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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.
MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, il 7 novembre 1996 ho presentato questa interpellanza insieme a circa cinquanta - forse qualcuno in più, non li ho ricontati - autorevolissimi colleghi di tutti i gruppi parlamentari, dall'estrema sinistra all'estrema destra, passando per tutto l'arco parlamentare. Ne cito soltanto alcuni: il secondo firmatario è il Presidente dell'Assemblea in questo momento, Biondi, poi seguono i colleghi Acquarone, Bressa, Giovanardi, Masi, Massa, Comino, Valensise, Vendola, Melandri, Taradash, Sgarbi, Angelini, e via elencando. Ripeto: oltre cinquanta parlamentari hanno sottoscritto con me l'interpellanza che abbiamo oggi in discussione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni ha facoltà di rispondere.
VINCENZO MARIA VITA, Sottosegretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni. In relazione all'interpellanza presentata dall'onorevole Boato e da altri colleghi, nel premettere che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si fa presente che la legge 23 dicembre 1996, n. 666, ha previsto che le somme dovute per effetto della convenzione tra il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e la società per azioni Centro di produzione - approvata con decreto ministeriale il 21 novembre 1994 ed avente ad oggetto il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari - non utilizzate entro il 31 dicembre 1996 siano mantenute nel conto dei residui del capitolo 1099 dello stato di previsione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni per essere utilizzate nel corso dell'esercizio 1997.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00283.
MARCO BOATO. Signor Presidente, per quanto sintetica, d'altra parte si poteva ormai rispondere in modo sintetico al problema sollevato nella mia interpellanza, la risposta del rappresentante del Governo affronta i temi essenziali e lo ringrazio per aver prestato attenzione anche alle questioni che ho successivamente posto; è per questo che è stato utile che io illustrassi preventivamente la mia interpellanza.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boato, per aver completato un'informativa che sarà utile a tutti.
VINCENZO MARIA VITA, Sottosegretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni. In relazione all'atto parlamentare n. 3-00548, si ritiene opportuno premettere che la legge 14 aprile 1975, n. 103, ha attribuito la materia dei controlli sulla programmazione della RAI alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dagli onorevoli interroganti nell'atto parlamentare in esame, si è provveduto ad interessare la predetta concessionaria radiotelevisiva pubblica, la quale ha comunicato che, considerato il contenuto umanitario della manifestazione, nonché l'assenza di fini di lucro, ha sottoscritto con il comitato promotore di Telethon un accordo di collaborazione per il buon esito dell'iniziativa organizzata per i giorni 6 e 7 dicembre 1996 allo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi della distrofia muscolare e delle malattie genetiche nonché sull'importanza delle relative ricerche scientifiche.
PRESIDENTE. L'onorevole Marengo ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00548.
LUCIO MARENGO. Signor Presidente, solo per la elencazione di quelle cifre, mi ritengo parzialmente soddisfatto della risposta fornita dal sottosegretario; rilevo, tuttavia, che lo spirito della interrogazione era altro ed è stato eluso.
PRESIDENTE. Seguono la interpellanza Pistone n. 2-00339 e l'interrogazione Gasparri n. 3-00567 (vedi l'allegato A).
GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica ha facoltà di rispondere.
LUCIANO GUERZONI, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica. Onorevole Presidente, onorevoli deputati, in ordine all'interpellanza Pistone ed altri e alla interrogazione Gasparri, riguardanti le agitazioni studentesche che si sono verificate all'interno dell'università La Sapienza di Roma nella notte tra sabato 14 e domenica 15 dicembre 1996, credo sia doveroso da parte mia innanzitutto rispondere con la massima obiettività possibile su quanto è accaduto quella notte.
PRESIDENTE. L'onorevole Pistone ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00339.
GABRIELLA PISTONE. Ringrazio il sottosegretario per la risposta che ha voluto fornirci, anche se certamente parziale, quanto meno dal punto di vista della ricostruzione dei fatti. L'interpellanza di cui sono prima firmataria, sottoscritta da numerosi altri colleghi presenti all'università durante gli scontri e nelle fasi seguenti, verteva essenzialmente sull'ultima parte dell'intervento svolto dal sottosegretario Guerzoni, cioè su come garantire che gli studenti universitari - in questo caso dell'università La Sapienza, ma in generale di tutti gli atenei italiani - possano esprimere le loro idee in maniera democratica e pacifica, anche attraverso forme che sono proprie dei giovani, come riunioni ed assemblee o, come nel caso in questione, aventi un risvolto festaiolo, nel senso che quella sera nelle università si faceva musica, c'erano ragazzi giovani e giovanissimi, alle prime esperienze universitarie, i quali stavano ballando ed, appunto, ascoltando la musica.
PRESIDENTE. L'onorevole Urso ha facoltà di replicare per l'interrogazione Gasparri n. 3-00567, di cui è cofirmatario.
ADOLFO URSO. Signor Presidente, ovviamente sono del tutto insoddisfatto della risposta del sottosegretario, che è riuscito a censurare parzialmente il rapporto di polizia fornendo una risposta elusiva, pilatesca e in alcune parti grottesca, che lascia allibiti. Un esempio per tutti. Il sottosegretario ha preso più volte le distanze sottolineando che citava un documento di altri e, mentre in un primo momento gli studenti sono stati qualificati anche per la loro parte politica, quando egli ha parlato di bastoni nelle loro mani, il riferimento alla parte politica è scomparso. Prima erano studenti di destra e di sinistra poi, quando il sottosegretario ha detto che si erano concentrati davanti alla facoltà di lettere con bastoni e spranghe, erano soltanto studenti, gli stessi che poi sono rientrati nella facoltà di lettere!
GABRIELLA PISTONE. Certo!
ADOLFO URSO. Quando cioè si è chiaramente evidenziata la parte politica che aveva i bastoni in mano, il sottosegretario ha cancellato il riferimento a questa parte politica!
GABRIELLA PISTONE. No, caro! Tu non c'eri, io sì!
ADOLFO URSO. Capisco la reazione imbarazzata della collega di rifondazione comunista...
GABRIELLA PISTONE. Imbarazzata?
ADOLFO URSO. Sì, imbarazzata, come è emerso più volte nel suo intervento!
GABRIELLA PISTONE. Ma chi te lo ha detto?
ADOLFO URSO. Egli lo ha detto. Ripeto, ha detto che alcuni giovani armati di bastoni...
GABRIELLA PISTONE. Ma non è vero!
PRESIDENTE. Non ne faccia una questione personale!
ADOLFO URSO... si sono radunati fuori dalla facoltà di lettere; i bastoni compaiono solo a quel punto.
GABRIELLA PISTONE. Ma non è così! Quelli di destra avevano le bottiglie!
ADOLFO URSO. È stenografato, non c'è dubbio. Erano poi gli stessi giovani che si sono ritirati all'interno della facoltà di lettere, quindi quelli di sinistra, anche se egli non lo dice. La situazione è grottesca. Leggo testualmente dall'interpellanza della collega Pistone: «... una nuova serie di provocazioni ha riportato alcuni studenti di lettere, che assistevano al concerto, al di fuori dell'edificio...». Le provocazioni, cioè, come se fossero un camion, riportano fuori questi studenti che, secondo la polizia, avevano i bastoni. Lanciano poi due bombe carta - lo dice il sottosegretario - e sono studenti di sinistra, anche se egli, in quella fase, non lo vuole ammettere; lo sono chiaramente perché sono gli stessi studenti che rientrano nella facoltà di lettere. Guarda caso la facoltà di giurisprudenza è sgombrata pacificamente e secondo il rapporto del prefetto da cui il Governo prende le distanze - si dice «cito», come se si trattasse di qualcosa di altri, di cui non si vuole assumere la responsabilità - in quella facoltà non si registra alcun danno, mentre gravi danni vi sono alla facoltà di lettere, dove erano presenti anche elementi estranei che sembra siano stati denunciati alla magistratura.
GABRIELLA PISTONE. Ma per favore!
ADOLFO URSO. Garantire che cosa?
PRESIDENTE. Onorevole Urso, ha esaurito il tempo a sua disposizione.
ADOLFO URSO. Capisco, come dice la collega Pistone, che ha esperienza di lacrimogeni, ma noi abbiamo esperienza di sprangate sulla nostra testa.
GABRIELLA PISTONE. Vergogna!
PRESIDENTE. Segue l'interrogazione Saia n. 3-00276 (vedi l'allegato A).
LUCIANO GUERZONI, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica. Onorevole Presidente, onorevoli deputati, con l'atto ispettivo cui mi appresto a dare una sintetica risposta si pongono problemi e quesiti relativi all'applicazione della legge 18 febbraio 1989, n. 56. Come è noto tale legge, recante norme concernenti la professione di psicologo, dispone che per poter essere ammessi all'esame di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di psicologo è necessario aver conseguito la laurea in psicologia ed aver compiuto un tirocinio annuale post lauream.
PRESIDENTE. L'onorevole Saia ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00276.
ANTONIO SAIA. La ringrazio, signor Presidente.
Cominciamo con l'interpellanza Boato n. 2-00283 (vedi l'allegato A).
L'onorevole Boato ha facoltà di illustrarla.
Il problema posto da questa interpellanza è stato risolto, come si sa, dall'approvazione della legge n. 666 del 23 dicembre 1996. Tale legge autorizza l'utilizzo dei residui delle somme già stanziate allo scopo nel bilancio 1996, per completare fino alla scadenza il pagamento della convenzione tra il Ministero delle poste e la società titolare di Radio radicale, in questo caso, vorrei dire, in funzione di «radio Parlamento» (quindi a prescindere dall'identità politica). Il Governo, rispetto ad un atto dovuto quale di fatto è stato
quello di onorare un impegno assunto per contratto, non è riuscito ad assumere un'iniziativa autonoma. Tutti noi ricordiamo il periodo, anche tormentato, in cui si è collocata questa iniziativa. Ma debbo dare atto al Governo e in particolare al qui presente sottosegretario Vita - che ha seguito con grande attenzione, anche a nome del ministro Maccanico, tutta la vicenda - di aver sempre espresso parere favorevole quando il Parlamento, prima il Senato e poi la Camera, ha esaminato la proposta di legge che poi è stata approvata ed è diventata la legge n. 666. Qui alla Camera la legge n. 666 è stata approvata in seconda lettura, in sede legislativa, il 17 dicembre. Tale legge ha risolto il problema che noi avevamo posto il 7 novembre con l'interpellanza di cui ci occupiamo stamane.
Debbo anche dare atto, diciamo per memoria parlamentare, che la proposta era stata originariamente presentata al Senato e recava le firme dei senatori Salvi, La Loggia, Elia, D'Onofrio, Rigo, Semenzato, Marino, Del Turco e Folloni. Qui alla Camera, una proposta di legge del tutto analoga (che poi venne approvata in un testo unico) recava le firme degli onorevoli Boato, Mussi, Pisanu, Mattarella, Tatarella, Comino, Masi, Giovanardi e Paissan.
Ho voluto ricordare questi nomi intanto per dare atto ai colleghi di tutti i gruppi che si sono assunti questa corresponsabilità nell'iniziativa del sindacato ispettivo e legislativa ed anche per far capire quanto tale problema sia stato avvertito da questo Parlamento, al di là delle ovvie e legittime divisioni politiche che ci «attraversano» tutti, anche, per esempio, relativamente al soggetto politico che fa riferimento a Radio radicale. Ma sulla funzione di Radio radicale come «radio Parlamento» la convergenza è stata del tutto unanime.
Dai dati che ho ricordato appare quindi evidente quale sia stata la sproporzione tra la apparente semplicità e banalità del problema, quello cioè di un contratto in corso che impegna il Governo fino al novembre 1997, la mancanza di fondi per farvi fronte solo perché non era stato previsto per tempo il ricorso all'utilizzo dei residui già stanziati nel bilancio 1996, e l'imponenza della reazione e dell'iniziativa da parte di tutte le forze parlamentari perché venisse assicurata la prosecuzione del servizio di trasmissione delle sedute parlamentari. Ma tale sproporzione è davvero sintomatica dell'importanza che non solo i gruppi ma ciascun parlamentare giustamente annettono a questo servizio di informazione radiofonica sull'attività del Parlamento, anche per le modalità con cui viene effettuato e per i riconoscimenti - debbo dire unanimi - che ha sempre ottenuto.
Utilizzerei il tempo riservato all'illustrazione dell'interpellanza (anche perché altrimenti si arriva a discutere delle interpellanze spesso a fatto compiuto, con il rischio di un rito vuoto) per richiamare l'attenzione del sottosegretario Vita, il quale è sempre stato così sensibile e attento a tali problematiche, sulle questioni connesse alla fase ulteriore che si apre adesso.
Superato positivamente con l'approvazione della legge n. 666 il problema sollevato nell'interpellanza, resta il problema di come assicurare oltre la scadenza del contratto, che non è lontanissima (il 21 novembre 1997), il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari.
Il disegno di legge del Governo pone questo compito a carico della concessionaria del servizio pubblico e precisa che deve essere svolto in modulazione di ampiezza, cioè in onde medie. Sappiamo bene che, in Italia, l'utenza dell'onda media è andata progressivamente diminuendo, non solo per lo sviluppo enorme dell'emittenza radiofonica privata nella banda della modulazione di frequenza, ma anche perché la RAI non ha mai provveduto ad adeguare sul piano tecnico gli impianti delle proprie reti operanti sulla banda delle onde medie.
L'utilizzo dell'onda media per la trasmissione delle sedute parlamentari significherebbe pertanto, di fatto, un grave impoverimento del servizio, che determinerebbe una riduzione inevitabile del numero di utenti rispetto a quelli attuali.
Un servizio di questo tipo deve semmai avere la possibilità di crescere in termini di utenza rispetto a quello fornito oggi da Radio radicale e non deve invece essere depauperato di strumenti tecnici, come mi pare accadrebbe con la previsione del servizio in onde medie.
La proposta di utilizzo dell'onda media d'altra parte nasce da quanto previsto nell'ultimo contratto di servizi tra la RAI e il Ministero delle poste, scaduto il 31 dicembre 1996.
In quel contratto erano esplicitate le modalità di realizzazione, da parte della RAI, della rete per la trasmissione delle sedute parlamentari. Questa, in base al contratto di servizio, avrebbe dovuto essere realizzata dalla RAI utilizzando, appunto, gli impianti in onda media attualmente in uso per il terzo programma radiofonico. E siccome un impianto non può essere impiegato per far ascoltare due programmi, se questa soluzione venisse realizzata, si determinerebbe, al tempo stesso, l'impoverimento del terzo programma, che attualmente utilizza la rete in onda media per integrare la rete in modulazione di frequenza e si metterebbe anche a disposizione per la trasmissione delle sedute parlamentari una rete che da sola è del tutto inadeguata alle esigenze di un servizio che deve essere a disposizione del maggior numero possibile di cittadini.
Io credo, pertanto, che occorra che sia la legge sia il nuovo contratto di servizi - e per questo sottopongo il problema all'attenzione sensibile del sottosegretario Vita e poi del ministro Maccanico - prevedano che questo servizio venga assicurato innanzitutto da una rete nazionale in modulazione di frequenza e che questa debba essere effettivamente realizzata. Fino a quando essa non verrà completata bisognerà ricorrere - e il sottosegretario Vita ricorda che abbiamo approvato in Commissione cultura, in sede legislativa, proprio votando la legge n. 666, un ordine del giorno in questa direzione che il Governo accolse e su cui l'allora relatore Giulietti espresse parere assolutamente favorevole - al rinnovo della convenzione con emittenti private. Ciò finché non sarà completato un effettivo canale da parte della RAI che permetta di garantire l'attuale livello di servizio (possibilmente migliorandolo).
A questo riguardo ho qui con me alcune informazioni che attengono al livello di ascolto finora garantito dall'attuale servizio di Radio radicale in funzione di «radio Parlamento», ma mi riservo di renderle note al Parlamento e al Governo in sede di replica.
Facciamo altresì presente che è in corso di definizione il contratto di servizio tra lo Stato e la concessionaria pubblica radiotelevisiva, in cui il tema da lei e dai colleghi utilmente sollevato è riaffrontato con la previsione di una rete radiofonica dedicata alle sedute parlamentari.
Stiamo verificando con i competenti organismi tecnici l'opportunità di dedicare a questa importante componente dell'informazione una rete in modulazione di frequenza in luogo di una rete in modulazione di ampiezza, come precedentemente considerato. Naturalmente valuteremo i tempi dell'applicazione di questa previsione positiva e verificheremo anche come non lasciare scoperto o vacante un
ruolo così delicato quale quello che oggi svolge Radio radicale.
Il problema da cui originariamente prendeva le mosse la nostra interpellanza è stato risolto con la legge n. 666 e mi pare si sia preso anche atto del fatto che, scaduto il 31 dicembre 1996 il contratto di servizio tra RAI e Ministero delle poste, nel rinnovare il contratto di servizio stesso bisogna innovare passando dalla ipotesi della rete in onda media alla rete in modulazione di frequenza. Mi fa piacere che il rappresentante del Governo su questa proposta sia in perfetta sintonia con noi; in questo caso il termine è esatto, tanto più che parliamo di trasmissioni radiofoniche.
Per quanto riguarda il periodo di tempo necessario per realizzare la rete in modulazione di frequenza da parte della RAI che potenzi il servizio attualmente reso da Radio radicale e la situazione attuale per non avere dei vuoti informativi in un servizio così delicato ed importante per i moltissimi cittadini che lo utilizzano, mi pare che il rappresentante del Governo abbia lasciata aperta la possibilità di adottare una iniziativa che garantisca questa continuità, in coerenza con l'ordine del giorno accolto dal Governo in Commissione cultura nel dicembre scorso, quando abbiamo approvato la legge ricordata. A tale riguardo è forse utile, quindi, fornire al Parlamento e al Governo - anche se penso che quest'ultimo disponga già di tali elementi - alcuni sintetici dati informativi riguardo alle ore di trasmissione delle sedute parlamentari realizzate nell'ultimo periodo.
Per quanto riguarda il periodo dal 21 novembre 1994 al 20 novembre 1995, sono state trasmesse 1.233 ore di informazione parlamentare; le ore dedicate ai lavori d'aula della Camera e del Senato sono state 867, con una percentuale sul totale del 70,29 per cento. Nel periodo successivo, dal 21 novembre 1995 al 20 novembre 1996, sono state trasmesse 928 ore di informazione parlamentare e sono state dedicate ai lavori d'aula della Camera e del Senato 693 ore, con una percentuale che è passata dal 70,29 al 74,68 per cento, quindi è aumentata; teniamo presente, a tale proposito, che in mezzo vi è stato il periodo delle elezioni politiche, quindi non vi è stata attività parlamentare per un certo periodo. L'ascolto medio settimanale assicurato alle sedute parlamentari è stato di 2 milioni e mezzo di ascoltatori, sulla base dell'indagine Audiradio per il 1996. Pur non essendo possibile, per la specificità del programma, ottenere gli stessi ascolti dei programmi di intrattenimento delle emittenti commerciali, si tratta del più elevato ascolto tra le emittenti di informazione private italiane. Per di più, per quanto riguarda il bacino di utenza di Radio radicale, in occasione della vicenda relativa ai diritti radiotelevisivi sul calcio e della relativa vertenza RAI-Cecchi Gori, la presidente della RAI, Letizia Moratti, commissionò un'indagine per individuare quali emittenti radiofoniche nazionali assicurassero una copertura tecnica del territorio tale da garantire la diffusione contrattualmente prescritta, in quel caso, per le partite di calcio. Ebbene, quella indagine è tornata utile, perché la rilevazione fatta in quel caso certificò che Radio radicale risulta essere, per quanto attiene all'aspetto della copertura del bacino di utenza, fra le prime tre emittenti private nazionali.
Per quanto attiene poi all'aspetto finanziario talora sollevato da qualche singolo collega - il che è comprensibile, ma a volte ciò viene fatto anche per mancanza di informazione -, dobbiamo tener conto che la trasmissione delle sedute parlamentari preclude di fatto l'accesso al
mercato pubblicitario, sia perché la norma che istituisce la convenzione e la convenzione stessa vietano la trasmissione di annunci pubblicitari nel corso della trasmissione delle sedute parlamentari, in prossimità dell'inizio e della fine di dette trasmissioni, sia perché la pubblicità richiede una regolarità di messa in onda che non può essere assicurata, data l'irregolarità dell'orario delle stesse trasmissioni parlamentari.
A tale proposito è bene sottolineare che emittenti private che dispongono di copertura di territorio analogo a quello di Radio radicale registrano ricavi pubblicitari di diverse decine di miliardi l'anno.
Voglio ricordare che, ove la RAI decidesse di dare inizio alla trasmissione delle sedute parlamentari utilizzando, come previsto dal contratto di servizi tra RAI e Ministero delle poste, gli impianti di onda media (mi sembra comunque che le parole del sottosegretario Vita abbiano lasciato intendere che tale questione è stata superata) attualmente utilizzati per la diffusione del terzo programma radiofonico, offrirebbe un servizio enormemente inferiore rispetto a quello attualmente assicurato da Radio radicale.
Lo stesso contratto di servizi infatti prescrive o prescriveva, dal momento che è scaduto il 31 dicembre scorso, che la RAI raggiungesse una copertura di popolazione con gli impianti in onda media del terzo programma pari al 46 per cento, a cui corrisponde una copertura del territorio pari solo al 7 per cento.
Si tratta di obiettivi che la RAI deve ancora raggiungere e quindi oggi non dispone nemmeno di questo bacino di utenza che sarebbe comunque enormemente - sottolineo l'avverbio «enormemente» - inferiore a quello messo a disposizione da Radio radicale nella sua funzione di trasmissione dei lavori parlamentari.
Signor Presidente, chiedo scusa per la noia provocata con la elencazione di tanti dati, ma essi rivestono notevole importanza soprattutto quando riguardano l'informazione sull'attività parlamentare. È utile infatti avvalersi di dati obiettivi raccolti da soggetti terzi per avviarsi nella direzione indicata anche dal sottosegretario. Mi riferisco all'introduzione della modulazione di frequenza per la RAI, alla realizzazione di quella rete che permetta di offrire, con un bacino di ascolto adeguato, l'informazione sull'attività parlamentare colmando il vuoto che inevitabilmente ne deriverà attraverso il rinnovo della convenzione con quei soggetti che saranno in grado di concorrere al riguardo.
Segue l'interrogazione Marengo n. 3-00548 (vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni ha facoltà di rispondere.
In ottemperanza a tale accordo la concessionaria ha fatto presente di aver sostenuto per il programma in questione i costi necessari per l'effettuazione delle 32 ore di diretta televisiva (lire 650 milioni circa).
In proposito, la medesima RAI ha precisato che nel corso della maratona televisiva non è stata effettuata alcuna raccolta di denaro, ma ci si è limitati a registrare le promesse di offerta; della materiale raccolta di denaro, infatti, sono stati incaricati la Banca nazionale del lavoro (BNL), Cartasì ed il servizio dei conti correnti postali.
Nel far presente, inoltre, che gli ospiti invitati hanno partecipato a titolo gratuito, la predetta concessionaria, nell'elenco che segue, ha indicato i programmi recentemente trasmessi a scopo benefico: Regalo di Natale, in onda il 29 dicembre 1995 e il 5 gennaio 1996 (760 milioni); Festa della mamma, in onda il 12 maggio 1996 (i relativi costi rientrano nell'accordo quadro RAI-Antoniano); Partita del cuore, in onda il 7 giugno 1996 (180 milioni); Angeli sotto le stelle, in onda il 12 giugno 1996 (142 milioni); Live Aids: insieme per la speranza, in onda il 25 giugno 1996 (225 milioni); Speciale Domenica in: insieme per la speranza, in onda il 5 novembre 1996 (200 milioni); Festival dello zecchino d'oro, in onda il 17 novembre 1996 (i relativi costi rientrano nel citato accordo quadro RAI-Antoniano); Regalo di Natale, in onda il 19 dicembre 1996 (673 milioni).
Anche in occasione dei programmi indicati, ha concluso la RAI, sono state registrate e divulgate le promesse di offerta, senza provvedere però alla raccolta dei fondi, che è stata operata attraverso le banche, le carte di credito e i conti correnti postali di volta in volta indicati dalle istituzioni e dagli enti che hanno promosso le campagne di beneficenza: eventuali controlli fiscali o sulla gestione dei fondi raccolti dovrebbero, pertanto, essere effettuati presso tali organismi.
Nella mia interrogazione ho chiesto inoltre se lo Stato eserciti controlli sulla destinazione del danaro raccolto a scopo benefico. Ho avanzato tale richiesta perché numerosi italiani elargiscono quotidianamente contributi a queste associazioni benefiche o presunte tali; e qualche volta leggiamo sui giornali di arresti di funzionari o di esponenti di tali associazioni. Questo era lo scopo della interrogazione: gli italiani vogliono sapere quanti di quei 40 miliardi di promesse raccolti da Telethon siano stati realmente versati e che fine abbiano fatto. Si vuole conoscere l'utilizzo di tali somme, anche per stimolare il cittadino italiano, in una occasione successiva, a contribuire di più.
Questo, e soltanto questo, era lo spirito della mia interrogazione, e lei, signor sottosegretario, converrà con me quando affermo che è stato eluso. Non posso quindi dichiararmi soddisfatto della risposta.
Riguardo al futuro, signor sottosegretario, non starò a guardare quei 3 miliardi spesi dalla RAI per la organizzazione di queste manifestazioni (ben vengano!), ma è bene che lo Stato ed il nucleo di polizia tributaria vigilino sull'utilizzo di tali somme, garantendo soprattutto 57 milioni di italiani sulla giusta destinazione delle stesse, che devono realmente essere impiegate a favore dei portatori di handicap. Preciso che con la mia interrogazione non si intendeva mettere assolutamente in discussione la necessità per queste associazioni di reperire quelle somme; ma si voleva soltanto - ed è importante farlo - accertare che quei soldi siano destinati agli scopi per i quali si chiede agli italiani di elargirli. Preciso inoltre che questo tipo di richieste avviene continuamente perché, oltre alle 7 manifestazioni, vi sono migliaia di associazioni che truffano la buona fede degli italiani carpendo loro danaro, che magari potrebbe essere destinato per scopi migliori.
Questa interpellanza e questa interrogazione, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
L'onorevole Pistone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00339.
Va precisato che la descrizione dei fatti, nella loro sequenza, è riportata in un'apposita relazione predisposta dagli ufficiali di polizia che hanno svolto servizio quella notte all'interno dell'università La Sapienza di Roma. Tale relazione non è stata trasmessa al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e quindi non è conosciuta né da me né dal rettore dell'università La Sapienza. Tuttavia, il ministro dell'interno ha fatto pervenire una nota, a firma del prefetto di Roma, in cui sono descritti i fatti in questione su cui mi accingo sinteticamente a riferire.
Nei primi giorni del mese di dicembre scorso sono state occupate, all'interno dell'università, le facoltà di lettere e di giurisprudenza, rispettivamente da studenti riconducibili all'area della sinistra e a quella della destra. Nella tarda serata di sabato 14 dicembre era stato organizzato un concerto nell'«aula Galasso» di giurisprudenza e contemporaneamente una cena sociale a lettere con la finalità dichiarata di reperire fondi per il prosieguo dell'occupazione.
Da informazioni assunte, le forze di polizia appresero che all'interno delle due facoltà occupate erano stati occultati bastoni, catene ed altri oggetti atti ad offendere. Nella stessa giornata del 14 dicembre il rettore - su segnalazione del questore di Roma che paventava nelle ore notturne uno scontro tra persone, non necessariamente studenti, appartenenti a schieramenti opposti - ha richiesto l'intervento della forza pubblica al fine di prevenire turbative all'ordine pubblico e soprattutto al fine di evitare danni alle persone e alle cose.
«In effetti» - cito la nota che ci è stata fatta pervenire dal Ministero dell'interno a firma del prefetto di Roma - «nella tarda serata del 14 sono confluiti nelle due facoltà numerosi giovani provenienti dalle due manifestazioni che si erano nel frattempo tenute, quella dei giovani riconducibili all'area della sinistra, da piazza della Repubblica a piazza Santi Apostoli, e quella dei giovani riconducibili all'area della destra al quartiere Primavalle». Alle ore 23,30, secondo quanto indicato dal prefetto nella nota in questione «gli studenti e gli altri giovani presenti all'università si sono raggruppati, quasi simultaneamente, all'esterno degli edifici, dando vita ad una contrapposizione verbale a distanza e scandendo slogan».
A questo punto sono intervenute le forze dell'ordine che, frappostesi tra i manifestanti, hanno evitato qualsiasi contatto fisico tra i due gruppi ristabilendo la calma. Alle ore 1 del 15 dicembre, tuttavia, alcuni giovani armati di bastone si sono radunati sotto la facoltà di lettere, fronteggiando i contingenti di polizia e i carabinieri. Mentre i funzionari di pubblica sicurezza e gli ufficiali dell'arma cercavano di far desistere i manifestanti da qualsiasi attività illecita, sono stati fatti oggetto di un improvviso lancio di pietre, bottiglie e di due «bombe carta». Si è reso necessario, quindi, secondo quanto riferito nella nota del prefetto, che nuovamente cito, «fare ricorso ad una breve carica di alleggerimento e al lancio di alcuni lacrimogeni a seguito dei quali i dimostranti si sono precipitosamente ritirati
all'interno della facoltà di lettere». Verso le ore 3 del 15 dicembre, infine, sono giunti, chiamati dagli occupanti, alcuni parlamentari del gruppo di rifondazione comunista-progressisti che hanno chiesto ai funzionari di polizia di non intervenire con la forza, assicurando che avrebbero convito gli occupanti a lasciare spontaneamente la citata facoltà di lettere. Ciò si è puntualmente verificato.
Nel contempo anche i giovani riconducibili all'area dell'estrema destra, invitati anch'essi a liberare la facoltà di giurisprudenza, hanno lasciato spontaneamente liberi i locali. La situazione all'interno dell'università La Sapienza di Roma si è pertanto normalizzata alle ore 4 circa del 15 dicembre.
Al termine dell'occupazione, comunque, sempre in base a quanto riferito nella più volte citata nota del prefetto, mentre la facoltà di giurisprudenza è stata riconsegnata al preside senza che si sia rilevato alcun danno al suo interno, nella facoltà di lettere «sono stati riscontrati» - cito testualmente dalla nota del prefetto - «gravi danni documentati con rilievi fotografici effettuati dalla polizia scientifica».
In ogni caso, qualora questa Assemblea lo ritenesse opportuno, il signor ministro dell'interno potrà direttamente riferire con precisione e con maggiore cognizione diretta e nei dettagli in merito allo svolgimento dei fatti sui quali, com'è comprensibile, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica non ha alcuna competenza.
Alla luce, comunque, dei fatti in precedenza descritti, risultano motivi a sostegno dell'intervento della forza pubblica; gli incidenti ed i danni conseguenti rilevati all'interno della facoltà di lettere, l'entità dei quali è ancora da valutare da parte dell'ufficio tecnico dell'ateneo, sembrano essere stati causati non solo da alcuni studenti ma anche da altri elementi estranei, tra cui - parrebbe - noti esponenti della cosiddetta autonomia romana, riconosciuti dal personale operante e denunciati all'autorità giudiziaria per l'accertamento dei reati eventualmente commessi.
Il rettore, inoltre, si è tenuto continuamente in contatto con la forza pubblica, seguendo in ogni momento l'andamento della situazione all'interno dell'ateneo e giudicando «corretto il comportamento della forza pubblica».
Quanto alla tutela della libertà degli studenti universitari di manifestare democraticamente le loro idee, esigenza ribadita in entrambi gli strumenti parlamentari ai quali sto rispondendo, è compito anzitutto del rettore, nell'autonomia istituzionale propria delle università, garantire il corretto confronto tra tutti gli studenti.
Il ministro solleciterà comunque ogni ateneo a fare tutto quanto è opportuno per mantenere condizioni di civile convivenza e di libera espressione di idee anche molto diverse tra loro, con l'esclusione di ogni forma di provocazione, violenza e vandalismo.
Desidero aggiungere che siamo ben consapevoli delle ragioni di un diffuso disagio degli studenti delle nostre università, con particolare riferimento a quella grande massa di studenti che si concentra nei cosiddetti mega-atenei. Siamo consapevoli di tale disagio e soprattutto delle ragioni che lo provocano; ci stiamo adoperando - è questo un impegno programmatico specifico del ministero - per approntare tutte le misure e le iniziative atte a superare tale situazione che in alcuni casi è di grave disagio. Anche in ordine ad una vicenda che in questi giorni, in queste ore è in particolare oggetto di attenzione e di tensione, quella che va sotto il nome di numero chiuso, il ministero si sta adoperando per raggiungere un'intesa tra le rappresentanze degli studenti, quelle dei rettori e le parti sociali in quanto firmatarie dell'accordo Governo-parti sociali che contiene due importanti capitoli, rispettivamente sulla formazione e sulla ricerca. Il ministero, come dicevo, si sta adoperando perché si arrivi ad una soluzione concordata, concertata di questa materia, in un quadro di iniziative che lo stesso dicastero e gli atenei si impegnano ad assumere per garantire a tutti i giovani la tutela del diritto, costituzionalmente sancito, ai più alti gradi dell'istruzione. Ci
stiamo impegnando anche con una serie di misure per il diritto allo studio, per la programmazione sul territorio dello sviluppo universitario e degli accessi agli atenei, in modo da superare una delle ragioni più gravi del disagio, che il ministero ritiene consistere nell'eccessiva concentrazione della popolazione studentesca in alcuni atenei, con un forte squilibrio di tutto il nostro sistema universitario.
In questo senso il Governo si è impegnato, ottenendo il conforto del voto del Parlamento, con norme apposite contenute nel provvedimento collegato alla legge finanziaria 1997, per affrontare con incisività e speditezza il problema del decongestionamento dei mega-atenei.
Sono allora veramente indignata di come i colleghi di alleanza nazionale presentano la vicenda nella loro interrogazione, in cui chiedono come si configuri il comportamento dei deputati di rifondazione comunista, i quali hanno dimostrato soltanto un alto senso di responsabilità recandosi sul luogo alle 2 del mattino; certamente non mi sono divertita, perché ero a letto e sarei stata meglio a casa mia.
Tuttavia, siamo andati all'università; e certamente nessuno di noi si è scagliato contro la polizia a favore dei ragazzi. Non è questo il tema che mi interessa, assolutamente. Mi rendo conto che in casi del genere le responsabilità nascono dalle circostanze che si vengono a creare: quando siamo arrivati era stato fatto uso di lacrimogeni (ne ho raccolti io stessa dodici o tredici all'interno della facoltà), vi erano vetri infranti che avevano causato piccole ferite ai ragazzi, l'aria era irrespirabile e gli studenti si comportavano come schegge impazzite. Chi ha esperienza di lacrimogeni sa che in questi casi manca il respiro, la gola brucia e si ingenerano situazioni di panico difficili da controllare. Desidero inoltre sottolineare che, oltretutto, si trattava di giovani che si trovavano lì dentro soltanto per ballare e che non stavano assolutamente partecipando a quanto avveniva fuori, in maniera un po' provocatoria; pertanto probabilmente la situazione si sarebbe potuta risolvere in maniera più tranquilla. Invece vi era un enorme schieramento di forze di polizia, che in sé non vorrebbe dire nulla, se non per il fatto che ha caricato di significato le conseguenze che l'evento avrebbe potuto produrre.
Nell'interpellanza da noi presentata abbiamo esposto come si sono svolti i fatti, dando conto della nostra azione pacifica, volta a riportare la calma all'interno della facoltà ed a restituire tranquillità ai ragazzi, che erano spaventatissimi proprio a causa della sensazione di soffocamento. È evidente che i disordini maggiori siano avvenuti nella facoltà di lettere, perché è stato proprio lì, e non in quella di giurisprudenza, che sono stati impiegati i lacrimogeni.
Mi auguro che il ministro, i sottosegretari e quanti si occupano della materia, nonostante le divergenze che il gruppo di rifondazione comunista ha manifestato
rispetto ai problemi dell'università e della scuola nella sua generalità, si impegnino a cercare uno sbocco positivo per la soluzione dei problemi, cominciando con l'instaurare un dialogo stretto fra ministro e studenti sia nelle scuole superiori sia nell'università, affinché la scuola possa realmente essere un'opportunità di formazione per tutti coloro che vogliono accedervi, senza distinzione di classi sociali, di età o di quant'altro. Da parte nostra siamo convinti assertori del principio della libertà dello studio, della libertà della formazione, nonché del diritto allo studio, anche se improntato a formule più idonee.
Tutti sappiamo che le grosse concentrazioni non producono effetti positivi e probabilmente sarebbe più opportuno ridurre dal punto di vista numerico le facoltà, sostituendo i mega atenei con piccoli atenei, che sono più a dimensione di studente e rendono più agevole il rapporto tra i docenti e gli studenti stessi.
Ritengo però che il problema non si risolva solo sulla base di queste indicazioni. Occorre portare avanti un discorso di fondo, che comporti il coinvolgimento degli studenti e il rispetto dei loro diritti, per cercare di ottenere risultati per loro vantaggiosi. Poiché essi inoltre rappresentano il futuro della nostra nazione, occorre impegnarsi per dare loro uno sbocco lavorativo, assecondando in tal modo le loro richieste. Bisogna quindi attivarsi per dare agli studenti un progetto di lavoro.
Sono queste le richieste che abbiamo formulato nella nostra interpellanza; il sottosegretario ha fornito ad esse una risposta, almeno in parte. Ovviamente vigileremo e seguiremo l'evolversi della situazione affinché non vengano traditi i sogni, le speranze e i diritti di migliaia di giovani.
Solo in parte il sottosegretario è riuscito a censurare il rapporto di polizia. Tra l'altro, vorremmo capire come mai il ministro dell'interno si è riservato di intervenire successivamente. Quando deve intervenire? Sono passati mesi, oggi discutiamo in quest'aula una nostra interrogazione rivolta al ministro dell'interno e il sottosegretario qui presente afferma di parlare a nome del ministro dell'università e della ricerca scientifica, mentre il ministro dell'interno si è riservato di intervenire ove ne facessimo richiesta. Noi ne abbiamo fatto richiesta per oggi! Questo atteggiamento è veramente inqualificabile
e denota una mentalità orwelliana, volta a cancellare la realtà e a legittimare la violenza.
Tale fatto, peraltro, emerge nonostante i ripetuti tentativi di censurare e di prendere le distanze da un rapporto di polizia. È altrettanto vergognoso che non si dia solidarietà né alle forze dell'ordine né a chi ha subito quella violenza: gli studenti che volevano studiare, il rettore ed il professor Paratore. All'inizio, nel rapporto del prefetto era scritto che si aveva sentore che bastoni o armi di altra natura fossero nascosti all'interno dell'università; quando poi si descrive la vicenda si capisce che quei bastoni li avevano soltanto i giovani di sinistra.
LUCIANO GUERZONI, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica. È stenografato, vedremo.
Ci riteniamo quindi del tutto insoddisfatti della risposta e del tentativo, operato anche dal Governo in questa sede, di manipolare la realtà, tentando di nascondere quello che è ormai evidente a tutti, ossia che vi erano due iniziative studentesche, una a giurisprudenza, che non bloccava la didattica, ed una a lettere, che occupava la facoltà e bloccava la didattica. È evidente a tutti che gli studenti di sinistra - e solo loro - avevano i bastoni in mano, come risulta dal rapporto del prefetto; è evidente a tutti che la polizia è dovuta intervenire e mi dispiace che la collega di rifondazione parli della presenza di deputati per garantire; che cosa, che gli studenti potessero fare uso di quei bastoni?
Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica ha facoltà di rispondere.
In deroga a tale norma ed in via transitoria l'articolo 34 della stessa legge ha tuttavia esteso il diritto all'ammissione agli esami di Stato a coloro che, pure in difetto del possesso della laurea in psicologia, al momento dell'entrata in vigore della legge risultavano iscritti ad un corso di specializzazione almeno triennale in psicologia o in uno dei suoi rami e che avessero in seguito conseguito il relativo diploma e compiuto un anno di documentata pratica professionale. In sede di applicazione della legge, a seguito di richieste avanzate da numerosi istituti e scuole private, si pose il problema se la norma transitoria si riferisse a corsi post lauream attivati da scuole di specializzazione universitarie o anche a percorsi formativi che non presupponevano la laurea e attivabili in quanto tali da istituti privati.
Con riferimento a tale problematica, il ministero allora autorizzò in un primo tempo le università sedi di esami di Stato per la predetta abilitazione a concedere l'ammissione con riserva agli aspiranti che avevano conseguito il diploma presso istituti o scuole private, precisando che lo scioglimento della riserva era collegato all'accoglimento o meno dell'istanza di riconoscimento presentata dagli stessi istituti e scuole, ai sensi dell'articolo 3 della stessa legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Avendo il cennato provvedimento di ammissione con riserva sollevato perplessità per la possibile violazione dei principi ispiratori della legge, intesi a garantire un elevato livello qualitativo dei candidati all'iscrizione all'albo professionale, il ministero in un momento successivo sottopose la questione al Consiglio di Stato, che, con due successivi pareri, n. 84 del 1994 e n. 817 del 1994, affermò che sussistevano i presupposti giuridici per procedere all'autoannullamento dei provvedimenti di ammissione con riserva, sia nei confronti dei richiedenti sprovvisti di laurea che avevano chiesto di essere ammessi a sostenere l'esame per esercitare la professione di psicoterapeuta (oggetto quest'ultima di una specifica disciplina nella stessa legge in questione), sia nei confronti degli aspiranti all'esercizio dell'attività di psicologo che, non essendo muniti di laurea, risultavano in difetto anche di uno solo dei requisiti previsti dal richiamato articolo 34.
Il Consiglio di Stato in tale occasione affermò infatti che l'espressione «corso di specializzazione», di cui all'articolo 34 della predetta legge n. 56, doveva necessariamente riferirsi ad attività formativa post lauream esercitata, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, da scuole di specializzazione istituite dalle università. Diversamente opinando significherebbe, ad avviso del Consiglio di Stato, ricondurre le scuole di cui fa menzione il detto articolo 34 ad un genere imprecisabile, tale dunque da vanificare sostanzialmente la norma o altrimenti ne conseguirebbe l'autolegittimazione delle scuole, in assenza di ogni riconoscimento pubblico; il che sarebbe in contraddizione con il valore legale del titolo da esse rilasciato, valore legale che la stessa norma postula.
Ad avviso del Consiglio di Stato, esistevano altresì i presupposti per l'autoannullamento nell'ipotesi che gli interessati avessero conseguito il diploma presso scuole successivamente riconosciute, ai
sensi dell'articolo 3 della richiamata legge n. 56 del 1989, attesa l'irretroattività del predetto riconoscimento.
Pertanto, con nota del 24 luglio 1994, l'allora dipartimento per l'istruzione universitaria invitò le competenti autorità accademiche ad adeguarsi ai sopra richiamati pareri del Consiglio di Stato. A seguito di ciò, avverso i provvedimenti rettorali di annullamento delle ammissioni gli interessati hanno proposto numerosi ricorsi giurisdizionali. Debbo far presente che le pronunce in sede giurisdizionale finora pervenute al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica sono state comunque sfavorevoli ai ricorrenti.
L'unica eccezione al predetto orientamento sfavorevole della giurisprudenza è rappresentato dalla sentenza del tribunale amministrativo regionale della Liguria, menzionata nell'interrogazione in oggetto, che tuttavia sembra priva di attualità poiché il giudice amministrativo nel caso specifico non ha esaminato il provvedimento di annullamento delle ammissioni né è intervenuto in relazione agli accennati pareri del Consiglio di Stato ai quali invece si è conformato il ministero.
Tutto ciò premesso, il Governo si riserva in ogni caso di intervenire anche con un'eventuale iniziativa legislativa, ove se ne ravvisasse la necessità, per risolvere le varie questioni attinenti all'attuazione e alla interpretazione della legge n. 56 del 1989. Occorre infatti considerare come il mutamento nel tempo dell'indirizzo ministeriale abbia oggettivamente determinato conseguenze negative su coloro i quali si sono sottoposti alle procedure previste dalla legge n. 56 del 1989.
In particolare desidero informare gli interroganti che il ministero sta assumendo l'iniziativa, anche in base a successivi indirizzi espressi dal Consiglio di Stato, di definire un nuovo ordinamento degli studi di formazione in psicoterapia presso gli istituti e scuole non statali, e un apposito schema di regolamento per il riconoscimento di tali istituti e scuole,così come prevede la legge stessa, riattivando quindi una procedura che si era interrotta a seguito di una delle richiamate sentenze del Consiglio di Stato (interruzione che è, in buona parte, all'origine del contenzioso tuttora aperto).
È convinzione del ministero che operando in coerenza con lo spirito e la lettera della legge n. 56 del 1989 si possa pervenire, anche sulla base delle pronunce successive del Consiglio di Stato, ad una soluzione equa e trasparente per la generalità degli aspiranti al riconoscimento della loro formazione specifica in psicoterapia.
Signor sottosegretario, nel ringraziarla e nel cogliere le speranze contenute nelle sue affermazioni conclusive, non posso non sottolineare l'assoluta insoddisfazione per quello che è stato il comportamento del Governo italiano, dello Stato italiano, nei confronti dei cittadini, ancora una volta maltrattati, bistrattati e non considerati come esseri umani! Non riesco a capire come un paese civile, che si candida ad entrare in Europa, possa comportarsi in un simile modo.
Pensi che, in passato, c'era una normativa in base alla quale per la formazione di tante professioni parasanitarie, compresa quella degli psicologi, non era prevista la laurea ma dei corsi di formazione. Ad un certo momento la normativa è cambiata e ha creato dei corsi universitari per gli psicologi, per gli infermieri professionali, per i terapisti della riabilitazione, per i logopedisti, per i tecnici di radiologia. Bene, da quel momento è cambiata la normativa; ma si vuol tener presente che tutto ciò che è avvenuto prima, ossia con la vecchia normativa, è equipollente a quanto è avvenuto successivamente? Oppure possiamo dimenticare che prima, per quelle professioni, non esisteva una formazione universitaria?
Nel momento in cui cambia la normativa, si vuole prevedere con chiarezza quali debbano essere i passaggi per consentire a chi si è formato prima di avere
un titolo equipollente a chi si formerà dopo?
Anche una volta approvata la legge, il Governo ha impiegato tre anni per fare l'esame di Stato per l'abilitazione. In quel periodo avrebbe potuto e dovuto dire quali scuole fossero riconosciute e quali dessero diritto ad accedere all'abilitazione.
Nel 1993 sono stati fatti gli esami di Stato e coloro i quali avevano frequentato tali corsi in precedenza presso strutture pubbliche o private sono stati ammessi a sostenerli con riserva per l'inadempienza del Governo che non aveva chiarito i criteri di ammissione.
Signor Presidente, signor sottosegretario, al di là delle critiche che si possono muovere su come l'esame di Stato si svolge, se siamo in un paese serio, chi lo supera deve ritenersi, per lo Stato italiano, idoneo a svolgere quella professione.
Quanti si erano formati in psicologia hanno sostenuto nel 1993 un esame di Stato articolato su tre prove perché ammessi con riserva e lo hanno superato. Quindi lo Stato italiano ha accertato la loro idoneità a svolgere la professione di psicologo. Questo se il nostro è un paese serio!
Dopo due anni in cui essi sono stati iscritti con riserva negli albi degli ordini ed hanno avviato la loro attività, aprendo ambulatori, una sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che vi sono gli estremi perché si possa procedere all'annullamento.
Non sono un giurista, tuttavia non mi pare che quella sentenza preveda che il Governo debba procedere all'autoannullamento. Secondo me sarebbe stato giusto che il Governo italiano, cosciente dei gravi ritardi, avesse indicato quali scuole dovessero ritenersi valide per l'accesso all'esame di Stato: ha avuto cinque anni di tempo, ma non lo ha fatto! A quel punto sarebbe stato logico che avesse fissato dei criteri per convalidare l'esame di Stato a questi professionisti che avevano studiato, si erano formati e lo avevano superato, impegnando anche risorse economiche per aprire ambulatori. Non è possibile che, dopo cinque anni, il Governo consenta alle università di fare decreti di autoannullamento, dai quali risulti che gli esami di Stato sostenuti e superati non sono validi e che pertanto gli ambulatori aperti debbono essere chiusi.
Signor sottosegretario, so che il Governo attualmente in carica non è responsabile di tali inadempienze: è evidente. Tuttavia esso non può non cercare di sanare gli errori compiuti da altri governi, perché è comunque un Governo della Repubblica italiana che ha posto questi cittadini nelle condizioni che ho descritto ed è dunque il Governo della Repubblica italiana che oggi ha il dovere di sanare la situazione e di trovare una via d'uscita. Se essa debba essere un ulteriore esame, una prova da svolgersi nelle università e via dicendo potrà vedersi, ma non si può negare a questi professionisti, che sono stati costretti ad impegnarsi, a superare esami e che poi hanno potuto aprire ambulatori, di esercitare quella professione a cui legittimamente aspirano.