articolo 3 in materia di trascrizione dei contratti preliminari, che prevedono varie modifiche a specifici articoli del codice civile in vigore da molti anni. È sostanzialmente arrogante legiferare in materia di IVA, in materia di imposta sui redditi, in materia di riscossione dei tributi, in materia di contrasto all'evasione, come avviene negli articoli 2, 3, 4 e 6 del presente provvedimento a distanza di poche settimane - solo poche settimane, cari colleghi - dall'approvazione della legge n. 662, che farraginosamente legifera anch'essa sugli stessi argomenti. È infine arrogante l'atteggiamento di fondo verso il cittadino, al servizio del quale, in ultima analisi, le leggi dovrebbero essere poste. Il cittadino non solo è caricato da pesantissimi oneri fiscali, ma è anche oppresso da una legislazione sempre più complicata e per di più in continuo divenire, alla faccia del solenne impegno assunto per la delegificazione, per la creazione di testi unici onnicomprensivi, per un rapporto Stato-cittadino ispirato ai principi della trasparenza, della semplicità e della fiducia.
Per questi motivi, caro Presidente, il gruppo di forza Italia non può in alcun modo condividere né il contenuto né le modalità espressive né lo spirito complessivo del provvedimento in discussione e preannuncia pertanto il suo netto voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Il colleghi del Polo per le libertà che mi hanno preceduto questa mattina hanno già illustrato i motivi che consigliano a tutti noi di respingere questo provvedimento. Ricordo


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l'intervento dell'onorevole Armani e dei colleghi che lo hanno seguito, tutti ottimi interventi.
Anch'io voterò «no» alla conversione del decreto-legge n. 669, il decreto di completamento della manovra finanziaria predisposto dal Governo Prodi. Un Governo per la verità poco attento ai reali problemi del paese; un Governo che poco si occupa - se non a parole - di occupazione, o meglio di disoccupazione, che è il primo vero, grave problema del paese, che preoccupa quasi tutte le famiglie italiane; un Governo poco attento alle piccole e medie imprese ed ai problemi del Mezzogiorno, perché molto più attento ed impegnato ad occupare i posti chiave dello Stato ed il potere; un Governo che non rispetta gli impegni presi in campagna elettorale - lo ricordava l'onorevole Fragalà - perché ha aumentato la pressione fiscale complessiva anche aumentando le rendite catastali, colpendo così un settore, quale quello dell'abitazione, verso il quale dovrebbe invece mostrare particolare attenzione; un Governo che con il suo modo di governare crea recessione e provoca sfiducia e insicurezza nelle famiglie italiane.
Il perché del nostro «no» al merito del provvedimento lo abbiamo già evidenziato in sede di discussione generale. No, perché è un decreto che non è diretto a migliorare l'economia del nostro paese; no, perché produrrà una depressione nei consumi e negli investimenti, non rilancerà il paese e non produrrà effetti positivi; no, perché contiene norme di propaganda di mera facciata prive di effetti reali; perché è un decreto omnibus che racchiude norme che nulla hanno a che fare con il titolo e che comunque non hanno attinenza diretta con le disposizioni normative della manovra di fine anno; perché è prova di improvvisazione e di contraddizione.
Parlavo poco fa di propaganda e pensavo al comma 4 dell'articolo 1 in tema di detrazione degli interessi passivi sui mutui contratti nel 1997, e sottolineo solo nel 1997. Ho già evidenziato in sede di discussione generale che a questa norma nessun contribuente potrà fare ricorso ed il perché è evidente: siamo già a febbraio e il decreto non è ancora stato convertito, se togliamo il periodo estivo e gli ultimi giorni del mese di dicembre, nei quali le banche per motivi contabili non erogano e non stipulano mutui, rimangono ai contribuenti pochi mesi per individuare gli interventi di manutenzione, chiedere ed ottenere dai comuni le necessarie autorizzazioni (e tutti conosciamo i tempi lunghi dei comuni), consentire alle banche di fare le istruttorie preliminari, stipulare mutui, ottenere l'erogazione.
Pochi mesi che potrebbero non essere sufficienti perché l'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 1 stabilisce che «con decreto del ministro delle finanze sono stabilite le modalità e le condizioni alle quali è subordinata la detrazione di cui al presente comma». Potremmo quindi trovarci di fronte a contribuenti che riescono ad ottenere le necessarie autorizzazioni, a stipulare il mutuo ed ottenere l'erogazione, ma poi magari non possono beneficiare della detrazione perché, con un decreto che ancora non conosciamo, il ministro deve stabilire le condizioni a cui è subordinata la detrazione medesima. Questo, colleghi, è certamente un pessimo modo di governare e di legiferare.
E un pessimo modo di governare e di legiferare è anche il ricorso al decreto-legge per modificare il codice civile. Mi riferisco all'articolo 3 del provvedimento: la norma è valida nel suo insieme, ma certamente è sbagliato lo strumento con il quale è stata introdotta nel nostro ordinamento. Il decreto-legge, infatti, con i suoi ristretti tempi di esame, impedisce la discussione e gli interventi migliorativi; ha impedito alla Commissione giustizia - che avrebbe dovuto esaminare la norma e dare i consigli necessari - di occuparsi delle modifiche.
Certamente i costituenti nel 1946 non avrebbero mai immaginato che in Italia ci sarebbe stato un Governo che avrebbe modificato il codice civile addirittura con un decreto-legge, per di più inserendo la

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normativa in un decreto di completamento della manovra di finanza pubblica.
Avevamo presentato degli emendamenti volti ad eliminare alcune dimenticanze presenti nel testo, ma il ricorso alla fiducia ha impedito il loro esame. Avevamo presentato emendamenti per integrare l'articolo 3 con norme in materia fiscale. Come non immaginare infatti questa norma, se non accompagnata da disposizioni di natura fiscale!
In sede di discussione sulle linee generali ho detto che tutta questa normativa rimarrà una bella scatola vuota se non sarà accompagnata da norme dirette a prevedere che la tassazione degli immobili, in caso di trasferimenti immobiliari, andrà comunque calcolata con i criteri automatici, quelli indicati dal quarto comma dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, anche al fine di assicurare la massima trasparenza e correttezza nelle contrattazioni. Peccato, perché il Governo ha perso l'occasione per introdurre correttamente una normativa positiva.
Colleghi, ieri sono rimasto colpito dal richiamo fatto dall'onorevole Martino. Questi infatti ha raffrontato il vero Robin Hood con il Presidente Prodi. Il vero Robin Hood aiutava i poveri, questo Governo, invece, è poco attento ai problemi dei poveri e delle fasce sociali deboli, ai problemi della giusta solidarietà. E così aumenta l'IVA sui farmaci (un aumento, questo, che finirà con il gravare sui cittadini o comunque sulla spesa sanitaria nazionale); aumenta l'IVA sul gas metano nel sud, ma non si adopera per aumentare le infrastrutture nel sud, non si adopera per combattere la piaga della criminalità che specie nel sud rappresenta un grosso flagello, non si adopera per combattere - come dicevo all'inizio - la vera piaga della disoccupazione.
Colleghi, di fronte a questa poca attenzione mostrata dal Governo in ordine ai veri, reali problemi del paese, di fronte a questo modo di governare contraddittorio, prepotente, improvvisato, di fronte ad una manovra finanziaria che dura ormai da molti mesi (ricordo che essa è iniziata con il documento di programmazione economica e finanziaria per il 1997 e ad oggi non si è ancora conclusa), di fronte ad una manovra che non produrrà risultati positivi, di fronte ad una manovra finanziaria complessiva (quella del Governo Prodi) priva di progettualità, improvvisata, inaccettabile e inadeguata a risolvere i gravi problemi del paese, di fronte ad una manovra che presenta aumenti di imposte e provvedimenti tampone ma non guarda ai gravi e reali problemi del paese, di fronte ad un provvedimento qual è quello n. 669 al nostro esame, discusso ed approvato in Commissione nello spazio di pochissime ore, di fronte ad un modo di operare che viola il confronto democratico e svuota di fatto il ruolo del Parlamento e delle opposizioni, ebbene di fronte a tutto questo noi diciamo «no»!
Voteremo quindi contro il provvedimento oggi al nostro esame. Voteremo contro e diciamo al Governo, e alla parte politica che lo appoggia, di assumersi per intero di fronte al paese la responsabilità di questa manovra economica e finanziaria, che è una prova evidente di scarsa attenzione alla realtà e agli interessi reali del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berruti. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARIA BERRUTI. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario Marongiu, rappresentanti del Governo, questo è un decreto privo di un disegno organico. Si va avanti, infatti, con provvedimenti cosiddetti una tantum, per esempio quello relativo alle anticipazioni delle accise, per passare poi a disporre delle proroghe su prelievi che all'origine erano stati definiti anch'essi una tantum. Si va ancora avanti a colpire settori già in grave crisi, come quello della sanità, aumentando l'imposizione su prodotti farmaceutici. E così via.
Cari colleghi, tra una gabella e l'altra ci si illude che attraverso interventi non


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strutturali si possa cambiare in termini seri e duraturi nel tempo la ormai fallimentare politica del bilancio pubblico del nostro paese.
Manca, insomma, nell'attività del Governo un progetto a lungo - ma che dico? -, a medio termine; manca, dunque, proprio quel progetto di cui l'Italia oggi ha maggiormente bisogno.
Basterà a tale scopo ricordare la cosiddetta nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria, che con i suoi 30 mila miliardi ha portato al raddoppio della legge finanziaria per il 1997. Si badi bene che una sera tale nota di aggiornamento ci fu venduta dal Presidente Prodi come improbabile ma, se necessaria, rivolta esclusivamente a tagliare le spese e non certo ad aumentare le imposte. Trascorsa una sola notte - evidentemente di grandi consigli per il nostro Presidente - abbiamo saputo che Prodi non solo riteneva necessaria la manovra, ma che la stessa avrebbe avuto un'ammontare di circa 30 mila miliardi e che avrebbe previsto anche importanti aumenti di imposte.
Balzelli, dunque, interventi temporanei, tamponi utili solo a bloccare per qualche tempo una emorragia ormai pericolosa, cure estetiche per far credere a chi non crede più (grazie a Dio) che tutto vada bene e che presto si andrà tutti in Europa perché questo Governo sta salvando il paese.
Così è anche per il provvedimento che ci accingiamo a votare: è privo di effetti che possano migliorare la finanza pubblica ed in esso non si scorge nulla che tenda almeno a diminuire gli sprechi dello Stato.
Collega Marzano, sarebbe troppo intravvedere in questo provvedimento qualcosa che tenda ad eliminare i predetti sprechi; sarebbe troppo sperarlo. Ci saremmo augurati, almeno, di vedere qualcosa che riuscisse a diminuirli.
C'è però, ci dicono, il sostegno all'attività del settore automobilistico attraverso gli incentivi alla rottamazione. Mi domando cosa succederà a tutti gli imprenditori che operano in questo settore quando si arriverà alla scadenza dell'applicazione di questo intervento.
Ha ragione l'onorevole Marzano: se il Governo ponesse in rottamazione i 550 enti inutili, guadagneremmo alcune centinaia di miliardi all'anno senza toccare, ancora una volta e per l'ennesima, le tasche dei contribuenti.
Eppure, cari colleghi, è da circa venti anni che, esercizio dopo esercizio, fatta qualche eccezione, si propone il risanamento della finanza pubblica attraverso l'aumento delle imposte. I Governi di questi ultimi venti anni hanno spesso richiesto sacrifici ai cittadini: i sacrifici sono stati fatti, ma la finanza pubblica non è mai stata risanata. Due numeri ci confermano questo dato: nel 1980 il totale delle entrate del settore pubblico ammontò a circa 134 mila miliardi; nel 1995, ben quindici anni dopo, i miliardi erano diventati 820 mila.
Non ha funzionato, dunque, non ha funzionato per vent'anni, signori colleghi, e quindi non capisco come, non capisco perché questa volta dovrebbe funzionare. Forse anche adesso ci stiamo addormentando per sognare di nuovo un risultato ed un obiettivo che non potremo raggiungere mai.
Non solo: insistendo con l'aumento delle imposte per risanare la finanza pubblica, si rischia veramente di spaccare l'Italia. Leggiamo qualcosa sui giornali, qualcosa viviamo quotidianamente nei nostri collegi tra gli imprenditori del nord e tra i disoccupati disperati del sud. Il Governo però è sordo e la maggioranza è sorda: basta guardare quest'aula oggi. È sordo perché non vuole ascoltare; è sordo perché copre le orecchie per non sentire ragioni. Fa esattamente come questa mattina l'onorevole Marongiu, il quale ha tappato l'orecchio con il quale avrebbe dovuto ascoltare le voci dei parlamentari dell'opposizione ed ha adoperato l'altro al telefono, per ascoltare ancora una volta gli ordini di scuderia e la voce del potere (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io come molti altri colleghi desidero dichiarare il mio voto negativo su questo provvedimento per due ragioni: una di merito e una di principio, che riguarda il sistema con cui maggioranza ed opposizione conducono quello che si può definire il gioco parlamentare, il gioco delle regole democratiche.
Le motivazioni di principio sono ormai note a tutti perché tutti sanno che l'Ulivo in campagna elettorale aveva garantito agli elettori nel proprio programma che non avrebbe aumentato la pressione fiscale, che già rappresenta oggi in Italia una anomalia rispetto agli altri paesi occidentali nell'ambito dei quali il nostro è uno dei più rilevanti dal punto di vista economico. Già oggi i cittadini italiani destinano la maggior parte del loro reddito allo Stato, che ha più sperperato che ben investito, anziché a se stessi e alle proprie famiglie.
Dal varo della manovra economica principale ad oggi abbiamo dovuto ascoltare altre dichiarazioni del Governo, che lasciavano trasparire l'intenzione di non inasprire ulteriormente il peso del fisco sui redditi delle famiglie italiane. Eppure c'è stata l'eurotassa che - almeno è quanto promette il Presidente del Consiglio - dovrebbe essere restituita, anche se tutti già sanno che non sarà mai restituita. È stato poi adottato questo decreto-legge, che determina ulteriori problemi perché aumenta l'incidenza del fisco ed alimenta quella che, in termini sociologici, negli studi più recenti che riguardano gli italiani è stata definita la paura del futuro.
Ebbene, quando si mette un paese intero in condizioni di aver paura del futuro, vuol dire che si sta tradendo il proprio mandato e che ci si sta discostando dalle intenzioni iniziali e dal programma elettorale. È dimostrazione di ciò il fatto che, quando il Polo per le libertà, che rappresenta oggi l'opposizione in Parlamento, ha chiamato a raccolta i cittadini italiani con un manifesto che ritraeva il Presidente del Consiglio con il tipico naso da Pinocchio, per sottolineare la menzogna di chi aveva promesso che non avrebbe aumentato le tasse ed ha poi inasprito la pressione fiscale, un milione di italiani, con una manifestazione senza precedenti, ha deciso di scendere in piazza per mostrare il proprio malumore ed il proprio dissenso verso una politica economica di sacrifici che non sono tesi ad un investimento, ad un progetto strutturale ed organico per il risanamento dei conti pubblici.
Ecco perché contestiamo questo decreto-legge nel merito. Tra l'altro, esso contiene disposizioni tese ad aiutare un settore come quello automobilistico che lo fanno ritenere un decreto ad personam, un provvedimento adottato per aiutare qualche potere forte che in campagna elettorale si è dimostrato disponibile e che, successivamente alla stessa, aveva prima tuonato e si era poi ritratto in buon ordine dopo aver «incassato» un decreto-legge molto favorevole.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 14,05)

ITALO BOCCHINO. Io non so quanto sia utile, perché non sono un esperto di economia, incentivare un settore come quello delle auto, però ho ascoltato il come sempre pregevole intervento del collega Armani, che di economia se ne intende, ed il passaggio in cui ha sottolineato che quello delle auto è un settore che non può assolutamente espandersi a causa della crescita zero che colpisce il paese. Tale intervento ci ha fatto comprendere come questo sia più un aiuto a determinati soggetti privati piuttosto che un progetto per il futuro.
Non so per quale ragione si sia scelto, anziché disincentivare l'uso delle auto per motivi ambientali, di incentivarne l'uso con un provvedimento teso in modo evidente a favorire alcuni produttori di auto,


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ad agevolare un particolare segmento dell'economia.
Dare un incentivo di un milione e mezzo e non in percentuale significa favorire le case automobilistiche che vendono auto del segmento più basso; dare un incentivo di un milione e mezzo significa favorire chi deve comprare auto il cui prezzo varia tra i quindici e i venticinque milioni. Occorre ricordare che gran parte della quota di mercato di quelle auto è di una sola azienda, la FIAT. Chi deve comprare una automobile di 80-90 milioni certamente non possiede né un'utilitaria vecchia di dieci anni da mandare alla rottamazione né ha bisogno di un incentivo che risulta essere al massimo del 3 per cento, mentre su una FIAT 500 l'incentivo studiato dal Governo arriva fino al 25 per cento.
Alcune case produttrici hanno registrato il giudizio positivo della casa automobilistica italiana di cui parlavo prima, ed hanno manifestato perplessità esprimendo un giudizio negativo che ci ha fatto comprendere che il decreto è stato studiato appositamente per favorire un soggetto privato. Questa parte del provvedimento costerà 160 miliardi, che verranno reperiti aumentando l'IVA sui rottami, e tutti sanno che sui rottami l'evasione è facile e possibile. Oggi si rischia di spendere 160 miliardi già sapendo che domani non si potranno incassare.
Vi è un altro problema che è di regole, di rapporti tra maggioranza ed opposizione, di rapporti tra Governo e Parlamento, un problema che intendiamo sottolineare con la nostra maratona oratoria, che non vuole essere ostruzionismo ma un modo per far comprendere che occorre restituire al Parlamento il proprio ruolo.
Vale la pena di ricordare che il 90 per cento delle leggi sono frutto dell'iniziativa legislativa del Governo, nonostante le limitazioni imposte dalla sentenza della Corte costituzionale. Quando il Parlamento vuole migliorare, emendare, discutere, il Governo fa sistematicamente ricorso al voto di fiducia per far decadere tutte quelle proposte che a volte riprendono il contenuto di ordini del giorno accolti in passato dallo stesso esecutivo.
Di fronte a questa schizofrenia del Governo, di fronte al tentativo di violare le regole democratiche del gioco, anche parlamentare, di fronte al tentativo di schiacciare l'opposizione con il ricorso alla decretazione d'urgenza, alla fiducia, al contingentamento dei tempi, a tutti quegli escamotage che spesso mettono il Parlamento nella condizioni di non assolvere il proprio ruolo, la mia preoccupazione è che si abbassi la qualità della capacità legislativa del Parlamento e dei singoli parlamentari. Se un deputato, nel momento in cui deposita una proposta di legge, sapesse che la possibilità di discuterla è pari al 20 per cento mentre quella di votarla è pari al 10 per cento, probabilmente riuscirebbe a qualificare in misura maggiore il proprio lavoro. Oggi però la proposizione legislativa è molto scarsa, limitata agli interessi del collegio e del tutto propagandistica perché le proposte dei parlamentari non arrivano neanche ad essere poste all'ordine del giorno.
Da qui nasce il problema delle regole, da qui nasce la preoccupazione che la loro continua violazione da parte del Governo con il ricorso alla fiducia, come nel caso odierno, porti il Parlamento ad abbassare il livello della propria capacità di proposta legislativa. Ciò si rivela un danno per la democrazia e per tutto il Parlamento, oltre che per tutto il paese, perché un'efficienza legislativa inferiore rispetto alle potenzialità danneggia l'intero paese.
Ribadiamo un doppio «no» a questo provvedimento perché siamo contrari nel merito; riteniamo innanzitutto che si debba approvare una riforma del sistema fiscale italiano capace di garantire percentuali certe affinché il cittadino conosca realmente quale quota del proprio reddito debba destinare allo Stato e quale invece debba destinare alla propria famiglia. Diciamo «no» per un problema di procedure, di regole e di rapporti tra Governo ed opposizione e tra Governo e Parlamento, convinti che dietro al nostro «no» vi sia la volontà di tanti italiani che

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si rendono conto della impossibilità di procedere attraverso «decreti tampone» come quello al nostro esame, che non guardano al problema generale: essi tendono a risolvere il sintomo di oggi, sapendo già che domani vi sarà un ulteriore sintomo ed un altro grave problema da affrontare.
Il fatto che il Governo debba ricorrere per due volte in una settimana alla questione di fiducia fa comprendere che il rapporto tra esso ed il Parlamento - e quindi tra esso ed il corpo elettorale che il Parlamento rappresenta - si è già deteriorato.
Noi di alleanza nazionale con il nostro voto contrario riteniamo di dover dare un contributo alla chiarezza a favore di tutti quegli italiani che vogliono solo ed esclusivamente certezze in materia fiscale (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PIETRO ARMANI. Bravo!

ELIO VITO. Benvenuto, Presidente Biondi!

PRESIDENTE. La ringrazio, non sapevo che vi era questa nuova usanza! In ogni caso non sono contrario alle innovazioni, purché non siano eccessive!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Savelli. Ne ha facoltà.

GIULIO SAVELLI. Signor Presidente, signori deputati, dopo decenni di totale irresponsabilità nella gestione della finanza pubblica (ricordo ancora una dichiarazione di Paolo Cirino Pomicino, allora ministro del bilancio, che affermò testualmente che il debito pubblico non era un problema, perché ad esso si poteva illimitatamente far ricorso manovrando i saggi di interesse), che ci ha portato ad un indebitamento di 2 milioni e 200 mila miliardi, corrispondenti a 40 milioni di lire per ogni cittadino italiano, questa è la realtà della cosiddetta protezione sociale dalla culla alla bara; dopo decenni di totale irresponsabilità, dicevo, che ha fatto sì che alla spesa pubblica, in rapporto al PIL, più alta tra i paesi occidentali e forse del mondo, corrisponda la spesa percentuale più bassa in relazione a molti servizi essenziali e, in particolare, come ha già ricordato l'onorevole Marzano, una spesa minima per opere pubbliche, che rischia di far scivolare il nostro paese verso una realtà infrastrutturale da terzo mondo; dopo tutto questo da qualche anno - non per ritrovata saggezza, ma perché i nodi, come dice il proverbio, vengono al pettine - ci si rende conto finalmente della necessità di un riequilibrio dei conti anche, ma non solo, per la prospettiva dell'Unione europea.
Salvo qualche minoritaria presenza in Parlamento di componenti che, per pura demagogia, soffiano ancora sul fuoco delle più svariate richieste - a volte assurde; a volte anche in linea di princìpio giuste, ma che non possono essere avanzate se non si commisurano i bisogni ai mezzi per soddisfarli - pare che finalmente la maggioranza delle forze politiche concordi sulla necessità di portare ordine nei conti dello Stato. Non si tratta solo di adempiere agli impegni di Maastricht, assunti, dice Nesi, da tecnocrati e politici incompetenti. Se Maastricht non vi fosse - ed indipendentemente dall'esito della vicenda dell'euro - sarebbe egualmente necessario contenere la spesa pubblica nei limiti delle entrate (il 3 per cento di deficit mi pare solo un avvicinamento all'obiettivo che consideriamo comunque auspicabile del pareggio di bilancio), contenere le entrate nei limiti della ragionevolezza, di un'equa ripartizione tra consumi e investimenti pubblici e privati; per noi il contenimento dovrebbe manifestarsi nei limiti in cui è davvero necessario provvedere a compiti e servizi di interesse della comunità, senza inseguire il nobile scopo della retribuzione egualitaria del reddito; un nobile scopo in nome del quale - come insegna la storia - si è prodotta solo miseria e si sono realizzati e rafforzati i privilegi dei più forti.
Parlavo poc'anzi della necessità di riequilibrare i conti pubblici. Ma ciò può essere conseguito appunto o riducendo la spesa o incrementando le entrate. La


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strada scelta finora, anche da chi della necessità del riequilibrio ha dovuto prendere atto, è stata (con l'eccezione del breve periodo del Governo Berlusconi) la seconda. Il prelievo fiscale, la quota del reddito nazionale gestita da politici e burocrati - e non dai privati cittadini - è ancora aumentata, perfino nel 1996; aumenterà per effetto della finanziaria e ancora con il decreto-legge oggi alla nostra attenzione; si preannuncia un ulteriore aumento con la cosiddetta «manovrina» di primavera.
Si può eufemisticamente definire «contributo di solidarietà» la nuova imposizione fiscale che si preannuncia per i pensionati, ma sempre di tasse si tratta; e così per l'annunciato prelievo dalle imprese di una parte degli accantonamenti di fine rapporto. E anche quando si parla dei tagli, spesso si intende mantenere il prelievo e tagliare i servizi ai cittadini, costringendoli a pagare di tasca propria ciò che hanno già pagato per avere come servizio pubblico.
Prendiamo tuttavia atto dei cambiamenti. La sinistra, o almeno la sua parte più significativa, cessa di essere un'accozzaglia di demagogia, irresponsabilità ed anarchismo. Anche in Italia, finalmente e per ultima, la sinistra, come nel resto dell'Europa, si trasforma in una sana socialdemocrazia, più attenta forse ai valori della solidarietà e della difesa delle classi deboli che non a quelli dell'efficienza, della libertà e della creazione di ricchezza; anche in Italia la sinistra diventa una sana forza conservatrice di legittimi diritti e aspettative di chi rischia di essere travolto dall'impetuoso evolvere della tecnica, dalla globalizzazione dell'economia, dai progressi dell'epoca post-industriale ed informatica.
Siamo lieti che la sinistra impari a fare i conti, ma nel resto del mondo lo scontro è appunto tra socialdemocrazia (che sa fare i conti) e liberalismo: stupisce che tanti sedicenti liberali, di fronte ad una sinistra che diventa (se diventa) finalmente socialdemocratica, non comprendano che ciò non di meno non è questa la rivoluzione liberale di cui l'Italia ha bisogno.
Dunque, non far quadrare i conti dell'INPS, che pure è necessario, ma superare la previdenza di Stato e restituire ai lavoratori il controllo del loro risparmio. Non aumentare i ticket, ma comprendere che della propria salute ognuno ha il diritto di occuparsi da sé, senza delegarla a burocrati e sindacalisti. Non delegare allo Stato il compito di dare a ciascuno ciò che si ritiene sia giusto, ma lasciare operare il mercato e pagare solo quelle tasse che corrispondano a servizi pubblici effettivamente indispensabili.
Come dicono le parole, socialdemocrazia o democrazia sociale, o meglio democrazia dello Stato sociale (che oggi peraltro l'onorevole D'Alema in una lettera a il manifesto conferma di non voler riformare profondamente e strutturalmente); la socialdemocrazia, dicevo, ammesso che di questo si tratti e che questo vogliano finalmente gli epigoni di una sinistra che è stata del tutto diversa, è cosa differente dalla democrazia liberale, che privilegia, pone l'accento, auspica una maggiore libertà dell'individuo. Il provvedimento del Governo va esattamente nella direzione opposta alla nostra. Per questo non possiamo che dichiararci contrari (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, annuncio il mio voto contrario al decreto-legge sulla manovra di fine anno. Sulle motivazioni del nostro forte, anzi fortissimo dissenso hanno già parlato prima e meglio di me alcuni colleghi, cito per tutti l'onorevole Armani. Tuttavia, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ritengo sia doveroso per ciascun deputato aggiungere un tassello al mosaico di critiche, di rilievi e contestazioni che l'opposizione ha saputo muovere nei confronti di questo provvedimento.


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Onorevoli colleghi, è un decreto-legge in cui si parla un po' di tutto: di lotterie, di concorsi pubblici, di consigli comunali, di sfollati dalla ex Iugoslavia. È un decreto «zibaldone» simile, per tanti versi, a quelli ai quali ci aveva abituato la nomenklatura, la classe politica primo-repubblicana. La vera analogia con il vecchio regime partitocratico consiste essenzialmente nell'assenza totale e sconcertante di misure strutturali, cioè di quelle misure in grado di invertire la tendenza, di creare un circolo virtuoso dell'economia e di ammodernare sul serio e veramente una struttura produttiva fragile o addirittura inesistente in alcune zone del paese. Nel decreto-legge in esame non vi è nulla di tutto questo e, lasciatecelo dire, signori rappresentanti del Governo e della maggioranza, non avrebbe potuto esservi, perché questa maggioranza reca impressa nel suo patrimonio genetico l'abitudine a considerare la leva fiscale come il rimedio principe per rivitalizzare l'economia.
Per il Governo Prodi tassare i cittadini è ormai diventato una sorta di sport nazionale da praticare con frequenza trimestrale e la cui unica novità, tra una manche ed un'altra, consiste nel cambiare di volta in volta il bersaglio. Il prossimo saranno i pensionati, ai quali si chiederà un contributo di solidarietà. Onorevole Mattioli, un contributo di solidarietà! Se foste così bravi nel governare così come lo siete nel trovare le parole adatte per fregare gli italiani ed i contribuenti, darei la fiducia al Governo Prodi.
Tassare, dunque, è la strada imboccata dal Governo Prodi; si dice per portare l'Italia nel gruppo di testa dell'euro. Non posso non rilevare la differenza abissale che esiste tra la vostra terapia e l'impostazione data da un altro Governo, dal Governo Berlusconi, per quanto riguarda il raggiungimento di tale obiettivo. Cito per tutte la legge Tremonti, una legge che l'attuale maggioranza, quando era minoranza, ha fieramente e decisamente avversato poiché - sosteneva l'attuale maggioranza ed ex minoranza - sarebbe costata circa 3.500 o 4 mila miliardi al sistema fiscale italiano. L'obiezione era fondata ma estremamente parziale, dal momento che si era omesso accuratamente di riferire che, detassando gli utili reinvestiti, la Tremonti avrebbe dato ossigeno al mercato: quel che si sarebbe perso in termini di fiscalità, sarebbe stato guadagnato dal punto di vista dell'incentivo allo sviluppo ed alla produzione. Ciò significa che i circa 3.500 miliardi di minore incasso per effetto delle agevolazioni concesse agli imprenditori avrebbero avuto come compensazione - come effettivamente è accaduto nel 1995 ed in parte del 1996 - una maggiore produttività se è vero, com'è vero, che su questo fronte l'IRPEF, l'IRPEG e l'ILOR hanno registrato maggiori incassi. Questa è stata la filosofia, onorevoli colleghi e signor rappresentante del Governo, che ci ha accompagnati durante il Governo Berlusconi.
Oggi invece ci troviamo di fronte ad un Governo che, facendo pressione sulla leva fiscale, disincentiva la produzione, deprime i consumi ed ovviamente non riesce a creare un solo posto di lavoro. Mi chiedo, allora, dove siano finiti coloro i quali, dopo appena pochi mesi, chiedevano conto a Berlusconi della promessa del famoso milione di posti di lavoro, mentre oggi sussurrano appena qualche parolina imbarazzata all'indirizzo di un Governo che in un lasso di tempo superiore non ha ottenuto alcun risultato apprezzabile. L'onorevole Mattioli, quale rappresentante del Governo, potrebbe obiettare che anche in questo provvedimento vi è qualcosa che in un certo senso somiglia alla legge Tremonti, la normativa che riguarda l'industria dell'automobile, gli incentivi con il famoso contributo sulla rottamazione; potrebbe quasi essere presentato come l'esempio di un'inversione di tendenza rispetto alla politica della tassazione selvaggia ed indiscriminata. Magari fosse così, sottosegretario Mattioli! Noi invece abbiamo la fondata sensazione che questo provvedimento non faccia altro che anticipare qualcosa che sarebbe necessariamente accaduto dopo. Non abbiamo, cioè, un aumento delle entrate, ma entrate che arrivano anticipatamente. La FIAT, ad

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esempio, sottosegretario Mattioli, attraverso questo contributo non venderà di più, ma prima. Si tratta quindi di una semplice anticipazione di entrate, non di un aumento complessivo generale delle entrate stesse. È un discorso diverso dalla legge Tremonti, la quale ha prodotto effetti che altrimenti non avremmo mai ottenuto. Ecco perché vi è una differenza tra la politica delle incentivazioni e delle agevolazioni allo sviluppo ed alla produzione, effettuata dal nostro Governo nella passata legislatura, e la politica di depressione che sta attuando questo Governo.
Ecco perché noi non possiamo che votare contro. Vi è una motivazione di fondo che ci spinge a farlo: sono due filosofie che tra di loro cozzano, fanno a pugni. Voi, attraverso un finto rigore, non fate altro che vessare e deprimere i ceti produttivi, determinando l'impossibilità di nuovi investimenti che potrebbero portare ossigeno all'economica nazionale e soprattutto meridionale. Noi, attraverso la politica delle incentivazioni, vogliamo aiutare chi ha capacità, creatività, voglia di rischiare il nome ed il capitale, creando ricchezza, occupazione e benessere.
Noi voteremo «no», sottosegretario Mattioli, ma nello stesso tempo vi vogliamo dare un consiglio: rottamate questo Governo, portatelo alla rottamazione e vi daremo il nostro contributo; non ci sarà il contributo dello Stato, ma sicuramente vi sarà quello dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nan. Ne ha facoltà.

ENRICO NAN. Sul provvedimento al nostro esame è stato detto molto dal punto di vista tecnico e politico, entrando nel dettaglio delle norme. Io credo che questa normativa consenta anche di fare ancora una volta una riflessione sull'impostazione politica del Governo.
Troppo spesso, infatti, quando parliamo nel dettaglio, sull'articolato, viene in mente quello che è accaduto durante la campagna elettorale, quando vi era una corsa a chi fosse più liberale. Ricordo, il giorno del tax day, quando Silvio Berlusconi e Prodi erano entrambi per la diminuzione della pressione fiscale. Allora tutti erano liberali, ma, di fronte a provvedimenti di questo genere, credo sia necessario svolgere alcune considerazioni. Ecco perché, sebbene io sia molto critico nei confronti di questo decreto, ritengo che non tutto il male venga per nuocere, perché è anche utile, una volta ogni tanto, fare il punto della situazione e vedere chi sta da una parte e chi dall'altra, chi la pensi in un modo e chi nell'altro.
Essere liberali vuol dire guardare alle libertà civili ed economiche. Troppe volte nelle dichiarazioni di carattere generale ci si accomuna in questi concetti e poi si va incontro a provvedimenti del genere.
Dal punto di vista dei diritti civili credo che molti segnali li abbiamo avuti già dalla campagna elettorale: penso al provvedimento sulla par condicio, che è stato predisposto su misura per le elezioni e poi è stato dimenticato. Il nostro è un paese che, oltre a questi provvedimenti, vede anche la risoluzione dei problemi economici nel «Gratta e vinci» e, subito dopo, assiste alla manifestazione di coloro che vincono e non possono neanche riscuotere i soldi di queste lotterie; è un paese che in questo momento deve fare il punto della situazione.
Non si può più vivere di bugie - come è stato detto - o di furbizie. L'attuale vicenda politica è nata dal concetto di desistenza: molti italiani hanno votato per l'Ulivo pensando di schierarsi a favore di una visione innovativa ed anche liberale della società, ma sono rimasti ingannati.
Sono convinto che il sottosegretario Marongiu - che ha seguito i nostri lavori per tutta la mattinata - abbia una visione liberale dell'impostazione economica, ma sono anche convinto che il Governo non potrà ottenere risultati su questo terreno: è troppo condizionato, ingessato da una visione conservatrice imposta dall'estrema sinistra e dai sindacati.
Non si può parlare di modifica dello Stato sociale quando in provvedimenti


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come quello in esame vediamo il costo del lavoro mantenuto allo stesso livello: non c'è alcuno sforzo di diminuirlo per rendere l'Italia più competitiva rispetto agli altri paesi europei. Non si assume alcuna misura per la modifica del sistema sanitario (la prima voragine del nostro sistema economico) né si introduce alcuna previsione in merito alla modifica del sistema fiscale (la pressione, anziché diminuire, continua ad aumentare).
Si prendono, poi, provvedimenti «furbi». La legge Bassanini, per esempio, parla di federalismo, ma sotto la parvenza di un leggero decentramento della pubblica amministrazione determinerà in realtà ulteriori aumenti delle tasse da parte degli enti locali.
La nostra, in sostanza, è una critica di fondo. Non si può andare avanti in base a provvedimenti tampone, indicati con furbizia come novità: bisogna guardare ad una vera e propria riforma strutturale dello Stato. Questo auspichiamo sia l'obiettivo di chi ha detto di voler affrontare, con la bicamerale, una scommessa, facendosi nominare presidente della Commissione. Se si vuole guardare ad uno Stato più socialdemocratico, più liberale, occorre che le novità siano sostanziali, siano concrete, è necessario ci si allontani da uno Stato sociale che nessuno vuole eliminare o abbattere, ma che tutti crediamo debba essere modificato per adeguarlo ai tempi e per rendere l'Italia più competitiva.
Occorre, allora, che provvedimenti come quello che stiamo esaminando non dimentichino il turismo: la prima industria italiana, che continua invece a perdere terreno rispetto agli altri paesi (gli italiani vanno all'estero, mentre sempre di meno i cittadini stranieri vengono in Italia), perché altrove il turismo è sempre più competitivo.
Nulla si fa, poi, per l'agricoltura, che pure ha sempre rappresentato un asse portante dell'economia italiana. Ci si limita ad assistere quasi con uno sguardo di impotenza alle vicende relative alle quote latte, mentre non si assumono misure per il costo del gasolio, che ormai rende il paese non più competitivo.
La stessa sanità è lasciata così com'è. Non si capisce che la competizione fra pubblico e privato andrebbe a vantaggio dei meno abbienti, di coloro che avrebbero bisogno di una più elevata qualità delle strutture pubbliche. Si pensa soltanto ad incentivare settori ben determinati dell'economia, senza modificare sistemi (come le gabbie salariali) che ingessano e bloccano qualsiasi mobilità nel campo del lavoro e senza favorire l'industria ed il rilancio dell'occupazione.
Credo che questi provvedimenti debbano farci riflettere per vedere se vogliamo entrare in Europa tanto per entrarci, per dire che ci siamo arrivati, oppure se vogliamo che questo passo in avanti rappresenti un salto di qualità per noi tutti, per tutti i cittadini italiani. Per ottenere questo risultato, dobbiamo fare qualcosa di più che approvare questi provvedimenti tampone, che non servono e non ci consentono di entrare in quell'Europa alla quale stiamo guardando un po' come ad un tram in corsa: possiamo salirvi, sederci su una poltrona comoda e fare il viaggio insieme ad altri viaggiatori con pari dignità, oppure possiamo attaccarci fuori e farci trasportare dagli altri. Ma dobbiamo stare attenti, perché a volte questo è pericoloso e ci si può fare male!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stamane l'onorevole Caveri ha giustamente lamentato, dal suo punto di vista e con preoccupazione, il consolidarsi del meccanismo perverso e paralizzante, che ormai sta prendendo piede in quest'aula, del voto di fiducia, cui segue normalmente il meccanismo ostruzionistico, o quasi, a rappresentazione plastica di un rapporto sostanzialmente bloccato tra maggioranza ed opposizione.
Io non mi lamento di questa doglianza da parte dell'onorevole Caveri perché non


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appartengo alla schiera di coloro che ritengono di dover cercare impossibili mediazioni. Ritengo sia giusto, invece, fare emergere chiaramente il carattere sostanzialmente illiberale di questo Governo, e quindi credo sia giusto che queste prove di forza abbiano a verificarsi ancora. È di tutta evidenza, infatti, l'inevitabilità di una tale situazione, la fatalità assoluta di un braccio di ferro che discende dal profondo convincimento di tutta l'opposizione che la politica economica del Governo sia una politica sciagurata, irrazionale, antipopolare e soprattutto assistenzialistica, ove per assistenzialismo non abbiano ad intendersi i più deboli, gli emarginati, i disoccupati, i sottoccupati, i pensionati, ma i grandi pescecani dell'industria privata, tanto bravi a privatizzare gli utili quanto, parallelamente e specularmente, a socializzare le perdite. Il tutto con la benedicente e infantilmente soddisfatta approvazione dei cosiddetti difensori di professione del popolo lavoratore, come Marini, Benvenuto, Pizzinato, D'Alema e Bertinotti!
Ma nella congenita incapacità di governare e nella più assoluta e caotica confusione programmatica e progettuale si annida anche la primitività della tecnica legislativa. Il decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, detta, o meglio dovrebbe dettare, disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno in corso. In realtà, come sempre più spesso accade, all'interno del decreto vengono affastellate, in ordine sparso o in disordine programmato, non soltanto le materie più strane, ma anche quelle che in realtà nulla, assolutamente nulla, hanno a che vedere con la materia tributaria, finanziaria e contabile. Ciò a testimonianza della sconcertante metodica che sorregge l'opera e l'impegno legiferante del Governo.
Intendo soffermarmi per qualche istante sul mai troppo vituperato articolo 29 del decreto-legge, relativo al contributo per l'acquisto dell'auto, autentico regalo della sinistra comunista e non alla figura emblematica del capitalismo nazionale, cioè alla FIAT e alla famiglia Agnelli. Già costantemente aiutata da tutti i Governi della Repubblica in ogni epoca, l'industria automobilistica torinese ha finalmente trovato un Governo che, per cupidigia irrefrenabile di servilismo, non maschera neppure la propria volontà di andare in soccorso del gruppo del quale ha assunto formalmente gli interessi funzionali. Non è un caso che l'articolo 29 sia fra i più lunghi ed articolati dell'intero decreto. Non è un caso che soltanto in un secondo momento, quasi a voler sovrapporre una foglia di fico sulle pudenda del Governo, sia stato introdotto l'articolo 29-bis, che riguarda l'estensione del fondo per agevolare l'acquisto di automezzi per il trasporto pubblico locale. L'attenzione del Governo, infatti, era tutta concentrata sul trasporto privato; poi ci si è ricordati che tanto valeva dare una mano anche all'IVECO e così il padrone, che è sempre lo stesso, è ancora più contento. Ma il pensiero riverente del Governo agli interessi della famiglia Agnelli è così intenso da non aver consentito neppure la seria organizzazione del meccanismo di erogazione del contributo. Restano così incredibilmente ed ingiustamente escluse, per esempio, le organizzazioni religiose e le associazioni del volontariato che spesso, proprio per la penuria di risorse, hanno un parco automezzi vetusto, che dunque ben poteva essere rinnovato in occasione del presente decreto.
Ci faccia comprendere, il Governo, la volontà di aiutare questo gruppo e questa famiglia, ancor meno comprensibile se si pensa che aiutiamo un gruppo che normalmente, come si usa dire oggi, delocalizza, ossia porta all'estero i propri impianti, fa costruire da altri operai, non dai nostri, le vetture e torna a venderle in Italia utilizzando lo strumento fornito da questo decreto. Penso proprio che ci volessero i comunisti e la sinistra per arrivare ad un livello di questo genere; penso proprio che il più ottuso e reazionario dei Governi di questa Repubblica non sarebbe stato capace di pensare una cosa così sciocca, servile e funzionale agli

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interessi del grande capitale (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
È evidente che i rivenditori sono oggi soddisfatti, ma è altrettanto evidente che, svuotate le scorte dei magazzini FIAT, il problema si ripresenterà fra alcuni mesi in modo ancora più drammatico ed acuto. Come deputato piemontese, assisto nella mia zona alla crisi dell'industria tessile, situata a soli 70 chilometri dalla Torino di Agnelli e delle sinistre servili verso le grandi famiglie industriali: mi chiedo perché gli imprenditori della mia terra, che corrono sul serio il rischio imprenditoriale, che non hanno l'Ulivo che va loro incontro, ma che hanno l'intelligenza, il lavoro, la fantasia per portare il nome dell'Italia nel mondo attraverso la moda ed i tessuti, non debbano avere anch'essi il diritto, per esempio, ad un contributo di 200 mila lire a fronte della rottamazione di un loro cappotto o doppiopetto. Mi chiedo per quale ragione i gruppi che sostengono il Governo non sentano la necessità di sostenere la piccola e media impresa, per esempio quella della mia terra, limitando invece l'intervento alla grande industria sulla base dei criteri di cui si è parlato.
Passando ad altro argomento, che dire del significato politico dell'articolo 3, relativo alla trascrizione dei contratti preliminari di vendita? Un articolo che ha già sollevato - e non poteva non sollevare - l'ira, la reazione documentata, attenta, puntuale, degli operatori del settore, i quali più che giustamente, in modo sacrosanto, hanno sottolineato la grande incertezza sul rapporto tra prezzo di vendita dell'immobile e valore fiscale da tassare, fonte di comprensibile tensione, e la sostanziale lievitazione dei costi, se è vero - come è vero - che quando gli effetti del preliminare vengono meno per consensuale risoluzione delle parti o per la necessità dell'incombenza della cancellazione della trascrizione (incombenza prevista anche nelle fattispecie disciplinate dal nuovo comma aggiunto all'articolo 2668 del codice civile), nascono necessità di nuovi adempimenti, nascono nuovi oneri di natura professionale e fiscale.
Onorevoli membri del Governo, di che cosa non aveva bisogno il settore immobiliare, data la crisi comatosa che da tempo lo avvolge? Di nuovi costi e della moltiplicazione delle incombenze, cioè esattamente di quello che voi avete riversato sugli operatori e sui cittadini che vogliono un mercato immobiliare elastico, libero, dinamico, sciolto, con oneri contenuti e ragionevoli.
Ecco, onorevole Presidente e onorevoli colleghi, potrei continuare a snocciolare le altre incongruenze del decreto sottoposto al nostro esame, ma già lo hanno fatto i numerosi colleghi del Polo che mi hanno preceduto. Una sola ulteriore considerazione intendo svolgere a dispetto dell'ottimismo manifestato costantemente dal Presidente del Consiglio attraverso la beatitudine che traspare ogni giorno dal suo volto, a dispetto della servile condiscendenza di certa stampa sempre più di regime.
Il 14 febbraio scorso, 150 imprese del nord-est hanno purtroppo festeggiato la loro emigrazione nella vicina Carinzia, dove la pressione fiscale si ferma al 36 per cento, dove i servizi pubblici sono efficienti, dove la pubblica amministrazione lavora per facilitare e non per ostacolare l'attività delle imprese. Era, signor Presidente, la festa di San Valentino: con chi avrebbero dovuto fidanzarsi quel giorno quegli imprenditori, con Romano Prodi o con il ministro Visco? No, evidentemente, hanno scelto la confinante Austria, a dimostrazione del fatto che la misura è colma e che dieci mesi di Governo dell'Ulivo hanno purtroppo incrementato soltanto la voglia, ricca di tormento e di disperazione, di abbandonare l'Italia.
Bel risultato davvero per chi ha l'ambizione di portare il paese in Europa, bel risultato per coloro che hanno promesso al paese un new deal che non è mai arrivato e di cui non si vede l'avvio neppure all'orizzonte!
Mi sento quindi confortato, signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'esprimere un fermo voto contrario non solo al provvedimento ma, attraverso di esso, ad

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un Governo antipopolare, conservatore, reazionario e paleocapitalistico, coerentemente in ciò sostenuto dai partiti della sinistra e dalla cosca della sindacatocrazia ufficiale (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Onorevole Delmastro Delle Vedove, lei ha parlato venti secondi di più del tempo a sua disposizione, mentre bisogna rispettare il limite di dieci minuti. Ho sempre difficoltà ad interrompere un collega che sta parlando, ma non vorrei che l'ultimazione, per così dire, fosse un'appendice, sia pure gradevole, di un discorso già esaurito.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paroli. Ne ha facoltà.

ADRIANO PAROLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, da alcuni giorni ormai stiamo trattando questo provvedimento ed in particolar modo in queste ultime due giornate credo siano emerse verità e valutazioni che devono far riflettere tutti noi, soprattutto i membri della maggioranza. Sono valutazioni che non possono non portare un grave imbarazzo in giornate già caratterizzate a parer nostro da molti imbarazzi, che crescono man mano che si approfondiscono i contenuti del decreto: è una manovra che si è già dimostrata iniqua ed inefficace, si è caratterizzata in termini negativi per merito e per modalità.
Le modalità, purtroppo, sono figlie di un periodo oscuro che oggi sembra continuare; noi speriamo che questo sia solo l'ultimo atto di un periodo in cui l'unica legge sembra essere quella dei numeri e dell'ottusità, a scapito di quella ragionevolezza che tutti i cittadini italiani - non solo quelli del Polo - vorrebbero che aleggiasse nella maggioranza. Questo non si è verificato, purtroppo ci siamo scontrati con un'indisponibilità totale ad accogliere alcuna delle pur ragionevoli proposte delle opposizioni; sono emblematici gli accadimenti nelle Commissioni bilancio e finanze. Nessuno di noi ha ancora capito (non ci è stato spiegato) per quale motivazione le Commissioni finanze e bilancio siano state impegnate da questo provvedimento in sede congiunta.
Si diceva che la legge dei numeri imperava anche in questa assegnazione del provvedimento. Non voglio pensarlo, però non ci è stata data altra motivazione. Quindi tutti sono abilitati ad avere le proprie opinioni, opinioni che evidentemente in questo caso non possono essere positive. Come stavo dicendo, anche in Commissione non si è voluto accogliere nulla, nemmeno in quei casi in cui si trattava solamente di correggere errori formali. Perché tutto questo? Come alcuni colleghi hanno prima ricordato, si è quasi instaurato un monocameralismo occulto, senza che esso fosse stato sancito da una legge.
Per quale ragione non si sono corretti alcuni errori formali? Per quali ragioni non si sono introdotte delle modifiche sicuramente utili se non indispensabili, a nostro avviso? Le uniche ragioni sono quelle, purtroppo, dell'ottusità. Non può infatti essere considerata una ragione il fatto che questo provvedimento dovesse poi tornare al Senato per una rapida approvazione delle modifiche introdotte dalla Camera.
Nei giorni scorsi abbiamo sentito interventi in cui si parlava di norme che producono maggiore gettito senza intaccare gli stipendi, senza aumentare il costo della vita. Questo è quanto ci è stato detto. Pura fantasia, signor Presidente! Pura fantasia e demagogia. L'Italia sembra un paradiso fiscale, ma così non è e lo sanno tutti. Lo sanno soprattutto coloro che lavorano e producono, e non bastano certe frasi ad indorare una pillola amara per tutti noi, per tutti gli italiani.
Si è parlato di misure a sostegno dell'economia e si sono respinti emendamenti che andavano realmente a favore delle piccole e medie imprese. In particolare me ne sovviene alla mente una, in cui si sanciva semplicemente che l'imprenditore, venditore di un bene, potesse pagare l'IVA solo quando essa fosse stata incassata e non alla data di emissione della fattura. Un piccolo emendamento


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che avrebbe recato un grande giovamento all'attività di tutte le imprese italiane. Ora assistiamo continuamente a piccole e medie imprese che si devono indebitare e ricorrere a fidi bancari per pagare anticipatamente l'IVA. Il che non è più sopportabile, né possiamo più pensare di governare il paese in questo modo, anche perché tutto questo a cosa serve? A difendere fino in fondo l'articolo 22, guarda caso a favore del comune di Napoli e del suo sindaco Bassolino? Oppure a difendere l'articolo 29, di cui si è già parlato ampiamente? Quest'ultimo articolo riguarda quegli incentivi a favore delle auto che solo a parole - dobbiamo dirlo - non sono piaciuti a rifondazione comunista. Quest'ultima, a parole, chiede una mobilità alternativa; è però poi obbediente, nei fatti, alle logiche economiche della «gomma» e del padrone. Rifondazione comunista non vuole intaccare i pilastri di uno Stato sociale già decadente; in questo modo però fa crollare sia lo Stato sociale sia il paese.
La maggioranza purtroppo conferma la confusione della propria politica economico-finanziaria; questo provvedimento è privo di qualsiasi strategia sia lungimirante sia a medio termine. È un provvedimento che si può definire di sopravvivenza, da un lato, e di benevolenza, dall'altro. Il risultato che sicuramente raggiunge è quello di rendere chiaro a tutti che questo modo di operare non legittima certo questa come una maggioranza del cosiddetto buongoverno.
Nel provvedimento mancano i veri incentivi; tali infatti non possono essere considerati quelli, pur esistenti, a favore dell'edilizia. Per favorire l'edilizia, infatti, occorrono anche incentivi a favore di quell'economia che poi potrà usufruire dell'edilizia. Chi potrà comprare?
Si diceva prima - in particolare lo ricordava il collega Nan - che da troppo tempo si è dimenticato il settore del turismo che, considerata l'ampiezza di proposta che vi è in Italia, altri paesi saprebbero sfruttare meglio. Si diceva anche che manca qualsiasi tipo di incentivo a favore delle piccole e medie imprese. Infatti questo provvedimento si caratterizza come un ennesimo attacco al benessere, non al consumismo: al benessere dei cittadini, al benessere di tutti noi, a quel benessere che ci rende semplicemente liberi.
La cosa più grave è che, da un lato, si attacca il benessere e, dall'altro, non si raggiunge alcun risultato utile. Non vi sono effetti positivi per il bilancio dello Stato, ma si tappano soltanto le falle ed i buchi, cercando di sopravvivere.
Forse non c'è da stupirsene, ma io ritengo ugualmente che tale atteggiamento debba essere stigmatizzato perché è estremamente grave che la sinistra italiana consideri ancora il benessere come un segnale di eccessiva indipendenza del cittadino dallo Stato. Sembra di sentire ancora i proclami per i quali il cittadino deve dipendere dallo Stato: guai a chi cerca di affrancarsi da esso.
Forse tale atteggiamento risponde semplicemente alla logica della nuova sinistra che, ritenendosi unica rappresentante delle classi più deboli, ha avuto una geniale idea per aumentare i propri voti: aumentare il numero dei poveri e dei deboli. Purtroppo temo che stia riuscendo nel proprio intento e che stia per ottenere il risultato di rendere tutti più deboli.
Tutto questo non ci interessa, perché abbiamo presentato un programma per rispondere ai bisogni dei cittadini e ad esso ci atteniamo. Ecco dunque il motivo della nostra opposizione e della nostra contrarietà a questo provvedimento e a tutto ciò che ne consegue (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, preannuncio il mio voto contrario sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 669, recante disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica


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per l'anno 1997, così come modificato dal Senato.
È doverosa un'osservazione preliminare: cosa di tanto urgente è accaduto tra il 23 ed il 31 dicembre 1996? Proprio il 23 dicembre veniva approvata la cosiddetta legge finanziaria e già al 31 dicembre veniva presentato un decreto-legge di modifica della stessa. Non si è trattato soltanto del completamento di una manovra economica: questo sarebbe stato in sé corretto. Si è trattato, invece, di una serie di correzioni anche a rettifica di madornali errori contenuti nella precedente legge.
Allora dobbiamo chiederci se questo modo di legiferare da parte del Parlamento sia corretto o raffazzonato, se non renda ancora più difficili le norme e se non complichi la vita ai cittadini, portandoli sempre più lontani da quel paese legale che pure questo Parlamento dovrebbe rappresentare.
Devo fare anche un'altra considerazione. Tra il 23 ed il 31 dicembre vi è stato il Natale: questo Governo ha pensato di fare un ulteriore regalo ai cittadini, passando da manovrona a manovrina e quindi regalando tasse su tasse. Ciò null'altro fa che aumentare la pressione fiscale e, in questo caso, anche i favoritismi ai rottami della prima Repubblica ben rappresentati dalla dinastia Agnelli.
Ebbene, dobbiamo allora riprendere in considerazione - e mi rifaccio all'intervento estremamente opportuno svolto nella seduta del 18 febbraio 1997 dal collega Contento - anche il modo di legiferare. Chiunque abbia letto l'articolo 22 del decreto-legge al nostro esame si è reso conto che lo stesso ripropone una vecchia norma del decreto-legge n. 443 che venne bocciato da questa Camera. Era una norma che stanziava 25 miliardi a favore del sindaco di Napoli.
Chiediamo allora al Presidente del Consiglio, che in questi giorni è stato capace di adeguare l'indennità dei sottosegretari e dei ministri a quella dei parlamentari, di chiamare in qualità di ministro o di sottosegretario il sindaco di Napoli Bassolino, perché in tal modo i cosiddetti decreti, se firmati anche dal ministro Bassolino, avranno un senso: saranno i decreti-legge Bassolino e finalmente chiuderemo la vergognosa pagina dei decreti-legge pro Bassolino. Infatti, dall'inizio di questa legislatura abbiamo assistito ad una serie di interventi, soprattutto in materia di lavori pubblici, diretti unicamente a favorire la campagna elettorale anticipata del signor sindaco di Napoli. È un modo scandaloso di procedere che oltre tutto altera le regole del gioco e crea una sostanziale non parità tra coloro che vorranno concorrere alla carica di sindaco di Napoli e il sindaco uscente, al quale viene riservata in ogni provvedimento legislativo una qualche provvidenza e viene strafavorito solo perché sindaco dell'Ulivo.
Signor Presidente, in periodi di vacche magre dobbiamo rifarci anche ad altri parametri. Quando si continuano a reiterare interventi a favore degli sfollati dell'ex Iugoslavia, noi, che pure abbiamo comprensione per coloro i quali hanno vissuto quel dramma, ci poniamo anche il problema dei tanti italiani che oggi non sono neanche in condizione di disporre di un minimo vitale. Dobbiamo iniziare a creare condizioni di solidarietà che innanzitutto consistono nell'essere più vicini a chi ci è più vicino, al nostro prossimo. Ebbene, i tanti anziani che oggi vivono in condizioni economiche disagiate abbisognano di un intervento del Governo e di provvidenze sicuramente superiori rispetto agli interventi a pioggia. Un malinteso senso comunitario e umanitario porta a difendere non soltanto perseguitati politici, ma anche ladri di galline o professionisti del crimine che spesso e volentieri creano nelle nostre città gravi problemi di ordine pubblico.
A ben leggere, pare che una grande innovazione sia stata la riduzione al 10 per cento dell'IVA per le opere di ristrutturazione. Alleanza nazionale aveva chiesto in più occasioni che la stessa aliquota venisse portata al 4 per cento. Lo chiedevamo non per determinare un minor gettito, ma perché eravamo e siamo convinti che, se si vogliono veramente realizzare

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opere di ristrutturazione, l'IVA al 4 per cento consentirebbe ad un mercato stagnante ed in flessione di riprendersi, ma consentirebbe soprattutto di eliminare quella vasta sacca di lavoro nero che con un'aliquota al 19 per cento trova una ragione d'essere mentre al 4 per cento non la troverebbe più.
In questo decreto che dovrebbe avere la finalità di aggiustare la manovra economica, abbiamo trovato anche il valzer degli organi degli enti locali, con giunte che un giorno erano composte di otto, dieci o dodici assessori, il giorno dopo di quattordici e quello successivo di sedici. Penso che neppure la rettifica che si voleva fare sia servita a chiarire come fossero composte all'inizio le giunte nei comuni del nostro Stato e se i presidenti dei consigli provinciali fossero figure ad esaurimento oppure fossero figure ed organi che facevano parte a tutti gli effetti dell'ordinamento degli enti locali.
Anche questo è un modo di legiferare del tutto disattento che non trova alcuna giustificazione in un decreto che - torno a ripetere - dovrebbe preoccuparsi soltanto della finanza pubblica.
Occorre dire semplicemente che questo è e rimane il Governo delle tasse, è e rimane il Governo che vuole impoverire gli italiani, è e rimane il Governo che nulla ha concesso in termini di sgravi fiscali per far riprendere l'economia italiana ma che si accontenta soltanto oggi di dire che l'inflazione è al 2 o al 3 per cento. Forse questo Governo dimentica che ormai la sterilizzazione dei consumi ed il raffreddamento della domanda sono dati acquisiti.
Ebbene, se questo Governo ed i suoi ministri si fossero preoccupati almeno di leggere alcuni indicatori elaborati dalla Nielsen, si sarebbero accorti che nel settore agroalimentare si registra una situazione dei consumi ormai ristagnante da circa sei-sette mesi. È notorio che quando le famiglie italiane spendono poco è perché esse poco hanno da spendere; e se poco hanno da spendere, significa che questo Stato «predone» continua ad «eruttare» decreti-legge che riesce a convertire attraverso voti di fiducia ma certamente non crea nuova ricchezza.
La nostra forza politica ritiene invece che scopo prioritario di un Governo serio debba essere quello di creare nuove occasioni di ricchezza per i suoi cittadini, per i suoi amministrati. Se così stanno le cose, non possiamo, come italiani, nasconderci dietro all'Europa perché, se vi era un modo per far odiare l'Europa, ebbene voi l'avete studiato scientificamente. Quando mai gli italiani potranno guardare con favore all'Europa avendo inopinatamente definito «tassa per l'Europa» quella che invece è la tassa intesa a coprire la vostra vergognosa incapacità di governare? Quando si dice «è una tassa per entrare in Europa» vorremmo richiamare alla vostra attenzione un fatto significativo e cioè che l'Italia è in Europa da sempre, da quando è stata approvata la Costituzione che, non a caso, aveva necessariamente richiamato il continente europeo; è in Europa dal 1960, dai trattati di Roma e questo Parlamento ha sempre espresso una vocazione di stampo europeistico. In una condizione di questo genere, come si potrebbe pensare, signor rappresentante del Governo, di far amare l'Europa, di avvicinare i cittadini all'Europa dicendo che per entrare in Europa bisogna pagare una tassa?
Avremmo invece preferito che molto più onestamente il Governo avesse detto agli italiani la verità. Anziché tagliare le spese (perché così facendo si dovevano tagliare le clientele sulle quali l'Ulivo ha creato la propria fortuna elettorale), anziché dire, come si doveva fare, che il Governo Dini è stato il Governo della campagna elettorale permanente (e proprio in ragione di questa campagna elettorale si sono dilapidate centinaia di miliardi), avremmo preferito che il Governo avesse assunto fino in fondo le proprie responsabilità non nascondendosi dietro l'Europa ma dietro le proprie incapacità (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mammola. Ne ha facoltà.

PAOLO MAMMOLA. È difficile intervenire a questo punto della discussione, dopo che hanno già parlato tanti colleghi, perché in tutti gli interventi che oggi ho ascoltato è già racchiuso il senso del nostro voto contrario al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 669. Come dicevo, risulta dunque difficile aggiungere qualcosa di più. Nel breve spazio di tempo che ho a disposizione cercherò di illustrare i motivi che mi spingono a non condividere le scelte del Governo e a non esprimere un voto favorevole a questo decreto di aggiustamento della manovra di finanza pubblica approvata alla fine dello scorso anno.
La prima considerazione che si deve fare è di carattere politico. Come diceva in precedenza un collega - ricorrendo ad una battuta abbastanza felice - non si dovrebbe mandare in rottamazione un parco veicoli circolante nel nostro paese ormai molto vetusto, ma forse sarebbe giunto veramente il momento di mandarvi questo Governo che sta facendo di tutto meno che mantenere gli impegni assunti anche in campagna elettorale. Sostengo tale punto di vista perché credo che bisognerebbe avere almeno un minimo di dignità in politica.
Anche se nella tesi 32 del programma dell'Ulivo, con il quale il Governo Prodi ha trovato una sua maggioranza nel paese (una maggioranza numerica in termini di seggi e non di consenso percentuale della popolazione), era scritto che obiettivo del futuro esecutivo sarebbe stato quello di mantenere invariata la pressione fiscale per il triennio 1996-1998, oggi i dati economici riportano un incremento della pressione fiscale, che è passata dal 41,7 per cento sul PIL del 1995, al 42,5 per cento nel 1996 e che è prevista per l'anno in corso al 43,5 per cento. In questi dati si ravvisa quindi una prima grande contraddizione ed una grave truffa nei confronti soprattutto degli italiani che hanno dato il proprio consenso al Governo dell'Ulivo. Risulta evidente infatti che questo Governo non sta realizzando quanto aveva promesso! Questo è il primo dato di fatto.
Il collega che mi ha preceduto ha giustamente rilevato che non si sarebbe potuta imboccare una strada più infelice di quella scelta dal Governo Prodi per motivare l'adesione dell'Italia all'Unione europea - una scelta che noi riteniamo irrinunciabile - sin dal primo momento, per non rimanere tagliata fuori da quel processo virtuoso che si innescherà nella Comunità economica europea tra quei paesi che condivideranno le stesse scelte in materia di politica economica, di economia e di moneta. Ebbene, quella che noi riteniamo essere una scelta irrinunciabile per il nostro paese è stata «venduta» agli italiani con la più odiosa delle strade che l'Italia e il Governo avrebbero potuto imboccare: infatti, quale nome più infelice di quello di «eurotassa» poteva essere coniato per giustificare quel prelievo che è stato definito «a spot» e straordinario? Sappiamo bene, peraltro, che tutti i prelievi e le tasse che negli ultimi anni i Governi hanno imposto alla classe produttiva, al contribuente italiano, sono partiti con la veste di provvedimenti una tantum, per diventare ed essere poi - sotto mentite spoglie - perpetuati negli anni successivi. Il Governo ha fatto anche questa scelta dell'eurotassa ed è riuscito a far calare la popolarità e l'indice di gradimento dell'Europa e del sistema della moneta unica (dovrebbe trattarsi di una scelta vitale per il nostro sistema economico e per il nostro paese) verso il quale noi vogliamo andare.
Passando ad altra questione, rilevo che i risultati economici di questo Governo li abbiamo davanti ai nostri occhi e sono i seguenti: un'economia in recessione; una sovrastima dei dati di crescita del PIL, che configurano sicuramente un tasso di crescita decisamente inferiore a quello preventivato. Tutto ciò comporterà sicuramente una minore crescita del prodotto interno lordo: su tale massa si andrà quindi ad effettuare un prelievo inferiore a quello preventivato; le aliquote non daranno quindi il gettito previsto ed il


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Governo, giustamente, si troverà da qui a qualche mese a dover richiedere ulteriori sacrifici agli italiani. Infatti, anziché scegliere quel processo virtuoso necessario a far crescere il prodotto interno lordo attraverso incentivazioni e agevolazioni al sistema economico, il Governo ha continuato nella vecchia, solita strada del prelievo forzato e forzoso attraverso tasse e balzelli nei confronti del contribuente, che altro non fanno che comprimere il sistema economico, i consumi e quindi portano il paese alla recessione. Che le cose non vadano bene - e il Governo ne dovrebbe tener conto - è dimostrato anche dal fatto che lo stesso sindacato, politicamente «adiacente», sicuramente vicino a questo Governo, comincia a denunciare il tradimento politico, il fallimento politico del Governo. I risultati, anche in termini di occupazione, sono assolutamente disastrosi: sta aumentando la disoccupazione, stiamo creando nuovi disoccupati!
Anche il provvedimento di cui ci stiamo occupando prosegue nella strada del prelievo. Sappiamo che avremo una crescita di imposizione sui farmaci, che aumenteranno i bolli, le imposte di registro, i balzelli vari. Arriveremo anche ad un provvedimento che di fatto ridurrà gli impegni relativi alle spese in conto capitale, tra le quali quelle per gli investimenti pubblici che da tanti anni vengono sistematicamente sacrificati. Si avrà quindi un ulteriore freno a quello che dovrebbe essere l'impulso da parte dello Stato nell'infrastrutturazione del paese. Si tratta, in sostanza, di provvedimenti che vanno esattamente nella direzione opposta a quella auspicata, che sono cioè contrari a quello che dovrebbe essere lo sviluppo economico del nostro paese.
Non ritengo che si debba essere professori e tanto meno chiamarsi Prodi per fare una manovra correttiva dopo la trimestrale di cassa (si prevedono 15 mila miliardi). Presuppongo che il nuovo sistema impositivo di questo Governo prevederà, probabilmente, l'aumento del costo delle sigarette, della benzina, ma, ripeto, non bisogna essere delle cime per arrivare a questo tipo di provvedimenti. In buona sostanza, quindi, il decreto in esame va naturalmente contro quello che dovrebbe essere il buon senso in un sistema economico come il nostro.
Vorrei svolgere un'ultima considerazione su quello che è uno dei nodi del provvedimento, cioè l'articolo 29, che prevede l'incentivazione alla rottamazione dei veicoli. Vorrei attirare l'attenzione di tutti i colleghi e far notare un aspetto importante. Questo provvedimento è stato varato il 31 dicembre dello scorso anno - vi prego, colleghi, di seguire questo passaggio - ed il 2 gennaio assistevamo tutti alla campagna pubblicitaria della FIAT, partita immediatamente sulle reti televisive nazionali, che informava che il Governo - ahimè non lo Stato, ma il Governo - regalava dei soldi per incentivare la rottamazione. I casi sono due: o la FIAT ha un grande potere nei confronti della RAI, tale da permettere a questa azienda di programmarsi gli spazi pubblicitari, quindi una pianificazione pubblicitaria, nel giro di due giorni, ma allora bisogna dire che forse la FIAT ha un potere che nessuno di noi ha in questo paese; oppure bisogna ritenere che la FIAT, che aveva già uno spot pubblicitario pronto, sia riuscita in 24 ore a farsi programmare questo spot da uno studio pubblicitario particolarmente capace. Viene però più facile pensare che questa campagna pubblicitaria fosse stata programmata con molto anticipo, che gli spazi fossero già stati acquisiti e che lo spot fosse stato preparato per tempo.

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è scaduto!

PAOLO MAMMOLA. Concludo, Presidente.
Mi sembra comunque di intravedere in questo tipo di vicinanza tra il Governo ed alcuni soggetti imprenditoriali degli aspetti pericolosi per il nostro paese.
Auspico che questi siano gli ultimi interventi del genere sull'economia del paese (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).


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PRESIDENTE. Onorevole Mammola, le faccio presente che lei ha parlato un minuto oltre il tempo stabilito. Pregherei i colleghi di rispettare i tempi fissati dal regolamento, evitando così alla Presidenza di intervenire in modo fiscale; cosa che faccio sempre malvolentieri, ma doverosamente, in quanto i tempi - così come dovrebbe essere anche per la legge - sono uguali per tutti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlo Pace. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, anche nella presente occasione, dopo quella in cui è stata approvata la manovra finanziaria, questo ramo del Parlamento viene relegato in posizione di subalternità rispetto al Senato. Di fatto anche in questo caso - poi parlerò degli altri in riferimento al provvedimento - prevale la forma sulla sostanza. Stiamo svolgendo un dibattito meramente formale, mentre siamo stati privati di ogni possibilità di apportare un qualche miglioramento sostanziale al testo in esame. Ciò è avvenuto non soltanto in Assemblea, con la posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge di conversione nella giornata di lunedì scorso, ma anche in Commissione. La cosa è particolarmente grave perché ripetuta: ancora una volta, infatti, provvedimenti giungono all'esame della Camera con modifiche apportate dal Senato che risultano di fatto ormai irrevocabili. Tale modo di procedere ha impedito alla Camera di apportare miglioramenti sia in prima sia in una seconda lettura del provvedimento. Ciò è grave! Si è parlato di ostruzionismo della nostra parte politica. Ebbene, il gruppo di alleanza nazionale ha presentato in tutto undici emendamenti e non credo che ciò possa rappresentare un atteggiamento ostruzionistico. Alcuni di questi emendamenti, inoltre, in particolare quelli concernenti gli effetti dei contratti preliminari di compravendita, che hanno visto come primo firmatario il collega Antonio Pepe, hanno ottenuto l'apprezzamento di esponenti della maggioranza in Commissione, nonché del relatore per la maggioranza. Questo, quindi, non è un comportamento ostruzionistico, bensì la manifestazione di un'opposizione costruttiva volta a far licenziare dal Parlamento provvedimenti il più possibile sensati, calibrati ed adeguati. Nonostante tutto ciò, tale opposizione non viene di fatto apprezzata, giacché non le si consente di raggiungere alcun esito.
Vorrei citare un altro caso, oltre agli emendamenti prima ricordati, e più precisamente quello relativo all'articolo che concerne il meccanismo automatico di definizione degli imponibili e che sinora ha assicurato un notevole risparmio di contenzioso tributario. Si è tentato, in proposito, di migliorare il provvedimento per evitare, appunto, un aumento del contenzioso. Anche in questo caso non abbiamo potuto far valere le ragioni sostanziali che avevano ispirato le nostre proposte.
Vorrei ancora richiamare l'emendamento presentato dall'onorevole Caruso, anch'egli del gruppo di alleanza nazionale, tendente ad escludere dal blocco della spesa almeno le spese per investimenti, quelle in conto capitale, sacrificate - com'è stato ricordato pochi minuti fa - da anni nel nostro paese a vantaggio della spesa corrente. In pratica le spese che producono un qualche frutto, su cui si può fondare una ripresa od uno sviluppo futuro, vengono mortificate. Si trattava semplicemente di operare una selezione virtuosa e non di agire alla cieca, menando colpi a destra ed a manca come se dovessimo rompere la «pentolaccia». C'è ancora un altro emendamento che avrei ritenuto meritevole di attenzione; lo dico senza falsa modestia, avendolo presentato io stesso. L'emendamento riguardava la soppressione del comma 6-bis dell'articolo 6, un vero e proprio attentato alle doti di professionalità della dirigenza del Ministero delle finanze. Con quel comma, che è stato introdotto dal Senato, si attua quello che non chiamo misfatto per carità di patria, ma che certo è un fatto brutto: si consente di arrivare a svolgere funzioni


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elevate a persone che sono state appena selezionate per l'ammissione a corsi per la dirigenza, corsi che quelle persone non hanno ancora espletato. In tal modo, oltretutto, si mortifica il contenuto dei corsi di formazione. Infatti, un corso di formazione alla fine del quale si consegua - se il corso stesso ha avuto esito positivo - l'immissione in un grado superiore, ha un significato; un corso di formazione che lasci le cose intatte perché non serve ai fini del conseguimento di quella situazione ha tutt'altro significato.
Concludo per quanto riguarda gli emendamenti, ma non posso fare a meno di ricordare quanto ha detto questa mattina il mio amico, collega ed omonimo Giovanni Pace, il quale forse ha usato una parola un po' forte quando ha detto che quello in esame è il provvedimento di un Governo bugiardo. Forse, come dicevo, il termine è forte. Io avrei usato ed uso un'altra espressione, dicendo che siamo di fronte al contrasto tra la politica dell'immagine e quella della sostanza.
La politica dell'immagine. Qual era la considerazione che Giovanni Pace voleva svolgere questa mattina e che il tempo tiranno non gli ha consentito di esprimere? Era la seguente: si ammette in deduzione, grazie a questo provvedimento, il 22 per cento degli interessi dei mutui che si vanno a contrarre quest'anno per effettuare opere di ristrutturazione edilizia.
Amici miei, il provvedimento ha durata fino al 31 dicembre, si riferisce quindi ad azioni espletate entro quella data. Mi chiedo allora se ci vogliamo prendere in giro o se, invece, facciamo finta di non sapere che una procedura per ottenere un mutuo in Italia richiede mesi, così come provvedere alla progettazione di una ristrutturazione, con tutti gli adempimenti occorrenti, nel nostro paese, necessita di mesi ed anni.
A questo punto abbiamo una finta politica per l'edilizia mentre, viceversa, manchiamo di una vera politica per il settore, immettiamo nel provvedimento un articolo che prevede il nulla. Questo, forse, intendeva dire il collega Pace quando affermava che quello alla nostra attenzione è un provvedimento bugiardo; questo è quanto sostengo io dichiarando che è un altro sacrificio che si celebra sull'altare dell'immagine, mentre dal punto di vista delle politiche sostanziali l'altare delle immagini poggia sul vuoto assoluto.
La sostanza. Quando parliamo del tema della contabilità creativa si tratta di conflitto tra sostanza ed immagine. Noi, infatti, potremmo pure ottenere voti positivi da tutti i partner dell'Europa, i quali potranno accontentarsi di tutti i trucchi contabili più fantasiosi e fantastici. Il fatto vero, però, è che se non avremo i conti sostanzialmente in ordine, una volta entrati in Europa avremo la difficoltà di rimanerci. Non si tratta di «mettere delle pezze» per riuscire a superare un esame di ammissione copiando o facendosi suggerire le risposte, ma di realizzare mutamenti strutturali che siano in grado di farci entrare in Europa senza avere l'onere di un debito e quello di un deficit che ancora pesano sulla nostra economia, la mortificano così come mortificano ogni slancio, frenano l'occupazione e lo sviluppo.
Senza tutto questo la nostra competitività internazionale, moneta o non moneta, è compromessa, perché la moneta sarà uguale, ma i nostri costi saranno più pesanti. Badate, questa è una strana cosa, è una nemesi, perché quando cinquanta anni fa decidemmo di entrare in Europa, i maggiori rappresentanti dell'industria italiana erano profondamente preoccupati perché i nostri costi erano più elevati degli altri, soprattutto per l'eccessivo peso degli oneri contributivi. Ce la facemmo: riuscimmo a superare le difficoltà, ad essere competitivi in Europa. Ma a quell'epoca ci fu uno straordinario slancio, grazie al comportamento virtuoso di uno dei sindacati, la CISL, allora retta in modo particolarmente responsabile. Grazie a quei comportamenti di moderazione salariale l'Italia riuscì a raggiungere una notevole competitività internazionale ed a guadagnare l'Oscar della lira. Riconoscimenti

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di questo tipo si guadagnano con i fatti, non con le parole e con le immagini, come capita al cinema.
La nostra preoccupazione era, dunque, l'eccesso di costo del lavoro. La stessa preoccupazione dobbiamo avere oggi. Infatti ...

PRESIDENTE. Il tempo, onorevole Pace.

CARLO PACE. Manca un minuto e trentasette secondi, signor Presidente.

PRESIDENTE. Non dubito della sua parola, onorevole Pace, ma del suo orologio!

CARLO PACE. Va bene, signor Presidente. Faremo una verifica a Parigi...
Comunque la ringrazio, signor Presidente, per la sua tolleranza.
Tutto quello che ho voluto dire significa che dobbiamo puntare sulle riforme sostanziali e non sulle pezze a colori (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Onorevole Presidente, è per me motivo di particolare soddisfazione prendere la parola durante la sua Presidenza, sempre attenta alle esigenze dell'Assemblea e del libero dibattito.
Onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, credo che alleanza nazionale stia sottolineando la gravità di questo modo di procedere del Governo. Perché portiamo avanti questa azione parlamentare? Lo domandano i giornalisti, lo chiedono i congiunti dei colleghi parlamentari non romani, che li considerano dispersi nei meandri di Montecitorio Noi non vogliamo dare fastidio in maniera gratuita: il fatto è che questo Governo ogni due mesi fa una manovra. Pensate, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, che mentre siamo qui a discutere della manovra di Natale già si annuncia quella di Pasqua. Da Natale a Pasqua purtroppo è sempre una situazione tragica, assai poco festosa per i contribuenti!
Più tardi, a giugno, avremo il documento di programmazione economico-finanziaria. In genere viene redatto in modo sbagliato. Quello dell'anno scorso fu completamente corretto e riscritto: Prodi andò in Spagna da Aznar e scoprì che la Spagna sarebbe entrata in Europa e l'Italia no; allora tornò in Italia, disse «Ragazzi, rifacciamo tutto daccapo!» e riscrissero il documento di programmazione.
In sostanza, questo è il quadro da quando esiste il Governo Prodi: manovra - con aumento di tasse - per festeggiare la nascita dell'esecutivo, documento di programmazione sbagliato, finanziaria, post-finanziaria (ciò di cui stiamo discutendo oggi), post-post-finanziaria. Quest'ultimo è il provvedimento che a Bertinotti non piace, ma che al dunque i colleghi di rifondazione comunista voteranno: quando il Governo porrà la questione di fiducia Bertinotti voterà tranquillamente, come un cane a cuccia, rosicchiando qualche pezzetto di osso. I colleghi di rifondazione comunista, così, fanno la rivoluzione in televisione e le pecorelle nell'aula di Montecitorio: io preferirei - caso mai - che facessero le pecorelle nell'intervallo della televisione ed un po' i leoni nell'aula di Montecitorio, votando contro queste manovre economiche (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!
Alleanza nazionale, dicevo, è contro le manovre che ci sono state e contro quelle che ci saranno. Il mio, dunque, è un intervento «acronico», fuori dal tempo: potrebbe essere stato svolto lo scorso maggio, così come potrebbe essere utile per il prossimo marzo. In questo modo i miei elettori, a cui invierò il testo del discorso, sapranno che si tratta di un'opposizione costante alla pressione fiscale che cresce.
Disse Prodi all'atto dell'insediamento: «Non aumenteremo la pressione fiscale».


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Dicono istituti di ricerca molto attendibili che la pressione fiscale ha superato il 43 per cento: è aumentata.
Però, dirà qualcuno, questo provvedimento rilancia il sistema produttivo. Attenzione, già lo hanno ricordato altri colleghi (sottolineo quanto hanno detto il collega Mammola e diversi colleghi del mio gruppo): il provvedimento contiene, per esempio, aiuti per la rottamazione delle automobili. È stato denunciato un dato singolare. La manovra fu realizzata con un provvedimento adottato il 31 dicembre, in pieno periodo festivo; come mai già dall'indomani, dal 1 gennaio, sugli schermi televisivi pubblici venivano trasmessi gli spot per rendere noti gli aiuti del Governo? «Il Governo ti aiuta, cambia la macchina!» (quasi fossero Prodi e Visco a dare i soldi al concessionario): la gente non ha capito bene se con quella pubblicità il Governo si era trasformato in un'accolita di concessionari ...
In ogni caso, come faceva la FIAT a sapere che il Governo avrebbe assunto queste misure? Gli spot vanno preparati: c'è una regia, un montaggio, tutta una serie di tempi tecnici (non lunghissimi, ma certo non di ventiquattr'ore). Immagino, poi, che il 31 dicembre il regista dello spot non fosse al lavoro. Lavorava invece di mangiare il panettone o di stappare lo champagne?
Insomma: come mai lo si era saputo prima? Vedo qualche cenno del sottosegretario Giarda, come se volesse interloquire ...

BENITO PAOLONE. Lo sapevano!

MAURIZIO GASPARRI. Il collega Paolone dice che lo sapevano, e questo è grave!
Capirei Berlusconi, che fa gli spot subito, perché ha le televisioni e può parlare con Emilio Fede e con gli altri, ma Agnelli, che pure non ha le televisioni, è organizzatissimo ed aveva già lo spot pronto. In simultanea si faceva il decreto e c'era lo spot! Ci domandiamo (torno al discorso della serietà, non perché gli argomenti citati fossero ameni, ma per cercare di alleggerire le fatiche dei colleghi ostruzionisti) se tutto questo possa aver avuto riflessi sulla Borsa. Non c'era solo il regista dello spot; qualcuno che sapeva del provvedimento e che la Borsa riapriva il 2 gennaio (il 1 gennaio era chiusa) potrebbe aver fatto delle speculazioni. È ovvio, infatti, che i titoli di una casa automobilistica post aiuti rottamazione si rivalutano, per cui se si sanno le cose prima si può agire in Borsa in maniera fraudolenta. Chi ci assicura, allora, che ciò non sia avvenuto? Hanno lavorato tutti di notte, i registi degli spot, gli speculatori di Borsa, caso mai un George Soros della situazione? Questa è, ahimè, una cosa poco allegra!
Voi direte che ce l'abbiamo con la FIAT. Per carità, noi non siamo nemici di una grande industria del paese. Io, però, ho una zia che ha un vecchio frigorifero con l'ozono e che è pericoloso, perché i frigoriferi sono inquinanti, caro sottosegretario Giarda. Si dovrebbe quindi sapere che ci sono anche altri oggetti industriali obsoleti che meriterebbero di essere rottamati, sostituiti, perché sono inquinanti a causa del buco nell'ozono. Quando me lo dissero per la prima volta dieci anni fa, Presidente Biondi, pensavo che mi prendessero in giro perché mi chiedevo cosa c'entrasse il buco nell'ozono con il frigorifero di mia zia. C'entrava, perché era un frigorifero vecchio, che contiene questi gas venefici, che contribuiscono ad aumentare il buco nell'ozono e poi ci bruciamo tutti quanti con il sole d'estate! Mi domando, allora, perché non cambiamo anche i frigoriferi vecchi, le macchine da cucire vecchie e le motociclette (alcuni colleghi hanno presentato un emendamento per cambiare anche queste!). Ci sono anche oggetti di altra natura, per esempio i telefonini. Adesso un cellulare di cinque anni è vecchissimo, più vecchio di una macchina di dieci anni! Poi ci sono gli allevamenti, le mucche vecchie: tutto si può sostituire, anche i ministri vecchi e riciclati, anche Prodi, che ha più di dieci anni di potere tra IRI ed altre cose (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale). Potremmo


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rottamare anche lui! Il guaio è che, se lo rottamiamo, la FIAT non ci dà niente, anche se con l'Alfa Romeo lui se l'è regolata bene la vicenda!
Noi rottamiamo tutto e cerchiamo di aiutare tutti, aiutiamo la FIAT, la Moto Guzzi (se esiste ancora), quelli che producono i frigoriferi e tanti altri prodotti obsoleti che inquinano, caro rappresentante del Governo, quanto le automobili vecchie. Almeno così nel paese c'è la democrazia economica! Aiutiamo Agnelli, aiutiamo il frigorifero, aiutiamo il televisore con le valvole, che scoppiano e sono pericolosissime; adesso ci sono i transistor, che sporcano di meno e si rompono di meno. C'è il progresso e noi siamo, ovviamente, a favore della modernità.
Il voto di fiducia impedisce anche a rifondazione comunista di essere seria. In Commissione attività produttive, quando si è chiesto il parere sulla manovra e sulla rottamazione, mi risulta (non faccio parte di tale Commissione, ma ho letto i resoconti e alcuni colleghi sono testimoni) che sia stato bocciato questo punto del provvedimento, non per ostilità verso l'azienda «madre» del paese ma, penso, per un'esigenza di pluralismo: a tutti o a nessuno, la par condicio. Vogliamo incentivare l'economia? Noi facemmo la legge Tremonti per detassare gli utili, che era una legge neutra, non era solo per la FIAT o per la Moto Guzzi, ma per tutta l'economia italiana (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale), per la piccola e media impresa, per le costruzioni, per le aziende di trasformazione agricola, per chiunque avesse un reddito da reimpiegare. Quella era una legge di incentivazione democratica e pluralista!
Credo che questa manovra non abbia fatto niente di tutto questo. Allora si pone la questione di fiducia per impedire di modificare! Non siamo scorretti, noi, che stiamo qui a parlare dieci minuti a testa citando il frigorifero della zia e la motocicletta del cugino, che sono cose reali, perché l'economia domestica è fatta anche di queste cose e non solo del PIL, della Germania. Tutti sono preoccupati del costo dei disoccupati in Germania e si domandano se entrerà in Europa: ma in Italia i disoccupati quanto ci costano, che fine fanno? Vedo che da qualche settimana si discute più della disoccupazione in Germania che della disoccupazione in Italia. Sono preoccupatissimo per la disoccupazione tedesca, ma sono più preoccupato per la disoccupazione a Napoli, anche perché i disoccupati vengono manganellati da questo Governo, che è talmente democratico che può manganellare i disoccupati! Pensate se fosse accaduto anni fa: avremmo qui le «mamme coraggio», i «nipoti vergogna», tutti quanti a fare i cortei contro il Governo di centro-destra che bastona i disoccupati! Questo Governo invece può bastonare gli allevatori, i disoccupati, e quant'altro.

GIULIO CONTI. Meno i tossicodipendenti!

MAURIZIO GASPARRI. Meno i tossicodipendenti, che non vogliamo manganellare ma recuperare alla vita civile. I tossicodipendenti potranno rubare e commettere reati perché, se si è tali, si ha la licenza di delinquere. Noi invece li vogliamo recuperare e vogliamo che non siano né delinquenti né tossicodipendenti.
Ecco perché siamo contro; potranno essere la manovrina di fine anno, quella che verrà, quella che c'è stata oppure i provvedimenti sul trasporto o quelli di altra natura, ma abbiamo molte ragioni per essere perplessi. Tra una manovra e l'altra, in Europa non ci andiamo mai perché il deficit rispetto al PIL resta elevato, il debito pubblico non ne parliamo proprio, la pressione fiscale è cresciuta; avessimo raggiunto il traguardo non dovremmo parlare della manovrina futura. E non vi preoccupate del fatto che Bertinotti dica che non vogliono la prossima manovrina: la voterà, come ha votato questa, come ha votato la finanziaria, come ha votato tutto! È un sindacalista, fa un po' di confusione, cerca di strappare al tavolo qualche concessione ma poi, caro sottosegretario Giarda, lei conosce benissimo quale sarà l'epilogo: rifondazione è un compagno di viaggio che un po' abbaia


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ma che non ha mai morso nessuno! Tutt'al più vanno nel Chapas ad inneggiare alla lotta armata, ma in Italia stanno alla corte di Agnelli: con Agnelli in Italia, con il subcomandante Marcos nel Messico, questa è la coerenza di Bertinotti, che porta avanti una politica davvero singolare.
Voteremo certamente contro questa manovra. Vogliamo richiamare l'attenzione del paese sul modo dissennato di procedere da parte del Governo. Se fossimo infatti entrati in Europa, se ne fossimo sicuri, saremmo tutti più lieti, ma se a Napoli i disoccupati protestano, se la piccola e media impresa viene calpestata, sarà contenta la FIAT - e sono lieto che la FIAT, che dà lavoro a migliaia di persone in tutto il paese, funzioni bene -, ma ci sono anche tante altre piccole realtà.
Il Governatore della Banca d'Italia Fazio (si tratta dunque di una citazione istituzionale e neutra) ha ricordato un paio di settimane fa che dal 1981 al 1991 la piccola e media industria, cioè le aziende con meno di 20 dipendenti, hanno creato 1 milione e 100 mila posti di lavoro in più. Le grandi aziende ne hanno creati 100 mila, ma ne hanno anche distrutti molti. Si tratta di affermazioni del Governatore Fazio riportate dai quotidiani di domenica scorsa. Ritengo sia un modo corretto di procedere e siamo in linea con la serietà delle osservazioni di Fazio (per non essere faziosi, in questo caso). Osservo invece che si aiutano quelli che distruggono i posti di lavoro e si sbeffeggiano i contribuenti; la pressione fiscale aumenta, rifondazione abbaia ma non morde e la fiducia impedisce di correggere il provvedimento sul punto relativo alla rottamazione. Se infatti si fosse riprodotta in quest'aula la stessa maggioranza della Commissione attività produttive avremmo avuto una correzione. La fiducia mette a cuccia il signor Bertinotti insieme a D'Alema, a Marini ed a tutti gli altri della corte di Prodi ed impedisce a noi di migliorare il provvedimento. Per questo protestiamo e mi auguro che in una prossima manovra, caro sottosegretario Giarda, anche mia zia possa avere i benefici della rottamazione del suo frigorifero. Sarà così, almeno, una manovra più democratica ed il buco nell'ozono correrà meno rischi (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Colleghi, so che è difficile concludere quando è necessario farlo, ma è spiacevole per il Presidente dover continuamente richiamare l'attenzione sul rispetto dei tempi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franz. Ne ha facoltà.

DANIELE FRANZ. Signor Presidente, se me lo permette, assieme all'augusta attenzione degli onorevoli colleghi vorrei richiamare anche quella del collega Gasparri, che ha testé concluso il suo ottimo intervento, per spiegargli perché si parla spesso dei disoccupati tedeschi anziché di quelli italiani. L'Italia e il Governo in particolare stanno vivendo una situazione di pathos perché, non essendo i disoccupati tedeschi extracomunitari, non troverebbero alcun tipo di accoglienza qualora un loro flusso migratorio dovesse rivolgersi verso le nostre capaci e sicure frontiere.
Il problema che desidero trattare è in realtà un altro, ossia la differenza esistente tra l'Ulivo elettorale e l'Ulivo governativo. Non si tratta di un discorso fine a se stesso, ma che serve a spiegare la posizione che alleanza nazionale - e con essa il Polo - sta assumendo in questa vicenda. L'Ulivo elettorale basò la sua roboante campagna su tre termini. Innanzitutto, la non belligeranza per quanto riguardava le riforme istituzionali, anche perché mi rendo conto che una coalizione così eterogenea difficilmente poteva raggiungere una posizione univoca; parlava però chiaramente di federalismo. A domande precise rispondeva che si poteva parlare sia di un certo tipo di decentramento, sia di un certo tipo di autonomia, sia di un certo tipo di regionalismo. Ebbene, qualora fosse servita, si è consumata qui ieri la riprova di quanto mentissero i fautori del federalismo dell'Ulivo


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in campagna elettorale. Dopo la non regionalizzazione delle quote latte abbiamo assistito ieri al rifiuto, dichiarato dal Governo e perpetrato oggi attraverso il voto di questa nobile Assemblea, dell'ordine del giorno Pampo.
Pampo chiedeva che gli IACP che hanno programmato l'anno scorso gli investimenti da fare quest'anno fossero messi in condizione di investire. Il Governo invece, con l'avallo di questa maggioranza, ha risposto che chi l'anno scorso ha perso inutile tempo a programmare i suoi investimenti, quest'anno, dipendendo da uno Stato centralista che viene ribadito da una maggioranza che si è dichiarata federalista fin dall'inizio, di fatto non ha diritto ad avere i quattrini perché avrebbe dovuto sperperare e non progettare.
La seconda clamorosa dicotomia è quella relativa al punto, immagino dolente, dell'equità fiscale. Uno dei cavalli di battaglia del Presidente del Consiglio (tenendo conto della mole del Presidente Prodi, provo una certa simpatia per il cavallo) era quello dell'equità fiscale: si era detto che sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa ma, qualunque fosse lo stato delle finanze italiane - che gran parte delle forze che sostengono questo Governo conoscevano perfettamente -, non ci sarebbe stato un incremento della pressione fiscale. Ebbene, mi pare che l'onorevole Gasparri abbia poc'anzi spiegato, cifre alla mano, che non solo l'incremento vi è stato, ma continuerà per chissà quanto tempo con uno sviluppo esponenziale.
Il terzo punto focale sono i rapporti tra la nostra adorata Italia ed il resto d'Europa. Qui cominciano a nascere punti dolenti perché, a fronte di un Presidente del Consiglio che passa il suo tempo a cercare di rassicurare gli italiani che tutto va per il meglio (neanche il popolo italiano fosse composto in stragrande maggioranza da Candidi di Voltaire), sappiamo che in realtà i fatti sono tutt'altro che rassicuranti, tant'è che la Spagna appare vicina al rispetto degli accordi di Maastricht, la Germania li ha determinati e quindi è sicuramente pronta, mentre l'Italia appare sempre più lontana. Ma quel che è peggio è che le ricette identificate da questo Governo non servono a svolgere un ruolo da protagonisti in Europa, ma semplicemente ad avere una remota possibilità di partire al pari con gli altri, destinati come siamo ad uscire dallo scenario europeo di lì a qualche mese.
La vicenda delle quote latte va letta in quest'ottica: c'è stata una clamorosa calata di braghe del Governo, il quale, invece che tutelare il ruolo della zootecnia italiana, ha preferito un atteggiamento che definire accondiscendente mi sembra già un'apertura di credito, perché il costo da pagare è l'abbandono della tutela della nostra economia - la quale, nonostante questo Governo, rimane abbastanza vitale - per poter entrare da vassalli in Europa.
Altre cose non ci quadrano, per esempio il fatto che questo Governo ricorra con una frequenza inaudita a manovrine (tra l'altro, mi sembra poco corretto parlare di manovrine, visto che si tratta di soldi altrui e non di pertinenza necessaria del Governo). A parte la legge finanziaria, che doveva passare attraverso il voto del Parlamento, il resto delle manovrine è realizzato con decreti-legge, che poi vengono approvati con il voto di fiducia: sono blitz studiati apposta in modo da farli passare del tutto inosservati presso gli italiani legittimamente impegnati per le festività natalizie (che, come si sa, sono la festa preferita delle famiglie italiane). Anche questo fa parte del modo di fare politica di questa coalizione.
Bertinotti in realtà - mi si consenta di spezzare una lancia in suo favore - è coerentissimo, con se stesso ed anche con l'atteggiamento del suo mito vivente, Fidel Castro. Fidel Castro veste la divisa color kaki a Cuba, fa il lider maximo ma poi, appena sale su un'aereo - certamente più comodo di quello di cui possono servirsi i suoi concittadini, ammesso che possano pagarsi il biglietto - e arriva in Europa smette il costume del barricadero ed infila un più rassicurante e borghese doppiopetto blu per cercare di trovare spazi, agganci e benedizioni che l'Italia è stata prontissima a concedergli. Bertinotti in

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questo è coerentissimo con il capo del marxismo internazionale: in Italia, veste la tuta blu del metalmeccanico e quando va a Cuba veste invece il vestito della «trasferta», quello della coerenza. Il problema è che questa tuta blu la dismette non solo quando va a Cuba ma anche trenta secondi prima di entrare in quest'aula. Il tutto è perfettamente coerente con quello che il suo lider maximo fa a livello internazionale.
Credo, seppure con i limiti che la mia capacità dialettica certamente ha appalesato, di essere riuscito a dare un quadro abbastanza preciso di quella che è la differenza tra l'Ulivo votato e l'Ulivo governante.
Devo prendere atto con grande rammarico che in questa differenza l'unico punto di contatto o uno dei tanti punti di contatto, se mi si consenta, che questo Governo ha con la prima Repubblica (maggioranza che lo sostiene a parte, altrimenti dovremmo dire che è esattamente la stessa cosa) è la mancanza di assunzione del senso di responsabilità.
Noi speravamo che con la seconda Repubblica ciascuno di noi fosse perfettamente responsabile delle scelte compiute in base a ciò che aveva promesso e garantito al popolo nel corso della campagna elettorale. Ci rendiamo conto che ciò che si racconta al popolo in fase elettorale non costituisce alcun vincolo, neppure morale, nei confronti degli elettori, ma ciò lascia esattamente le mani libere a coloro i quali contestano non solo le gesta ma addirittura le memorie, per far beatamente gli affaracci propri. E gli affaracci propri passano - mi dispiace doverlo dire e riconoscere - attraverso il più aberrante degli accordi, che, come è stato testé dimostrato, lo si è «pagato» con quest'ultima manovra; mi riferisco all'accordo tra Confindustria e Governo di sinistra.
L'Italia è l'unica nazione al mondo a mio avviso in cui il paradosso potere industriale e potere politico della sinistra potesse trovare la sua perfetta sintesi. Quando l'Italia riuscirà a superare questo tipo di situazione che è oggettivamente abbastanza incredibile e porrà di nuovo la sinistra a fare la sinistra e gli industriali a fare gli industriali, e il centro-destra continuerà (lo sta già facendo) a fare il suo dovere nei confronti dell'Italia e del popolo italiano, allora forse finalmente l'Italia vivrà quella democrazia compiuta che da tante parti e da tanto tempo tutti ci spertichiamo ad invocare, qualcuno con l'animo sgombro da secondi fini ma qualcuno invece con la testa rigonfia di riserve mentali, che forse non farà testo per il nobile diritto italiano ma che in politica una certa responsabilità la dovrebbe portare.
Non intendo aggiungere altro se non ribadire il buon diritto di alleanza nazionale ad esercitare il suo dovere (è infatti un dovere prima che un diritto) di opposizione, anche attraverso l'ostruzionismo, dinanzi ad un Governo che rifiuta costantemente e sistematicamente il confronto, fuggendo e coprendosi sempre e comunque con il voto di fiducia, evitando il nobile confronto dialettico e politico che quest'aula dovrebbe sempre veder emergere al di sopra delle logiche di schieramento. La ringrazio, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galeazzi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO GALEAZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, svolgo la mia dichiarazione di voto sul provvedimento in oggetto concernente la manovrina o manovra di fine anno. La definizione di «manovrina» fa evidentemente parte di una comunicazione che vuole addolcire agli occhi del popolo italiano la gravità della manovra, visto che 15 mila miliardi rappresentano un terzo di una reale manovra finanziaria e ne abbiamo conclusa una assai pesante.
Intervengo anzitutto per dichiarare il mio voto contrario, ma anche per evidenziare il significato che vuole avere questo atteggiamento ostruzionistico da parte di


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alleanza nazionale. È giusto infatti denunciare in quest'aula, ma soprattutto al di fuori, che tutti gli atti di questo Governo, che si sta rilevando il più impopolare e inadeguato della storia della Repubblica, hanno ormai colmato il classico bicchiere d'acqua. Ormai il vaso è, agli occhi dell'opinione pubblica, colmo.
È necessario tornare indietro nel tempo e quindi giova fare una brevissima cronistoria che comincia con il ribaltone che fece cadere il Governo di centro-destra; prosegue con l'illusione del popolo italiano che fosse finita o stesse per finire la prima Repubblica - una pia illusione disvelata dalla politica dei giorni d'oggi - e con la vicenda del Governo tecnico che radicava la possibilità di entrare fattivamente in un Governo di maggioranza, come è accaduto. La coalizione dell'Ulivo si presentava poi, dopo la decisione del Capo dello Stato di andare alle urne, come un donatore di sangue al capezzale di un malato grave: il malato terminale, l'economia italiana ed il tessuto sociale del popolo italiano, ha creduto al donatore di sangue, il quale però, appena ottenuto il consenso, con una metamorfosi magica, si è trasformato in un vampiro che ha cominciato a succhiare il sangue provocando conseguenze molto gravi.
Il Governo continua a parlare di unità monetaria, ma il popolo è diviso, è in fermento ed il tessuto sociale è al limite della sopportazione. Il Parlamento dovrebbe interrogarsi seriamente su quanto è successo a Napoli dove, dopo tanti anni, la polizia è intervenuta contro gente disperata e disoccupata, come non accadeva dagli anni bui della nostra Repubblica. La maggioranza e l'opposizione hanno il dovere di esaminare la situazione sociale, che riflette l'operato di un Governo che di fatto non ha capito che oltre al potere economico, alla mondializzazione e alla velocizzazione vi è anche il popolo e la società, se si vuole ridare alla politica un ruolo primario.
Non sono però d'accordo quando si dice che il centro-sinistra non ha tenuto a cuore l'occupazione. Non è vero: l'Ulivo ha occupato la RAI, il CSM, l'ENEL, le Ferrovie, i vertici della STET e sta occupando gli enti locali. Chi dice che il Governo di centro-sinistra non dà importanza all'occupazione sbaglia: l'occupazione c'è, è ricorrente ed è preoccupante; lo vediamo ogni giorno.
Ancor di più non sono d'accordo con chi sostiene che questo Governo non si sta occupando seriamente dell'economia, della mobilità, dell'intermodalità, dell'Europa che aspetta i collegamenti per la produttività: anche in questo caso il Governo di centro-sinistra si è preoccupato, ma non della mobilità dei cittadini e delle merci, quanto piuttosto della mobilità dei capitali, sempre e comunque nella stessa direzione, sempre e comunque verso la grande impresa, alla FIAT e a tutte quelle aziende ben note e ben conosciute.
Se è vero, come è vero, che la mia affermazione non può avere smentite, mi chiedo per quale motivo il centro-destra, il Polo per le libertà debba continuare ad essere ipocrita di fronte ad una inadeguatezza tanto evidente degli atti di questa maggioranza e di questo Governo.
Se da una parte abbiamo fallito e stiamo fallendo gli obiettivi per l'ingresso in Europa, dall'altra è almeno giusto preoccuparsi della realtà del Mezzogiorno d'Italia, che a livello di intervento e di clientela è incarnato dal solo sindaco di Napoli.
Sono un parlamentare eletto in Lucania: alle province di Potenza e di Matera è stato negato l'ingresso nelle aree di crisi. La situazione della Lucania, della Basilicata è disperata: la disoccupazione ha superato il 30 per cento.
Sorge allora spontanea una domanda: mi chiedo se nelle zone in cui l'elettorato ha dimostrato simpatia ed ha espresso un consenso nei confronti del centro-destra il Governo voglia intervenire solo e unicamente assumendo una posizione che mette paura. Dove sta allora la democrazia dell'alternanza? Questa appare sempre più lontana quando nei congressi i leader della maggioranza fanno finta di litigare. Sui giornali di oggi si leggono gli ultimatum del leader di rifondazione comunista a questo Governo. Ma in che

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modo si potrà dare tranquillità al popolo italiano se la stessa maggioranza al suo interno è priva di serenità e non è convinta rispetto a quanto sta facendo?
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, mi chiedo se la politica possa riacquistare un ruolo primario, possa nuovamente essere collocata su una piattaforma di autentici valori politici e possa dare nuovamente una risposta ai problemi educativi, dell'economia e della produzione.
Stiamo tutti perdendo una grande opportunità di fronte ad un paese che versa in una profonda crisi economica ed istituzionale. Di fronte alla confusione che esiste per quanto attiene ai ruoli, se la politica non torna a svolgere una funzione di servizio anche nell'adempimento del mandato parlamentare, non sarà evidente solo il fallimento del Governo e della maggioranza, ma si tratterà anche del fallimento di un'intera legislatura, dell'intero Parlamento.
Con la finanziaria del 1996 e con questa integrazione, l'artigianato, i ceti medi, i ceti produttivi si trovano nella reale situazione di non poter operare e di essere disperati. Quali sono allora i provvedimenti da adottare e le soluzioni possibili? Qualche mese fa il Vicepresidente del Consiglio, onorevole Veltroni, mettendo in grande difficoltà il Governo, dichiarò sui giornali che era urgente porre mano alla riforma delle pensioni. Ebbene, tutto quello che il Governo è stato capace di fare è rappresentato dai tagli alle pensioni. Il Messaggero reca come titolo Tagli alle pensioni, ce n'è per tutti. I prelievi previsti vanno dallo 0,50 all'1,50 per cento. Questa operazione viene denominata di solidarietà.
Ebbene, se la politica economica e la progettualità del Governo si esauriscono unicamente nell'aumento della pressione fiscale e non si dimostra la capacità di dare risposte strutturali attraverso i tagli alle spese, se il Governo non ha capito che il popolo italiano è un malato ormai esangue, il Governo e la maggioranza non porteranno all'appuntamento europeo solo un popolo stanco, ma anche un popolo che non sarà in grado di affrontare le sfide poste dalla mondializzazione dell'economia, dall'Europa e da quanto oggi il mondo ci chiede (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La ringrazio anche per essersi attenuto ai tempi in un modo esemplare e spero anche ripetibile.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, desidero utilizzare i pochi minuti a mia disposizione...

PRESIDENTE. Sono dieci minuti.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...nell'arco dei quali devo motivare il mio voto contrario sul provvedimento non per aggiungere granché a quanto i colleghi - che hanno parlato molto e bene - hanno già detto né per guadagnare tempo in una mera e ormai ripetitiva battaglia parlamentare, ma per dimostrare, ciascuno adducendo un argomento in più, come sia fondato questo netto e perentorio voto contrario.
Intendo utilizzare questi pochi minuti per tentare di portare in quest'aula (in verità è un obiettivo alquanto ambizioso e rischia di diventare perfino supponente) la voce dell'uomo della strada, cosa che dovrebbe essere compito e prerogativa di ciascuno di noi, se è vero - fino a prova contraria - che ciascuno di noi è rappresentante del popolo, come declama solennemente la Carta costituzionale. Ciascuno di noi dovrebbe essere nella condizione di portare qui, in sintesi o diffusamente, il sentimento e l'opinione dell'uomo o della donna che incontra ogni mattina nei luoghi di lavoro, negli uffici, nelle fabbriche, sui mezzi di trasporto, nelle scuole. Ebbene, il «no» secco che il nostro gruppo esprime a questo provvedimento, che fa seguito e dà sviluppo coerente al voto di sfiducia nei confronti del Governo, è il voto di sfiducia che non


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formalmente ma praticamente ogni uomo e ogni donna (o almeno la stragrande maggioranza di essi) esprime nei confronti di questo Governo, parlando con quel tanto di informazione e con quella più o meno modesta capacità di analisi che è nelle condizioni di avere.
Non mi interessano i sondaggi, le pubblicazioni a cui fanno riferimento le reti televisive o i giornali, o per lo meno non mi interessano più di tanto allorché ci mostrano la «torta» frazionata fra il 52 per cento di chi ha fiducia ed il 48 per cento di chi non ha fiducia. Io ho la supponenza, dal momento che la mattina vado a fare la spesa, continuo ad esercitare una professione e vivo spesso in mezzo a coloro che devono affrontare problemi molto più gravosi dei nostri per la quotidiana sopravvivenza, di affermare che il sondaggio ce lo facciamo da soli. Signori del Governo e signori della maggioranza, penso che su dieci cittadini e cittadine che incontriamo, almeno otto o nove (e sono ottimista) esprimono sfiducia nei confronti delle misure che, complessivamente e singolarmente valutate, vengono adottate e proposte da questo Governo e riferite dai mezzi di comunicazione.
La sensazione complessiva del cittadino - rispondetemi - è o non è quella di essere sottoposto ad un torchio fiscale che si trova ormai ben oltre i limiti di guardia e di sopportabilità? Questa è la domanda alla quale dobbiamo in tutta coscienza rispondere, facendo riferimento non a chi, beato - non so poi se sia davvero beato - vive nella macroeconomia ed è nella condizione di trattare «a tu per tu», se non addirittura ad un gradino superiore rispetto alla cosiddetta autorità di Governo, a questo o a quel ministro, se non addirittura ad un gradino superiore a questa o a quella organizzazione sindacale (ormai abbiamo anche l'umiliazione di dover dire questo), ma al cittadino che ha tre dipendenti, all'autotrasportatore che al mattino sale sul proprio camion e deve affrontare i costi di esercizio, al titolare della piccola impresa di quattro-cinque dipendenti che costruisce o ristruttura appartamenti per una piccola committenza. Dobbiamo domandarci se tutti costoro siano nella condizione della più nera disperazione ed incertezza e vedano in queste misure interventi che affossano le loro prospettive di rinascita.
Colleghi, queste non sono domande qualunquistiche ma quelle che si pongono quei pochi che ancora ci danno ascolto e quei pochi che non vedono le nostre schermaglie parlamentari o le «ostruzioni» del Governo, rispetto all'attività parlamentare, e quindi la legittima difesa della minoranza parlamentare, che a sua volta «ostruziona» per ribadire che questo è un Parlamento e non un «approvamento». Mi riferisco ai cittadini che in tutto questo vedono un gioco fine a se stesso, che non porta alcuna utilità al loro interesse e alle loro prospettive di investimento, di risparmio, di sacrificio e di crescita, i quali ci chiedono se queste siano misure rispetto alle quali il loro interesse possa vedere finalmente un rasserenamento di orizzonti.
Osservava molto bene poco fa il collega Carlo Pace che siamo davvero al trionfo della immagine fatua e quindi della sovrana e clamorosa presa in giro rispetto alla sostanza. Ma, signori del Governo, uso il plurale così almeno porto doppio rispetto all'unico rappresentante del Governo che si degna della sua presenza e del suo ascolto, ammesso che ascolto ci sia ...

PIERO DINO GIARDA, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Sto leggendo Quintino Sella, ma ascolto.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Non sto sottovalutando le orecchie del sottosegretario, tutt'altro!

PRESIDENTE. Vedo che il sottosegretario sta seguendo.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Mi chiedo però se sia possibile concepire una serie di misure che anche un profano - non ci vuole un grande economista - definirebbe come una mano che finge di


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dare ed un'altra che più sostanzialmente prende. Se analizzassimo il provvedimento in esame settore per settore, potremmo constatare quanto si finga di stabilire misure «promotive» e apparenti sgravi; questi ultimi, peraltro, sono quasi sempre sgravi a tempo già consumato - come affermava poc'anzi il collega Giovanni Pace - o misure che per la borsa del cittadino si traducono in ben poca cosa. Nello stesso tempo, si interviene nello stesso settore con misure che determinano un prelievo in molti casi ben maggiore - in alcuni casi forse doppio - rispetto a quanto si finge di far credere.
Cito ad esempio il settore dell'edilizia, del quale abbiamo abbondantemente parlato quando ieri abbiamo esaminato gli ordini del giorno relativi agli investimenti ed agli interventi dello IACP. Si tratta di un settore estremamente fondamentale nel quale da una parte si fa credere che verranno adottate misure di sgravio, che sono praticamente inapplicabili nel corso del 1997 e, dall'altra, si aumentano gli estimi catastali, cioè tutte quelle voci che, valutate nella dichiarazione dei redditi di ciascun cittadino, si traducono in un prelievo ben maggiore di quelli che dovrebbero essere i benefici di alcune misure - lo ripeto - in larga parte inapplicabili.
Vorrei ricordare che anche alcuni onorevoli colleghi delle forze di maggioranza hanno dimostrato chiaramente questo stato di disagio se è vero che, quando abbiamo esaminato gli ordini del giorno, ve ne erano alcuni attraverso i quali alcuni colleghi dello schieramento di centro-sinistra chiedevano che il Governo valutasse l'opportunità di introdurre come misura fiscale permanente - non contingente ed episodica - quella di portare in detrazione gli investimenti effettuati per il recupero edilizio delle zone degradate.
Tutto questo che cosa vi dice? Che gli stessi parlamentari della maggioranza di Governo auspicano l'assunzione di una politica diversa da quella - che oggi ci vediamo proporre - delle fatue apparenze. Essi sentono un bisogno autocritico di invocare il proprio Governo ad assumere misure reali!
Queste sono le ragioni per le quali ho inteso citare un solo e concreto esempio, peraltro molto incidente nel nostro scenario economico, per dire che è il cittadino «giudice» (forse non sofisticato e non apprezzato dal punto di vista della dottrina macroeconomica) che ci stringe alle nostre responsabilità e che stringe soprattutto il Governo e la maggioranza parlamentare. Il cittadino è stanco di vedere questo gioco nel quale il signor D'Alema durante il congresso del suo partito si mette a fare il difensore del mercato e del neoliberalismo, in una grande confusione di ruoli nell'ambito della quale le ali estreme dello schieramento politico conquistano il centro - o presumono di farlo - e in cui il cittadino non comprende più il significato delle parole destra e sinistra, ammesso e non concesso che in economia abbiano ancora un significato! Il cittadino è stanco di tutto ciò e vuole capire in termini di provvedimenti concreti (e questa storia della manovra era un appuntamento concreto, e non un gioco fine a se stesso) che cosa significhi essere amministrati da un Governo che si autoqualifica di sinistra democratica, rispetto ad un altro, che rappresenta l'altro «corno» della scelta e della opzione parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale) che si definisca di destra o di centro-destra democratico.
Ecco il punto! Questo vuol dire chiarire al cittadino e non semplicemente farlo sentire come la vittima di un «giochino» che nel tempo parte dai 30 mila miliardi, per divenire di 60 mila miliardi e giungere infine agli 80 mila miliardi. Non solo, ma mentre non si fa nulla per scoprire e combattere l'evasione e l'elusione, si continua a torchiare i «fessi» che invece si trovano al centro del mirino! Il Governo è quindi gravemente responsabile sotto questo profilo non solo di cose dette o fatte presagire al cittadino, ma anche di aver strangolato le posizioni parlamentari, che vorrebbero democraticamente esprimersi

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in questa sede ed essere portavoce di una opposizione che è larga maggioranza nel paese e nella nazione.
Siamo dunque stanchi di tutto questo, come è stanco il cittadino. Quando un sistema politico si riduce a costringere l'opposizione, che vorrebbe dare il proprio contributo costruttivo per la ripresa dell'economia nazionale, a fare qualcosa che ingiustamente e ingenerosamente viene chiamata «ostruzione» perché vi è una dittatura dei numeri che impedisce perfino ai parlamentari di presentare emendamenti al fine di migliorare un provvedimento, significa che siamo non soltanto alla crisi economica ma anche e soprattutto al collasso del sistema democratico (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Colleghi, sarò costretto ad interrompere - mi dispiace farlo, perché non sono abituato - i colleghi che andranno oltre il limite di tempo, non perché non sia giusto che chi esprime un concetto lo debba condensare in una frase finale, ma perché se il tempo a disposizione è di dieci minuti, esso deve essere rispettato. Kant ne ha fatto una categoria della sua stessa filosofia!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, qualche giorno fa, intervenendo in tema di costituzionalità del decreto-legge n. 670, cosiddetto e ribattezzato «mille proroghe», riflettevo ad alta voce e denunciavo sostanzialmente il fatto che il Parlamento si riducesse spesso a svolgere un po' il ruolo di teatrino, in cui ciascuno recitava più o meno bene la sua parte. Parlare anche in questa occasione di fronte a banchi in larga parte vuoti mi lascia evidentemente perplesso. D'altra parte, mi chiedo quanto sia logico e se abbia un senso dover recitare fino in fondo questo ruolo. Ebbene, io ritengo che, nonostante tutto, un senso lo abbia. Il fatto che oggi tutti i deputati di alleanza nazionale intervengano, magari in un'aula semivuota, serve comunque a lasciare un segno oltre il teatrino della politica.
Infatti, pur sapendo ed essendo convinti di dire cose sacrosante - soprattutto nel merito perché questi interventi rischiano di divenire ripetitivi, d'altra parte è inevitabile che si enuncino concetti e fatti già spiegati e rispiegati in più occasioni - di fronte alla forza dei numeri la recita dei progetti, delle enunciazioni, delle posizioni, ha un esito comunque ampiamente prevedibile. Ciò accade continuamente ed abbiamo denunciato più volte lo scippo di legalità, l'esproprio continuo che vediamo attuare in quest'aula attraverso un procedimento legislativo che è ormai diventato un mero fatto di conversione continua di decreti del Governo o, peggio, una continua posizione della questione di fiducia da parte del Governo.
Questo Parlamento, dunque, non vara più leggi, ma si limita a convertire i decreti che il Governo decide in diversa sede e spesso, spinto da sedi sicuramente diverse da quella istituzionale, provvede a delineare qualche particolare strategia. Allora il Parlamento diventa un «convertitoio» o semplicemente un luogo in cui, giorno dopo giorno, viene posta la questione di fiducia. Tant'è che verrebbe facile la battuta, ricordando lo slogan «Galbani vuol dire fiducia»: Prodi vuol dire fiducia. Prodi arriva, ti sbatte sulla faccia il suo bel compitino preparato, il suo o quello del Governo, e ti fa ingoiare tutto quello che vuole. E noi procediamo in questa specie di via crucis continua in Parlamento; via crucis che passa attraverso stazioni che ormai conosciamo a memoria: una volta si chiamano «decretone», un'altra «de-cretino», un'altra ancora «stangata», e poi «stangatina», «manovra», «manovrina», «aggiustamento», perché qui vi è da aggiustare ogni giorno. Mi chiedo: siamo bugiardi noi o eravamo bugiardi noi quando dicevamo e diciamo alla gente che questi stanno prendendo in giro i cittadini? Il signor Prodi, infatti, o ha bisogno di un pallottoliere, perché non sa fare i conti, oppure vi racconta delle balle enormi, grossolane.
I conti non tornano, non è vero quello che egli dice. Eppure, con un faccione


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saccente, con i ditini, ridendo sempre anche se deragliano i pendolini, si presenta in televisione a dire «State felici, italiani, perché qui va tutto bene, come avevamo promesso in campagna elettorale». Tutto va bene, madama la marchesa!
Eppure non è così; in campagna elettorale questi signori avevano promesso di correggere in maniera definitiva i conti; avevano promesso una grande strategia per il rilancio dell'occupazione, del lavoro e dell'economia; avevano promesso la difesa dello Stato sociale, sostenendo che mai e poi mai si sarebbero serviti dei voti di rifondazione comunista per far restare in piedi il Governo. Avevano inoltre sostenuto che avrebbero abbassato la pressione fiscale; ed invece, cosa ha fatto fino ad oggi il Governo? Notiamo che vi è una totale mancanza di interventi strutturali soprattutto sul fronte della spesa e su quello dell'occupazione. Giustamente un collega che mi ha preceduto ha affermato che il Governo ha messo in pratica, e bene, la strategia per l'occupazione. È vero, una volta erano abituati alle «occupazioni», con la doppia «k», insieme agli espropri proletari; oggi l'occupazione e l'esproprio proletario vengono realizzati impadronendosi della RAI, dell'Enel, del Monte dei Paschi e via dicendo. Ne potremmo raccontare tante e di tutti i colori!
Hanno poi irriso l'intervento strutturale previsto dal Governo Berlusconi sulla detassazione degli utili reinvestiti che - guarda caso - aveva prodotto 300 mila nuovi posti di lavoro. E l'occupazione che avrebbe dovuto regalarci Prodi, dov'è? Qui cresce solo la disoccupazione e la gente ha fame: ce ne rendiamo conto o no? Questi signori stanno sbandierando come grande vittoria del Governo il livello dell'occupazione. Ma vi siete resi conto, signori del Governo, che questo è il primo anno dal dopoguerra in cui calano i consumi alimentari? La gente non mangia più, stringe la cinghia perché non ce la fa più, perché state asfissiando i cittadini, portate via loro i soldi di tasca. Questo succede perché la pressione fiscale, che secondo le vostre dichiarazioni avrebbe dovuto diminuire, è invece aumentata in maniera spaventosa, esponenziale. Oggi, mentre siamo qui una volta di più a convertire in legge un decreto, annunciate che il Governo accelera: su che cosa? Sulla «manovrina»! Un'altra delle tante, un'altra via crucis.
Il sottosegretario Pennacchi ha annunciato che la relazione trimestrale di cassa sarà anticipata; la «manovrina» sarà di 14 o 15 mila miliardi, questa volta, vedremo poi cosa accadrà fra tre mesi. Sarà varata entro marzo? La girandola delle ipotesi è allo studio. Sul tappeto figurano gli italiani, purtroppo, come pugili suonati; figura l'attuazione della delega, contenuta nella legge finanziaria, relativa all'accertamento. Si tratta di accelerare la riscossione delle imposte. Ma vi sono anche altre ipotesi: per esempio un contributo sanitario a carico dei pensionati (poveri cristi!), il prelievo di un terzo della liquidazione, e potrei continuare. Ogni giorno ne inventate una ed è sempre peggio.
Rendetevi conto poi che, per esempio, avete raccontato agli italiani che il vostro grande disegno era quello di portare l'Italia in Europa. Sono innamorato del mio paese, sono un nazionalista ed anche qualcosa di più, perché credo nella mia Europa che ha fatto la storia, l'Europa della civiltà, delle patrie, delle cattedrali; ebbene, siete riusciti a far odiare l'Europa perché siete stati capaci addirittura di «battezzare» le tasse con il nome dell'Europa. Ciò è drammatico e pauroso. Oggi gli italiani odiano l'Europa, non vogliono saperne dell'Europa, perché porterete loro via i soldi per l'Europa, anzi contro di essa, perché avete raccontato che questo bisognava fare.
Parlate di unità monetaria e vi stracciate le vesti, ma non siete in grado di tenere unito il paese. Questo Governo fa pietà anche di fronte a chi teorizza - e magari mette in pratica - la disunità del paese, perché vi sono fatti gravissimi che passano attraverso la risata stupida di qualcuno e la sottovalutazione, altrettanto stupida se non criminale, di qualcun altro. E questo è qualificante.

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Oggi facciamo giustamente ostruzionismo sul provvedimento, proprio per lasciare comunque il segno di un'opposizione dignitosa, perché l'opposizione sappiamo farla e bene, non veniamo qua a raccontare panzane e a dire stupidaggini, come altri fanno in certi casi, in quanto almeno parliamo di cose serie. L'aspetto che qualifica il provvedimento in discussione è lo spazio che avete dedicato alla rottamazione.
Vedete, voi godete del supporto e del sostegno di Bertinotti che, fra una gita e l'altra col comandante Marcos, si incontra poi con l'altro grande comandante Fidel, il quale, magari, viene a Roma, incontra il Papa - è istituzionale e giusto - ma poi partecipa ad altre cene ed il dramma è che non va a cena con la classe proletaria, né con gli operai, ma con il signor Agnelli, al quale regalate questo provvedimento sulla rottamazione che è vergognoso, che fa pena, pietà, schifo e ribrezzo. Tutto ciò lascia da pensare. Mi domando se forse Fidel abbia chiesto quel giorno a Bertinotti di dire a Prodi di inventare questa bella cosa per fare un regalo all'avvocato ed alla FIAT. Che volete, se vi siete ridotti a fare i servi di qualcuno e se questo decreto passerà come il provvedimento della rottamazione, debbo dirvi che da un Governo di sfasciacarrozze altro non ci si poteva aspettare (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Caro Presidente, ancorché i nostri interventi sono chiaramente ispirati a finalità di carattere ostruzionistico, mi sforzerò di non reiterare gli argomenti già esposti dagli altri e questo mio compito, forse, sarà agevolato dalla complessità delle problematiche che questo provvedimento pone, problematiche di carattere tecnico e di natura più generale. Lo farò rivolgendomi all'onorevole Boccia, il quale, per la verità, ha fatto un rilievo che condivido perfettamente, ma che rimane a se stante e che potrebbe anche trovare - ritengo molto lontano nel tempo - delle soluzioni tecniche, ma che, in effetti, nasconde le vere finalità del Governo e della maggioranza.
È l'undicesima fiducia che stiamo discutendo in nove o dieci mesi e, naturalmente, questa fiducia il Governo la giustifica con i tempi ristretti. Non so se tale giustificazione possa essere ritenuta plausibile quando il fatto si verifica quasi quotidianamente: domani andremo alla seconda questione di fiducia in due giorni ed un'ulteriore fiducia non è più possibile porla, perché la scadenza del decreto sulla proroga dei termini è ormai prossima.
Il quesito che mi pongo è allora il seguente: quella del Governo è una mera negligenza, una pura inerzia, ovvero una lucida e callida negligenza? Che cosa voglio dire? Si inducono i rami del Parlamento, attraverso queste mancate sollecitazioni, ad arrivare alla fine per poi «blindare» i provvedimenti. Ciò non per tutelare i fini della collettività ma ad usum delphini, ad uso della maggioranza, per tutelare le situazioni di privilegio che sarebbero forse spazzate via dagli emendamenti e, quindi, da modifiche sacrosante. L'esempio è tipico e non starò qui a parlare di ciò che abbiamo ampiamente discusso ieri a proposito dell'Istituto autonomo case popolari. Voglio però ricordare altri emendamenti, come quello di carattere tecnico, e l'onorevole Biondi che presiede in questo momento la seduta mi capirà perfettamente. Questo stravolgimento del codice civile avviene attraverso svarioni, strafalcioni poi richiamati dall'onorevole Pepe in un emendamento che non potrà più essere esaminato ed accolto a causa della questione di fiducia.
C'è poi un'altra boutade: se un privato dovesse offrire ai suoi creditori solamente il 40 per cento al di fuori di una procedura concorsuale, molto probabilmente si vedrebbe notificare nell'immediato un ricorso di fallimento. Ebbene, attraverso questa moratoria dei pagamenti dei debiti, lo Stato sta notificando il proprio fallimento. Lo Stato è diverso dal privato, sì; ma nel momento in cui è


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gestito così, penso debba essere considerato alla stessa stregua: si tratta di una gestione clientelare.
Qual è la ragione di carattere politico che, a mio modo di vedere, induce a tanto? La troviamo anche nel «camaleontismo» di D'Alema, che da un momento all'altro passa su posizioni liberiste. In un certo senso deve fare ricorso a pannicelli caldi per continuare a tutelare i privilegiati.
Una illustrazione ancora più plastica di questa situazione l'abbiamo avuta ieri sera durante la trasmissione televisiva Pinocchio. Sono stati intervistati alcuni imprenditori sul significato e soprattutto sugli effetti della legge Tremonti: all'unisono hanno detto che si era trattato di un provvedimento molto positivo, il quale aveva consentito di investire gli utili - detassandoli - e di acquistare i macchinari. Ma quel che più interessa, la legge Tremonti aveva consentito di assumere tante persone. A fronte di questa unanimità di vedute, di opinioni, il giornalista Gad Lerner ha chiesto al ministro Bersani, che rappresentava il Governo, per quale motivo quella disciplina non fosse stata riproposta. La risposta è stata veramente significativa, eloquente: non si poteva nella maniera più assoluta consentire la cristallizzazione di una esenzione fiscale. Siamo veramente all'assurdo! Ci si nasconde dietro risposte addirittura non logiche, pur di giustificare un determinato comportamento! Qualcuno ha replicato al ministro: il reinvestimento degli utili, l'acquisto dei macchinari inducono per lo Stato un incremento delle entrate ancora superiore rispetto alla semplice tassazione degli utili; in più garantiscono occupazione. Naturalmente a fronte di queste osservazioni, Bersani ha taciuto e mi pare che il suo viso sia anche sbiancato...
Tutto ciò la dice lunga sulle vere intenzioni del Governo.
Ho ascoltato gli interventi dei colleghi Raffaele Valensise ed Antonio Martino. Quest'ultimo ha fatto veramente un discorso esemplare sotto tutti i punti di vista. Ha ricordato che, al momento dell'investitura alla Presidenza del Consiglio, Prodi aveva affermato di essere il nuovo Robin Hood: avrebbe tolto ai ricchi per dare ai poveri. Martino ha fatto osservare che i risultati sono stati diametralmente opposti rispetto alle promesse (queste ultime sistematicamente, costantemente non mantenute). Prodi, invece di arricchire i poveri ha dato a coloro che già erano ricchi, come il senatore Agnelli: è il caso delle provvidenze per la FIAT.
In proposito vorrei dire qualcosa di più, vorrei richiamare un altro svarione, un altro strafalcione del Governo. Mi riferisco ad un provvedimento di tre o quattro mesi fa, che riguarda l'applicazione della legge n. 44 del 1986 sull'imprenditorialità giovanile e il prosieguo dell'applicazione di questa legge, che per la verità ha trovato meravigliosi sbocchi con il Governo Berlusconi, salvo poi ritrarsi, per le finalità che ho già richiamato, con l'attuale Governo. Mi si smentisca se sto dicendo cose inesatte.
In dieci anni la legge n. 44 ha prodotto 100 mila posti di lavoro in più, con un'erogazione di 1438 miliardi, quasi la stessa somma erogata in favore del senatore Agnelli e della FIAT, non so a fronte di quale tipo di occupazione. Ma la cosa più scandalosa sulla quale, colleghi, vi invito a soffermarvi e a riflettere è un'altra. Nel momento di massima crisi dell'occupazione in tutta Italia, e soprattutto dell'occupazione giovanile nel sud, il Governo ha previsto uno slittamento al 1998 di finanziamenti per 250 miliardi (non so se sono presenti componenti della Commissione bilancio), per 98 miliardi e per 138 miliardi, che si dovevano spendere nel 1996 e nel 1997. Ci si vuole dire qual è la reale volontà di questo Governo? Quella di incentivare la produzione che provoca occupazione oppure quella di abbattere, di recidere ogni possibilità di ripresa produttiva, e quindi occupazionale? Vorrei risposte ben precise in proposito.
Vi è l'esigenza primaria, a cui abbiamo fatto prima cenno, di tutelare i privilegi. Martino fece altre due affermazioni che non potevano non avere il consenso di chi ragiona. Egli disse che avevamo un'esigenza primaria, quella di andare in Europa;

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neanche ci trovassimo in Africa o non avessimo costituito l'Europa nel 1956, proprio con la partecipazione di suo padre!

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Cola.

SERGIO COLA. Sto per concludere, Presidente.
Concludendo queste mie brevi notazioni e confidando di aver dato un contributo ed una sollecitazione a determinate risposte, a nome personale e rappresentando anche le opinioni di tutti i colleghi di alleanza nazionale che si sono iscritti a parlare, non posso che dire «no» a questo provvedimento, che è il presupposto della consacrazione di un regime e della povertà più assoluta, che sarebbe una iattura per la nostra nazione (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.

CARMELO PORCU. Presidente, non potevo certamente sottrarmi al piacevole dovere di portare un contributo anche personale a questo responsabile dibattito che alleanza nazionale sta portando avanti in un'aula dove, ahimè, i banchi del Governo sono quasi vuoti e altrettanto vuoti sono i banchi dirimpettai delle forze di maggioranza.
Pochi rappresentanti della maggioranza che siete in aula, noi di alleanza nazionale non siamo adusi, almeno nelle ultime due legislature, quella passata e quella che stiamo vivendo, a fare ostruzionismo. È la prima volta forse, nei tre anni che siedo in Parlamento, che partecipo ad una maratona oratoria a scopo ostruzionistico organizzata da alleanza nazionale. L'eccezionalità della nostra posizione politica sta a significare che ci troviamo di fronte ad una realtà sociale ed economica che richiede che tutti si assumano le proprie responsabilità senza infingimenti e senza ipocrisie. La realtà è drammatica e come hanno ben detto molti colleghi che mi hanno preceduto bisogna intervenire. Per lo meno noi della minoranza, di alleanza nazionale in particolare, abbiamo il sacrosanto dovere di testimoniare alla gente che veniamo in Parlamento a fare per intero il nostro dovere. Ecco perché respingiamo al mittente, signor Presidente, le gravissime accuse che ci vengono rivolte - leggo una notizia di agenzia di poco fa - da parte del capogruppo della sinistra democratica, onorevole Fabio Mussi, che definisce addirittura indecente questa nostra legittima presa di posizione politica. Di indecente, cari amici della sinistra, c'è soltanto il tradimento dello Stato sociale che voi avete operato, il tradimento che state operando delle classi deboli di questo paese (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale). È infatti troppo facile che al congresso del PDS si scambi un pezzettino ragguardevole di tutela delle fasce sociali deboli con una grande apertura in campo sessuale e libertario. Ha ragione l'onorevole Buttiglione quando dice che stiamo passando dallo Stato sociale allo Stato sessuale ed hanno ragione quanti affermano che ciò ha origini antiche: dare giochi e allegria quando viene a mancare il pane. È questa una strategia antica che ha sempre portato la sinistra a scontrarsi con l'amara realtà di non poter mantenere le promesse.
Ricordate, cari amici, è stato detto che l'Ulivo ha vinto le elezioni durante quella famosa trasmissione televisiva in cui l'onorevole Melandri, suadente e bellissima esponente del centro-sinistra, convinse gli italiani che la vittoria della destra avrebbe portato allo schiacciamento dello Stato sociale. Tutti gli osservatori dissero che quello è stato un momento decisivo della campagna elettorale. Quella trasmissione televisiva fu una disgrazia per il centro-destra; voi conquistaste allora il favore di centinaia di migliaia di votanti, di cittadini deboli, di pensionati che videro in voi la salvezza delle loro condizioni di vita. Ebbene, non sono passati pochi mesi e tutto questo è stato tradito, in modo, questa volta sì, indecente. È


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stato tradito soprattutto perché non si è risposto con un minimo di azione politica al grandissimo dramma della disoccupazione in Italia. Badate bene, lo ha detto anche - e non è ancora passato ad alleanza nazionale - Cofferati della CGIL; ha detto nel corso del congresso del PDS che questo Governo in dieci mesi non è riuscito a creare un solo posto di lavoro. Berlusconi - e il Governo del centro-destra - è stato condannato, impiccato nelle piazze, perché aveva promesso un milione di nuovi posti di lavoro; cosa dovrebbero fare gli italiani per questo Governo che i posti di lavoro li diminuisce radicalmente, non è capace di crearne, ma solo di portare alla rovina le poche aziende che ancora resistono nonostante la valanghe di tasse che ne impedisce il decollo?
Allora, cari amici, cosa ci andremo a fare noi in Europa? Potremo dare lavoro ai becchini tedeschi o francesi che ci accoglieranno a braccia aperte nei loro cimiteri. Faremo la figura dei morti viventi, degli zombie, in un'Europa siffatta. Per fortuna, forse, ci salveremo perché Prodi sarà baciato da quella fortuna che purtroppo ha avuto in maniera sfacciata recentemente: per questioni tedesche, francesi od olandesi la scadenza di Maastricht sarà rinviata. Salveremo così capra e cavoli. Però questo ha portato veramente al disastro la situazione italiana.
Signor Presidente, la disperazione del sud è grandissima e certamente non contribuisce ad attenuarla il fatto che il Governo rispolveri in questa occasione la par condicio. Il Presidente Scalfaro diceva che tutti devono avere la giusta dose di presenza in televisione: il Governo Prodi, tramite il ministro Napolitano, dice che tutti devono avere la giusta dose di manganellate. La par condicio si applica sia con i produttori di latte del nord sia con i disoccupati del sud, tutti devono essere giustamente ed imparzialmente manganellati.
Pensate cosa sarebbe successo se le manganellate democratiche le avessero date governi di centro-destra. Ci avrebbero messo alla berlina e ci avrebbero linciato; invece a questi signori non succede mai niente, tutto gli è permesso e tutto è dovuto loro.
La grande disperazione che sta colpendo il sud invoca di essere portata anche in questo Parlamento e si salda drammaticamente con la disperazione del nord produttivo. Questo Governo è privo di una politica sociale ed economica: sta rincorrendo un fantasma europeo, sta cercando di tamponare con manovrine di Natale, di Capodanno, di Pasqua che non modificano la realtà: in Italia è sempre Quaresima.
L'olio dell'Ulivo è rancido, è stato una purga per l'economia italiana, ecco perché alleanza nazionale, caro Presidente Biondi, continuerà più forte che mai ad affermare il suo spirito, la sua voglia di rivalsa, la sua capacità di essere testimone dell'animo più nobile e più profondo del popolo italiano. Noi rappresentiamo la maggioranza morale ma anche elettorale del popolo italiano e sappiamo che non tradiremo la speranza di chi in noi crede che è, lo ripeto, la grande maggioranza del popolo produttivo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia - Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, dopo l'appassionato intervento di un qualificato esponente del nostro sud come il collega ed amico Porcu, un intervento di grande e sofferta tensione morale, credo sia difficile prendere la parola. Mi sia però consentita un'osservazione preliminare al mio breve intervento.
Qualcuno ha già sottolineato che se il Governo avesse dato all'opposizione la possibilità di offrire un proprio contributo migliorativo al testo di questo disegno di legge, sono convinto che avremmo raggiunto due obiettivi. In primo luogo la maggioranza avrebbe dimostrato di aver recepito la cultura di una politica basata sul sistema maggioritario che prevede un


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confronto continuo, serrato tra opposizione e maggioranza. Quest'ultima, poi, proprio nell'interesse di una maggiore speditezza dei lavori parlamentari deve cercare nell'opposizione un contributo di emendamenti migliorativi alle proposte di legge, condizionando in tal modo lo stesso voto finale dell'opposizione. Non aver consentito questa procedura e il voler continuare con i voti di fiducia è un fatto gravissimo. Mi creda, signor sottosegretario, è un fatto gravissimo che non soltanto mette in discussione i rapporti tra maggioranza e opposizione ma soprattutto offende, umilia il sistema democratico di questo Parlamento. Un Parlamento che viene trasformato in un organo notarile al servizio di un Governo che, insieme ai partiti della maggioranza, decide fuori da quest'aula; decide i vari provvedimenti e spesso - le chiedo scusa, signor Presidente - adotta procedimenti regolamentari messi in atto senza che intervenga la Presidenza di questa Camera, come massimo organo che rappresenta non una parte ma tutti i gruppi di questa Assemblea.
La nostra azione - come ha detto bene il collega Cola che mi ha preceduto - non deve né può essere considerata un atto di opposizione ostruzionistica ma un richiamo al rispetto delle regole democratiche che questo Governo deve avere. Se si dovesse consolidare il principio del continuo voto di fiducia sarebbe un fatto grave, gravissimo, che metterebbe in forse, anche per il futuro, i rapporti tra maggioranza e opposizione. Badate bene, chi è oggi in maggioranza, domani potrebbe stare all'opposizione!
Ci rivolgiamo pertanto sommessamente, con molta umiltà ma con grande fede, ad una parte della sinistra, di quella sinistra che in passato ha fatto battaglie (non abbiamo difficoltà ad ammetterlo) perché in questo Parlamento ci fosse democrazia nei rapporti tra questo e quel gruppo, ci fosse una democrazia nel concedere l'opposizione. Ebbene, amici della sinistra, rimanere oggi sordi a questi nostri richiami significherebbe mettere in forse per il domani regole democratiche che debbono essere una garanzia non solo per questa o quella parte, ma per tutti, per tutto il Parlamento italiano.
Signor Presidente, questo disegno di legge è frutto di un atteggiamento arrogante, e, mi consenta di dirlo, anche bugiardo di questo Governo. Un Governo che al Senato, attraverso il Presidente Prodi, ha affermato che questo provvedimento sarebbe stato il completamento della manovra finanziaria per il 1997, mentre oggi ammette che quanto prima procederà ad una manovra correttiva sicuramente superiore ai 15 mila miliardi. Bisogna allora avere l'umiltà - virtù forse sconosciuta sia al Presidente Prodi sia al ministro Visco - di venire in quest'aula e ammettere che manca una chiara strategia, che non si ha la capacità di assumere provvedimenti strutturali negli interessi generali del paese. Non si può far dire, come abbiamo ascoltato in televisione martedì 18 febbraio, che non sarebbe stata necessaria alcuna manovra e che se si fosse resa proprio necessaria (così diceva Prodi attraverso la sua agenzia di stampa) allora essa si sarebbe basata esclusivamente sui tagli di spesa e non sull'aumento delle entrate. Il giorno dopo lo stesso Prodi ammetteva che era necessaria una manovra, una manovra pesante che si sarebbe basata anche su aumenti di imposte. Se questa non è improvvisazione, se questa non è incapacità di gestire i problemi di un grande paese industriale come l'Italia, allora vorrei sapere dai colleghi della maggioranza come sia possibile definire quest'atteggiamento!
Ha ragione il collega Martino quando nel suo pregevole e puntuale intervento, già richiamato dall'onorevole Cola, nel parafrasare il discorso di un famoso filosofo greco, ha affermato che questo Governo si comporta «come un cattivo pugile che alza le mani per proteggere quella parte del corpo che è già stata colpita». Martino poi aggiunge che nell'azione del Governo manca totalmente «una progettualità, manca un orizzonte temporale di lungo periodo» che è ciò di cui l'Italia ha bisogno.

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Questo disegno di legge (esprimiamo su di esso lo stesso parere contrario espresso su tutta la finanziaria), mette in atto soltanto modeste e non sufficienti azioni che dimostrano l'incapacità ma soprattutto una linea di politica economica che non va incontro ad una ripresa del commercio, dell'artigianato, del terziario, di tutto quel mondo che rotea interno alle piccole e medie imprese che rappresentano il volano dell'economia di questo paese.
Questo Governo non riesce a comprendere che a Maastricht non si arriva senza serie riforme strutturali, senza privatizzazioni, senza tagli alla spesa pubblica, senza affrontare il problema più importante e drammatico, quello della disoccupazione.
Onorevoli colleghi, la disoccupazione giovanile ha raggiunto ormai percentuali drammatiche, altissime. Pensate - nessuno lo ha sottolineato in questo dibattito - che nel dopoguerra, quando il paese doveva risorgere dalle macerie ed aveva tante aspettative dal punto di vista urbanistico, economico e sociale, la disoccupazione dei giovani tra i 18 ed i 26 anni era del 33,5 per cento. Oggi, dopo cinquant'anni di governi che hanno seguito e continuano a seguire una politica statalista, assistenzialista che per dare tutto a tutti non dà niente a nessuno, la percentuale di disoccupazione giovanile è pari al 35,5 per cento, con punte del 61 per cento a Napoli, del 51 per cento a Bari e - pensate - dell'83 per cento a Bagheria, in provincia di Palermo.
Allora, onorevoli colleghi, non possiamo lamentarci se questi giovani sono spesso oggetto di attenzioni da parte di associazioni malavitose e se spesso sono attirati da forme di tossicodipendenza che li portano anche a spacciare la droga: certamente non possono essere assolti dal punto di vista giuridico, ma dal punto di vista morale - vivaddio - non possono essere condannati, perché si trovano in uno Stato incapace di dare risposta ad un loro diritto.
Se questo Governo, attraverso le varie leggi finanziarie, continuerà a creare illusioni non solo nei giovani ma anche negli anziani, vorrà dire che esso non ha compreso - lo ha sottolineato molto bene l'amico Armani - che l'aumento della pressione fiscale non crea ricchezza, ma è sintomo di una grave recessione nella quale si dibatte lo Stato. L'aumento della pressione fiscale porta irrimediabilmente ad una minore produzione e ad una maggiore disoccupazione. Peraltro è preoccupante il fatto che questo Governo sa bene che l'aumento della pressione fiscale senza il contenimento della spesa pubblica non ci porterà sicuramente in Europa.
Bisogna avere il coraggio di mettere mano alla spesa sociale, ma questo non significa introdurre la tassa di solidarietà per i pensionati, né colpire i diritti quesiti dei lavoratori o i lavoratori autonomi e dipendenti: significa invece avere la capacità di andare incontro ai più deboli e soprattutto alle famiglie; le famiglie di cui qualche ministro si riempie la bocca, senza poi presentare alcun provvedimento in loro favore; le famiglie la cui crescita - come qualcuno questa mattina ha sottolineato - è sempre minore, perché lo Stato non le tutela. Anzi, per dire la verità, questo Stato tutela una sola famiglia, la famiglia Agnelli!
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, onorevoli colleghi. Questo disegno di legge fa parte di una mancata strategia, di un Governo che è privo di una seria politica fiscale, di una politica del credito e, soprattutto, che non ha rivisto la legislazione del lavoro. Da quando è stato formato il Governo Prodi abbiamo sentito parlare di conferenza del lavoro, ma cosa ha fatto fino ad oggi il Presidente del Consiglio? Ci venga a dire Prodi, prima del voto di fiducia, quanti sono i giovani occupati nel paese! Ci dica se è vero che da quando è al Governo la disoccupazione è aumentata di 2-3 punti e che forse la situazione peggiorerà.
Senza questa politica del lavoro credo che non arriveremo a Maastricht. Questo Governo è prigioniero di rifondazione comunista e certamente non potrà dare una risposta positiva alle aspettative di

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tanti italiani che hanno creduto nell'Ulivo e che oggi fortunatamente si ricredono. Oggi, signor Presidente, quei cittadini vedono nella posizione di alleanza nazionale una tutela di quei grandi valori che sono stati e rimangono un impegno fondamentale per la crescita sociale, economica e morale del paese (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alboni. Ne ha facoltà.

ROBERTO ALBONI. Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, ho chiesto la parola innanzitutto per esprimere...

PRESIDENTE. Onorevole Paolone, le dispiace non volgere alla Presidenza la parte meno nobile del corpo?

ROBERTO ALBONI. Non l'ha certo fatto apposta, Presidente!

PRESIDENTE. Senz'altro no!

ROBERTO ALBONI. Dicevo che intervengo per esprimere il mio giudizio negativo nei confronti di questo decreto. Vi è una sintonia a tale riguardo ed essa è stata creata da alleanza nazionale ieri ed oggi in aula perché su tale posizione si raccoglieranno i consensi di tutti i colleghi del Polo per le libertà e forse anche di altri.
Convertendo in legge questo decreto si attiverebbe un nuovo volano. Ieri si è parlato di volano edilizio, mentre quello di cui parliamo oggi diventerebbe un volano repressivo nei confronti dell'impresa medio-piccola, dell'impresa dei privati.
La piccola impresa, l'unico vero satellite, la realtà che tiene in piedi la nostra nazione, si sta domandando oggi cosa stia succedendo e quali siano i propositi del Governo nei suoi riguardi. I più attenti si erano già accorti in precedenza di non essere stati trattati da imprenditori, bensì da ultimi limoni utili da spremere. Noi siamo di un'opinione completamente diversa e lo stiamo dimostrando non con un ostruzionismo demagogico, ma con i fatti.
Sono convinto infatti che tutti noi, me compreso, che interveniamo oggi diamo voce alle necessità, alle volontà ed alle tesi non solo di coloro che ci hanno votato, ma di tutto il popolo italiano, di tutti i cittadini, di tutti i produttori e di tutti coloro che diventano dei contribuenti, cioè coloro che tengono in piedi questo Stato, se così ancora si può chiamare.
Come dicevo, attivando questo nuovo volano, creiamo una nuova forma di repressione. Mi rivolgo all'unico - ahimè - rappresentante del Governo; si tratta di una rappresentanza davvero eloquente. Ebbene, viene imposto un forte strumento fiscale che a sua volta determinerà come minimo un suicidio di massa. Infatti obbligate la gente che lavora e produce per lo Stato a versare in situazioni gravissime.
Si parlava ieri in quest'aula in particolare dell'ordine del giorno Pampo ed altri e si era affrontato il discorso dell'Istituto autonomo case popolari, uno dei tanti enti, in questo caso pubblico, che subirà forti decurtazioni nei finanziamenti in ragione delle decisioni del Governo Prodi. Non sarà solo l'Istituto autonomo case popolari - che abbiamo giudicato ieri sia in modo positivo che negativo, riservando i termini positivi per coloro che non hanno sperperato denaro pubblico - a soffrirne, ma anche altri istituti ed enti verranno penalizzati, come l'ANAS. Questa è apparsa sulle pagine di tutti i giornali, non solo nel corso della presente legislatura, ma in particolar modo quando sui banchi del Governo sedeva l'ex ministro Di Pietro, che con l'ANAS voleva rilanciare, ahimè mi tocca dire quasi demagogicamente, le nuove linee di conduzione del nostro paese. Ebbene, l'ANAS sarà nella stessa situazione degli IACP nel 1997 perché non avrà sufficienti fondi per andare avanti e non potrà operare come si era proposto di fare. Secondo alleanza nazionale, quindi,


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si è tolto fiato ad un altro strumento che poteva servire per lavorare a favore del servizio pubblico.
Il collega Carmelo Porcu, intervenuto in precedenza, ha evidenziato in maniera folcloristica ma significativa alcuni aspetti della nostra politica attuale. Ebbene, mi ha fatto tornare in mente gli interventi demagogici della sinistra. Mi riferisco alla sinistra rappresentata da rifondazione comunista, che si propone sulle reti televisive bella, ben vestita, magari manifestando grandi intenti e poi naturalmente - sottolineo l'avverbio «naturalmente» - scende in campo, cioè entra in quest'aula e dichiara: noi ci abbiamo provato, però purtroppo dobbiamo votare.
Meno male che i cittadini hanno capito finalmente perché questi atteggiamenti non sono rimasti nell'ambito dell'emiciclo dell'aula, i cittadini hanno capito le vere intenzioni di rifondazione comunista. A tutto ciò aggiungo la sfacciata demagogia del PDS, che abbiamo riscontrato nelle immagini di qualche giorno fa relative al recente congresso di fronte ad un'esclamazione interessante fatta dal lider maximo, «Maximo» D'Alema, che si preoccupava di dire che occorre rimboccarsi le maniche perché c'è il rischio di perdere (secondo me lo hanno già perso) il voto giovanile. Inviterei costoro a riflettere, anche se è un po' troppo tardi; non siamo «portatori» di acqua a questo Governo, ma invitiamo ugualmente i suoi rappresentanti in modo democratico a fare una riflessione: i signori della maggioranza non hanno perso solo il voto giovanile ma stanno perdendo, pezzo dopo pezzo, anche il voto di quel famoso Stato sociale che hanno sempre avuto sulla bocca, quello della classe contribuente, dei pensionati e degli studenti che, fortunatamente, non hanno conosciuto a sufficienza, nonostante il loro vettore, cioè il ministro Berlinguer. È infatti stato sufficiente che aprisse bocca per qualche giorno e si è trovato contro la rivolta delle scuole. Meno male!
Torno ora al problema del mancato investimento o, meglio, di un investimento errato portato sul solito canale. Prima parlavo di uno Stato sociale, di una tutela nei confronti di questo; è una becera demagogia quella che stanno facendo il Governo e la maggioranza, e noi lo stiamo dimostrando. Non possiamo accettare per l'ennesima volta un decreto come questo, predisposto in favore di una grossa casa automobilistica, la quale ha potuto vendere molte macchine in più del previsto e ha potuto assumere 2 mila persone in più. Con quale intento demagogico e con quali responsabilità è stato fatto tutto ciò? Assumere 2 mila persone in più significa creare 2 mila posti di lavoro precari in più. Quando finirà l'effetto dell'incentivo, ad ottobre prossimo, chi garantirà a queste 2 mila persone il mantenimento del posto di lavoro? A mio parere ci troveremo di fronte ad un problema ancora più grave: oltre ad aver creato una falla nelle casse dello Stato con questo strano incentivo, ci troveremo di fronte ad una futura (davvero non lo auspico) cassa integrazione per queste persone che non serviranno più. Ancora una volta vengono utilizzati come numeri, come ormai avviene da tempo, coloro i quali sono gli ufficiali e nobili rappresentanti dello Stato italiano, i lavoratori.
Si scopre inoltre qualcosa di ancora più spiacevole e squalificante nei confronti di questo Governo: cosa fare per porre rimedio a questo strano incentivo che, a colpo d'occhio, appare positivo? Poiché deve essere correlato ad una manovra, il Governo ne ha scelta una non tendente a diminuire l'IVA per rilanciare il settore edile, ma volta ad aumentare l'IVA del commercio del rottame. Questo significa incentivare l'evasione fiscale.
E poi, anche altre volte, lo stesso Governo ed i leader della maggioranza si preoccupano di apparire in televisione per fare affermazioni del genere: «Ci preoccuperemo di fermare l'evasione fiscale e la disoccupazione!». Ciò non è accaduto e non accadrà sicuramente. Potrebbe accadere veramente con una presa di posizione ufficiale del tipo di quella assunta da alleanza nazionale e dal Polo per le libertà: riqualifichiamo l'economia utilizzando come strumento-esempio la legge

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Tremonti! In questo modo potremo permetterci di fare qualcosa; altrimenti distruggeremo solamente e solennemente il paese (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Butti. Ne ha facoltà.

ALESSIO BUTTI. Con il decreto-legge n. 669 del 1996 si completa una manovra finanziaria che qualcuno nel mio gruppo ha voluto definire fallimentare non solo perché chiude il 1996 con un rapporto disavanzo-PIL ben distante (circa 4 punti) da quel 3 per cento che invece il Presidente Prodi ritiene di avere già raggiunto, ma anche perché paradossalmente ogni ulteriore provvedimento economico-finanziario genera un progressivo peggioramento della già difficile situazione del paese.
Le poche cose positive, che pure sono presenti in questo decreto-legge, non possono tuttavia distrarci rispetto all'impianto complessivo di un provvedimento che spazia tra settori profondamente diversi tra loro. Vorrei ricordare come ancora una volta questo Governo non guardi all'economia reale né al crollo delle piccole e medie imprese, che continuano a chiudere senza che questo Governo e questa maggioranza si rendano conto che l'eccessiva pressione fiscale, gli eccessivi oneri previdenziali, il numero esorbitante di adempimenti e di obblighi amministrativi (spesso superflui) che le aziende devono rispettare, costituiscono un ostacolo insormontabile alla libera impresa.
Continuiamo a ritenere che questo Governo non abbia prestato sufficiente attenzione all'obiettivo dello sviluppo. Ha impostato la sua manovra finanziaria e tutte le manovre correttive che ad essa sono seguite guardando più al fronte delle entrate, invece di studiare provvedimenti atti a stimolare la crescita del nostro prodotto interno lordo e mettere mano al grave problema della disoccupazione, in particolar modo quella giovanile.
Oggi siamo chiamati ad esprimere un parere su questo decreto-legge che - come abbiamo detto - dovrebbe completare la manovra finanziaria già approvata.
Entrando nel merito, vorrei rilevare che il Governo ha cercato di farsi un po' di pubblicità inserendo nel provvedimento talune norme che apparentemente sembrano finalizzate al rilancio del comparto edile, ma che di fatto servono solo a gettare fumo negli occhi dei contribuenti italiani. Sono norme esigue e propagandistiche, che di fatto risulteranno prive di applicabilità e dunque di utilità per il paese stesso. Il Governo infatti, dopo aver inciso sul «fattore casa» aumentando le rendite catastali, le imposte e quindi i costi di gestione degli immobili, creando così una contrazione della domanda, tenta oggi di dare un contentino riducendo l'IVA per alcuni modesti interventi edilizi, avendo già penalizzato l'intero settore immobiliare in sede di finanziaria. È come dire un banale tentativo: quello di chiudere il recinto dopo la fuga dei buoi!
L'agevolazione quindi non comporterà alcun risultato positivo se non sarà accompagnata da norme volte a facilitare ed incentivare l'acquisto di immobili; un evento, questo, a seguito del quale normalmente avviene una ristrutturazione.
In tema poi di detrazione degli interessi passivi - pagati in dipendenza di mutui contratti nel 1997 per effettuare interventi di manutenzione straordinaria sui fabbricati esistenti - l'articolo 1, comma 4, prevede la possibilità di detrarre dall'imposta lorda dovuta ai fini IRPEF un importo pari al 22 per cento dell'ammontare complessivo degli interessi passivi ed oneri accessori. Mi domando, però, quale rilancio del settore edile si potrà avere da questa norma, se essa ha una portata così limitata da esaurirsi nel corrente anno, cioè nel 1997? Nella realtà, non potrà essere applicata e non saranno sufficienti pochi mesi del 1997 per individuare gli interventi edilizi, ottenere le autorizzazioni degli enti locali, chiedere i mutui agli istituti bancari, attendere l'esito delle istruttorie e ricevere - in caso di accoglimento - l'erogazione per effettuare i lavori. Se ciò non bastasse, la norma fa poi riferimento ad un successivo


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decreto del ministro delle finanze per la definizione delle modalità e delle condizioni alle quali è subordinata la detrazione degli interessi. E non è nemmeno previsto un limite temporale per l'emissione di tale decreto: siamo, quindi, nella più assoluta delle incertezze!
Vorrei entrare velocemente - come hanno fatto alcuni colleghi - anche nel merito del provvedimento in discussione, in particolare laddove si parla di incentivi per la rottamazione e gli acquisti di autoveicoli. Mi preme solo sottolineare che in più di uno spot televisivo tali incentivi sono definiti governativi. Viceversa, essendo i fondi assolutamente statali, sarebbe opportuno che il Governo invitasse le case automobilistiche che hanno commissionato queste campagne pubblicitarie - visto che tali spot sono ancora in programmazione - a correggere tali messaggi affinché negli stessi si parli più correttamente di incentivi statali. Mancava solo che si dicesse: «Grazie ai contributi del Presidente Prodi» - ovviamente personali - «gli italiani potranno soddisfare il sogno di cambiare l'auto». Mancava solo ed esclusivamente questo per coronare la demagogia del Governo!
Non voglio definire negativa la filosofia di questo tipo di incentivi, ma io provengo da Como, dalla patria della seta, della cravatta, settore profondamente in crisi strutturale e congiunturale, per il quale il Governo non sembra manifestare molta attenzione; anzi, in materia di incentivi ho l'impressione che, ancora una volta, piova sul bagnato.
Qualche settimana fa la stampa nazionale si è occupata di una provocazione posta in essere da alcuni imprenditori serici lariani, che avrebbero voluto rottamare la propria cravatta per poi acquistarne un'altra con l'incentivo del Governo, aiutando in questo modo anche la produzione. Questa provocazione, purtroppo, non ha colpito il mondo politico (salvo il collega Delmastro Delle Vedove, che ha ripreso poco fa il concetto). Invece abbiamo la FIAT che produce all'estero e che vende in Italia con gli incentivi. Ebbene, se la produzione all'estero con manodopera straniera e la commercializzazione in Italia rappresentano i requisiti per ottenere attenzione ed incentivi dal Governo, passerò l'informazione agli imprenditori lariani, con buona pace per la disoccupazione e per la produttività.
Come se non bastasse, signor Presidente, leggo un'agenzia (la ADN-Kronos) di pochi minuti fa: «"È un fatto positivo, come cittadini e come produttori". È questo il commento del presidente della FIAT Cesare Romiti all'annuncio del ministro dei trasporti Burlando che il Consiglio dei ministri approverà nei prossimi giorni un provvedimento di aiuti per rinnovare il parco autobus della città». Piove sul bagnato, come dicevo poc'anzi. E continua: «Non possiamo che prenderne atto con soddisfazione. Abbiamo stabilimenti adatti che purtroppo oggi lavorano poco e quindi questo provvedimento consentirà di aumentare la produzione». Guarda caso il provvedimento è già nel decreto e il presidente Romiti ha già a disposizione una nuova catena di montaggio per questi nuovi automezzi.
A nostro avviso, il Governo non guarda all'economia reale, non guarda al fallimento, alle difficoltà delle piccolissime, delle piccole e delle medie imprese - difficoltà che derivano dai fortissimi oneri previdenziali, fiscali, che ovviamente si abbattono sui loro conti economici -; il Governo non guarda ai pesi, anche di carattere burocratico, che si continuano ad imporre in maniera diretta e indiretta nei confronti di questo universo mondo di produttori che rappresentano lo zoccolo duro dell'economia nazionale.
Orienterò il mio voto sulla base del giudizio che do sull'attività di un Governo che vive, a mio avviso, di episodi e che risveglia la sua attenzione su problemi gravissimi soltanto quando avvengono fatti eclatanti, quando si interviene in emergenza, lavorando in emergenza e senza una buona progettualità. I risultati, ovviamente, non possono essere buoni.
Esprimo, quindi, il mio voto contrario su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale - Congratulazioni).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aloi. Ne ha facoltà.

FORTUNATO ALOI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'impegno del gruppo di alleanza nazionale in ordine al disegno di legge di conversione del decreto al nostro esame non deve essere visto come un momento fine a se stesso, un filibustering, come si dice con termine anglosassone, che attiene solo all'esigenza di evidenziare il significato di un'azione quasi aprioristicamente di opposizione. Vi è l'esigenza di testimoniare che in effetti su un tema attinente ad un aspetto importante della politica fiscale del Governo, l'opposizione di alleanza nazionale all'interno del Polo...

PRESIDENTE. Colleghi, consentite all'onorevole Aloi di esprimersi senza un brusio di fondo.

FORTUNATO ALOI. Ciò determina un fatto che, oltre ad essere politico, è soprattutto - mi si passi il termine - morale. Non potevamo non testimoniare la posizione della nostra forza politica in rapporto alle esigenze di ordine sociale ed economico, giacché per noi i due momenti non sono a sé stanti ma vanno visti in una logica che non vede i due termini in alternativa. Signor sottosegretario, ci troviamo di fronte ad un Governo che, dopo aver prospettato un rastrellamento di fondi e di energie finanziarie per 62.500 miliardi, ed aver presentato un provvedimento - quello in esame - per circa 4 mila miliardi, che dovrebbe rappresentare un momento conclusivo rispetto all'anno che ci siamo lasciati alle spalle, pone in prospettiva un impegno finanziario che ha come emblema l'Europa.
Abbiamo affermato in termini molto chiari che per noi, fatto unico sul piano europeo, l'indicazione dell'Europa costituisce una mistificazione non solo nominalistica ma anche di ordine politico e soprattutto economico e finanziario. L'Europa è ben altro. Siamo convinti che la tassa per l'Europa non avrà carattere contingente, e come tutti i semel che diventano semper nella nostra realtà, vedremo che negli anni prossimi continueremo a parlare di Europa ed a pagare per l'Europa, mentre gli altri paesi europei sono esterrefatti e preoccupati.
Mentre si dice di voler chiudere la partita con i 62.500 miliardi, contemporaneamente si prefigura un'altra manovra che, quasi edulcorando il termine, viene definita «manovrina», che attiene a 1.500 miliardi. Signor Presidente, siamo dunque di fronte a situazioni che - lo debbo dire con onestà intellettuale - offendono il cittadino italiano, i rappresentanti del popolo e coloro i quali si rendono conto che pagare le tasse è doveroso purché ciò avvenga in rapporto alle possibilità ed ai redditi.
Noi ci meravigliamo, signor sottosegretario, del fatto che il Governo, che si muove sulla spinta di vocazioni di ordine sociale, un Governo che nella sua compagine vede per la prima volta l'ex partito comunista, oggi PDS, pone mano al welfare state. Chiedo scusa, ma in queste condizioni non riesco a sviluppare il ragionamento.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, cerchiamo di rispettare il collega che sta intervenendo.
Prego, onorevole Aloi.

FORTUNATO ALOI. Ebbene, per quanto riguarda questa forza politica, debbo dire che le conversioni di Saul sulla via di Damasco in termini di mercato ci preoccupano. Appartengo - lo dico con molta franchezza - ad una cultura che considera, lo ribadisco in questa sede, il mercato come fattore dell'economia; ovviamente non il mercato in senso puro, la logica del mercato tout court, che appartiene alle teorie di Adam Smith e di un certo tipo di liberalismo - come il sottosegretario ben sa - superato e che attiene solo ai testi classici di economia politica. Debbo dunque dire che riuscire a coniugare il mercato con la socialità appartiene all'identità, al DNA di alleanza nazionale. Questo è un passaggio al quale siamo fedeli e da cui non deroghiamo. Però,


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onorevole sottosegretario, rispetto a certi temi che attengono alla tassa sui pensionati, alla questione degli incentivi per l'acquisto di auto ed alla rottamazione di cui tanto si parla, vorrei ricordare alcuni aspetti, sia ben chiaro senza demonizzazioni nei confronti della FIAT. Ci rendiamo conto, infatti, che tanti posti di lavoro vengono creati, sia pure con le molteplici facilitazioni che Agnelli riceve, che ricordano un po' la politica attuata in funzione del presidente della FIAT negli anni sessanta, quando abbiamo costruito le autostrade, spesso sbagliando anche politica, in funzione della 600 o di tutto ciò che si muoveva per venire incontro alle esigenze della FIAT.
Oggi questo si ripete: si potrebbe dire repetita iuvant, ma io lo nego, perché vediamo come Agnelli riceva benefici, come, in effetti, gli italiani acquistino macchine, ma - come ha anche affermato or ora il collega Alboni - la FIAT produca all'estero ma prenda incentivi in Italia. Bisogna uscire da certe logiche che sono proprie di una multinazionale, perché tale è la FIAT, che può guardare all'Italia anche come periferia del suo potere economico e finanziario.
Ecco perché - debbo dirlo con molta franchezza - signor sottosegretario, rispetto a certi temi, quali quelli del Mezzogiorno, dell'occupazione, della drammatica realtà della questione meridionale, che mai come in questo momento sta subendo dei cali di interesse, non possiamo non dire che provvedimenti di questo tipo non servono assolutamente a determinare investimenti tali da portare veramente allo sviluppo.
Noi certo guardiamo al tema dello sviluppo con grande interesse, però riteniamo - lo affermo con molta serenità - che le politiche di ordine economico, che tutti gli investimenti che si vanno ad attuare, che gli incentivi che si introducono, debbono obbedire ad una certa strategia anche di programmazione. Noi non riteniamo che questo Governo, che si dovrebbe muovere sulla spinta di una sua vocazione sociale, risponda a queste esigenze.
Vi sono tanti disoccupati, non è retorica; situazioni e punte pesanti di disoccupazione nel sud, nella mia Calabria, a Reggio Calabria, dove i disoccupati sono oltre il 50 per cento e dove per i giovani, soprattutto quelli provenienti dalle scuole e dall'università, non vi è speranza di poter ottenere un'occupazione nel giro di 10-15 anni.
Di fronte a questa realtà non possiamo che dire il nostro «no»; non possiamo assolutamente pensare che un decreto di questo tipo possa essere convertito. Ci rendiamo conto della logica dei numeri, della questione di fiducia che è stata posta, delle forzature che si attuano, certo nel rispetto di quelli che sono i canoni di una democrazia parlamentare, ma in tutto questo sta il significato della nostra testimonianza.
La nostra parte politica rappresenta un po' l'anima sociale, soprattutto in certe realtà quali quelle meridionali, dove noi siamo la forza principale; in certi ambienti, dove interpretiamo le esigenze di tanta gente, di ceti emarginati, di giovani disoccupati, di giovani intellettuali senza speranza, siamo un punto di riferimento e lo siamo perché crediamo profondamente nella vocazione di ordine sociale, ritenendo che si possa e si debba coniugare il principio del mercato, non inteso in senso esasperato e spesso feticistico, con quello appunto della vocazione sociale. Questa è la nostra realtà ed è alla luce di ciò che diciamo il nostro «no» alla conversione del decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Aloi, anche per essere rimasto nei limiti di tempo, che è sempre tiranno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amoruso. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARIA AMORUSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo letto ieri su un comunicato stampa di un deputato della coalizione dell'Ulivo che la destra non fa opposizione democratica; il centro-destra ed in particolare


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alleanza nazionale non sanno fare un'opposizione democratica. Mi sono chiesto cosa volesse dire «fare un'opposizione democratica». Mi sono domandato che cosa potesse significare per i signori dell'Ulivo, per la coalizione dell'Ulivo, per la maggioranza, per il Governo. Forse fare un'opposizione democratica vuol dire appiattirsi, subire le decisioni di un Governo e di una maggioranza?
Per esempio, in occasione della precedente finanziaria il Governo e la maggioranza hanno dimostrato di non essere disponibili. Stando ai termini usati da questo parlamentare dell'Ulivo, hanno dimostrato di non essere «democratici». Infatti hanno abusato dell'istituto della fiducia per far passare una legge che non avrebbero avuto la forza di approvare. È allora stata sottratta al Parlamento ed alla Camera dei deputati la possibilità di discutere, di confrontarsi, di verificare le posizioni; è stata sottratta all'opposizione - che è democratica e rispettosa dei ruoli, nell'ambito di una democrazia bipolare dell'alternanza - la possibilità di svolgere il suo ruolo di stimolo, di controllo e di proposizione. Tutto ciò non è stato consentito: e così le funzioni del Parlamento sono state espropriate dal Governo.
Cosa vuol dire «opposizione democratica» nel momento in cui questa Camera e quest'aula vengono utilizzate - dietro semplici intese - come organi di ratifica di certi decreti? È il caso del decreto di cui ieri sera il Governo ha annunciato il ritiro: i giochi erano già stati completamente preconfezionati nell'altro ramo del Parlamento e si voleva che la Camera lo accettasse senza alcuna possibilità di intervenire sul testo. Opposizione democratica vuol dire subire un Governo ed una maggioranza che blindano i loro provvedimenti senza consentire - neanche nel dibattito in Commissione - di intervenire sulle norme in discussione?
Un collega intervenuto in precedenza ha ricordato che molte volte - è accaduto su questo stesso provvedimento - i pochissimi emendamenti proposti da alleanza nazionale e dal centro-destra non avevano certo finalità ostruzionistiche né tendevano a stravolgere il testo: semplicemente andavano nella direzione di soluzioni migliorative a fronte di determinati problemi o si muovevano nel senso di correggere sviste o svarioni del Governo o degli estensori degli atti.
Certamente non siamo stati noi a volere la mancanza di dialogo. L'occupazione del potere (qualcuno lo ha ricordato) non l'ha voluta certo il centro-destra. Nei mesi in cui il centro-destra è stato al Governo, non ha sicuramente dato dimostrazione di voler occupare - quasi manu militari - tutta la gestione del potere. Questo Governo, al contrario, lo sta facendo quotidianamente, in ogni sua azione, si tratti di banche o di enti o di qualunque presenza - passata, presente o futura - nel sottogoverno e negli organi di gestione.
Ecco perché è necessario comprendere cosa si intenda per opposizione democratica. È un'opposizione che si vede costretta a fare ostruzionismo per far sentire la sua voce al paese. È stata messa nelle condizioni di non partecipare ai lavori dell'Assemblea - durante l'esame della legge finanziaria - per far capire agli italiani, alla gente, la gravità della situazione in cui ci trovavamo. Spesso è un'opposizione ostaggio del Governo, se è vero - come è vero - che abbiamo ripetutamente presentato interrogazioni nei confronti di alcuni ministri che da mesi si rendono inadempienti in operazioni che dovrebbero svolgere come mera esecuzione, perché previste dalla legge.
Ci riferiamo in modo particolare (lo diciamo oggi in quest'aula a gran voce perché lo senta) al ministro Burlando, che da mesi e mesi sta determinando la morte del porto di Bari perché non provvede a dare seguito ad un atto dovuto del Governo nei confronti delle indicazioni pervenute, nei tempi previsti dalla legge, da parte della provincia e del comune di Bari, nonché della camera di commercio, con l'avallo della regione Puglia.
Questo è il comportamento del Governo, questi sono gli atti che compie contro un'opposizione che non è certo non democratica, caro onorevole Orlando,

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ma è costretta a ricorrere a formule di ostruzionismo per poter sostenere le proprie idee e le proprie tesi. Ed è molto poco, caro Presidente, quello che oggi facciamo. Ho la fortuna di essere alla mia seconda legislatura e ricordo quello che l'opposizione di allora al Governo di centro-destra ha fatto in quest'aula, quello che ha scatenato sulle piazze per impedire ad un legittimo Governo, voluto dal popolo italiano, di essere il Governo della nazione. Lo ricordiamo bene! Allora, non si può pretendere dagli altri quello che non si è mai fatto, onorevole Orlando. Non si può pretendere dagli altri quel rispetto che puntualmente viene violato da parte di questa maggioranza e di questo Governo.
Ma veniamo all'argomento oggi in discussione, cioè la manovra aggiuntiva, che doveva servire ad aggiustare il tiro di una manovra finanziaria che avevamo sottolineato non essere certamente utile per l'economia nazionale. Era una speranza vana quella che tale manovra aggiuntiva potesse servire ad aggiustare il tiro, a riequilibrare certe situazioni. Abbiamo dovuto constatare che con essa il Governo e la maggioranza hanno inteso procedere sulla strada tracciata dalla finanziaria, attraverso scelte che non serviranno certamente ad aiutare la nostra economia. La strada di una maggiore tassazione e fiscalizzazione della vita economica nazionale, che non fa aumentare la produzione e che non è la strada che, attraverso l'aumento della produzione, accresce le possibilità di occupazione e le entrate dello Stato. È questa, cari signori del Governo, la strada che bisogna percorrere per aiutare l'economia nazionale, e non quella, troppo facile, di prevedere nuove e maggiori tasse a carico dei cittadini e delle imprese, che ormai sono sull'orlo del collasso.
I dati salienti di questa manovra di aggiustamento (abbiamo ascoltato tanti interventi al riguardo) si focalizzano su alcuni provvedimenti, come quelli dell'articolo 29-bis, che riguarda i problemi connessi al contributo per la rottamazione. È giusto sottolineare che tale provvedimento, sul quale tra l'altro si è avuto il voto negativo della X Commissione, crea solamente falsi benefici, false illusioni; quando si parla di duemila posti di lavoro, come giustamente ha rilevato qualcuno, si tratta di duemila posti di lavoro fittizi in quanto sono posti di lavoro a tempo determinato, che non creano il futuro e la speranza in una nazione attanagliata dal problema della disoccupazione. Conosciamo le politiche della FIAT, le abbiamo subite nel Mezzogiorno d'Italia sulla nostra pelle! Sappiamo come la FIAT ha utilizzato i fondi che avrebbero dovuto essere di sostegno alle nostre economie, alle nostre necessità, mentre oggi zone come quella di Melfi affrontano problemi gravissimi!

PRESIDENTE. Mi dispiace, ma il tempo a sua disposizione è terminato.

FRANCESCO MARIA AMORUSO. Mi avvio immediatamente alla conclusione. Per questi motivi non possiamo essere favorevoli alla manovra finanziaria, soprattutto a quell'articolo 24 a favore di Napoli, anzi di Bassolino, che così vuole fare propaganda politica e che ha la sola capacità di indebitare sempre di più, come scrivono oggi i giornali, di decine di miliardi, i cittadini napoletani. Per questo non ci stiamo, per questo siamo contrari (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO ANEDDA. Altri colleghi hanno autorevolmente sostenuto e dimostrato gli svarioni tecnici del provvedimento in esame, l'aumento sostanziale ed effettivo della pressione fiscale che determina, le conseguenze che provocherà nella già esangue economia italiana. Hanno autorevolmente sottolineato le implicazioni politiche, il sottofondo che, come dirò fra breve, è alla base del provvedimento. Il fatto è che il Governo ha perduto ancora una volta l'occasione


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per il rilancio e lo sviluppo dell'economia; ha rivelato la contraddizione intrinseca del provvedimento laddove impone sacrifici ed elargisce favori finanziari ad una impresa privata, destinando a ciò le risorse frutto dei sacrifici.
Non so quanto la massaia quotidianamente impegnata nella spesa sia interessata alle pur non eludibili riforme istituzionali. Presumo, suppongo che abbia maggiore preoccupazione per l'aumento dei prezzi, per la progressiva diminuzione del potere di acquisto dei salari e degli stipendi. Il costo della vita aumenta, la cesta della spesa è sempre più vuota e l'esperienza quotidiana smentisce sia le paciose, ottimistiche previsioni del Presidente Prodi, sia i fin troppo intelligenti indici econometrici che ci avvertono che l'inflazione è raffreddata e quasi scomparsa. Noi non ci stancheremo mai di ripetere, a costo di essere noiosi, che la crisi economica, e quindi la disoccupazione, non si batte con nuove imposizioni fiscali, con l'aumento delle tasse, con il moltiplicarsi delle aliquote per l'imposta sul valore aggiunto, con il vecchio rito dell'aumento delle imposte dei monopoli. Lo sviluppo e la crescita economici si innestano con il dare fiato alle imprese, con la diminuzione dei costi, talvolta conseguenti più alle disfunzioni ed alla voracità dello Stato che alle imposizioni fiscali di per se stesse. Non ci stancheremo mai di ripetere che lo sviluppo economico si può creare se si ridà fiato e fiducia alle attività commerciali ed artigianali.
Ciò è tanto più vero in quanto la globalizzazione dei mercati e dell'economia, della quale molto si parla, forse senza che ci si renda conto delle implicazioni, esalta la competitività. Ma si può essere competitivi se si ha eguaglianza di costi. Intendo dire che l'occupazione non è un obiettivo, ma la conseguenza dello sviluppo e della crescita economica.
Il punto però non è questo. Il punto è la confusione legislativa, l'incertezza delle norme, il sovrapporsi dei testi legislativi. Il provvedimento ne è un chiaro esempio non soltanto per i mai abbastanza deprecati interventi legislativi che aggiungono incisi, frasi, parole, virgole ai testi in vigore, rendendo acrobatico il lavoro dell'interprete, quanto per le materie eterogenee inserite in un unico provvedimento disperse in una miriade di commi, sottocommi, paragrafi, elencazioni.
Il provvedimento in discussione - e l'elencazione non è completa - interviene sulle imposte sui redditi e sull'imposta sul valore aggiunto; l'articolo è formato da dieci commi, sei paragrafi, sette sottoparagrafi; interviene con una modifica del codice civile; aggiunge quattro nuovi articoli e inserisce modifiche alle norme sostanziali e alla normativa fiscale; interviene sui titoli pubblici; sulle lotterie; sul pubblico impiego; sull'esecuzione forzata; sugli organici della pubblica amministrazione; sui diritti dei dipendenti. Potrei continuare perché, come dicevo poc'anzi, l'elencazione è approssimativa e non completa.
Non so se questa oscillazione schizofrenica sia conseguenza delle contrastanti opinioni all'interno della maggioranza, come è facile presumere, oppure se sia causata da una carenza di idee o dalla mancanza di una linea economica frutto della fin troppo rapida e incerta mutazione del partito democratico della sinistra. Non si abbandonano le idee nelle quali si è creduto, i principi per i quali ci si è battuti, le linee politiche per le quali si è fatta espressione di fede soltanto per le lunghe parole di un valoroso segretario di partito in un congresso troppo pubblicizzato.
Certo è che il provvedimento provocherà un'ulteriore stasi nell'economia, un avanzamento nella recessione. Le norme sostanziali e l'aspetto formale del provvedimento non meritano né assenso né approvazione: questa è la ragione del nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polizzi. Ne ha facoltà.

ROSARIO POLIZZI. Signor Presidente, signor sottosegretario, stiamo facendo


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un'analisi sulla fiducia che questo Governo sta acquisendo agli occhi di un territorio nazionale che si vede sempre più maltrattato e che vede sempre meno interpretate le proprie esigenze. L'azione del Governo viaggia senza concreti obiettivi, senza una strada con tappe che portino a risultati apprezzabili.
Possiamo fare vari esempi. Abbiamo sentito sbandierare il fantomatico patto per il lavoro, rispetto alla cui realizzazione e messa a punto non siamo riusciti ad avere alcuna risposta, anzitutto viaggia nell'assoluta nebulosità nonostante si sventolino sui giornali dichiarazioni di essere pronti a mettere in atto quegli accordi che avrebbero dovuto essere fondamentali per il problema occupazione del paese. Abbiamo sentito parlare del ruolo fondamentale che nella lotta alla disoccupazione deve avere la formazione professionale. Anche qui il discorso è assolutamente nebuloso e talvolta veramente incomprensibile dal punto di vista tecnico. Nonostante si intuisca il ruolo fondamentale di questa attività formativa che deve servire ad inserire realmente coloro che partecipano a questi corsi nel tessuto sociale e lavorativo delle regioni e della nazione, manca del tutto la focalizzazione del problema. Ancora oggi non si capisce quale sia il collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro. In questo momento la scuola e l'università non riescono a soddisfare le reali esigenze dei giovani, di coloro che si affacciano o tentano di affacciarsi al mondo del lavoro.
Nell'università si continuano a perpetuare strane forme di concorso e non si riesce a dare chiarezza a coloro che nel corpo docente universitario hanno svolto per vent'anni la propria qualificata attività professionale. Ancora oggi si mettono in moto concorsi in cui si richiede il controllo e la verifica della professionalità e dell'attività didattica a colleghi che hanno svolto per vent'anni la propria attività.
C'è poi un'assoluta mancanza del discorso fondamentale dell'orientamento, che dovrebbe essere il primo punto per la crescita dei giovani, al fine di poter dare a questi un quadro esatto delle richieste del mondo del lavoro.
Nessuna concreta risposta è stata data a tutti gli enti territoriali in ordine al grave problema dei lavori socialmente utili. Anche in questo caso viene inserito un «parcheggio» anomalo, privo di sbocchi. Se a chi si trova all'interno della problematica dei lavori socialmente utili non si garantisce, attraverso un giusto piano di formazione, la possibilità di uscire dal «ghetto» di tali lavori ed una reale e concreta rivitalizzazione della propria attività (il Governo non ha ancora dato risposte in tal senso), avremo progetti di lavori socialmente utili che scadranno senza riuscire a capire quale sia l'obiettivo da perseguire e dove andrà a collocarsi questa grossa parte di manodopera già penalizzata dalla mancanza di lavoro.
Lavori socialmente utili e prestito d'onore sono l'altra perla che il Governo ha predisposto. A proposito della grossa chance sul prestito d'onore ci accorgiamo che, mentre, in particolare, nelle regioni del Mezzogiorno, molte sono le domande presentate al fine di ottenere un finanziamento, gli stanziamenti sono assolutamente insufficienti. Più volte al Ministero del lavoro è stato richiesto un ulteriore supporto per questo prestito d'onore. Nonostante il disastro e tutto quello che c'è nel mondo dell'occupazione (e in particolare della prima occupazione), c'è ancora uno spiraglio, un possibile spazio per sollecitare l'imprenditoria e fare in modo che si crei attorno a questo discorso una sorta di indotto particolare. Crediamo che attraverso questo sistema e con un finanziamento maggiore sia ancora possibile dare una certa risposta al mondo giovanile.
Accanto al problema occupazionale vi è quello della sanità, che affanna un po' tutti. Anche in questo campo l'orizzonte è assolutamente nebuloso. In questi giorni si è parlato di incompatibilità: bisogna che il medico decida se lavorare nella struttura pubblica o in quella privata. A tutt'oggi però i presidi ospedalieri e le aziende sanitarie locali non hanno dato ai medici

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la possibilità di esprimere la propria professionalità, svolgendo attività intra moenia. Siamo, anche in questo campo, in un tunnel oscuro e in una situazione di precarietà.
Come avviene per la scuola, anche in campo sanitario molte grosse professionalità tendono a lasciare la struttura ospedaliera, impoverendo le scuole di medicina pubbliche che finora hanno saputo mantenere un livello europeo ed internazionale.
In questo quadro si assiste, soprattutto nel Mezzogiorno, ad una grave mancanza di programmazione in tutti i settori e soprattutto in quelli principali. Ciò comporta una continua emorragia di posti di lavoro ed il fenomeno si accentua nelle piccole e medie imprese, che rappresentano la struttura portante dell'economia meridionale.
A ciò si aggiunga che a tali imprese vengono imposti taluni adempimenti - si pensi alla problematica della sicurezza del lavoro - perché esse possano inserirsi nel mercato europeo.
Vi è dunque un'assoluta carenza di un reale piano per l'occupazione e di un piano di sviluppo. Bisogna arrivare ad una precisa definizione: finora non si è riusciti a dare al Mezzogiorno la speranza di un'alba migliore (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Malgieri. Ne ha facoltà.

GENNARO MALGIERI. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi pare che questo provvedimento possa essere definito la carta d'identità del Governo Prodi. Infatti esso riesce singolarmente e straordinariamente a costituire la summa di tutti i rilievi negativi che gli sono stati mossi negli ultimi nove mesi. È un record non da poco, signor sottosegretario, che io propongo venga inserito nel Guinness dei primati.
Si tratta di un provvedimento omnibus, come tutti ormai sappiamo, che mira a regolamentare in maniera disorganica, disarticolata e frammentaria molte, troppe materie. Dopo che sulla questione si sono svolti numerosi dibattiti, non soltanto nell'ambito ristretto dei giuristi, un provvedimento di questo genere mi sembra inaccettabile dal punto di vista della tecnica legislativa, mentre dal punto di vista politico costituisce un vero e proprio obbrobrio.
Esso, inoltre, disattende le aspettative dei contribuenti, che sarebbero quelle di veder corretti gli aspetti correlati alla manovra di finanza pubblica di fine anno. Invece ci troviamo in mano il niente: anzi, il molto, che è dato da una eccessiva ed assolutamente inaccettabile dilatazione fiscale che, infatti, rappresenta l'unica cosa notevole di questo provvedimento, che ci viene riproposta nonostante le molte assicurazioni formali di questo Governo, che si era impegnato a non aumentare le tasse ai danni dei contribuenti.
Sono molti gli esempi che al riguardo potrei addurre scorrendo tutti e trenta gli articoli del provvedimento, che testimoniano un vero e proprio - signor sottosegretario, mi permetta, ma non trovo un eufemismo adeguato - sadismo fiscale del Governo nei confronti dei cittadini e dei contribuenti; un sadismo che nelle intenzioni del Governo e della maggioranza che lo sostiene doveva perfino restare nascosto alla pubblica opinione dal momento che, come sappiamo, il provvedimento in esame è stato discusso ed approvato in sole quattro ore da due Commissioni di merito riunite congiuntamente, in maniera forse impropria, come è stato rilevato nei giorni scorsi da più di un collega.
Insomma, neppure quegli elementari accorgimenti di tutela della trasparenza nelle decisioni vengono normalmente presi in considerazione da questo Governo che, con i suoi disinvolti valzer fiscali, corre verso il nulla, verso un inesistente approdo europeo, onorevoli colleghi, per il quale si continuano a chiedere degli insopportabili sacrifici ai cittadini italiani, ben al di là del lecito. Inoltre sono sacrifici inutili perché sappiamo che non


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serviranno assolutamente a niente. La loro inutilità verrà provata nei prossimi giorni, quando sarà approntata quella «manovrina» che confermerà le aspettative purtroppo tragiche di tutti quanti noi.
Signor Presidente, noi non possiamo accettare questa iniqua politica fiscale che sta letteralmente dissanguando le imprese, che sta gettando nella disperazione i nuclei familiari meno protetti del nostro paese e che sta privando i giovani perfino del diritto alla speranza. L'esempio più clamoroso viene dal fin troppo ma mai abbastanza citato articolo 29 del provvedimento, quello sulla rottamazione delle auto, tanto per intenderci. Anche questo è un felice lapsus di questo Governo perché qui di rottamabile ci sono molte cose, ma c'è soprattutto il Governo dell'Ulivo. Per finanziare l'acquisto di un veicolo nuovo, come sappiamo, contro la consegna di un'auto da mandare allo sfasciacarrozze, come si dice, è stato svuotato il cosiddetto fondo per l'occupazione. Questo svuotamento ha provocato, tra l'altro, gravi problemi nel rifinanziamento dei cosiddetti lavori di pubblica utilità in una regione come la Campania dove il problema occupazionale, come tutti sappiamo, è gravissimo e dove, proprio per questo mancato rifinanziamento, si sono verificati scontri nei giorni scorsi tra disoccupati e forze dell'ordine. Il Governo è poi dovuto intervenire con urgenza, come rilevava qualche momento fa il collega Carmelo Porcu.
Rimane il problema della ricostituzione del fondo che il Governo ha affidato all'aumento degli introiti fiscali determinati dal previsto incremento delle vendite automobilistiche. Ma, signor sottosegretario, quanto tempo occorrerà perché questo rientro si verifichi materialmente? Sarà sufficiente l'aumento delle vendite per assicurare il rientro, considerato che anche uffici tecnici istituzionali, credo del Senato, hanno messo in dubbio l'automaticità di questa operazione?
Sono quesiti inquietanti di non poco momento, rispetto ai quali il Governo non ha fornito una sola assicurazione, neanche nel corso del dibattito. A fronte di queste incertezze - chiamiamole così - mi domando se questo sia un Governo di sinistra o quantomeno di centro-sinistra. La sinistra, onorevoli colleghi, ce la ricordiamo diversamente atteggiata di fronte alla socialità ed alla solidarietà. Questa è una sinistra che non manca di solidarizzare, ma solidarizza soltanto con il grande capitale finanziario ed ha facile gioco nel tartassare i più deboli, quel ceto medio che costituisce il tessuto connettivo della nazione italiana.
Questa non è più la sinistra dei meno abbienti, la sinistra dei più deboli, onorevoli colleghi di rifondazione comunista, ma è la sinistra degli Agnelli e di Mediobanca, è una sinistra di «utili idioti», di null'altro preoccupata se non di durare al potere.
Si spiega soltanto in questo modo, con questi oggettivi referenti finanziari, l'indecente politica fiscale che il Governo Prodi sta portando avanti da nove mesi. La votino pure questa legge i colleghi di rifondazione comunista ma sappiano che, se Agnelli e Cuccia li vedono, è con più attenzione che da domani in poi li guarderanno i loro elettori, i quali sono capaci perfino di guardare nelle coscienze di Bertinotti e di Cossutta, là dove cioè non arriva l'occhio pur lungo di Agnelli e di Cuccia.
Da parte nostra continueremo ad opporci, in nome e per conto di una solidarietà non fittizia, non di maniera ma effettivamente sentita e professata; continueremo ad opporci non tanto e non soltanto a questo Governo «ulivista», ma soprattutto a chi sta dietro e lo manovra, cioè ai burattinai che tengono le fila; agli ottimati e agli oligarchi che vorrebbero mandare l'Italia intera alla rottamazione (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berselli. Ne ha facoltà.

FILIPPO BERSELLI. Signor Presidente, colleghi, onorevole rappresentante del Governo,


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anch'io intervengo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge di fine anno per manifestare le mie perplessità. È stato detto, non senza ragione, che si tratta di un decreto che contiene il tutto; non è la prima volta che ci imbattiamo in un cosiddetto decreto omnibus e temo che non sarà neppure l'ultimo. Certo è che ci sembra una sorta di decreto ponte tra la finanziaria 1997 e la annunciata manovra di primavera. È un provvedimento che non introduce alcun elemento di novità circa la strategia in materia economica e finanziaria portata avanti dal Governo Prodi; non abbiamo notato alcuna modifica di impostazione, per la quale avremmo potuto anche valutare diversamente questo provvedimento, se non nel suo complesso, nelle singole parti. Notiamo invece una sorta di continuità strategica, che non ci consente una diversa valutazione.
Noi riteniamo (e non solo noi) che la pressione fiscale sia arrivata oltre il limite di guardia; siamo al punto in cui la pressione fiscale non genera (e lei, onorevole rappresentante del Governo, lo sa benissimo) ulteriore gettito, ma addirittura può determinare minori entrate perché determina una sorta di legittima difesa da parte del contribuente, il quale si sente in qualche modo autorizzato ad evadere. Quindi maggiore fisco, non maggiori entrate, nonché maggiore evasione fiscale. Maggiore fisco determina anche minore occupazione perché aziende come quelle italiane, che corrispondono in termini di imposta sul reddito delle persone giuridiche e di ILOR una quota tra le maggiori dell'Unione europea, non determinano alcun incentivo allo sviluppo economico e produttivo del paese.
Non ascoltiamo altro che discorsi connessi agli obiettivi di Maastricht; si parla sempre di deficit o di debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo. È indubbio che il risultato si può ottenere o riducendo il deficit, e conseguentemente il debito pubblico, o aumentando il prodotto interno lordo. Fino ad oggi le manovre che sono state presentate in Parlamento non sono state volte né alla riduzione del deficit e del debito pubblico né all'aumento del prodotto interno lordo, ma soltanto alla riduzione della forbice tra deficit e debito da una parte e prodotto interno lordo dall'altra con l'aumento della pressione fiscale. Tutto ciò porta ad un ulteriore impoverimento della nostra economia.
Si afferma che il nostro è un tasso di inflazione finalmente sotto controllo. È vero, ma questo si verifica a fronte di una drastica riduzione - se non di un collasso - dei consumi! Cosa significa «collasso di consumi»? Nel lungo periodo significa minori entrate sia in termini di IVA sia di imposte sul reddito delle persone. È infatti evidente che la riduzione dei consumi ha avuto come conseguenza una drastica riduzione di numerose intraprese commerciali e produttive, nonché delle attività professionali. Come lei certamente sa, onorevole sottosegretario, molti studi professionali (ed io sono un libero professionista) non chiudono (certamente!), ma riducono il personale: si verifica pertanto che chi nel passato aveva tre segretarie oggi ne ha due; chi ne aveva due, ne ha una e chi ne aveva una, continua senza segretaria!
Perché? Perché in presenza di un livello così esasperato di pressione fiscale ognuno cerca di salvarsi come può: vi è chi evade; chi riduce le spese correnti del personale e chi comunque restringe gli investimenti.
Ricordo che il Governo Berlusconi con l'allora ministro Tremonti aveva tentato di operare in direzione totalmente diversa, attraverso alcuni incentivi alla produzione che erano finalizzati proprio all'allargamento della cosiddetta base imponibile. Prima il Governo Dini ed oggi il Governo Prodi hanno cercato e cercano di ampliare la cosiddetta base imponibile non costruendo nuovi percettori di reddito e quindi nuovi contribuenti in termini di IRPEF; nella sostanza, non hanno cercato e non cercano di ampliare la base imponibile costruendo nuovi lavoratori, sottraendo alla cassa integrazione, alla disoccupazione e alla non occupazione i soggetti che invece possono e debbono

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contribuire al funzionamento del nostro Stato. I sopraindicati Governi hanno cercato di ridurre la forbice aumentando la pressione fiscale! Il Governo Berlusconi ha invece proceduto sia con la detassazione degli utili reinvestiti nelle aziende sia con altri provvedimenti che miravano ad incentivare le nuove occupazioni, con una sorta di bonus fiscale fino a 7 milioni e mezzo e con una sorta di forfettizzazione di imposta per le nuove intraprese che ammontava - se non erro - a 2 milioni per il primo anno, a 3 milioni per il secondo e a 4 milioni per il terzo anno. Si trattava di una serie di provvedimenti che erano finalizzati alla creazione di nuove imprese, attività produttive e a costruire nuovi soggetti in grado di percepire reddito e quindi di essere dei contribuenti in termini di IRPEF. Purtroppo, ciò che è stato fatto nella breve stagione del Governo Berlusconi non è stato seguito né dal Governo Dini né dal Governo Prodi. Ci troviamo quindi in presenza da un lato di una pressione fiscale obiettivamente intollerabile e dall'altro di una crisi occupazionale che dovrebbe destare grande preoccupazione anche all'interno di questo Governo.
Signor sottosegretario, io che sono di Bologna (e quindi non sono meridionale o centro-meridionale) le posso portare la testimonianza di alcune regioni nelle quali giustamente si protesta perché si pagano troppe tasse e si corrispondono troppi contributi e balzelli. Da qui la protesta del nord e del nord-est del paese. Ma nel meridione potrebbe scatenarsi una protesta ben più grave perché, se al nord (ed io sono del nord e rivendico la mia appartenenza al settentrione del nostro paese) giustamente si protesta per l'intollerabile livello di fiscalità, nel sud si comincia a protestare - e non si sa dove si potrà arrivare - per il pane, per il lavoro e per la casa, cioè per tragedie personali e familiari! Non dobbiamo cullarci sul fatto che il tasso di disoccupazione del nostro paese sia del 12,5 per cento, pari su per giù a quello della Germania. Dobbiamo anche ricordare, infatti, che la Germania ha pagato un costo altissimo per riunire un paese ad elevata tecnologia ad un paese economicamente arretrato, retrogrado.
Tuttavia, se il tasso del 12,5 per cento tiene in considerazione, signor rappresentante del Governo, anche la situazione esistente nel nord del paese, in cui per fortuna la piaga della disoccupazione è pochissimo avvertita, dobbiamo renderci conto che nel Mezzogiorno d'Italia la disoccupazione è pari al 22,5 per cento. Ricordava poc'anzi il collega Aloi che in molte zone del nostro meridione il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge anche il 60 per cento, quindi più di uno su due dei nostri giovani non trova occupazione e vive la tragica realtà non del disoccupato, ma del non occupato, di fronte alla quale non esistono prospettive né speranze per il futuro. Non esiste quindi la speranza di un domani per milioni, non decine, di nostri giovani connazionali, per i quali non è sufficiente l'ormai troppo citato articolo 29 di questo decreto-legge relativo alla cosiddetta rottamazione.
Non siamo contrari a favorire l'impresa, ma siamo contrari a questo tipo di intervento che ha molto di assistenzialismo. Si tratta di un provvedimento ad uso e consumo della FIAT. E fin qui potremo anche starci: questo Governo è FIAT-dipendente e quindi paga un prezzo al senatore Agnelli. Il problema è un altro: con questo provvedimento si vanificano le già residue possibilità di occupazione che ci sono nel nostro paese. Non ci illudiamo del fatto che questo decreto offrirà un incentivo alla produzione che potrà determinare nuova occupazione. Onorevole sottosegretario, chi aveva la necessità di acquistare un'auto nuova, portando alla rottamazione un'auto ormai superata, prima o poi l'avrebbe acquistata, magari non nel 1997 ma probabilmente nel 1998 o nel 1999.

PRESIDENTE. Onorevole Berselli, ha esaurito il suo tempo.

FILIPPO BERSELLI. Concludo, Presidente.
Con questo provvedimento non facciamo altro che anticipare come misura di


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carattere congiunturale quello che sicuramente sarebbe accaduto nel 1998, nel 1999 o nel 2000.
È quindi vero che nel 1997 la FIAT produrrà e venderà più autovetture, ma nel 1998 e nel 1999 non produrrà e non venderà quelle che senza questo provvedimento avrebbe prodotto e avrebbe venduto. Pertanto, di fronte a questo provvedimento congiunturale non avremo, signor sottosegretario, quell'aumento dell'occupazione che sembra stia molto più a cuore all'opposizione di centro-destra di quanto non lo sia al Governo e agli alleati di sinistra e dell'estrema sinistra che lo sostengono (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Morselli. Ne ha facoltà.

STEFANO MORSELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, evidentemente Bologna riesce ad avere una forza di opposizione, nonostante il Presidente del Consiglio! Voglio ribadire con vigore in quest'aula, come del resto hanno fatto e continueranno a fare i miei colleghi, le nostre motivazioni di contrarietà rispetto a questo decreto di finanza pubblica che va a completare la finanziaria che anche economisti di sinistra, intellettualmente liberi, come Spaventa e Sylos Labini, hanno criticato aspramente, indicandola come la finanziaria che ha calpestato l'articolo 76 della Costituzione per l'ormai risaputo scippo del Parlamento e del suo ruolo mediante le deleghe che il Polo - ricordiamocelo - aveva chiesto di stralciare, per discutere, se non altro in tempi più congrui seppur determinati, una materia di grande complessità. Ma il Governo, è bene ricordarlo in questo dibattito, a dicembre non si è accontentato dello strumento delle deleghe, ma addirittura ha aggiunto provocazione a provocazione, predisponendo nottetempo - ricordiamocelo - il famoso subemendamento contenente i decreti-legge in scadenza. Con ciò si è di fatto sottratto all'opposizione il diritto ed il ruolo che le spetta e che le è proprio.
Il Governo ha cercato di considerare il Polo ed alleanza nazionale come un ostacolo di cui bisognava sbarazzarsi. Ma si è sicuramente sbagliato; si è illuso perché invece noi siamo qui più fermi e determinati che mai a rappresentare le istanze del popolo lavoratore italiano.
Il paese è chiamato ad uno sforzo insostenibile, signor rappresentante del Governo, ma purtroppo totalmente inutile, perché non aiuterà l'Italia a conseguire gli obiettivi che voi vi eravate prefissi e che avete millantato di fronte alla nazione. Non è infatti con provvedimenti di questo genere, con addizionali IRPEF, con nuove aliquote catastali, con la tassazione dei prestiti ai dipendenti, con le manovre sui buoni pasto, con l'ICI, con la tassa di fine anno, con la vituperata e mai tanto impropriamente definita tassa per l'Europa, con i maggiori trasferimenti dell'IREP, con le manovre sull'IVA (e la lista degli incubi dei cittadini lavoratori italiani è lunghissima), che otterrete quel che volete. Sono tutte manovre pregne di veterocomunismo che, anziché ridurre la spesa, ricorrono sistematicamente all'inasprimento fiscale per risanare i conti, ricalcando quelle che non sono altro che le classiche tesi della sinistra, attaccando frontalmente i tre nemici di sempre: la proprietà, l'impresa ed il ceto medio.
Per entrare in Europa, colleghi deputati, occorre più mercato e meno Stato; questa manovra, purtroppo, va in senso esattamente opposto, aumentando di fatto la presenza dello Stato ed attingendo alle tasche degli italiani capitali che vengono in tal modo sottratti alla libera iniziativa. Sono - ahimè - decine di migliaia le famiglie al di sotto della soglia di povertà. Questo dato è confermato da Nomisma, un nome che forse dovrebbe ricordare qualcosa al nostro Presidente del Consiglio. Ebbene, è stato rilevato che ad un aumento della pressione fiscale di due punti corrisponderà un tasso di sviluppo dello 0,8 o dell'1 per cento e non sarà più possibile creare nuovi posti di lavoro, anzi aumenterà la disoccupazione. Questo lo dice Nomisma e ritengo che in questo caso occorra veramente crederci.


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Allora, si tratta di una manovra correttiva che si aggiunge ad una finanziaria che - occorre ricordarlo - era partita da una cifra di 32.500 miliardi per arrivare con un sol balzo a 62.500 miliardi, rispetto ai quali addirittura solo 30.185 miliardi erano di maggiori entrate, che poi il Governo ha rinviato a provvedimenti che non si sapeva quali sarebbero stati.
Alleanza nazionale (e tutto il Polo) oggi più che mai ha reagito, e come un sol corpo ha assunto un comportamento uniforme. Alla strategia della miseria del Governo Prodi noi contrapponiamo la perfetta sintonia con il popolo italiano che è stanco, deluso, truffato, e si è finalmente mobilitato guardando con maggiore fiducia e slancio alle nostre iniziative e con maggior vigore ad alleanza nazionale ed alle forze del Polo, ben comprendendo che solo noi siamo credibili ed affidabili. Le contraddizioni all'interno della maggioranza, al di là della sete di potere, dividono i partiti dell'Ulivo.
Voi, signori del Governo, pensate di portare l'Italia in Europa quando non sapete nemmeno armonizzare le leggi italiane con le direttive comunitarie, tant'è vero che avete accolto ordini del giorno che non vanno in questa direzione.
Abbiamo conosciuto, per esperienza politica, finanziaria ed economica, i Chicago Boys di Milton Friedman; oggi ci troviamo ad avere a che fare con gli «old men» di Bologna, che stanno massacrando tutto; è gente che sistematicamente distrae fondi a destinazione vincolata per coprire i buchi di cassa. È un solo e semplice esempio per dire la vergogna che copre questo Governo e la sua azione politica.
Esiste una legge dello Stato, colleghi deputati, del 20 maggio 1985, la n. 222, il cui articolo 48 destina, mediante apposita firma sulla denuncia dei redditi, l'8 per mille dell'IRPEF (che, come tutti ben sappiamo, è l'imposta sulle persone fisiche) a scopi di interesse sociale, gestiti dalla Chiesa cattolica italiana o dallo Stato. L'articolo 48 in questione stabilisce che queste somme vengano utilizzate dallo Stato per interventi straordinari, la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali.
Ora, signor rappresentante del Governo, i 160 miliardi di gettito dell'8 per mille dell'IRPEF vengono utilizzati ignominiosamente e vergognosamente da questo esecutivo per interventi volti a risanare il Corpo dei vigili del fuoco e per il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori degli enti lirici, quindi disattendendo sistematicamente la volontà del popolo italiano che, in un comune desiderio di solidarietà e di fraternità con i popoli del pianeta, ha destinato e continua a destinare queste somme, provenienti dal proprio lavoro e dal proprio reddito, per interventi straordinari nei settori indicati.
Ebbene, come dicevo, il Governo italiano distrae questi fondi per far fronte ad ammanchi e buchi di cassa, sottraendoli alle nobili cause che ho richiamato. Voi, allora, non potete continuare ad avvilire così la gente; non potete continuare con quest'opera sistematica di presa in giro del popolo lavoratore.
Da qui, dunque, la dura, motivata, intransigente azione di alleanza nazionale, che non vi darà quartiere - non ve l'ha mai dato - né un attimo di respiro, perché ciò è nell'interesse del popolo lavoratore italiano, che non può continuare ad essere trattato e mortificato in questo modo; non può essere tradito ed avvilito da questo Governo dell'Ulivo, che non solo non ci farà entrare in Europa, ma ci sta anche trascinando drammaticamente nella miseria, alla rovina ed alla paralisi economica.
Per fortuna, gli italiani possono guardare con sempre maggior fiducia ad alleanza nazionale ed a tutto il Polo, perché sanno bene che il Polo ed alleanza nazionale non tradiranno mai il proprio dovere ed il proprio ruolo. Siamo qui come garanti, per essere il megafono della gente; siamo qui sapendo che voi avete le ore contate, perché se così non fosse, sarà l'Italia che si troverà in ginocchio.
Ecco perché, signor sottosegretario, noi conduciamo la nostra dura opposizione e perché leviamo la nostra dura protesta; una protesta che, se lei ha preso appunti

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ed ha seguito diligentemente, come noi le riconosciamo, tutto il dibattito, potrà dire essere stata motivata.
Gli interventi dei deputati di alleanza nazionale non sono stati certo di puro ostruzionismo, anche se rientrano nei binari dell'ostruzionismo. Sono stati sempre motivati e portati avanti con lucidità e buoni propositi, perché non vogliamo far altro che rappresentare le giuste istanze del popolo lavoratore italiano.
È per questo, signor Presidente, che anch'io voglio annunciare il voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alemanno. Ne ha facoltà.

GIOVANNI ALEMANNO. Signor Presidente, credo che in queste ore si stia verificando un fatto politico importante: la ritrovata capacità dell'opposizione di incalzare l'azione di Governo nel merito, uscendo dalle affermazioni di principio, schemi astratti, disponibilità di accordi o di incontri e vedendo effettivamente cosa viene offerto dal Governo sul terreno di quello che dovrebbe essere il grande obiettivo dell'ingresso in Europa.
Questa cosiddetta manovrina, di cui stiamo discutendo, è a mio parere un esempio tipico della strategia di fondo del Governo dell'Ulivo: non tanto e non solo attuare misure o manovre antipopolari, più o meno giustificate per il rispetto dei parametri di Maastricht o per le pressioni del processo di globalizzazione dell'economia, ma fare tutto questo mantenendo inalterati rendite di posizione, condizioni di privilegio, spazi all'interno del bilancio dello Stato, tutti appannaggio di quelli che noi oggi chiamiamo i poteri forti.
Il Governo Prodi non scarica sulle spalle dei cittadini soltanto le ferree leggi dell'economia, le grandi difficoltà provenienti da una gestione dissennata della finanza pubblica negli anni passati. Il Governo Prodi scarica sulle spalle dei cittadini la convinzione che si possa modernizzare il paese senza cambiare nulla nel suo assetto di potere: mantenendo le grandi famiglie del paleocapitalismo italiano in condizione di non vedere mai ridotto il proprio monopolio sul mercato economico e finanziario interno; senza mettere in discussione la realtà delle grandi burocrazie sociali e sindacali, che hanno sempre meno a che fare con l'effettiva difesa degli interessi popolari; senza modificare in alcun modo le strutture burocratiche dello Stato.
Quando si ragiona di Stato sociale, quando si parla di tagli allo Stato sociale, si dovrebbe sempre distinguere fra le condizioni degli utenti, i servizi resi alla cittadinanza ed ai ceti deboli, le strutture chiamate ad intervenire concretamente per garantire i sussidi, gli aiuti, la solidarietà. La grande difficoltà, il grande problema è costituito proprio da quegli apparati burocratici statali - di cui non a caso un'espressione è proprio il Presidente del Consiglio - che hanno attuato una gestione del nostro Stato sociale, degli interventi statali sul terreno sociale, dissennata, portata allo spreco; una gestione effettivamente incapace di porre in essere interventi moderni.
Se questa è la strategia del Governo Prodi, credo sia quanto mai necessario incalzarlo, prendendo in considerazione gli interventi governativi nella loro realtà. Per quanto possa sembrare abusato, nulla meglio dell'intervento a favore dell'industria automobilistica può rappresentare questa strategia: lo Stato trova i fondi per regalare due milioni per ogni autovettura da rottamare e poi, magari pochi giorni dopo, poche ore dopo, chiede un contributo di solidarietà ai pensionati. Ci domandiamo come questo sia possibile. Siamo di fronte ad un Governo che nelle more della discussione sul contratto dei metalmeccanici (all'epoca in cui fu varata questa manovrina) trova il modo di fare l'ennesimo regalo alle solite grandi famiglie del nord, senza porsi il problema morale che questo non è possibile.
Prima di pensare a tagli nei confronti dei presunti assistenzialismi per i ceti deboli, il primo taglio che un Governo serio dovrebbe disporre è quello nei confronti


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dell'assistenzialismo a favore delle grandi famiglie del capitalismo italiano. Questo tipo di assistenzialismo che ha deformato il mercato ed ha fatto sì che oggi in Italia non si possa parlare di un'economia di mercato, ma di un'economia in cui dominano i poteri di mercato, quei poteri che deformano la nostra vita economica, che gravano sulla piccola e media impresa e che fanno parte in maniera strutturale della maggioranza di questo Governo.
Non ci siamo dimenticati chi ha appoggiato durante la campagna elettorale il Governo dell'Ulivo, chi ha fatto in modo che esso, minoranza nel paese, si ritrovasse maggioranza nel Parlamento. Non ci dimentichiamo (perché ce lo ricorda tutti i giorni il signor Massimo D'Alema, segretario del PDS) che la maggioranza del paese è di centro-destra, che la vittoria dell'Ulivo è tutta politica, ma è anche una vittoria di carattere consociativo, che è possibile solo continuando sulla strada dei favori e dei regali a determinati gruppi oligarghici.
Il disegno vero e profondo di questa maggioranza punta, sì, alla modernizzazione o alla ristrutturazione economica del paese, ma facendo in modo che tutto questo avvenga sempre nell'apparato e nelle strutture di potere, che non possono essere messe in discussione. Si faranno, quindi, le privatizzazioni, ma si farà in modo che esse riconfermino gli stessi monopoli economici e finanziari che oggi esistono. Si faranno i tagli, ma non saranno tagli che incideranno sui poteri che oggi egemonizza la rappresentanza sociale; anzi, si continuerà a permettere che, tramite la gestione dei fondi pensione, gli stessi monopoli sindacali diventino anche delle centrali finanziarie. Immaginiamo l'economia del futuro, un'economia che vedrà meno interventi da parte dello Stato ma più sistema concertato di forze che andranno tutte in una direzione, quella degli interventi finanziari dominati da determinate centrali, che vedranno sempre più la presenza dell'elemento fondi pensione egemonizzato in una direzione precisa, che vedranno le associazioni dei consumatori anch'esse frutto di un certo tipo di monopolio, che vedranno l'intervento dei manager e delle strutture burocratiche, che si trasmetteranno anche oltre il processo di privatizzazione.
Da tutto questo consegue che il vero frutto velenoso della prima Repubblica, il consociativismo, il blocco di potere, l'assenza di opposizione politica e sociale, sarà trasmesso al futuro. Ecco perché, come dicevo all'inizio del mio intervento, è importante ciò che avviene in queste ore. Una forza politica come alleanza nazionale, nella propria autonomia di giudizio, ritiene di dover dare tutti i segnali parlamentari consentiti per dimostrare che questa strada sarà irta di ostacoli, che c'è l'opposizione in questo paese, che non si è tutto ridotto ad accordi di vertice, che non c'è spazio per il tentativo di creare un nuovo partito-Stato, un partito-Stato che sostituisce la vecchia balena bianca democristiana con una nuova balena rossa pidiessina. Un partito-Stato che fa in modo di mediare al proprio interno tutte le spinte e tutte le contraddizioni, come un tempo avveniva nella democrazia cristiana. Troppo facile, troppo comodo per il PDS avere, alla propria destra, un'opposizione compiacente e, alla propria sinistra, una frangia della propria maggioranza che si permette ancora oggi di fare una politica di lotta e di governo! Troppo comodo, troppo facile, ci ricorda vecchie logiche e vecchi equilibri.
Tutto questo può uccidere l'economia di questo paese, che non soffre tanto di eccesso di Stato sociale (le percentuali del PIL impiegato a questo fine in Italia non sono certamente tra le più alte in Europa), che non soffre per troppa tutela dei ceti deboli, ma soffre perché tutto quanto passa per determinate griglie di potere, per vecchie burocrazie malate di idee vecchie e di logore gestioni di potere, che non se ne vogliono andare e che hanno trovato la propria sanzione per continuare sulla strada del monopolio e della conservazione delle vecchie logiche di potere.
A fronte di tutto questo, noi dobbiamo denunciare i vari atti finanziari di questo

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Governo. Abbiamo visto già da questa estate il salto di livello che c'è stato in poche settimane rispetto alle previsioni delle necessità finanziarie con il documento di programmazione economico-finanziaria. È stato un atto significativo con cui il Governo ha smentito se stesso nell'arco di poche settimane. Credo che su questa strada avremo sempre nuove manovre aggiuntive ed un continuo salasso chiesto ai cittadini, con un obiettivo, quello dell'entrata in Europa, che sarà poi smentito dai fatti ed anche dal dibattito che si sta sviluppando in questo momento in Germania, in quanto anche da parte dei paesi forti si dubita di questa prospettiva.
Per questo alleanza nazionale fa un atto politico di estrema importanza con questa azione contro la «manovrina» di fine anno (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gramazio. Ne ha facoltà.

DOMENICO GRAMAZIO. In questa «manovrina» che vede il gruppo di alleanza nazionale impegnato non solo ad illustrarla, ma anche a dare risposte sul piano politico, amministrativo e - me lo consentano il Presidente ed il sottosegretario - morale, in questo decretino, se così vogliamo chiamarlo, manca sicuramente una parte, quella approvata dal Consiglio dei ministri in segreto il 14 febbraio scorso. Manca quella parte che riguarda l'aumento di stipendio ai cinque ministri ed ai sedici sottosegretari non parlamentari. Un aumento di stipendio di otto milioni netti al mese, che si sommano ai quattro milioni percepiti dai ministri e sottosegretari che non sono parlamentari. Questa somma comporta una spesa complessiva per l'erario e per i cittadini, quegli stessi cittadini che nel decretino vengono colpiti e ricolpiti; due categorie sono chiamate fuori: i cinque ministri non parlamentari e i sedici sottosegretari non parlamentari. Ventuno esponenti del Governo Prodi che incideranno sul bilancio dello Stato per la piccola somma di due miliardi annui di nuovi stipendi. Nessuno ne parla, nessuno ne vuole parlare, ma nel momento stesso in cui si chiede ai cittadini di stringere la cinghia e si chiede alla FIAT di allargare la cinghia, si dà a ministri non parlamentari la possibilità di percepire l'unico aumento di stipendio serio che si registrerà in Italia nel 1997: la cifra, irrisoria per qualcuno, ma certamente non tale, di otto milioni che si aggiungono ai quattro già percepiti.

ANTONIO BOCCIA. Ma è giusto o non è giusto?

DOMENICO GRAMAZIO. Il problema è che il Consiglio dei ministri ha tenuto nascosto questo provvedimento, al punto che il signor Luna, addetto stampa ed alle pubbliche relazioni, sicuramente luna nel pozzo del signor Presidente del Consiglio, ha smentito affermando che non vi era volontà di nascondere il provvedimento; del provvedimento nessuno ha parlato, ma il provvedimento è stato adottato. Il collega chiedeva se sia giusto o meno l'aumento di otto milioni ai ministri non parlamentari. Secondo me, davanti ad una situazione economica del genere, si tratta di un provvedimento ingiusto nei riguardi delle responsabilità politiche ed amministrative di coloro che governano. Se infatti fosse stato un provvedimento giusto sicuramente l'ufficio stampa, per bocca del signor Luna ed espressione del Presidente Prodi, non avrebbe nascosto il fatto che il 14 febbraio di quest'anno il Consiglio dei ministri ha approvato questo nuovo assetto per quanti, non parlamentari, percepivano un'indennità di quattro milioni. I ventuno esponenti del Governo Prodi costeranno all'erario per il 1996 due miliardi in più. Non mi scandalizzo davanti al problema da noi più volte sollevato, e sicuramente riproponibile, dei due milioni per la rottamazione delle auto. Davanti ad un problema del genere ciascun ministro o sottosegretario non parlamentare costa di più di tante automobili portate alla rottamazione.
L'effetto negativo, a nostro avviso, è che quando si vuole creare una situazione


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di scollamento nelle istituzioni, allora si deve rispondere in maniera chiara non ai parlamentari - pochi o tanti - che sono qui durante il dibattito, ma ai cittadini che vogliono sapere per quale motivo si imponga l'eurotassa, si colpiscano le pensioni ed i redditi, ma non si debbono colpire i ministri del Governo Prodi che non si erano candidati alle elezioni o che si erano candidati e sono stati «trombati». Quando penso a ministri che non si sono candidati mi viene in mente il signor ministro dell'interno, che gode di una ricca pensione quale parlamentare, che si viene a sommare agli otto milioni nuovi più i quattro milioni che già percepivano i ministri ed i sottosegretari.
Allora, davanti al grido d'allarme per l'economia e per la situazione del lavoro giovanile, ricordato nell'intervento del collega Porcu e degli altri parlamentari di alleanza nazionale, si evince la volontà politica da parte nostra di essere non solo la forza dell'opposizione nel Parlamento e nella nazione, ma anche la forza della moralizzazione. Se l'aumento sancito il 14 febbraio avesse dovuto essere una cosa apprezzata e riconosciuta da tutti, sicuramente non ci sarebbe stato il segreto nei segreti e l'ufficio stampa e pubbliche relazioni del Presidente del Consiglio avrebbe potuto rispondere alle richieste dei giornalisti su ciò che era avvenuto in quella riunione, che si è conclusa con un aumento di stipendio netto ed immediato. Un aumento anche per il sottosegretario che è qui presente e che ci spiegherà poi i modi ed i motivi per cui il Governo ha sancito questo effetto e ci dirà se è giusto, a parere di coloro i quali percepiranno questo aumento dal 14 febbraio, sommare gli otto milioni ai quattro milioni.
Certo non siamo noi che vogliamo dire che va tolta la macchina di servizio ai ministri ed ai sottosegretari, lungi dal voler fare questa demagogia di basso profilo, vanno sommate però allo stipendio le spese per le segreterie e per le macchine di servizio per arrivare ad una cifra che non sappiamo calcolare, alla quale per alcuni va aggiunto il costo della scorta permanente delle forze dell'ordine.
Ma il problema è che questo avviene mentre colpiamo i cittadini con una tassa che, come tutte quelle che abbiamo conosciuto negli anni passati, rimarrà permanente. Ricordo una delle prime che fu introdotta per una delle tante calamità del paese; ero giovanissimo (Commenti) a Firenze, anche se già grande, ed andai a prestare aiuto come boy scout; il sottosegretario non c'era, come tanti ministri che non ho mai saputo siano stati a Firenze con le tante associazioni di volontariato che si impegnarono nel recupero della città.
Il problema, signor Presidente, come sottolineato dai colleghi di alleanza nazionale, non è di rispondere alle dichiarazioni del capogruppo del PDS, che si scandalizza se oggi alleanza nazionale chiama tutti i suoi parlamentari a dare un impegno. Forse eravate abituati a vedere che da parte dell'opposizione o delle opposizioni non c'era una forte volontà di risposta. Sicuramente la presenza odierna, di questa notte, unitamente al voto di domani, rappresenta un cambiamento di rotta nella politica e nella presenza del gruppo di alleanza nazionale in quest'aula. Sicuramente dovrete fare i conti con un nuovo modo di concepire l'opposizione nel rispetto del regolamento. Qui infatti nessuno vuole cambiare o contrapporsi al regolamento, ma ognuno usufruisce di quanto previsto dal regolamento. È questa una risposta politica al capogruppo del PDS, che, in una dichiarazione di due ore fa (che ho dinanzi a me) della ADN-Kronos, si scandalizzava per questo tipo di presenza.

PRESIDENTE. Il regolamento!

DOMENICO GRAMAZIO. Concludo. Poiché l'onorevole Mussi non è qui presente, sicuramente non si interessa del problema e della presenza dei parlamentari in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Rizzo. Ne ha facoltà.


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ANTONIO RIZZO. Signor Presidente, nell'iniziare la mia dichiarazione di voto sul disegno di legge di conversione del decreto n. 669 del 31 dicembre 1996, preannuncio su di esso il mio voto contrario.
Il decreto-legge palesa, a mio avviso, le difficoltà che ha la maggioranza di muoversi sulle linee programmatiche indicate nel suo programma elettorale, ed evidenzia l'incapacità di attenzione e la mancanza di sensibilità per la profonda crisi che attraversano le piccole e medie imprese. C'è insensibilità dinanzi al dramma della disoccupazione.
Gli interventi finora attuati dal Governo non sono assolutamente duraturi, seri e soprattutto non sono di ordine strutturale, volti cioè a ridurre gli sprechi e a recuperare i fondi con la lotta all'evasione e all'elusione fiscale. Non sono provvedimenti organici ed unitari in materia economica. Infatti il Governo dell'Ulivo, come ha fatto nella sua prima finanziaria, ricorre al solito prelievo attraverso l'aumento delle accise non prevedendo - errore più grave! - l'esatto ammontare del fabbisogno reale, non calcolando appieno l'entità della manovra, e ricorrendo quindi ad una nuova manovrina di aggiustamento.
La ricaduta di tutto ciò è negativa sulla ripresa economica e sul risanamento del nostro paese. Bisogna dunque intervenire in modo strutturale sulle maggiori spese (pensioni e sanità) per riformare il sistema Italia, rispettando nel contempo gli indigenti e i meno abbienti.
Per operare in tal senso vi è bisogno, a mio avviso, di una maggioranza che sappia assumersi le responsabilità delle scelte compiute di fronte al paese, e non di una maggioranza, come quella attuale, che manifesta enormi difficoltà nel coniugare le esigenze politiche delle diverse parti che la compongono. Esigenze talmente distanti tra loro sia dal punto di vista culturale che progettuale da non permettere mai al Governo di interessarsi dei problemi prioritari. Mi riferisco ai problemi dell'occupazione, della criminalità e del rilancio delle imprese, attraverso investimenti programmatici. Tale Governo è tutto preso da diatribe interne e consuma tutte le energie di cui dispone nel tentare di mantenere compatta una maggioranza forte solo in apparenza e quindi fragile.
Per tutto ciò esprimo profonda preoccupazione per il futuro e per il presente del nostro paese e, in particolare, per il Mezzogiorno, ove i problemi sono percentualmente maggiori, più importanti ed acuti.
Egregio sottosegretario, perché si rinvia la conferenza sul lavoro programmata a Napoli per il settembre 1996, rinviata a dicembre 1996 e poi, ancora, a gennaio 1997? Perché non si affronta in modo sostanziale e definitivo il problema degli istituti di credito nel Mezzogiorno? Perché non si abbassa il costo del denaro al sud, percentualmente più alto che al nord, che strozza (come si sa) l'accesso ai prestiti da parte delle imprese? Perché non si affronta la ripresa economica ed occupazionale del meridione come prioritaria e come punto di riferimento per la ripresa di tutta l'economia nazionale e quindi di recupero della differenza che ci divide e che forse ci impedirà di partecipare in tempi brevi a pieno titolo all'Euro?
Voglio enumerarvi le cifre relative alla Campania riportate oggi da Il Mattino. Si tratta di una regione contrassegnata da record negativi nell'economia, che hanno effetti devastanti sulla qualità della vita perché favoriscono la criminalità e minano la fiducia nelle istituzioni.
In Campania le persone in cerca di lavoro sono 1 milione 34 mila, con un tasso di disoccupazione pari al 26,2 per cento e di disoccupazione giovanile pari al 64,7 per cento. Gli iscritti al collocamento a Salerno e provincia sono 179 mila, di cui 82.600 in cerca di prima occupazione. A Napoli e provincia sono 528.701, di cui 347 mila in cerca di prima occupazione. Caserta, Avellino e Benevento registrano 45.626 iscritti nelle liste di collocamento. Sono cifre che ci danno il senso del dramma che vive una delle più grandi regioni del Mezzogiorno.


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Allora io esprimerò un voto contrario su questo provvedimento così come ho fatto sulla questione di fiducia, non solo per motivi di ordine politico, ma anche e soprattutto per il contenuto di questo decreto-legge che, ancora una volta, si pone a completamento di una manovra finanziaria, quella per il 1997, voluta e votata dall'Ulivo senza che fosse concessa alcuna possibilità di intervento migliorativo e di confronto al Polo.
Si tratta di una manovra negativa per l'economia e per la ripresa occupazionale delle aree depresse. La legge finanziaria ha bloccato i consumi, ha impoverito le famiglie italiane, ha vessato ancora di più i contribuenti, sta determinando un effetto recessivo di carattere generale che non ci proietterà verso la ripresa e sta peggiorando la crisi occupazionale del nostro paese.
A tale proposito chiedo al presidente della Commissione finanze, il quale nell'intervento di ieri, con cui preannunciava il voto favorevole al Governo, ha dichiarato che, a seguito di misure quali il contributo all'acquisto di nuove auto e gli incentivi per la manutenzione degli immobili, si sono già avuti i primi segnali positivi sotto il profilo della creazione di nuovi posti di lavoro e della ripresa, sia al nord che al sud, in quale realtà egli viva, perché io mi trovo in una totalmente diversa, nella quale la disoccupazione è allarmante.
Signor Presidente - e concludo - io credo ci si debba avvicinare molto di più alle esigenze della gente e mettersi nei panni di chi è oggetto del nostro legiferare. Bisogna capire - sforzandosi, se è difficile - le necessità, i bisogni dei nostri concittadini: bisogna farlo realmente e non soltanto con i buoni propositi. A me sembra che, travolti dal vortice del logorroico dibattito politico, si perda di vista lo stato in cui versano molte famiglie che lottano per la sopravvivenza e ci si dimentichi delle risposte che spetta a noi dare ai loro problemi esistenziali.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, ecco il dramma: lo Stato, il Governo sono completamente assenti in relazione a tali problematiche, mentre sono esageratamente presenti nelle manovre contabili che penalizzano sempre più la base produttiva del paese.
Quello che scoraggia maggiormente, in questo marasma di continui sacrifici che vengono richiesti, è che non si intravede la ben minima progettualità per un futuro normale per tutti gli italiani, in particolare per quelli del Mezzogiorno. Non me ne vogliano gli amici del nord, ma alla lega nord, che giustamente protesta per il grave carico fiscale che opprime il nord, vorrei dire che però il nord è ricco e quantomeno può pagare tali oneri aggiuntivi, mentre al sud il problema è centuplicato poiché le famiglie sono povere e, pur volendo, a volte non riescono a sostenerli (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlesi. Ne ha facoltà.

NICOLA CARLESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voterò contro la conversione in legge del decreto-legge n. 669 del 1996. Gran parte delle entrate previste da tale provvedimento, assurto agli onori delle cronache soprattutto per gli sgravi fiscali concessi a chi acquista una nuova automobile a patto che destini alla rottamazione la vecchia, deriva invece dall'anticipo del pagamento delle accise su olii minerali, alcol, gas metano ed energia elettrica, oltre all'aumento previsto per fine mese dei generi soggetti a monopolio fiscale.
In particolare, rammento come con questo decreto il Governo si appresti a cancellare l'aliquota ridotta sul consumo di metano nel sud d'Italia. Si vuole, in sostanza, con questo decreto azzerare una differenza tra nord e sud, come se nel passato fosse stata perpetrata una ingiustizia nei confronti della gente, degli imprenditori e dei consumatori del nord. Ma i motivi per i quali in passato fu stabilita questa differenza di aliquota sono ben diversi. Si trattava di invogliare il sud, in relazione alle sue condizioni geografi


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che ed economiche e alla carenza di infrastrutture, che comportava la necessità di sostenere costi più elevati per realizzare gli allacci, al consumo di questo bene che sarebbe stato in grado di determinare effetti fiscali molto importanti.
Non è difficile prevedere che con questo aumento del prezzo si determinerà una forte contrazione dei consumi, specie nelle zone in cui il reddito pro capite è modesto e condizionato da un'alta percentuale di disoccupazione. Tutto ciò è veramente significativo per quanto attiene alla filosofia politica che informa il Governo nella sua azione nei confronti del Mezzogiorno.
Onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, a fronte di problemi così complessi e drammatici che riguardano il divario di reddito tra il Mezzogiorno d'Italia ed il centro-nord, il Governo si impegna ad allineare le aliquote del gas metano su tutto il territorio nazionale. Mi chiedo allora se non si possa intervenire diversamente. Possibile che non si voglia porre in essere una politica seria e reale per allineare altri elementi che dividono il sud dal nord? Mi riferisco, ad esempio, al divario di reddito tra sud e centro-nord, alla disoccupazione che nel Mezzogiorno raggiunge livelli molto superiori rispetto al resto d'Italia o al rapporto con il sistema bancario, che risente di criteri di affidamento straordinariamente diversi tra nord e sud. Perché non cominciare ad agire al fine di determinare l'allineamento del divario di dotazioni infrastrutturali che esiste tra sud e nord? Il divario di infrastrutture economiche tra queste due aree è in media pari al 44 per cento, mentre quello nell'offerta di servizi è pari al 34 per cento.
A fronte di tutto questo, a fronte di questa ridotta infrastrutturazione che ha fatalmente un impatto negativo sia sulla performance delle imprese sia sulla produttività del lavoro, il Governo non trova di meglio che muoversi nell'ottica dell'equità su tutto il territorio nazionale solo e unicamente per le aliquote anticipate del gas metano.
Colleghi, questa è veramente una cosa paradossale! Forse qualcuno non si rende conto dei livelli di malessere sociale e di rabbia, di vera rabbia che stanno montando in tutto il Mezzogiorno. Napoli in questi giorni ne ha dato una timida anteprima, a causa della crisi economica, sociale ed occupazionale. Guai alla rabbia dei poveri, dicono i testi sacri; altro che Europa, altro che Maastricht, altro che lega e proteste leghiste! Se il Governo non cambia la linea politica su questo problema di fondamentale importanza, qual è appunto il problema del Mezzogiorno d'Italia, sarà certamente travolto dalla rabbia del sud.
Vogliamo parlare ancora - ove mai ve ne fosse bisogno per convincervi a votare contro questo decreto - di quanto il Governo ha inteso fare per rilanciare il comparto edile? Sono evidentemente norme di scarso peso reale e di evidente impatto propagandistico, di immagine; sono solo bugie, falsità, come diceva poche ore fa il collega Giovanni Pace. Dopo aver penalizzato lo sviluppo e addirittura compromesso la vita di questo comparto, aumentando le rendite catastali, determinando una contrazione della domanda, oggi si tenta di fare un misero ed inutile tentativo di recupero, riducendo l'IVA per modestissimi interventi edilizi.
Come si fa a pensare di rimediare ai danni determinati dalla finanziaria sull'intero settore immobiliare concedendo agevolazioni sulla ristrutturazione senza aver dato contemporaneamente norme volte a facilitare ed incentivare gli acquisti degli immobili, che è l'evento che deve precedere la ristrutturazione?
Si arriva poi all'assurdo, alla vera e propria presa in giro di coloro che dovrebbero essere i destinatari di tale agevolazione, se si esamina la norma relativa alla detrazione degli interessi passivi pagati in dipendenza di mutui contratti per effettuare interventi di manutenzione straordinaria sui fabbricati. In realtà - questa è la realtà vera - i pochi mesi che ci separano dal 31 dicembre 1997, identificati come tempo utile per la contrazione di tali mutui, non potranno essere

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sufficienti. Non lo saranno prima di tutto per individuare gli interventi edilizi, ottenere le autorizzazioni dagli enti locali, e tutti sappiamo quanto sia lenta la macchina amministrativa degli enti locali poiché ancora non è stata fatta una riforma dell'amministrazione dello Stato. Questi pochi mesi non saranno sufficienti per chiedere i mutui agli istituti bancari perché sono necessari i tempi che tutti conoscono e sarà necessario attendere l'esito dell'istruttoria e alla fine ricevere, in caso di un eventuale accoglimento, l'erogazione per effettuare i lavori. Come è possibile e pensabile fare riferimento ad un lasso di tempo così esiguo per poter dire che si cammina verso l'incentivazione di un comparto così importante, quale quello dell'edilizia?
Che cosa è mai questa norma? Che cosa è mai questo decreto-legge, se non una vera e propria modalità per turlupinare la gente, i contribuenti, gli elettori, cioè tutti coloro che in Italia stanno ancora aspettando un adeguato modello di sviluppo per la nostra economia, che guardi veramente alla crescita del PIL e alla risoluzione della crisi sociale e finanziaria che attanaglia il paese? Con questo decreto-legge il Governo ha dimostrato ancora una volta di non interessarsi della reale economia del paese, né tanto meno di ciò che avviene nell'intero territorio nazionale (mi riferisco, ad esempio, al crollo delle piccole e medie imprese, che continuano a chiudere), di non rendersi conto della eccessiva pressione fiscale, degli eccessivi oneri previdenziali, degli obblighi, degli adempimenti, delle pastoie burocratiche e amministrative che bloccano l'azione dello sviluppo e della ripresa economica, delle difficoltà, specie al sud (ripeto: specie al sud!) di accedere al credito, della inesistente o scarsissima dotazione infrastrutturale.
Per tutti questi motivi, assieme ai colleghi di alleanza nazionale, voterò ancora una volta contro questo decreto e contro questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

DOMENICO GRAMAZIO. Bravo, Carlesi!

PIETRO ARMANI. Bravo, Carlesi!

GIOVANNI PACE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PACE. Presidente, ieri sera il Governo, attraverso il sottosegretario Bogi, ha dichiarato che avrebbe ritirato il disegno di legge n. 3215 di conversione del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 670, recante proroga di termini. Questa mattina, entrando in aula, abbiamo però constatato che i punti 2 e 3 dell'ordine del giorno prevedevano la deliberazione, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del regolamento, e l'esame del suddetto provvedimento.

DOMENICO GRAMAZIO. È bugiardo!

GIOVANNI PACE. Questo non lo so.
Sarebbe utile conoscere l'esatto iter dei lavori parlamentari non soltanto per organizzare la nostra serata, ma soprattutto il nostro impegno di deputati per il prosieguo dei lavori parlamentari.
Signor Presidente, sarei lieto se lei potesse dirci qualche cosa in merito per chiarire questo arcano.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanni Pace, come lei ha sottolineato, nell'ordine del giorno della seduta odierna è prevista la discussione di quel provvedimento, sul quale ieri il Governo ha reso una formale dichiarazione. Noi, ora, continueremo con i nostri lavori e questa valutazione potrà essere fatta domani, perché noi continueremo fino alla decisione che verrà assunta dall'Assemblea una volta esaurite le dichiarazioni di voto.
Si tratta quindi di un problema che potremo aggiornare a domani, anche se io ritengo che il Governo abbia già assunto la propria determinazione, che verrà riportata solo - come si usa dire - per memoria. Restano salve le iniziative che lo


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stesso Presidente, assieme al Governo, intenderà assumere per evitare una discussione, se essa era stata - come anch'io ricordo - pretermessa.
Nella sostanza, quindi, procederemo nei nostri lavori con l'esame del provvedimento attualmente all'ordine del giorno, senza l'inserimento di altre materie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nuccio Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, ci troviamo di fronte ad una manovra di completamento della manovra di finanza pubblica per il 1997.
La prima cosa che dobbiamo rilevare è che, rispetto alla manovra vera e propria, non sono cambiati la filosofia e il metodo di approccio ai problemi della finanza e dell'economia italiana. Questo lo dicono le stesse cifre: infatti, su oltre 4 mila miliardi di entrate, oltre 3 mila sono ricavati attraverso un meccanismo di anticipazioni di imposte e per il resto si registra, ancora una volta, un aumento della pressione fiscale. È una manovra che sostanzialmente non piace a nessuno, neppure ad ampi settori della maggioranza, se è vero com'è vero che per esempio esponenti dell'area Dini hanno affermato che si è di fronte ad un processo legislativo confuso e farraginoso, anche se poi si è aggiunto, con scarso senso dell'ironia, che non è chiaro se queste siano scelte del Governo; mentre per noi è fin troppo chiaro che queste sono scelte del Governo, il quale, sostanzialmente posto nell'impossibilità di scegliere, deve far ricorso a trucchi contabili. In altre parole, il Governo deve farsi dare prima quello che invece bisognerebbe pagare dopo, e farsi pagare dopo quello che invece bisognerebbe pagare prima. Ne sanno qualcosa, ad esempio, i creditori, i fornitori di beni e servizi che, attraverso il farraginoso meccanismo dell'articolo 8, si vedranno bloccati i pagamenti almeno per il 40 per cento. In questo modo si aggiungerà danno al danno perché aumenteranno gli interessi e probabilmente anche il contenzioso; interessi e contenzioso che sono molto legati alla tradizionale inefficienza della macchina pubblica e che costano alla nostra nazione migliaia di miliardi l'anno. Interessi e contenzioso sui quali nessun provvedimento del Governo è intervenuto concretamente e seriamente.
Al riguardo, vi cito un caso che mi riguarda di persona, come sindaco: dovrò pagare circa 50 milioni perché nel 1969 l'amministrazione non fu in grado di pagare 400 mila lire. La mia amministrazione dovrà pagare 250 milioni perché nel 1969 non si è stati in grado di pagare 4 milioni! Perché il Governo non ha mai pensato di intervenire sull'inefficienza? In questo modo potremmo infatti risparmiare su moltissime spese che sono diventate quasi fisiologiche e strutturali, connesse al nostro sistema statale e delle amministrazioni in generale.
Procedendo con le critiche mosse da parte dell'area governativa, neppure rifondazione comunista si è dichiarata soddisfatta di questo provvedimento; anzi, alcuni esponenti di rifondazione comunista si sono spinti fino al punto di chiedere al Governo di ricontrattare i parametri di Maastricht (come a dire: è meglio entrarci dopo in Europa), rinnegando quindi sostanzialmente la politica del Governo che invece vuole entrarci prima, forse addirittura prima della stessa Germania che in questi giorni si è fatta venire qualche dubbio. Rimproverano poi al provvedimento di non difendere l'occupazione, anche se il discorso viene fatto da altra prospettiva e, se si seguissero ulteriormente le indicazioni di rifondazione comunista, avremmo addirittura un aumento della disoccupazione e non una diminuzione.
In sostanza, rifondazione comunista ha definito la manovra non utile, quindi inutile. Ma se questa manovra è inutile, non si capisce perché rifondazione comunista abbia votato la fiducia prima e voterà a favore del provvedimento dopo.
Inoltre il Governo, l'area della maggioranza in generale, cercano di risolvere il problema dicendo a parole di voler combattere l'evasione fiscale, ma a questo


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punto bisogna fare qualche piccolissima anche se rapidissima riflessione. In ogni paese del mondo si registra un'evasione che potremmo definire fisiologica; è chiaro, infatti, che vi sono gli evasori fiscali così come in tutti gli Stati esistono i criminali comuni e non è possibile azzerare la criminalità. Tuttavia nella nostra nazione oggi siamo di fronte ad un'evasione necessitata, inevitabile, poiché vi sono numerosi piccoli e medi imprenditori, artigiani e commercianti che evadono non per il gusto di farlo, non perché sono criminali, ma per sopravvivere. Siamo di fronte ad un fenomeno di evasione patologica di cui bisogna prendere atto anziché ficcare la testa sotto la sabbia come gli struzzi, senza rendersi conto che in questi casi si ha bisogno esattamente del contrario, cioè di un alleggerimento della pressione fiscale per dar modo soprattutto ai piccoli e medi imprenditori di sopravvivere.
È inutile andare orgogliosi, come fa l'onorevole Benvenuto, di alcuni provvedimenti che vanno nella giusta direzione come quelli adottati nel campo dell'edilizia. È vero, qualcosa è stato fatto a favore dell'edilizia. Tuttavia voglio ricordare all'onorevole Benvenuto ed ai colleghi che l'edilizia è stata massacrata se è vero, com'è vero, che la pressione fiscale nel settore è aumentata, dal 1980 al 1995, dell'871 per cento; ripeto, dell'871 per cento e non ho letto male. Quindi, sono altre le misure che bisognerebbe prendere a favore dell'edilizia.
Sia comunque chiaro a tutti che, se da una parte il Governo fa finta di aiutare l'edilizia, è già in programma un'altra batosta per il settore; si annida nel cosiddetto decreto Bassanini due, nel quale è previsto un aumento delle imposte comunali fino al 15 per cento con ripercussioni inevitabili sulla pressione fiscale, in particolare sull'ICI. Pertanto fra non molto, continuando in questa direzione, vedremo che alcuni proprietari di immobili, se vorranno rimanere tali, dovranno pagare il «pizzo» allo Stato. Tutto questo in nome dell'Europa.
Vedete, quando si vuole somministrare una medicina bisogna cercare di renderla meno amara; allora si afferma che bisogna entrare in Europa. Ma in Europa, onorevoli colleghi, non si entra con i trucchi contabili o con un aumento della pressione fiscale che ha come contraccolpo un incremento della disoccupazione; è fin troppo ovvio che un aumento della pressione fiscale va a penalizzare il lavoro, coloro i quali vorrebbero creare lavoro e non possono farlo, ed anzi inevitabilmente diminuisce quello esistente. Eppure con la parola magica «Europa» si pensa di rassicurare gli italiani con l'inevitabile effetto negativo della disaffezione di larghe fasce della popolazione nei confronti dell'Europa.
Si continua su questa strada utilizzando, per esempio, termini suggestivi in vista della prossima manovra che si dice essere di 15 mila miliardi e che quindi dobbiamo ritenere sarà di oltre 20 mila miliardi. Si parla addirittura di contributo di solidarietà per giustificare il prelievo forzoso sulle pensioni degli italiani.
Queste, signor Presidente, mi sembrano ragioni più che sufficienti per ribadire ancora una volta il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caruso. Ne ha facoltà.

ENZO CARUSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, credo che l'iter di questo decreto-legge, così come quello di altri, sia sufficiente a dimostrare l'assurdità e l'arroganza del Governo nei riguardi del rapporto che tiene con il Parlamento, per quanto riguarda i suoi provvedimenti. Il decreto-legge è arrivato all'esame delle Commissioni bilancio e finanze riunite una settimana fa; è stato esaminato in mezza giornata, senza discutere gli emendamenti. Anzi, dico di più, da parte mia e di alcuni colleghi della maggioranza erano stati presentati emendamenti simili. Allora, con l'arroganza che caratterizza questa maggioranza,


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gli emendamenti da me presentati sono stati difesi dai miei colleghi, e di ciò li ringrazio, mentre quelli dei colleghi della maggioranza sono stati dichiarati inammissibili, non so in base a quale criterio.
In mezza giornata si sono superati senza discutere centinaia di emendamenti. Poi, si è arrivati in aula. Lunedì scorso viene invertito l'ordine del giorno e quindi si pone la questione di fiducia. Come si tutela in questo modo il ruolo, il compito, la funzione del parlamentare e del Parlamento quando il Governo, prendendosi il potere di rappresentare il Parlamento stesso, emana il decreto-legge e poi impedisce che venga discusso e migliorato? Dove sono finiti il potere e la funzione di questo Parlamento?
Entro nel merito del provvedimento, del decreto di fine anno passato ormai alla storia come decreto della rottamazione, che prevede un introito maggiore per le casse dello Stato di circa 5 mila miliardi, nonché aumenti di bollo, di benzina, di imposta sul registro e balzelli vari; un provvedimento che disciplina tante materie, diverse l'una dall'altra. Si va dalla modifica del codice civile al regolamento del flusso finanziario, al controllo delle casse, all'innalzamento dell'IVA sul gas metano per il Mezzogiorno (e non è in questo modo che si va incontro alle esigenze di sviluppo del meridione d'Italia); soprattutto vi è l'articolo, passato alla notorietà, concernente incentivi alla rottamazione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che oltre ad esprimere un atteggiamento arrogante il Governo, ponendo la questione di fiducia, abbia voluto superare le contraddizioni insite nella maggioranza, perché rifondazione comunista in Commissione attività produttive aveva espresso un voto contrario su questa parte qualificante del decreto. Non vi è dubbio, quindi, che con la posizione della questione di fiducia rifondazione comunista è stata obbligata, ancora una volta, a dire «sì» a questo Governo ed a questa maggioranza. Penso a come sono diventati remoti e lontani i tempi in cui non solo i comunisti, ma tutta la sinistra criticavano il nostro modello di sviluppo, basato appunto sugli incentivi alle automobili e sulle autostrade, incentivi dei precedenti Governi che, invece di privilegiare le ferrovie, gli ospedali, le scuole, varavano soltanto provvedimenti a favore dei settori tanto criticati. Ora siamo arrivati al punto in cui rifondazione comunista e le sinistre tutte presentano al Parlamento provvedimenti di questo genere.
Quello al nostro esame, signor Presidente, è un decreto che contiene «svarioni» ed errori, ammessi anche da membri autorevoli della maggioranza; un decreto che ha introdotto il concetto di contabilità creativa. Guardate che con trucchi contabili e con furberie non si è fatto altro che differire in avanti le spese ed anticipare le entrate, specialmente le accise.
Ritengo che questi trucchetti siano stati posti in essere per arrivare a soddisfare i parametri di Maastricht, per giungere ad un rapporto tra deficit e prodotto interno lordo che fosse, almeno sulla carta, del 3 per cento. Ciò senza tenere conto del fatto che se entreremo in Europa, dovremo restarci e non potremo rimanerci quando dal punto di vista sociale abbiamo massacrato intere zone geografiche e quando avremo aree in cui la disoccupazione sarà del 30 per cento. I parametri non possono essere solo monetari e finanziari, ma devono essere anche sociali, occupazionali e produttivi.
Il decreto-legge in esame prevede all'articolo 10 una notevole correzione alla finanziaria approvata appena otto giorni prima: oltre quindici commi soltanto per correggere gli errori contenuti nella precedente finanziaria. È incredibile!
In proposito vorrei far riferimento - perché è un problema del quale ci siamo interessati anche in precedenza - al comma 177 dell'articolo 2 della citata legge n. 662 del 1996, con cui l'accesso alle agevolazioni per il gasolio agricolo e agli interventi comunitari veniva subordinato all'iscrizione obbligatoria delle aziende alla camera di commercio. Ebbene, con un emendamento introdotto al Senato si è previsto che entro il 31 luglio

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il Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero delle risorse agricole, emani una circolare per indicare quali aziende al di sotto di un certo fatturato (20 milioni) avrebbero potuto usufruire di questi contributi senza certificazione. Sa cosa è successo nel frattempo, signor Presidente? Di queste agevolazioni non ha potuto usufruire nessuna azienda: il gasolio agricolo non è stato acquistato a prezzo agevolato né dalle aziende non obbligate all'iscrizione alla camera di commercio né da quelle già iscritte da sei-otto mesi. Infatti, le camere di commercio non erano nelle condizioni di rilasciare celermente la certificazione. Ecco quali provvedimenti il Governo ci scarica sulle spalle!
Non parliamo poi dell'articolo 22 del presente decreto, con cui vengono assegnati al comune di Napoli 25 miliardi. Di misure del genere ne abbiamo viste a iosa! Non ne possiamo più! Proprio nell'anno della campagna elettorale si continuano a dare provvidenze non al comune di Napoli, ma al sindaco Bassolino (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!
Il Governo e la maggioranza indicano la diminuzione dell'inflazione come un loro successo. Ma, colleghi, non vi siete chiesti perché l'inflazione è diminuita? Ciò è dovuto ad un tremendo calo dei consumi, non solo di quelli voluttuari, per la cultura o l'abbigliamento, ma anche di quelli di prima necessità, come i generi alimentari. L'inflazione cala perché i magazzini sono pieni, perché i negozi non vendono, perché la gente non ha una lira in tasca. Sarebbe questo il successo del Governo? Invece di operare nella direzione di un taglio delle spese inutili, si colpiscono le attività produttive. Vengono però salvati e preservati 550 enti inutili e parassitari, nei quali siedono presidenti e consigli di amministrazione funzionali alla maggioranza.
Dopo cosa arriva questa manovra economica? Il Governo e la maggioranza avevano promesso che non avrebbero aumentato le tasse. Ebbene, la manovra di luglio ha aumentato le entrate dello Stato per 20 mila miliardi, la finanziaria è partita da 32 mila miliardi ed è arrivata a 62.500 miliardi. Questa manovra di fine d'anno ammonta a 5 mila miliardi e nella prossima manovra di marzo (o di Pasqua, che dir si voglia) saranno tolti dalle tasche dei cittadini e delle aziende altri 20 mila miliardi; quando si interviene sul trattamento di fine rapporto sicuramente si incide sulla possibilità di investire e di creare sviluppo da parte delle aziende.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutte queste furberie, tutti questi accorgimenti non faranno dimenticare agli italiani che quello attuale è il Governo delle tasse. Il Governo Prodi passerà alla storia e nel ricordo degli italiani come il Governo delle tasse, dell'inasprimento fiscale. Siamo passati da una pressione fiscale del 41,7 per cento nel 1995 ad una pressione del 43,5 nel 1997. Se a ciò aggiungiamo le imposte indirette, risulta che i lavoratori prestano la loro attività per oltre sette mesi all'anno per lo Stato e per la restante parte dell'anno per le proprie esigenze, per le loro famiglie.
Il Governo e la maggioranza avevano promesso lo sviluppo del Mezzogiorno, ma nel meridione aumenta la recessione e la disoccupazione. Il problema del lavoro e della disoccupazione si è drammatizzato e, per la prima volta, in alcune aree del paese comincia ad essere incombente lo spettro della fame (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Storace. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STORACE. Onorevole Presidente, colleghi di alleanza nazionale e del centro-destra, statisti del centro-sinistra che criticate l'ostruzionismo del nostro gruppo, del Polo, e soprattutto tenace sottosegretario Marongiu, desidero ringraziarla per la sua tenacia, anche se non posso fare altrettanto per la sua coerenza. Ma questo succede.
Nei primi venti, trent'anni della mia vita, mi sono sentito rimproverare, fino al congresso di Fiuggi, le marce su Roma. A


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lei, che è sottosegretario di quello che l'onorevole Caruso ha chiamato «Governo delle tasse», qualcuno dovrà prima o poi rimproverare le marce su Genova e su Torino contro il fisco oppressore, contro uno Stato che opprimeva le categorie. Adesso lei è in prima fila a difendere un Governo che di queste categorie sta facendo strage!

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Posso dire una piccola cosa?

FRANCESCO STORACE. Non so se è previsto, comunque io sono disponibile!

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Come vede, se non altro quelle marce mi hanno conservato in buona salute e mi hanno consentito di stare...

FRANCESCO STORACE. Grazie a quelle marce lei ha preso l'auto blu ed è andato direttamente al Governo, lasciando a piedi i marciatori che stavano con lei!
Non avevo intenzione di intervenire, Presidente, come probabilmente non aveva intenzione di intervenire nessuno dei colleghi che stanno facendo ostruzionismo secondo una pratica parlamentare che tanto indigna il presidente Mussi. Ricordo a me stesso che il presidente Berlusconi aveva lanciato pubblicamente un'offerta di dialogo alla maggioranza nell'interesse comune e superiore della nazione. La risposta «perché a Bertinotti non si può dire di no» è stata la «musata» di voti di fiducia a raffica, anche per tutelarsi da rifondazione comunista. Quindi, siete costretti a fare i conti con l'opposizione.
Cito un dettaglio che mi inorgoglisce, Presidente. Quando è l'opposizione a guidare il dialogo, come accade in Commissione di vigilanza sulla RAI, si raggiunge l'unanimità addirittura su un tema lacerante come quello del pluralismo; quando è la maggioranza a menare la danza, c'è spaccatura, frantumazione, perché non vi è la volontà di aprirsi alle ragioni degli altri competitori nella partita politica. Allora, dobbiamo fare tesoro di questa lezione e facciamo opposizione per convinzione e per forza, nonostante ci sia tanta propaganda in giro.
Mi occupo generalmente, anche se la sinistra non vorrebbe, di fare il mio dovere e delle distorsioni sull'informazione per quanto riguarda il servizio pubblico. Ma ce ne sarebbe di strada da compiere (lo dico all'onorevole Landolfi, sempre attento a queste tematiche) anche in altri settori dell'informazione! Dal resoconto di un'agenzia di ieri relativa a questo dibattito leggo che «il decreto in esame ha provocato molte contestazioni delle opposizioni in sede di esame parlamentare accumulando più di mille emendamenti, che hanno convinto il Governo a porre in aula la questione di fiducia». È il contrario: è la maggioranza che si è barricata contro gli emendamenti dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!
Il presidente Mussi, che fa dichiarazioni ogni secondo (più di qualcuno di noi) e dice che è strano che al piano terra si faccia l'opposizione e al primo piano, quello delle riforme, si tenti la strada dell'accordo sulla nuova Costituzione, dimentica che c'è anche un quarto piano, dove si trova la Commissione bilancio, in cui ci si chiude a riccio di fronte ad ogni proposta dell'opposizione! Anche questo è un dato nella scaletta dei piani che ha il presidente Mussi, un dato che gli consegno per fare in modo che in futuro possa fare attenzione alle cose che dice.
Il «Governo delle tasse», è stato chiamato. E quale altro termine si potrebbe coniare se non quello di Governo delle tasse, visto che ogni giorno si parla di una manovra, di una manovra-bis o di una manovra-ter, e visto che i sottosegretari e i ministri si vedono addirittura costretti alla museruola dal Vicepresidente del Consiglio, com'è accaduto oggi, perché ogni giorno ne spara una sempre più grossa? La filosofia di questo Governo è andare avanti con le tasse, e guai a toccare la spesa pubblica! Non si tratta di Stato sociale, si tratta di colpire le degenerazioni


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dello Stato sociale. Qui, però, è stato impossibile discutere, anche se si poteva discutere di tante cose.
Questo decreto rappresenta probabilmente quanto di peggio potesse fare il Governo che oggi è in carica. Si chiedono altre migliaia di miliardi agli italiani attraverso vari interventi e ci si è impedito di discutere nel merito di alcune questioni. Pensiamo, per esempio, ad una delle questioni più controverse di questo decreto, quella della rottamazione delle automobili. Ho tentato, attraverso un emendamento che ho presentato assieme all'onorevole Lo Presti, di estendere questo meccanismo anche ai motocicli, categoria diversa ma simile. Nemmeno su questo si è potuto discutere, eppure vedo che il testo venuto dal Senato è stato modificato in qualche parte ma solo, evidentemente, in quelle richieste dalla maggioranza. Perché ci si è chiusi a riccio di fronte ad ogni proposta proveniente dall'opposizione? Forse non ci sarebbero stati mille emendamenti se se ne fossero accolti almeno dieci, almeno cinque, almeno uno! Come si fa a pretendere che l'opposizione stia anche zitta! L'opposizione deve stare anche muta, l'opposizione non deve interpretare quell'indignazione dei cittadini che voi avete illuso il 21 aprile e che adesso stanno pagando il conto dei vostri errori.
Allora, colleghi del centro-sinistra, anziché demonizzare la protesta legittima di alleanza nazionale e del Polo, cominciate a recitare il mea culpa. Lo scontro, il conflitto in aula ve lo siete cercato, non vi è alcun estremismo da parte nostra, ma solo intransigenza nel voler tenere a mente alcuni principi sui quali ci siamo confrontati di fronte al corpo elettorale. Noi abbiamo detto agli elettori che non voteremo manovre in cui vi siano altre tasse. Voi avete promesso il paradiso fiscale e adesso ce ne stiamo accorgendo. Del resto mi chiedo a che cosa servano tutti questi soldi. Io non ho bisogno di forzare la mano, mi basta citare le dichiarazioni dei nostri competitori politici, dei nostri avversari; mi basta citare quanto ho sentito al congresso del partito democratico della sinistra, quanto ha detto Sergio Cofferati: non un posto di lavoro da quando c'è questo Governo è stato dato in più agli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)! Lo ha detto Sergio Cofferati. Io non so se egli sia un punto di riferimento per noi, certamente lo è per voi. Vorremmo allora capire queste tasse, questi interventi, a cosa devono servire, a quale politica di sviluppo e se non si tenti invece di tappare i buchi ogni volta. Invece di dire, come fa il presidente del gruppo della sinistra democratica, che abbiamo inaugurato l'opposizione a testa bassa, sappia il presidente Mussi che la nostra è un'opposizione a testa alta perché siamo convinti che stiamo portando il paese alla rovina.
Vede, presidente Mussi, in questa protesta la cosa più bella è che non vi è stata goliardia. Sono stati tutti interventi sul merito. Ogni intervento ha registrato un dato importante del decreto e lo ha criticato. Non stiamo perdendo tempo, stiamo semplicemente esponendo le ragioni di una protesta che riteniamo sia civile e sacrosanta. È il rifiuto del dialogo, quindi, che determina quello che voi definite - e che si può pacificamente definire - ostruzionismo perché la maggioranza ha tenuto come alibi gli emendamenti che sono stati presentati perché eravate chiusi a riccio. Le ricordo - e ricordo ai colleghi - (a proposito di evasione fiscale vedo qui l'evasione parlamentare, considerati i banchi vuoti del centro-sinistra, ma anche questo è legittimo) che quando si parla di dialogo bisognerebbe anche praticare certi concetti. Amo dire che dalla teoria della pratica si passa spesso a poca pratica della teoria. Vedete, questo decreto è servito anche come manifestazione di propaganda. Torno a quanto ho affermato all'inizio del mio intervento, all'informazione propagandistica su questo decreto. Abbiamo assistito a spot incredibili sulla rottamazione delle automobili in cui qualcuno che doveva intervenire non è intervenuto (ciò riguardava i giornali, l'informazione pubblica, quella privata). Negli

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spot si invitava ad andare dal concessionario a prendere un'altra macchina con gli incentivi del Governo. Sono dello Stato gli incentivi, non sono del Governo! Questa è la concezione che avete dello Stato: è cosa nostra (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)! Non è pensabile andare avanti così! Cominciate a restituire qualcosa che non è vostro! Accettate quando l'opposizione fa qualche proposta, non vi chiudete a riccio! Quegli spot sono la bandiera dell'Ulivo perché quando si dice che gli incentivi sono del Governo si dice una bugia e la si propaganda impunemente sapendo che non vi è responsabilità perché questo è il paese in cui ciascun potere non può essere più messo in discussione, in cui c'è arbitrio e non c'è più responsabilità. Per questo annuncio anch'io il voto contrario a questo decreto, consapevole che il nostro è un atteggiamento di opposizione netta, determinata e decisa, ma vedo pericoli per il confronto parlamentare se questo Governo continuerà ad andare avanti in questa maniera (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Ringrazio l'onorevole sottosegretario, che finalmente ha compagnia dopo una giornata di pazienza. Inizio con l'augurarmi che la stessa pazienza che ella ha dimostrato rimanendo ad ascoltare e a prendere appunti su quello che i colleghi di alleanza nazionale hanno detto possa trasferirsi in seno al Governo perché la nostra opposizione, il nostro ostruzionismo, possano avere un effetto se non direttamente sul decreto che stiamo esaminando, almeno sulla strategia futura di questo Governo.
Questa maggioranza in materia di politica economica e tributaria ha ormai intrapreso una strada estremamente pericolosa nonostante da più parti, non solo dalle forze politiche di opposizione, si segnalino i pericoli. Peraltro, il Governo, che pretende a tutti i costi il rispetto delle regole, è il primo a violarle costantemente: basta guardare la fiducia posta sul provvedimento in questione, i modi, i tempi e le regole con cui è stata posta, l'offesa prodotta al Parlamento impedendogli di apportare qualsiasi modifica, il mancato accoglimento degli ordini del giorno, la velocità con la quale le Commissioni di merito hanno approvato un decreto di simile portata.
Non posso poi tacere sul comportamento privilegiato che questo Governo spessissimo mantiene nei confronti dell'altro ramo del Parlamento, blindando i provvedimenti che giungono in quest'aula e mortificando l'Assemblea stessa. Non dimentichiamo che il provvedimento in esame porta a compimento la chiusura della manovra finanziaria della quale non si sono ancora sviluppati i guasti che produrrà, una manovra economica da noi non condivisa che produrrà l'aumento del 2 per cento della pressione fiscale, che svuoterà le tasche dei cittadini, che continuerà ad aggravare il livello di disoccupazione ed a penalizzare il nostro Mezzogiorno. Nel sud si è aggravato il disagio sociale, l'economia è bloccata mentre il Governo incentiva l'economia della FIAT. Questo provvedimento, peraltro, ha prolungato la sessione di bilancio superando ogni ragionevole limite e non tenendo conto delle leggi vigenti sulla contabilità dello Stato.
Entro nel merito del provvedimento la cui valutazione mi porterà ad esprimere un voto contrario. Il disegno di legge - è stato detto dall'onorevole Valensise e mi piace ribadirlo - è uno zibaldone di materie: dalle imposte sui redditi alla riscossione dei tributi, dalla proroga del termine per il funzionamento di taluni uffici finanziari alla riqualificazione del personale civile dell'amministrazione finanziaria, dall'incremento del fondo per l'occupazione alle vaccinazioni non obbligatorie, dalla sanatoria delle violazioni edilizie al programma triennale per la tutela dell'ambiente, dalle strutture di accoglienza per gli immigrati extracomunitari


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alle disposizioni circa le imposte sulle vincite e sugli spettacoli, dalle indennità ai presidenti dei consigli comunali e provinciali alle indennità di anzianità per i dipendenti di imprese già sottoposte ad amministrazione straordinaria, dagli interventi di recupero edilizio nel comune di Napoli alle opere per la salvaguardia di Venezia, dalla vigilanza sulla società delle Ferrovie dello Stato al contributo per l'acquisto di autoveicoli nuovi, a fronte della rottamazione di analoghi beni usati.
Mi spiace di non avere il tempo a disposizione per poter leggere i titoli di tutti gli articoli che compongono il provvedimento in esame, ma credo che quanto elencato possa dare giustificazione del perché ho chiamato questo disegno di legge zibaldone di materie, alcune di notevole importanza e per le quali un contributo di questo ramo del Parlamento italiano sarebbe stato indispensabile. Non ci è stato invece consentito entrare nel merito, certamente per non darci l'opportunità di denunziare all'opinione pubblica la gravità del contenuto o meglio della trattazione di alcune materie.
Ieri, durante l'audizione svoltasi in Commissione antimafia, il Governatore della Banca d'Italia Fazio ha denunciato il blocco totale dell'economia nel Mezzogiorno d'Italia, ed ha aggiunto testualmente: «Se solo il Mezzogiorno avesse un livello di attività non dico pari ma simile a quello del nord, ne deriverebbero vantaggi per tutto il paese».
Io, che provengo dalla Calabria, lo so bene, e so altrettanto bene che l'economia meridionale potrà avere nel settore dell'edilizia un volano per la sua ripresa. Non sono certamente sufficienti le norme, peraltro esigue e di impossibile applicazione, che aiuteranno il rilancio del settore. Ma questo Governo e la maggioranza politica che lo sostiene evidenziano, giorno dopo giorno, di non voler guardare al Mezzogiorno e di non volersi fare carico del problema che lo aggrava. Come si fa infatti ad incentivare il settore dell'edilizia riservandogli solo minime riduzioni delle aliquote IVA? Come si fa ad incentivare il livello occupazionale del Mezzogiorno riservando il rilancio della produttività generale in talune zone del paese che hanno la fortuna di avere le fabbriche automobilistiche? Come è possibile - egregi rappresentanti del Governo - ottenere la ripresa economica del Mezzogiorno non valutando il crollo delle piccole e medie imprese che, giorno dopo giorno, sotto il peso dell'eccessiva pressione fiscale, degli eccessivi oneri previdenziali, del numero esorbitante di adempimenti amministrativi, dell'alto costo del denaro e della difficoltà di accesso al credito, sono costrette a chiudere?
Questo Governo, che aveva fatto del Mezzogiorno il proprio vessillo per la campagna elettorale, opera giorno dopo giorno attraverso manovre, decreti e disegni di legge che penalizzano l'occupazione. Quest'ultimo disegno di legge ne è un'ulteriore prova.
Non mi si venga a dire che noi di alleanza nazionale facciamo demagogia! Non è demagogia per chi vive quotidianamente la triste realtà del Mezzogiorno, per chi vede quotidianamente aumentare i cassintegrati, per chi si vede rivolta quotidianamente una sola invocazione: «Lavoro, lavoro!», per chi vede quotidianamente che la crescita del livello disoccupazionale viene eguagliata alla crescita della criminalità organizzata.
Non è demagogia, onorevoli rappresentanti del Governo e onorevoli colleghi, se vedo che questo disegno di legge prevede persino l'abrogazione delle norme agevolative per il Mezzogiorno in tema di aliquote IVA relativamente all'erogazione di gas metano.
Il Mezzogiorno non vuole leggi che lo facciano sentire diverso, ma vuole leggi che garantiscano l'uguaglianza con l'altra parte del paese; vuole leggi che facciano sentire quei cittadini parte integrante della nostra nazione e, come tali, recettori di quanto è loro dovuto nel rispetto della Costituzione italiana.
Nel concludere, signor Presidente, e nel riaffermare per quanto ho detto il mio voto contrario su questo disegno di legge, vorrei invitare il Governo a variare la propria rotta perché la pazienza dei cittadini

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italiani non può più essere calpestata. Noi di alleanza nazionale non lo consentiremo perché non tradiremo mai le loro speranze (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Presidente, colleghi, vorrei soffermarmi sulla questione dell'IVA, in ordine alla quale sono state assunte una serie di decisioni veramente contraddittorie.
Mi riferisco, innanzitutto, al disposto della lettera d) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto, che prevede l'esclusione dall'obbligo del pagamento dell'imposta sul valore aggiunto dei redditi e dei profitti derivanti dal grande affare dei rifiuti e, precisamente, dalle cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli, ferrosi e non ferrosi, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, intendendosi comprese anche quelle relative agli anzidetti beni che siano stati ripuliti e selezionati e dunque resi utili ad una successiva rivendita. Ciò a seguito dei sovvenzionamenti assegnati ai gestori di questo tipo di attività.
Non so se questo sia un provvedimento teso a migliorare la situazione economica o se, invece, non sia un grosso favore che si fa a coloro i quali ottengono guadagni enormi con spese di investimento minime, prevedendo l'abolizione dell'IVA, misura che si traduce in un ulteriore guadagno di cifre iperboliche.
Vorrei capire perché sono state favorite queste attività che spesso sono in mano a gruppi malavitosi e quando non lo sono vengono gestite da società miste tra privati o cooperative e comuni di sinistra, che così diventano azionisti di questo grande business nazionale dei rifiuti. A costoro viene fatto il regalo di Natale dell'abolizione dell'IVA, che era pari al 16-18 per cento. Vorrei sapere perché è stata operata questa scelta che favorisce, contestualmente, il recupero di metalli che hanno prezzi enormi, quali il rame raffinato, il nichel, l'alluminio, il piombo e lo zinco, con guadagni che sono dell'ordine di centinaia e centinaia di miliardi lire.
Mentre questo provvedimento prevede l'abolizione dell'IVA...

PRESIDENTE. Prego i colleghi di tutti i settori di consentire all'onorevole Conti di proseguire il suo intervento.

GIULIO CONTI. Vi è poi un altro punto, il punto e), che ha qualcosa di ridicolo: vi si legge che l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto è stabilita nella misura del 10 per cento per i medicinali e le sostanze farmaceutiche.
Al punto e), al numero 1, si prevede che alla parola: «asini» si premetta la parola: «Cavalli,». A parte questa facezia che può essere contenuta in una legge per aumentare l'IVA oltre che per gli asini anche per i cavalli e che mettiamo nel Guinness dei primati per quanto riguarda le cose ridicole contenute in questa legge, quello che è preoccupante è l'aumento dell'IVA sui farmaci, che passa dal 4 al 10 per cento. Inoltre, tale aumento non interessa più i soli farmaci di fascia C, come si prevedeva nella finanziaria, ma tutti i farmaci, vale a dire, come dice la legge, i «medicinali pronti per l'uso umano o veterinario, ad eccezione dei prodotti omeopatici;» - non ho capito bene perché - «sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie debbono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale»; in altre parole tutti i farmaci. Ciò è assurdo perché chi paga l'IVA è un soggetto che non può recuperarla, trattandosi del cittadino che compra delle medicine perché sta male.
Credo che questo provvedimento sia il più antisociale possibile, ma anche il più demagogico possibile. Inoltre, è penalizzante perché dietro ad esso si nascondono anche altri tipi di interventi che non vengono ben specificati nella legge. Infatti, mentre con la finanziaria si prevedeva il pagamento dell'IVA dal 4 al 10 per cento solo per i farmaci di fascia C, quelli meno efficaci e comunque considerati non assolutamente


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necessari, ora tutti i farmaci vengono sottoposti a questa aliquota. In più sono stati aumentati i prezzi dei singoli farmaci con un precedente provvedimento votato dalla Camera. Infine, molti farmaci, già appartenenti alla fascia A e B, con un'ultima disposizione di dieci giorni fa del Ministero della sanità, assunto in conseguenza dei provvedimenti della CUF, sono stati collocati in fascia C, quindi a totale carico dei cittadini, con l'IVA che passa dal 4 al 10 per cento per tutti e che viene pagata totalmente dai cittadini.
In questi giorni, sempre seguendo la politica del risparmio falso, cioè fatto dove non dovrebbe essere realizzato, non vengono più rifornite le farmacie, né quelle private né quelle ospedaliere, di tutti quei farmaci come le immunoglobuline, necessarie soprattutto per i malati che hanno subito un trapianto, in particolar modo di fegato; le immunoglobuline per l'epatite B non sono più in commercio e sono in vendita soltanto in Svizzera, dove questi malati debbono comprarsele da soli.
Ritengo che questi fatti siano gravi e destino la massima preoccupazione. Pertanto il Governo ne deve tener conto, indipendentemente dalle considerazioni da fare sul tipo di battaglia da sostenere nel momento in cui queste lamentele, queste proteste e giuste denunce vengono espresse, vale a dire in un momento in cui si fa ostruzionismo. Sono argomenti della massima importanza ed il Governo deve attribuire loro la massima importanza per adottare un qualche correttivo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 20,05).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cuscunà. Ne ha facoltà.

NICOLÒ ANTONIO CUSCUNÀ. Signor Presidente, inizio una nuova serie dal momento che è rientrato in aula.

PRESIDENTE. Per il piacere di ascoltarla.

NICOLÒ ANTONIO CUSCUNÀ. Il piacere è mio di vederla seduto al suo posto e di vedere l'aula piena dopo che per tutto il pomeriggio si è trascinato stancamente un dibattito al quale ognuno di noi ha cercato di dare un contributo tentando di non ripetere le stesse cose, il che non è facile.
Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il decretone di fine anno è stato definito omnibus perché è un provvedimento nel quale tra tagli iniqui e prelievi esosi c'è di tutto e c'è di più, come altri hanno detto. Si tratta infatti di interventi privi di un disegno organico generale.
Ritornerò su questo passaggio proprio per dimostrare come questo Governo continui ad errare, perseverando a porre in essere provvedimenti scollegati dalla realtà del paese. Quello al nostro esame è un provvedimento scollegato sia dalla finanziaria 1997 sia dall'annunciata ed ulteriore «manovrina» primaverile. Tra i vari prelievi addirittura ne figurano alcuni già introdotti solo temporaneamente e in barba al voto finale preannunciato da rifondazione comunista che, comunque, è diventata la stampella di questo Governo. Si interviene su provvedimenti riguardanti farmaci e con misure che avrebbero dovuto essere temporanee e che tali non sono state.
Il decreto-legge n. 669 è farcito dei soliti balzelli tanto cari alla visione riduttiva e parziale dei superati Governi consociati e trasversali dell'ancora purtroppo - ahimè! - viva e vegeta prima Repubblica. A dire la verità nuda e cruda, questo è un provvedimento raffazzonato, privo di quegli elementi di valore che avrebbero potuto giustificarne la presentazione e che invece dimostrano chiaramente che il Governo dell'Ulivo, il Governo del Presidente Prodi non è a conoscenza della realtà nazionale. Come ampiamente dimostrato in precedenza, assumendo non solo altri provvedimenti simili ma la stessa finanziaria 1997, questo


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Governo ha tradito gli impegni elettorali assunti con i cittadini. Questo decreto è privo di reali contenuti atti a risolvere i problemi del cosiddetto stato sociale, e i problemi degli sperperi e dell'efficienza della pubblica amministrazione, atti a consentire la ripresa delle attività produttive industriali, atti a bloccare la recessione.
Le imprese, secondo i dati inviati al Parlamento e a chi come me è impegnato nella Commissione attività produttive, incontrano difficoltà a rispondere alle domande di mercato sia estero sia nazionale. Questo provvedimento è figlio di un Governo che non conosce assolutamente le realtà locali e neppure quelle produttive, come dicevo giorni fa in relazione al decreto per il settore dell'autotrasporto. In Commissione attività produttive si è discusso del problema che investe il gruppo Olivetti. La verità amara, chiara e lampante l'hanno riconosciuta il ministro Bersani e gli stessi rappresentanti sindacali che hanno partecipato ad alcune audizioni. Questo Governo, che non ha una precisa strategia industriale, cosa fa nel momento in cui predispone il documento conclusivo di un'indagine conoscitiva? Non prende quelle garanzie dovute dal gruppo Olivetti per scongiurare che nel sud d'Italia, a Marcianise e a Pozzuoli, possa ancora una volta calare pesantemente la mannaia dei tagli attraverso la quale viene ulteriormente messo a repentaglio quel poco che rimane dell'occupazione. Questo Governo, che non ha la minima idea di cosa sia la strategia industriale, quale provvedimento adotta a favore dell'industria? Non già uno a favore della ricerca che sarebbe indispensabile per il rilancio dell'industria, tant'è vero che arrivano gli appelli accorati degli industriali conciari o del vetro che a proprie spese pagano la ricerca. Voglio ricordare che l'80 per cento della ricerca di questi settori industriali è appannaggio dei contribuenti industriali ma viene gestito con farraginosa, meticolosa e lenta burocrazia centralista, come qualcuno direbbe. L'unico provvedimento che il Governo adotta a favore dell'industria è quello della famosa rottamazione. Perché non ha assunto iniziative a vantaggio di quelle attività non meno importanti dell'industria e che sono fondamentali per la nostra economia, cioè l'agro-zootecnia ed il turismo?
Vorrei ora citare alcuni dati relativi ai nostri allevamenti sia del nord sia del sud (sono dati a conoscenza del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali). Le nostre bestie sono purtroppo affette da malattie che sono diventate endemiche, quali la brucellosi, la leucosi e l'afta epizootica. Non solo, ma vi sono delle scadenze ben precise da rispettare sulla base delle quali entro pochi mesi migliaia di capi di bestiame dovranno essere abbattuti e - ahinoi - non vi è alcun provvedimento che possa consentire a chi abbatterà migliaia di capi di bestiame di ottenere un equo indennizzo, per potersi rimettere in sesto o per poter continuare nelle attività produttive.
Abbiamo constatato come non esistano...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!
Presidente Meloni, per cortesia!
Onorevole Carazzi, per cortesia!
Prosegua pure, onorevole Cuscunà.

NICOLÒ ANTONIO CUSCUNÀ. E abbiamo visto come non esista un piano strategico non solo per l'industria, ma anche per l'agricoltura e la zootecnia.
È assai recente la dimostrazione per le strade d'Italia degli agricoltori per la rettifica delle quote latte. Non è però ancora esploso il problema delle «quote tabacco»! E dovremmo andare ancora a discutere di come si potrebbe avere un equo indennizzo per i produttori olivicoli e del modo in cui l'attuale Governo italiano rischierà - a seguito di una precisa richiesta formulata dal governo francese - di dover procedere alla distillazione obbligatoria delle eccedenze di produzione del vino, di quel vino doc che è un gran vanto delle industrie viticole italiane.
Tutto questo si può riassumere con poche parole: non abbiamo una strategia


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competitiva per entrare realmente in Europa, dove si vuole entrare soltanto tassando e supertassando gli italiani!
Che cosa rispondere allora riguardo alla conferenza nazionale sull'occupazione che si sarebbe dovuta tenere a Napoli (cioè in una città dalle grandi contraddizioni e dove si promette di tutto, senza realizzare nulla)? Quella conferenza era attesa non dai politici, ma da quei cittadini, operai e lavoratori che si sono schierati davanti alla prefettura di Napoli per protestare contro questo Governo!
Al riguardo vorrei ricordare la falsa ipocrisia di alcuni personaggi che, due anni fa, nel periodo del Governo Berlusconi, quando ebbero luogo degli scontri tra studenti e polizia, fecero a gara (mi riferisco ai deputati della sinistra: da Giuseppe Gambale agli altri) ad urlare allo scandalo! Oggi i lavoratori disoccupati, quelle persone del sud che non hanno mai provato la gioia e la felicità di un solo giorno di lavoro, sono stati pestati dalla stessa polizia che, in questo caso, era comandata da un democratico, anzi da un democraticissimo ministro dell'interno che si chiama Napolitano!
Perché, allora, non si risponde? Quando si vuol tenere la conferenza nazionale sull'occupazione? Forse una risposta verrà fornita sabato, vista l'annunciata conferenza a Napoli organizzata dalle organizzazioni datoriali, alla quale parteciperanno sia il ministro Bersani sia il sottosegretario Sales sia - guarda caso - il presidente della FIAT Romiti!
Cosa verranno a dirci? Che continueranno a finanziare la legge n. 488? O la strategia delle attività produttive per l'Italia consiste in quei patti territoriali? Il ministro Bersani ha sostenuto, in una dichiarazione rilasciata all'autorevole quotidiano Il Mattino di Napoli, che i patti territoriali o i contratti d'area sono soltanto delle sperimentazioni.
Come potranno essere portate avanti queste sperimentazioni? Con i soli miseri finanziamenti... (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cuscunà.

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