Seduta n. 150 del 13/2/1997

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...

Si riprende la discussione della proposta di legge n. 2423 (ore 10,36).

PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere nuovamente alla votazione del subemendamento Muzio 0.1.67.93, nella quale nella seduta pomeridiana di ieri è mancato il numero legale. C'è richiesta di votazione nominale?

ALBERTO LEMBO. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Poiché non è ancora decorso il termine regolamentare di preavviso, devo sospendere la seduta per qualche minuto, salvo che non vi sia l'unanimità di consensi dell'Assemblea.

ENRICO CAVALIERE. No, Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene, sospendo la seduta per tre minuti.

La seduta, sospesa alle 10,37, è ripresa alle 10,40.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Muzio 0.1.67.93, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti.325
Votanti .321
Astenuti.4
Maggioranza 161
Hanno votato .31
Hanno votato no.290
(La Camera respinge).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Carazzi 0.1.67.78, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 2 postazioni di voto bloccate. Onorevole Eduardo Bruno, risultano in uso due sue tessere!

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:


Presenti.366
Votanti .361
Astenuti 5
Maggioranza 181
Hanno votato 96
Hanno votato no 265
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione del subemendamento Fontan 0.1.67.13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Presidente, in questo subemendamento si ribadisce quello che dovrebbe essere un concetto fondamentale e conosciuto da tutti, vale a dire che una norma abrogata non può trovare applicazione. Invece, l'emendamento della Commissione propone di continuare a mantenere in vita una norma che viene abrogata da un referendum: c'è un'evidente contraddizione e un'evidente limite alla costituzionalità di questa norma.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.13, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono tre postazioni bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 416
Votanti 410
Astenuti 6
Maggioranza 206
Hanno votato 125
Hanno votato no 285
(La Camera respinge).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.14, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 2 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 405
Votanti 399
Astenuti6
Maggioranza 200
Hanno votato 123
Hanno votato no 276
(La Camera respinge).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.15, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

C'è una postazione di voto bloccata.

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione:
Presenti 402
Votanti 395
Astenuti 7
Maggioranza 198
Hanno votato 130
Hanno votato no 265
(La Camera respinge).

OLIVIERO DILIBERTO. Chiedo di parlare sulle modalità delle votazioni.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, a nome del gruppo di rifondazione comunista-progressisti, chiedo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Diliberto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Fontan 0.1.67.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Con questo emendamento si intende porre un limite, in quanto effettivamente si toglie dalla fattispecie prevista dalla norma il caso dello scioglimento anticipato delle Camere. Quindi si prevede una condizione, che mira a depotenziare la portata della norma; si disinnesca la bomba e si riesce a contenerne gli effetti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Intervengo in dissenso perché questa proposta è un'imbroglio. Vista l'impossibilità di riformare il paese e di salvarlo economicamente, si individua nella lega nord per l'indipendenza della Padania il pericolo numero uno, che può strappare la Padania al gioco colonialista del sistema, che finora ha mandato in malora i conti pubblici. Pur di non lasciar scappare la gallina dalle uova d'oro si inventa una legge come questa che «assorbe» i partiti in due soli, vale a dire PDS e forza Italia che sono già d'accordo per contrastare l'indipendenza della Padania, che comunque verrà.
Gli italiani rinunciano anche alle ideologie politiche pur di tener schiavo il popolo padano che finora ha lavorato ed in cambio è stato solo depredato: un popolo che quando chiede libertà è definito razzista, mentre, in realtà, è semplicemente stanco di essere razziato (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Paolo Colombo. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Signor Presidente, sono stato colpito dall'affermazione che ella ha fatto sul costo delle sedute della Camera. Penso che di sedute ne abbiamo «buttate» via fin troppe per questa ... Rebuffa legge. Una legge che effettivamente non serve proprio a nulla; essa è chiaramente anticostituzionale perché impedisce che le consultazioni referendarie trovino un'espressione compiuta. In altre parole, stiamo facendo una legge che non serve proprio a niente ed ha solo una funzione che può essere strumentalizzata a fini politici. Tale strumentalizzazione politica potrebbe trovare compimento con altri sistemi sicuramente meno costosi e meno svilenti per le istituzioni che certamente molti di voi si onorano di rappresentare.
A mio giudizio - questa è la ragione del dissenso - questa è sostanzialmente una legge che «riconosce» un referendum di indirizzo. Se infatti un referendum non dà dei risultati chiari, esso diventa un referendum di indirizzo. L'eventuale applicazione di questa legge vanificherebbe il risultato referendario.
Riconoscere la possibilità di avere un referendum di indirizzo - questa è una contraddizione che lei dovrebbe aiutarci a capire - significa che le nostre proposte


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sono ammissibili quanto alla possibilità di avere un referendum di indirizzo anche per l'autodeterminazione dei popoli della Padania. È dunque una chiara incongruenza il fatto che anche lei, signor Presidente, non si opponga all'approvazione di questa legge perché si stanno buttando via tempo e soldi della comunità italiana, ma soprattutto di quella padana; inoltre lei ha bloccato le nostre proposte di legge sull'autodeterminazione dei popoli.

PRESIDENTE. Come lei sa, il referendum sull'autodeterminazione è all'esame della Commissione bicamerale.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.16, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Onorevole collega, può votare con una sola mano? Onorevole Formenti, decida con quale mano votare! Adesso sì!
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 407
Votanti 406
Astenuti 1
Maggioranza 204
Voti favorevoli 156
Voti contrari 250
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione del subemendamento Fontan 0.1.67.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Anche questo subemendamento tende a depotenziare il contenuto della normativa, in quanto stabilisce che le disposizioni di legge, qualora abrogate da referendum, possano trovare applicazione solamente se le consultazioni successive si svolgono dopo un periodo di due anni e senza che nel frattempo siano state emanate nuove disposizioni di legge.
Credo che il Parlamento dovrebbe dare seguito alla volontà del popolo che si esprime mediante il referendum e riscrivere la legge elettorale. Però, qualora questo non dovesse succedere, il subemendamento al nostro esame ci tutela e potremmo pensare di mantenere in vita la legge abrogata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Franciscis. Ne ha facoltà.

FERDINANDO DE FRANCISCIS. Signor Presidente, da più parti si è detto che la proposta di legge oggi al nostro esame è virtuale ed innocua. Esprimiamo invece un diverso avviso. Siamo in presenza di una norma che apparentemente viene considerata come legge ordinaria, ma che, viceversa, ha requisiti di carattere costituzionale e viene, in ipotesi concreta, a modificare sostanzialmente il corpo normativo del sistema elettorale.
Siamo nella immediata vigilia - atteso che il 30 giugno non è lontano - delle decisioni che sul nuovo ordinamento dello Stato dovrà assumere la Commissione bicamerale. Oggi esaminiamo una proposta legislativa che, viceversa, ci sembra debba essere appannaggio prima della bicamerale, poi del Parlamento e successivamente e definitivamente del corpo elettorale con il referendum da svolgersi, presumibilmente, nei primi mesi del 1998.
Oggi, quindi, stiamo svolgendo un'attività legislativa inficiata da elementi che propongono seri dubbi di costituzionalità per tutte le argomentazioni già esposte dai colleghi e particolarmente dal collega del mio gruppo, onorevole Manzione, che, con dovizia di argomenti, ha trattato questo tema. Pertanto al fine di non porre in essere un comportamento in contrasto con quanto questa Camera...

PRESIDENTE. Onorevole Gramazio! Onorevole Gramazio, per cortesia!

FERDINANDO DE FRANCISCIS. Pertanto - dicevo - al fine di non porre in


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essere un comportamento in contrasto con quanto questa Camera ed il Senato hanno deciso con l'istituzione della bicamerale, ritenendo l'argomento in esame attribuito alla competenza di quella Commissione, esprimiamo l'opinione che la questione debba essere trattata in quella sede e con le modalità ivi previste. Per questi motivi siamo nettamente contrari alla norma proposta e quindi esprimeremo un voto complessivamente contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.17, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 406
Votanti 403
Astenuti 3
Maggioranza 202
Voti favorevoli 158
Voti contrari 245
(La Camera respinge).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Diliberto 0.1.67.92, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Colleghi, vi sono 2 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 416
Maggioranza 209
Voti favorevoli 160
Voti contrari 256
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione del subemendamento Meloni 0.1.67.64.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Vorrei chiedere ai rappresentanti del Governo in aula, essendo noi, come è noto, forza politica e gruppo che ha appoggiato e tuttora appoggia lealmente e convintamente questo Governo, cosa pensino del fatto che una iniziativa sostenuta da una parte esigua della maggioranza porti a votazioni di questo genere, in cui la maggioranza medesima si presenta, ahimè, contro la nostra volontà, divisa in aula (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Siamo in sede di dichiarazione di voto, onorevole Diliberto (Commenti del deputato Maura Cossutta)!
Non c'è l'obbligo: c'è la facoltà di rispondere, come lei sa!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Meloni 0.1.67.64, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 2 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti.419
Maggioranza 210
Voti favorevoli 160
Voti contrari 259
(La Camera respinge).

È così precluso il subemendamento Strambi 0.1.67.67.

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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PAOLO ARMAROLI. Signor Presidente, ho notato che è segreto il voto per coloro che votano o favore o contro, mentre per coloro che si vogliono astenere il voto è palese.

PRESIDENTE. Chieda all'onorevole Tremaglia alle sue spalle quale sia la ragione. Le spiegherà tutto.

PAOLO ARMAROLI. Desidero semplicemente dire che questo è un voto segreto parziale.

PRESIDENTE. È una vecchia questione, la esamineremo a suo tempo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.20, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 419
Votanti 417
Astenuti 2
Maggioranza 209
Voti favorevoli.165
Voti contrari .252
(La Camera respinge).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.21, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

ENRICO CAVALIERE. Presidente, è mezz'ora che alzo la mano: non faccia finta di non vedermi! È la terza volta che alzo la mano!

PRESIDENTE. Non ho capito che cosa dice.

ENRICO CAVALIERE. È la terza volta che alzo la mano! È troppo distratto, Presidente!

PRESIDENTE. Deve solo segnalare nei modi corretti che intende parlare.
Vi sono 3 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 407
Votanti 405
Astenuti 2
Maggioranza 203
Voti favorevoli 155
Voti contrari 250
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione del subemendamento Meloni 0.1.67.54.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavaliere. Ne ha facoltà.

ENRICO CAVALIERE. Signor Presidente, quanto lei ha detto ha sollevato in me un problema di coscienza quest'oggi, perché non sapevo, evidentemente non avevo fatto bene i conti, che le sedute della Camera costassero ai cittadini 50 milioni al giorno. Quindi, è evidente che le invenzioni del collega Rebuffa costano circa 200 milioni.
Quello che mi preoccupa è che, considerato che se tutto andrà bene questa legge entrerà in vigore il 30 giugno 1998, dobbiamo tener conto anche degli interessi passivi che matureranno da oggi al 30 giugno 1998. Pertanto la situazione mi pare ancora più demenziale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Meloni 0.1.67.54, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 4 postazioni di voto bloccate.


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 414
Votanti 412
Maggioranza 207
Voti favorevoli 156
Voti contrari 256
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione del subemendamento Boghetta 0.1.67.55.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, il contenuto di questo subemendamento è estremamente interessante perché prevedere che «fino all'esaurimento del mandato degli eletti con la disciplina da essa prevista» ci si possa comunque servire della vecchia disciplina e si possa limitare l'applicazione della stessa solo ai casi previsti è una soluzione che permetterebbe di limitare i danni che questa legge potrebbe produrre in futuro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, continuo a reputare una vergognosa perdita di tempo il fatto di essere impegnati da almeno una settimana su questo provvedimento. Ho sentito prima fare quattro conti e mi sono reso conto che abbiamo buttato via 200 milioni dei cittadini per non arrivare ad alcuna conclusione su questi sporchi giochi di potere.
Desidero sottolineare anche un altro aspetto: ci sono dei problemi che non possono più essere rinviati e ai quali bisogna porre mano, ma probabilmente a ciò non si dà importanza in quest'aula. I problemi a cui facevo riferimento attengono al fatto che ci sono 342 miliardi di lire al giorno di debito pubblico che cresce, vale a dire che ogni ora ci sono 14 miliardi di ulteriore debito pubblico, 237 milioni di debito pubblico al minuto, mentre noi stiamo qui a perdere tempo! Altro che 50 milioni al giorno di seduta! Sono 237 milioni al minuto di debito pubblico che ogni minuto crescono mentre il signor Rebuffa è tutto contento perché sta impantanando i lavori dell'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)! Ci sono invece tanti altri problemi di cui occuparsi, come quello di milioni di disoccupati che aspettano (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Prendo la parola solo per dire che sto ancora aspettando la risposta dei rappresentanti del Governo.

DANIELE ROSCIA. Il Governo non c'è!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Ritengo vergognoso che una maggioranza così ampia di parlamentari non sia indignata di fronte al comportamento di chi vuole continuare a portare avanti una legge che appare davvero inutile. È una fatto scandaloso e penso che, a furia di comportarvi così, vi troverete nella situazione dei parlamentari albanesi (Commenti - Si ride - Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Fontan. Ne ha facoltà.

ROLANDO FONTAN. Mi sembra giustificata la richiesta del collega Diliberto, anche perché l'opposizione deve sapere se


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esiste una maggioranza, soprattutto su un provvedimento di tale importanza. Anch'io dunque chiedo se esista ancora una maggioranza.

PRESIDENTE. Avverto i colleghi che a disposizione per il dissenso vi sono ancora 2 minuti e 50 secondi.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boghetta 0.1.67.55, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

C'è una postazione di voto bloccata.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 421
Votanti 418
Astenuti 3
Maggioranza 210
Voti favorevoli 59
Voti contrari 259
(La Camera respinge).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Carazzi 0.1.67.96, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 3 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 411
Maggioranza 206
Voti favorevoli 162
Voti contrari 249
(La Camera respinge).

Sono così preclusi i subemendamenti Diliberto 0.1.67.89 e Meloni 0.1.67.87.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Carazzi 0.1.67.81, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 2 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Voti favorevoli 159
Voti contrari 263
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione del subemendamento Fontan 0.1.67.23.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Anche questo emendamento rientra tra quelli volti a disinnescare la spoletta di questa legge che «esploderà» il 30 giugno 1998. Ci sembra utile fare ora questa proposta perché approvare questo provvedimento significherà condizionare il lavoro dei colleghi della Commissione bicamerale, cioè costringerli a recepire una norma che dovrà essere inserita nella riforma che dovranno elaborare.
Non credo si tratti di un atteggiamento corretto perché chi si occupa delle riforme istituzionali deve farlo avendo le mani libere, cosa che rischia di non accadere nel caso in cui venisse approvata la proposta Rebuffa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.1.67.23, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).


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Vi sono 6 postazioni bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 410
Votanti 409
Astenuti 1
Maggioranza 205
Voti favorevoli 155
Voti contrari 254
(La Camera respinge).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Meloni 0.1.67.79, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 3 postazioni di blocco bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:


Presenti e votanti 401
Maggioranza 201
Voti favorevoli 145
Voti contrari 256
(La Camera respinge).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento De Murtas 0.1.67.71, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 10 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 405
Maggioranza 203
Voti favorevoli 146
Voti contrari 259
(La Camera respinge).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento De Murtas 0.1.67.69, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 2 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:


Presenti 396
Votanti 393
Astenuti 3
Maggioranza 197
Voti favorevoli 137
Voti contrari 256
(La Camera respinge).

Avverto che per i subemendamenti da Fontan 0.1.67.25 a Fontan 0.1.67.34, chiamerò l'Assemblea a pronunciarsi sul principio contenuto nella parte comune individuata nelle parole «ridefinizione dei collegi elettorali, a tale compito si deve provvedere entro un periodo».
Avverto inoltre che in caso di reiezione si intenderanno respinti tutti i subemendamenti recanti la medesima espressione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul principio contenuto nel subemendamento Fontan 0.1.67.25, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 9 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 416
Votanti 415
Astenuti 1
Maggioranza 208
Voti favorevoli 155
Voti contrari 260
(La Camera respinge).


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Passiamo alla votazione del subemendamento Stucchi 0.1.67.44.

CESARE RIZZI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto in dissenso.

PRESIDENTE. Vogliamo sentire il «consenso», prima?

CESARE RIZZI. Sono in dissenso rispetto al precedente subemendamento, sul quale non mi ha dato la parola (Si ride).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, onorevole Rizzi.

CESARE RIZZI. Mi esprimo in dissenso da tutti i miei colleghi della lega nord, perché sono più che convinto che entro il 30 giugno 1998 non vi saranno più neanche questo Stato e questo Governo «italiota» (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Stucchi 0.1.67.44, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 23 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 415
Votanti 412
Astenuti 3
Maggioranza 207
Voti favorevoli 147
Voti contrari 265
(La Camera respinge).

È pertanto assorbito il subemendamento Diliberto 0.1.67.94.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Stucchi 0.1.67.43, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 5 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 407
Votanti 405
Astenuti 2
Maggioranza 203
Voti favorevoli 150
Voti contrari 255
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.67 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bastianoni. Ne ha facoltà.

STEFANO BASTIANONI. La proposta di legge in esame si configura come un monumento all'ambiguità! Già nella relazione, infatti, che l'accompagna appare evidente il linguaggio oscuro di chi vuole coprire i veri obiettivi che si propone.
Perché non si dice con chiarezza che, quando nel testo si fa riferimento alle modifiche introdotte nella operatività delle norme relative al sistema elettorale parlamentare, si fa riferimento alle modifiche introdotte per via referendaria, anziché per via legislativa? Ritengo insopportabili queste finzioni: almeno in quest'aula usiamo il linguaggio della chiarezza (Applausi polemici dei deputati del gruppo di forza Italia)! Se si vuole modificare la legge elettorale, e quindi eliminare la quota proporzionale, si presenti una proposta di legge chiara ed organica (Proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)...

PRESIDENTE. Colleghi!

STEFANO BASTIANONI. ... senza ricorrere a questi mezzi che sono di fatto


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una incitazione alle iniziative extraparlamentari (Applausi polemici dei deputati del gruppo di forza Italia - Commenti)!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!
Prosegua, onorevole Bastianoni.

STEFANO BASTIANONI. Il nostro dovere di legislatori, colleghi, è quello di stare qui, a legiferare (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia)...

PRESIDENTE. Scusi un momento, onorevole Bastianoni: colleghi, per cortesia!

STEFANO BASTIANONI. ... a fare le scelte che ci competono, non quella di rimandare fuori le nostre decisioni (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Applausi polemici dei deputati del gruppo di forza Italia - Commenti)!

DANIELE ROSCIA. Venduti a D'Alema!

PRESIDENTE. Onorevole Roscia, la richiamo all'ordine!
Continui pure, onorevole Bastianoni.

STEFANO BASTIANONI. Guardate che non mi spaventate, potete anche continuare.
Signor Presidente, sappiamo che il referendum è una forma straordinaria di intervento della coscienza popolare; esso deve intervenire solo quando sono in gioco questioni di rilevante carattere istituzionale, sociale e morale, questa è la sede dove noi dobbiamo esercitare il nostro ruolo di legislatori (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Commenti del deputato Roscia)!

PRESIDENTE. Onorevole Roscia, la richiamo all'ordine per la seconda volta!
Prosegua, onorevole Bastianoni.

STEFANO BASTIANONI. Signor Presidente, quasi tutte le proposte emendative sono state presentate da una forza politica dalla quale mi dividono profonde ragioni di carattere politico e culturale; anzi per precisare - e faccio una digressione di ordine politico - ritengo che il peso di questa formazione politica sia notevole e rilevante nei confronti della maggioranza di Governo. Dico anche che noi non possiamo giustificare azioni, tendenti a mutilare questo Parlamento, di formazioni politiche di tutto l'arco parlamentare, perché in questa società ci sono strati sociali anche antagonisti che, se non trovassero rappresentanza istituzionale potrebbero, in maniera devastante, dare risposte non istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Applausi polemici dei deputati del gruppo di forza Italia - Commenti del deputato Fabris)!
Cari colleghi, io dico queste parole ai grandi «semplificatori», a quelli che vorrebbero che la politica qui dentro fosse risolta da quattro, cinque persone che si telefonano tra di loro.

UMBERTO GIOVINE. Telefona, telefona!

STEFANO BASTIANONI. Dico a questi grandi semplificatori che, se vorranno fare questo, lo faranno senza il mio voto!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roscia. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. Signor Presidente, non vorrei che il ruolo repressivo ed estremamente fazioso che lei ha tenuto in questa legislatura induca a considerare me un novello Solgenitsyn della Padania (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Sappia che il suo atteggiamento è fortemente repressivo ed assimilabile a quello di un novello Stalin di uno Stato che sta fallendo completamente, e lei ne è il principale artefice (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).


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In secondo luogo, lei ci manda belle letterine per spiegare che le leggi vanno approvate semplicemente per far capire agli italiani, che le leggi devono essere semplici: cominci dal suo comportamento ad essere un po' più democratico di quanto effettivamente non è!
Inoltre, in questa discussione si vedono e si stravolgono le connotazioni elettorali: forza Italia e alleanza nazionale adesso si accodano al compagno D'Alema. Questo sta succedendo, ed è giusto che questo venga spiegato alla gente e agli amici della sinistra che hanno vinto le elezioni: «noi dobbiamo governare con rifondazione comunista» (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). No, voi state «sbugiardando» il vostro programma con questo atteggiamento subdolo che, perfino gli italiani non si meritano (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.

ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente... Nessuno ha la pretesa di dire cose importantissime, però sarebbe opportuno un minimo di silenzio, per verificare che la proposta di legge Rebuffa, mai tanto citata come in questi ultimi tre giorni, tutto sommato si compone di due articoli chiarissimi, lineari, senza problemi a detta di tutti coloro che sostengono tale provvedimento. Salvo però accorgersi che questi due articoli, ognuno dei quali si compone di un unico comma, verranno entrambi modificati. L'articolo 1 verrà sostituito dall'emendamento proposto dalla Commissione; quindi il primo articolo non esisterà più e fino ad ora abbiamo discusso su un articolato - se me lo consente il collega Rebuffa - che sostanzialmente non esiste poiché verrà modificato.
L'articolo 2 prevede l'entrata in vigore della legge, poiché rispetto ad essa i confini operativi reali non si riuscivano ad intendere; per lo meno però tale articolo, così come formulato nel testo della proposta di legge, ci faceva comprendere che questa legge sarebbe stata come le altre. Si trattava dell'unico aspetto normale di una normativa poco chiara, per dirlo in maniera delicata, per non affermare che lo scopo di tale norma è assolutamente incomprensibile; non si comprendono le parole che compongono l'articolato, non si riesce cioè a capire in quale direzione si vada effettivamente. Ebbene, in tale contesto l'unico dato coerente era quello contenuto nell'articolo 2, che prevedeva l'entrata in vigore con la pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale. Tuttavia si è riusciti ad incidere sull'unico elemento di normalità in riferimento alla circolare che il Presidente ha inviato a tutti i parlamentari per verificare quanto tale proposta di legge si fosse attenuta alla necessità di istruttoria preventiva di cui all'articolo 72 della Costituzione, di chiarezza nella progressione della formazione della legge. Ebbene, l'unico dato che ci sembrava chiaro era proprio quello di cui all'articolo 2 della proposta di legge, giacché riproduceva la formula che generalmente viene indicata nelle leggi. La Commissione invece, proprio per eliminare questo ulteriore «dubbio», ha presentato un emendamento all'articolo 2 - che di qui a poco esamineremo - che ci lascia particolarmente perplessi, poiché prevede che la presente legge entrerà in vigore il 30 giugno 1998.
Mi chiedo allora - ma abbiamo l'obbligo di chiedercelo tutti - quale sia la ratio di una normativa sulla quale sono state presentate e superate questioni pregiudiziali, ordini del giorno di non passaggio agli articoli e via dicendo, sulla quale - come risulta dagli atti - non vi è stata in Commissione quell'istruttoria con l'esame degli emendamenti, come se si trattasse di una normativa eccezionale, dalla quale dipendesse la sopravvivenza del nostro paese; normativa che poi, quanto alla sua efficacia, dovrebbe entrare in vigore il 30 giugno 1998.
Presidente, in riferimento all'invito che lei ha rivolto a tutti noi a fare attenzione al comportamento, alla capacità di essere coerenti con il ruolo che esercitiamo


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anche in considerazione dell'esborso di pubblico denaro, del costo per i cittadini delle nostre sedute, ritiene che questo tipo di provvedimento, composto di due articoli che vengono entrambi modificati, il primo dei quali non si sa cosa voglia dire ed il secondo dei quali indicherà l'entrata in vigore al 30 giugno 1998, meriti i richiami che lei ci ha fatto?
Signor Presidente, tali motivazioni si aggiungono a quelle che abbiamo cercato di illustrare. Ci rendiamo però conto che, proprio perché ci troviamo di fronte ad un braccio di ferro, ad una prova esclusivamente «muscolare», si tratta di una strana alleanza; non so se sarà una strana ed eterna alleanza, comunque è anomala e probabilmente è prodromica a qualche altro accordo che sta per essere stretto in Commissione. Tutto ciò sicuramente non ci mette in condizione di esercitare un ruolo costruttivo, di avere una capacità propositiva che possa essere accolta. Se infatti la nostra capacità di indicare quali fossero i limiti di questa normativa fosse stata minimamente recepita...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Manzione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.67 della Commissione, interamente sostitutivo dell'articolo 1, sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 2 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:


Presenti e votanti 431
Maggioranza 216
Voti favorevoli 255
Voti contrari 176
(La Camera approva).

Sono pertanto preclusi tutti i restanti emendamenti all'articolo 1.

DOMENICO NANIA. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO NANIA. Presidente, volevo segnalare che la mia postazione di voto non ha funzionato e che intendevo esprimere voto favorevole.

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Diliberto 1.01, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 2 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti432
Maggioranza 217
Voti favorevoli 162
Voti contrari 270
(La Camera respinge).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Moroni 1.04, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 17 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 425
Votanti 424
Astenuti 1
Maggioranza 213
Voti favorevoli 154
Voti contrari 270
(La Camera respinge).


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Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Diliberto 1.05, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Vi sono 17 postazioni di voto bloccate.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 434
Maggioranza 218
Voti favorevoli 163
Voti contrari 271
(La Camera respinge).

Passiamo all'esame dell'articolo 2, nel testo del Commissione, e del complesso degli emendamenti ad esso presentati (vedi l'allegato A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere su tali emendamenti il parere della Commissione.

FRANCO FRATTINI, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole sul proprio emendamento 2.4 e contrario sugli identici emendamenti Bielli 2.1 e Stucchi 2.3.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Il Governo si rimette all'Assemblea su tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.4 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Ero incerto se esprimere un'opinione ma, avendo riflettuto molto sull'emendamento 2.4, a titolo personale, senza dare indicazioni di gruppo, avanzo qualche considerazione.
Probabilmente con questo emendamento si intendeva rimuovere una preoccupazione, quella che con la legge, o con la proposta di legge, Rebuffa si potesse dar vita nella primavera del 1998 ad un referendum che avrebbe attraversato il lavoro della bicamerale, suscitando appunto preoccupazione. Infatti, una Commissione bicamerale che lavori con la prospettiva di un ravvicinato scontro referendario e di una campagna elettorale referendaria, divaricante per le forze politiche, può essere - e probabilmente sarebbe - indotta nelle sue varie parti politiche a non compiere sforzi di avvicinamento reciproco, a non scoprirsi per il timore di doversi poi smentire nel corso della campagna referendaria successiva.
Con l'emendamento al nostro esame si intende evidentemente rimuovere questa preoccupazione, portando l'entrata in vigore della normativa al 30 giugno 1998.
La domanda che pongo e la convinzione che esprimo è però che tale emendamento non serve a questo scopo.
Signor Presidente, colleghi, l'emendamento 2.4 della Commissione che fissa l'entrata in vigore del provvedimento al 30 giugno 1998 non impedisce che si svolga un referendum nella primavera del prossimo anno, quando sarà ancora in corso il lavoro del Parlamento sulle proposte della bicamerale per quanto riguarda sia le norme della Costituzione, sia la legge elettorale, né l'una né l'altra ancora approvate a quella data.
La raccolta di firme probabilmente partirebbe subito. Nel gennaio 1998, cioè tra meno di un anno, la Corte costituzionale sarebbe indotta probabilmente ad ammettere il referendum, perché la legge c'è anche se non è ancora in vigore. E, ammesso che la legge riempia il vuoto legislativo di cui tanto si è parlato, tale vuoto sarebbe di poche settimane perché, potendosi votare entro il 15 giugno sui referendum, ed entrando la legge in vigore dopo quindici giorni, il referendum si svolgerebbe ugualmente in quanto il vuoto sarebbe di appena due settimane. Pertanto l'emendamento 2.4 della Commissione non serve a rimuovere quella preoccupazione; malgrado gli intendimenti dei promotori si concederebbe la possibilità di


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indire un referendum sulla legge elettorale nella primavera dell'anno venturo, cioè quando il lavoro di riforma della Costituzione e quello successivo della legge elettorale sarebbero non ultimato il primo e neanche cominciato il secondo.
Credo che questo sarebbe un cattivo servigio rispetto ai lavori della Commissione bicamerale.
Colleghi, possiamo noi prevedere che una norma di legge entri in vigore fra un anno e mezzo? È possibile creare un precedente di questo genere? Ritengo che non vi siano precedenti analoghi se non per i codici, cioè per corpi normativi vasti e ponderosi, di cui possono essere prorogate l'entrata in vigore e l'applicazione perché se ne attendono le norme di attuazione. Per una legge composta da un articolo, un anno e mezzo di proroga dell'entrata in vigore è obiettivamente un fatto che non ha precedenti.
Ritengo che vi sia un problema di stile legislativo e di credibilità del legislatore. Il codice civile, che contiene oltre 2.900 articoli, entrò in vigore dopo un mese dalla sua approvazione; il codice di procedura penale, approvato pochi anni fa, nel 1988, è entrato in vigore un anno dopo in quanto occorrevano le norme di attuazione; il codice di procedura civile del 1940 entrò in vigore, come questa proposta suggerisce, un anno e mezzo dopo perché si attendevano le norme di attuazione dei suoi circa 800 articoli e, per di più, eravamo in guerra. Prevedere, come in questo caso, che una legge composta da un articolo entri in vigore dopo un anno e mezzo è un'ipotesi difficile da configurare.
Mi chiedo inoltre come possiamo coerentemente stabilire cinque mesi di tempo per i lavori della Commissione bicamerale e prevedere che una legge entri in vigore dopo un anno e mezzo.
Comprendendo le intenzioni della Commissione ma essendo convinto che non servano allo scopo, perché non impediscono un referendum che attraversi il lavoro della bicamerale e inoltre per la singolarità della sua configurazione, dichiaro dunque di non poter approvare l'emendamento 2.4 della Commissione ed annuncio che mi asterrò dal voto (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, anche se mi assumo la responsabilità di essere stato magari disattento, devo rilevare che abbiamo votato l'articolo 1 senza accorgercene, in quanto abbiamo approvato un emendamento della Commissione...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Giovanardi, ma per il suo gruppo è già intervenuto il collega Manzione.

CARLO GIOVANARDI. Mi riferisco ad un'altra cosa, e cioè che anche colleghi avvertiti come il collega Cananzi aspettavano, come me, di discutere i loro emendamenti. Ci siamo invece trovati all'improvviso con un emendamento della Commissione approvato, che ha troncato la discussione. Sfido i colleghi che hanno onestà intellettuale a dire se si sono accorti che, con la votazione dell'emendamento della Commissione, era passato anche l'articolo 1 e che, senza alcun voto, si era passati all'articolo 2, saltando a pié pari una serie di questioni su cui ci siamo lungamente soffermati in Commissione, come quelle illustrate dal collega Cananzi. Questo modo di procedere su materie così delicate (faccio autocritica se non l'ho avvertito, ma credo che pochi lo abbiano avvertito) equivale a troncare ogni possibilità di dialogo e di confronto su questioni importanti e decisive.
Ora resta soltanto un emendamento della Commissione e il voto finale. Permettetemi allora, onorevoli colleghi (mi rivolgo ai colleghi di tutti i banchi, della destra e della sinistra), di fare una piccola riflessione sulla democrazia. Sono assolutamente preoccupato di quello che sta avvenendo, perché ho una cultura di


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minoranza. Sono stato iscritto alla democrazia cristiana, oggi sono democratico-cristiano, ma ho sempre vissuto in una regione in cui ho svolto un ruolo di minoranza, come tanti colleghi della sinistra hanno vissuto e fatto politica in regioni in cui governava la democrazia cristiana. Ho sempre pensato che in un paese democratico le opposizioni e le minoranze svolgano un ruolo indispensabile. Senza una funzione di critica, di controllo, di stimolo da parte delle opposizioni non c'è democrazia.
Di che cosa stiamo discutendo? Stiamo discutendo di un meccanismo che può aprire la porta ad un referendum che potrebbe trasformare il nostro sistema elettorale in un sistema completamente uninominale. Non stiamo affrontando una questione banale, perché rapportando, per esempio, questo sistema ad una futura Italia federale o a regionalismo avanzato, nelle varie assemblee o parlamenti regionali avremmo il cento per cento di potenziali eletti appartenenti ad una sola forza politica e lo zero per cento di rappresentanti dell'opposizione. Questo vale per il centro-destra nelle regioni «rosse» e può valere per la sinistra in Lombardia o nel Veneto (se il centro-destra si mette d'accordo), o in alcune regioni meridionali. Ciò significa azzerare la presenza dell'opposizione democratica, quindi cancellare un valore estremamente importante nella dialettica di un paese civile e democratico. Come viene cancellato questo valore?
Mi sembra (mi rivolgo anche ai colleghi di forza Italia) che si ragioni sempre come se si fosse maggioranza potenziale. Quando sei mesi fa presentai un provvedimento (che venne approvato da questo ramo del Parlamento ma bocciato dal Senato) sulla RAI-TV, che ritenevo dovesse essere governata paritariamente da opposizione e maggioranza (4 consiglieri eletti dalla maggioranza e 4 dall'opposizione, qualunque essa fosse), il collega Calderisi e soprattutto il collega Taradash (questa cultura radicale che si mangia dall'interno forza Italia, che oggi è diretta dagli ex pannelliani!) fecero cadere il discorso dicendo che era la maggioranza che doveva gestirsi. Avrei voluto allora che in questa legislatura, quando la maggioranza ha preso tutto alla RAI (una cosa che considero scandalosa), forza Italia avesse detto che andava bene. Ma giustamente forza Italia si è lamentata sostenendo che c'era stata l'occupazione militare della RAI!

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi!

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, mi consenta di finire!
Credo che il valore della minoranza sia un valore sempre. Sapete, colleghi, che nel sistema uninominale che volete costruire le elezioni si effettuano un mese prima? Avete mai riflettuto sul fatto che le elezioni si fanno predeterminando il numero degli eletti che ogni partito avrà sulla base...

PRESIDENTE. Mi dispiace, onorevole Giovanardi, ma il suo tempo è esaurito.

CARLO GIOVANARDI. Allora continuerò dopo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tatarella. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Questa discussione sull'ex emendamento Soda ci dà la possibilità di fare molto brevemente la cronistoria della proposta di legge in esame, assumendoci l'onere di motivare la nostra posizione in tutti i passaggi dell'iter relativo al provvedimento.
Primo passaggio, onorevoli colleghi.
In sede di Conferenza dei capigruppo, alleanza nazionale si è battuta per far discutere questa proposta di legge prima della decisione della Corte costituzionale. Avrebbe avuto infatti un senso se il Parlamento fosse intervenuto nel momento in cui il vuoto di potere poteva essere un argomento decisorio sui referendum. Siamo stati sconfitti e la discussione è iniziata dopo la decisione della Corte costituzionale. Ora questa nostra


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posizione ci mette nelle condizioni, avendo chiesto una legge del Parlamento come parte vitale del dibattito istituzionale e costituzionale prima della decisione, di non poter con coerenza sostenere la tesi che approviamo una legge che avrà come ambito di applicazione un anno a venire. Se volevamo la legge subito prima della decisione della Corte costituzionale, a maggior ragione la vogliamo ora. In questi termini è la chiarezza della nostra posizione politica. Ci rendiamo conto che il cosiddetto emendamento Soda serve a salvare l'anima alla libertà di coscienza, ma soprattutto alla libertà di manovra del PDS, che sta fagocitando tutto il centro-sinistra. Questo ci fa piacere, perché così diventeremo finalmente davvero alternativi.
Siamo inoltre grati a Mattarella che ha spiegato il segreto di Pulcinella. Egli ha avuto l'amabilità, con il suo garbo, di illustrare le conseguenze, che non vi sono, dell'emendamento Soda che, oltre a salvare la faccia, la crisi e le manovre del PDS doveva servire a convincere (ecco il segreto di Pulcinella) che comunque le firme si potevano raccogliere domani mattina. Ma è un Parlamento serio quello che approva leggi che entrano in vigore dopo un anno, ma che rispetto ai cittadini, per la raccolta delle firme, hanno valore dal giorno successivo? Vogliamo dare serietà alla centralità del Parlamento e dire le cose come sono ai cittadini, alla Corte costituzionale, alle parti politiche, alla bicamerale?
A proposito della Commissione bicamerale vorrei assicurare - nel rapporto bicamerale-legge elettorale - agli amici del CCD e del CDU che il gruppo di alleanza nazionale si muoverà sempre nell'ottica della rappresentanza all'interno dei vari schieramenti - rappresentanza elettiva, non di simbolo - di forza di prestigio e tutela delle forze cattoliche, di coloro che rappresentano una tradizione (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale). Quindi, parlando e trattando con noi si parla con la chiarezza e la coerenza. In nome di tale chiarezza e coerenza riteniamo l'emendamento Soda un trucco; riteniamo l'emendamento Soda un fatto che offende il Parlamento; riteniamo la legge Rebuffa utile ai fini di un maggioritario - amici del CCD e del CDU - per il quale vi è un impegno politico. Come infatti ha detto Romano, le coalizioni vincono se rimangono due grandi coalizioni ed una grande tradizione di centro-destra può esistere soltanto se accanto alla destra c'è il centro cattolico (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

GIACOMO STUCCHI. Chiedo di parlare per ottenere un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Se non sbaglio non è stato posto in votazione l'emendamento Cananzi 1.48.

PRESIDENTE. L'emendamento Cananzi 1.48 era precluso per due ragioni: era già stato votato e respinto il subemendamento Cananzi 0.1.67.44, dello stesso tenore ed è stato poi approvato l'articolo 1.67 della Commissione sostitutivo dell'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Interverrò per pochissimi secondi perché purtroppo, come i colleghi sanno, non abbiamo più tempo. Ci siamo già più volte espressi, come tutti sapete, contro la proposta Rebuffa ed ho già avuto occasione di dichiarare in quest'aula che riteniamo l'emendamento della Commissione, noto come emendamento Soda, non soltanto politicamente inutile per i motivi esposti dal collega Mattarella, ma anche un autentico mostro giuridico. Infatti, nonostante l'articolo 73 della Costituzione preveda la possibilità che l'entrata in vigore di una legge venga differita (la normale entrata in vigore è infatti dopo 15 giorni dalla pubblicazione), la posticipazione di


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un anno e mezzo creerebbe davvero un precedente unico non in Italia, ma nel mondo intero.
Ho preso la parola per segnalare la nostra posizione e per dichiarare che ritiriamo la richiesta di scrutinio segreto mantenendo quella di votazione nominale.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Diliberto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Intervengo per rivolgere poche battute, signor Presidente, innanzitutto all'onorevole Diliberto. Egli di mostri ne ha creati prima di me, quando ha formulato l'emendamento per differire l'entrata in vigore di questa legge, perché non fosse un siluro alla bicamerale (Dai banchi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti si grida: «Una sospensiva!»). No, è qui, è l'articolo aggiuntivo 1.05.
Una risposta all'onorevole Tatarella. Questa legge è frutto del Polo.

MAURO FABRIS. Di chi?

ANTONIO SODA. Del Polo (Proteste del deputato Giovanardi - Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole Soda, dichiari il suo voto.

ANTONIO SODA. Ci è stato rappresentato che l'istituto referendario, in un sistema che si avvia verso il maggioritario, è uno strumento di garanzia delle minoranze che, ritenendo di essere maggioranza nel paese e minoranza nelle assemblee elettive, vogliono verificare la volontà del popolo. Ed allora, sotto questo profilo, abbiamo ritenuto che non potessimo opporci a che questa legge fosse messa in discussione, andasse a completare il nostro sistema di equilibri e di garanzie a Costituzione invariata. Si è alzato il livello, il tono, si è parlato di attentati alla democrazia e alle minoranze, si è detto che laddove esiste il sistema maggioritario si è fuori dalla democrazia; tutti dimenticano però che il sistema maggioritario funziona in Inghilterra, che è la patria della democrazia (Commenti)!
Una voce dai banchi dei deputati del gruppo del CCD:
Non è vero!

ANTONIO SODA. Come non è vero? È così. Quindi abbiamo aderito a favorire l'iter di questa legge, perché completa un equilibrio di garanzia nel sistema ed è una risposta alla Corte costituzionale la quale, correttamente, rileva che l'attuale Costituzione prevede la partecipazione del popolo alla formazione dei principi della legge elettorale. Che vi piaccia o non vi piaccia, nella nostra Costituzione il popolo è chiamato a formulare i principi, le regole e le direttive del suo sistema elettorale! La Corte costituzionale ha impedito i referendum sui sistemi elettorali sostenendo che non vi può essere un sistema democratico che abbia un momento della sua vita istituzionale senza una legge che possa essere applicata quando si va a votare. La legge Rebuffa colma questo vuoto istituzionale. Quindi, tutte le altre questioni - le ricadute politiche, il timore dell'appello al popolo, il timore della scomparsa delle minoranze - sono problemi politici che affronteremo, e in questo posso trovarmi d'accordo con il collega Tatarella. Anche noi vogliamo conciliare principio di rappresentanza e principio di responsabilità, perché siamo contrari ad una democrazia plebiscitaria o ad avvitamenti plebiscitari, ma non vogliamo assolutamente una democrazia debole e assembleare, che non consente a questo paese di essere governato (Applausi).

MAURO FABRIS. Ma sta scherzando?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paissan. Ne ha facoltà.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente, i deputati verdi hanno già espresso varie volte la loro netta contrarietà a questo provvedimento. La proposta di legge del collega Rebuffa è un grave pasticcio e


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dietro questo grave pasticcio legislativo c'è anche un grave pasticcio politico. Riteniamo che l'emendamento in discussione aggravi questo giudizio da parte nostra. Siamo di fronte ad una proposta che, come ha esposto il collega Mattarella, è praticamente senza precedenti: una legge di un solo articolo, in pratica, la cui entrata in vigore viene differita addirittura di un anno e mezzo. È stato poi detto, giustamente, da vari colleghi che si tratta anche di un trucco, di un raggiro perché assai probabilmente l'effetto voluto, cioè quello di differire di un anno e mezzo (praticamente di due) un'eventuale consultazione referendaria sulla legge elettorale, verrebbe vanificato dalla Corte costituzionale che dinanzi all'esistenza di una legge comunque ammetterebbe tale referendum.
Pertanto noi siamo decisamente contrari anche a questo emendamento perché lo interpretiamo quasi come un'ammissione di colpa da parte del proponente della legge: stiamo cioè combinando un guaio e tentiamo di nasconderlo differendone di un anno e mezzo l'entrata in vigore!
Aggiungo infine che questo nostro voto contrario è rafforzato dai contenuti dell'intervento del collega Soda, che ho trovato inquietante per la logica istituzionale che ha espresso (Applausi dei deputati dei gruppi misto-verdi-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e di deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rebuffa. Ne ha facoltà.

GIORGIO REBUFFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi ed anche, sinceramente, cari amici, nonostante alcune battute che sono emerse durante l'esame del provvedimento, la proposta di legge era stata presentata per una ragione estremamente semplice, ossia per rispondere ad una esigenza che la Corte costituzionale ha sollecitato anche nella decisione depositata in questi giorni, e che abbiamo letto.
Personalmente non sono mai stato d'accordo su quella interpretazione della Corte, che l'ha data forse in base ad una giurisprudenza costante. Ho ritenuto che fosse dovere di questo Parlamento provvedere.
Non era dunque il caso di fare tutta questa discussione (e cioè se si tratti di una legge utile o di una legge inutile; anche stamane ho sentito dai colleghi e dagli amici della lega nord aggettivazioni differenziate). Analogamente non era il caso, caro collega ed amico Diliberto, di drammatizzare su una sequenza logica un po' fantasmagorica, se mi consente di usare questo aggettivo; mi riferisco cioè al rapporto, per così dire, tra una legge sulle fonti e l'oppressione dei lavoratori e della classe operaia. Mi è sembrata, questa, una sequenza forse esagerata.
Quello in esame è un provvedimento che intendeva fare chiarezza; e già che ci sono vorrei dire delle cose agli amici che sono intervenuti e in particolare al mio carissimo amico, onorevole Giovanardi. Questa legge non serve per l'uninominale maggioritario «secco»! Tale legge serve invece per consentire al Parlamento di fare la legge elettorale. È questo il punto.
Qui c'è un altro problema di analisi. Voglio ricordare ancora una volta all'onorevole Giovanardi che il Polo ha vinto con il maggioritario. Siamo qui con il maggioritario (Commenti dei deputati dei gruppi della lega nord per l'indipendenza della Padania e del CCD).

ROLANDO FONTAN. È l'Ulivo che ha vinto!

GIORGIO REBUFFA. Avere degli amici vivaci è un conforto per la vita! Questa legge dunque non prefigura nulla. Personalmente - lo dico con sincerità al collega Diliberto - sono per la democrazia dei partiti. Da dove viene fuori questa storia che si «rompe» con la democrazia dei partiti? Io sono per la democrazia dei partiti in un sistema elettorale equilibrato!
La nostra Costituzione (è stato detto anche in questo dibattito) prevede un


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bilanciamento tra la volontà del corpo rappresentativo, che è questo, e la volontà diretta degli elettori. Tale bilanciamento costituisce uno degli aspetti specifici e più pregevoli del nostro vigente ordinamento costituzionale. Non credo che dobbiamo averne paura; anzi - e lo dico proprio agli amici di rifondazione comunista - dovremo averne rispetto e stimolarlo.
Aggiungo ora qualche considerazione, se volete di carattere generale.
Sul merito costituzionale della norma abbiamo detto tutto ed il contrario di tutto ed io ho esposto la mia opinione. Sul problema politico, che è il problema storico del nostro paese, amici e colleghi, ho visto che in questo dibattito sono venuti fuori molti fantasmi.
Mi auguro che nel dibattito sulle riforme che si svolgerà in questo Parlamento, quando la bicamerale fra pochi mesi avrà finito i suoi lavori, questi fantasmi non vi siano più, perché se gli stessi fantasmi che si sono aggirati intorno a questo provvedimento torneranno quando dovremo parlare della forma di governo, della forma di Stato, del sistema delle garanzie, credo che renderemo un cattivo servizio a tutte le forze politiche presenti in Parlamento.

ROLANDO FONTAN. Non a tutte!

GIORGIO REBUFFA. A tutte, amici della lega!

PRESIDENTE. Onorevole Rebuffa, il tempo a sua disposizione si sta esaurendo.

GIORGIO REBUFFA. Sull'emendamento specifico credo che, a questo punto, il dibattito consigli una cosa e penso che la Commissione la farà. Mi riferisco al ritiro dell'emendamento. Mi pare che il dibattito abbia manifestato questo orientamento, che credo debba essere tenuto presente dalla Commissione. Ringrazio per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

FRANCO FRATTINI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO FRATTINI, Relatore. Presidente, la Commissione, anzi il Comitato dei nove, aveva approvato a maggioranza questo emendamento per le ragioni che il collega Soda ha esposto. Tuttavia, le preoccupazioni dell'onorevole Tatarella e di altri colleghi circa la necessità di fare ancor maggiore chiarezza sull'esigenza ed efficacia immediata di avere una norma generale sulle fonti dell'ordinamento; le considerazioni degli onorevoli Mattarella e Diliberto, sulle quali pure dal punto di vista tecnico vi potrà essere un ancor maggiore approfondimento; e la richiesta del proponente, l'onorevole Soda, mi inducono a ritirare l'emendamento 2.4 a nome del Comitato, avendo consultato informalmente i componenti di quest'ultimo (Applausi di deputati del gruppo di alleanza nazionale).

TULLIO GRIMALDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TULLIO GRIMALDI. Mi dispiace smentire il collega Frattini, ma il Comitato dei nove non è stato riunito ed io che ne faccio parte non sono stato interpellato. Quindi chiedo una formale riunione del Comitato dei nove (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

ROSA JERVOLINO RUSSO. Il relatore ha parlato di consultazioni!

ANTONIO SODA. Ha parlato di consultazioni informali!

GIOVANNI CREMA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Crema, ma dobbiamo procedere con ordine: se l'emendamento è stato ritirato, naturalmente non si può parlare.

MARIO CLEMENTE MASTELLA. Chiedo di parlare.


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PRESIDENTE. A che titolo?

MARIO CLEMENTE MASTELLA. Per fare mio l'emendamento 2.4 della Commissione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CREMA. Io sono componente del Comitato dei nove o mi ha sostituito anche da lì?

PRESIDENTE. Si accomodi, onorevole Crema, ed abbia pazienza un momento. Ora sta per parlare l'onorevole Mastella. Lei avrà la parola subito dopo: stia tranquillo!
Prego, onorevole Mastella.

MARIO CLEMENTE MASTELLA. Signor Presidente, le do un contributo ad adiuvandum, per l'ordine dei lavori.
Non so se vi sia stata una sostituzione di fatto di componenti del Comitato dei nove...

ROSA JERVOLINO RUSSO. No!

MARIO CLEMENTE MASTELLA. ...ma in tal caso sarebbe abbastanza sgradevole, perché lascerebbe presagire il modo con il quale si vorrebbe procedere, all'insegna - tra virgolette - della democrazia dei partiti.
Io ritengo, signor Presidente, che tra i tanti paradossi che sono annoverabili in questa vicenda, anche dal punto di vista della scrittura costituzionale cui questa legge Rebuffa dovrebbe adempiere, eliminando vuoti normativi, vorrei inserire anche la mia firma.
Quindi, se la Commissione ha eliminato, dopo questa sorta di supplemento di indagine, il suo emendamento 2.4, lo faccio mio, avvertendo che nella democrazia anglosassone vi sono pochi partiti e dunque ad essa non può far riferimento l'esperienza italiana.
Non voglio dilungarmi su questo, perché sicuramente vi sarà l'occasione di farlo in seguito, ma credo occorra rispettare attraverso la rappresentatività le istanze che esistono all'interno di un paese.
Credo che con la legge Rebuffa si tenti di assicurare non tanto il superamento di quello che secondo alcuni politologi illustri e di quanti si occupano delle cosiddette «cose italiane» è un elemento di disturbo del nostro sistema, e cioè la mancanza di governabilità, quanto piuttosto la semplificazione degli schieramenti politici. Su questo, Presidente, le debbo dire, a titolo personale e a nome del mio gruppo, che siamo dichiaratamente contrari, così come le debbo dire che questa è la legge Rebuffa e non del Polo, perché altrimenti davvero il Polo non esiste. Lo voglio dire in considerazione della causa comune per la quale portiamo avanti questa battaglia (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, onorevole Crema.

GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, mi scuso con il presidente della mia Commissione. Qualche volta ho l'impressione che non siamo molto graditi in quest'aula (Commenti dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Si ride) e quindi chiedo scusa se intervengo.
Faccio riferimento al merito ed all'attualità dell'intervento del collega Grimaldi, il quale ha detto la verità. Pertanto mi associo alle sue affermazioni perché, fino a quando non cancelleranno il mio nome, sono suo collega nel Comitato dei nove.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo, scusi?

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Come presidente della I Commissione per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Desidero fornire delle precisazioni in merito all'iter del lavoro di questa mattina in riferimento ad una legge che suscita indubbiamente discussioni molto accese e sulla quale ci sono pareri trasversali nei vari partiti e nelle varie formazioni politiche.
A me preme, tuttavia, precisare che la Commissione affari costituzionali, in tutte le sue articolazioni, ha uno stile di lavoro estremamente corretto e vorrei richiamare l'attenzione su quanto ha esattamente detto il relatore Frattini, il quale non ha parlato di riunione del Comitato ristretto, ma ha detto, e il resoconto stenografico ne fa testo, di aver consultato informalmente la maggioranza del Comitato dei nove (Commenti dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Si ride - Commenti dei deputati dei gruppi di rifondazione comunista-progressisti e del CCD) ... È la verità! Perché non venite qui e partecipate con gli altri alla fatica di trovare delle soluzioni? (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Comunque, quello che il collega ha detto è quello che ha fatto ed io, come presidente della Commissione, pur essendo su tante soluzioni di merito di avviso discorde rispetto al parere del relatore Frattini, desidero solo dare atto della correttezza del suo comportamento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale - Commenti dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Orlando. Ne ha facoltà.

FEDERICO ORLANDO. Signor Presidente, intendo intervenire anch'io sull'emendamento 2.4 della Commissione, fatto proprio dall'onorevole Mastella, soprattutto dopo aver ascoltato quanto è stato detto dal presentatore della legge, professor Rebuffa.
Nessuno di noi dubita del fatto che il professor Rebuffa creda, come noi, nella democrazia dei partiti e conseguentemente anche in sistemi elettorali che riescano a garantire al tempo stesso la governabilità del paese e la rappresentanza di tutti gli italiani attraverso i partiti.
Tuttavia, la spoletta nella mina del professor Rebuffa c'è, anzi, ce n'è più di una. Il collega del professor Rebuffa, Pera, aveva detto che ce ne era una, ma oggi si riscontra che ce ne sono due. La prima è scoppiata oggi, signor Presidente, creando lesioni, mi pare, nella maggioranza politica che sostiene il Governo Prodi, con il dibattito che si sta svolgendo. Ha fatto allusioni a tale gravissimo fatto prima il collega Diliberto, poi un collega organico di questa maggioranza, l'onorevole Bastianoni, che tuttavia non so perché sia stato coperto dalle contestazioni di alcuni gruppi del Polo per le libertà.

PIER FERDINANDO CASINI. Chissà perché!

FEDERICO ORLANDO. Tuttavia, il collega Bastianoni non è stato difeso dai gruppi della maggioranza ed è questo l'aspetto che più mi preoccupa. Con chi sta la maggioranza che sostiene il Governo Prodi in questo momento nel quale stiamo discutendo una legge esclusivamente o prevalentemente politica, piuttosto che una legge di regole?
La seconda spoletta, signor Presidente, potrebbe entrare in azione domani. Il professor Rebuffa dice che la sua legge serve per consentire al Parlamento di fare la nuova legge elettorale, ma il Parlamento può approvarla senza bisogno di particolari incentivazioni, visto che perfino in Commissione bicamerale se ne allude già con molta chiarezza. Come è stato dimostrato da Mattarella e da tanti altri, questa legge può far scattare il meccanismo referendario indipendentemente dall'iniziativa politica in materia di legge elettorale, per cui davvero corriamo il rischio che già abbiamo visto realizzarsi in passato di una «legge fotocopia», caro professor Rebuffa, cioè dell'uninominale «secco» caro ad alcuni amici o ex amici del Polo per le libertà.


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In questo caso lei, che è anche uno storico del diritto, si renda conto che imboccheremmo pericolosamente a ritroso, senza la volontà di alcuno ma per la forza delle cose, la strada che ha percorso in oltre un secolo la democrazia rappresentativa italiana, la strada del progressivo allargamento del suffragio e della rappresentatività in Parlamento delle forze politiche: dalla legge De Pretis del 1983, alla legge Giolitti del 1913, alla legge di De Gasperi sull'elettorato universale maschile e femminile del 1945. Di fatto con un sistema uninominale a turno unico noi restringeremo il corpo elettorale soltanto a quella parte che sente di poter essere rappresentata in Parlamento attraverso l'uso di questa legge elettorale.
C'è dunque il rischio di un surrettizio restringimento della rappresentanza degli italiani, indipendentemente dalla volontà di chi propone questa legge, ed è questa la ragione per cui io e molti altri di questa maggioranza, che ancora sostiene il Governo Prodi, voteremo contro perché sentiamo di trovarci di fronte ad uno di quei momenti drammatici nei quali sistema elettorale e rappresentatività degli elettori vanno in conflitto (Applausi dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano e di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fongaro. Ne ha facoltà.

CARLO FONGARO. Ancora una volta il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania sta attuando una lotta con la stessa determinazione che abbiamo già manifestato in passato, in occasione cioè della «manovrina» di fine luglio, della legge istitutiva della Commissione bicamerale e la legge di finanziamento del Giubileo.
La nostra non è una lotta contro il sistema maggioritario - sarebbe opportuno che almeno fra di noi parlassimo chiaramente - o altri sistemi elettorali, anche perché come ho già avuto modo di osservare ieri la soppressione della quota proporzionale ci toccherebbe in maniera marginale. La lega nord è forte in poche regioni ma il nostro consenso sta aumentando proprio nelle regioni dove siamo già forti per cui minimo, se non addirittura nullo, sarà il cambiamento derivante dall'eliminazione della quota proporzionale.
Il problema è che esiste un accordo, ormai evidente, tra forza Italia e il Pds con un'anomalia, quella della presenza di alleanza nazionale. A nostro giudizio, alleanza nazionale non ha nulla a che fare con questo accordo. Sono proprio sicuri i colleghi di questo gruppo di poter dormire sonni tranquilli una volta soppressa la quota proporzionale?
La nostra lotta non è veramente contro la legge Rebuffa, bensì contro il regime che si vuole instaurare. È il regime dei monopoli pubblici che si vuole saldare con quello dei monopoli privati!
Ci dispiace che la maggioranza di questo Parlamento, dopo cinquant'anni di finta democrazia, sia d'accordo sulla affermazione di un vero regime.

DANIELE FRANZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Franz, per il suo gruppo è già intervenuto il presidente Tatarella.

DANIELE FRANZ. Ho chiesto la parola solo per rivolgere una richiesta al Presidente.

PRESIDENTE. Proceda pure, onorevole Franz.

DANIELE FRANZ. Signor Presidente, colleghi...

PRESIDENTE. Mi dica qual è la richiesta!

DANIELE FRANZ. Sono tendenzialmente preoccupato del fatto che in numerosi interventi taluni colleghi si siano permessi di giudicare politicamente, accusandole di incoerenza, altre forze politiche.


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Presidente, le chiedo di intervenire anche perché rifiuto che mi venga fatta la morale da una forza politica che ha introdotto nel vocabolario italiano la parola «ribaltone» (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.4 della Commissione, ritirato dalla Commissione e fatto proprio dall'onorevole Mastella, sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 431
Maggioranza 216
Hanno votato 4
Hanno votato no 427
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Bielli 2.1 e Stucchi 2.3.

VALTER BIELLI. Presidente, ritiro il mio emendamento 2.1.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bielli.
Onorevole Stucchi, anche lei ritira il suo emendamento?

GIACOMO STUCCHI. No, Presidente, lo mantengo.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Stucchi 2.3, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Avverto che vi sono 2 postazioni di voto bloccate.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 436
Votanti 435
Astenuti 1
Maggioranza 218
Hanno votato 94
Hanno votato no.341
(La Camera respinge).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

OLIVIERO DILIBERTO. Presidente, chiedo lo scrutinio segreto sia nella votazione sull'articolo 2 sia nella votazione finale.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Diliberto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, vorrei soltanto completare il ragionamento che la ristrettezza dei tempi non mi ha consentito di concludere nel precedente intervento.
Vorrei svolgere una riflessione sul sistema uninominale, nel modo in cui viene applicato nel nostro paese. Nel sottolineare che ogni paese ha una propria specificità in materia, vorrei ricordare che il collega Soda ha citato il caso dell'Inghilterra. Devo però precisare che in Inghilterra i liberali, con il 24 per cento dei voti, accettano di avere sei deputati e non stringono un'alleanza con i laburisti per battere i conservatori. In quel paese non vi è la desistenza, ma una cultura politica diversa dalla nostra. Non vi sono, ad esempio, gli estremi che si toccano pur di mettere in minoranza la maggioranza.
Colleghi, vi prego di riflettere sulla questione che mi accingo ad illustrare. La consistenza dei partiti non la decidono gli elettori, ma viene stabilita un mese prima a Roma - o se volete a Milano - dove in alcune stanze viene predeterminato il numero dei deputati e dei senatori di ogni


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forza politica. Se a tavolino una forza politica riesce a guadagnare 50 candidature, avrà la possibilità di avere 40 o 50 deputati: non di più e non di meno! Può anche darsi che quella forza politica abbia un boom elettorale (come lo ebbe la lega nel 1992), può darsi che abbia un consenso popolare del 20 per cento, ma più dei seggi che ha acquisito con la trattativa partitocratica a tavolino non può ottenere. E la trattativa non è solo partitocratica, perché una volta nei partiti si svolgeva la discussione, c'erano i comitati provinciali, la selezione delle candidature, c'era il voto popolare, le preferenze; oggi è tutto nelle mani dei capi, nella volontà imperscrutabile dei capi che decidono dove «paracadutare» i candidati. È vero, infatti, che ci sono i candidati locali, ma sappiamo tutti che in Italia c'è un voto ideologico: a Bologna, per esempio, può essere candidato anche il più magnifico esponente del Polo, e può essere candidato chiunque da parte dell'Ulivo, magari mandato da Canicattì a Bolzano, e passerà sicuramente il candidato della sinistra, così come in altri collegi d'Italia, cosiddetti «garantiti».
Mi può essere obiettato: «Ma così, pian piano i partiti minori spariscono». Assolutamente non vero, perché nelle elezioni comunali, provinciali e per il Parlamento europeo, dove c'è il proporzionale puro, i verdi si conteranno, la Rete si conterà, le varie forze politiche si conteranno! Dopodiché, al tavolo delle trattative, giustamente i partiti minori diranno: «Ho il tre per cento dei voti e mi devi assegnare una percentuale di collegi pari alla mia forza e consistenza». Allora, in quel caso, possiamo anche assistere ad operazioni brutali, poiché chi detiene il pacchetto di maggioranza può rispondere: «Anche se hai il 10 per cento dei voti alle proporzionali, nel collegio uninominale non ti candido, rimani fuori».
Certo, si può reagire, si possono presentare candidature di disturbo, ma allora ci troveremo all'interno di un sistema ancora più casuale, secondo il quale non vince chi ha più voti. Onorevoli colleghi, con questo sistema le elezioni non le vince chi ha il maggiore consenso popolare, le vince la casualità. Se Rauti, per esempio, presenta una lista nel Lazio e con le candidature di disturbo porta via il tre per cento dei voti danneggia il Polo; vi possono poi essere fenomeni regionali, come la lega (domani può presentarsi alle elezioni una lega meridionale); in sostanza il processo non è trasparente, non è democratico, non garantisce la presenza delle forze dell'opposizione.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Giovanardi: onorevoli colleghi, per cortesia! Onorevole Innocenti, prenda posto!

CARLO GIOVANARDI. Al collega Tatarella, del quale ho apprezzato lo spirito di collaborazione e di affettuosa amicizia all'interno del Polo, dico di farsi carico di una cultura di minoranza. Già una volta ho ricordato al collega Tatarella che noi eravamo in duecento e loro erano in venti; oggi noi siamo in venti e loro in cento, ma con questo sistema possono ritrovarsi in dieci la prossima volta, anche con il venti per cento dei voti, perché non è la consistenza di una forza politica che si traduce in seggi: chi è più spregiudicato a fare le alleanze, o più contraddittorio con gli elettori può acquisire più consensi.
Vi è un'ultima osservazione che voglio rivolgere al Polo. Io credo nel Polo, credo nel bipolarismo, però, colleghi del Polo, la proposta di legge Rebuffa nessuno ce l'ha sottoposta, nessuno ci ha detto che sarebbe stata presentata.

GENNARO MALGIERI. Neanche a noi!

CARLO GIOVANARDI. Neanche a voi! Noi non siamo stati consultati, né qualcuno ci ha spiegato cosa volesse dire questa proposta di legge, né quali obiettivi politici si prefiggeva. Certo abbiamo capito che questo provvedimento apre la strada al referendum pannelliano, alla cancellazione della quota proporzionale.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, concluda.


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CARLO GIOVANARDI. E allora io dico che una nuova legge elettorale eventualmente la deve approvare il Parlamento e che non si adotta un meccanismo come questo, che con il referendum impedirà al Parlamento di ragionare, come io ho cercato di fare in termini pacati, su questioni vitali per la democrazia del paese (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 451
Votanti 450
Astenuti 1
Maggioranza 226
Voti favorevoli 236
Voti contrari 214
(La Camera approva).

Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Colleghi, per cortesia, non è possibile! Onorevole Giovanardi, per cortesia!
Onorevoli colleghi, dovrebbero essere svolte circa dodici dichiarazioni di voto, i deputati possono quindi regolarsi sui tempi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frattini. Ne ha facoltà.

FRANCO FRATTINI. Signor Presidente, la proposta di legge sulla quale il nostro gruppo...

PRESIDENTE. Onorevole Savarese! Colleghi, per cortesia!
Onorevole Matranga se discute fuori con l'onorevole Giovanardi, fa un piacere a lui ed a noi.
Provi di nuovo, onorevole Frattini...!

FRANCO FRATTINI. Stavo dicendo che questa proposta di legge, che avrà il voto favorevole dei deputati del nostro gruppo, ha lo scopo di coprire un vuoto del nostro ordinamento secondo quanto la stessa Corte costituzionale ha stabilito di recente per ben due volte, da ultimo pochi giorni fa.
Il vuoto è quello che si potrebbe creare quando, per una pluralità di ragioni, nel nostro ordinamento dovesse venire meno una normativa elettorale applicabile. Manca infatti quel principio di ultrattività che consente una continuità di vigenza dei sistemi elettorali, che può dipendere da vari motivi...

PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, per cortesia! Onorevole Vascon!
Prosegua, onorevole Frattini.

FRANCO FRATTINI. Parlavo di pluralità di ragioni, quindi, non soltanto per l'abrogazione di una norma per effetto di un referendum, ma anche per una declaratoria di incostituzionalità o per l'ordinaria interattività legislativa del Parlamento che sostituisca una normativa, una legge elettorale con un'altra.
È chiaro dunque che l'obiettivo di questa legge non è certo quello di sacrificare in qualche modo i diritti delle minoranze; non è quello di colpire i diritti di coloro i quali contribuiscono alla vita parlamentare, ma nell'ambito di schieramenti in cui vi sia chiarezza nell'assunzione delle responsabilità politiche. In altri termini, credo che con questo provvedimento si vada verso un completamento del sistema maggioritario, verso un bipolarismo maturo, verso un sistema in cui via sia il riequilibrio tra la democrazia rappresentativa ed una democrazia decidente, cioè quella in cui i processi decisionali sono assistiti sempre da chiare, forti e trasparenti responsabilità di fronte all'opinione pubblica, di fronte agli elettori.
Ritengo quindi che con questa legge non si debba temere di compiere - com'è stato detto durante il dibattito - un attentato, un vulnus più o meno grave ai diritti delle minoranze. Gli schieramenti omogenei sono quelli che rispettano, in


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modo certamente migliore, gli impegni assunti di fronte agli elettori ed all'opinione pubblica.
Con questa legge si persegue l'obiettivo di ridare al Parlamento la parola in tutti i casi in cui dovesse venire meno una normativa elettorale. Dare la parola al Parlamento significa, infatti, evitare proprio quel rischio di norme fotocopia che la pura e semplice abrogazione referendaria determina. Noi tutti sappiamo che lo stesso promotore del referendum, Pannella, è contrario a questa legge perché è tra quelli - ed io non sono tra quelli - che vogliono togliere al Parlamento la possibilità di normare liberamente, nell'esercizio delle sue responsabilità, in materia elettorale. Se, in altri termini, a margine dei lavori o nell'ambito del dibattito della Commissione bicamerale si discuterà di sistemi elettorali, noi dobbiamo garantire alle Camere elettive ed al paese che il Parlamento possa avere piena facoltà, piena legittimazione a legiferare in questa materia senza che ciò gli sia precluso da quel vuoto normativo che deriva dall'assenza del principio di ultrattività. Sono queste le ragioni che rendono necessario completare il nostro ordinamento costituzionale con una legge che, proprio perché legge di principi e generale, non ha un obiettivo recondito, ma soltanto quello di fare chiarezza di fronte al paese, affinché però tutte le forze politiche si assumano le loro responsabilità di fronte ad un'ipotesi di riforma elettorale.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Novelli, il quale aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Malavenda. Ne ha facoltà.

MARA MALAVENDA. Signor Presidente, colleghi, credo doveroso intervenire, soprattutto per la similitudine che noto tra la discussione sulla proposta di legge Rebuffa ed un altro avvenimento proprio di questi giorni: non vi sembri strano, ma la similitudine è con la firma del contratto per i metalmeccanici. In effetti sui temi della globalizzazione e con gli strumenti della concertazione si continua a passare sulla testa dei lavoratori, con tutto quello che ciò ha significato per loro in questi anni in termini di sacrifici, di tagli alla sanità, alle pensioni ed allo Stato sociale.
I due avvenimenti, secondo me, si sposano perfettamente. La proposta di legge Rebuffa crea le premesse perché gli spazi di democrazia, quelli che sono già stati completamente cancellati nei luoghi di lavoro, vengano eliminati anche nel paese per i cittadini. Si tratta di un ulteriore restringimento.
Mi chiedo infatti quale differenza vi sia tra l'odioso 33 per cento che è la percentuale riservata ai confederali, la quota protetta, quella che, comunque vadano le elezioni, le organizzazioni sindacali tengono per loro (è come se si andasse alle votazioni di un consiglio comunale ed i partiti decidessero, ancor prima della competizione, di riservare per sé una quota) ed i 70 prescelti, non si sa con quali criteri né per quali motivi, che siedono in conclave nella sala della Regina. Trentacinque senatori e trentacinque deputati che stanno a discutere ed a riflettere sulle nuove regole e ad accumulare - ahimè - nuovi privilegi per se stessi. Si strizzano l'occhio e pensano già ad altre nefaste iniziative per i lavoratori e non solo per questi ultimi, ma anche per i pensionati, per gli strati sociali più deboli.
Ebbene, se è con questa logica che si pensa anche alla rappresentanza nei luoghi di lavoro, non possiamo che essere contrari, perché lo riteniamo un grave attentato alla democrazia. Si parte dai luoghi di lavoro, ci si allarga nel paese; purtroppo, queste sono le regole a cui state pensando.
Noi, innanzi tutto come lavoratori e poi come cittadini, siamo stufi: come lavoratori siamo stufi di bocciare da 20, da 30 anni accordi che sistematicamente ci vengono poi imposti per la cosiddetta democrazia sindacale che vige oggi, per il monopolio delle organizzazioni sindacali;


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come cittadini, siamo stufi di pesare sempre meno nelle decisioni, nella vita democratica del paese. Democrazia significa organizzazione ed allora chi la vuole veramente sostenere lo faccia già qui oggi in quest'aula, bocciando la proposta di legge Rebuffa, perché crea un orientamento che va nella direzione completamente opposta. Chi si schiera per la democrazia non abbia paura dei cittadini che si organizzano, dei lavoratori che vogliono decidere. La democrazia è fatta di contenuti concreti: sono quelli che devono entrare qui in quest'aula e pesare nella formazione delle decisioni che si devono assumere. È per questi motivi che voteremo contro il provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manca. Ne ha facoltà.

PAOLO MANCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, fin dalla campagna elettorale che ci ha visti protagonisti lo scorso 21 aprile rinnovamento italiano ha annunciato agli elettori di essere favorevole alla legge elettorale maggioritaria a doppio turno; infatti nel nostro progetto di riforma costituzionale è stato proposto il numero di 475 deputati, cioè quanti sono attualmente i collegi uninominali. Rinnovamento italiano è quindi favorevole ad ogni strumento parlamentare che consenta il cammino in questa direzione.
Inizialmente, nei riguardi della legge Rebuffa, l'onorevole D'Amico si era espresso a favore dell'approvazione, vedendo in essa uno stimolo al Parlamento affinché si procedesse nella direzione auspicata. Fin dal principio, però, abbiamo chiarito che questa è una materia in cui i dissensi individuali sono non solo leciti, ma possono essere ispirati a nobili principi ideali. Ne abbiamo avuto un esempio nell'intervento dell'onorevole Orlando, sia nella seduta di ieri sia questa mattina; d'altra parte anche gli esponenti del partito repubblicano hanno espresso con chiarezza ed ufficialmente la propria contrarietà a questa legge.
Il nostro gruppo ha esaminato in profondità l'argomento e da questo attento esame è emerso il dubbio di fondo che fa intravvedere nella legge Rebuffa un cammino virtuoso nei principi generali, ma anche il rischio di un cammino non virtuoso, che per strada potrebbe ulteriormente complicarsi, rappresentando oltretutto un elemento disgregante per la maggioranza. Ciò ha portato alla conclusione che i deputati del gruppo di rinnovamento italiano intendono confermare, riguardo alla votazione, la libertà di coscienza dei singoli, auspicando tuttavia che il Parlamento si mostri in grado di accelerare il cammino verso un compiuto sistema elettorale maggioritario a doppio turno (Applausi dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crema. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, i deputati socialisti, nella breve riflessione che farò, annunciano il loro voto contrario alla legge Rebuffa. Tale voto e le sue motivazioni potrebbero essere del tutto marginali se non avessimo assistito al crescere in quest'aula di un clima, di un atteggiamento pericoloso di intolleranza e di insofferenza nei confronti di quei settori politici, di quei gruppi e di quei deputati che non concordano sulla proposta dell'onorevole Rebuffa. Si tratta di un atteggiamento - da lei giustamente censurato, signor Presidente - che alcuni deputati dell'attuale maggioranza, non intelligentemente né opportunamente, hanno riservato ai pochi parlamentari del Polo per le libertà e delle opposizioni durante il dibattito, ma soprattutto durante le votazioni e gli interventi nel merito degli emendamenti e delle dichiarazioni di voto in occasione della recente legge finanziaria.
Ripeto, si è creato un clima non opportuno, e sproporzionato soprattutto per la portata politica della legge Rebuffa. Ciò dimostra che il vero obiettivo di questo provvedimento non è tanto quello di fornire una giustificazione legislativa ad un vuoto di normativa; allo stesso modo


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non è neppure vero che i rinnovatori stiano dalla parte di chi concorda con la proposta del collega Rebuffa e i conservatori dall'altra.
Anzi, io sono dell'avviso che la sede per essere rinnovatori o conservatori su questa materia, sul più complesso sistema di riforma costituzionale dello Stato, sia la bicamerale e il dibattito che in essa si svolgerà. Se l'obiettivo o uno degli obiettivi di fondo della riforma della seconda parte della nostra Carta costituzionale consiste nel dare al paese un Governo autorevole, democraticamente forte e stabile, esso non si raggiunge certamente con la «leggina» Rebuffa, ma con una riforma del sistema dei poteri, che a nostro avviso si attuerà con l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, così come abbiamo proposto nel nostro progetto di riforma costituzionale, presentato, insieme ad altri, alla bicamerale.
Proprio su questo il Polo, forza Italia e il PDS sono lontani e proprio su questo verifichiamo la maggiore incoerenza e la maggiore dose di conservazione. Se invece l'obiettivo che traspare dalla prova di forza in quest'aula e fuori di essa è quello della semplificazione delle forze politiche, non mi pare che sia questo il contesto e il metodo, che sa di normalizzazione, di drastica semplificazione, una sorta di semplificazione della soluzione finale, di tutto ciò che non sia forza Italia o PDS. Vorrei sommessamente ricordare agli amici di forza Italia e ai compagni del PDS che in quest'aula rappresentano circa il 45 per cento del corpo elettorale e che, fuori di qui, la maggioranza dei cittadini non la pensa come loro ma probabilmente ritiene, come me, che i lavori della bicamerale debbano essere molto più proficui e molto più sereni di quelli che si stanno svolgendo in quest'aula.
Mi dispiace che il collega Soda, che conosco per altre virtù e per altre capacità, abbia svolto un intervento sinistro; spero sia il frutto di elementi caratteriali, che ci accomunano e che, quando difendiamo le nostre idee, ci inducono a farlo con passione e con amore, molte volte senza misurare i toni. Mi auguro sinceramente, per la stima che nutro verso il collega Soda, che sia questa la lettura corretta dell'intervento che ha svolto in quest'aula.
Se questa è una prova generale di un rapporto politico nuovo tra forza Italia e PDS, preferisco che ciò avvenga, come ha ricordato il collega Boselli in più occasioni, non solo alla luce del sole, ma su programmi precisi di riforme di governo del paese. Non vorrei che i colleghi del maggior partito della coalizione perdessero di vista l'esigenza di stabilità, di governabilità e di buona attività amministrativa del Gabinetto presieduto dall'onorevole Prodi. Credo che, se il confronto così aspro e direi così poco oculato che stiamo vivendo non ha questo fine, vi sarà l'occasione di farlo non solo nella bicamerale, ma anche rispetto ad altri provvedimenti, che destano in noi molte preoccupazioni, nel campo delle liberalizzazioni o delle presunte privatizzazioni. Abbiamo notizia della relazione del sottosegretario Carpi per quanto riguarda l'ENEL. Mi pare che anche qui si possa leggere un'anticipazione di una certa arroganza, di una certa voglia di semplificazione, di potere governato e governabile da pochi. Penso che nei prossimi mesi avremo occasione di misurarci su questo. Vorrei anche a tale proposito rivolgermi sommessamente ai compagni del PDS, affinché abbiano una più accorta volontà di misurarsi anche con chi, in questa occasione, è piccolo di dimensioni ma, in quanto a cultura di Governo e a capacità di valutazione, di analisi e di proposta, non si ritiene secondo a nessuno.
Da ultimo, vorrei rivolgermi al collega Rebuffa, che con tanta tenacia difende questa proposta di legge. Non ritieni, collega Rebuffa, che la tua tenacia sarebbe degna di miglior causa se riguardasse l'esigenza del confronto attorno alla forma di Governo da garantire nella riforma costituzionale, che avvicina le posizioni di alcuni gruppi della maggioranza alle tue, anziché riservare tutta la tua energia a rafforzare fra di noi il sospetto che il cosiddetto «inciucio» (una pessima parola usata da voi che siete oggi

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alla moda!) sia un problema grande di democrazia e di corretti rapporti tra le forze politiche in questo Parlamento e fuori di esso? D'altronde il destino ha voluto - e certo non è colpa dell'onorevole Rebuffa - che la sua proposta di legge faccia rima con un'altra legge, che negli anni cinquanta i nostri padri politici hanno combattuto e che probabilmente, con lungimiranza, temevano potesse riprodursi. Una sorta di accordo tra i grandi per limitare la dialettica democratica ed il confronto. Credo non sia questa la semplificazione che voleva il popolo italiano quando decise, con il voto quasi plebiscitario nel referendum di Segni, di passare da un sistema elettorale all'altro. Io do una lettura completamente diversa e mi fanno sempre paura i primi della classe. Soprattutto quanti oggi hanno più forza elettorale e più responsabilità politica dovrebbero a mio avviso fare un bagno di umiltà che li aiuterà nel loro cammino futuro nella guida e nel governo del processo politico e che gli permetterà anche di essere aiutati per la serenità, la capacità e la voglia che abbiamo di essere utili e che intendiamo esprimere nelle prossime settimane.
Il nostro voto non può quindi che essere decisamente contrario a questo pateracchio che non aiuterà certamente a rasserenare il clima politico e temo non sarà foriero di corretti rapporti all'interno dell'attuale maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti italiani).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Pecoraro Scanio, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.

VALTER BIELLI. Onorevoli colleghe e colleghi, Presidente, come parlamentare aderente al movimento dei comunisti unitari, fin dal primo momento avevamo segnalato all'Assemblea il significato politico di questa legge. Abbiamo così cercato, nel corso dell'iter del provvedimento, dalla Commissione all'aula, di depotenziare il significato politico della stessa. Abbiamo cercato di fare in modo che non ottenesse l'effetto desiderato; quell'effetto - come è stato detto da altri - di una legge che tendeva a tenere in qualche modo sotto tutela il lavoro della Commissione bicamerale. Abbiamo agito per scongiurare questo pericolo ed oggi ci troviamo nella situazione per cui questo pericolo permane. Per questa ragione, di fronte alla situazione data, per quanto riguarda me ed il movimento dei comunisti unitari, esprimeremo un «no» a questa legge.
Mi auguro che questo «no» sia esteso anche ad altre componenti della maggioranza perché colgo, per il modo in cui la legge è progredita, per il significato che ha assunto, non solamente un rischio, ma il fatto che questa proposta presentata sotto il nome di Rebuffa possa diventare una legge che può apparire come una truffa rispetto alla situazione data. In sostanza, infatti, questa legge non impedisce che si possa svolgere il referendum in primavera. Ci troviamo quindi nella situazione di dover scongiurare questo pericolo. Mi auguro che altri colleghi, come me, votino «no» a questa legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sbarbati. Ne ha facoltà.

LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, più conosciamo le cose della politica italiana e più dobbiamo riconoscere quanto autentica - e, in questo caso, sfortunata - saggezza abbia ispirato l'opera dei nostri padri costituenti. Nessuno sembra ricordare che nell'ottobre 1947, esattamente nella seduta plenaria del giorno 16, quando l'Assemblea esaminava quello che sarebbe diventato l'articolo 75 della nostra Costituzione sulla disciplina del referendum, l'onorevole Maria Maddalena Rossi, appartenente al gruppo comunista, presentò un emendamento perché tra le materie sottratte a referendum fossero ricomprese anche le leggi elettorali. L'Assemblea approvò la proposta e quindi nella Costituzione, tra


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le materie sulle quali non è possibile attivare referendum, accanto alle leggi tributarie, di bilancio, di amnistia, di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, dovrebbe oggi figurare anche la materia elettorale. È noto che non è così. Perché? Per uno di quegli imponderabili quanto impensabili incidenti che possono avvenire a qualsiasi livello, anche ai massimi livelli istituzionali, il riferimento alle leggi elettorali fu omesso nel testo originale della Costituzione che sarebbe stato sottoposto all'approvazione definitiva con le firme delle più alte cariche dello Stato. Un'omissione - dobbiamo ritenere - del tutto casuale, poiché ogni ipotesi diversa sarebbe più che sconcertante ed improponibile. Se ne accorse l'onorevole Meuccio Ruini, che era stato presidente della Commissione dei settantacinque, ma ormai era tardi: la Costituzione era stata firmata e nulla poteva essere variato nel testo ufficiale.
Nel ricordare qui questo episodio degli albori della vita repubblicana, non intendo certamente proporre la reviviscenza di un obbligo morale, se non giuridico, sulla base di una prescrizione che, sia pure per caso, nella Costituzione non c'è. Ma se non si fossero verificate le vicende che ho riassunto, noi oggi non staremmo ad esaminare questo progetto di legge e quello che ci interessa ora è tentare di ricostruire doverosamente la ratio di una norma che, sebbene allora abortita, si sarebbe dovuta riprendere nella nostra produzione legislativa. Evidentemente, i padri costituenti consideravano questa materia, come le altre indicate nella Carta costituzionale, di competenza esclusiva del Parlamento, anche tenuto conto - e pare che nessuno se ne ricordi, almeno coloro che portano avanti la legge Rebuffa - che il nostro referendum è puramente abrogativo e non propositivo.
Se teniamo presente questa ratio e la mettiamo in relazione con la giurisprudenza della Consulta - fatta oggetto di attacchi inverecondi - dobbiamo arrivare alla conclusione che l'orientamento della Corte costituzionale, di precludere i referendum a livello di norme che incidono sulla vita degli organi costituzionali, è non solo giusto ma del tutto in linea con gli orientamenti a suo tempo espressi dalla stessa Costituente.
Ora ci si propone la classica scappatoia rispetto a decisioni che appaiono ispirate da una logica più che stringente. I pareri tra i costituzionalisti non sono uniformi, ma senza entrare nella disputa di alto tecnicismo giuridico, credo che si possano esprimere molte perplessità in ordine alla congruità costituzionale di una reviviscenza giuridica, sia pure a termine, di una norma abrogata addirittura con la solennità di un ricorso al corpo elettorale. Questo anche dal punto di vista del rispetto dell'istituto referendario che, se ricondotto, come riteniamo necessario e come cerca di fare la Corte costituzionale, alla sua natura autentica, è da considerare tra gli strumenti essenziali della nostra democrazia.
La seconda obiezione che come repubblicana mi sento di avanzare è che questa proposta di legge finirebbe per agevolare proprio l'uso distorto dello stesso referendum, il quale nel nostro ordinamento - come ho ricordato - è puramente abrogativo di leggi o di parti di esse e non di parole isolate in un contesto complesso, come in genere è quello legislativo. Si finirebbe per inflazionare ulteriormente il ricorso agli elettori, che invece andrebbe usato con ben altra prudenza e consapevolezza istituzionale. Referendum sulla base dei quali il Parlamento debba deliberare - come è stato detto - sotto dettatura non sono previsti nella nostra Costituzione, alla quale, finché c'è, credo che dobbiamo attenerci tutti scrupolosamente fedeli.
La terza obiezione che intendo fare è di merito e si riferisce all'utilità stessa di questa proposta Rebuffa, qualora fosse approvata. Non è un mistero per nessuno, infatti, che essa è soprattutto rivolta a superare lo sbarramento posto opportunamente dalla Corte costituzionale in materia elettorale. Ma immaginiamo lo scenario che ne può conseguire: referendum, abrogazione di parte della legge elettorale, successivo scioglimento delle Camere per

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qualsiasi ragione (che ormai, dal remoto 1972, è diventato per noi la regola, visto che da allora non si è più completata una sola legislatura), elezione del nuovo Parlamento sulla base di una legge nella sostanza abrogata, per la quale è inevitabile che in tempi non eterni le Camere deliberino le necessarie modifiche per uniformarla al voto popolare. Un Parlamento così eletto, cari colleghi, quale legittimazione avrebbe? Sorgerebbe immediatamente una richiesta di nuove elezioni, perché ci si troverebbe in presenza di eletti del popolo delegittimati fin dall'origine, in quanto, appunto, eletti sulla base di un meccanismo di selezione non più esistente. Credo che anche questa obiezione non sia da poco e che debba essere tenuta presente e farci riflettere profondamente.
Un'ultima considerazione. Approvando questa proposta, che di certo il collega Rebuffa ha presentato con le migliori intenzioni, non rischieremmo di sancire di fatto la resa di tutti noi, la resa del Parlamento della Repubblica e la rinuncia a legiferare in tema di riforme elettorali?
Sono tutte ragioni per le quali, come repubblicani, esprimiamo la nostra accentuata contrarietà, sia sotto il profilo costituzionale sia dal punto di vista della stessa utilità ed opportunità di questa legge.
Il problema è che il Parlamento non può sottrarsi all'impegno di affrontare questo tema. Noi stiamo tentando con molta fatica di realizzare una transizione dal sistema proporzionale, che ha avuto grandi meriti storici, ad un sistema di condizioni di bipolarismo che possa non garantire, perché di per sé non può farlo, ma certamente aiutare l'esigenza, qui più volte ricordata, di stabilità che tutti avvertiamo come un fattore importante.
Che i meccanismi elettorali non possano di per sé assicurare quella che con un brutto termine viene definita governabilità, è dimostrato da tutta la storia politica del nostro paese, compresa quella dell'Italia prefascista. Tra il 1848 e il 1882 - giova ricordarlo - l'Italia ha avuto un sistema maggioritario uninominale a doppio turno. Per un decennio, tra il 1882 e il 1892, c'è stato il maggioritario di lista; poi si è tornati alla legge precedente fino all'adozione della proposta proporzionale.
Ebbene, la durata media dei Governi anche allora superava di poco i dodici mesi. Non eravamo quindi molto lontani dalla durata media dei Governi della deprecata epoca repubblicana.
Un sistema elettorale che spinge ad una condizione di bipolarismo - e lo voglio ricordare anche agli amici del partito democratico della sinistra - può senza dubbio contribuire a darci Governi meno aleatori di quelli del passato, e non solo quanto a durata di tempo.
Parlo però a ragion veduta di bipolarismo perché ritengo che sarebbe un grave errore, un errore drammatico, la tentazione, che è insita nella legge Rebuffa e l'accordo fatto tra PDS e Berlusconi, di forzare i tempi e pensare la situazione italiana nell'immediato futuro in termini di bipartitismo, per il quale non esiste ancora alcuna condizione di base. Occorre un bipolarismo che non schiacci la realtà pluralistica e con un'articolazione di forze che non può essere superata assolutamente con violenti atti di omogeneizzazione forzata, affidati sia pure alla ingegneria istituzionale, ma tenendo presente che in democrazia il pluralismo e l'articolazione delle forze politiche possono - lo ripeto - determinare certamente qualche inconveniente, ma sono anche una ricchezza da preservare e garantire per preservare e garantire la stessa democrazia repubblicana!
Per questo motivo, colleghi, crediamo che la via maestra da intraprendere sia senz'altro quella di salvaguardare il pluralismo politico coniugandolo certamente con le esigenze di stabilità, così come peraltro avviene in Francia e in Germania, senza però indulgere, cari colleghi di sinistra e di destra, a scorciatoie, il cui risultato sarebbe il peggiore dei mali che noi oggi intendiamo evitare (Applausi dei deputati dei gruppi di rinnovamento italiano, di rifondazione comunista-progressisti e misto-verdi-l'Ulivo).


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PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Carotti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, credo di aver già spiegato chiaramente in precedenti interventi la posizione del centro cristiano democratico. Mi limiterò a svolgere assai brevemente una considerazione sul ruolo di questo Parlamento.
Vedete, per anni c'è stata una polemica perché una certa pubblicistica diceva che il Parlamento non rappresentava la società civile e che c'era una classe politica inamovibile: i vecchi partiti.
Dal 1992 al 1996 il Parlamento si è rinnovato per tre volte e gli attuali parlamentari sono addirittura espressione di movimenti nuovi e che non esistevano a livello nazionale; alcuni movimenti si sono trasformati radicalmente. Oggi, su questi banchi «siedono» proprio le espressioni di quella mitica società civile di cui i contestatori della prima Repubblica si riempivano la bocca.
È curioso che un Parlamento, rinnovato al 90 per cento, in cui sono spariti i vecchi partiti e in cui non ci sono più nemmeno i vecchi personaggi della politica italiana, dovrebbe essere delegittimato e non in grado di svolgere un compito che gli è proprio e cioè di affrontare l'esame di una riforma costituzionale attraverso la bicamerale, e di una legge elettorale maggioritaria.
Voglio ricordare nuovamente che io non sono per il proporzionale ma per il maggioritario. Sono cioè per un sistema elettorale in cui nelle regioni e nel Parlamento nazionale i cittadini possano scegliere chi governa, la maggioranza che governa, il programma con cui governare il paese, ovviamente nel rispetto delle opposizioni e delle minoranze e uscendo da quella stramberia - tale la considero - che è il sistema uninominale. Essere contrari all'uninominale non vuol dire assolutamente essere favorevoli al proporzionale: io sono per il maggioritario e credo che questo Parlamento sia in grado di costruire un equilibrio saggio, una legge elettorale che risponda a tale esigenza.
Certo, se per l'ennesima volta ci delegittimiamo da soli perché invece di dare al paese il segnale di un Parlamento che è in grado di svolgere il proprio compito - siamo stati eletti per questo - diamo avvio ad un meccanismo referendario che per l'ennesima volta, con un colpo di scure, alimenta l'antiparlamentarismo che vi è nel paese (i voti contrari che invece di risolvere la situazione l'aggravano sempre di più) e poi a livello economico e sociale continuiamo a raccontare che i problemi del paese si risolvono con i colpi di scure, mentre essi si aggravano sempre di più e la rabbia della gente aumenta, in presenza peraltro di una classe politica incapace di dare risposte, lanciamo l'ennesimo boomerang.
Dico allora che questa proposta di legge va respinta perché ha assunto un significato antiparlamentare, perché innesca un meccanismo devastante alla fine del quale c'è la morte della democrazia, la morte di un sistema equilibrato di pesi e contrappesi in cui vi è chi ha diritto di governare e chi ha diritto di svolgere un'opposizione democratica.
Nei miei precedenti interventi ho illustrato le stramberie di questo sistema, i suoi fondamenti antidemocratici, il sistema elitario e di scelte di pochi rispetto alle esigenze e agli interessi che sono di tutti. Se i parlamentari troveranno la forza ed il coraggio di votare contro questa proposta di legge, dando in tal modo fiducia alla Commissione bicamerale e a loro stessi quali protagonisti ed artefici di una stagione di riforma del sistema elettorale che sia in sintonia con gli interessi del paese e che non rappresenti, invece, uno strumento per scardinare e screditare ancora di più le nostre istituzioni, sapranno essere saggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.


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SERGIO MATTARELLA. Presidente, il gruppo cui appartengo non esprime un orientamento di voto. Dichiaro pertanto il mio personale orientamento sul provvedimento in esame che è stato da più parti collegato all'avvio della Commissione bicamerale. Si è arrivati a definirlo banco di prova della serietà delle intenzioni.
In realtà, se si vuole, come certamente da tante parti si vuole, lealmente collaborare con disponibilità ad una comune ricerca, occorre rimuovere toni ultimativi, indicazioni unilaterali di prove di fedeltà. Ciascun partito potrebbe definirne ed indicarne a sua volta.
Non si può dire, per esempio, che chi è contrario alla proposta di legge Rebuffa sia fautore del conservatorismo istituzionale; così come non si può dire che la proposta Rebuffa attenti alle libertà democratiche.
Occorre che ognuno di noi si collochi in una posizione più disponibile, in un'ottica di maggiore serenità e - perché no, colleghi? - con una qualche capacità autocritica, se non addirittura autoironica. Si eviterebbero così affermazioni superficialmente demagogiche, come quella di un ritorno partitocratico per effetto di una sentenza della Corte costituzionale o come quella di un blocco conservatore identificato con chi la pensa diversamente. Si eviterebbero anche faziosità propagandistiche, pagate con pubblico denaro tratto dalla tasca dei cittadini contribuenti, come per il manifesto, illecito, della presidenza della regione Lombardia (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo e di deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).
Va detto che chi si oppone alla proposta in discussione, Presidente e colleghi, non è necessariamente nostalgico del proporzionale e neppure iscritto al partito della proporzionale, come qualche giornale, che si atteggia esso stesso a partito, ha affermato.
Non si confrontano qui, come da un banale stereotipo, bipolaristi e proporzionalisti, progressisti e conservatori.
In realtà, Presidente, va chiarito che non è questa la sede per discutere della permanenza, della cancellazione o della ampiezza di una quota proporzionale in quella che sarà inevitabilmente una nuova legge elettorale. Di quale sia, in realtà, il vero veicolo che anche in questo Parlamento fa transitare piccole formazioni politiche. Se questo veicolo sia costituito dalla parte proporzionale o dalla parte maggioritaria, se inoltre convenga alla democrazia che cospicue parti politiche, di posizione estrema, ma non inserite nei principali schieramenti, si vedano precluso l'accesso al Parlamento, con il rischio che siano spinte a cercare sulle piazze il luogo dove farsi ascoltare. Tutto questo non dovrebbe riguardare la proposta che stiamo esaminando ed è bene evitare, appunto, slogan e pregiudizi se ci si vuole incontrare intorno ad un tavolo comune e non scontrarsi con comizi contrapposti.
La bicamerale è, appunto, un tavolo comune che, con senso di responsabilità da tante parti, anche in quest'aula contrapposte, si è voluto realizzare e che non va compromesso nelle sue potenzialità da giochi tattici.
Qualcuno nei giorni scorsi ha affermato che la proposta Rebuffa dovrebbe costituire anche il banco di prova della possibilità di realizzare maggioranze diverse da quella di governo. Su questo credo che occorra una parola chiara. Il lavoro di riforma delle istituzioni è lavoro comune a tutti, quale che sia l'atteggiamento di ciascuno nei confronti del Governo. Le maggioranze che decidono le riforme non si identificano con la maggioranza di Governo né in linea di principio né di fatto. Non vi è né vi sarà, quindi, alcuna blindatura, ma è appena il caso di ribadire che le riforme non sono l'occasione per dividere necessariamente la maggioranza di governo o addirittura per modificarla. Nessuno può dolersi, quindi, né stupirsi se, anche sulle riforme, le forze di maggioranza compiono uno sforzo per ritrovarsi su una posizione condivisa, insieme ad altri che di maggioranza non sono. Nessuno può configurare

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per la maggioranza di Governo un obbligo assurdo, quello di dividersi per forza sulle riforme.
La proposta Rebuffa è palesemente mirata a rendere possibile un referendum per cancellare la quota proporzionale della legge elettorale in vigore. Condivisibile o meno che sia questo obiettivo, va puntualizzato però, colleghi, che non si fa una legge pensando ad una singola occasione o, come si dice da parte di qualcuno, mirando all'esigenza di tenere sotto pressione la bicamerale. Il rispetto dei principi e delle regole deve prevalere ed allora il provvedimento va esaminato con pacatezza, ma chiaramente, nel merito.
La proposta Rebuffa prevede meccanismi che tutti ben conosciamo. Colleghi, va detto che, se il Parlamento approva una nuova legge elettorale e dispone che, finché questa non sia operativa, si applichi quella precedente, si è dentro il rispetto delle regole, perché la legge precedente non viene in realtà abrogata subito, ma la sua abrogazione è differita alla operatività piena della nuova legge. Al contrario, se una legge elettorale viene abrogata per referendum dal corpo elettorale, non è pensabile che possa essere ancora applicata; in nessun caso, non soltanto perché si tratta di norma rigettata e delegittimata dal corpo elettorale, ma anche perché il corpo elettorale stesso non manifesta volontà di mantenerla in vita neppure temporaneamente. Il referendum, se positivo, determina un'abrogazione incondizionata. C'è in questo caso uno iato, una separazione tra legge anteriore e legge posteriore ed è l'abrogazione prodotta dal referendum: abrogazione pura e semplice, non condizionata né differibile.
Questa è la ragione della differenza tra legge e referendum che l'onorevole Calderisi ha trascurato nel suo pur pregevole intervento, ragione ben colta dalla Corte costituzionale nella sentenza pubblicata lunedì scorso sulla richiesta di referendum elettorale - nella quale non c'è, contrariamente a quanto si è detto, alcuna sollecitazione per una norma come quella prevista dalla proposta Rebuffa - e ragione colta anche puntualmente dalla Corte nella sentenza n. 5 del 1995.
In realtà, come ha correttamente detto il relatore, l'onorevole Rebuffa propone una norma sulla produzione legislativa che disciplini in maniera nuova i rapporti tra fonti normative. Una simile norma, però, non potrebbe che essere di livello costituzionale. Questo è confermato anche da una seconda osservazione che si aggiunge a quella, appena illustrata, per cui il referendum ha un effetto abrogativo secco, non condizionato. Il Parlamento diverrebbe arbitro dell'efficacia dei referendum, e lo si è detto in quest'aula più volte; potrebbe vanificarne l'esito con la propria inerzia. Inerzia senza rimedio, come ha scritto la Corte costituzionale nella sentenza pubblicata lunedì scorso.
Non voglio apparire, signor Presidente, per ciò che non sono, cioè un difensore dei referendum elettorali; ma va chiarito che, nel caso previsto dalla proposta Rebuffa, sull'effettività del potere abrogativo dei referendum si sovrapporrebbe la volontà del Parlamento. Si può anche disporre così, in linea di principio, ma soltanto con norma costituzionale e non con altra legge ordinaria.
Una conferma proviene da quanto dichiarato nei giorni scorsi dal capogruppo di forza Italia al Senato. Questi ha affermato che la proposta Rebuffa va corretta dicendo letteralmente: «È assolutamente indispensabile fissare un termine entro il quale il Parlamento dovrebbe per forza legiferare». Si può fare una norma così, ma soltanto con legge costituzionale.
Anche sul piano politico, pur apprezzando le intenzioni costruttive manifestate, al di là di questa legge, dal collega Rebuffa, vi sono ragioni ulteriori rispetto a quelle istituzionali che mi inducono ad essere contrario alla proposta. Certo, eliminando la norma sull'anno e mezzo di vacatio legis, che sarebbe stata obiettivamente un piegare oltre misura le ragioni del diritto alle esigenze della politica, si è data alla proposta Rebuffa la sua chiarezza di conseguenze. Se diventa legge, questa proposta costituirà un pericolo

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incombente per i lavori della Commissione bicamerale: un referendum nella primavera del 1998 attraverserebbe i lavori di questo Parlamento, lavori non ancora compiuti per le nuove norme della Costituzione e lavori non ancora iniziati per la legge elettorale, con gli effetti che tutti possiamo immaginare. Tale eventualità spingerebbe le forze politiche a non scoprirsi, a non fare passi d'avvicinamento vicendevoli, a non cercare punti di incontro - come è invece indispensabile - nel timore di smentirsi nella successiva, divaricante campagna referendaria.
Perché far lavorare così la Commissione bicamerale? E continuo a chiedere perché incamminarsi, in tale Commissione, con un'iniziativa che suona come atto di poca fiducia nei suoi confronti e nei confronti del suo lavoro. Sembra quasi che ci si voglia mantenere «un'uscita di sicurezza», mentre altri dovrebbe andare al confronto in bicamerale «senza rete», come è giusto per tutti, proprio perché lì non vi sono schieramenti precostituiti.
Non credo sia giusto, signor Presidente; è per questi motivi, sia politici che istituzionali, che, pur non volendo attribuire al collega Rebuffa intenzioni peccaminose, sono contrario a che sia approvata la sua proposta. Come ho già detto in altra occasione, nel mio gruppo non c'è un orientamento di voto: ciascuno deciderà il proprio voto in maniera autonoma (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il presidente Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, colleghi, un'anomala maggioranza, fondata su forze politiche che dovrebbero essere tra loro antitetiche (partito democratico della sinistra, forza Italia e alleanza nazionale), sta pervicacemente cercando da mesi di far approvare una legge che rimarrà segnata come un'assurdità giuridica negli annali del Parlamento italiano. Io credo però che verrà tristemente ricordata perfino nei manuali di istituzioni di diritto pubblico rivolti agli studenti dei primi anni delle facoltà giuridiche italiane.
La legge Rebuffa è innanzitutto incostituzionale, come ci siamo sforzati di dimostrare e come, tra gli altri, esaurientemente ha motivato in discussione generale il collega Cananzi con parole improntate a saggezza, equilibrio e seria dottrina. Non tornerò dunque su questo punto, ma la legge Rebuffa, che vorrei chiamare «Rebuffa-Calderisi-Soda», è anche e soprattutto una legge pericolosissima sul piano politico, foriera di seri rischi sul piano della concezione stessa della nostra democrazia.
La legge che voteremo tra breve è infatti pericolosa politicamente perché l'accordo di una parte sola della maggioranza con le destre, e come si sa segnatamente con forza Italia, non può non modificare o rischiare di modificare, sin da oggi, il quadro politico. Sono infatti schierate contro la legge Rebuffa, come abbiamo testé ascoltato dalle dichiarazioni del collega Mattarella, pressoché tutte le forze politiche democratiche che sostengono il Governo Prodi.
Non solo dunque rifondazione comunista, ma anche i popolari, i verdi, i socialisti, i repubblicani, i rappresentanti della Rete, molti colleghi del gruppo misto e di rinnovamento italiano, nonché molti colleghi - come abbiamo sentito in questa discussione - deputati della stessa sinistra democratica.
Mi chiedo dunque per quale motivo il PDS, isolatamente all'interno della maggioranza, continui a perseguire l'obiettivo di un accordo con le destre che rischia di destabilizzare la maggioranza medesima, di avvelenarne i rapporti interni e di creare inutili tensioni, rompendo una solidarietà di maggioranza che faticosamente - certo! - ma coerentemente si era cercato di costruire. È un danno grave del quale, chi porta avanti questa proposta, si sta assumendo una responsabilità molto seria! Temo che vi sia qualcuno che possa finire come l'apprendista stregone.


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Cari colleghi, si tratta purtroppo delle prove generali delle cosiddette maggioranze variabili che - non a caso - si profilano pericolosamente non solo come oggi sul versante delle riforme costituzionali, ma anche e ancor più seriamente sul terreno economico-sociale. Si profilano patti con le destre - ed anzi, segnatamente e dichiaratamente con Berlusconi -, strategie neocentriste, grandi movimenti di forze politiche che hanno alle spalle - neanche troppo nascostamente - la Confindustria ed i poteri forti.
Vedete, noi abbiamo molto apprezzato le dichiarazioni del segretario del PDS, Massimo D'Alema, dei giorni scorsi e le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Prodi (le abbiamo apprezzate sinceramente!) relativamente a quale maggioranza abbia vinto le elezioni e dunque quale maggioranza abbia il diritto-dovere di governare. Ma come si conciliano queste dichiarazioni con i fatti che si verificano in quest'aula, con questo tentativo - del quale ho cercato di avere inutilmente conto dai rappresentanti del Governo oggi in aula - di destabilizzare la maggioranza medesima?
Colleghi, l'obiettivo della legge Rebuffa - tutti lo sappiamo e lo abbiamo ascoltato, in realtà implicitamente, anche dalle parole dell'«appassionato» intervento del collega Soda di stamani - è scopertamente quello di azzerare la legge elettorale che conserva una quota proporzionale e, attraverso ciò, cercare di colpire l'intero sistema dei partiti. So bene che non è la legge Rebuffa - come qui è stato ricordato un po' saccentemente - che abolisce il sistema dei partiti; la legge Rebuffa è soltanto il grimaldello, lo strumento utile ad arrivare a questo obiettivo! Ma più particolarmente la legge Rebuffa ha, per quanto ci riguarda cioè per quanto riguarda rifondazione comunista, un altro evidente obiettivo: quello di provare ad essere strumento di un altro fine, cioè, quello di azzerare la presenza in Parlamento proprio delle forze antagoniste. Autorevolmente nello stesso PDS - seppure a livello di battuta - vi è stato nei giorni scorsi - non a caso - chi ha sostenuto che avrebbe raccolto lui stesso le firme per un referendum che abolisca la quota proporzionale nella legge elettorale.
In definitiva, vi è la tentazione - non voglio dire che sia già un tentativo scoperto ed attuato; ma la tentazione sì! - di abolire per legge ciò che non si è riusciti ad abolire nei fatti con lo scioglimento del PCI. Si credeva che si sarebbe potuto cancellare la presenza comunista dalla società italiana e dalle istituzioni e, poiché non ci si è riusciti politicamente (perché i comunisti - come tutti possono vedere - sono bene vivi e vegeti, crescono e si radicano nella società italiana (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti), conquistano consensi e si battono in Parlamento), si cerca di cancellarli per decreto-legge, con un marchingegno elettorale. È un'operazione vergognosa! Ma possiamo sin d'ora tranquillizzare tutti, amici e nemici: non sarà questa nuova legge truffa a cancellare la presenza dei comunisti né oggi né domani perché, comunque vada a finire questa votazione, la legge Rebuffa si è svelata per quello che è nel corso del dibattito parlamentare. E il risultato politico, per chi l'ha proposta e per chi l'ha sostenuta, si è rivelato un autentico autogol. Una legge che, sappiamo tutti, sarebbe dovuta passare sulla carta con almeno 250 voti di scarto e forse più; sta ottenendo, invece, ben magri risultati: 20, 30 voti di scarto! Metà della Camera è contraria e ripete a gran voce un principio caro ai veri democratici: una testa, un voto! Non ci può essere in questo paese un maggioritario secco, bisogna conservare, per la specificità di questo nostro paese, le nostre tradizioni politiche, storiche, sociali, un'articolazione delle forze politiche, delle idee, delle culture in questo Parlamento, e questo si può fare soltanto preservando una sensibile, significativa, quota proporzionale nella legge elettorale.
Si è provato di tutto per far approvare questa proposta di legge, compreso quell'incredibile emendamento della Commissione, poi ritirato, che ha preso il nome dal collega Soda. Voglio ricordare che la

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storia di questo paese è purtroppo segnata da giuristi illustri e meno illustri, che si sono di volta in volta prestati ad offrire - a differenti prìncipi, capi o fazioni - le soluzioni tecnico-giuridiche perché i principi del diritto venissero piegati alle ragioni della forza e della sopraffazione (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).
Dunque è una responsabilità assai grave quella che alcuni colleghi si sono qui assunti. Purtroppo non vi è limite, neanche quello della decenza, per chi intende la politica come puro esercizio della tattica, come gioco delle parti, come annullamento dei principi in nome di obiettivi immediati e, giocoforza, di corto respiro.
Ci vogliamo quindi rivolgere, alla vigilia del voto finale, a tutti i deputati con animo sereno. Abbiamo cercato di ragionare in questi giorni, insieme ai colleghi, nel merito della proposta di legge; ora, la battaglia che abbiamo condotto in quest'aula, quale che sia l'esito della votazione finale, continuerà, se necessario, nell'altro ramo del Parlamento e nella società civile, chiamando a raccolta l'opinione pubblica democratica. Ma intanto chiamiamo tutti i colleghi ad una scelta di principio, in nome di valori, vorrei anzi dire di un sistema di valori, che crediamo meritevole di un voto che non sia svilito da ragioni di mera tattica contingente.
Siamo convinti che sostituendo la strategia con la tattica, i principi con i marchingegni legislativi, le idealità con gli accordi di basso profilo, non ci si possa cimentare a costruire una migliore ipotesi di società e neppure regole condivise da tutti. Non è così che si riusciranno a fare le riforme costituzionali; non è così che si potrà far ben lavorare la stessa Commissione bicamerale. Siamo insomma convinti che dando un voto «convintamente» contrario a questa proposta di legge incostituzionale, pericolosa politicamente e giuridicamente assurda, rendiamo un buon servizio non già a noi stessi, ma alla democrazia di questo paese (Applausi dei deputati dei gruppi di rifondazione comunista-progressisti, dei popolari e democratici-l'Ulivo e misto-verdi-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nania. Ne ha facoltà.

DOMENICO NANIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, alleanza nazionale è convintamente schierata a favore dell'approvazione della proposta di legge Rebuffa. Non accettiamo l'uso di accenti apocalittici con riferimento alle posizioni che ciascun gruppo parlamentare è libero di tenere, ma ci pare fondamentale una distinzione che tra l'altro si è colta anche nelle tesi sostenute da diversi colleghi, cioè che noi lavoriamo per una ristrutturazione bipolare del sistema politico italiano.
Il passaggio che a noi sembra fondamentale, e l'atteggiamento che assumiamo dal punto di vista politico nei riguardi di questo provvedimento, derivano dal codice genetico di alleanza nazionale. Non bisogna infatti dimenticare che nell'esperienza del movimento sociale italiano-destra nazionale, quando si celebrò il referendum sull'introduzione del maggioritario, adottammo una posizione favorevole al proporzionale. Ma ci siamo resi conto che da quel momento, e più in là negli anni, si è prodotta in Italia una crisi epocale che ha determinato le condizioni per una destrutturazione del sistema politico che ha governato il paese per cinquant'anni e per la ristrutturazione del sistema politico che a nostro avviso doveva muoversi in direzione bipolare. In questo contesto ci siamo trasformati politicamente in alleanza nazionale, consapevoli del fatto che dovevamo lavorare per costruire la grande alleanza di centro-destra. È questo un passaggio fondamentale perché l'essere o meno a favore della legge Rebuffa dipende dal sistema politico che si vuole ipotizzare per il nostro paese negli anni che verranno. Incardino questo ragionamento, onorevoli colleghi, sulla base di quello che è avvenuto in Italia nelle elezioni del 21 aprile 1996. In più occasioni l'onorevole


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D'Alema ha dichiarato - lo ha fatto anche inaugurando i lavori della Commissione bicamerale - che il PDS vuole lavorare, e si augura che anche gli altri partiti vogliano farlo, per la costruzione di un sistema bipolare. Sappiamo anche, perché tutti abbiamo letto quello che ha affermato l'onorevole D'Alema, che il leader della Quercia ha aggiunto: «se mai mi capiterà di farlo, farò il Presidente del Consiglio solo se scelto dagli elettori, quindi senza ribaltoni».
Ebbene, la caratteristica dei moderni sistemi bipolari ai quali si richiama l'onorevole D'Alema, ma non solo lui, è quella che sottolineerò con forza e che possiamo ravvisare in tutti i sistemi dei paesi moderni, ivi compresi quelli ai quali molto spesso i popolari ed anche il CCD ed il CDU, comunque le forze neocentriste, si richiamano: per esempio, il sistema tedesco, ad impianto proporzionale anche se con collegi uninominali. Ebbene, ciò che caratterizza questi sistemi - parto da quelli ad impianto proporzionale - è il fatto che il leader che diventa, se vince il partito di riferimento, Capo del Governo, premier, è sempre il leader del partito dell'una o dell'altra coalizione che prende più voti. Mi richiamo alla Germania perché è l'esempio invocato dai vari Mattarella ed Elia; sostanzialmente in tale paese è messo ben in evidenza che non potrebbe mai succedere che il leader dei verdi o dei liberali possa essere eletto cancelliere. La ragione di fondo di ciò consiste nel fatto che quel sistema, ancorché proporzionale, è comunque bipolare perché vi sono due grossi partiti, uno a destra e l'altro a sinistra, e gli altri sono partitini «porta acqua».
Se in Italia avessimo una situazione del genere, noi non avremmo difficoltà ad accogliere un siffatto sistema. Tuttavia, tornando al teorema del 21 aprile 1996, se passasse l'ipotesi neocentrista - e mi meraviglio di quanto sia cara a quanti nel Polo dichiarano a parole di voler salvaguardare un certo sistema - funzionerebbe invece il meccanismo opposto, cioè che una coalizione per vincere deve collocare in campo il Prodi di turno, perché se il leader del partito che in una coalizione prende più voti decide di correre per conto proprio è destinato a perdere. Berlusconi, leader del Polo, è sceso in campo perché rappresenta forza Italia, che è il partito che prende più voti. La coalizione avversaria che, intelligentemente, non c'è dubbio, ha pensato a vincere, ha dovuto rinunciare a candidare il leader del partito che prende più voti, cioè il PDS, ha dovuto quindi abbandonare la strategia progressista e affidarsi al Prodi di turno. Se il Polo avesse per esempio schierato come leader, antagonista a Prodi, Dini (Commenti dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano - Si ride), avrebbe vinto, perché il nostro sistema funziona in modo tale per cui il leader di Governo per vincere deve appartenere a quel partito che rappresenta l'utilità marginale, che è ultimo arrivato, che ha il 3 o il 4 o il 5 per cento, ma che serve a far spostare le forze da una parte o dall'altra.
Amici di alleanza nazionale che avete delle riserve, questa è la realtà nella quale ci muoviamo! Se resta in campo questo sistema, intanto vincono i Prodi, ma non dimentichiamo che sono ex democristiani e, giorno dopo giorno, lavoreranno per distruggere lo schieramento bipolare e tornare a quello proporzionale (Commenti del deputato Giovanardi). Ciò non rimetterà in piedi la democrazia cristiana - ci mancherebbe! -, ma il ruolo della democrazia cristiana. Noi non abbiamo niente da temere dalla rinascita della DC, ma come italiani abbiamo molto da temere se in Italia ricompare uno schieramento, un partito che vuole fare in modo che quel ruolo diventi determinante. Tale ruolo, infatti, si basa su logiche di coalizione, porta ad utilizzare una volta la sinistra ed una volta la destra, purché si resti sempre «appollaiati» al potere; determina la caduta di livello dell'opposizione, spinge verso il consociativismo, ricrea la corruzione e la rinascita di Tangentopoli. Questo è il meccanismo (Commenti del deputato Giovanardi) se non cammineremo in direzione del bipolarismo.

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Cos'è, allora, la proposta di legge Rebuffa? È il modesto contributo che si dà, in un settore apparentemente lontano, alla ristrutturazione bipolare del sistema, il contributo che viene offerto.
L'onorevole Orlando, protagonista del referendum maggioritario, oggi esprimeva riserve (non so se sia stato eletto con sistema maggioritario o nella quota proporzionale) in riferimento ad una proposta di legge, la Rebuffa, che prevede invece, in pratica, che il corpo elettorale possa dire come la pensa nel caso in cui in Italia venga approvata una legge che non è gradita.
Ebbene, perché questa legge diventa importante? Perché il circuito legislativo è normalmente semplice (le leggi si approvano in Parlamento; se si raccolgono le firme necessarie, ovvero se cinque consigli regionali od il prescritto numero di parlamentari lo vuole, si svolge il referendum abrogativo) ma, signor Presidente, onorevoli colleghi, si dimentica che, in conseguenza dell'interpretazione della Corte costituzionale, si è inserito un elemento di disturbo ed il circuito non è più semplice, ma diventa complesso. Infatti, con l'interpretazione del vuoto legislativo che determina il mancato funzionamento di organi costituzionali, di fatto, la Corte ammette quei referendum che, attraverso una legislazione di risulta, non causando il vuoto legislativo, innovano e, quindi, introduce surrettiziamente il referendum deliberativo e propositivo. Scattano allora i fautori del rispetto della volontà degli elettori, dicendo: «Sapete che facciamo? Per difendere la volontà degli elettori non facciamoli votare; eliminiamo la possibilità che si svolgano i referendum». Noi non ci stiamo ed è per questa ragione che affermiamo che la proposta di legge Rebuffa dirime questa controversia, consentendo che il circuito legislativo che è stato messo in discussione ed è saltato, che è rimasto «drogato» dalle sentenze della Corte costituzionale, ridiventi organico, semplice e funzioni normalmente. Così facendo la Corte sarà libera di decidere come vuole ma, soprattutto, si consentirà il normale funzionamento degli organi costituzionali.
Non è detto poi - e concludo - che nella futura legge elettorale non debbano esservi quote proporzionali. Anzi, a scanso di equivoci, anticipo che noi di alleanza nazionale ci batteremo sempre affinché il diritto di tribuna sia consentito a tutte le formazioni politiche, non però affinché, per vincere, il premier di Governo - eletto in un modo od in un altro - debba essere del partito più piccolo, attraverso il ricatto di coalizione. Ci batteremo invece per far sì che il leader di Governo - ecco il passaggio finale - anziché essere scelto dalla coalizione (per questo sono contro la proposta di legge Rebuffa coloro che hanno esplicitato i loro punti di vista) sia indicato dagli elettori.
Come si sa, se l'elettore può scegliere anche il candidato a premier, e non soltanto quello per battere gli avversari, sceglierà il candidato del partito che ottiene più voti e così ognuno avrà il ruolo che si merita (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.

FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, signori deputati, non fosse altro che per non incorrere nell'accusa di saccente da parte del professor Diliberto, mi atterrò all'essenziale, cominciando col dire che, nel momento in cui il suo nome e quello del professor Rebuffa stanno assumendo il valore di un discrimine fra il bene e il male della politica, devo tributare a Rebuffa un'attestazione di rispetto, di ammirazione e di consenso per la sua personalità di studioso, di politico e di collega.
Certo è esagerato attribuire alla sua idea - che poi non è sua personale - tradotta in questo disegno di legge virtù o difetti tali da renderlo un caposaldo del male o un caposaldo del bene dello Stato. Si è trattato di uno sforzo onesto per individuare uno strumento dal quale ricavare


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- io penso - solo il bene del paese e non il bene di una o di più politiche per un successo frodato alla verità. Ciò detto, è pur sempre causa di perturbamento psicologico, forse anche spirituale, vedere che la legge che prende il nome del collega Rebuffa, anziché determinare una finalità di aggregazione, di consensi più estesi e di riconoscimenti reciproci, sta viceversa causando qualcosa di molto diverso, cioè una disgregazione nell'ambito di quelle stesse forze che elettoralmente e politicamente si sono riconosciute identiche o simili.
Con questa finalità di unione, di riaggregazione nell'ambito dei nostri schieramenti, pongo la mia modesta parola di commento. E siccome ciascuno di noi, come già dissi in precedenza, ha qualcosa che lo tiene incatenato alla propria esperienza, dico che questa mia personale catena è la legge.
Propongo, senza risolverli perché ciascuno possa, a propria volta, risolverli in sé, questi quesiti giuridici. Le problematiche della successione delle leggi nel tempo non hanno, nel nostro ordinamento, una regola fissa, né hanno, per così dire, dei principi stabili nel tempo; tanto è vero che per la legge penale il criterio di efficacia della legge nel tempo è quello del favor rei, per la legge processuale è quello del tempus regit actum e che varie leggi in campi diversi autoregolano la propria successione di efficacia secondo criteri propri, gli stessi che pervadono la logica interna dei vari ordinamenti cui si riferisce la norma della successione delle leggi nel tempo. Un solo caso, questo fenomeno della successione nel tempo delle norme, trova regolamento costituzionale. Ed è quel caso, che non è esattamente quello della successione delle leggi nel tempo ma quello dell'essenza della successione delle leggi nel tempo, individuato nell'articolo 136 della Costituzione. Questa norma, nella parte finale, stabilisce che l'effetto abrogativo per le leggi o gli atti aventi forza di legge si realizza con l'atto di pubblicità, sia, in ipotesi, l'oggetto dell'abrogazione una legge elettorale, sia un oggetto di altra natura.
Allora, questa proposta di legge su che cosa incide? Posto che è dichiarata la finalità di porre uno sbarramento alla politica giurisprudenziale della Corte, essa è dichiaratamente orientata a creare un antidoto all'idea del vuoto legislativo come causa di inammissibilità dei referendum. È inutile generalizzare il problema. La proposta di legge si riferisce alla materia elettorale, perché è quella sulla quale si è ripetutamente cimentato il dissenso della Corte costituzionale.
Mi chiedo: è possibile che una legge ordinaria (tale è quella di cui si tratta), alla quale non attribuisco idee e finalità fraudolente e neppure virtù taumaturgiche rispetto al sistema politico che sarà, si sovrapponga ad un disposto legislativo di rango costituzionale, regolando proprio quegli effetti che, immediati secondo il disegno costituzionale, si vogliono oggi invece differiti, indipendentemente dalla questione dell'entrata in vigore, a quando la nuova disciplina cui si riferisce la materia elettorale entrasse in vigore? Non ho la pretesa di dire che il mio ragionamento sia esatto o errato. Ma ciò che unisce e soprattutto ciò che dovrebbe unire la politica e il Parlamento, al di là delle intenzioni (che in questo caso sono purissime), che cosa può essere di più se non la legge, non quella che sarà ma quella che è?
Senza questo costante riferimento davvero virtuoso alla legge che esiste come ci presentiamo davanti ai nostri elettori, a tutti, all'opinione pubblica? Come ci presentiamo come legislatori, come ideatori e come ispiratori di una politica migliore, cominciando a mettere in discussione i nostri stessi fondamenti costituzionali? Non ho, ripeto, alcuna pretesa di affermare nulla di tassativo. Ma c'è materia per riflettere onestamente e per tornare ad unirci, nelle separazioni che abbiamo e soprattutto nelle unioni che devono tornare a ripristinarsi tra noi (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia e di deputati del gruppo di alleanza nazionale).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontan. Ne ha facoltà.

ROLANDO FONTAN. Il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania dichiara il proprio voto contrario sulla proposta di legge in esame, che tende ad eliminare la quota proporzionale e a rendere il sistema elettorale un sistema completamente maggioritario.
Riteniamo che un sistema maggioritario cosiddetto secco sia in sostanza uno strumento per dare più forza, più voce a chi è al vertice di qualche movimento, a chi è al vertice del sistema Italia. Un sistema in cui, di fatto, il cittadino vota senza che però si realizzi un vero e proprio consenso popolare. Il voto di ogni cittadino è infatti incanalato all'interno di una coalizione, di accordi che non rappresentano l'effettiva volontà e non configurano l'effettiva rappresentanza. Come è già stato ricordato questa mattina, il risultato elettorale non dipenderebbe dall'esplicita volontà popolare ma da questioni tecniche, da accordi più o meno interni o esterni e quant'altro.
Peraltro, tutti questi accordi, tutte queste tattiche non danno rispetto a quella che dovrebbe essere una maggioranza. Già in questo Parlamento osserviamo come il sistema parzialmente maggioritario ha fatto in modo che la minoranza del paese diventi, di fatto, maggioranza e governi. Non vorremmo che, eliminando la quota proporzionale questo principio - purtroppo dato concreto - si accentuasse e si consolidasse. Il rischio che si correrebbe, anche più di ora, è che una maggioranza avrebbe titolo per governare in barba ad ogni principio di vera rappresentatività e democrazia. Si è parlato poi di stabilità, di bipolarismo ed è stato anche richiamato il sistema inglese. Voglio ricordare che il sistema maggioritario - magari secco, come quello che si vuole introdurre - va bene in uno Stato in cui si registra una certa omogeneità di carattere storico, culturale, di valori. L'esistenza a monte di tale omogeneità consente la presenza di poche coalizioni. Ma il sistema italiano è tutto fuorché omogeneo. In Italia il problema non è tanto quello di creare un bipolarismo secco o forte, quanto quello di superare le enormi diversità di due nazioni all'interno dello Stato. Se le cose non vanno per il verso giusto (nonostante vi sia un sistema maggioritario che non da questa stabilità, come vediamo tutti i giorni) è perché il sistema elettorale non rappresenta la soluzione dei problemi. Tale soluzione può venire dal prendere finalmente atto, ad oltre cento anni dall'unità d'Italia, che esiste più di un'Italia: esiste l'Italia ed esiste la Padania. Esistono, in sostanza, due nazioni, due modi di pensare, due modi di vivere, due modi di credere e, come è avvenuto fino ad ora, con il sistema maggioritario si cercherebbe di eliminare tali diversità, di trovare forzatamente un equilibrio tra di esse.
L'equilibrio che si è cercato di trovare in tutti questi anni, soprattutto negli ultimi quaranta, ha di fatto portato allo sfascio lo Stato Italia e sta portando alla miseria i cittadini italiani. Il problema non è dunque quello di trovare uno strumento che cerchi con forza di imporre questa cappa ai cittadini, agli elettori. Bisogna invece dare ad ognuno, per il suo modo di pensare e per la sua appartenenza geografica, la possibilità di esprimersi veramente. Si vuole ricondurre ancora una volta il voto dei cittadini del nord all'interno di questa cappa. Già a suo tempo, con il sistema ora in vigore, l'allora democrazia cristiana, insieme ai socialisti ed agli allora comunisti aveva pensato che questo sistema avrebbe rappresentato la panacea per ogni problema, anche per eliminare quella forza prorompente, nuova e diversa che proveniva dal nord: la lega nord. Questo non si è dimostrato sufficiente. Anzi, si è dimostrato invece che la lega nord, ora lega nord per l'indipendenza della Padania, è riuscita a superare tutti gli sbarramenti e senz'altro riuscirà a superare anche questo eventuale sbarramento che voi cercate di rafforzare ulteriormente, prova ne sia il fatto che nelle ultime elezioni la maggioranza dei deputati della lega nord è stata eletta nei collegi uninominali.


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Faccio un'ultima riflessione facendo riferimento al ragionamento del collega Nania. Egli dice che la grande destra, il grande partito, il grande Polo troverà le sue fortune solo ed esclusivamente in un completo sistema maggioritario. Desidero invece ricordare al collega Nania e a tutti i colleghi, anche di alleanza nazionale e di forza Italia, che probabilmente questo sistema - che essi credono la panacea dei loro mali, il modo per tenere unito questo Polo, che ogni giorno si sta disgregando sempre più - è il primo passo verso quella disgregazione del Polo, alla quale di fatto stiamo già assistendo. Desidero solo ricordare ai colleghi di alleanza nazionale che, se facciamo dei conti, come ha fatto il collega Nania, che ha formulato anche delle ipotesi a posteriori, la sinistra parte già con una serie di collegi molto sicuri, mentre alleanza nazionale non parte con quei settanta, ottanta, cento collegi sicuri. Quindi, non vorrei che un giorno ricordaste come una data infausta quella dell'approvazione di questa legge, che voi tanto sostenete.
Ad ogni buon conto, riconfermo il voto contrario della lega nord per l'indipendenza della Padania, anche perché è evidente che un sistema maggioritario porta - se mai ce ne fosse ulteriore bisogno - a questo sgangherato Stato, a questi poteri così centralizzati, ad aumentare ulteriormente la forza di tutti questi poteri, più o meno forti, più o meno occulti. Quindi, rappresenta un grande pericolo verso un'involuzione autoritaria e verso la diminuzione, se non la scomparsa, di un minimo di democrazia; dico «un minimo» perché purtroppo oggi siamo ridotti al lumicino della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paissan. Ne ha facoltà.

MAURO PAISSAN. Confermo il voto decisamente contrario dei deputati verdi sulla proposta di legge che ha preso il nome del suo firmatario, il collega Rebuffa, proposta che mira a semplificare, a ridurre la pluralità della rappresentanza istituzionale.
Noi non ci stiamo, non siamo d'accordo. Non ci stiamo, per prima cosa, a votare un pasticcio dal punto di vista giuridico e costituzionale; già diversi colleghi hanno insistito su questo punto. Da una parte, si vuole rendere possibile il referendum sulla legge elettorale, per abolire la quota proporzionale, e, dall'altra, per raggiungere questo obiettivo si fa in modo che la volontà del corpo elettorale espressa nel referendum risulti precaria e subordinata ad un futuro e per nulla certo intervento del Parlamento, chiamato a completare quella che sarebbe stata l'opera abrogatrice dell'elettorato. Qui sorge già una questione non di poco conto: se il Parlamento non volesse o non potesse intervenire, cosa succederebbe? Non c'è nel nostro ordinamento sanzione possibile contro il Parlamento, se non il suo scioglimento in via anticipata da parte del Capo dello Stato. Ma pensiamo a questa ipotesi.
In questo caso saremmo al paradosso più spinto: l'elettorato sarebbe chiamato ad eleggere il nuovo Parlamento secondo la legge e con la legge che lo stesso elettorato avrebbe appena sconfessato. Un paradosso, mi pare, inaccettabile.
Il pasticcio dal punto di vista giuridico è peraltro ammesso dagli stessi proponenti di questa legge. Alcuni giorni fa ho letto su un quotidiano un'intervista al capogruppo di forza Italia al Senato, senatore La Loggia. In essa questi così si esprimeva: «La legge Rebuffa va senz'altro, senza ombra di dubbio, votata, ma anche corretta. È assolutamente indispensabile fissare un termine certo entro il quale il Parlamento deve per forza legiferare». Già qui siamo nell'assurdo. Che significa un autovincolo del Parlamento ad approvare una certa legge? Quale valore ha, quale vincolo rappresenta? Il senatore La Loggia così continuava: « Questo termine...» - entro il quale il Parlamento dovrebbe approvare la nuova legge - «può essere anche elastico, ad esempio due o tre mesi prima di elezioni successive


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dello stesso tipo, in caso di referendum che eliminasse la legge elettorale». Anche in questo caso siamo nel più sfrenato dilettantismo. Pensiamo, ad esempio, se ci si trovasse di fronte ad una «precipitazione» politica con elezioni anticipate; come si farebbe ad ottemperare all'autovincolo di approvare in extremis ed entro un certo termine una nuova legge? Da questo punto di vista, infatti, non c'è alcuna soluzione. Il pasticcio si sarebbe aggravato se fosse stato approvato l'emendamento proposto dalla Commissione (e poi dalla stessa, per fortuna, ritirato) che proponeva addirittura di spostare al 30 giugno 1998 l'entrata in vigore della stessa legge, quasi un'ammissione di colpa - tale l'ho definita nel mio precedente intervento - da parte dei proponenti: stiamo combinando un guaio, spostiamone le conseguenze un po' più avanti nel tempo!
Forte però è, al di là di queste considerazioni di merito, il significato politico di quanto stiamo per fare. Questa legge è una sorta di indirizzo politico alla bicamerale. Il voto alla leggina si sostituisce, almeno per ora, al voto referendario contro la quota proporzionale per condizionare la bicamerale anzitutto dal punto di vista del merito delle decisioni che sta per assumere, quasi le si dicesse di predisporre soluzioni costituzionali che poi sbocchino in una legge elettorale supermaggioritaria e di taglio drastico della pluralità della rappresentanza politica.
È forte poi l'indirizzo diciamo più propriamente politico che un voto favorevole a questa legge esprimerebbe. D'altronde lo si dice apertamente da parte di esponenti del Polo: il PDS deve dimostrarsi capace di andare contro tutti i suoi alleati e di convergere da isolato, da solitario, con il Polo di centro-destra, anzi con una parte del Polo, in particolare con forza Italia. È quanto il PDS, più che il gruppo della sinistra democratica, sta per fare: convergere in modo isolato e solitario con una parte del Polo di centro-destra.
Spero che il gruppo della sinistra democratica rifiuti questo messaggio e voti almeno in parte contro la legge, anche perché un voto a favore è un consenso indiretto al sistema elettorale secco, a monoturno, all'inglese, che è sempre stato osteggiato dal partito democratico della sinistra nelle sue indicazioni programmatiche. Ma spero anche che consistenti settori del centro-destra si sottraggano alla convergenza politica che si sta realizzando da parte del Polo e parte dell'Ulivo, che oggi si realizza su questa materia e domani chissà su cos'altro (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo e di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussi. Ne ha facoltà.

FABIO MUSSI. Presidente, onorevoli colleghi, se è utile a ricondurre le cose alla loro misura, a sdrammatizzare, vorrei ricordare che non stiamo qui votando l'abolizione della quota proporzionale, naturalmente.
Non darei neppure tanto per scontato che l'opinione popolare largamente maggioritaria sia favorevole a questa soluzione, altrimenti come Parlamento, interprete della sovranità popolare, dovremmo subito fare una norma che va in questa direzione. Io non sono così sicuro.
La nostra è stata una discussione un po' tesa, convulsa, che ha attraversato gli schieramenti, sintomatica anche, perché è stato interessante osservare una certa variabilità di comportamento politico ed anche qualche metamorfosi dell'opinione sotto la sollecitazione di questa specifica discussione.
Per esempio, si sono visti molti, anche colleghi ed amici verso i quali nutro grande stima, già giorni fa pronti a gridare, opposti ma simmetrici a Pannella, al colpo di Stato, al grave pericolo se la Corte avesse accolto il referendum elettorale, ammettendolo al voto popolare - e la Corte ha interpretato, a mio parere esattamente, il dettato e lo spirito della Costituzione e delle leggi vigenti - e poi li abbiamo visti, questi stessi, ergersi a tutori


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della sovranità popolare offesa di fronte ad una leggina che potrebbe ritardare l'immediata esecutività di un voto referendario. Insomma, guai a condizionare gli effetti di referendum che, tuttavia, non dovranno farsi mai!
Trovo questo lievemente contraddittorio: curiosi effetti retroattivi di pensieri contraddittori. Badate che questo dipende anche dal metodo dell'adattare qualche volta i principi alle circostanze. E qui, cari colleghi, scopriamo una verità: soprattutto quando siamo nel campo delle regole che riguardano la vita di tutti i cittadini e di tutte le forze organizzate, gli uomini dai saldi principi sanno essere flessibili, aperti al dialogo, non faziosi; gli inflessibili capita qualche volta che lo siano più verso gli altri che verso se stessi e i principi medesimi.
Per questo nel gruppo che presiedo è stata data sin dall'inizio una valutazione aperta e ponderata di questo testo. Ci siamo opposti allo sbarramento, per esempio, quando il Polo ha chiesto che venisse messo all'ordine del giorno - noi pensiamo per il futuro ad uno statuto dell'opposizione, che si può anticipare accogliendo nella predisposizione dell'ordine del giorno delle Camere richieste dell'opposizione - ed anche agli sbarramenti per ragioni di costituzionalità od altre.
Le regole. Ho sentito qualche amico o collega dire che siamo ad una lesione della maggioranza. Ecco - voglio discutere con Orlando - siamo ad una lesione della maggioranza, ma le regole non appartengono alla maggioranza di governo, non sono materia di governo. Ho sentito anche il compagno Diliberto esibire un qualche entusiasmo di maggioranza, che gli fa onore e che condivido: ci servirà presto per la legge finanziaria, ce ne sarebbe servito una piccola dose anche sulla STET qualche settimana fa, materia per eccellenza del programma di Governo (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).
Penso che in questa legislatura sia possibile solo questa maggioranza, quella uscita dalle urne il 21 aprile 1996 (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo)!

DANIELE ROSCIA. Bravo!

FABIO MUSSI. Ma le regole, gli ordinamenti, le istituzioni, la Costituzione sono un altro campo, un altro livello. Questo breve testo non è una legge elettorale, è una legge di principi cui naturalmente bisogna guardare con un occhio alla Costituzione ed un altro alla concreta situazione politica.
Questo breve testo non riguarda solo i referendum, ma tutti i processi di formazione di leggi elettorali. Allora il tema del vuoto legislativo e della successione nel tempo delle leggi, sollevato in questa sede dal collega Mancuso, è effettivamente sul tavolo. C'è, eccome; se ne è accorta benissimo la Corte costituzionale che invoca questo vuoto, questa mancanza, per argomentare la sua decisione quando, di fronte al Comitato che si appella al principio di continuità normativa, la Corte afferma che ciò, tuttavia, non fa conseguire l'ultrattività della normativa elettorale degli organi costituzionali.
È la Corte, onorevole Mattarella, che fa esplicito riferimento ad una legge, quella che reca il tuo nome (non è un referendum, questa è una legge ordinaria), che, all'articolo 10, come si è detto più volte in quest'aula, recita: «Fino alla data di entrata in vigore del decreto ... continua ad applicarsi la disciplina per l'elezione della Camera dei deputati prevista dal testo unico del 30 marzo 1957». Si potrebbe dire che è una piccola Rebuffa, ma so che si tratta di una fattispecie diversa. Non è un referendum, è una legge. Il legislatore si è accorto dei pericoli del vuoto. Che cosa sarebbe successo se la malizia di un Governo o di una commissione appositamente installata avesse indotto a non definire i collegi elettorali previsti dall'articolo 7? Allora il legislatore ha inserito questa norma che rappresenta un modo per tappare un buco ordinamentale. È una fattispecie diversa, onorevole Mattarella, ma che cosa sarebbe


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successo se, per quanto non cogente come il voto popolare in un referendum, una legge elettorale sulla quale il Parlamento si era impegnato per mesi, applicativa del risultato di un referendum popolare, fosse stata ritardata da qualche negligenza o da qualche malizia? Politicamente si sarebbe trattato di una enormità, ed è per questo che si è inserito quell'articolo 10 cui ho fatto prima riferimento.
Perché nell'ordinamento non ci deve essere una norma come quell'articolo 10, che valga per tutte le leggi future, cioè che copra questo vuoto e che non costringa ogni volta a cucire lo strappo con norme transitorie? Da questo punto di vista, dal punto di vista del principio, mi pare che la piccola legge che stiamo discutendo non faccia una piega, però sarebbe ipocrita non vedere il più rilevante effetto sulla normativa referendaria. Certo non ci sarebbero più ostacoli e cadrebbe l'argomento, ora fondatissimo, sulla cui base ha deliberato la Corte. Questa discussione ci rimanda ad un tema maggiore, che non è certo risolto nella legge Rebuffa, la questione del referendum e della legge che attua il principio referendario; in sostanza si tratta delle questioni che sono sul tavolo della bicamerale: le firme, il problema del referendum manipolativo e del referendum propositivo, la questione della fase in cui deve intervenire la Corte, persino l'opinabilità dell'inserimento della materia elettorale tra quelle sottoposte al voto referendario.
Però, fino a che c'è questa Costituzione, è bene che questo principio possa essere applicato ed attuato e che la sovranità popolare possa attingere a quel potere che la Costituzione le assegna.
Sappiamo bene che vi è un'obiezione politica - se ne è discusso anche nel nostro gruppo - perché dibattiamo di principi ma li collochiamo all'interno di un contesto, non siamo degli astratti.
Si obietta l'esistenza della possibilità e del rischio di un consumo rapido della legge, di un'immediata nuova mossa referendaria per mettersi in rotta di collisione con la Commissione bicamerale, quasi si trattasse di un ariete. È una preoccupazione legittima che merita una discussione di natura strettamente politica. È una preoccupazione che ci sta a cuore, anche se penso che sia tutt'altro che saggio far collassare il discorso sulla riforma di Stato, Governo e Parlamento, sulla legge elettorale, che completa e non precede. Tra l'altro bisogna evitare idee semplificatrici ed enfasi esagerate perché non saranno i due articoli della legge Rebuffa ad abrogare i partiti, ci vuol ben altro! E non sarebbe certo l'uninominale «secco» (concordo in questo con il collega Mattarella) ad unico turno a far svanire tutti i partiti, eccetto due, perché l'effetto può essere perfino opposto, quello di aumentare il potere interdittivo delle piccole forze nei singoli collegi.

PRESIDENTE. Onorevole Mussi, la invito a concludere.

FABIO MUSSI. Ne discuteremo in sede di Commissione bicamerale. Credo che D'Alema abbia fatto bene a dire non «lì la decideremo» ma «lì ne discuteremo».
Credo fermamente che la Commissione bicamerale debba avere successo. I colleghi della maggioranza che sostiene il Governo sanno quanto il gruppo che presiedo abbia creduto e abbia voluto la legge costituzionale istitutiva della Commissione bicamerale. Noi scommettiamo sul suo successo ma, se c'è anche un piccolo margine di rischio per un insuccesso, noi dobbiamo tenere sgombri tutti i canali di accesso ai poteri stabiliti in Costituzione per poter comunque intervenire, come si può, su un sistema politico e istituzionale che così non può reggere.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mussi.

FABIO MUSSI. Mi scusi, Presidente (Commenti). Il mio gruppo ha deciso una libera valutazione politica perché sulla proposta Rebuffa la maggioranza è a favore e alcuni sono contrari. Ciascuno voterà secondo la propria valutazione politica (Commenti dei deputati del gruppo


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della lega nord per l'indipendenza della Padania - Si ride). Non è obbligatorio essere sempre così sgraziati, è facoltativo!

DANIELE ROSCIA. Li mandate in Siberia altrimenti?

FABIO MUSSI. Il sottoscritto voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Passiamo alla votazione finale.
Invito i colleghi a prendere posto.
Informo che subito dopo il voto vi sarà una breve riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo nella biblioteca del Presidente.
Indìco la votazione segreta finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 2423, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

C'è una postazione di voto bloccata.

Dichiaro chiusa la votazione
Comunico il risultato della votazione:

Rebuffa: «Regolazione della successione nel tempo delle norme elettorali» (2423):
Presenti 510
Votanti 509
Astenuti 1
Maggioranza 255
Hanno votato 248
Hanno votato no 261
(La Camera respinge - Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi della lega nord per l'indipendenza della Padania, misto, di rifondazione comunista-progressisti, del CCD e di rinnovamento italiano).

MAURO FABRIS. A casa, a casa!

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