XII COMMISSIONE
AFFARI SOCIALI

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 17 settembre 1998


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La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. È stato chiesto che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro della sanità, Rosy Bindi, sul processo di chiusura degli ospedali psichiatrici e sulla predisposizione del progetto-obiettivo «Tutela della salute mentale» (1998-2000).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 3, del regolamento, l'audizione del ministro della sanità, Rosy Bindi, sul processo di chiusura degli ospedali psichiatrici e sulla predisposizione del progetto-obiettivo «Tutela della salute mentale» (1998-2000). Informo i colleghi che, qualora non vi siano obiezioni da parte loro, il ministro sarà affiancato dal direttore generale competente.
Credo che il Comitato per il monitoraggio del processo di chiusura degli ospedali psichiatrici abbia svolto un lavoro importante; i dati e gli elementi contenuti nella relazione da questo predisposta hanno destato qualche preoccupazione, per cui è opportuno che la Commissione riceva dal ministero le indicazioni necessarie per proseguire il lavoro avviato dal Comitato stesso. Credo di interpretare lo spirito con il quale i colleghi hanno sollecitato l'odierna audizione nel dire che la Commissione intende predisporre un bilancio serio, mettere in evidenza le situazioni più preoccupanti emerse nel corso del lavoro del Comitato, ma anche preparare, con dati precisi, il lavoro che dovrà essere svolto nei prossimi mesi.
Prima che il ministro svolga la sua relazione, credo sia opportuno che l'onorevole Carlesi, che è stato presidente del Comitato per il monitoraggio del processo di chiusura degli ospedali psichiatrici, illustri gli elementi conoscitivi da questo acquisiti.

NICOLA CARLESI. Martedì 21 luglio ho fatto alla Commissione un resoconto dell'attività che era stata svolta dal Comitato. Devo dire che, nonostante sia stata una valutazione parziale del processo di chiusura così come si è svolto in tutta Italia, per quello che abbiamo potuto valutare in tre regioni, che potremmo considerare come campione, non esaustivo ma sicuramente significativo del modo in cui sta avvenendo il processo di chiusura, abbiamo dovuto rilevare intanto dei ritardi rispetto alle date previste dalla normativa: ritardi nella programmazione ed anche nella applicazione completa della normativa e del progetto-obiettivo precedente. Abbiamo dovuto rilevare con preoccupazione anche l'esistenza del meccanismo - indicato anche nella risoluzione presentata a conclusione del nostro lavoro - delle «false chiusure» e delle «chiusure amministrative», grazie alle quali, di fatto, non cambia nulla ma si modificano soltanto le sigle. Ancor peggio avviene quando si operano chiusure trasferendo


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i malati al di fuori dell'istituto ex manicomiale senza però modificare il sistema di assistenza. Il dato più preoccupante, comunque, è quello della mancanza di dati.
Non vi è uniformità nelle varie regioni sul modo in cui procedere rispetto al processo di chiusura. Non vi sono dati sufficienti per esprimere una valutazione su quanto effettivamente sta avvenendo, poiché il lavoro svolto dal Comitato è parziale e riteniamo, invece, che il compito spetti istituzionalmente al ministero ed ai suoi uffici. Non vi è un controllo della qualità delle cose che si fanno nel processo di chiusura, nel senso che troppo spesso la chiusura sembra una scorciatoia per soddisfare in maniera burocratica il dettato della legge senza, però, che vi sia alcun controllo della qualità dell'assistenza che viene poi erogata nell'ambito delle strutture che si aprono o in quelle che, pur insistendo nel manicomio, cambiano etichetta.
A questa preoccupazione si aggiunge una diffusa carenza di servizi territoriali, in termini di organico ed in termini di risorse, e spesso vi è una non organicità di intervento sul processo di chiusura dell'ospedale psichiatrico, nel senso che il DSM anche quando c'è, nonostante le carenze, o, forse, proprio in relazione a queste, non viene coinvolto in questo processo; ciò avviene soprattutto nel caso delle strutture private convenzionate.
Nella relazione che svolsi il 21 luglio scorso dissi che quello delle strutture private è un problema serio rispetto all'assistenza psichiatrica. Tali strutture hanno sicuramente svolto un ruolo - è inutile negarlo - rispetto all'entrata in vigore della legge n. 180: nel momento in cui le regioni e le aziende sanitarie non avevano - e spesso non hanno ancora oggi - messo in atto i meccanismi adatti per creare l'assistenza psichiatrica territoriale, fatalmente con la chiusura degli istituti manicomiali le case di cura hanno dovuto svolgere un compito di contenimento di malati che non avrebbero potuto essere assistiti se non in una struttura privata convenzionata. Oggi il problema può diventare ancor più importante, poiché alcune strutture private stanno attuando la dismessione dei loro reparti all'esterno delle stesse cliniche, ma completamente avulse dal contesto del programma del dipartimento e, spesso, in una situazione di carenza di ambulatori, di assistenza territoriale, addirittura di servizi di diagnosi e cura, quindi sostanzialmente riproducendo la logica dell'isolamento custodialista del manicomio, anche se distribuita in strutture più piccole.
Altro elemento preoccupante che abbiamo dovuto rilevare è quello delle residenze sanitarie assistite che, come abbiamo detto nella relazione, stanno diventando un fenomeno più grave dello stesso manicomio. Così come previsto dagli indirizzi, era possibile l'istituzione di RSA all'interno delle strutture; però è accaduto che malati mentali ricoverati da sempre, attraverso un progetto individuale del paziente che, però, nessuno va a verificare, siano stati inseriti come anziani in una RSA, nella quale, peraltro, sono inseriti anche pazienti, anziani o disabili, che in precedenza non avevano mai conosciuto la realtà dell'ospedale psichiatrico. Allora, anche se è cambiata l'etichetta e si parla di RSA invece che di ospedale psichiatrico, torna il ricovero in manicomio e questo è elemento di grandissima preoccupazione.
Vi è, poi, preoccupazione per la contraddizione - rilevata anche attraverso interrogazioni al ministro, il quale ci ha risposto che l'avrebbe in qualche maniera risolta - tra il dettato della legge finanziaria 1997 e le linee guida ministeriali del 1996. La contraddizione è stata risolta, ministro, come lei dice, ma è altrettanto vero che la maggior parte delle regioni hanno già iniziato ad operare sulla base di quelle linee guida. È vero che esistono problemi relativi alle risorse, quindi alla possibilità di investire in case famiglia o in strutture territoriali, e che quasi mai gli enti territoriali sono in grado di sopperire a questa esigenza; altrettanto vero è che l'ipotesi che avanzammo, in occasione della discussione della legge finanziaria, rispetto alla possibilità di utilizzare per


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l'assistenza psichiatrica le risorse derivanti dalla alienazione dei beni immobili degli ex ospedali psichiatrici si è rivelata spesso inattuabile, per il fatto che quelle strutture sono spesso gravate da vincoli di varia natura, come, ad esempio quelli dei beni culturali, trattandosi di edifici estremamente vecchi. Dunque, se esiste, come dice il ministro, la soluzione della diatriba tra legge finanziaria del 1997 e linee guida ministeriali risalenti al 1996, è pur vero che non solo nelle regioni che abbiamo visitato ma anche in molte altre si è proceduto alla programmazione, se non addirittura anche alla costruzione, di strutture per l'accoglienza dei degenti all'interno delle aree ex manicomiali.
Oltre a questi, vi sono anche altri elementi di preoccupazione, ma voglio lasciare spazio ai colleghi e al ministro. È certo che bisogna dare una svolta al modo in cui sta procedendo il processo di chiusura. È necessario individuare gli strumenti centrali adeguati per controllare quanto si sta facendo e soprattutto per valutarne la qualità. A mio avviso, occorre prevedere nell'ambito della prossima legge finanziaria le risorse indispensabili per completare il processo di chiusura e per incrementare gli organici delle strutture territoriali.
Quanto al progetto obiettivo 1998-2000, penso che il ministro oggi ci illustrerà gli intenti. Credo che nell'ambito di tale progettualità non si possa non tener conto del fatto che il processo di chiusura stenta a partire e quindi necessita di energie e soprattutto di finanziamenti.
Non posso concludere il mio intervento senza fare riferimento ad alcune preoccupazioni che si stanno registrando relativamente ad eventi luttuosi che coinvolgono l'assistenza psichiatrica territoriale. Alcuni giorni fa nella regione Abruzzo un paziente dismesso dall'ospedale psichiatrico (che poi non è un ospedale psichiatrico ma è una casa di cura privata) ed inserito in una struttura territoriale, in una casa famiglia sempre di competenza della casa di cura privata che prima lo ospitava nell'ambito di un regime manicomiale, si è suicidato gettandosi da una finestra. L'episodio deve far riflettere sulle responsabilità della regione, dell'azienda ma anche del Parlamento e del Governo. Non si può tornare indietro, ma credo che i familiari di quel malato, o comunque la gente, abbiano pensato che quando si trovava in manicomio egli era forse maggiormente protetto, per cui sarebbe stato preferibile farlo rimanere in manicomio piuttosto che ospitarlo in una struttura territoriale.
Occorre dunque essere estremamente severi rispetto ai livelli di qualità che si offrono nelle strutture, perché non può assolutamente passare il concetto di fare qualcosa pur di farlo, senza garantire un livello assistenziale migliore di quello precedente. Il rischio è grande: se il processo di chiusura non si svolge così come previsto, si rischia di dover poi tornare indietro rispetto a quanto è stato fatto fino ad oggi nell'ambito dell'assistenza psichiatrica. Non si può vanificare tutto quello che è stato conquistato nel campo dei diritti del malato solo ed unicamente per una cattiva attenzione, o per una cattiva amministrazione, o comunque per una cattiva applicazione delle norme di legge.

PRESIDENTE. Mi pare che l'onorevole Carlesi abbia espresso al ministro le preoccupazioni emerse durante questi mesi di lavoro. Il Comitato, il cui mandato si è concluso a luglio ma è ora in via di ricostituzione, continuerà puntualmente a verificare questo processo ed il ministro sarà chiamato a seguire con noi tale lavoro.
Do ora la parola al ministro.

ROSY BINDI, Ministro della sanità. I dati di cui dispone il Ministero confermano le rilevazioni effettuate dal Comitato e le preoccupazioni emerse in Commissione, soprattutto perché ci troviamo di fronte a dati la cui lettura è molto complessa, nel senso che esiste una sostanziale differenza tra gli atti formali e la possibilità, poi, di confrontare questi atti con l'evoluzione o l'involuzione della realtà. Ad oggi, i dati di cui disponiamo


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sono da un punto di vista formale relativi alla documentazione trasmessa dalle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo e Sardegna. Le regioni Friuli-Venezia Giulia e Sicilia devono ancora inviare una documentazione integrativa, mentre la regione Campania e la regione Puglia sono state invitate ad un incontro presso il Ministero, a fronte di una carenza di documentazione inviata e di aspetti alquanto problematici relativi ai processi di dismissione in quelle regioni.
Si conferma, d'altra parte, che alla problematicità del processo di dismissione degli ospedali psichiatrici si accompagna la difficoltà di attuazione del progetto di salute mentale, del progetto-obiettivo del biennio precedente. Come la Commissione sa, il nuovo progetto-obiettivo è ormai pronto, nel senso che ha avuto l'ultimo passaggio in Consiglio superiore di sanità; a breve avrà un ulteriore approfondimento da parte dell'Osservatorio di salute mentale, per poi essere esaminato dalla Conferenza Stato-regioni. Ci auguriamo di poter rendere noto entro la fine dell'anno questo progetto-obiettivo, il quale naturalmente tiene conto del processo di superamento degli ospedali psichiatrici, così come ad oggi è avvenuto, e tiene conto altresì delle carenze del precedente progetto-obiettivo, in parte dovute alla difficoltà di attuazione di quello stesso progetto ma in parte legate a limiti dello stesso rispetto alla necessità di fornire una risposta effettiva in termini di tutela di salute mentale nel nostro paese. Da questo punto di vista siamo critici non soltanto nei confronti dell'attuazione ma anche nei confronti di quel progetto di salute mentale: per quanto non attuato, esso stesso presentava talune carenze alle quali vorremmo dare soluzione.
Non intendo soffermarmi nel dettaglio della lettura di alcuni dati; non a caso ho chiesto l'aiuto del direttore generale, il quale sicuramente meglio di me fornirà le informazioni relative a ciascuna regione. Dico soltanto che effettivamente, per quanto riguarda il superamento sia delle strutture pubbliche sia di quelle private, noi siamo nella difficoltà, per la stragrande maggioranza delle regioni, di chiarire il comportamento da tenere per ciò che concerne il dettato della normativa, sia per l'1 per cento del fondo che è stato trattenuto e non è stato ancora restituito, sia per l'eventuale nomina di un commissario ad acta. A fronte di situazioni per le quali credo che sussistano le condizioni sia per trattenere l'1 per cento sia per procedere eventualmente alla nomina del commissario, nella stragrande maggioranza delle regioni la realtà non corrisponde agli atti formali. Atti formali che danno la dimostrazione di un processo ormai avviato di superamento e di dismissione, processo che potremmo ritenere in base a questi irreversibile e che, invece, non trova nella realtà un'applicazione soddisfacente, o per il riprodursi dal punto di vista qualitativo di situazioni che danno meno garanzia di tutela di quelle precedenti o in qualche modo riproducono una struttura simile a quella che abbiamo inteso superare, o perché addirittura, al di là del processo contenuto in maniera esauriente negli atti formali, questo non si è tradotto in concreta assistenza per gli ammalati.
Chiedo a questa Commissione di aiutare il Governo ad assumere le decisioni in proposito, perché francamente siamo un po' in difficoltà, stretti tra il dettato di questo Parlamento - peraltro condiviso, in qualche modo negoziato con il Governo - e l'atteggiamento delle regioni, pronte anche a ricorrere alla Corte Costituzionale qualora si dovesse veramente procedere per la mancanza della valutazione comune sui presupposti dell'intervento governativo. Questo è il punto sul quale intendiamo operare una verifica.
Lascerò alla Commissione la documentazione contenente i dati che a noi risultano: il numero preciso di coloro i quali sono ancora presenti negli ospedali psichiatrici, delle situazioni risolte sulla carta e di quelle che mantengono ancora forti gradi di problematicità.
Credo che si debba riconoscere che il nuovo progetto-obiettivo di salute mentale rappresenta un salto in avanti molto


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significativo sotto il profilo qualitativo, innanzitutto negli obiettivi di salute che si pone: promozione della salute mentale nell'intero ciclo di vita, anche all'interno di programmi di medicina preventiva e di educazione sanitaria; prevenzione secondaria di disturbi mentali attraverso l'individuazione precoce, specie nella popolazione giovanile, delle situazioni a rischio e l'attivazione di idonei interventi terapeutico-preventivi; riduzione delle conseguenze disabilitanti delle patologie mentali; salvaguardia della salute mentale e della qualità della vita del nucleo familiare del paziente; miglioramento del funzionamento globale dei nuclei familiari con gravi problemi relazionali; riduzione dei suicidi e dei tentativi di suicidio della popolazione a rischio per specifiche patologie mentali o per appartenenza a fasce di età particolarmente esposte.
Per quanto riguarda gli interventi prioritari, essi sono innanzitutto la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei disturbi mentali gravi, per assicurare la presa in carico e la risposta ai bisogni di tutte le persone malate, nonché l'attuazione, tramite specifici protocolli di collaborazione tra i servizi per l'età evolutiva ed i servizi per l'età adulta, di interventi di prevenzione rivolti soprattutto alla popolazione giovanile.
Le azioni più opportune sono le seguenti: l'attuazione da parte dei servizi di salute mentale di una prassi e di un atteggiamento non di attesa, ma mirati ad intervenire attivamente e direttamente sul territorio (domicilio, scuola, luoghi di lavoro), in collaborazione con le associazioni dei familiari e di volontariato, con i medici di medicina generali e con gli altri servizi sanitari e sociali; la formulazione di piani terapeutici preventivi o terapeutico-riabilitativi personalizzati; l'integrazione di tali piani con l'apporto di altri servizi sanitari o di medici di medicina generale, dei servizi socio-assistenziali, degli interventi nei luoghi di lavoro; il coinvolgimento delle famiglie nella formulazione e nell'attuazione del piano terapeutico; il sostegno alla nascita ed al funzionamento dei gruppi di mutuo aiuto ai familiari; l'effettuazione di iniziative di informazione rivolte alla popolazione in generale.
Quanto ai modelli organizzativi, si individua nel dipartimento di salute mentale da costituire in ogni azienda la struttura organizzativa più rispondente a queste esigenze (anche a fronte di tendenze organizzative di alcune regioni che magari sono state all'avanguardia in un primo momento e che adesso - non si comprende per quale ragione - stanno andando in senso esattamente opposto), come luogo di coinvolgimento dei servizi territoriali, dei servizi ospedalieri, delle strutture residenziali, per assicurare in qualche modo l'unitarietà del servizio. Il DSM va dotato di un proprio budget, negoziato annualmente dal direttore del DSM con la direzione generale dell'azienda sanitaria in funzione degli obiettivi prefissati, previa valutazione dei risultati raggiunti.
Per ciò che concerne l'organizzazione e i compiti del dipartimento di salute mentale, sono previsti un direttore, gli obiettivi generali e prioritari, un organigramma ben individuato, ambiti di attività e varie figure professionali, standard di gestione del personale, un organico di almeno un operatore ogni 1.500 abitanti: in tale rapporto sono compresi medici psichiatri, psicologi, infermieri professionali, terapisti, tecnici della riabilitazione psichiatrica e psicosociale, sociologi, assistenti sociali, educatori, ausiliari ed operatori tecnici di assistenza, personale amministrativo.
Per il miglioramento continuo della qualità, ogni DSM attiva un nucleo di valutazione e di miglioramento della qualità. Riguardo alla procedura ed alle linee guida, entro 24 mesi dall'entrata in vigore di questo progetto-obiettivo i DSM dovranno aver approvato un proprio manuale scritto di procedure e di linee guida professionali per una buona pratica clinica. Per la formazione e aggiornamento del personale, tra le componenti organizzative del DSM si individuano il centro di salute mentale, il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, il day hospital, il centro diurno, la residenza terapeutica riabilitativa


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e socio-riabilitativa. Sono altresì previsti un coinvolgimento degli enti locali ed un coinvolgimento delle università, le quali devono inserirsi a pieno titolo, attraverso i loro reparti, entro il processo più ampio e il progetto-obiettivo. Infine, la realizzazione del progetto attraverso anche valutazione, verifica e un impulso forte alla ricerca.
Accanto a questo io aggiungo - anche per compiere con voi una valutazione a questo riguardo e «spendendomi» su questo - che, come la Commissione sa, abbiamo trattenuto dal fondo sanitario di quest'anno 1.200 miliardi, che dovranno essere impiegati per la realizzazione di alcuni obiettivi del prossimo piano sanitario nazionale ritenuti prioritari. Credo che una parte di questi 1.200 miliardi debba necessariamente andare a coprire, in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, le spese necessarie ad assicurare i livelli essenziali di salute mentale della popolazione. Nel nostro servizio sanitario nazionale ci sono molte carenze strutturali, ma riteniamo che questa sia tra quelle che meritano un intervento prioritario e che, anche in considerazione degli interventi che ci sono stati in precedenza, si presti ad un programma concordato da ministero e regioni, per un finanziamento specifico finalizzato al raggiungimento degli obiettivi. Dico che «mi spendo» si questo perché la modalità prevista è, chiaramente, quella di concordare le priorità in sede di Conferenza Stato-regioni, ma è mia intenzione proporre, tra le altre, questa priorità, che è finalizzata a finanziare non la dismissione dai manicomi, che credo sia già stata ampiamente finanziata - salva l'utilizzazione impropria delle risorse da parte delle regioni - quanto, invece, l'implementazione vera del nuovo progetto di salute mentale, della sua rete organizzativa e dei suoi standard di servizio, soprattutto per quanto riguarda il personale, poiché ben sappiamo che quella umana è la risorsa principale in questo tipo di servizio, naturalmente oltre agli interventi che dovremo necessariamente fare riguardo all'assistenza farmaceutica.
Questa è la situazione. Mentre credo che si possa intravedere una luce, in qualche modo frutto di un lavoro forte di collaborazione tra tutte le istituzioni, per quanto riguarda il nuovo progetto di salute mentale e la sua possibilità di attuazione, mantengo ancora tutte le perplessità sul progetto di dismissione dei manicomi e chiedo alla Commissione come debba interpretare il documento che è stato presentato rispetto a dati che sono così sintetizzabili: formalmente, sulla carte il processo è irreversibile; nella sostanza, non corrisponde a quelle che sono effettivamente le determinazioni prese. Questo significa...

MAURA COSSUTTA... che è tutto illegale.

ROSY BINDI, Ministro della sanità. Questo significa che mettendo insieme questi due dati, sui quali, ripeto, dobbiamo trovare una comune valutazione da parte delle regioni - poiché questo è il presupposto per l'applicazione della norma contenuta nella legge finanziaria dello scorso anno - ci sono le condizioni non solo per approfondire le ispezioni che si stanno svolgendo, ma per costituire veri e propri gruppi con i quali si decida l'avviamento vero del processo e si mantenga la penalizzazione, compresa la nomina del commissario ad acta.

PRESIDENTE. Vedo che siamo entrati nel vivo dei problemi posti anche dalla risoluzione. Non credo che potremo concludere in questa seduta la discussione che ora si aprirà sulla sua relazione, ministro, perché tra non molto avranno inizio votazioni in Assemblea e dovremo, conseguentemente, aggiornare i nostri lavori.

NICOLA CARLESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Mi lasci concludere e le darò la parola. Stavo dicendo che procederemo ora ad un primo giro di interventi, ai quali il ministro avrà possibilità


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di rispondere quando concluderemo questa audizione e discuteremo la risoluzione presentata a conclusione del lavoro del Comitato per il monitoraggio del processo di chiusura degli ospedali psichiatrici, la quale prevede, in sintesi, questi punti: un monitoraggio più puntuale, che si chiede che il ministero compia anche attraverso una commissione; la relazione trimestrale al Parlamento; il progetto-obiettivo, che è quello che lei, ministro, ci ha illustrato; infine, le procedure sostitutive. Naturalmente, alla luce dei dibattito che stiamo per iniziare, la risoluzione potrà essere arricchita. Lei ora ci ha chiesto una «sponda» ed un lavoro congiunto tra le istituzioni per il raggiungimento degli obiettivi che ha indicato; arricchiamo, allora, lo strumento rappresentato dalla risoluzione e votiamolo, affinché siano assunti impegni concreti e precisi. Del resto, il Comitato, non appena ricostituito, riprenderà il suo lavoro e sono molte le regioni che esso intende monitorare.
La parola all'onorevole Carlesi.

NICOLA CARLESI. Intervengo sull'ordine del lavori, presidente, perché ritengo si debba fare una distinzione: un conto è la risoluzione, sulla quale si può discutere e, magari, anche votare; un conto è il progetto-obiettivo, sul quale ritengo si debba aprire un dibattito molto più ampio ed arioso di quello che può essere oggi consentito dall'imminenza di votazioni in Assemblea, anche perché vogliamo prenderne visione. Finora, infatti, abbiamo solamente ascoltato alcuni presupposti. La mia proposta, dunque, è quella di intervenire sulla risoluzione, che bene o male nel mio intervento ho illustrato, e, se i colleghi sono d'accordo, di votarla, per riaprire invece successivamente il discorso sul progetto-obiettivo.

PRESIDENTE. Onorevole Carlesi, noi abbiamo chiesto di ascoltare il ministro sul processo di chiusura degli ospedali psichiatrici e sulla predisposizione del progetto-obiettivo. Poi c'è la risoluzione che è stata presentata: è giusto che il ministro ne conosca gli elementi e possa chiedere, come ha fatto, aiuto al Parlamento per rendere in qualche modo più stringente il processo, ma quella odierna non è la sede in cui dobbiamo votare la risoluzione. Oggi noi dobbiamo ascoltare il ministro e procedere alla discussione, nel tempo che abbiamo, come ho detto, a disposizione; la risoluzione potrà eventualmente anche essere integrata.
Do, pertanto, la parola ai colleghi.

GIUSEPPE LUMIA. Io ho ascoltato anche il tono del ministro e devo dire di aver colto due sfumature: da un lato, un atteggiamento di preoccupazione, che penso vada condiviso; dall'altro, un atteggiamento di disponibilità ad operare insieme, che credo dobbiamo cogliere al volo ed organizzare in modo sistematico. Dobbiamo avere tutti insieme la consapevolezza che siamo ormai ad un bivio, ministro: o imbocchiamo la strada ormai nota in Italia e che, per abitudini storiche, per varie furbizie o per incapacità, come in questo momento, ha tanti sostenitori, cioè quella del trasformismo; oppure riusciamo a tenere fermo il meccanismo processuale che abbiamo messo in moto e insieme - per questo ritengo importante la sua disponibilità - cerchiamo di aggiustare il tiro e di colpire il bersaglio, per essere efficaci e coerenti con le scelte che abbiamo compiuto.
La prima cosa importante è che dobbiamo essere messi in condizione di sapere bene ciò che sta avvenendo, di monitorare con altrettanta capacità il processo di chiusura degli ospedali psichiatrici e di nuovi interventi nel campo del disagio mentale. Nello stesso tempo, penso possa essere chiara al ministro l'indicazione che noi abbiamo fornito a lei, alle regioni ed alle aziende sanitarie, cioè quella della qualità: il provvedimento collegato all'ultima legge finanziaria contiene una indicazione molto importante, cioè non prevede solo che bisogna intervenire con severità ma indica un meccanismo di disincentivo (le penalità ed i poteri sostitutivi) e di incentivo per chi ha operato, attraverso il criterio della qualità. Dobbiamo, dunque, prevedere degli indicatori


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di qualità che siano in grado di monitorare, per essere coerenti con quanto previsto nel collegato alla finanziaria.
Per quanto riguarda i poteri sostitutivi e le penalità, penso che ormai dobbiamo entrare nell'ottica di utilizzare i primi e di applicare le seconde. Non abbiamo altre possibilità, ministro, perché il tempo passa e il trasformismo rischia di prendere il sopravvento. Ritengo pertanto che sia importante compiere, in qualche caso in modo esemplare - non in senso punitivo e vendicativo, ma nel senso più bello di questo termine - una scelta che sia per tutti un segnale della necessità di sapersi autoregolamentare e di procedere sulla giusta via.
Esiste tutta una serie di questioni, legate al personale, alle risorse, alle strutture del dipartimento e, in particolare per quanto riguarda il problema della chiusura, legate alle ex aree manicomiali, al destino delle persone, alle attrezzature, al problema, importantissimo, delle residenze sanitarie assistite, che rischiano di diventare un boomerang mostruoso e, ancora, legate al positivo ruolo del privato sociale, che viene compresso a favore del privato profitto il quale, invece, viene esaltato ed anche collegato al furbo meccanismo di rispettare le date attraverso un percorso non di qualità ma di deportazione in strutture altrettanto manicomiali ed altrettanto istituzionalizzanti. Ancora aperta è, poi, la questione assai grave degli ospedali psichiatrici giudiziari, che non riguarda lei, ministro Bindi, ma è ugualmente un tema sul quale bisogna intervenire. Così come sono aperte la questione dell'elettroshock e quella dell'uso dei farmaci in dosi massicce e vergognose. Su tutte dobbiamo dire qualcosa e prendere provvedimenti.
Ho apprezzato molto che lei ci abbia detto che il progetto-obiettivo sta arrivando, perché, piano piano, è all'interno di questo che dobbiamo incanalare tutta la vicenda degli ospedali psichiatrici. In questa Commissione abbiamo accumulato - e la cosa vale per tutti i gruppi parlamentari - un sapere straordinario e positivo; sarebbe importante, prima che il progetto-obiettivo venisse licenziato, un confronto vero e reale, per svolgere non un ruolo che non abbiamo nei confronti di quel progetto, bensì un ruolo che nei fatti ci siamo conquistati, anche in considerazione di quanto sta avvenendo in Italia e di alcune proposte che si potrebbero sviluppare. Vorremmo approfondire diversi aspetti del progetto-obiettivo e potremmo dare delle indicazioni utili.
Dunque io ritengo, ministro, che possiamo in questa sede metterci d'accordo su come attrezzare questo benedetto monitoraggio, questione prioritaria che richiede risorse, personale e una serie di indicazioni.
Inoltre, signor ministro, lei ci deve dire se se la sente. L'indicazione non può essere che quella di esercitare poteri sostitutivi ed applicare le penalità. La risoluzione predisposta costituirà, quando sarà approvata, l'indicazione formale; penso che dobbiamo procedere in questa direzione senza alcuna titubanza.
Rimane la questione degli indicatori di qualità di cui ci dobbiamo dotare per compiere bene questo lavoro, per evitare che sia troppo discrezionale e legato alla furbizia delle carte che ci forniscono le regioni, oppure alla nostra incapacità di valutare bene ciò che avviene di positivo sul territorio, per incrementare gli aspetti positivi con il meccanismo incentivante previsto nella finanziaria.
Infine, occorre fare in modo che il progetto obiettivo sia concertato anche con noi, sia implementato - se lei lo ritiene - dalla nostra esperienza, in modo tale che la grande decisione di imboccare non la via trasformista ma la via progettuale venga attuata con dignità, con attenzione, nella consapevolezza che si tratta di un percorso difficile, irto di ostacoli, ma sul quale dobbiamo giocare il meglio delle nostre intelligenze, dei nostri poteri, delle nostre opportunità.

MAURA COSSUTTA. Interverrò brevemente in quanto abbiamo poco tempo a disposizione e molte osservazioni sono state già espresse dai colleghi Carlesi e


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Lumia, con i quali abbiamo lavorato in totale sintonia. Vorrei sottolineare questo dato, perché è molto importante. La decisione di pervenire ad una risoluzione è un atto di responsabilità da parte nostra, che chiama il Governo ad assumere a sua volta le proprie responsabilità.
Come diceva il collega Lumia, con le due leggi finanziarie, soprattutto con l'ultima, abbiamo messo in moto un processo; chiedevamo la verifica di tale processo e l'individuazione degli strumenti con i quali governare quegli interessi che evidentemente avevamo previsto fossero in campo e che rappresentavano le resistenze alla mancata applicazione di leggi precedenti, perché sulla psichiatria non c'è nulla da inventare, è già stato tutto detto e doveva essere soltanto fatto. Abbiamo dunque messo in moto questo processo.
Ho notato anch'io il tono di grande rammarico, ma anche di grande rassegnazione, con cui oggi la ministra Bindi ci è venuta a dire (Commenti) ... Io l'ho notato; nel momento in cui la ministra mi dice che quasi tutte le regioni o non hanno prodotto i dati o hanno prodotto dati incompleti ...

ROSY BINDI, Ministro della sanità. No, no.

MAURA COSSUTTA. Così come abbiamo portato avanti la nostra responsabilità fino alla risoluzione, certamente ci assumeremo la nostra responsabilità nella finanziaria; ma il problema è di attivare gli organismi competenti per attuare il controllo.
Desidero far presente alla ministra un'altra questione, sul quale credo che concordi con noi. Abbiamo scelto di partire dal superamento degli ospedali psichiatrici innanzitutto perché ci siamo assunti la responsabilità etica di riportare la politica al suo significato vero, al senso di essere collegati; si è trattato quindi di una grande battaglia di civiltà, di riforma, ma con la consapevolezza che partendo da lì avremmo aggredito uno dei nodi fondamentali della difesa del servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico. Questo è uno dei nodi di fondo, perché difendiamo non solo il diritto dei più deboli ma anche - lo ripeto - un servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico. Sono profondamente convinta (questa è la mia posizione personale, che ho portato come contributo in tutte le audizioni e nelle visite compiute sul territorio) che l'accelerazione di una stortura, di un vizio, della mancata applicazione della legge n. 180 sia strettamente connessa al processo di aziendalizzazione del servizio sanitario nazionale. Questo è il nodo che noi abbiamo aggredito.
Le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi: l'estremo valore del federalismo sanitario, le regioni che operano per conto proprio, i direttori generali che non si dimettono perché comunque sono diventati i monarchi assoluti nel campo delle previsioni di bilancio, senza un collegamento con la previsione dei bisogni, il discorso dell'accreditamento, cioè il privilegiare l'offerta e non la domanda. Tutti questi sono vizi indecenti nel superamento degli ospedali psichiatrici, ma sono presenti nel processo di aziendalizzazione del sistema sanitario nazionale.
Esiste dunque un nesso che volutamente abbiamo tenuto insieme, in termini anche temporali: la finanziaria sul superamento degli ospedali psichiatrici, il problema della modifica del decreto legislativo n. 502 del 1992 per individuare strumenti di profonda innovazione. Penso soltanto alla valutazione dei DRG, delle patologie complesse (evidentemente non solo la tossicodipendenza ma anche la malattia psichiatrica), cioè all'incapacità del sistema di aziendalizzazione di rispondere al bisogno delle patologie complesse e, al contrario, all'utilizzo delle patologie complesse per la rincorsa al fatturato. Tutto diventa prestazione. Oggi la malattia psichiatrica, con la deriva culturale ma anche con gli interessi oggettivi che sono stati attivati con il processo di aziendalizzazione, è diventata la rincorsa del posto letto nella struttura privata o pubblica, cioè eccesso di offerta di residenzialità. E allora qui si incontrano derive


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culturali profonde, autoritarie, un arretramento della cultura della solidarietà con un modello organizzativo e di scelta sanitaria. Quali sono gli strumenti? Sono quelli della modifica del decreto legislativo n. 502, di partire dal DSM. È inutile, ministra Bindi, che noi coinvolgiamo le regioni; dobbiamo dire alle regioni che non possono essere accreditate quelle strutture che operano ricoveri senza passare attraverso il DSM. L'accreditamento salta. Dobbiamo far saltare i direttori generali che non hanno attuato le finanziarie; bisogna operare con i commissari ad acta. Noi dobbiamo portare avanti la proposta di legge sulla riconversione del personale, che fornisce risposte concrete al personale delle strutture private, come la Casa della divina provvidenza di Bisceglie ed altre.
Questi sono gli strumenti che dobbiamo identificare. La nostra Commissione andrà avanti. Chiediamo alla ministra di individuare gli strumenti certi per i controlli. Non credo che possiamo portare avanti la modifica del decreto legislativo n. 502 se non facciamo chiarezza fino in fondo su tutte le voci di spesa, sugli indicatori di qualità, sui controlli certi del Ministero rispetto ad una esasperata concezione di federalismo sanitario che purtroppo trasforma il servizio sanitario nazionale in sanità a macchia di leopardo.
Aggiungo che il progetto-obiettivo è un punto delicatissimo. Ho apprezzato molto il fatto che la ministra Bindi abbia parlato delle inadeguatezze e dei limiti del precedente progetto. Noi avevamo sottolineato soprattutto l'ambiguità voluta tra le linee guida e il progetto-obiettivo. Non vorrei che, senza chiarire a monte le cause di questa ambiguità, noi affidassimo allo stesso tipo di cultura (e qui vengo alla polemica) ... (Commenti del ministro Bindi). No, io intendo i professionisti clinici e psichiatrici, perché nel momento in cui si prevede il ruolo dell'università in questo processo di superamento io mi pongo un grande punto interrogativo, ministra Bindi. So che oggi i processi reali dal punto di vista professionale che rischiano di costruire resistenze sono portati avanti dai clinici, dagli psichiatri che sono primari clinici. Gradirei pertanto una grande attenzione al modo in cui si costruisce il progetto-obiettivo e a che cosa noi privilegiamo.

ROSY BINDI, Ministro della sanità. Leggete il progetto-obiettivo ed esprimete tutte le osservazioni, basta che non ne venga ritardata l'uscita. È anomala la procedura secondo cui il Parlamento si esprime al riguardo; lo si faccia pure, ma trovo abbastanza singolare questa battuta, onorevole Cossutta, perché francamente l'idea di non tirarli dentro il progetto-obiettivo significa che saranno sempre e comunque fuori e continueranno sempre e comunque a fare da padroni.

MAURA COSSUTTA. Tirarli dentro e condizionarli!

ROSY BINDI, Ministro della sanità. Vogliamo tenerli fuori? Allora facciamo la sanità di quelli che non contano nulla rispetto a quelli che poi determinano le scelte. Io voglio che le cliniche universitarie siano sottoposte alle regole del progetto di salute mentale della sanità italiana. Se poi pensiamo che tutto debba continuare ad essere affidato agli studi privati di qualcuno, è un altro discorso. Questo pare evidente, perché non ha sortito effetti il progetto-obiettivo che ha ignorato che c'era un'università e c'erano i clinici universitari che hanno continuato ad andare per la propria strada. Credo che essi debbano essere tirati dentro. Trovo singolare che siano sottoposti alla direzione del dipartimento di salute mentale come l'ultimo operatore, chiamato magari attraverso un contratto a termine.

PRESIDENTE. Dopo questa precisazione del ministro, proseguiamo con gli interventi dei colleghi.

GIUSEPPE DEL BARONE. Su quest'ultima parte solidarizzo con il ministro, il quale una volta disse (credo di ricordarlo testualmente) di non volere una sanità universitaria. Automaticamente il tutto


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deve essere inserito in certi contesti dove, con il concetto del par inter pares, ci potrebbe essere spazio per tutti.
Poiché non abbiamo molto tempo a disposizione, ridurrò il mio intervento a brevissimi flash. Nelle parole del ministro non ho trovato rassegnazione, anche perché mi sembra che la rassegnazione non rientri nel DNA del ministro, il quale è riandato a Pirandello, cioè alla maschera e al volto: la maschera è quella di una legge che avrebbe dovuto essere realizzata, il volto quello di una legge che non è stata realizzata. Sono dati di fatto precisi. Mi associo dunque a quanto osservato da Carlesi e da altri colleghi.
Quanto alla risoluzione, chiarisco immediatamente che sono ancora una volta d'accordo con Carlesi, il quale ha distinto i due tipi di discussione.
Concludo con una domanda. Di fatto stiamo vedendo che i vecchi manicomi che sono stati chiusi sono stati riconvertiti in strutture residenziali; tuttavia nemmeno queste ultime sono in regola. Per esempio, in Lombardia le carenze di strutture alternative purtroppo si sanano attraverso posizioni che rimangono anomale e non conclusive. La domanda che rivolgo al ministro è dunque la seguente: perché questi poteri sostitutivi, che il ministro ha ope legis (lo dico, ministro, arrossendo leggermente, perché vengo dalla Campania dove determinate cose non sono state neanche abbozzate), non sono ancora scattati? Quando ha intenzione di farli scattare?

ANTONIO SAIA. Aggiungerò pochissimo alle considerazioni già svolte dai colleghi e, in particolare, alla relazione dell'onorevole Carlesi, che condivido in pieno, così come condivido le conclusioni della risoluzione, che ritengo dia un quadro abbastanza preciso della situazione. Vorrei, però, pregare il ministro di tener conto di due cose. Quella che è stata dall'onorevole Cossutta letta come rassegnazione nelle parole del ministro, se rassegnazione non è e quasi una confessione di ineluttabilità di certe situazioni. Di fatto, il Governo confessa di sapere perfettamente che esiste una difformità - come rilevato anche dalla Commissione - tra ciò che le regioni dichiarano, cioè che sulla carta è stato rispettato il processo di chiusura, e ciò che realmente è avvenuto. Questo, a mio avviso, non deve avvenire. Il Governo e, in particolare, la ministra, hanno il dovere di verificare e di impedire che ciò avvenga, soprattutto quando la denuncia viene da una Commissione parlamentare. È lo stesso problema che si crea allorché ad atti di sindacato ispettivo con i quali i parlamentari denunciano delle irregolarità si risponde citando semplicemente la lettera inviata dai servizi della regione o, addirittura, della USL.

ROSY BINDI, Ministro della sanità. Non posso fare altro.

ANTONIO SAIA. Non è che lei non possa fare altro, ministra. Il Governo può anche attivare dei controlli.

ROSY BINDI, Ministro della sanità. E quando l'ho fatto?

ANTONIO SAIA. Vorrei concludere il mio discorso, poi mi risponderà alla fine. Io non credo che il Governo non possa far nulla quando vengono denunciate irregolarità palesi ed evidenti nell'applicazione della legge e nel processo di chiusura degli ospedali psichiatrici.
Come ho detto, condivido tutte le considerazioni che sono state svolte sia dal presidente, sia dalla collega Cossutta, sia dagli onorevoli Lumia e Del Barone, così come condivido il progetto-obiettivo che la ministra ci sta presentando, che desidero leggere e sul quale voglio discutere al più presto. Ritengo, però, che due elementi vadano inseriti. Il primo - già contenuto nella risoluzione - è che laddove si parla di controlli ci si riferisca non solo a controlli sulle carte che le regioni esibiscono ma a controlli effettivi anche nel territorio, con indagini a campione sulle modalità attraverso le quali viene attuato il processo di chiusura, quindi controlli reali.


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La seconda questione - alla quale ha fatto riferimento la collega Cossutta - è quella relativa al personale ed ai fondi delle case di cura psichiatriche private. È del tutto evidente, ministro, che laddove la psichiatria è stata, in modo preponderante e determinante, nelle mani del privato si è creata una situazione per la quale il personale è diventato il mezzo attraverso cui esercitare un ricatto occupazionale ed una pressione nei confronti delle regioni e delle ASL. Chiedo, dunque, che sia inserito nella risoluzione che, se è vero che la nuova psichiatria si fa utilizzando i fondi, il personale ed i mezzi della vecchia psichiatria, laddove è forte la presenza del privato - penso all'Abruzzo, alla Basilicata ed alla Puglia - ciò possa avvenire solo se parte del riassorbimento avviene attraverso la mobilità e la riqualificazione del personale delle strutture private.
Se ritiene che ciò non possa accadere, ministra, alla fine mi risponderà. Ma mi risulta che riguardo a questi temi vi fosse anche un disegno di legge che il Governo avrebbe dovuto prendere in esame, cosa che invece non ha fatto.
Vi è anche un'altra questione che segnalo alla ministra. Laddove ci sono strutture private convenzionate con un alto numero di posti letto, come è possibile che i direttori generali, in sede di contrattazione, nel momento in cui gli ospedali psichiatrici dovrebbero chiudere e ancora non c'è stata la riconversione di tutti quei posti letto attraverso un piano sanitario, possano, in certi casi, concordare con quelle istituzioni private che il plafond per esse previsto sia uguale a quello dell'anno precedente, se non addirittura maggiore? C'è un qualche meccanismo che non funziona e sul quale credo che il Ministero dovrebbe cominciare a fare un po' di luce, per quanto nelle sue possibilità; altrimenti, vengono a mancare i fondi per i servizi territoriali. Questo, infatti, è il vero problema: l'opposizione delle famiglie e dei malati dipende proprio dal fatto che in alcune regioni non vi è neanche un minimo di servizio territoriale perché le regioni stesse devono dirottare altrove i soldi, o attraverso modifiche di facciata - come diceva Carlesi - o regalando convenzioni inutili, dannose pur di mantenere in piedi i rapporti con le case di cura private e non essere costrette ad assistere al licenziamento del personale (Commenti dell'onorevole Cossutta).

ROSY BINDI, Ministro della sanità. Datemeli i poteri, perché oggi non li ho. È inutile essere federalisti da una parte e ...

MAURA COSSUTTA. Non sono mai stata federalista.

PRESIDENTE. Invito tutti ad evitare interruzioni e a lasciar proseguire il dibattito.

GIUSEPPE BICOCCHI. Credo che il ministro abbia ragione quando dice: o siete federalisti o siete statalisti. Personalmente, sono federalista e quindi esprimo subito perplessità sul punto della risoluzione che propone, tranquillamente, di provvedere con i commissariamenti. Credo che si tocchi un tema che il ministro ha trattato con maggiore delicatezza di quanto abbiano fatto gli interventi che si sono susseguiti finora e che è di notevole rilevanza politica e istituzionale, non certo un passaggio minore (Commenti dell'onorevole Lumia).
Lo so bene, per carità... Tutto è previsto, la gestione è un'altra cosa.

PRESIDENTE. Prego i colleghi di non interrompere. Non è ancora stato dato il preavviso per le votazioni, quindi vi è ancora la possibilità di procedere a qualche intervento prima di sospendere i nostri lavori.

GIUSEPPE BICOCCHI. Riservandomi, se si farà - secondo la proposta del collega Lumia ed anche la disponibilità del ministro - una discussione più generale sul progetto-obiettivo, che ancora non ho letto, di affrontare in quella sede i temi generali che nel dibattito di oggi sono emersi, mi limito a due brevi osservazioni sulla proposta di risoluzione.


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Ho espresso la mia personale riserva ed il mio sostanziale dissenso almeno sulla proposta relativa all'attivazione delle procedure. Il ministro ha i suoi poteri per attivare le procedure di legge e se la Commissione vuole indicare come debba farlo dovrebbe, allora, assumersi anche qualche altra responsabilità. Io credo che sia difficilissimo. Credo che non solo sul piano istituzionale ma anche su quello concreto non sia così semplice e vorrei chiedere a tutti coloro che l'hanno dato per scontato quale sia il modello esemplare. Capisco, infatti, la proposta di un commissario ad acta nel caso vi sia un modello chiaro e qualcuno non lo segua. È la Toscana il modello esemplare? Qual è la regione il cui modello vada bene, in modo tale che si legittima... Qual è il modello ...

MAURA COSSUTTA. Quello scritto nel progetto-obiettivo! Ci sono venti anni di cultura su questo!

PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, la pregherei di far parlare l'onorevole Bicocchi.

GIUSEPPE BICOCCHI. Se il modello esemplare è l'onorevole Cossutta, il modello Cossutta è appunto una cosa, altrimenti sono più complicati.

MAURA COSSUTTA. Modello Cossutta, magari!

GIUSEPPE BICOCCHI. Siccome non c'è un modello di chi opera certamente bene ed uno, invece, di chi opera certamente male, credo che ci sarebbe grande materia di discussione in proposito (Commenti degli onorevoli Carlesi e Cossutta).

PRESIDENTE. Colleghi, sospendo la seduta se non siamo in grado di ascoltare con correttezza coloro che stanno parlando, al di là del contenuto dei loro interventi.

GIUSEPPE BICOCCHI. Sono consapevole di dire una cosa che non è gradita alla quasi totalità della Commissione, tuttavia ritengo che sulla psichiatria, nel paese, non ci sia affatto il consenso massiccio che mi pare di registrare in questa sede (Commenti dell'onorevole Carlesi). Possibile che sia diventato così difficile esprimere un'opinione diversa!

PRESIDENTE. Non ha la parola, onorevole Carlesi.

GIUSEPPE BICOCCHI. Ritengo di poter esprimere un'opinione in libertà. In particolare, ritengo preoccupante la polemica sulle RSA così come è formulata, perché penso che non sia ipotizzabile un discorso sui servizi psichiatrici che non affronti seriamente il tema della lungo-degenza. L'affermazione che vi siano soltanto la breve-degenza ed il reinserimento è un'affermazione ideologica e non realistica. Mi sembra che nei progetti, come anche nell'esposizione del ministro - comunque leggerò il nuovo progetto-obiettivo -, si glissi sugli interventi di lunga degenza, o meglio li si neghi ideologicamente, dicendo che si tratta di piccoli manicomi, per cui non si capisce come venga affrontata la lunga degenza; invece io credo che le RSA rispondano, anche se in maniera discutibile, a questo tipo di problema. Quindi, prima di liquidarle, in una maniera che a me sembra semplicistica, si dovrebbe fare una riflessione molto più approfondita. Si tratta di mie riserve, che intendevo rassegnare all'attenzione della Commissione.

NICOLA CARLESI. Desidero farle presente, presidente, di aver preso la parola prima che il ministro svolgesse la sua relazione, per cui vorrei parlare nuovamente per esprimermi riguardo a quest'ultima. Lo dico non per me, ma per il mio gruppo.

PRESIDENTE. Prendo nota della sua iscrizione.

MARIA CELESTE NARDINI. Chiedo scusa per il fatto di partecipare, ogni tanto, ai lavori di questa Commissione,


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della quale ho fatto parte in passato. D'altra parte, conosco molto da vicino il campo della psichiatria ed ho visitato molti manicomi.
Faccio mie le perplessità e le preoccupazioni che sono state espresse poiché è assai difficile il compito che abbiamo di fronte, soprattutto ora che, conclusasi l'indagine sulla chiusura degli ospedali psichiatrici, sappiamo come stanno effettivamente le cose. In effetti, c'è un dato culturale che, in qualche modo, ha fatto naufragare anche questa legge: la convinzione di tutti - ovviamente del tutto sbagliata - che il malato di mente, quello che abbiamo trovato negli ospedali psichiatrici, tutto sommato possa rimanere là dove è e che ci sia ben poco da fare rispetto ad un suo percorso riabilitativo. Credo che questa convinzione si sia consolidata nella mente forse anche delle famiglie e, comunque, di tutto il mondo che ruota intorno ai malati, compresi gli operatori. Abbiamo, dunque, visto questi pazienti nelle condizioni più gravi, più scabrose e più indecenti; non aggiungo altro perché i colleghi hanno compiuto visite e sanno di cosa parlo. Ad esempio, ho visto in Calabria dei poveri pazienti che non hanno nemmeno una tenda e sono dunque costretti a stare in piena luce tutto il giorno: vogliamo chiamare quella una RSA? Io credo che questa sia una partita che si deve giocare territorialmente; possiamo anche far scattare il commissario ad acta, ma avendo chiaro ciò che questi può e deve fare e che si tratta di un intervento difficile. Credo che sia giunto il momento di intervenire regione per regione, territorio per territorio, con la consapevolezza che gli interventi da porre in essere sono tutti differenti, signor ministro (credo che lei lo sappia).
In questa fase intendo affrontare solo la questione delle dismissioni, non il progetto-obiettivo. L'esempio pugliese è molto eclatante; non a caso, come lei ha detto, è tra le realtà che non hanno risposto alle esigenze. Le regioni devono essere in grado di dirci quanti sono realmente i soggetti che possono andare in una RSA, quanti quelli che possono seguire un percorso riabilitativo. Uno dei nodi più importanti è rappresentato dal numero degli operatori: occorre chiedersi che cosa fare di questi lavoratori e procedere ad una riqualificazione del personale.
Credo che si tratti di una presa d'atto delle risorse economiche, che a mio avviso esistono, perché ritengo che si spenda molto sugli ospedali psichiatrici. Penso che la casa alloggio sia una delle risposte più adeguate, perché più vicina al paziente. Possiamo allora operare sul territorio una riqualificazione degli operatori.
Il commissario ad acta serve soltanto se prende nelle mani questa materia e va consapevolmente a verificare sul territorio, ovviamente con i soggetti a ciò preposti; non può sostituire nessuno, nel senso che si reca sul luogo e prende consapevolezza, spinge un processo. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che stiamo discutendo di persone, per cui non può esistere una risposta univoca. Le articolazioni per gli anziani sono forse le RSA, se questi non hanno famiglia; ma abbiamo anche le case alloggio, le case famiglia e quant'altro. Dobbiamo fare il bilancio e sapere esattamente quanto si spende per realizzarne un certo numero, decidere eventualmente se abbiamo bisogno di risorse. Ma in mancanza di questo piano non concluderà niente nessun potere sostitutivo, signor ministro. Sono d'accordo sul fatto che questi poteri debbano essere esercitati, però dobbiamo avere chiara la situazione.
So che questo è un grande salto. Mi sono scontrata centomila volte con l'assessore della mia regione; è un percorso duro, ma si tratta di interessi consolidati ormai da tempo (e con ciò non dico nulla di nuovo). Occorre creare un tavolo regione per regione per stabilire quanti sono i pazienti giovani che possono uscire, quanti sono i pazienti anziani che devono rimanere, quanti sono gli operatori che possono andare in pensione o quelli che possono essere riqualificati. Ed in questo campo c'è molto da riqualificare, perché i livelli di professionalità sono molto bassi, anche se esiste l'esperienza. Dobbiamo


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entrare in questa ottica, cioè procedere tavolo per tavolo; diversamente, riusciremo a fare ben poco.

PRESIDENTE. Avverto che, in considerazione delle imminenti votazioni in Assemblea, tra poco sarò costretta a rinviare il seguito dell'audizione. Il ministro Bindi ha chiesto però di intervenire ora per una precisazione.

ROSY BINDI, Ministro della sanità. Innanzitutto, lungi da me la rassegnazione: constatare la realtà è ben diverso dall'essere rassegnati. Sono venuta a chiedere a questa Camera, visto che siamo in audizione, le determinazioni e la lettura della risoluzione che vi accingete a votare, per un motivo molto semplice. Non è che noi siamo senza dati o senza indicatori di qualità; non è che non siamo in grado di dire se la dismissione operata da una certa regione, là dove questo processo è ultimato, corrisponda o meno alle linee guida fissate, compreso il fatto, che ricordava l'onorevole Carlesi, che è stata corretta la circolare nella quale si consentiva l'utilizzazione delle strutture psichiatriche precedentemente destinate ad ospedali psichiatrici. È stata corretta, ma lo è stata esattamente nel senso che chi aveva già iniziato un progetto e lo stava ultimando, lo ha ultimato così com'era. Ad Arezzo, dove hanno dismesso l'ospedale psichiatrico 15 anni fa e lo hanno fatto all'interno dello stesso ospedale psichiatrico, non me la sento di chiedere di cambiare sede, visto e considerato che hanno svolto un buon lavoro.
Con ciò intendo dire che non è che manchino i dati ed i nuclei di valutazione in giro per l'Italia a verificare, tant'è vero che con molta tranquillità sono venuta a dirvi che abbiamo un processo di dismissione che sulla carta è coerente con le indicazioni che abbiamo fornito, mentre nella realtà, escluse alcune brillanti eccezioni, è molto meno coerente. Ciò anche per ammissione delle stesse regioni.
Detto questo, ci troviamo di fronte a dati qualitativi e non quantitativi, quindi più complessi da leggere e da interpretare in maniera concorde con le regioni, presupposto per l'applicazione delle penalizzazioni e per far scattare i poteri sostitutivi, perché questo ha votato il Parlamento: non ha stabilito che il ministro va e nomina il commissario ad acta. Il ministro trova un accordo con la regione e decide un determinato percorso. Sono dati tranquilli, perché quando si legge che quattro strutture non sono state dismesse, questa è la realtà; il problema nasce su come è stata dismessa la struttura. Come voi avete osservato, si tratta di elementi culturali che non si cambiano con un commissario ad acta, perché non si cambiano gli operatori, si utilizzano quelli già presenti. So anch'io cosa vorrebbe dire, onorevole Saia, poter riconvertire tutto il personale; ma questi sono processi lunghissimi.
Pertanto sono qui a chiedere alla Commissione - poi naturalmente sarà necessario un incontro congiunto con le regioni - che cosa significhi, a fronte di dati così complessi, interpretare le richieste che voi fate. È semplice: se la richiesta è di trattenere i fondi e di nominare un commissario ad acta, non ci vuole molto a farlo. Il mio intervento è un'assunzione di responsabilità di fronte a un dato complesso, molto più complesso di quanto si possa pensare. Non c'è rassegnazione, tutt'altro. Non a caso ho parlato di destinazione di ulteriori risorse, applicazione del nuovo progetto di salute mentale, velocità nell'attivare tutto questo. Siamo di fronte ad una realtà che presenta, appunto, processi di grande complessità.
Aggiungo che ogni tanto, quando vengo in Parlamento - mi riferisco anche all'odierna discussione sulla delega, svoltasi al Senato -, mi sembra di trovarmi di fronte a comportamenti - scusatemi, ma lo devo dire - un po' schizofrenici. Giustamente si vuole procedere verso uno Stato federale completando il processo di regionalizzazione, poi si chiamano in causa il ministro e il Ministero per talune disfunzioni. Onorevole Saia, torno a ripetere che quando voi mi presentate un'interrogazione sul modo in cui si è comportata


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e si sta comportando una regione nei confronti di un presidio ospedaliero, io rispondo con la lettera che mi ha mandato la regione perché non posso fare altro. E anche se mando un nucleo ispettivo ed emergono delle irregolarità, al massimo invio le carte alla procura della Repubblica. Ma dal punto di vista amministrativo io oggi (forse quando sarà approvata la legge delega ed avremo emanato i decreti legislativi la situazione sarà diversa) non posso fare altro, perché questa è la situazione.
Per questo sono venuta a chiedere una sponda istituzionale. Di fronte a dati così complessi, ditemi voi se si debba procedere in un certo modo o in un altro, perché l'ordinamento non ci consente quello che auspicheremmo tutti di poter fare.

ANTONIO SAIA. Una lettera all'assessore la può scrivere!

ROSY BINDI, Ministro della sanità. Certo che gliela scrivo la lettera! E quando l'ho fatto...? (Commenti del deputato Saia).

MAURA COSSUTTA. Votiamo la modifica della legge n. 502!

PRESIDENTE. Poiché stanno per avere luogo votazioni in Assemblea, dobbiamo rinviare il seguito dell'audizione. Faccio presente ai colleghi e al Governo che esiste un meccanismo di ascolto reciproco che non vorrei abbandonare; se poi intendiamo fare una discussione amichevole, la facciamo fuori da questa sede. Qui vorrei che rispettassimo lo stile che ci ha sempre contraddistinti.
Il seguito dell'audizione è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.40.