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VIII COMMISSIONE
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di marted́ 14 novembre 2000


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La seduta comincia alle 14.05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del presidente del Magistrato per il Po, Ernesto Reali.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli eventi alluvionali verificatisi nell'Italia settentrionale nel mese di ottobre 2000, l'audizione del presidente del Magistrato per il Po, Ernesto Reali.
Nel ringraziarla per la sua presenza, ingegner Reali, sottolineo innanzitutto che subito dopo il verificarsi dei suddetti eventi abbiamo promosso questa indagine conoscitiva non tanto per ascoltare l'elencazione dei danni, pure importante e significativa, quanto per raccogliere elementi in ordine alle ragioni di questi ricorrenti eventi, che provocano danni alle cose e soprattutto lutti, e nel contempo per individuare le azioni più opportune da porre in essere per ridurre, nel futuro più prossimo, la portata di questi eventi e la loro incidenza negativa.
Nelle precedenti audizioni abbiamo ascoltato molti soggetti che hanno responsabilità e competenza in relazione a quanto è avvenuto. Alcuni di essi hanno sostenuto che molti dei danni sono stati provocati da interventi realizzati in passato nelle aste dei fiumi, rettificandole ed organizzandone le sezioni in modo tale che le acque scorressero più velocemente, in definitiva realizzando opere tali da aumentare, in un arco di tempo sempre più ristretto, la quantità di acqua che defluisce verso valle. Altri soggetti ascoltati ci hanno fornito elementi riguardanti le estrazioni che avvengono all'interno degli alvei. Altri ancora ci hanno informati a proposito di terreni golenali che potrebbero essere utili per l'organizzazione di aree in cui i fiumi possono divagare e che invece sono stati alienati anche in tempi molto recenti, successivamente all'approvazione della cosiddetta legge Cutrera. Non sappiamo esattamente se su queste tre questioni esistano competenze precise e specifiche da parte del Magistrato per il Po. Se così fosse, vorremmo conoscere la sua opinione al riguardo.
Sono stati inoltre sollevati timori e perplessità in ordine al riordino dell'istituzione del Magistrato per il Po, alla sua frammentazione (se posso usare questo termine, che forse non è appropriato) a livello territoriale.
Infine, vorremmo conoscere le relazioni ed i rapporti tra Autorità di bacino e Magistrato per il Po.
La ringrazio nuovamente, scusandomi per questa introduzione, che mi è sembrata opportuna per focalizzare la nostra attenzione su alcune questioni emerse nelle precedenti audizioni.

ERNESTO REALI, Presidente del Magistrato per il Po. Partendo dall'ultima questione posta, vorrei evidenziare la differenza esistente tra l'Autorità di bacino, che come ben sapete è sorta con la legge n. 183 del 1989, e il Magistrato per il Po,


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che ha una tradizione diversa: i primi segnali del Magistrato per il Po si hanno nel 1806 con un decreto napoleonico. Era un'istituzione che già allora presentava connotazioni di globalità nell'ambito del territorio padano; infatti, il bacino è circa un quarto del territorio nazionale, se si escludono le isole, cioè 70 mila chilometri quadrati, e interessa 4.500 chilometri di fiumi, le 5 regioni che tutti conosciamo, 24 province e circa 3.200 comuni. Dei 4.500 chilometri di corsi d'acqua, oltre 3 mila sono di corsi d'acqua arginati; una norma abbastanza recente prevede che, oltre alle tradizionali tratte di fiume classificate in prima e seconda categoria, che risalgono agli inizi del secolo, al nostro testo unico e poi al regolamento del 1937, siano da sottoporre a controllo anche le tratte di fiume di terza categoria arginate.
L'anno scorso e in parte quest'anno ho avuto modo di concludere il riordino di tutti i tronchi classificati del bacino del Po cercando di ridurne il numero (visto che alcuni dei decreti risalivano al 1904), in quanto i mezzi di indagine, di controllo dei tronchi sono diversi da quelli di circa un secolo fa, ed incrementando il numero stesso con quelli delle terze categorie di arginati di cui in precedenza non era previsto il controllo. Quando parlo di controllo mi riferisco ovviamente alla pulizia idraulica e al servizio di piena, che prima si svolgeva sulla prima e sulla seconda categoria mentre oggi comprende anche la terza categoria arginata.
A questo punto vi posso fornire qualche dato. I tronchi di guardia sono circa 222 (non ricordo il numero esatto) mentre quelli di custodia sono esattamente 94. Cercherò ora di spiegare la differenza fra il tronco di guardia e il tronco di custodia. I tronchi di guardia sono quelli a cui sovrintendono i sorveglianti idraulici, cioè il personale esecutivo che ha l'obbligo di controllare la situazione del corso d'acqua e quindi di rilevare eventuali abusi, di operare eventuali verifiche sulle opere in costruzione, indagini di altro tipo. La legge prevede che essi abbiano una residenza in prossimità del tronco o nelle immediate vicinanze; oggi forse dovremmo rivedere queste residenze, essendosi proceduto ad accorpamenti. Più tronchi di guardia fanno invece capo ad un tronco di custodia, a cui sovrintende un ufficiale idraulico, che è personale tecnico più qualificato; normalmente si tratta di un diplomato in varie discipline: prima era un geometra, oggi può essere anche un diplomato in agraria o in altre discipline più attuali. Al riguardo debbo precisare che purtroppo la presenza di questo personale idraulico, quindi prettamente legato al fiume, è estremamente ridotta, per cui la carenza è drammatica. Per quanto riguarda i sorveglianti, a fronte dei 222 necessari ve ne sono 61, ma ogni giorno questi numeri subiscono modifiche, sia a seguito di trasferimenti sia per altre disposizioni che consentono avvicendamenti o avvicinamenti; si tratta quindi di poco meno del 30 per cento. Circa il personale di custodia, a fronte dei 94 necessari ne abbiamo circa 70-71, con una carenza intorno al 30 per cento.
Da quanto finora esposto, emerge come il Magistrato per il Po sia presente su tutto il territorio. Operativamente il Magistrato ha una sede a Parma e undici uffici decentrati in periferia (oltre ad una sezione distaccata a Reggio nell'Emilia): ne abbiamo due in Piemonte, a Torino e ad Alessandria (tra l'altro, quello di Torino l'ho ricostituito io dopo la mia destinazione al Magistrato), in Lombardia a Pavia, Milano, Mantova e Cremona, in Emilia a Piacenza, Parma e Modena, mentre la sezione di Reggio nell'Emilia dipende da Parma. Le sezioni di Ferrara e Rovigo le consideriamo un'area a sé stante, essendo il Magistrato per il Po diviso in aree geografiche e territoriali collegate in parte alla differenza e alla divisione regionale, in parte ai bacini: abbiamo cioè l'area piemontese, l'area lombarda, che è stata suddivisa in due zone essendo particolarmente vasta ed essendo numerosi i corsi d'acqua, l'area emiliana e l'area del delta.
Per concludere questa descrizione della struttura del Magistrato per il Po, osservo che il personale dovrebbe essere costituito


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da 598 unità, come recita il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1996, ma in effetti le unità presenti sono 270-275, pari a circa il 47 per cento. Questi sono dati che si modificano, ma l'ordine di grandezza è senz'altro quello che vi ho indicato.
Ho assunto la presidenza del Magistrato per il Po nel settembre 1996, trovando in gran parte l'eredità del 1994, cioè le opere di cui vi hanno già parlato, che abbiamo realizzato in gran parte dopo il 1996.
Cercherò ora di dare risposta alle questioni poste dal presidente. L'Autorità di bacino pianifica e programma; noi siamo invece gli esecutori materiali delle opere, che vengono programmate di concerto, perché anche noi facciamo parte del comitato tecnico dell'Autorità di bacino, quindi abbiamo il compito di progettare, appaltare e realizzare le opere nella loro globalità, cioè su tutto il territorio.

FRANCESCO STRADELLA. Le 275 unità sono comprensive dei 130?

ERNESTO REALI, Presidente del Magistrato per il Po. Certamente. I 598 sono comprensivi di tutto e i 275 sono quelli effettivamente presenti: sono 61 più 97 più altri che sono amministrativi, tecnici di altro tipo, dirigenti e così via.
Dicevo, per completare il quadro, che l'Autorità di bacino pianifica e programma, mentre noi realizziamo le opere. La struttura che ho brevemente descritto è articolata in aree cui sovrintendono dei dirigenti tecnici; oltre al presidente vi sono un vicepresidente ed un dirigente tecnico che sovrintende a tutti i dirigenti delle aree geografiche in cui è diviso il bacino. Si tratta quindi di sette dirigenti.
Risponderò ora al quesito del presidente sulle cause di questi fenomeni. Senza entrare nella disquisizione sull'eccezionalità, ritengo che il fenomeno sia comunque particolare, e nella ripetitività - perché purtroppo è già avvenuto qualche anno fa - si sono superati i limiti precedenti, sia del 1951 sia del 1994: in una zona intermedia, a partire dal ponte della Becca, dove c'è la confluenza in Po del Ticino, fino a tutta la zona mediana, prima di arrivare alla parte finale del Po, sono stati superati i livelli del 1951 e del 1994. A volte sono stati superati di pochissimo, come al ponte della Becca, o addirittura leggermente sotto, quindi quasi uguagliati, oppure lo sono stati di parecchio, come è successo a Boretto, dove il superamento dei limiti è stato di circa 68-70 centimetri.
Un'altra caratteristica importantissima di questa piena, che ho seguito personalmente (per me è stata la prima volta, perché nel 1994, come dicevo, non presiedevo il Magistrato) è la durata dei colmi di piena, che hanno superato qualsiasi previsione, cioè hanno oltrepassato abbondantemente le 24 ore. Ciò implica (scusate se mi ripeto, ma debbo farlo necessariamente perché questo riguarda le opere alle quali sono preposto) l'affaticamento delle strutture arginali, che può creare un collasso delle stesse e dunque rappresentare un gravissimo pericolo. In proposito vi comunico che con l'ausilio di quattro università stiamo operando in prossimità di Mantova una sperimentazione con un tratto di argine in scala 1:1, cioè un pezzo di argine aggiuntivo a quelli esistenti, con la creazione di un bacino tra l'argine esistente e quello realizzato, per verificare il comportamento in caso di durata particolare del livello idrico all'interno di questo bacino. Tale sperimentazione proseguirà nel tempo, ma credo sia molto interessante e pertinente rispetto a questo momento di difficoltà che gli argini incontrano. Sono stati adottati una serie di accorgimenti tradizionali, che in parte avete visto in televisione e in parte avete appreso dai giornali, cioè le sacchettature, i riccioli del sovralzo arginale, la protezione dei fontanazzi ed altro. Indubbiamente un elemento importante è stato rappresentato dalla partecipazione di tutti gli enti e i soggetti che vivono lungo l'asta del Po (gli enti locali e tutte le altre strutture), i quali hanno efficacemente collaborato.


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La piena è durata diverse ore e diversi giorni e l'abbiamo seguita dalla zona piemontese fino all'Adriatico. Il fatto che sia rimasta l'acqua dentro gli argini, con sormonti limitatissimi e con l'evento drammatico, ma fortunatamente non tragico, della zona del vercellese e di altre zone dove i fontanazzi si sono moltiplicati molto più che nel passato, è un segno chiarissimo dell'eccessiva durata dei colmi di piena; i fontanazzi si sono moltiplicati pericolosamente, perché ovviamente preludono e fanno pensare ad un trasporto, ad un movimento interno al corpo arginale, oppure a trasudazioni del corpo arginale, cioè lungo il paramento a campagna, dopo la permanenza dell'acqua dentro il fiume.
In merito alle cause, ritorno su quanto già avete sentito sull'eccessiva piovosità, cioè sui limiti che sono stati raggiunti. Nelle 48 ore trascorse dal pomeriggio del 14 al mattino del 16 abbiamo avuto punte di quasi 600 millimetri; mi riferisco alla zona in sinistra Po, alla zona dell'alto Piemonte e alla zona della Stura di Lanzo, oppure anche alla zona del Sesia con 400 millimetri, con picchi orari, cioè piovosità di millimetri in un'ora, di più di 40 millimetri, quasi 50 nella zona del Sesia. Questi valori non li definiamo eccezionali, visto che purtroppo si ripetono e si sono già manifestati, ma sicuramente sono notevolissimi.
In merito invece al discostarsi delle piene, dei colmi rispetto ad eventi precedenti, ho qui una tabella che è però solo una bozza (che indubbiamente può essere migliorata), considerando il numero di persone che siamo e la necessità da parte nostra di andare ad effettuare i rilevamenti dei danni, da segnalare velocemente alle varie amministrazioni regionali e al ministro. A partire dal ponte della Becca abbiamo avuto in questa circostanza 7 metri e 81 centimetri sullo zero idrometrico, 7 centimetri in meno rispetto al valore del 1926, pari a 7 metri e 88 centimetri, che è il valore più alto registratosi in quella sezione del Po, per cui a mio avviso si può considerare dello stesso ordine di grandezza. Invece a Piacenza, Cremona, Casalmaggiore e Boretto, quindi in tutta la parte mediana del Po, sono stati senz'altro superati i livelli degli anni precedenti e abbiamo preso a confronto le piene più significative, quelle del 1926, del 1951 e del 1994.
Per tornare alla domanda, le cause vanno individuate in una situazione di piovosità particolare ed in certe condizioni particolari. Per esempio, mentre per il Tanaro la portata è stata inferiore a quella del 1994, e comunque di tutto rispetto e rilievo (è quindi importante evidenziare che le opere realizzate lungo il Tanaro hanno funzionato, non hanno creato problemi di alcun genere, a cominciare da Alba, dove purtroppo nel 1994 c'erano stati diversi morti, fino alla confluenza in Po), il Ticino ha una portata mai vista, essendo stati sfiorati i 3 mila metri cubi al secondo. La portata del Ticino e quella dell'Adda hanno dunque determinato valori mai raggiunti lungo l'asta principale.
Il presidente mi ha chiesto anche notizie relativamente alle rettifiche, alle modifiche operate sull'alveo del Po. Indubbiamente l'alveo del Po ha perso la connotazione di fiume che aveva in passato. A Parma ho trovato rilievi eseguiti a metà dell'ottocento dal primo rettore del Politecnico di Milano, il professor Brioschi: sono 48 tavole, con diverse sezioni significative che ancora oggi noi assumiamo come sezioni di raffronto. Dall'osservazione di quelle tavole risulta evidente che il corso del Po si è modificato da allora, perché gli argini sono cresciuti, hanno raggiunto livelli che sono in gran parte, non tutti (poi vedremo quali sono le criticità ancora esistenti lungo l'asta del Po) quelli valutati dopo la piena del 1951 con un piano che è stato chiamato piano Simpo, dalla società che l'aveva sviluppato, e che risale ai primi anni ottanta. Si sono avute delle rettifiche, le arginature hanno continuato a crescere, si è proceduto ad escavazioni, quindi ad approfondimento dell'alveo. Potremmo dunque parlare anche delle estrazioni, le quali da alcuni anni sono praticamente bloccate e quindi vengono valutate con grande attenzione,


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ma comunque continuano in gran parte in forma abusiva. Noi stiamo cercando di perseguirle, soprattutto nella parte mediana del Po. Certamente riordino, pulizia e forse anche estrazioni vanno rivisti in maniera globale e non più puntuale, lungo gli affluenti. Ci sono i corsi, proprio quelli che hanno avuto le maggiori piene, in sinistra Po, a cominciare dalla Stura di Lanzo, dal Sesia, dall'Orco, che forse hanno dei sovralluvionamenti, però non vanno più visti in maniera puntuale, ma in maniera globale. L'Autorità di bacino ha in corso degli studi - alcuni dei quali sono già completati - per valutare appunto la necessità di movimentare il materiale, ovvero di asportarlo, se necessario.
Per quanto riguarda l'alienazione dei terreni golenali, in passato è stata forse perseguita anche perché disposizioni particolari consentivano l'alienazione di zone abbandonate dal fiume. Per quanto mi riguarda, sono pratiche anch'esse sospese da parecchio tempo, almeno da alcuni anni: io sono a Parma già da quattro anni ma penso che anche in precedenza lo fossero; non ho avuto occasione di interessarmi di argomenti del genere.
Visto che parliamo di golene, vorrei tracciare un'altra breve descrizione dell'evento che abbiamo vissuto a metà ottobre. In questa circostanza, sono state aperte tutte le golene esistenti lungo l'asta del Po, sia in destra che in sinistra; sono circa 50 le golene interessate da questo intervento, la cui superficie è di oltre 13 mila ettari. Ciò ha interessato una capacità di laminazione di circa 450 milioni di metri cubi. Sono numeri abbastanza grossi. Soprattutto, considero importante mettere in evidenza la filosofia, che è cambiata con la stesura del piano fasce e con il nuovo PAI, che è in corso di approvazione, mentre il piano fasce è ormai operativo: quella di restituire al fiume delle aree dove il fiume stesso possa espandersi. Molte delle golene aperte forse le avrebbe aperte il fiume con la propria azione. Io ho assunto l'impegno di aprirle, come era mia facoltà, proprio per dare questo segnale per il ritorno. Ci sono golene che non venivano aperte da cinquant'anni; sono convinto che sia stato giusto aver provveduto alla loro apertura. Nelle golene vi sono abitazioni, insediamenti agricoli e produttivi. Stiamo attuando la legge n. 61 del 1998, che ha imposto la protezione di alcuni insediamenti in ambito golenale; siamo nella zona di Sommo con Porto e nella zona di Bocca d'Enza e Mezzano. La legge indicava specificatamente due insediamenti abitativi da proteggere. Forse ve ne sono altri che andrebbero protetti e questo è giusto, però è altrettanto giusto utilizzare le golene per far esondare l'acqua. Forse, sottraendo parte di questi spazi delle zone abitate alle golene, bisognerebbe recuperarne altri per bilanciare le superfici in cui il fiume possa espandersi.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Reali per la sua esposizione e do la parola ai colleghi.

ROBERTO ROSSO. Per quanto riguarda le golene, la cosa ovviamente è utile: più si fanno bacini di laminazione, più si affievoliscono la velocità e l'irruenza dell'acqua. Tuttavia il problema reale che stiamo verificando in tutti i luoghi in cui si cerca di fare bacini di laminazione è rappresentato dalla mancanza della previsione di un esproprio con relativo indennizzo per i proprietari. Si verifica dunque una situazione paradossale, quella di persone che vengono espropriate dei loro beni. In alcuni casi la cessione dei terreni golenali fu fatta negli ultimi dieci o venti anni, ma nella maggior parte dei casi si tratta di diritti di proprietà e di utilizzi che hanno a che vedere con usi centenari di quei tratti di fiume, che in conseguenza di precipitazioni anomale (che però sembrano diventare abitudinarie) falsano l'ambiente. Per arrivare a questo è indispensabile prevedere che ciò che viene realizzato dal Magistrato possa essere indennizzato, altrimenti si parlerà sempre di questi benedetti bacini golenali, bacini di raminazione e quant'altro senza mai realizzarli, perché vi saranno sempre resistenze anche


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da parte dei sindaci, trattandosi di piccoli comuni. Credo che in particolare il presidente dovrebbe essere sensibile al problema.
Un secondo aspetto è relativo in particolare a due situazioni verificatesi in Piemonte. Dispongo di alcuni documenti (uno è relativo all'area del torrente Orco, l'altro riguarda la Dora nell'affluenza col Po, e poi successivamente la Dora Baltea, cioè il tratto Moncrivello-Saluggia, la divisione tra la provincia di Vercelli e quella di Torino) risalenti ad un anno e mezzo fa, in cui l'Autorità di bacino dichiarava che non si pensava di accedere alla richiesta dell'amministrazione locale, dei comitati dei cittadini e delle imprese sui disalvei localizzati dei fiumi, perché non c'era pericolo di sovralluvionamento e quindi non c'era pericolo per l'incolumità delle persone. La valle dell'Orco è stata praticamente dilavata; in particolare per quanto riguarda l'ultimo tratto della Dora prima dell'immissione in Po e poi il tratto di Po che va da Crescentino, in provincia di Vercelli, fino a Trino Vercellese, la situazione è veramente anomala. Ho letto la relazione che il Parco del Po e dell'Orba ha consegnato, in cui si dice che attualmente il Po scorrerebbe ancora (anzi, questo avveniva nel 1994, in occasione della precedente alluvione) a profondità superiori a quelle che tradizionalmente lo contraddistinguevano. Abbiamo effettuato rilevazioni con accademici dell'università di Milano e di Torino, con geometri e quant'altro, per rilevare la fondatezza di questa affermazione ed abbiamo appurato un fatto paradossale: si è creata, per sovralluvionamento di questo tratto, una specie di schiena d'asino, per cui il Po nel mezzo del suo alveo ha oggi normalmente una quota di 1-2-3 metri superiore alle quote dei paesi che da secoli, da millenni stanno a due o tre chilometri dai suoi argini e che attualmente sono stati inevitabilmente tutti alluvionati. Abbiamo inoltre verificato che la maggiore profondità si registra soltanto nei tratti in cui il Po scorre non in piena, avendo creato in pratica due cunicoli profondissimi vicino alle sponde in cui la profondità è effettivamente più elevata, ma semplicemente perché non riesce più a passare in mezzo. Ciò si lega anche al fatto che in quel tratto c'è ancora una briglia dell'ENEL: lo dico al presidente del Magistrato perché la Sogin in questi giorni, a fronte di esposti che abbiamo presentato alla magistratura per rilevare la responsabilità penale di chi ha causato la più grande alluvione verificatasi nel basso vercellese e nell'alto casalese, ha dichiarato, con riferimento alla briglia sul Po a servizio della vecchia centrale nucleare ed oggi delle scorie radioattive che non sono ancora state rimosse (nonostante l'ENEL disponga di circa 30 mila miliardi da parte dello Stato per farlo) che era compito del Magistrato per il Po, di concerto con i ministri Bordon e Nesi, decidere sulla rimozione di questa briglia, a monte della quale, non potendoci essere disalveo, si crea oggi un'ostruzione inverosimile del Po. Nel 1994 si disse che la diga sarebbe stata rimossa per consentire quanto meno il normale livellamento dell'alveo del fiume a monte e a valle della stessa, perché esiste il paradosso per cui a valle ormai non c'è più deposito, in quanto la briglia blocca tutto, mentre a monte la situazione è incredibile. Sono passati sei anni e l'alluvione si è verificata per la seconda volta (lo dico in particolare al presidente, avendo ascoltato l'altro giorno il suo intervento alla Camera) in comuni situati a chilometri di distanza dall'argine. Non esiste un solo insediamento abitativo, residenziale, industriale nel tratto che va da Crescentino a Casale: ciò nonostante tutta quella zona è stata alluvionata, per cause che sono anche imputabili a questa mancata gestione. Poiché la gente ora vuol fare una catena umana da Crescentino a Casale (sono tutti esasperati) vorrei sapere dal presidente del Magistrato per il Po se si intenda provvedere in quel tratto o se tutto rimarrà inalterato.

FRANCESCO FORMENTI. Ormai abbiamo sentito tutti gli attori di questo teatro tragico dell'alluvione (teatro nel senso non di presa in giro, ma di rappresentazione


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di un evento che ha colpito una zona del paese). Lei prima ha affermato che praticamente il Magistrato per il Po è il braccio operativo dell'Autorità di bacino. Ho l'impressione che ci siano troppi macchinisti che dirigono, mentre sono ben pochi coloro i quali si occupano dei binari, per cui il treno è sempre fermo. Il Ministero dei lavori pubblici, il Ministero dell'ambiente, l'Autorità di bacino e, da ultimo, il Magistrato per il Po (ultimo nel senso di rappresentante operativo di tutto il sistema: dopo di lui non c'è nessuno) talune volte sono in contrasto tra di loro. Magari qualcuno chiede anche la testa del Magistrato per il Po.
Visto che il Magistrato per il Po è il braccio operativo, ed abbiamo verificato l'esondazione, in alcuni punti volontaria, del Po, perché per evitare danni peggiori si aprono le golene, chiedo quale autorità abbia il Magistrato per intervenire nella stesura dei piani regolatori, per mettere un veto su determinate zone, ancorché le autorità pubbliche, in questo caso i comuni, abbiano la potestà di rendere edificabili, in misura magari minima per l'agricoltura, alcune zone. A mio avviso, il Magistrato per il Po dovrebbe individuare una zona di salvaguardia, dove sia assolutamente vietata l'edificazione; dovrebbe impedire anche in queste zone, peraltro già individuate, l'edificazione. Noi continuiamo a lamentarci che la «signora Carolina» è stata salvata dall'elicottero sul tetto e che tre mucche sono morte, però abbiamo il timore che le «signore Carolina» siano diverse e più di quante fossero in passato.

ALFREDO ZAGATTI. Formulerò solo tre domande secche. Innanzitutto, sul grado di eccezionalità degli eventi di quest'anno lei ha fatto riferimento al confronto con altri anni, il 1994, il 1951, addirittura il 1926. Vorrei capire se abbiate dei dati di sequenza relativi agli ultimi anni che testimoniano che il limite mediamente si alza nel periodo stagionale più interessato a queste vicende, cioè in quale misura quello di quest'anno sia un avvenimento eccezionale e confrontabile solo con altri momenti eccezionali, e in quale misura sia un evento sicuramente eccezionale che però poggia su una sequenza storica che negli anni ha visto aumentare i limiti delle portate in periodi stagionali come questo.
Seconda questione. Lei ha fatto riferimento al personale di guardia e di custodia, denunciando una carenza forte. Mi sembra di aver capito che si tratta della questione più impellente per quanto riguarda l'organizzazione della struttura. Non ho sentito una risposta ad una questione che poneva il presidente nell'introduzione.

ERNESTO REALI, Presidente del Magistrato per il Po. Si tratta del riordino; ne ho preso nota.

ALFREDO ZAGATTI. Infine, vorrei un giudizio sullo stato delle opere di difesa nella parte terminale (sono deputato di Ferrara), tenendo conto delle vicende che abbiamo vissuto e del fatto che il problema della portata del fiume si incrocia con quello della capacità del mare di recepire e quindi di non creare ulteriori difficoltà. Chiedo cioè se nel corso di questo evento abbiate potuto verificare una fragilità o meno delle strutture.

GIORGIO GARDIOL. La prima questione riguarda un annoso problema. Soprattutto nella parte di montagna, dove il Magistrato per il Po opera, c'è una grande protesta da parte delle amministrazioni comunali nei confronti dei ritardi e della parzialità del Magistrato rispetto a determinati problemi e alle denunce che riguardano i sovralluvionamenti, le difese spondali dei comuni. Cito il caso di Ivrea, dove, proprio per la configurazione della Dora, è necessaria una difesa spondale complessiva: non si può effettuare solo la difesa di Ivrea perché andrebbero sotto tutti gli altri paesi dall'altra parte, così come non si può fare la difesa solo dell'altra parte perché andrebbe sotto Ivrea.
Sempre con riferimento a quel problema, chiedo quali siano i rapporti tra il


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Magistrato per il Po e l'amministrazione regionale della valle d'Aosta, che in realtà ha provocato un flusso d'acqua a velocità folle, perché con la cementificazione di tutti i fiumi che sono sopra, alla fine ad Ivrea è arrivata l'acqua molto velocemente.
Un altro problema è il rapporto tra il Magistrato per il Po e gli enti gestori delle dighe, perché questi ultimi potrebbero gestire una serie di effetti di laminazione dei fiumi in modo che la diga rallenti la velocità del fiume. Per esempio, oggi le dighe ENEL sono tutte computerizzate, vi sono molte meno persone che sorvegliano e soprattutto manca il rapporto con l'effetto meteorologico; sarebbe necessario organizzare meglio il sistema di sorveglianza del Magistrato per il Po ed il sistema di sorveglianza delle dighe. In autunno i gestori delle dighe tendono a riempirle, perché poi devono utilizzare l'acqua per l'energia elettrica, ma quando si verificano queste piogge evidentemente bisogna gestire in maniera coordinata.

FRANCESCO STRADELLA. Non ho niente da aggiungere a quanto osservato dall'onorevole Rosso. Io sono alessandrino, quindi ho vissuto le vicende del 1994 e di quest'anno. Le rivolgo una domanda che non ha niente di tecnico, ma riguarda l'aspetto organizzativo del Magistrato per il Po. Quando si verificano episodi di questo genere, della gravità del 1994 e del 2000, si tengono riunioni e assemblee; in tutte queste occasioni, l'assente è sempre il Magistrato per il Po, il quale a mio avviso ha scarsa attitudine all'informazione o non dispone di personale. Tutte le volte che si tengono assemblee e magari viene rivolta un'accusa al Magistrato per il Po, non c'è nessuno che sia in grado di controbattere o di rappresentare dal punto di vista tecnico quanto il Magistrato per il Po ha fatto, i suoi progetti, le sue difficoltà. Ricordo la riunione del 1994 ad Alessandria con Condorelli, che era abbastanza presente; nel casalese in questo periodo...

ERNESTO REALI, Presidente del Magistrato per il Po. Sono andato anch'io nel casalese.

FRANCESCO STRADELLA. A volte questa difficoltà di dialogo produce un incrinamento del rapporto ed una mancata informazione. L'onorevole Rosso citava la questione del livello dell'alveo: ha ragione, ma queste cose andrebbero spiegate e probabilmente, se la sollecitazione venisse colta nel momento giusto, qualche volta si potrebbero evitare certe difficoltà di rapporto che si sono determinate tra il Magistrato per il Po e le amministrazioni locali.

UGO PAROLO. Il Magistrato per il Po, almeno per quanto è a mia conoscenza, nella maggior parte dei casi appalta i lavori a trattativa privata e senza nessuna programmazione; mi riferisco ai lavori eseguiti sui torrenti. Per quale motivo il Magistrato per il Po non definisce gli ambiti di competenza con la regione? Spesso le competenze sui torrenti sono divise, parziali, per cui in parte sono della regione e del genio civile ed in parte del Magistrato per il Po e questo causa grossi problemi.
Chiedo inoltre se lei non intenda rivedere e velocizzare le modalità di rilascio delle concessioni demaniali quando queste vengono richieste dalle amministrazioni pubbliche, perché le posso assicurare che per ottenere una concessione demaniale con il parere del Magistrato per il Po occorre più tempo che richiederla ad un ente pubblico.
Infine, vorrei sapere se intenda intervenire presso il Ministero dei lavori pubblici e presso il Ministero delle finanze per consentire l'utilizzo di materiale demaniale prelevato dai torrenti e dai fiumi almeno per le amministrazioni pubbliche.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi intervenuti e do nuovamente la parola all'ingegner Reali.


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ERNESTO REALI, Presidente del Magistrato per il Po. Se mi consentite, sovvertirei l'ordine delle risposte, nel senso che partirei dal quesito dell'onorevole Formenti, perché presenta connotazioni di carattere generale, e da quello dell'onorevole Parolo. Forse non sono stato chiaro nel fornire alcune spiegazioni: lei ha ragione ad avere la sensazione di non sapere con chi dover interloquire. Tenga conto che le attuali competenze dell'Autorità di bacino un tempo erano tutte del Magistrato per il Po. A questo punto fornisco anche una risposta sul discorso del riordino, perché mi sembrano questioni collegate. Credo che il Magistrato per il Po debba rimanere unitario nella gestione, cioè non possa essere suddiviso tra le cinque regioni, perché l'acqua passa da una regione all'altra.

PRESIDENTE. Quindi l'acqua non è federalista!

ERNESTO REALI, Presidente del Magistrato per il Po. Credo che il federalismo sia un'altra cosa. Ritengo quindi che possa senz'altro diventare una struttura interregionale, come prevede la legge, ma con una gestione unitaria. Penso che questo non cozzi contro il federalismo, come diceva il presidente.
Circa il riordino, si parla di agenzia, si parla di tante cose. Io non ho le idee chiare in proposito. Indubbiamente una gestione interregionale ma indipendente (lo dico tra virgolette) può rappresentare la strada giusta, perché quello che ci rallenta è proprio un sistema non molto snello di procedure.
Per quanto riguarda invece il contrasto tra Magistrato e Autorità di bacino, direi che viviamo un momento felice, perché condivido perfettamente le ultime scelte fatte con l'Autorità di bacino e credo che quest'ultima sia abbastanza soddisfatta del nostro lavoro. Mi riferisco al problema della nostra presenza: in questi quattro anni ho partecipato a quasi tutte le riunioni, comprese quelle notturne, ad Alessandria, con l'assessore Cavallera, che lei sicuramente conosce, per cui io sono stato sempre disponibile. Quando non ho potuto partecipare, ho sempre mandato qualcuno, o il dirigente d'area del Piemonte ovvero il dirigente dell'ufficio di Alessandria. Pertanto mi dispiace molto che lei sostenga il contrario, perché noi abbiamo sempre cercato di essere presenti, per far capire quello che facciamo e per avere il consenso preventivo. Mi spiego: quando si mandano le carte, se sono state già spiegate e si è compreso quello che si deve fare si ottiene più rapidamente l'eventuale parere, anche con modifiche e con rettifiche. Per quanto riguarda quindi il contrasto, direi che al momento non c'è e stiamo lavorando sulla stessa linea.
Sul discorso dei piani regolatori, dei veti, delle ricollocazioni, dell'uso delle fasce e dell'uso delle golene, osservo che fasce e golene sono tutte aree esondabili dove il fiume deve poter entrare. Indubbiamente la costituzione delle fasce fluviali, che poi sono le fasce di rispetto fluviale, rispecchia la tradizione, cioè le golene che negli anni, forse nei secoli, sono esistite.
Si è parlato di insediamenti nuovi e vecchi: più che nelle fasce, gli insediamenti sono quasi tutti datati, perlomeno quelli che troviamo dentro le golene. Altri tipi di insediamenti si hanno magari lungo gli affluenti. Sono nuclei abitativi che in qualche modo vanno protetti, come dicevo prima, cercando degli spazi compensativi a questi, ovvero sono degli insediamenti di tipo produttivo; nella zona del Tanaro e di Alessandria ve ne sono diversi. Proprio con gli interventi fatti sul Tanaro dopo il 1994 è emerso il discorso politico del ricollocamento, che voi avrete sicuramente già sentito, e che va valutato. E qui rispondo contemporaneamente all'altra domanda. Si è parlato di esproprio, di indennità di utilizzo, di servitù che vanno riconosciute, vanno valutate. Posso portare una testimonianza importante sulle casse di laminazione, che sono bacini artificiali. Ad oggi gli esempi più significativi purtroppo sono solamente nell'Emilia e lungo gli affluenti emiliani: la cassa


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sul Secchia, che è la prima ad essere stata realizzata (il Secchia riguarda Reggio nell'Emilia e Modena), quella sul Panaro, che è stata completata l'anno scorso in perfetta efficienza, altre due in costruzione ed un'altra più piccola in esercizio.

PRESIDENTE. Poiché stanno per riprendere i lavori dell'Assemblea, siamo costretti a concludere a questo punto la nostra audizione.

ERNESTO REALI, Presidente del Magistrato per il Po. Presidente, se mi è consentito, ad integrazione della relazione svolta e delle risposte fornite farò pervenire alla Commissione una documentazione da me predisposta.

PRESIDENTE. Sta bene. Autorizzo quindi la pubblicazione della documentazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
Ringrazio nuovamente il presidente del Magistrato per il Po e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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