IX COMMISSIONE
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di marted́ 9 novembre 1999


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La seduta comincia alle 11.20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'IRI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul trasporto aereo, l'audizione di rappresentati dell'IRI. Ringrazio il presidente dell'IRI Gros-Pietro, il dottor Gnudi, il dottor Ciucci e gli altri rappresentanti per la cortese disponibilità manifestata in quest'occasione.
L'indagine, com'è noto, riguarda il trasporto aereo e, per quel che riguarda l'IRI, i due settori di maggiore incidenza sono rappresentati dal ruolo svolto dall'Alitalia e dalle altre società che l'IRI controlla nello stesso ambito.

GIAN MARIA GROS-PIETRO, Presidente dell'IRI. Signor presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per avermi dato l'opportunità di partecipare a questa audizione. Come loro sapranno, in questo momento all'IRI ci sono due amministratori delegati: chi vi parla è previsto passi ad altro incarico alla fine del mese, quando la presidenza sarà affidata al dottor Gnudi. Per rispetto nei confronti della Commissione abbiamo dunque ritenuto di presentarci assieme, al fine di illustrare le problematiche e le prospettive dell'Alitalia nell'ambito del più ampio contesto del trasporto aereo, oggetto dell'indagine conoscitiva. Vorrei trattare inoltre brevemente l'attuale stato del processo di privatizzazione dell'Alitalia e alcune delle principali tematiche relative alla Società aeroporti di Roma.
Parliamo prima di tutto del mercato del trasporto aereo, che è estremamente sensibile alle fluttuazioni dell'attività economica. Alcune variabili esogene influenzano fortemente il contesto di riferimento e sono riconducibili, essenzialmente, al quadro congiunturale (la domanda di trasporto aereo varia mediamente del 2 per cento circa per ogni punto percentuale di variazione del PIL), ai riflessi di scelte politico-diplomatiche nelle relazioni tra vari paesi, nonché a problematiche di tipo strutturale (in particolare quelle relative al sistema di controllo di traffico aereo).
Tale breve considerazione costituisce il punto di partenza per una rapida analisi delle dinamiche che hanno interessato, nel corso del 1999, il mercato del trasporto aereo e degli effetti che si sono ripercossi sull'Alitalia.
La situazione di incertezza che sta interessando la fase attuale del trasporto aereo trae origine da un quadro congiunturale caratterizzato dal rallentamento delle economie europee e dalla recessione nei mercati asiatici e sudamericani. In tale scenario, il mercato nazionale del trasporto aereo ha mostrato nel corso del 1999 una sostanziale stasi della domanda che, nel primo semestre dell'anno, si è sviluppata solo dell'1 per cento a fronte del più 16 per cento dello stesso periodo del 1998. Tale dinamica, peraltro, non è attribuibile per intero al negativo andamento


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congiunturale, in quanto vi hanno concorso anche fattori politici e strutturali.
In particolare, i primi mesi dell'anno sono stati condizionati dalla crisi balcanica sfociata nella guerra in Kosovo. Il conflitto ha avuto un impatto dirompente sul sistema nazionale del traffico aereo che, se da un lato ha registrato una decisa riduzione dei flussi di passeggeri e merci, dall'altro ha visto un deciso aumento del livello dei disservizi. La limitazione di accesso al traffico civile su alcune importanti aerovie a seguito della guerra ha comportato infatti la congestione dello spazio aereo disponibile, con un notevole incremento dei ritardi e della cancellazione di voli; tali difficoltà sono state inoltre acuite dai problemi specifici di gestione operativa dell'assistenza al traffico aereo sia a livello nazionale che internazionale.
In tale quadro, nel corso del 1999 è divenuto operativo il nuovo hub di Malpensa, che ha dovuto affrontare nella delicata fase dell'avviamento, oltre a difficoltà di tipo logistico ed operativo, i negativi riflessi di un contesto di riferimento particolarmente critico.
L'insieme di tali problematiche si è pesantemente riflesso sull'Alitalia, che ha risentito anche dei vincoli connessi al regime transitorio di ripartizione del traffico tra il nuovo aeroporto di Malpensa e quello di Linate con un non ottimale utilizzo della flotta. Un fattore particolarmente penalizzante è derivato dal fatto che l'aeroporto di Malpensa non ha funzionato nel regime che era stato previsto sulla base delle decisioni del Governo e dell'Unione europea, cioè non è diventato l'unico aeroporto di Milano, ad eccezione della navetta Milano-Roma: il mantenimento della ripartizione del traffico tra Malpensa e Linate è andato ad esclusivo svantaggio dell'Alitalia. In tale situazione la compagnia di bandiera è risultata particolarmente esposta alla concorrenza, molto aggressiva negli aeroporti di provincia del nord e del centro-nord, da cui i principali operatori esteri alimentano i rispettivi hub.
La pressione concorrenziale è risultata ancor più consistente sui mercati esteri in una situazione che ha visto andamenti fortemente critici anche per le altre compagnie aeree. La crisi economica dei mercati del centro-sud America e dell'Estremo Oriente ha infatti comportato una sensibile riduzione del trasportato verso tali aree geografiche, con un conseguente spostamento di capacità del nord Atlantico. Tutti hanno spostato gli aerei che non avevano domanda in Asia sul nord Atlantico e ciò ha fatto scendere il coefficiente di carico degli aerei e soprattutto il prezzo dei biglietti (meno 7 per cento circa nei primi nove mesi dell'anno rispetto al medesimo periodo 1998).
Negli ultimi mesi dell'anno, peraltro, si sta assistendo al graduale superamento dei menzionati fenomeni contingenti, tenendo anche conto dei segnali di miglioramento della congiuntura (ripresa economica già avviata nei principali paesi asiatici), in un contesto di mercato sempre più aperto e che si avvia ad essere dominato da alleanze globali. Oltre a Wings - che coinvolgerà nei prossimi mesi Alitalia, KLM, Northwest, Continental ed eventualmente altri - il trasporto aereo mondiale vede attualmente contrapposte altre tre mega alleanze (Star, One World ed il Qualiflyer Group), cui si è aggiunta recentemente l'accordo globale tra Air France e Delta Airlines.
Nonostante le difficoltà di cui ho parlato, rimangono sostanzialmente invariati gli obiettivi reddituali e di sviluppo dell'attività di Alitalia delineati per gli anni futuri, che mirano a portare la compagnia nella fascia alta dei concorrenti di riferimento sia in termini di posizione competitiva sia di redditività, puntando ad un EBIT intorno al 10 per cento e a un ROE pari al 15 per cento.
L'Alitalia infatti, alla luce delle problematiche di mercato e dei riflessi attesi sulle risultanze del 1999, ha provveduto a rimodulare nel corso dell'anno il piano industriale 1998-2001, punto di svolta dalla fase di risanamento a quella di più accentuato sviluppo della compagnia aerea.


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Tale aggiornamento - sul quale questa Commissione ha espresso recentemente parere favorevole, con alcune osservazioni - riconsidera, in estrema sintesi, alcuni presupposti economico-patrimoniali, ma mantiene inalterate le linee strategiche a suo tempo individuate. In sostanza il piano si fonda in particolare sull'alleanza con la KLM, decollata, come programmato, il 1o novembre scorso. Uno degli elementi portanti di tale documento programmatico è rappresentato dal nuovo disegno di rete, incentrato sui due hubs di Fiumicino e Malpensa come perni dell'alleanza stessa; in particolare, lo sviluppo dell'attività su quest'ultimo scalo rappresenta anche uno dei presupposti fondamentali per il buon esito dell'alleanza con la compagnia olandese.
La valenza strategica dell'alleanza con la KLM, valida per il momento sino al 2008, è finalizzata a realizzare uno dei più avanzati sistemi globali di trasporto aereo ed a conseguire sostanziali vantaggi sotto il profilo competitivo ed economico, in considerazione delle elevate complementarietà dei network delle due compagnie e dei rispettivi hub di riferimento, con sinergie valutate nell'ordine di 800 miliardi a partire dal terzo anno di attività.
Nel ripercorrere brevemente gli aspetti salienti, va ricordato che l'accordo è fondato sulla realizzazione di due full joint ventures (passeggeri e cargo), volte all'utilizzo ottimale delle risorse dei partner. Tali joint ventures, operative dallo scorso 1o novembre, avranno sede a Roma per l'area passeggeri e ad Amsterdam per l'area cargo, senza che questo si rifletta sul rapporto contrattuale del personale che sarà mantenuto in capo alle rispettive aziende. Elemento cardine dell'accordo è rappresentato dalla sharing formula, criterio individuato dai partner per la suddivisione degli utili dell'alleanza, comune per entrambe le joint ventures, la cui validità è stata confermata da una fairness opinion rilasciata da primari advisor. È questo un punto sul quale il consiglio di amministrazione dell'IRI si è particolarmente soffermato per la tutela dei diritti dell'azionista. Tale formula, che contempla una ripartizione paritetica dell'utile dell'alleanza su base fissa per tutta la durata dell'accordo, è stata in particolare determinata con l'obiettivo di creare l'interesse di ambedue i partner a massimizzare i risultati, limitando al massimo eventuali interessi differenziati che avrebbero potuto nel tempo generare conflitti.
La pariteticità della formula di ripartizione dei profitti generati dall'alleanza ha come presupposti principali il maggior potenziale di crescita futura di Alitalia, centrata sulle prospettive del mercato italiano e dell'hub Malpensa, che bilancia in particolare la maggiore dimensione attuale del business KLM e il suo più elevato know-how nella gestione degli hub. In sostanza, con questo accordo abbiamo scambiato punti di forza attuali con potenzialità future e ci siamo procurati, come Alitalia, capacità delle quali eravamo in parte carenti.
I due vettori hanno inoltre concordato che entro il 31 dicembre 1999 la KLM dovrà effettuare un versamento di 100 milioni di euro ad Alitalia, quale condivisione forfettaria dei costi sostenuti dalla compagnia italiana per il lancio dell'hub di Malpensa, che costituisce uno dei principali asset dell'alleanza. Questa è una quantificazione parziale, cioè 100 milioni di euro equivalenti a 200 miliardi: si suppone dunque che Alitalia ne abbia spesi 400 per sostenere il decollo di Malpensa.
Circa gli sviluppi futuri, i partners continueranno gli studi relativi ad ulteriori integrazioni di carattere finanziario, organizzativo e legale, nell'ambito dei poteri dei rispettivi consigli, con l'obiettivo di realizzarle entro 29 mesi dall'avvio delle joint ventures. Confermo in proposito quanto già dichiarato dal ministro dei trasporti Treu che nell'accordo non sono previsti scambi azionari e che questi restano materia di valutazione delle rispettive assemblee degli azionisti.
Relativamente all'assetto organizzativo, si prevede che le due joint ventures siano governate in modo coordinato da un alliance committee composto dal chief


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executive officer di KLM e dall'amministratore delegato di Alitalia. Per ogni area organizzativa verrà quindi identificato un solo punto di responsabilità di provenienza KLM per la passengers joint venture e di provenienza Alitalia per quella cargo. Abbiamo dunque una favorevole situazione per i quadri italiani, che trovano la joint venture situata a Roma, e meno favorevole per quelli olandesi.
L'alleanza, com'è noto, prevede l'estensione degli accordi alla Northwest per l'attività sul nord Atlantico, che diventerà operativa non appena ricevuta la prevista autorizzazione dell'antitrust americano. Aspettiamo inoltre che entri in vigore l'accordo open sky, sottoscritto tra i governi italiano e statunitense. L'auspicio è che ciò avvenga in tempi brevi, anche se da tale nuovo contesto deriverà una maggiore pressione competitiva.
Vorrei ora trattare le problematiche relative all'operatività di Malpensa. La scelta di costruire un grande aeroporto internazionale a Malpensa è stata fatta dal Governo italiano molti anni fa e confermata dal Parlamento nel piano generale dei trasporti del 1985. Lo sviluppo di un hub sullo scalo di Malpensa è entrato a far parte - per una decisione del Consiglio dei ministri di Europa del 1994 - dei progetti prioritari dell'Unione europea ed ha così ottenuto anche una notevole contribuzione finanziaria comunitaria per la realizzazione delle opere infrastrutturali connesse.
Nel 1996, quando Alitalia è stata risanata, non poteva non fondare il suo piano industriale ed i suoi progetti di sviluppo sulle decisioni di tutti gli organi della politica dei trasporti, cioè il Governo italiano e la Comunità europea, che ponevano Malpensa come grande hub europeo. Tuttavia questa decisione ha assunto rilevanza molto inferiore per gli operatori internazionali che operano scarsamente sull'Italia, mentre è stata attivamente contestata ed osteggiata dalle compagnie europee, che erano abituate a drenare il traffico d'affari che nasce per i tre quarti nell'Italia settentrionale a favore dei propri hub nazionali. Solo Alitalia è stata costretta a fondare la sua strategia sulla decisione assunta dal Governo italiano e dall'Unione europea, in quanto origina la maggior parte del proprio traffico aereo dall'Italia e non poteva non tener conto di questa decisione strategica di politica dei trasporti. A questo proposito bisogna ricordare quanto Alitalia ha dovuto investire per assicurare il decollo di Malpensa; bisogna altresì ricordare che tale decollo, non essendo avvenuto nelle condizioni che erano previste sulla base di decisioni assunte dal Governo italiano e dalla Commissione dell'Unione europea, cioè con la partenza al 1o novembre 1998, ma essendosi procrastinato con una divisione del traffico che ha permesso ai vettori europei di continuare a drenare traffico da Linate, ha aumentato molto i costi di Alitalia, riducendo altresì le sue capacità di servizio, che tra l'altro hanno un limite alla crescita quantitativa della flotta - come questa Commissione ben sa - per effetto del cosiddetto aiuto di Stato.
L'hub di Malpensa, nelle sue dimensioni attuali, con una capacità di 18 milioni di passeggeri per l'insieme degli aeroporti milanesi, va confrontato con gli altri hub europei: l'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi ha fronteggiato nel 1998 una domanda di 30 milioni di passeggeri (per una popolazione di 58 milioni di persone), con una capacità di 40 milioni ed una prospettiva di portare tale capacità, entro i prossimi 5 anni, a 65 milioni di passeggeri; l'aeroporto Heathrow di Londra ha risposto nel 1998 ad una domanda di 60,3 milioni di passeggeri, con una capacità di 61 milioni e la prospettiva di elevare tale capacità, nei prossimi 5 anni, a 65 milioni di passeggeri; Francoforte ha risposto al cento per cento nel 1998 alla domanda nazionale, con una capacità di 42 milioni di passeggeri pari a quella della domanda espressa, e con la prospettiva di portare tale capacità a 50 milioni di passeggeri entro i prossimi 5 anni; Amsterdam ha anch'essa risposto al cento per cento nel 1998 ad una domanda di 34 milioni di passeggeri, con la prospettiva


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di elevare la sua capacità dagli attuali 34 milioni a 47 milioni di passeggeri entro i prossimi 5 anni.
L'aeroporto cosiddetto hub di Malpensa in realtà sta crescendo verso la dimensione di hub, ma è tuttora sottodimensionato rispetto al ruolo che deve svolgere sotto questo profilo. Non dimentichiamo che un hub (è qui il punto che voglio sottolineare, che ha comportato un grave danno per la politica italiana dei trasporti, in particolare per Alitalia) è tale in quanto i passeggeri vi trovano le coincidenze; diversamente non è un hub, è un qualunque aeroporto punto-punto. La possibilità da parte della concorrenza di continuare ad operare i voli internazionali da Linate ha gravemente indebolito il decollo di Malpensa e naturalmente ha ridotto la domanda di passeggeri che si localizza sugli aeroporti lombardi. È una situazione dalla quale bisogna uscire il più presto possibile.
Per quanto attiene alla valutazione dell'efficacia e della validità del progetto Malpensa, è opportuno rilevare che non appare corretto giudicare i risultati dell'hub dalle sue prime stagioni di operatività, come non è apparso corretto in nessuno degli avviamenti dei grandi aeroporti internazionali (citiamo il caso notissimo di Singapore). L'aeroporto di Malpensa è oggi uno dei punti cardine delle linee aree italiane. L'indice di saturazione della nuova infrastruttura aeroportuale dopo il completo trasferimento dei voli da Linate raggiungerà il 70 per cento delle potenzialità del sistema, mentre per quanto riguarda l'incidenza dei voli nelle singole fasce orarie il trasferimento genererà, nelle 17 ore dell'arco operativo, una media di 4 transiti in più per banda oraria. In sostanza, vogliamo affermare che a nostro avviso Malpensa è perfettamente in grado di raccogliere il traffico aggiuntivo derivante da Linate.
Per concludere la parte su Malpensa, sottolineo che il nuovo sistema aeroportuale milanese dovrebbe consentire ad Alitalia di superare i 10 milioni di passeggeri nel 2002 e di registrare un marcato aumento dei passeggeri in interconnessione, che negli ultimi due mesi hanno segnato un incremento del 20 per cento.
Accennerò ora al processo di privatizzazione di Alitalia. Nel maggio 1998 l'IRI ha collocato presso investitori istituzionali italiani ed esteri circa il 18 per cento della compagnia, ricavando circa 800 miliardi. Con questa somma la famosa ricapitalizzazione di 2.000 miliardi che l'IRI fece di Alitalia è venuta a costare all'IRI sostanzialmente solo 1.200 miliardi. Nel giugno dello stesso anno si è registrato un aumento di capitale aperto di 3.000 miliardi, che l'IRI ha sottoscritto per 2.000 miliardi, ma si trattava sempre dei 2.000 miliardi già versati; quindi l'IRI non ha versato una lira, ha semplicemente convertito il credito in capitale. Subito dopo vi è stato l'aumento di capitale riservato ai dipendenti del gruppo per il 20,5 per cento. In sostanza, oggi la quota di partecipazione dell'IRI in Alitalia è del 53 per cento circa. Come questa Commissione sa, è stata costituita una società cooperativa di azionisti-dipendenti Alitalia, una scarl, che ha proposto un'offerta di scambio su circa il 7 per cento del capitale sociale della compagnia; questa offerta di scambio ha ricevuto un'adesione dell'1,3 per cento, che comunque è stata accettata dalla scarl. In questo momento, è questa la partecipazione formalizzata e coagulata dei dipendenti.
Vengo ora agli adempimenti propedeutici alla privatizzazione di Alitalia. È stato acquisito da parte di questa Commissione e dell'omologa Commissione del Senato il parere in merito al piano industriale Alitalia 1998-2001. L'effettivo avvio del processo di privatizzazione di Alitalia necessiterà, ai sensi della legge n. 481 del 1995, dell'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulle modalità di alienazione della compagnia. La privatizzazione di Alitalia richiederà l'introduzione nello statuto di particolari norme per la tutela della detenzione della maggioranza del capitale da parte dei cittadini comunitari, al fine di non far perdere all'Alitalia i diritti di volo. Abbiamo studiato con i nostri uffici legali formule che, attraverso un monitoraggio


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della detenzione del capitale, consentiranno di adempiere a questa fattispecie.
Per non approfittare troppo della pazienza dei commissari, vorrei ora toccare solo alcuni aspetti relativi alla società Aeroporti di Roma, la quale ha risentito in modo negativo dell'apertura di Malpensa, perché il 50 per cento dei voli intercontinentali è stato spostato da Fiumicino a Malpensa. Ciò ha comportato una perdita di traffico pari al 6,5 per cento nel 1999 ma non inficia la previsione di una crescita media del traffico del 4 per cento nel periodo di piano, in quanto la diminuzione verificatasi quest'anno è già in corso di recupero e sarà fortemente recuperata nel 2000 per effetto del Giubileo.
Il ruolo di Fiumicino è previsto nel piano di trasporto aereo come hub di collegamento fra l'Europa ed il sud, in particolare come centro del Mediterraneo.
Il 5 agosto scorso la società Aeroporti di Roma ha deciso, per quanto riguarda l'attività di handling, di affiancare alla propria controllata AdR Handling un partner internazionale come la Ogden Aviation, proprietaria del 49 per cento di AdR Handling.
A fianco delle attività puramente aeronautiche, il business non puramente aeronautico sarà sviluppato facendo leva sulle opportunità derivanti dalla disponibilità di nuove infrastrutture progettate per l'ottimizzazione delle attività di retailing. Credo che tutti conoscano le nuove aerostazioni che sono state realizzate.
È prevista una forte espansione delle infrastrutture. Ciò comporterà per AdR impegni finanziari quantificabili in oltre mille miliardi, distribuiti nell'arco del periodo considerato e principalmente destinati all'ampliamento della superficie totale delle aerostazioni, che passerà dagli attuali 210 mila a 350 mila metri quadrati, con una serie di nuove strutture che sono elencate nella memoria scritta. In particolare vorrei citare il nuovo satellite ed il mezzo di movimentazione dei passeggeri Sky Bridge.
Per quanto riguarda la privatizzazione di Aeroporti di Roma, ricordo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 febbraio scorso ha consentito all'IRI, attraverso un invito a manifestare interesse pubblicato sulla stampa nazionale ed internazionale il 30 luglio scorso, l'avvio della procedura per la cessione della nostra quota del 54 per cento. Questo decreto prevedeva una partecipazione, fino al limite complessivo del 3 per cento dell'intero capitale, offerta agli enti locali, cioè alla regione Lazio, alla provincia di Roma, al comune di Roma e al comune di Fiumicino. Il 26 ottobre scorso questi enti hanno fatto pervenire le loro comunicazioni. In considerazione della quota richiesta, che è complessivamente superiore al menzionato 3 per cento, l'IRI dovrà prima di tutto valutare il legittimo esercizio delle opzioni da parte degli enti interessati e quindi provvedere al riparto in modo da entrare nel tetto del 3 per cento.
A seguito dell'assenso pervenuto dal Ministero del tesoro in data 2 novembre, è stata avviata la fase successiva della procedura di privatizzazione di Aeroporti di Roma, che prevede la presentazione da parte dei soggetti ammessi di un'offerta preliminare non vincolante, che includa, in conformità con quanto previsto dal decreto, un piano industriale la cui idoneità sarà condizionante per l'analisi dei contenuti economici delle offerte.
Vorrei infine ricordare che la SEA SpA a fine ottobre ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del TAR del Lazio con la quale è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto per ottenere l'annullamento del menzionato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Gros-Pietro e do la parola ai colleghi.

ENZO SAVARESE. Sarò brevissimo, anche perché il professor Gros-Pietro ha detto tutto quello che ci si poteva aspettare di sentire, per cui mi ritengo pienamente soddisfatto.
In questo momento voi siete azionisti sia di Alitalia sia di Aeroporti di Roma: si


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è avuta l'impressione che vi fosse una sorta di guerra in famiglia fra l'una e l'altra. In quanto azionisti, a voi interessa che il valore complessivo dell'una e dell'altra cresca e non diminuisca. Lei, professor Gros-Pietro, non ha l'impressione che una certa resistenza di uno dei due nei confronti dell'apertura di Malpensa abbia svantaggiato il vostro pacchetto azionario nella compagnia di bandiera?
Inoltre, sono perfettamente consapevole della necessità dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in base alla legge n. 481 del 1995; tuttavia, fermo restando che nessuno dubita sull'if, se il when dipendesse esclusivamente da voi, quando privatizzereste veramente l'Alitalia? E, se pensate di farlo, ciò avverrebbe in una o più fasi?
Infine, pregiudizialmente non ho niente contro un'acquisizione da parte di KLM di quote prevalenti nell'Alitalia, però vi chiedo se già oggi possiate ipotizzare partecipazioni di soggetti che comunque esercitano il trasporto aereo, o se già nell'ipotesi di un'OPV vi stiate guardando intorno verso altri conglomerati (per esempio, nel caso di Aeroporti di Roma si va dalla Mc Donald alla Gemina, quindi settori totalmente diversi).

ANTONIO ATTILI. Ringrazio anch'io il presidente Gros-Pietro per l'ampia illustrazione delle problematiche relative al trasporto aereo, centrate, come era ovvio, sulle questioni di Alitalia e di Aeroporti di Roma; si tratta di problemi che noi discutiamo da tempo, da ultimo con un'approfondita riflessione sul piano industriale Alitalia. Pertanto vengo subito ad alcune domande che intendo rivolgere al presidente.
In primo luogo, il presidente ci ha ricordato che il mercato interno italiano, che ovviamente è legato a tutta una serie di motivi esogeni, ha delle potenzialità e tuttavia stenta a decollare. Credo che questo non dipenda solo da ragioni esterne, congiunturali o strutturali, ma anche da alcune scelte di politica industriale che la compagnia Alitalia, ex compagnia di bandiera, ha compiuto in questi anni. Il mercato interno è penalizzato, soprattutto nel Mezzogiorno, sia dalla qualità del servizio sia dalle tariffe. Si tratta di un problema che abbiamo più volte discusso ed io credo che su tale questione l'azionista pubblico, fin quando rimane azionista pubblico, debba dire una parola chiara, perché mi sembra che le tariffe attuali (si potrebbero citare decine di esempi che più volte in questa Commissione sono stati fatti) deprimano la domanda, più che stimolarla, soprattutto nel Mezzogiorno. Per non parlare poi della qualità del servizio: vi sono situazioni assolutamente insostenibili. L'ultimo volo da Genova di Alitalia parte alle 18.30; alcuni voli della Sardegna partono alle 6 di mattina; mi risulta che a Catania proprio in questi giorni siano stati cancellati alcuni voli. Questa sicuramente non è una scelta politica tendente ad incoraggiare l'espansione del mercato interno. Concordo quindi sui motivi esogeni ricordati nella relazione, ma esistono anche scelte che a nostro parere vanno rimeditate.
In secondo luogo, vorrei affrontare il problema dei due hub, di cui si è parlato a lungo e su cui il presidente ha espresso alcune osservazioni nella sua relazione. Si sta assistendo ad una situazione abbastanza paradossale. Noi abbiamo sempre sostenuto la validità strategica della scelta di Malpensa, con atti, con posizioni pubbliche, ed i governi che si sono succeduti hanno fatto bene a mantenere questa posizione, che abbiamo condiviso. Ci sembra tuttavia che su due questioni si debba fare chiarezza. La prima riguarda le enormi inefficienze dimostrate dalla SEA nella gestione della prima fase del trasferimento, e questo è un problema vero. La SEA, nonostante lo sforzo compiuto dalla compagnia di bandiera, che noi condividiamo, non si è dimostrata all'altezza di spostare una sua task force di 150-200 lavoratori per dare una mano in questa fase di decollo. Mi auguro che l'ottimismo del presidente venga poi suffragato dai fatti e che lo spostamento definitivo dei voli da Linate a Malpensa, che dovrà avvenire entro il 15 gennaio, vada nella


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direzione giusta. Nutro però qualche perplessità e quindi ritengo che si debba verificare se effettivamente la gestione aeroportuale sia in grado di operare in questa direzione.
Mi pare che questi trasferimenti abbiano fortemente penalizzato il traffico su Fiumicino e quindi il problema del riequilibrio sui due hub debba essere posti in maniera seria. Se ne parla a ogni piè sospinto, durante le conferenze e le audizioni, ma in concreto si sta facendo poco; poiché AdR è un bene pubblico, almeno per larga parte, ed è in corso una privatizzazione sulla quale abbiamo già espresso il nostro parere favorevole, il permanere di questa situazione danneggia le quotazioni di Aeroporti di Roma. Preannuncio la presentazione di una risoluzione proprio su questo punto, che spero verrà firmata anche da altri gruppi politici, perché gli strumenti per intervenire esistono. Intanto, per quanto riguarda il problema dell'open sky non sta scritto da nessuna parte che debba essere subordinato all'autorizzazione del governo americano sulla questione dell'accordo con Northwest: lo stesso ministro dei trasporti ha affermato, nel corso di un'audizione in questa Commissione, che il Governo - e lo ha scritto nella nota di trasmissione del piano industriale Alitalia - non considera la concessione dell'antitrust immunity all'intesa Alitalia-Northwest da parte delle autorità americane strettamente pregiudiziale alla piena entrata in vigore dell'accordo. Allora, delle due l'una: se è pregiudiziale, cerchiamo di capire perché, a più di un anno di distanza, ancora non è stata ottenuta; se pregiudiziale non è, allora si chiudano gli accordi open sky, che possono essere uno strumento importante per ottenere il riequilibrio. Allo stesso modo debbono essere riconsiderati tutti gli accordi bilaterali con i paesi extraeuropei che abbiano un traffico, perché è inutile stringere accordi con paesi che non hanno un traffico in quanto non otterremo mai un riequilibrio.
Vede, signor presidente, la perdita del 6,7 per cento che lei citava è alta e legare il recupero di Fiumicino al Giubileo è un'argomentazione debole perché il Giubileo, grazie a Dio, dura un anno (dico grazie a Dio per la città di Roma, per chi ci vive): presumibilmente i suoi effetti si esauriranno nel 2000 e, se non vi sarà un intervento strutturale, il Giubileo porterà un picco ma poi si tornerà in perdita. A mio parere questo problema dovrà essere affrontato in maniera decisa dall'azionista.
Per quanto riguarda la sicurezza, purtroppo i fatti anche recenti dimostrano che in questo campo si deve fare qualcosa di più: è una delle nostre osservazioni al piano Alitalia, perché non vorremmo che la concorrenza si vincesse a scapito della sicurezza; occorrono investimenti sia sulla formazione del personale sia sui vettori e sugli aeroporti. La sicurezza non è merce che si possa quantificare con i parametri di mercato, ma deve essere un prius rispetto a tutte le altre scelte.
Sull'accordo con KLM, riteniamo convincente l'architettura dell'intesa stessa: l'alleanza con KLM era ormai una necessità, la formula della pariteticità al 50 per cento va bene, ma per il futuro vorremmo capire chi comanderà. È stato dichiarato che non verranno compiuti ulteriori passi avanti prima che avvenga la privatizzazione di Alitalia sotto il profilo degli accordi tra le due società, degli scambi azionari e così via: tuttavia la nostra preoccupazione è che Alitalia possa continuare ad avere un peso all'interno di questa alleanza e vorremmo sapere se l'azionista condivide questa nostra preoccupazione.
Riteniamo utile e condividiamo la privatizzazione Alitalia e vorremmo sapere se l'azionista sarebbe favorevole all'uso della golden share da parte del Governo, se ciò servisse a mantenere proprietà e controllo italiani, anche alla luce delle considerazioni che faceva il presidente.

PAOLO BECCHETTI. Come la Telecom!

ANTONIO ATTILI. Becchetti, stiamo parlando dell'Alitalia e della Telecom parleremo in altra occasione.


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Per quanto riguarda Aeroporti di Roma sono previsti molti investimenti (ho sentito parlare di mille miliardi) e ricavi consistenti, superiori al 4 per cento: vorrei sapere se sia stato calcolato l'eventuale aumento occupazionale che questa massa di investimenti non indifferente e questi ricavi sostanziosi potrebbero produrre. I tempi di privatizzazione di AdR si sono allungati perché SEA ha assunto un atteggiamento ostile: è davvero curioso che questa società, gestita dal presidente della Confindustria, non venga privatizzata e continui ad essere controllata dal comune di Milano. Riteniamo che dovrebbe essere posta sul mercato anche la SEA, soprattutto perché ha mostrato grandi inefficienze... Collega Becchetti, è inutile che mi guardi, so quello che mi vuoi dire! Sarebbe bene privatizzarla anche perché è curioso che l'IRI privatizza mentre il comune di Milano non privatizza affatto. Poiché vi è stato un ulteriore ricorso della SEA avverso la sentenza del TAR, non sarebbe opportuno verificare se tale società sia adempiente rispetto a tutti i vincoli posti dalla concessione statale? Sono convinto che, se si dovesse studiare bene il contenuto della concessione, probabilmente si scoprirebbe che SEA non ha le carte in regola per fare attività ostili nei confronti di un'operazione di privatizzazione che riteniamo importante nell'interesse del paese.

PRESIDENTE. Onorevole Attili, naturalmente quest'ultimo quesito dovrebbe essere indirizzato piuttosto al Governo che non al presidente dell'IRI.

ANTONIO ATTILI. Lo so, signor presidente, ma l'ho voluto porre ugualmente affinché ne rimanesse traccia nel verbale dell'audizione.

PAOLO BECCHETTI. Desidero innanzitutto ringraziare il presidente dell'IRI per le chiare e sintetiche affermazioni che ha fatto nel suo intervento. Premetto che intendo attenermi al ruolo dell'IRI poiché non è questa la sede per fare domande, per così dire, a suocera perché nuora intenda, dove la suocera nella fattispecie sarebbe il Governo e la nuora sarebbe l'IRI (tra l'altro una nuora che si sta sostanzialmente per separare da questa creatura, rappresentata da Aeroporti di Roma e Alitalia). Poiché di professione faccio il notaio, per esperienza so che, una volta terminati i preliminari e pagato il prezzo, di solito il venditore comincia a disinteressarsi ed il problema resta in mano ai professionisti. Pertanto do atto all'IRI di un grande senso di responsabilità, ma mi rendo comunque conto che stiamo andando verso la completa uscita dell'IRI da questo settore; quindi la prospettazione che possiamo darci in questo nostro colloquio riguarda le iniziative che l'IRI ha preso e prenderà in previsione delle privatizzazioni che stanno per intervenire. Questo è il succo del discorso e tutto il resto riguarda il Governo.
Penso che nessuno ormai dubiti più della necessità di far decollare Malpensa al meglio e personalmente sono convinto che si debba arrivare ad un sistema integrato di hubs Malpensa-Fiumicino: non mi pare che vi siano altre soluzioni ed il nostro paese non si può nemmeno permettere il lusso di avere due hubs tra loro concorrenti ed antagonisti. Dal punto di vista dell'IRI appare decisiva la scelta dell'acquirente di Aeroporti di Roma. Il Parlamento ha fornito indicazioni molto precise ed a quelle si deve attenere l'IRI. Anche sulla questione della quantità di azioni richieste dall'ente locale e della modulazione di riparto fra gli enti locali, cioè Fiumicino, provincia, regione e comune di Roma, non credo si possa derogare in alcuna maniera: so che ciò implica anche delle indicazioni di competenza del Governo, ma sono convinto che questo settore pubblico, che uscirà dalla porta attraverso l'IRI, non possa poi rientrare dalla finestra attraverso un meccanismo proficuo, come quello della SEA, con il quale un ente pubblico gestisce un aeroporto.
Posso anche essere d'accordo con il collega Attili sulla necessità di cambiare il modello organizzativo e gestionale, purché non pensi ad una cooperativa rossa o ad


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un CAF per gestire SEA. Per quanto riguarda Aeroporti di Roma la presenza di quel 3 per cento è veramente il più surrettizio dei modi attraverso il quale il settore pubblico rimane dentro, addirittura con la presenza nel consiglio di amministrazione. Sempre nel settore della gestione aeroportuale, bisogna superare incertezze, campanilismi ed esitazioni e spazzare via tutti i problemi locali. Non condivido le valutazioni fatte dal collega Attili sulle eventuali colpe di SEA poiché quest'ultima ha dovuto subire le accelerazioni dovute all'entrata in funzione di Malpensa, che sono state proficuamente volute da Alitalia d'intesa con il ministro Burlando: SEA si è trovata in una situazione di grave difficoltà alla quale sta lentamente facendo fronte.
Per quanto riguarda l'accordo Alitalia-KLM, che consideriamo un fatto molto positivo, non ho condiviso il prurito di molti colleghi di prendere conoscenza dettagliata del master cooperation agreement: noi facciamo politica e dobbiamo dare delle indicazioni, emanare atti di indirizzo e conoscere nei dettagli gli accordi fra le aziende è cosa molto estranea alla cultura della mia parte politica. Sono convinto che le indicazioni fornite in proposito siano condivisibili e accettabili; tuttavia apparirà decisiva la procedura ed i soggetti verso i quali si indirizzerà la privatizzazione di Alitalia. Il presidente ha fatto cenno al ruolo dei dipendenti di Alitalia, che oggi hanno il 20 per cento di azioni in più: pertanto il capitale Alitalia è già fortemente in mano agli azionisti dipendenti, con una brillante operazione che abbiamo condiviso perché ha consentito all'Alitalia di ripartire e di riprendere a respirare. Sono convinto che si debba proseguire su tale strada poiché ritengo che l'aviazione debba andare agli aviatori, la marina ai marinai e così via, mentre non credo al management puro che sia in grado di gestire indifferentemente la produzione delle canne da pesca e quella delle turbine, con buon rispetto di tutti coloro che si professano «tuttologi».
Se non ho compreso male, il piano industriale 1998-2000 viene considerato in qualche modo un work in progress, cioè dei ritocchi continui e periodici: su questo aspetto vorrei dal presidente un chiarimento, e cioè se i 100 miliardi che KLM darà all'Alitalia per sollevarla dagli oneri sostenuti per il decollo di Malpensa avranno una contropartita e, in caso affermativo, quale.
In secondo luogo, vorrei conoscere la sua opinione in merito ad una vicenda sulla quale ho presentato un'interrogazione parlamentare; ma evidentemente è un'opinione che non impegna il Governo. Mi riferisco al fatto che Alitalia, dopo anni di perdite, dopo il primo e unico anno di profitti e mentre pende la spada di Damocle del 1999, in cui le cose non vanno bene, sia pure per fattori contingenti e magari anche per ragioni di crescita, ha deliberato la stock option. Quest'ultima si delibera a favore di dirigenti dopo che questi abbiano dato una prova certa e duratura nel tempo di efficienza e capacità gestionale; non si può deliberare una stock option, sia pure modesta come quella decisa da Alitalia a favore dei propri dirigenti, per un importo modesto ma significativo se si considera che quando occorre raccogliere l'uva tutti hanno le mani alzate, mentre quando bisogna potare e faticare tutti hanno il sedere poggiato per terra.

UGO BOGHETTA. Innanzitutto mi scuso perché probabilmente non potrò ascoltare tutte le risposte del presidente Gros-Pietro a causa di un mio impegno in un'altra Commissione; leggerò comunque il resoconto stenografico della seduta. Formulerò alcune brevi domande, avvertendo in questo caso la difficoltà di un interlocutore che si trova in una situazione particolare, perché da una parte c'è il Governo, dall'altra c'è l'azienda cui alcuni quesiti potrebbero essere rivolti forse più proficuamente.
La prima domanda riguarda gli scambi azionari, che non sono previsti nel piano ma che quell'accordo non esclude, in quanto parla genericamente dell'implementazione


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di altri aspetti finanziari. Qual è l'input che IRI dà ad Alitalia sulla questione degli scambi azionari?
Vi rivolgo un secondo quesito. State preparando la privatizzazione. In proposito vorrei sapere se esista un input da parte del Governo e comunque quale sia quello dell'IRI, vale a dire quale sia - in blocco o a tappe - il limite della privatizzazione che vi ponete, se sia quello di arrivare a zero presenze, per cui magari scatterebbe poi la golden share, oppure se si preveda una privatizzazione ma con una presenza pubblica che resta (anche se successivamente bisognerà vedere come ricollocarla), tenendo conto che, se le cose non sono cambiate e se io non sono male informato, la KLM ha un 20 per cento di presenza pubblica all'interno del proprio capitale. Formulo questa domanda anche in riferimento ad una evoluzione futura nei rapporti con la KLM, perché ritengo che se l'accordo funziona nessuna delle due società possa staccarsi dall'altra, pena il proprio crollo, per cui integrazioni sempre più strette forse sono doverose ed implicite. Pertanto conoscere il limite della privatizzazione è anche un modo per conoscere il tipo di integrazione che si vuole operare con la KLM, quindi il tipo di realtà italiana che rimane dentro questa sempre più forte e inevitabile integrazione. Vorrei anche capire (ma il quesito non lo rivolgo a lei) se poi siamo al paradosso per cui un Governo di centrosinistra privatizza tutto e al comune di Milano, retto dal Polo, la SEA, il cui presidente è Fossa, rimane invece pubblica. Qui qualcuno è fesso o qualcuno è furbo, o entrambe le cose. Ribadisco comunque che non è una domanda alla quale chiedo a lei di rispondere.
Un'altra questione riguarda Malpensa, che è stata progettata molto tempo fa; nel frattempo sono intervenuti due fattori: è stata spinta la liberalizzazione sul piano mondiale e si è creata l'Unione europea. Al riguardo non ripeterò domande già formulate da altri colleghi. Mi sembra che la politica di Alitalia sia debole non solo sul piano delle questioni italiane, ma anche nella proiezione europea. Oggi «domestico» non vuol dire «nazionale», vuol dire «europeo». Il mercato domestico europeo non si collega solo attraverso gli hub ma si collega anche, o forse soprattutto, nel punto a punto. In questi anni - e lo sa qualcuno che abita a Bologna - abbiamo perso e lasciato ad altri concorrenti (Lufthansa and company) quel tipo di trasporto che forse aveva una certa strategicità, visto che si costruiva l'Unione europea.
Vorrei altresì capire quale sia il vostro bilancio rispetto a politiche societarie, che riguardano anche l'Italia, basate sostanzialmente sugli scorpori. La domanda concerne, per esempio, la manutenzione di Alitalia. Si possono fare alleanze, si possono scorporare certe lavorazioni, manutenzioni; le chiedo se ciò venga fatto per un modello societario che si predilige a prescindere dal resto, o se vi sia anche una valutazione di convenienza economica, oltre che convenienza di sistema.
Infine, desidero conoscere i vostri obiettivi in merito all'occupazione, per quanto riguarda sia Aeroporti di Roma sia Alitalia.

PAOLO MAMMOLA. Vorrei, se possibile, ritornare al tema oggetto della nostra audizione, che si colloca nell'ambito di un'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo, anche se, stante l'opportunità di interpellare in questa sede i rappresentanti dell'azionista, è naturale che il discorso scivoli su questioni che hanno avuto ampia rilevanza nell'opinione pubblica, oltre che in sede parlamentare.
Indubbiamente l'IRI in questa sede ha il grande vantaggio di venirci a parlare di due soggetti operatori del sistema del trasporto aereo; essendo cioè azionista sia della compagnia di bandiera Alitalia sia di uno dei due hub (quello di Fiumicino) che sono i due fulcri, i due perni del sistema del nostro trasporto aereo, è chiaro che si prefigura quasi una sorta di conflitto di interessi in casa, nel senso che molte volte gli interessi, per esempio, di Aeroporti di Roma potrebbero non coincidere con quelli della compagnia di bandiera dal punto di vista finanziario. Mi rendo conto,


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quindi, della difficoltà che si incontra nel prendere una posizione.
A questo proposito non intendo esprimere ulteriori considerazioni. È stato già ricordato - e rimane come un dato di fatto - che è stata principalmente la nostra compagnia di bandiera a volere fortemente lo spostamento sull'hub di Malpensa dei propri assets e quindi ad avere spinto quanto più possibile e velocizzato l'apertura del nuovo hub ed il successivo spostamento. È abbastanza singolare (o forse lo si può capire, vista la non risultanza dei dati di traffico che la compagnia ha avuto nei primi mesi dell'apertura dell'aeroporto di Malpensa) un ritorno di fiamma verso l'hub di Fiumicino. Mi sembra che ciò riveli una contraddizione o rappresenti una sorta di disconoscimento delle scelte fatte a fronte dei risultati, a mio avviso anche secondo una logica sbagliata nella quale ci muoviamo, cioè che siano le compagnie aeree a determinare, con la loro presenza, l'incremento o il decremento dei traffici sugli aeroporti. Siamo convinti, o per lo meno io sono convinto, che esista un altro ente supremo regolatore, rappresentato dal mercato e dalla domanda da esso generata rispetto ai flussi di traffico. A livello istituzionale ci dovremmo dunque preoccupare di consentire lo sviluppo dei mercati, quindi l'apertura effettiva dei mercati al traffico, e non di discutere sulle scelte del soggetto operatore che dovrebbe occupare una zona, una parte del territorio attraverso il presidio di un hub.
Le chiedo pertanto come l'IRI valuti questo cambiamento di rotta da parte della nostra compagnia di bandiera, la quale, dopo aver compiuto una scelta molto indirizzata verso l'hub di Malpensa, oggi, da quanto mi risulta, sta ripensando ad un riposizionamento più importante della sua flotta anche sull'hub di Fiumicino. Vorrei sapere se questa circostanza risponda al vero e, in caso affermativo, come venga valutata da parte dell'azionista IRI.
Sulla questione dell'accordo con la KLM, noi siamo stati fortemente critici nell'analisi del piano industriale di Alitalia per il 1998-2001, in quanto ritenevamo che il Parlamento avesse il diritto di esprimere un parere compiuto sulla base di un documento che, non si capisce bene per quale motivo, è ormai conosciuto ai più; ma pare che il Parlamento italiano non avesse quasi titolo o diritto di essere a conoscenza del documento nella sua interezza per poter esprimere una valutazione complessiva. A questo si aggiungono alcuni fatti che hanno caratterizzato la vita amministrativa della compagnia di bandiera e che noi abbiamo reputato abbastanza strani. Il primo è rappresentato da una delibera del consiglio di amministrazione di Alitalia, che alcuni mesi fa ha stabilito la non responsabilità di eventuali perdite patrimoniali da parte degli amministratori. Le chiedo se la notizia sia vera e, in caso di risposta affermativa, come lei la giudichi.

PRESIDENTE. Sarebbe contra legem!

PAOLO MAMMOLA. Sarebbe contra legem, ma queste sono le notizie che circolano nei corridoi, che sembrano tanto assurde ma ci lasciano perplessi.
È stata già ricordata la stock option. Le chiedo come l'azionista valuti il fatto che sull'esercizio 1998 sia stato deliberato un MBO, il famoso management by objective, che ha distribuito denaro ai dirigenti per il primo anno di ritorno in attivo della compagnia di bandiera, quando già i risultati del 1999 prefiguravano una successiva perdita. Sono cose che ci hanno lasciato abbastanza perplessi; abbiamo presentato interrogazioni parlamentari ma non abbiamo avuto la fortuna di conoscere il parere del Governo, per cui chiediamo all'azionista come valuti simili situazioni. Queste possono essere considerazioni macroeconomiche sull'azienda.
Per quanto riguarda, invece, il problema della sicurezza le pongo, presidente Gros-Pietro, due domande molto secche. Cosa sta facendo e cosa ha intenzione di fare l'azionista IRI nei confronti della compagnia di bandiera in vista della privatizzazione? Sappiamo che quando si va in un mercato concorrenziale, quando


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la mano passa dall'azionista pubblico a quello privato, quest'ultimo persegue nella gestione fini che non sono quelli strettamente istituzionali (quali la continuità del servizio o la sicurezza del trasporto) ma ha come primo obiettivo l'utile. E l'esperienza ci insegna che nei mercati liberalizzati e in presenza di operatori privati i livelli di sicurezza sono i primi ad essere intaccati, visto che la principale voce di spesa per le compagnie aeree è costituita dalla manutenzione e dalla perfetta efficienza degli aeromobili. Come sta preparando l'IRI l'entrata nel mercato privato della compagnia di bandiera per quanto riguarda gli standard di sicurezza? È previsto, ad esempio, che nella fase di privatizzazione anche riguardo a questo aspetto siano posti dei precisi paletti per gli operatori che andranno a rilevare l'azienda? Questo è un tema secondo me molto importante.
Inoltre, dal momento che stiamo parlando di sicurezza, ricordo che alcuni mesi fa abbiamo avuto notizia che all'interno della compagnia di bandiera si era aperta una sorta di querelle per il fatto che nel processo di rinnovamento del personale la compagnia stava iniziando una politica di ringiovanimento dei piloti, il che comportava necessariamente il passaggio su macchine che percorrono il lungo raggio di personale che non aveva più di un anno e mezzo o due di servizio, contrariamente a quanto succede normalmente, cioè che le rotte intercontinentali sono affidate a piloti con maggiore anzianità ed esperienza. Le chiedo, presidente, se sia a conoscenza di ciò e se ci possa rassicurare sulla continuità nella tradizione consolidata, e quanto meno opportuna, di affidare la conduzione degli aerei ad un personale altamente qualificato e preparato professionalmente, con lunga anzianità di servizio.

PRESIDENTE. Farò anch'io una brevissima considerazione, premettendo che sono rimasto complessivamente soddisfatto dall'illustrazione preliminare che lei, presidente Gros-Pietro, ha voluto offrire alla Commissione. Si tratta di una considerazione di carattere istituzionale, accanto alla quale formulerò un quesito che mi permetterei di definire tecnico-generale.
Io non sono molto soddisfatto del livello dei risultati che abbiamo ottenuto nello sforzo di liberalizzazione che pure è stato attuato nel settore del trasporto aereo. Permangono ancora ampie aree di liberalizzazione parziale, con difetto relativo di concorrenzialità. Permangono nel settore dell'handling aeroportuale, pur liberalizzato sulla base di indicazioni comunitarie, così come nel settore del trasporto aereo: ve ne sono ampie testimonianze anche nella cattiva distribuzione dei costi che si determina con riferimento ad alcune tariffe rispetto ad altre. Voglio sottolineare - poiché ne ho recente memoria in esito ad un dibattito che si è tenuto presso l'Aspen Institute - che abbiamo una struttura dei prezzi che non appare ragionevole. Ci sono tariffe con le isole - in particolare con la Sicilia, ma anche con la Sardegna - che hanno dimensioni quantitative tali da farle assomigliare a tariffe transoceaniche. Ci sono, invece, altre tariffe che, in regime di concorrenza, raggiungono più ragionevoli configurazioni. Anche nel settore della concorrenza a livello comunitario risultano palesi disarmonie ed inefficienze nell'esplicarsi delle regole della liberalizzazione di un mercato e stupisce, talvolta, anche la mancanza di interventi da parte dell'Antitrust a questo riguardo. Sottolineo, ad esempio, che anche la vicenda della struttura sui due hub di Fiumicino e di Malpensa talvolta perviene a risultati paradossali ed incomprensibili nell'ottica di un mercato liberalizzato. Sottolineo altresì come manchi un collegamento diretto tra Roma e Berlino, cioè tra la capitale dell'Italia e la capitale della Germania, nuova ma comunque capitale della Germania, una situazione che francamente stupisce anche coloro che non si meravigliano più di nulla.

UGO BOGHETTA. È il KGB che non vuole!


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PRESIDENTE. È una situazione, ripeto, che io valuto sotto il profilo della mancanza di liberalizzazione e della non compiuta efficienza della pur auspicata concorrenza, che abbiamo inteso tradurre come regola generale di questo nostro mercato globalizzato europeo. Ovviamente, le conseguenze di tale situazione non sono da ascriversi soltanto alle società coinvolte e, probabilmente, in piccolissima misura all'azionista di riferimento, quindi all'IRI; riguardano certamente responsabilità del Governo e probabilmente anche qualcuna del Parlamento. Su questo è in atto una riflessione. Ma vorrei - è il quesito che le rivolgo - immaginare un modello di comprensione di queste difficoltà fondato anche sulla lentezza del processo di privatizzazione. Esiste, cioè, un rapporto tra la inefficienza della liberalizzazione e il mancato operare della concorrenza, da un lato, e, dall'altro, la mancanza della privatizzazione o, quanto meno, della compiuta privatizzazione in questo settore, in cui le privatizzazioni sono state avviate ma patiscono una serie di ostacoli? Se, a suo avviso, tale rapporto esiste, ovviamente la risposta non può essere che un'ulteriore accelerazione dei processi di privatizzazione, tentando di superare i tanti ostacoli che alla stessa si frappongono. L'onorevole Attili ne ha citato uno, l'intervento relativamente alla privatizzazione di AdR da parte della SEA, con ripetuti e legittimi ricorsi all'autorità giudiziaria; noi sappiamo che ne esistono anche altri, dovuti ad una probabilmente non ancora matura consapevolezza della necessità di pervenire in tempi rapidissimi a questo risultato, superando anche talune difficoltà strutturali nel nostro sistema alla modernizzazione del paese.
Io credo che questo impegno da parte dell'IRI sia stato più volte manifestato, ma occorre, se possibile, manifestarlo ancora con maggior forza, perché pur essendo ipotizzabile la sopravvivenza di un ruolo dell'IRI sia con riferimento all'ultrattività in sede di liquidazione, sia con riferimento alla necessità, probabilmente, di far convergere nella stessa IRI o in altra società le residue partecipazioni che all'IRI fanno capo e che devono permanere sotto il controllo dello Stato, si deve comunque dare ossequio alle indicazioni dell'accordo Andreatta-Van Miert ed alle successive prese di posizione plurime del nostro Governo, nonché del ministro del tesoro Ciampi, oggi Presidente della Repubblica, quando indicò nel giugno 2000 la fase terminale per la struttura dell'IRI così come originariamente voluta e pensata.

GIAN MARIA GROS-PIETRO, Presidente dell'IRI. Devo innanzitutto ringraziare per la qualità delle domande che sono state rivolte, che costituiscono un notevole stimolo intellettuale e che mi rendono difficile organizzare una risposta organica. Cercherò di raggruppare gli argomenti, ma qualche volta mi capiterà di dover andare in ordine cronologico.
C'è un primo punto fondamentale, che è stato citato dal presidente nel suo intervento e dal quale vorrei partire: se vi sia una connessione tra lentezza della liberalizzazione e lentezza della privatizzazione. Non credo che vi sia questa connessione se non per motivi incidentali, perché i due processi sono gestiti in modo completamente diverso. La liberalizzazione è gestita, per quanto attiene al settore di cui stiamo parlando, dal ministro dei trasporti che fa la politica dei trasporti: non è l'IRI che fa la politica dei trasporti, né Alitalia, né Aeroporti di Roma e neppure il ministro del tesoro. Come ho cercato di sottolineare nella mia presentazione, le società che fanno capo all'IRI si adeguano alla politica dei trasporti che è stata decisa dal Governo e dalla Commissione europea. Il problema di Malpensa, che è stato più volte citato, va visto esattamente in questi termini: ci sono state delle decisioni, sulle quali è stata costruita una politica aziendale. Come azionista, mi aspetto che quelle decisioni vengano mantenute; se non vengono mantenute, come azionista ho il diritto e come azionista che gestisce il denaro pubblico ho il dovere di chiedermi se vi siano delle responsabilità e di agire


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conseguentemente. Quindi, voglio essere chiaro: Malpensa doveva entrare in funzione il 1o novembre 1998; perché non è entrata in funzione a quella data? Ci sono delle responsabilità? Fino adesso non abbiamo risposto positivamente a questa domanda, ma se si dovesse trascinare una situazione nella quale l'Alitalia ha dovuto spostare gli aerei, sulla base di una decisione governativa, da un aeroporto ad un altro e si è trovata poi ad operare in condizioni diverse da quelle previste, ci dovremo chiedere di chi sia la responsabilità. Non credo di dover parlare in questa sede di responsabilità della SEA che vadano al di là di quelle normali di avvio di un aeroporto di grandi dimensioni qual è quello di Malpensa. È vero, tuttavia, che Alitalia è dovuta intervenire per facilitare l'avvio di Malpensa e in questo intervento si sono sopportati dei costi. È stato chiesto se dietro la partecipazione di KLM al fronteggiamento di tali costi vi siano delle contropartite: è evidente che ve ne sono, ma nessuna diversa da quelle che sono esplicite negli accordi. Cioè, KLM ha interesse ad avere degli hub nell'Europa meridionale, ad avere capacità complementari di traffico rispetto ad Amsterdam, che è saturata, quindi ritiene che sia suo interesse - naturalmente non è stata un'offerta spontanea, ma come Alitalia abbiamo chiesto e KLM ha accettato di considerarlo un proprio interesse - lo sviluppo di Malpensa. Questo interesse è stato quantificato per la sua parte in circa 200 miliardi di lire, il che significa che l'onere per l'Alitalia è stato molto più rilevante e da questo dovremmo partire se decidessimo che il mancato sviluppo di Malpensa comporta delle responsabilità.
Il presidente ha ricordato l'impegno dell'IRI a chiudere entro il 30 giugno 2000: tale impegno è stato assunto dal Governo e più volte ribadito, nonché recepito dalla Commissione dell'Unione europea. Non credo pertanto che sia un elemento dal quale si possa derogare. Un'altra domanda importante emersa nell'ambito della discussione ha riguardato le modalità e i tempi previsti per la privatizzazione di Alitalia e di Aeroporti di Roma: per quest'ultima società la conclusione è prevista entro il mese di aprile del 2000, lo stato della procedura è ormai avanzato ed ormai potremmo richiedere le prime offerte non vincolanti. Colgo l'occasione per citare la mia opinione personale riguardo il comportamento di SEA: non credo che vi sia niente di particolarmente stupefacente o stigmatizzabile in tale comportamento, poiché l'azionista della SEA ha sempre dichiarato la sua volontà di privatizzare gli aeroporti milanesi, ma è comprensibile che non abbia ritenuto mature le condizioni per farlo con il suo asset più importante, cioè l'hub intercontinentale, in condizione di sviluppo e di funzionamento non ancora soddisfacente e tuttora non in piena attività perché non tutti i voli sono stati spostati sull'hub. È dunque comprensibile l'interesse di questo operatore a vedere allungati i tempi di privatizzazione di AdR per poter partecipare alla privatizzazione oppure, alternativamente, a partecipare alla privatizzazione non essendo ancora avviata la propria privatizzazione.
Il Governo ha deciso diversamente e credo che avesse titolo per farlo; tuttavia questo non è un buon motivo per ritenere che l'azione della SEA sia non comprensibile, anche se giuridicamente non fondata.
Per quanto riguarda la privatizzazione Alitalia, a mio avviso quest'ultima non può essere posta sul mercato per una privatizzazione definitiva fino a quando non sarà chiaramente stabilito di cosa si stia parlando, cioè fino a quando non sarà diventato un dato di fatto che Malpensa è un grande hub intercontinentale e che tutti i voli intercontinentali partono necessariamente da Malpensa: senza di ciò non sapremmo descrivere l'oggetto che mettiamo in vendita. Una volta fatto questo - mi auguro che ciò sia definitamente verificato il 15 gennaio 2000 - saremo pronti per partire ed a quel punto occorrerà una decisione politica. Alcune domande richiedono una risposta politica: offerta pubblica di vendita, nocciolo duro, golden share e così via. L'IRI deve pronunciarsi


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sui vincoli che il mercato pone ad un'operazione di questo genere, ma sarà la volontà politica a decidere di affrontare una strada piuttosto che un'altra.
Ci troviamo in una fase di forte consolidamento dei vettori aerei internazionali; Alitalia ha compiuto in pochissimo tempo grandi progressi, poiché si è risollevata dal baratro del fallimento ed ha stretto una fortissima alleanza internazionale, sulla quale tornerò tra un momento; si tratta comunque di un'alleanza di tipo più stretto rispetto a quelle stipulate da altri vettori e quindi, da questo punto di vista, sono convinto che sia all'avanguardia, anche se non è definitiva ed ha bisogno di essere rafforzata almeno con un partner americano e uno orientale e possibilmente con altri partner europei. Per quanto riguarda i vincoli, è evidente che in un'alleanza di questo tipo, che diventa una esigenza di sopravvivenza se vogliamo che l'azienda accresca le proprie capacità di trasporto, porremmo un ostacolo allo sviluppo di questa alleanza se prefigurassimo dei diritti speciali da parte dello Stato. Ciò non vuol dire che con i problemi non si possa convivere, tuttavia aumenteremmo gli ostacoli se stabilissimo una quota molto ingente di azionariato pubblico.
È stato detto che in KLM c'è una quota dello Stato, ma in realtà si tratta di una quota della Corona pari a circa il 15 per cento, che è altra cosa rispetto allo Stato, ed è chiaro che, qualora si avviassero degli scambi azionari, oppure un processo di privatizzazione che prefiguri scambi azionari, bisognerebbe tenere conto delle singole fattispecie. In questo momento possiamo prevedere non un processo di privatizzazione nel quale siano coinvolti vettori aerei e degli scambi azionari con vettori aerei, bensì una privatizzazione che segua le leggi italiane e che perciò avvenga con un procedimento aperto, trasparente e competitivo e che metta l'Alitalia in mani private che possano, con mentalità da privato, decidere se avviare o meno uno scambio azionario che renda ancora più stretta l'alleanza con KLM o con altri vettori. Questa è la scelta che deve essere fatta.
L'onorevole Mammola - chiedo scusa se semplifico il suo pensiero - ha affermato che l'Alitalia ha velocizzato lo spostamento di Malpensa e che non sono le compagnie a determinare lo sviluppo degli aeroporti ma viceversa: Alitalia non ha spinto, ma ha semplicemente chiesto che venissero rispettate le decisioni governative e sovranazionali sulla base delle quali aveva formulato il proprio piano. Alitalia tutt'al più ha fatto presente che il piano era stato formulato su indicazioni vincolanti per gli operatori del trasporto aereo e che poi tali indicazioni erano state disattese su richiesta di alcuni concorrenti. Vengo ora al quesito se le compagnie aiutino o meno a sviluppare gli aeroporti: non dimentichiamo che la gente non va negli aeroporti per ammirare questi ultimi, bensì per prendere dei voli e, se i voli non ci sono, sceglie un altro aeroporto: pertanto lo sviluppo del polo di Malpensa dipende dalla quantità di voli e soprattutto dalle coincidenze; per questo ho affermato e ripeto ancora una volta che Alitalia ha sostenuto l'onore dello sviluppo di Malpensa, ma non ha ottenuto i ritorni che era giusto attendersi. Se non vi fosse una compagnia che privilegia un determinato hub, quest'ultimo non si potrebbe sviluppare: questa è la realtà di tutti gli hub del mondo e non c'è un solo hub che non sia la sede di almeno una compagnia che sposa la propria strategia con quell'hub.
Un altro punto importante richiamato da diversi commissari riguarda la stock option che è stata concessa e che è stata definita di dimensioni modeste: in realtà non meriterebbe nemmeno il nome di stock option, sia per il meccanismo tecnico utilizzato sia per l'entità. Da parte nostra, in presenza di un'alleanza e di un progressivo avvicinamento alla privatizzazione, ci siamo accostati al trattamento dei dirigenti di alto livello che vige per le aziende presenti sul mercato; non dimentichiamo che come gruppo IRI - ed io personalmente mi assumo la responsabilità


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di aver proposto e fortunatamente ottenuto dal consiglio di amministrazione un cambiamento dei criteri di remunerazione degli alti livelli direttivi delle aziende del gruppo IRI ed in particolare di quelle quotate - veniamo da una tradizione di posto fisso, per dirla brutalmente, e stipendio più basso. In realtà le aziende che si stanno privatizzando non sono in grado di offrire il posto fisso, anzi sono in grado di offrire con certezza la possibilità di un cambiamento totale del top management nel momento in cui il controllo passa dal pubblico al privato. Pertanto dobbiamo avvicinare il livello del trattamento dei nostri manager a quello della concorrenza, altrimenti li perderemo. Non dimentichiamo che, nel momento in cui andiamo in borsa, una parte importante della valutazione della società e quindi dell'incasso che l'erario è in grado di fare - ed io di questo, in qualità di amministratore, sono tenuto a preoccuparmi - dipende dalla validità del gruppo dirigente che siamo in grado di proporre al mercato. Se il gruppo dirigente è credibile, com'è credibile in questo momento quello di Alitalia, che ha risollevato la compagnia da una crisi gravissima, la compagnia stessa ha un certo valore; se ci portano via alcuni dei manager più in vista, allora la compagnia ha un valore completamente diverso.
Passo ora al futuro della convivenza con KLM, o chi per essa dopo il 2008: in un contesto di consolidamento non c'è dubbio che, se non si scompare, si deve convivere con altre compagnie, cioè con altri gruppi dirigenti che confluiscono con entità più grandi. Alla lunga non ci sono patti che tengano, non ci sono tetti azionari o golden share: alla lunga vince chi ha gli uomini più in gamba perché si possono anche creare strutture paritetiche, come quella fatta con KLM, che garantiscono che i posti al tavolo siano simmetrici, ma se poi a quel tavolo sono sedute persone di peso diverso non c'è simmetria che tenga e comandano i più bravi. Pertanto, se non riusciremo a formare dei manager migliori non potremo difendere l'interesse nazionale nel futuro.
Passando alla questione della formazione dei piloti, il loro ringiovanimento è importante perché la tecnologia di volo sta cambiando e i nuovi aerei sono basati su un'avionica completamente diversa. Come tutti sanno, uno dei motivi di successo degli Airbus rispetto agli aerei di vecchia generazione Boeing è il fatto che gli aerei con l'avionica moderna richiedono un equipaggio più ridotto a parità di sicurezza; naturalmente occorrono nuove capacità e nuova formazione ed in questo Alitalia ha investito moltissimo sia in simulatori di volo che in sistemi di addestramento dei piloti.
Vorrei toccare anche il tema della manutenzione: l'Alitalia sta facendo un grandissimo investimento in Puglia, a Grottaglie, dove si farà la manutenzione per gli aerei Alitalia e KLM. Il fatto che la manutenzione sia stata scorporata dalle due strutture per i passeggeri e il cargo è dovuto da un lato alla necessità di creare delle simmetrie e dall'altro dalla opportunità di costruire una sharing formula in cui si dividano a metà i profitti di attività che siano tuttavia perfettamente simmetriche; pertanto sono state escluse da questa formula tutte le attività che simmetriche non sono, come per esempio la manutenzione. Ciò non vuol dire che tali attività siano considerate secondarie, anzi, e Alitalia oltre a Grottaglie ha promosso un grosso investimento anche a Napoli con Atitec.
L'onorevole Attili ha parlato della penalizzazione del sud sotto il profilo delle tariffe e della qualità dei servizi: il riequilibrio sui due hub non è un ripensamento come paventava l'onorevole Mammola, a favore di Fiumicino e a svantaggio di Malpensa, ma è una seconda fase che era prevista sin dall'inizio. Tuttavia Alitalia potrà immettere risorse in questo riequilibrio a partire dal 1o gennaio del 2001, quando finalmente terminerà la penalizzazione che è stata a mio giudizio ingiustamente imposta da Bruxelles su un'operazione definita come un aiuto di Stato che invece era una ricapitalizzazione che ha dato un rendimento di mercato. Fino ad allora Alitalia può fare


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ciò che le è consentito, e cioè aumentare la propria capacità di trasporto meno della crescita della domanda: questo è il motivo per il quale il livello di servizio è scarso nelle operazioni punto a punto. Sono perfettamente d'accordo con l'onorevole Boghetta che i voli punto a punto si svilupperanno: poiché essi richiedono molti aerei, noi potremo comprarli quando ci verranno tolti i contingentamenti che per ora favoriscono i nostri concorrenti. Lo sviluppo di voli per il sud e dal sud deve fare i conti da un lato con la limitatezza della capacità di offerta dell'Alitalia, dall'altro con le condizioni di mercato. Io non posso imporre ad una compagnia che ha già quasi il 50 per cento delle azioni sul mercato attività che la compagnia stessa non considera convenienti. Vi posso dire che recentemente, in occasione di proteste molto forti provenienti da Bari circa la situazione dei voli tra Bari e Tirana, al di là del clamore sollevato dalla stampa mi sono personalmente occupato di vedere se fosse possibile attivare dei voli di Alitalia, di concorrenti di Alitalia o di eventuali joint ventures tra Alitalia ed altri operatori. Quello che si è riusciti a fare è stato un volo di Alitalia durante la fiera; ma, passata la fiera, gli stessi operatori economici locali, che tanto si lamentavano dell'inerzia dell'Alitalia, sollecitati e posti in presenza di un'offerta di aiuto tecnico, di know how, di tecnologia, hanno ritenuto di non doversi assumere il rischio di gestire una linea aerea tra Bari e Tirana. È chiaro che se parliamo di liberalizzazione, come diceva il presidente, e di privatizzazione, non possiamo poi aspettarci che delle rotte che non sono economiche non siano gestite.
Vorrei accennare anche al problema dell'open sky. Noi aspettiamo che questo open sky entri in funzione; non spetta a noi stabilire se l'open sky debba essere connesso con l'antitrust immunity. Faccio soltanto rilevare da un lato che in questo momento vi sono compagnie che hanno la possibilità di operare voli intercontinentali su Roma e non lo stanno facendo, e quindi si tratta non di un limite alla concorrenza posto dalla normativa ma di una libera scelta delle compagnie, dall'altro che è evidente che attualmente sui voli sul territorio italiano sussistono alcune forti differenze tariffarie e ciò a mio avviso - è un'opinione personale - rappresenta una classica attività di tipo predatorio: si vanno ad offrire sconti molto forti laddove si hanno pochi nostri passeggeri e si arreca molto danno all'altro operatore. Ciò dimostra quanto sia grave in realtà la clausola che la Commissione europea ha imposto all'Alitalia di non essere price leader, perché vuol dire che Alitalia deve subire queste tecniche predatorie sul proprio mercato domestico ma non può replicare sul mercato estero. L'esistenza di queste pratiche predatorie a mio avviso fa pensare che non sia nell'interesse nazionale una liberalizzazione totale e senza contropartite, dove per contropartite io intendo semplicemente la simmetria della liberalizzazione con gli altri paesi, con le altre compagnie interessate al sistema dei trasporti.
Il Giubileo dura un anno, è vero, ed occorre un intervento strutturale; faccio osservare che il Giubileo termina alla fine del 2000 o all'inizio del 2001. A quella data staranno già entrando in servizio i nuovi aerei che l'Alitalia ha ordinato e quindi l'intervento strutturale sarà proprio questo riequilibrio su Fiumicino, che è un riequilibrio aggiuntivo; non vuol dire riportare a Fiumicino voli che erano stati spostati a Malpensa, se non per qualche correzione dettata dall'esperienza.
Nella società Aeroporti di Roma non supereremo il limite del 3 per cento concesso alle amministrazioni pubbliche, perché questo è stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Per quanto riguarda un'altra osservazione dell'onorevole Becchetti, che purtroppo si è dovuto assentare e che chiedeva cosa pensiamo del concetto secondo cui «la marina ai marinai, l'aviazione agli aviatori», noi riteniamo che l'apporto dell'esperienza dei dipendenti nel governo dell'azienda possa essere prezioso, però non dimentichiamo che stiamo parlando di un'azienda che nei prossimi anni dovrà


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vivere un processo di consolidamento mondiale, dovrà operare nel mondo e per fare questo dovrà essere in grado di attirare capitale di rischio dal mercato; e questo capitale di rischio non dovrà temere di avere in consiglio di amministrazione una forza preponderante che abbia interessi divergenti da quelli del capitale di rischio, perché altrimenti il capitale di rischio se ne starà a casa sua. E l'Alitalia non potrà crescere solo con il capitale dei dipendenti.
Credo di avere così risposto a tutti i quesiti posti; se non l'ho fatto, chiedo scusa e resto a disposizione della Commissione.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente dell'IRI e i dirigenti oggi presenti in Commissione. Posso farlo in maniera non formale, perché le risposte che abbiamo ottenuto, le indicazioni e gli elementi di valutazione che la Commissione ha acquisito nel corso di quest'audizione sono importanti e potranno orientare i nostri lavori non soltanto nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul trasporto aereo. Credo che in particolare alcune risposte siano chiare anche nel delineare il rispettivo ambito di responsabilità. Il nostro interlocutore principale (non lo dirò mai abbastanza) è il Governo, nelle sue varie articolazioni. Ritengo che sulla base degli elementi oggi forniti potremo ulteriormente sviluppare quella dialettica istituzionale che consente poi al Parlamento di dare al Governo indicazioni precise e definitive in ordine agli indirizzi politici da seguire in questo complesso settore.
Ringrazio nuovamente il presidente Gros-Pietro e tutti i colleghi intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12.55.