Seduta n. 60 del 25/9/1996
(pomeridiana)

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La seduta, sospesa alle 18,20, è ripresa alle 18,30.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

Commemorazione di Sandro Pertini
nel centenario della nascita.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui i deputati ed i membri del Governo). Come sapete, colleghi, oggi ricorre il centesimo anniversario della nascita di Sandro Pertini, che è stato Presidente di questa Camera.
La vita di Sandro Pertini coincide con la storia del Novecento. Egli è stato protagonista di questo secolo come pochi altri uomini politici italiani. Lo ha vissuto in maniera diretta ed intensa, non da spettatore ma da protagonista, che accetta la responsabilità di essere dentro i fatti della storia, che assume il peso di scelte difficili ed anche impopolari pur di realizzare nella realtà della vita quotidiana i valori e i principi in cui crede.
Pertini era capace di tenere uniti lo slancio ideale e l'azione politica concreta. Mirava al cuore dei problemi che si trovava ad affrontare. Non amava le forme fini a se stesse. Ma come tutti i democratici della sua generazione aveva profondamente radicato dentro di sé il senso della dignità delle istituzioni, manifestato non attraverso la pompa o la cerimonia, ma attraverso la capacità di parlare, di dialogare, di allacciare relazioni di fiducia e di comprensione. Mai il suo disinteresse per la forma divenne sciatteria. Era il modo per costruire rapporti concreti che quella forma, appunto, a volte impedisce di costruire.
Pertini ci ha lasciato una concezione moderna della politica e dell'impegno politico. Egli fu un politico moderno, capace di interpretare quello che cambiava nella società italiana e di colmare il vuoto che si andava creando tra istituzioni e società negli anni che furono prima del terrorismo e poi della questione morale.
Poiché la politica in quegli anni comincia a manifestare una sorta di incapacità di agire, di decidere, di sciogliere nodi, Pertini spinge ancora di più l'acceleratore


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sulla sua concezione della politica, legata non alla meditazione metafisica ma alla costruzione di rapporti, allo spostamento di forze, al fare, all'agire, al trasformare.
In lui l'azione prevale sull'elaborazione teorica. Ma la sua forte formazione democratica gli fa evitare i rischi dell'azione-testimonianza, del gesto fine a se stesso. Il suo concetto di azione mira a costruire e, insieme, ad esprimere valori ideali. Per lui, socialista storico, questi valori non possono che essere quelli dell'eguaglianza, della libertà, del progresso civile. Per questi valori egli sacrifica in carcere, in modo pienamente consapevole, gli anni della sua giovinezza e della sua prima maturità.
Pertini interviene ripetutamente sul terrorismo, sul problema della disoccupazione, sulla criminalità organizzata, sul dilagare della corruzione. Molti nelle parole del Presidente sentiranno l'eco dei propri pensieri, delle proprie preoccupazioni e delle proprie speranze.
Una posizione inflessibile Pertini avrà rispetto al fenomeno della corruzione nella vita pubblica: «La corruzione è una nemica della Repubblica». Nessun giustizialismo quindi, ma una lucida visione politica che guardava alla corruzione come fenomeno che corrompe la democrazia prima che le persone. Se la politica è un servizio per i cittadini, l'uso del potere politico per fini di arricchimento tradisce i cittadini e la funzione stessa della democrazia.
Pertini cerca di costituire un raccordo permanente tra cittadini e istituzioni.
Egli, avendo concorso a costruirle, ha un radicatissimo attaccamento alle istituzioni repubblicane. Considera democrazia e Repubblica come componenti essenziali dell'unico sistema in grado di consentire la realizzazione congiunta di due fondamentali valori della civiltà: la libertà dell'uomo e la giustizia sociale.
Questo radicamento profondo è frutto della sua esperienza di vita. Ha vissuto drammaticamente la crisi della democrazia liberale, l'ha vista soccombere, per inedia, più che per crisi interna, sotto il peso del fascismo, ha subìto in prima persona le conseguenze del regime. È protagonista di spicco della costruzione della Repubblica. Ha visto compiersi la rinascita e il rinnovamento delle istituzioni democratiche a costo di una guerra dolorosissima per tutti.
Per questi motivi non può accettare che molti italiani sentano le istituzioni repubblicane come qualcosa di estraneo. Tuttavia proprio la sua esperienza lo porta a sottolineare più volte i pericoli che corre la democrazia. Egli sa per sua esperienza che i regimi democratici possono morire, che la democrazia è un bene che i popoli possono perdere quando si logora il rapporto di fiducia con le istituzioni.
La sua attività come Capo dello Stato fu sicuramente ricca di originalità. Molto si è discusso sui suoi interventi in occasione di alcune crisi di Governo e con riferimento al cosiddetto potere di esternazione.
In questa sua decisa apertura verso l'esterno, in questo superamento dell'ufficialità e nella contemporanea esaltazione della dignità profonda delle funzioni parlamentari e istituzionali, in questa tensione costante verso la trasparenza e l'immediata comprensibilità delle scelte c'è la volontà di avvicinare i cittadini alle istituzioni. Una volontà tanto più radicata quanto più Pertini coglieva il processo di separazione che allora si avviava tra società ed istituzioni. Egli sa che lo Stato per meritare la fiducia deve cominciare a darla, essendo chiaro nelle sue procedure e rapido nelle sue decisioni. La lotta di Resistenza e poi la Liberazione avevano strettamente connesso società, politica ed istituzioni. Pertini intuisce il pericolo della deriva di questi tre continenti e, non sempre compreso, si batte per ostacolarla, per costituire nuovi motivi di fiducia e di unità.
Si richiama perciò ai principi della giustizia sociale, del libero e aperto confronto democratico di tutte le idee politiche, della pace, e intorno a questi valori egli ripropone il concetto unificante di nazione ed il carattere «necessario», non sostituibile,

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della democrazia. Qualifica come «secondo risorgimento» la lotta di liberazione, proiettando i grandi principi del socialismo in un orizzonte concreto, attuale. La sua concezione della patria rifugge da ogni accento di nazionalismo.
Il significato del concetto di patria per Pertini non sta nei fumi della retorica, ma nella storia comune di una nazione e di uno Stato, nelle virtù civili e nelle risorse morali di una comunità di cittadini. Perciò loda spesso le capacità di lavoro e di innovazione del popolo italiano, ne sottolinea l'aspirazione a costruire uno Stato più giusto e più moderno all'interno del processo di integrazione europea.
Il suo pensiero politico, la sua attività istituzionale, come Presidente della Camera e poi come Presidente della Repubblica, hanno avuto come destinatari privilegiati le giovani generazioni.
Lo sforzo di Pertini è quello di avvicinare i giovani alla politica, alle istituzioni. Li esorta instancabilmente a scegliere liberamente, senza condizionamenti, una fede politica, un ideale, quale esso sia, purché sorretto dal principio di libertà e, proprio negli anni del terrorismo, dal ripudio della violenza come mezzo di affermazione delle proprie opinioni e dei propri bisogni.
Dopo la profonda crisi che ha colpito il nostro paese negli ultimi anni, il principale dovere delle donne e degli uomini che hanno responsabilità istituzionali è quello di restituire ai cittadini fiducia nella politica. Per far questo è necessario che le istituzioni politiche siano vicine ai cittadini, ed in particolare ai giovani, siano in grado di offrire servizi adeguati, di dare risposte concrete ai problemi degli italiani. Occorre dimostrare che le istituzioni democratiche sono convenienti, vantaggiose per i cittadini.
Soltanto in questo modo, cari colleghi, potrà radicarsi quella moderna concezione della politica che Pertini indicava nella responsabile e coerente congiunzione tra battaglia ideale e impegno concreto per la soluzione dei problemi del nostro paese (Generali applausi).

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