IV COMMISSIONE
DIFESA

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 21 dicembre 2000


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La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Comunicazioni del ministro della difesa, Sergio Mattarella, sulle conseguenze dell'impiego in Kosovo di munizioni all'uranio impoverito.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del ministro della difesa, Sergio Mattarella, sulle conseguenze dell'impiego in Kosovo di munizioni all'uranio impoverito.
Ringrazio tutti i numerosi colleghi intervenuti ed il ministro Mattarella per la sua sollecita presenza in questa sede. Avverto che il sottosegretario di Stato per l'ambiente, Valerio Calzolaio, ci ha fatto pervenire materiale relativo alle osservazioni dell'UNEP e delle altre autorità ambientali per il settore dei Balcani: tale materiale è disponibile per chi volesse consultarlo.
Nei due giorni scorsi ho partecipato ad una riunione dei presidenti delle Commissioni difesa dei Parlamenti nazionali dei paesi aderenti all'Unione europea. In incontri separati, e non in sessione plenaria, ho chiesto ai colleghi che, qualora avessero conoscenza di episodi analoghi a quelli che interessano il nostro paese, me lo facessero sapere. In occasione della guerra del Golfo una commissione francese svolse un'indagine specifica in materia; la risposta comunque è stata che a tutt'oggi non risultano episodi simili.
Avverto inoltre che con le comunicazioni di oggi devono intendersi svolte le interrogazioni assegnate alla Commissione difesa n. 5-08652 Ruffino e n. 5-08659 Olivieri, relative all'argomento trattato.
Infine, nel ribadire il mio ringraziamento per la partecipazione così numerosa dei colleghi, colgo l'occasione per formulare a tutti i migliori auguri di buon Natale e di felice anno nuovo.
Abbiamo scelto questa giornata per svolgere l'audizione perché abbiamo tempo, teoricamente fino alle 19. La nostra ferma opinione, come sapete, è che i problemi devono essere sollevati in Parlamento ed in Parlamento devono trovare una risposta, soprattutto quando si tratta di questioni come quella oggi in discussione, per ottenere soluzioni adeguate alla loro importanza.
Do la parola al ministro Mattarella.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Signor presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziare lei e la Commissione perché con l'audizione odierna mi viene data l'opportunità di dare riscontro a notizie e valutazioni che hanno destato e destano preoccupazione. Rispetto a questo vi è un dovere di trasparenza e di chiarezza, lo stesso dovere che avverto per il mio intervento: quello della trasparenza, della concretezza e della rigorosa aderenza alla realtà.
Preliminarmente vorrei ribadire che l'Italia non ha mai fatto uso né dispone di proiettili all'uranio impoverito; non ve ne sono mai stati, neppure di altri paesi, nel


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poligono di Capo Teulada di cui si è parlato in questi giorni sui giornali. In quel poligono nessuna forza armata italiana o straniera ha mai utilizzato munizionamento ad uranio impoverito, così come è stato dichiarato ieri dal comandante militare della Sardegna, che ha anche fatto presente - rendendola ostensibile alla magistratura - che nella documentazione del poligono sono registrati, esercitazione per esercitazione, il tipo e la quantità di munizioni adoperate. Del resto, le caratteristiche del poligono sono estranee all'uso di quei proiettili.
Della vicenda di cui stiamo parlando nulla va sottovalutato: lo ripeto con convinzione, anche per la primaria importanza che va dedicata alla salvaguardia della salute degli uomini delle forze armate, siano essi in Italia o all'estero.
Come annunziato due giorni fa, ho istituito una commissione scientifica per accertare tutti gli aspetti della questione; essa è presieduta dal professor Franco Mandelli, autorità scientifica di altissima qualificazione internazionale, e ne fanno parte il professor Martino Grandolfo, direttore del laboratorio di fisica dell'Istituto superiore di sanità; il dottor Alfonso Mele, direttore del reparto di epidemiologia clinica dell'Istituto superiore di sanità; il dottor Giuseppe Onufrio, dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), che ha lavorato nell'ambito delle attività di accertamento e di verifica del Ministero dell'ambiente in Kosovo; il dottor Vittorio Sabbatini, capo dell'ufficio nucleare del CISAM ed il generale medico Antonio Tricarico, direttore generale della sanità militare.
Compito della commissione è di accertare tutti gli aspetti medico-scientifici della vicenda. Potrebbe infatti trattarsi di singoli casi non collegati tra di loro; potrebbero rivelarsi casi collegati da una causa comune come l'uranio impoverito, anche se allo stato non sono emersi elementi di riscontro; ovvero, laddove essi fossero legati da una causa comune, questa potrebbe essere comunque un'altra, diversa dall'uranio impoverito. Tale commissione ha il compito di operare in tutte le direzioni possibili e per tutti gli aspetti legati alla questione.
Ripeto ancora che non si è sottovalutata, né s'intende sottovalutare, alcuna delle ipotesi, nemmeno la più remota: né quelle che possano in qualche modo correlarsi con i rischi da inquinamento ambientale connessi con l'utilizzazione di munizionamento all'uranio impoverito nell'area balcanica, né qualunque altra ipotesi diversa che possa essere collegata ai casi di malattia verificatisi.
Entrando più in concreto nei problemi, occorre distinguere tra questioni, notizie o ipotesi di notizie che non vanno confuse tra loro, sia perché non hanno nulla in comune sia per non alterare la corretta analisi delle questioni e dei fatti.
Prima di affrontare il tema relativo alla presenza nei Balcani, vorrei parlare dell'argomento apparso sui giornali a proposito degli elicotteristi.
Si è detto e scritto che ben 12 elicotteristi militari italiani si sarebbero ammalati di cancro negli ultimi mesi e che quattro di loro sarebbero morti. La notizia non risulta alla difesa, ed appare scarsamente verosimile che un fenomeno di tale gravità e dimensioni sia sfuggito alle autorità militari sia di comando sia sanitarie.
Risulta il caso di un sottufficiale in servizio a Pisa, che durante i controlli annuali è stato riscontrato affetto da una forma di leucemia; è un sottufficiale elicotterista che non è mai stato in servizio all'estero. Il fenomeno di ben 12 ammalati negli ultimi mesi, quattro dei quali morti - ripeto - non risulta.
Potrei fermarmi qui e dire che non è vero. Avrei potuto farlo anche nei giorni scorsi, ma ho preferito e preferisco spingere lo scrupolo oltre, ammettere, al di là delle verifiche fatte, l'eventualità che un pur così rilevante fenomeno sia sfuggito. Per questo ho chiesto pubblicamente che si indicassero i nomi o quantomeno i reparti in cui questi casi si sarebbero verificati.
Se un fenomeno così grave fosse vero, pur essendo del tutto indipendente dai


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Balcani (perché, secondo quanto affermato, si tratterebbe di elicotteristi mai stati in quella zona) sarebbe mio dovere disporre, oltre i controlli e agli accertamenti che già vengono svolti, nuove immediate iniziative per fronteggiarlo ed accertarne le cause. Sarebbero inoltre necessario adottare provvedimenti per evitare che un simile fenomeno si diffonda o si ripeta.
Se non fosse vero, sarebbe mio dovere, e non soltanto mio, dare serenità agli elicotteristi delle forze armate e ai loro famigliari rispetto ad un allarme molto grave. Per questo ho fatto quella richiesta: per andare con lo scrupolo al di là delle verifiche effettuate dai comandi militari.
Si è risposto che non si possono fornire questi elementi a motivo della privacy. Mi chiedo anzitutto, con molta misura, se questa valga di fronte all'affermazione di ben quattro elicotteristi morti. In ogni caso, la privacy non verrebbe violata se questi dati venissero forniti in forma riservata all'autorità militare di comando o sanitaria.
Vorrei sottolineare la responsabilità che si assume chi, dichiarando di essere in possesso di notizie così gravi, rifiuta o omette di fornire elementi che consentirebbero di affrontare e contrastare una condizione che, se vera, andrebbe affrontata immediatamente, perché sarebbe allarmante.
Il Governo vuole che nulla rimanga in ombra ed è consapevole del dovere istituzionale e morale di accertare fino in fondo la fondatezza di ogni notizia e di ogni ipotesi. È altrettanto convinto che a questo dovere si affianchi quello di garantire la serenità di migliaia di persone e delle loro famiglie, se non vi è motivo di metterla in discussione: questo comporta, per il Governo, l'esigenza di vagliare rigorosamente la fondatezza o infondatezza delle notizie, per le quali vi è il rischio di una moltiplicazione ingiustificata.
Per questo vi è l'intendimento e la volontà che nulla rimanga in ombra, sapendo che questi due doveri si affiancano: non lasciare nulla in ombra e non minare, se non ve ne è motivo, la serenità di migliaia di persone.
Per quanto riguarda i Balcani, va fatta qualche considerazione rispetto alla Bosnia. In ambito ONU, in questi anni, non è stato mai sollevato il problema del rischio d'inquinamento da uranio impoverito in tale zona. Ricordo, al riguardo, che l'ONU aveva autorizzato gli interventi aerei in Bosnia ed era codecisore delle operazioni, tanto che si è definita quella condizione come di «doppia chiave» ONU-NATO. È quindi significativo che in ambito ONU, protagonista degli avvenimenti, non sia stato sollevato in questi anni il problema.
Del resto in Bosnia, ed in particolare nell'area di Sarajevo, hanno operato ed operano migliaia di civili e di funzionari delle organizzazioni internazionali e non governative. A Sarajevo risiede il comando USA della SFOR ed un ampio contingente di quel paese. Vi operano anche una forte componente francese e quelle di molti altri paesi, oltre a numerose rappresentanze diplomatiche - per non citare ovviamente la popolazione locale, che non va assolutamente dimenticata.
Eppure nella comunità internazionale non si è posto, in questi anni, un problema d'inquinamento da uranio impoverito in quell'area. Tuttavia, come ho già dichiarato altrove nei giorni scorsi, ritenevo possibile che vi fosse stato uso di questi proiettili in Bosnia, anche sulla base dei documenti pubblici raccolti in via informale; parte di questo materiale mi è stata fatta pervenire anche da associazioni private. Tutti gli elementi sono stati accuratamente valutati, pur nella loro incertezza.
Per questo, il 27 novembre scorso, ancor prima che si manifestasse l'attuale acuta attenzione al problema, ho richiesto alla NATO di comunicarci formalmente se fosse stato impiegato in Bosnia armamento all'uranio impoverito, essendovi necessità di assoluta chiarezza in argomento.
Sono in grado di comunicare alla Camera, tramite questa Commissione, che è pervenuta oggi la risposta da parte


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dell'Alleanza atlantica: in tre tornate, rispettivamente il 5 agosto 1994, il 22 settembre 1994 e nel periodo fra il 29 agosto e il 14 settembre 1995, nelle operazioni effettuate dagli aerei A-10 sono stati utilizzati in attacchi alle forze serbo-bosniache circa 10.800 proiettili all'uranio impoverito, a tutela della zona di esclusione attorno a Sarajevo stabilita dall'ONU, in un raggio di 20 chilometri dalla città.
Avendo ottenuto oggi chiarezza dalla NATO su quanto accaduto in Bosnia, il Governo ha chiesto di far pervenire, come avvenuto per il Kosovo, la mappa puntuale dei siti in cui sono stati lanciati i proiettili.
Devo manifestare rammarico per il fatto che le organizzazioni internazionali interessate forniscano solo ora, e per nostra richiesta esplicita, un'informazione sicuramente importante per la comunità bosniaca e per quella internazionale, considerando che la tutela dei militari nelle missioni di pace e delle popolazioni civili interessate è compito ineludibile della comunità internazionale. Rimane naturalmente impregiudicato - lo ripeto perché è necessario farlo, ed aderente alla realtà - il problema della portata effettiva di pericolosità dell'uranio impoverito, questione di cui l'UNEP si è già occupata in Kosovo.
L'esigenza di prevedere in seno all'Alleanza atlantica procedure più adeguate di condivisione delle informazioni e di approntamento di misure comuni su materie così delicate, appare quindi necessario. Aggiungo, inoltre, che il Governo italiano intende invitare l'UNEP a svolgere anche in Bosnia una missione analoga a quella tenutasi in Kosovo. Per quanto riguarda la competenza della difesa, ho disposto l'immediato invio di una missione di esperti del CISAM in Bosnia per procedere opportunamente a misurazioni e monitoraggi.
In Kosovo si è fatto, come è noto, un uso consistente dei proiettili ad uranio impoverito. La NATO ha comunicato nel maggio 1999 di averne fatto uso. Nell'ottobre 1999 l'ONU ha fatto richiesta di conoscere i siti bombardati, che sono stati comunicati il 7 febbraio 2000.
Come è noto i nostri militari entrati in Kosovo nel giugno 1999, si sono attestati a Pec, mentre gli inglesi si sono insediati a Pristina e nella regione centrale circostante, essendo titolari del primo comando di KFOR localizzato in quella città. Il contingente USA si è insediato nel settore sud-est, lungo la fascia più critica, quella accanto alla valle di Presevo, a contatto con il contingente russo.
Il nostro contingente si è insediato a nord-ovest nel settore che confina con l'Albania, considerato che già esisteva una missione di militari italiani in Albania, presenti anche sul confine verso il Kosovo, in coerenza con l'opportunità di affidare all'Italia il controllo di entrambe le parti del confine.
Desidero ricordare quanto ho fatto presente nei mesi scorsi. Fin dall'ingresso dei nostri militari in quel territorio si sono adottate misure di protezione: monitoraggio ambientale, ampia attività informativa, bonifica del territorio con reparti militari NBC specializzati nella protezione e decontaminazione di persone e di materiali. Ogni unità militare dispone di nucleo specializzati NBC per tali operazioni. Questi nuclei, che operano in modo preventivo nelle aree in cui si dispiegano i nostri reparti, sin dai primi di luglio 1999 sono stati rinforzati da un'ulteriore compagnia specializzata.
Come misura aggiuntiva di cautela sono stati successivamente inviati esperti fisici del Centro interforze studi per le applicazioni militari (CISAM), che hanno verificato, in diversi periodi, con sofisticate metodiche di laboratorio, i risultati delle attività svolte dal personale dei nuclei operativi NBC.
I primi controlli sono stati effettuati negli alloggi destinati ad ospitare i nostri soldati, per verificare che fossero sicuri: controlli di aria, suolo, acqua e pareti. I controlli sono stati effettuati usando strumenti molto sofisticati ed affidabili, come


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il Rotem, che è un rilevatore di radiazioni, realizzato in Israele, di gran lunga più sensibile di un contatore Geiger.
L'insieme di queste misure e controlli, come ho già detto in Parlamento, ha permesso di confermare che i livelli di inquinamento nelle aree dove operano i nostri soldati sono al di sotto dei limiti di sicurezza previsti dalla normativa italiana (decreto legislativo n. 230 del 1995) per il nostro territorio.
Gli specialisti hanno potuto compiere gli accertamenti con estrema precisione, grazie alle mappe fornite all'ONU dalla NATO; dove erano segnate le zone di probabile caduta dei colpi. In tutto, sono stati ritrovati 800 grammi di uranio e circa due chili di metallo degli involucri esterni dei proiettili. Questi materiali sono custoditi, in attesa che la NATO decida il loro stoccaggio, in appositi recipienti con una protezione di piombo e una di plastica speciale. Nella terra dei campi in cui sono stati trovati i frammenti, non si è rilevata contaminazione.
Va fatto riferimento ad un'iniziativa particolarmente autorevole: un gruppo di scienziati è stato inviato in Kosovo, un mese addietro, dal programma per l'ambiente dell'ONU. Si tratta di 14 esperti d'istituzioni scientifiche di diversi paesi incaricati di studiare e raccogliere prove sul terreno, i cui risultati definitivi saranno divulgati a febbraio prossimo. In base ai primi rilievi essi hanno anticipato che le radiazioni da uranio impoverito, rimasto a seguito dei bombardamenti della NATO, non appaiono pericolose per l'ambiente. In questo è stato particolarmente esplicito il capo dell'équipe di esperti, finlandese. A questa attività partecipano rappresentanti dell'ANPA come ha ricordato, nei giorni scorsi, il sottosegretario per l'ambiente Calzolaio.
È stata misurata la radioattività in 11 dei 112 siti dove durante la campagna aerea è stato usato uranio impoverito. I risultati hanno indicato che in Kosovo, in quei luoghi, il livello non è superiore a quello considerato normale in alcuni paesi, tra cui l'Italia. Questo è quello che emerge dall'attività dell'UNEP.
Indipendentemente dal basso rischio, comunque hanno opportunamente affermato che occorre in ogni caso proseguire nell'attuazione di idonee misure di prevenzione. Presidente, in questi giorni sono stati citati alcuni casi che vorrei esporre alla Commissione senza rivelare l'identità degli interessati, anche se di quasi tutti si è molto parlato in questi giorni.
Si tratta di un soldato della Sardegna, che non ha mai prestato servizio nei Balcani, deceduto nel 1994 per leucemia linfoblastica acuta; di un graduato di truppa della Sardegna che è stato in Albania per due mesi nel 1997 e poi a Sarajevo da metà novembre 1998 a metà aprile 1999, deceduto per leucemia linfoblastica acuta; di un sottufficiale della Puglia, che è stato a Sarajevo e a Pale da fine agosto 1998 ai primi di aprile 1999, deceduto per linfoma non-Hodgkin; di un maresciallo della Croce rossa italiana del Lazio, che è stato impiegato per trasporto di aiuti umanitari nei territori della ex Jugoslavia per 17 giorni con un tragitto Spalato-Dubrovnik-Sarajevo-Zenica: quindi egli non ha prestato servizio in Bosnia, ma vi ha solo trascorso alcuni giorni; è stato successivamente nei campi profughi di Kukes in Albania per 19 giorni nell'aprile del 1999 e di Kavaje in Albania per un mese nel luglio 1999; è deceduto per una forma ematologica acuta proliferativa. Si tratta ancora di un graduato di truppa della Sardegna che è stato a Dakovica, in Kosovo, dalla fine di giugno a metà ottobre del 1999; è tornato a Dakovica da metà giugno ai primi di agosto del 2000; a fine 1999 ha avuto diagnosticato uno pseudo linfoma cutaneo che è stato asportato e successivamente, rientrato in servizio, è stato, nel novembre 2000, destinatario di una diagnosi di un linfoma non-Hodgkin e che è da ricontrollare.
Si tratta poi di un graduato di truppa della Sardegna che è stato a Sarajevo da fine settembre 1996 a fine gennaio 1997, a Dakovica dalla fine di luglio 1999 alla fine di ottobre 1999 e ancora a Dakovica


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da fine giugno 2000 a metà novembre 2000; è stato ricoverato per sospetto linfoma ed è tuttora in osservazione.
C'è poi un graduato di truppa della Sardegna che è stato in Albania per un mese nel 1997 e a Skopije in Macedonia per due mesi e mezzi nel 1999, tra la fine di marzo e i primi di giugno; non si è mai trovato nel teatro in cui si sono svolte azioni belliche in Bosnia o in Kosovo, ma in Albania e in Macedonia. Egli ha avuto diagnosticato un linfoma di Hodgkin ed è in cura.
Si tratta poi di un sardo che è stato in servizio in Somalia per quattro mesi tra la fine del 1993 e i primi mesi del 1994, cui è stato diagnosticato un tumore; si tratta poi di un soldato del Veneto che non è stato nei Balcani in nessuna occasione, che ha avuto diagnosticato un linfoma di Hodgkin; di un sottufficiale del Lazio che non è mai stato nei Balcani e che ha avuto diagnosticata una leucemia mieloide cronica: è comunque in servizio, anche se in terapia.
Si tratta poi di un sottufficiale pugliese che è stato in Bosnia dalla fine di gennaio alla fine di giugno del 1997 e da metà luglio a metà febbraio 1998, che è stato ricoverato con un referto di linfoma di Hodgkin.
Da questo elenco escludo il caso di un militare di truppa della Sardegna cui nei giorni scorsi è stata diagnosticata una sindrome di astenia di uranio impoverito, ed i cui esami hanno nei giorni scorsi dato esito negativo sia sul piano ematochimico, sia dopo ecografia tiroidea e controllo spirometrico; egli è quindi in servizio, essendo stato riconosciuto esente da qualsiasi patologia.
Ad esclusione di quest'ultimo, si tratta, come si vede (compresa la situazione del sottufficiale della Croce rossa, che ha trascorso pochi giorni in Bosnia senza prestarvi servizio), di dieci casi.
Naturalmente vale la pena ricordare che vi sono certamente altri casi che, nel corso di questi anni, possono e avranno certamente interessato la popolazione militare italiana oggi composta di 260 mila uomini (negli anni passati è stata anche più numerosa), che non sono emersi a fronte di quelli da me citati e conosciuti. È verosimile che per le persone che sono state nei Balcani siano emersi dei casi, ma questo fa parte di un accertamento che viene rigorosamente svolto.
Ai 10 casi da me citati si aggiunge quello dell'elicotterista che non ha mai prestato servizio all'estero. Pertanto solo 5 degli 11 casi riguardano personale militare che ha prestato servizio in Kosovo o in Bosnia. Inoltre, tra essi si sono manifestate patologie diverse.
Rimane il problema d'identificare se vi sia un effettivo collegamento tra queste patologie e l'uranio impoverito, collegamento che - come vi ho detto - allo stato attuale non risulta avvalorato da riscontri oggettivi, ma che comunque è giusto verificare ed accertare con il massimo scrupolo. È per questo che lavorerà la commissione istituita, ossia per valutare - come ho detto inizialmente - quali siano le cause dei decessi e delle malattie e per verificare se siano riconducibili a vicende individuali o collegabili all'uranio impoverito, oppure se siano riconducibili ad una causa comune diversa dall'uranio impoverito.
Credo infatti che accanto alla doverosa esigenza di accertare se queste malattie siano collegabili all'uranio impoverito vi è anche quella di non concentrarsi esclusivamente su questa ipotesi, rischiando di precludersi l'accertamento di altre possibili cause.
Signor presidente, mi permetta altre due considerazioni. Ho letto in questi giorni che altri paesi avrebbero lamentato decessi per la presenza in Kosovo, in particolare il Portogallo e il Belgio. Per quanto riguarda il Belgio gli accertamenti eseguiti presso le autorità belghe hanno fatto emergere che non sono stati denunziati decessi di militari in Kosovo; il generale capo della sanità militare, Van Hoof, ha parlato complessivamente delle malattie presenti e delle patologie riscontrate nei militari belgi.
Si è detto che il Portogallo starebbe protestando per i rischi, ma questo viene smentito dai contatti avuti con le autorità


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portoghesi. Non vi è alcuna intenzione del genere, mentre è annunziata da tempo dal Portogallo l'esigenza di un avvicendamento per rinforzare il proprio contingente a Timor Est.
L'ultima considerazione sarà forse estranea all'argomento, ma è giusto formularla perché questa Commissione ha la responsabilità politica degli orientamenti della difesa.
Come ho detto, vi è l'esigenza di approfondire con scrupolo ogni aspetto perché nulla rimanga in ombra: questa avverrà! Per questo è stata costituita un'apposita commissione; per questo ho richiesto formalmente alla NATO delle notizie; per questo le sto divulgando; per questo sto chiedendo ulteriori notizie precise alla stessa NATO. Vorrei però che l'odierno dibattito, in tutti i suoi contorni anche i più accesi, non innescasse un clima tale da mettere in discussione la nostra presenza nei Balcani. Durante i mesi scorsi, specie da parte degli organi di stampa, è stata formulata un'ipotesi circa il ritiro degli americani dai Balcani a seguito della nuova presidenza: se oggi, con le prospettive per la prima volta positive ma difficili che si delineano nella ex Jugoslavia, si addivenisse al ritiro dei contingenti multinazionali dal Kosovo e dalla Bosnia, quelle zone ripiomberebbero nella violenza e nel vuoto politico che dà spazio a tutti i movimenti ed i traffici illegali di cui noi subiamo le conseguenze. Non soltanto si perderebbe un'occasione importante per pacificare quella regione così travagliata, il che è interesse dell'Europa e del nostro paese, ma si offrirebbe anche uno spazio amplissimo ai traffici di cui l'Italia subisce le conseguenze più di chiunque altro. È una preoccupazione che intendevo rassegnare alla Commissione, ringraziandovi ancora per l'attenzione e dichiarando la massima disponibilità per qualunque approfondimento.

PRESIDENTE. Grazie, signor ministro, per le notizie aggiornate e nuove fornite alla Commissione.

ELVIO RUFFINO. Il nostro gruppo segue con preoccupazione l'intera vicenda sulla quale abbiamo presentato atti di sindacato ispettivo sia in Commissione, sia in aula.
La relazione del ministro è assolutamente equilibrata e rassicurante circa l'atteggiamento del Governo che è rigoroso nell'accertamento dei fatti anche attraverso la costituzione di un'apposita commissione, nonché attento alla verifica di tutte le possibili connessioni e degli strumenti di prevenzione e tutela per i nostri militari. Per quanto riguarda la Bosnia non eravamo informati fino ad un mese fa, quando il ministro riferì in aula, se non ricordo male...

CESARE RIZZI. Sei mesi fa, non uno!

ELVIO RUFFINO. Oggi sappiamo che si è impiegato meno uranio impoverito rispetto al Kosovo, il che crea un problema serio che il Governo e le forze parlamentari di minoranza e di maggioranza non possono sottovalutare, quello cioè del rapporto con i nostri alleati in queste operazioni internazionali, tra noi e gli organismi internazionali come l'ONU e la NATO. È chiaro infatti che veniamo a sapere con grande ritardo qualcosa che era di assoluto interesse nazionale, dato che militari e civili italiani operano in quelle zone. L'Italia è molto impegnata nelle missioni internazionali e radicata in una rete di rapporti internazionali al fine di stabilizzare un'area di diretto interesse per il nostro paese, ma questo nostro atteggiamento rischia di essere messo in discussione se tra gli alleati non si instaura un rapporto leale. Sappiamo che le operazioni militari comportano dei rischi e dobbiamo conoscerli per prevenirli: per il Kosovo eravamo informati ed abbiamo potuto allertare il nostro personale, mentre, se non ho capito male, per la Bosnia lo apprendiamo in ritardo.
Il ministro ha sottolineato questa questione che io ribadisco perché è rilevante.
Altre informazioni fornite dal ministro sono invece rassicuranti: mi riferisco agli elicotteristi ed alla situazione di Capo Teulada, entrambe citate dagli organi di stampa. La stessa informazione relativa al


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Belgio e al Portogallo, che risultano interessati da analoghi problemi, è quasi una sfida per ottenere ulteriore documentazione.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. È una richiesta più che una sfida.

ELVIO RUFFINO. La sfida implica una risposta urgente, nel senso che se esistessero ulteriori elementi dovrebbero essere resi noti subito, perché non si può scherzare su tali questioni, né si possono preoccupare ulteriormente le famiglie estendendo i timori oltre il lecito e coinvolgendo personale che, al contrario, dovrebbe essere rassicurato. Chi in questo momento diffondesse notizie prive di fondamento o comunque non le diffondesse in buona fede assumerebbe un atteggiamento assolutamente irresponsabile.
Seguiremo con attenzione il lavoro della commissione scientifica che è stata istituita e valuteremo i suoi risultati, ponendoci domande che allo stato non possono avere risposta, ossia se l'incidenza dei casi di leucemia o di tumore siano superiori alla normale statistica oppure se i tempi di incubazione siano ragionevoli per il personale impiegato poco tempo. Ma, ripeto, poiché non possiamo avere oggi una risposta fondata, attendiamo le conclusioni dei lavori della commissione scientifica.
Seguiremo scrupolosamente le verifiche pur constatando che il Governo ha il nostro stesso atteggiamento; ribadisco però la questione politica del rapporto con i nostri alleati che deve essere risolta rapidamente per continuare in una collaborazione essenziale nell'interesse dell'Italia. Vorrei fugare una sensazione negativa: temo che oltre alla naturale apprensione del personale e delle famiglie ed oltre al giustificato e misurato interesse della stampa, vi sia il pericolo che si inneschino in questa vicenda iniziative strumentali politiche: mi riferisco alla sovrabbondante richiesta da parte di parlamentari della Lega di dimissioni del ministro Mattarella, ed al fatto che il maresciallo Leggiero il quale ha un preciso rapporto con Alleanza nazionale...

FILIPPO ASCIERTO. Sarà anche consigliere di Alleanza nazionale, ma ha svolto il proprio ruolo in maniera idonea. Non tiriamo in ballo i rapporti politici!

ELVIO RUFFINO. Non intendo colpevolizzare Alleanza nazionale in via pregiudiziale, però è impossibile negare che questa persona frequenta assiduamente Via della scrofa: è continuamente insieme con te, collega Ascierto, nella sede del partito. Il mio riferimento non vuole essere negativo, ma al contrario positivo, perché esorto le forze politiche ad essere rigorose nella richiesta di accertamenti, di approfondimenti e di verifiche evitando ogni strumentalizzazione politica dato che ad essere danneggiato in una delle tante risse politiche a cui assistiamo in Parlamento e in Italia non sarebbe il Governo, ma l'interesse nazionale.

FILIPPO ASCIERTO. Ringrazio il ministro Mattarella per la chiarezza che caratterizza l'esposizione dei fatti. Rispondendo all'onorevole Ruffino dico che non si tratta di un collegamento politico, ma di un'azione del maresciallo Leggiero quale membro di un osservatorio a cui risultano iscritte 13 mila persone, a quanto mi risulta! Non è un delegato del COCER, né so se esista una delibera in tal senso.
Per quanto riguarda l'attività politica di Alleanza nazionale, vi è un'unica richiesta, presentata in aula, per conoscere la situazione della Bosnia e del Kosovo e capire dalla voce del ministro se vi siano rischi per i nostri militari. Vi è volontà politica di capire se qualcosa va fatto immediatamente per i nostri militari e soprattutto di sapere se l'uranio impoverito è stato utilizzato in Bosnia e quali ripercussioni si sono prodotte. Il ministro ci ha appena detto che la NATO ha confermato l'utilizzo del materiale in Bosnia nel 1994 e nel 1995. Lo stesso uranio è stato usato in Kosovo e do atto allo stato maggiore di aver impartito direttive per adottare precauzioni determinate, ma ciò non risulta per la Bosnia. E il ministro dice che non lo sapevamo! I quesiti che poniamo riguardano quello che si può


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fare per i nostri militari: chi vi parla è un militare che quando svolgeva un'azione pericolosa, come l'irruzione all'interno di uno stabile per arrestare persone pericolose, indossava il giubbetto antiproiettile perché il regolamento lo prevedeva quale precauzione da adottare. Considerato che in quelle zone i militari sono esposti a certi rischi, dobbiamo prevedere qualcosa per evitare esposizioni pericolose. Che tipo di equipaggiamento abbiamo fornito ai nostri uomini? Se questo non fosse sufficiente per evitare esposizioni, cosa possiamo fare? Naturalmente occorre eseguire le verifiche per capire se vi siano ancora radiazioni pericolose per i nostri militari e per le popolazioni locali: lei, signor ministro, ha citato l'istituzione di un comitato scientifico di cui prendiamo atto con soddisfazione, ma bisogna insistere con le analisi per evitare ulteriori rischi.
Vengo ora alle malattie. La leucemia non è riconosciuta come causa di servizio ed il militare colpito sopporta il disagio della menomazione fisica ed i costi degli accertamenti clinici e delle cure, che mettono in crisi il bilancio familiare in maniera significativa. In proposito, ricordo che su iniziativa del sottoscritto nella legge n. 266 è stata inserita una norma a tutela dei militari non più idonei al servizio per cause non dipendenti dal servizio, i quali passano all'amministrazione civile della difesa; vorrei che a questo si affiancasse un'adeguata tutela sanitaria e uno stanziamento apposito - magari all'interno di questa finanziaria - per l'applicazione di quelle previsioni legislative.
Lei, signor ministro, aveva chiesto dei nomi che io ho saputo non più di qualche ora fa. Non so se siano gli stessi delle persone da lei elencate, per cui al termine di questa audizione le fornirò l'elenco. La responsabilità politica del gruppo di Alleanza nazionale è evidente. Siamo consapevoli che la missione di pace era rischiosa, che era un impegno grande per l'Italia ai fini del ristabilimento della pace nei Balcani; volevamo conoscere i particolari della vicenda e soprattutto porre attenzione alla tutela dei militari. Signor ministro, per l'ennesima volta ribadisco la necessità della legge quadro sull'impiego dei nostri militari all'estero, la quale sancisce il trattamento economico del personale militare. Diversamente torneremo a discutere del mancato pagamento degli stipendi, perché le emergenze internazionali potrebbero verificarsi nuovamente. Nel passato ai nostri militari non hanno pagato lo stipendio e la stessa cosa si è ripetuta poco tempo fa; il problema è stato risolto in questi giorni ed io vorrei che la legge quadro che stanzia i fondi per le missioni fosse al più presto approvata. Due proposte di legge presentate rispettivamente da me e dal collega Romano Carratelli sono state abbinate, ma bisogna procedere celermente per garantire i nostri militari e rispettare la dignità del loro lavoro. Rigetto qualsiasi forma di strumentalizzazione politica su questioni che ci devono vedere accomunati perché riguardano la salute dei nostri ragazzi all'estero.
Una domanda: corrisponde al vero che nel 1995 il dipartimento della difesa americana aveva confermato l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito in Bosnia? Era stata data comunicazione al nostro Ministero della difesa?
Ho presentato un'interrogazione parlamentare su un'iniziativa del capo maggiore dell'esercito che vorrebbe distruggere i fogli matricolari dei militari presso i distretti militari: non ritiene che un'operazione del genere debba essere evitata? Tra l'altro, questo dovrebbe riguardare solo il passato o anche i fogli matricolari dei giovani di leva? Lo chiedo perché se tra questi vi è qualcuno che è stato in Bosnia e in futuro avesse problemi alla salute, non avremmo tracce.
Siamo consapevoli della delicatezza del momento e vogliamo ricercare le misure più opportune ed idonee affinché i nostri militari compiano il proprio dovere - come stanno facendo - in condizioni di assoluta garanzia e tutela.

CESARE RIZZI. L'onorevole Ruffino ha detto che finalmente si parla di una


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questione che a lui risulta essere emersa un mese fa; veramente è dal mese di febbraio che fra question time, interrogazioni in aula e in Commissione da parte nostra si parla molto di questo argomento. L'uranio impoverito è come il federalismo: tre anni fa ne parlava solo la Lega ed oggi ne parlano tutti.
Ricordo che nel mese di febbraio di quest'anno un giornale pubblicava la notizia che, ad otto mesi dalla fine del bombardamento sull'ex Jugoslavia, la NATO finalmente rendeva noto, seppure in modo parziale, quali aree del Kosovo erano state bombardate con proiettili ad uranio impoverito, munizioni in grado di distruggere i mezzi corazzati serbi ma pericolose per i civili perché rilasciano polvere radioattiva. La mappa che il segretario generale della NATO, George Robertson, ha inviato al Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, dice inoltre che moltissime azioni d'attacco con uranio impoverito si sono svolte al di fuori di quest'area ed hanno riguardato tutti i Balcani. Una delle aree più colpite è stato il settore di competenza della multinazionale brigata West guidata da soldati italiani.
È bene chiarire che questo materiale non è solo radioattivo ma è anche tossico. Gli esperti spiegano che il raggio di contaminazione non supera i 50 metri, ma precisano che in quest'area è pericoloso persino respirare le particelle radioattive che, se inalate, provocano tumori e leucemie. Tutto questo - lo ripeto - non è stato scritto un mese fa ma addirittura nel mese di febbraio. Si dice inoltre che gli aerei statunitensi A10 hanno compiuto un centinaio di missioni d'attacco sul Kosovo, scaricando 31 mila proiettili all'uranio; per l'UNEP che si accinge a nuovi rilievi mirati, questi equivalgono a circa 10 tonnellate di materiale radioattivo.
Noi, che siamo i soliti furbi, lasciamo esposti al rischio 9 mila militari italiani. Le truppe USA nel mese di marzo del 2000 hanno spostato il loro contingente militare a circa 100 chilometri dalle zone interessate; noi invece restiamo lì a presidiare: faremo la fine dei topi. Abbiamo di fronte una scena analoga a quella della guerra del Golfo in Iraq, nel corso della quale è stato usato lo stesso uranio impoverito ed i cui risultati vediamo oggi: in Iraq nascono infatti molti bambini malformati, con malattie della pelle, leucemie, tumori.
Io ripeto sempre le stesse cose, caro ministro: lei domani, direttamente o indirettamente, sarà responsabile di tutti i morti che inevitabilmente avremo fra qualche anno. Ne avevo già parlato al suo predecessore Scognamiglio - nominato nel Governo D'Alema appositamente per la guerra del Kosovo, di cui lei ha ereditato le conseguenze - il quale mi ha sempre risposto che non gli risultava nulla. Oggi lei giustamente ha istituito una commissione scientifica ad hoc per vedere cosa sta succedendo, ma non vi è bisogno di commissioni perché ci sono già dati molto importanti e molto preoccupanti per il nostro paese, che ha più di 9 mila militari nel Kosovo. Noi siamo generosi, inviamo militari da tutte le parti!
Caro presidente Spini, la prossima volta che hai qualcosa da dire, è bene che tu lo faccia in Commissione piuttosto che attaccarmi sui giornali. Io ho detto semplicemente che non si può chiedere alla Commissione un parere sull'invio di 200 militari in Eritrea ed Etiopia, quando è già stabilito che devono partire il mattino successivo. La sinistra purtroppo questi giochetti li ha sempre usati; è vero che ormai avete poco tempo per utilizzarli, perché siete all'osso, ma a me interessa la salute di questi militari. Le ho chiesto più volte, ministro, di ritirare il contingente militare nel Kosovo, altrimenti sarà responsabile di quello che succederà a questi ragazzi, ed abbiamo già i primi risultati.
Molti giornali già parlano di forme di leucemia, anche se lei ovviamente deve escluderlo. È stata istituita una commissione scientifica, per verificare cosa sta succedendo, ma non c'è bisogno di verificare cosa accadrà perché sta già succedendo e i risultati tra tre o quattro anni purtroppo saranno disastrosi, basta guardare - lo ripeto - cosa avviene in Iraq:


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il 90 per cento della popolazione, tra malattie della pelle, leucemie, tumori, malformazioni dei nascituri, è da buttar via.
L'uranio impoverito è utilizzato per penetrare nella corazza dei carri armati, però lascia sul terreno una polvere che è tossica, se respirata. In quella zona c'è una guerra che si dice di essere riusciti a tamponare, ma a me non risulta; al Pentagono, per esempio, ritengono che i Balcani siano una polveriera tanto che Bush ha dichiarato che si tratta di una questione europea e gli Stati Uniti non c'entrano nulla. Spero che Bush lo faccia davvero e voglio proprio vedere cosa farà il Governo italiano.
Le ripeto ancora, caro ministro, che domani le famiglie di questi militari chiederanno conto a lei del fatto che questi militari si ammalano e muoiono. Lei prima ha detto che non succede nulla, ma come si fa ad affermarlo di fronte a tutti questi casi di malattie!
È fuor di dubbio che il compito di un ministro sia quello di tamponare le situazioni per non suscitare allarmi e per evitare la rivoluzione, ma lei sa bene come stanno davvero le cose e lo ha fatto capire più volte. Le ricordo una notizia Ansa del 7 giugno, relativa ad una delle tante interrogazioni sull'uranio impoverito alla quale si rispondeva che per i nostri soldati non vi era alcun rischio uranio, mentre ce n'erano almeno dieci tonnellate. Lei mi sta quindi dando la stessa risposta che mi ha già dato in passato. Le risposte date in aula lasciano il tempo che trovano, ma ho qui quattro pagine delle Ministero della difesa - che non ha scritto lei, ma di cui è comunque responsabile - che gira e rigira affermano che non ci sono problemi e che tutto è sotto controllo; ma se è così, perché avete messo in piedi un una commissione scientifica? Vi siete spaventati di quello che sta accadendo?
Fino a che era solo la Lega a porre il problema dell'orario impoverito, non lo avete preso in considerazione, ma adesso che si sono mosse tutte le forze politiche, anche della Casa delle libertà - si sono svegliate anche Alleanza nazionale e Forza Italia - avete pensato che forse è opportuno dare una risposta. Avete comunque fatto bene ad insediare una commissione scientifica, a mio avviso però è tardi.
C'è poi anche un lato comico: a Striscia la notizia abbiamo visto militari italiani intervistati quattro giorni fa che indossano ancora divise estive perché la difesa non ha i soldi per quelle invernali. Lei sa bene che la Lega è sempre stata contraria alle cosiddette missioni di pace e che tutte le volte che c'era da approvare una proroga per i militari all'estero prima si decideva la proroga e poi si affrontava il problema dei soldi per pagarli: la conseguenza è che fino a 10 giorni fa questi militari erano senza stipendio da tre mesi.
Io non sono come Ruffino e qualche altro collega che ha chiesto le dimissioni del ministro, anche perché di fronte a un fatto così grave bisognerebbe chiedere le dimissioni dell'intero Governo; la Lega invece è sempre dell'idea di ritirare il contingente italiano dai Balcani finché siamo in tempo, altrimenti domani lei, signor ministro, sarà responsabile di questa grossa tragedia.

VITO LECCESE. Vorrei esprimere apprezzamento per la comunicazione che il ministro Mattarella ha voluto rendere qui in Commissione, non fosse altro che per la disponibilità manifestata fornendo i dati; credo sia giusto che il Governo, così come chiede il Parlamento, utilizzi il registro della trasparenza e della chiarezza rispetto a questa vicenda affinché nulla rimanga in ombra. Mi pare del resto interessante che il ministro della difesa finalmente, alla luce delle notizie di stampa e delle sollecitazioni giunte dal Parlamento, abbia deciso di costituire un comitato che dovrà valutare gli aspetti medico-scientifici di questa vicenda; chiedo inoltre che venga svolta anche un'indagine epidemiologica tra tutte le forze armate e non solo tra coloro che sono stati interessati da operazioni militari nell'area dei Balcani.
Stando alle notizie riportate dal ministro Mattarella, mi è sembrato di capire


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che ben nove casi riguardano patologie ematologiche acute; si tratta di dati che vanno approfonditi e mi sembra che la preoccupazione sia condivisa dal ministro: aver individuato come presidente del comitato il professor Mandelli, un luminare nel campo delle malattie ematologiche, conferma questa preoccupazione per i casi di leucemia, linfoma, leucemie linfoblastiche acute, linfomi non Odgkin.
Noi verdi pretendiamo che si faccia una operazione di verità e di giustizia a seguito dell'applicazione di tutte le informazioni necessarie per appurare la verità. Sulla disponibilità del ministro Mattarella non ci sono dubbi, l'ha confermata anche oggi e l'ha annunciato in dichiarazioni rese alla stampa nei giorni scorsi; ho dei dubbi, invece, sulla disponibilità che potrà arrivare da parte del Pentagono e delle altre forze coinvolte in questa vicenda. Da anni sono impegnato affinché si avvii una ricostruzione della verità storica rispetto ad una vicenda analoga a questa per caratteristiche di pericolosità ambientale e per la salute umana; mi riferisco all'uso delle bombe all'iprite disseminate sui fondali del basso Adriatico, lanciate in mare dalle forze anglo-americane tra il 1943 ed il 1945. È trascorso più di mezzo secolo e ancora oggi su quella vicenda non è stata fatta del tutto chiarezza, spero invece che in questo caso si possa in tempi rapidi appurare la verità.
Del resto noi verdi, anche nel periodo dei bombardamenti in Kosovo abbiamo più volte sollecitato il Governo perché il Parlamento fosse informato sull'effettivo uso di armamenti contenenti uranio depleto. Ricordo che insieme ai colleghi Galletti e Cento, solo per avere un po' troppo rigorosamente manifestato le nostre richieste in aula, siamo stati espulsi e sanzionati pesantemente dal Presidente Violante. Ci sono atti di sindacato ispettivo, in particolare uno del 24 aprile 1999 del presidente del gruppo dei Verdi Paissan, nei quali si chiedeva al Governo di avere notizie certe a un mese dall'inizio dei bombardamenti, rispetto all'utilizzo di uranio impoverito. Si è svolta in Commissione esteri una audizione del ministro della difesa Scognamiglio al quale fu posta una domanda sull'utilizzo di uranio impoverito ed egli rispose testualmente: «quanto all'utilizzazione da parte delle truppe NATO di munizionamento contenente uranio impoverito non so rispondere, per quanto riguarda l'Italia mi pare che non sia così, e mi riservo di fornire sulla questione una risposta scritta», risposta scritta che non è mai arrivata al Parlamento.
Da parte del Parlamento c'è stata quindi grande attenzione a questo argomento e il Governo è sembrato reticente a fornire informazioni, oggi prendiamo atto che è cambiato qualcosa mi auguro che nelle sedi internazionali il nostro Governo riesca ad imporre il suo modo di vedere rispetto alla ricostruzione della verità ed all'accertamento dei pericoli che l'utilizzo di un certo tipo di armamenti può aver provocato nei confronti dell'ambiente e delle persone. La stessa Commissione esteri, che in questi mesi ha svolto un ciclo di audizioni interessanti in collegamento con il disegno di legge sulla ricostruzione del Balcani, al termine, con risoluzione approvata all'unanimità l'11 novembre 1999, ha impegnato il Governo ad istituire una commissione tecnico-scientifica «in grado di procedere ad una valutazione esauriente ed imparziale, partendo dall'acquisizione di tutte le fonti di documentazione scientifica già disponibili a livello nazionale ed internazionale sia sui rischi della tossicità sia su eventuali rischi di contaminazione radioattiva ed a chiedere al Governo statunitense di mettere a disposizione della stessa commissione altre eventuali ricerche non ancora rese ufficialmente note». Si tratta di notizie indispensabili non solo per la valutazione dei rischi di esposizione ad un certo tipo di sostanze tossiche delle nostre forze armate, ma anche rispetto ai pericoli per la popolazione di quei luoghi.
Nel corso delle audizioni abbiamo ascoltato gli esperti dell'ENEA (una nota del professor Rubbia conferma il livello di tossicità chimica e radiologica dell'uranio depleto); il rappresentante dell'Organizzazione mondiale della sanità, che ha confermato


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la tossicità chimica; il sottosegretario Calzolaio, il quale ha confermato che gli effetti tossici degli armamenti contenenti uranio impoverito erano già stati accertati con le indagini epidemiologiche svolte nella zona del Golfo in Iraq, in particolare della parte meridionale. Nella guerra del Golfo sono state impiegate per la prima volta in azione bellica proiettili ad uranio in quantità stimata in oltre 300 tonnellate: dopo due anni dalla fine della guerra oltre 100 veterani hanno cominciato ad accusare sintomi di gravi patologie, in particolare ematologiche. Erano questi i primi segni di quella che sarebbe stata definita la sindrome del Golfo; sono stati affetti, secondo un calcolo approssimativo, oltre centomila militari statunitensi (di cui 4.500 sono morti) e oltre duemila britannici, molti dei figli dei veterani sono nati con gravi malformazioni genetiche; anche i casi di tumore si sono quasi e decuplicati tra il 1991 ed il 1996. Non c'è quindi ulteriore tempo da perdere a disquisire sulla tossicità chimica ed eventualmente radioattiva dell'uranio impoverito.
Condivido quanto il ministro ha dichiarato oggi rispetto alla necessità di modificare in senso più democratico i momenti decisionali di alcuni organismi internazionali e regionali, e in particolare la NATO, richiamando il fatto che già nel preambolo della convenzione di Ottawa vi è una formulazione con cui si invitano i paesi sottoscrittori a non utilizzare armi convenzionali che possano ritenersi eccessivamente dannose o abbiano effetti indiscriminati, come è il caso degli armamenti contenenti uranio impoverito.
Quanto lei ha detto oggi è giusto rispetto agli eventuali danni causati alle nostre forze armate impiegate nei Balcani, ma credo si debba dare corso a quanto chiedeva l'ANPA rispetto alle necessarie operazioni di monitoraggio e valutazione dei livelli di contaminazione non solo nei territori occupati dalle forze italiane, ma in tutti i siti indicati nella mappa trasmessa dalla NATO al Segretario generale delle Nazioni Unite, ovviamente anche prevedendo una posizione dell'Italia in sede di comunità internazionale affinché all'interno delle iniziative da realizzare nel pacchetto di interventi definiti come patto di stabilità vi siano i finanziamenti per le operazioni di bonifica. Siamo infatti preoccupati per gli effetti patologici che potrebbero essersi verificati tra le nostre forze armate, ma riteniamo debba esserci una tensione alta anche rispetto a contaminazioni di tipo ambientale che possono provocare effetti patologici tra le popolazioni kosovare e serbe.

RAMON MANTOVANI. Signor presidente, signor ministro, sono facilitato nel mio intervento dai colleghi che hanno già detto piuttosto chiaramente cose che dovrebbero indurre il Governo ad una più attenta riflessione ed a passare da una posizione di formale accettazione dell'esistenza di un problema ad una di più attivo contrasto per la risoluzione del problema medesimo che è sotto gli occhi di tutti. Non si tratta di avviare un'indagine scientifica, che naturalmente non fa mai male ma che è del tutto insufficiente rispetto alla gravità del problema, e non si tratta di verificare quanto questo possa incidere sui militari italiani impegnati nel territorio balcanico; a me interessano le donne e gli uomini, in divisa o meno, serbi, albanesi, italiani, inglesi, statunitensi che siano, colpiti dal problema.
Mi ripugna un certo tono di preoccupazione esclusiva per i nostri militari, sentir dire che, una volta verificata l'esistenza del problema, la soluzione sarebbe attrezzare meglio i nostri militari, tralasciando i problemi della popolazione civile che ha pagato i prezzi dei bombardamenti fatti dal suo Governo. Questa vicenda, signor ministro, non può esser affrontata a in questo modo per il semplice motivo che è cominciata dieci anni fa in Iraq. I dati citati dall'onorevole Leccese sono confermati dal fatto che il Governo degli Stati Uniti e le forze armate di quel paese riconoscono, dal punto di vista degli indennizzi, la causa di servizio per le gravissime conseguenze che hanno investito tantissimi militari impegnati nelle operazioni belliche in Iraq.


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È pur vero, signor ministro, che la dimensione del problema in Iraq è di più ragguardevoli dimensioni perché i militari sono intervenuti sul terreno immediatamente ed hanno direttamente respirato l'uranio impoverito che si era liberato dai bombardamenti aeronautici dei mezzi corazzati dell'esercito iracheno. Proprio per questo, proprio perché forse non si può prevedere una altrettanto rapida evidenziazione dei fenomeni connessi con l'inquinamento da uranio impoverito in Kosovo, perché le forme della guerra sono state molto più vigliacche, perché si è bombardato e basta, perché si è trattato per la prima volta nella storia dell'umanità di una guerra che non ha fatto pagare il prezzo di una sola vita umana a chi ha aggredito e perché è una delle guerre, come tutte le ultime, che provocano circa il 90 per cento dei morti fra la popolazione civile e non fra i militari della controparte, per tutti questi motivi è evidente che la situazione può sembrare meno importante e meno eclatante di quanto non sia stata quella dell'Iraq, ma non certamente per la popolazione civile e per le incalcolabili conseguenze che si avranno nei decenni a venire. Infatti, occorre parlare non solo di decessi più o meno rapidi (a 9 anni di distanza dalla guerra nel Golfo la casistica è amplissima negli Stati Uniti) ma anche di malformazioni genetiche e di danni ambientali difficilmente calcolabili.
Se lei, signor ministro, rivedesse il dibattito che vi fu negli Stati Uniti immediatamente dopo che furono fatti esperimenti nucleari nei deserti di quel paese, esperimenti con esplosioni a cielo aperto e con esposizione di centinaia se non di migliaia di militari americani alle radiazioni, ricorderebbe che, sebbene alcuni denunciassero i rischi e i pericoli di quegli esperimenti, per anni il Governo degli Stati Uniti negò l'esistenza del problema. Per anni ci furono inchieste, magari fatte, come in questo caso, da organismi militari, che naturalmente contesto non dal punto di vista della qualificazione scientifica, ma da quello dal quale si procede, perché lei sa benissimo che le indagini non sono neutrali ma sono orientate secondo un criterio di ricerca ed io temo che gli organismi connessi con le forze armate partano da un punto di vista e procedano secondo un criterio non oggettivo ma piegato agli interessi e agli obiettivi delle forze armate medesime.
Ebbene negli Stati Uniti vi fu un lunghissimo dibattito fino ad un certo punto, molti e molti anni dopo, nel quale venne riconosciuto di avere esposto delle persone alle radiazioni dirette delle bombe atomiche che venivano fatte esplodere a cielo aperto per sperimentarne gli effetti. Spero, signor ministro, che non procederemo nello stesso modo e che non dovremo attendere l'inconfutabilità delle conseguenze dell'uso dell'uranio impoverito per ammetterlo e procedere poi a risarcire solamente alcune delle vittime, perché poi né le popolazioni civili e tantomeno la natura e l'ambiente potranno mai essere risarciti. Mentre sarebbe l'umanità a dover essere risarcita.
Dopo i casi dell'Iraq, nel dubbio - non parlo di certezze, ma ho certezze da questo punto di vista perché mi fido dei ricercatori neutrali e delle denunce che hanno fatto sul caso dell'Iraq ma non è detto che il Governo debba fidarsi - sarebbe stato ben più opportuno che la NATO non utilizzasse più questi armamenti ed invece io temo - lo dico perché lo penso e perché sono abituato a dire ciò che penso - che sia stato incrementato il loro uso sia per smaltirli sia per verificarne gli effetti concreti sul terreno, perché è così che procedono i nostri, o vostri, alleati degli Stati Uniti.
Mi permetta, quindi, di avanzare alcune brevissime proposte.
Ritengo che il Governo italiano dovrebbe porre la questione nell'ambito dell'Alleanza atlantica e dire che questi armamenti non devono più essere usati ma devono essere distrutti e smaltiti, giacché gli esperimenti sono già stati fatti e nel futuro vedremo quali effetti avranno avuto.
In secondo luogo, penso che, nell'ambito del cosiddetto progetto di ricostruzione dei Balcani, si debba prevedere -


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non è competenza del suo ministero ma sottopongo ugualmente la proposta alla sua attenzione - un intervento pianificato di rilevazione e anche di decontaminazione delle aree interessate dai bombardamenti delle forze alleate. Non attenderei di avere notizie dalla stampa, dai mezzi di informazione o comunque da singoli deputati o cittadini; il Governo dovrebbe prevedere uno screening continuo e molto approfondito su tutta la popolazione militare per verificare non dico giorno per giorno, ma perlomeno mese per mese, l'evoluzione della situazione sanitaria.
Credo che bisognerebbe spiegare al comandante italiano della CFOR che non dovrebbe parlare da scienziato e dare rassicurazioni definitive. Le sue parole che abbiamo letto e conosciuto ci sembrano troppo sbilanciate nell'escludere qualsiasi problema e troppo rassicuranti per poter essere pronunciate da un comandante militare, anche se di alto livello. Questo atteggiamento peraltro contrasta con quello di alcuni alleati che soprattutto per quanto riguarda il personale degli Stati Uniti non si comportano nella stessa maniera.
Farò ora un'ultima considerazione anche in risposta ad un improprio e credo sbagliato appello del collega Ruffino, il quale ha invitato i membri della Commissione a tenere presenti gli interessi nazionali e a non strumentalizzare casi come questo, magari compromettendo questi interessi. Nessuno ha dato il monopolio dell'interpretazione degli interessi nazionali al collega Ruffino; nessuno può essere accusato di fare strumentalizzazioni; nessuno è qui, almeno per quanto mi riguarda, per fare strumentalizzazioni su una vicenda che, al di fuori di ogni appartenenza politica, dovrebbe seriamente preoccupare le coscienze dei singoli parlamentari. Ho intravisto nelle parole del collega Ruffino un certo pregiudizio ed un certo fastidio, quasi che sollevare certi problemi e proporre di fare in modo che non si ripetano fosse una minaccia ad una malintesa interpretazione degli interessi nazionali. Per me difendere gli interessi del mio paese e quelli del continente nel quale vivo vuol dire esattamente proporre questi problemi, una politica di alleanze diversa da quella che accomuna la Casa delle libertà ed il Governo dell'Ulivo ed una politica estera diversa.
Credo che la mia interpretazione - discutibile come le altre - degli interessi nazionali non possa essere messa in discussione.
Signor ministro, un aspetto del suo discorso mi ha profondamente deluso. Ho capito il suo atteggiamento politico nei confronti di questo problema e comprendo che verso di esso il Governo si atteggia come lei ha fatto in questa Commissione riconoscendo l'esistenza non già di un problema ma di un'ipotesi di problema e affrontandolo in modo, secondo me, insufficiente, ma comunque proponendosi di affrontarlo. Vi è però un punto che mi duole moltissimo: per l'ennesima volta lei ci dice che quelli che chiama «i nostri alleati» comunicano a noi delle cose che avrebbero dovuto essere conosciute dal nostro Governo e dalle autorità militari del nostro paese per tempo, in modo tale da essere trattati, all'interno di questa «alleanza», - cito un esponente della destra che ha usato esattamente queste parole in un dibattito parlamentare in aula - da alleati e non «da servi». E questo è l'ennesimo episodio: non dimentichiamo le bombe rilasciate in Adriatico, cosa di cui il Governo italiano non è stato informato in violazione degli accordi e dei meccanismi di informazione interni all'Alleanza atlantica; non dimentichiamo il Cermis e quanto è avvenuto poi, cioè l'assoluzione dei soldati americani che ha rappresentato uno schiaffo al nostro paese, ma forse non una violazione perché probabilmente quei militari erano autorizzati a compiere voli in condizioni di estremo rischio per motivi di addestramento.
Comunque, poiché questo è l'ennesimo episodio di umiliazione, che non appartiene solo a chi si sente alleato di questi signori, ma soprattutto e ancora più fortemente a chi non si sente alleato, penso che non si possa reagire come fece allora


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il ministro Scognamiglio dicendo «con grande fermezza chiederemo informazioni». No, un paese serio che oltretutto mantiene fede a quanto dice di essere nel consesso internazionale e vuole onorale il ruolo che ha assegnato a se stesso, risponde con atti nei confronti di atteggiamenti di questo tipo e non con vacue parole.
Come dicevo, sono profondamente deluso, non per la mia parte politica ma per il paese e, se me lo consente, per il Governo e per la figura di un ministro della difesa, con il quale non condivido moltissime cose, ma del quale ho molta stima personale.

PRESIDENTE. Vorrei sapere dal ministro se il comitato scientifico abbia un termine per riferire.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Non c'è un termine, che però è insito nell'esigenza di sollecitudine dell'accertamento che deve essere fatto.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Di questo caso si parla da molto più tempo di quanto si ricordi perché qualche mese fa ho presentato un'interrogazione della quale si è discusso il 26 settembre 2000. Si tratta di un problema che nell'ultimo anno è stato sollevato più volte ciclicamente in base ad andamenti che non riesco a comprendere compiutamente. Però a me pare che il Governo, e il ministro per esso, si sia posto dinanzi al problema in maniera utile e sollecita e che l'informazione che ci ha dato, e dalla quale sono emersi fatti non ripresi nel corso del dibattito, sia stata esauriente. Abbiamo avuto le notizie dell'ultima ora e quelle che riguardano la Bosnia riferite agli anni 1994-1995 rispetto alle quali per la prima volta sono state chieste informazioni, perché nessuno prima aveva domandato che tipo di materiali venissero utilizzati in quella occasione e se i fatti che si sono verificati potessero ascriversi a quegli episodi. Se è vero, come dice il collega Rizzi, ciò che è accaduto in Iraq, qualcosa di simile sarebbe dovuto succedere in Bosnia e nei territori contermini, perché quando parliamo di uranio e di polveri tossiche non possiamo pensare che rimangano dove sono e quindi non basta ciò che hanno fatto gli americani i quali hanno spostato i soldati di cento chilometri. D'altro canto tutti i Balcani erano interessati dalla vicenda.
Mi è parso che la presa di coscienza del Governo della necessità di chiarire la situazione a noi e alla comunità nazionale sia stata immediata. Non dimentichiamo che in quel territorio ci sono militari di decine di nazioni e che noi siamo lì presenti con 40-50 mila uomini. A questo punto, nel momento in cui sorge un interrogativo, per quanto ipotetico e pazzesco, bisogna riflettere e a me pare che il Governo lo abbia fatto. Ricordo che nel novembre 1999 il Governo ha inviato una nota sui pericoli dell'uranio, un discorso questo che non nasce dal nulla. Non c'è stata ignoranza del problema da parte del Governo e non è che tra le istruzioni che vengono date quando si fanno questo tipo di operazioni non vi fossero quelle relative all'uranio impoverito. Ci sono atti e documenti che lo testimoniano.
Trovo assai interessante la scelta, che il ministro ha sottolineato, che la commissione operi a tutto campo e non solo sull'uranio impoverito.
L'onorevole Rizzi ha citato il dato della tossicità, ma io non ho elementi per esprimermi in proposito. Può essere senz'altro che vi sia una certa tossicità e da questo punto di vista è utile l'azione del Governo che non limita l'intervento a questo piano. Il ministro ha ripetuto più volte nel suo intervento che niente deve restare in ombra.
Ritengo che questo Governo e questa maggioranza siano stati solleciti, tanto più se facciamo un confronto con quelli del 1994-1995 che non si sono posti il problema. Certamente quella era un malgoverno, collega Ascierto, che è stato giudicato dagli italiani che lo hanno mandato a casa. Quando giudicheranno noi e ci manderanno a casa, anche il nostro sarà un malgoverno! Ma intanto possiamo dire che nel 1994-1995 il malgoverno del Polo


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delle libertà e della Lega, mandato a casa dagli italiani, su questo tema su cui oggi grida, ha avuto atteggiamenti e comportamenti ben diversi, tant'è vero che nessuno ne sapeva nulla. La notizia che l'uranio è stato usato nelle vicende 1994-1995, alle quali hanno partecipato i soldati italiani, la acquisiamo solo oggi e su questa vicenda.
Non v'è dubbio quindi che c'è da parte del Governo una forte consapevolezza della necessità di affrontare la situazione.
Non dimentichiamo che all'interno del sistema balcanico hanno operato oltre dieci nazioni e che le comunità locali più di ogni altro subiranno le conseguenze di questi fatti. Però, il presidente Spini ci ha detto di avere avuto occasione ieri di parlare con i colleghi europei e che in nessun paese europeo il problema è stato sollevato.

PRESIDENTE. Abbiamo deciso di rimanere in contatto.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. In base agli elementi di cui disponiamo oggi, possiamo dire che non è sufficiente spostarsi di cento chilometri, per cui gli americani se avessero intravisto pericoli avrebbero richiamato i loro uomini e non si sarebbero limitati a spostarli.
Allora il problema riguarda solo l'Italia e i soldati italiani!
Vogliamo vedere i casi che sono stati qui ricordati e che sono stati riportati dalla stampa. Il Messaggero parla di 18 malati e 7 morti. Da un lato si parla di elicotteristi e dall'altro genericamente di soldati. Lo stesso giornale differenzia il caso di coloro che lavorano in hangar e che probabilmente non ha a che vedere con la Bosnia o con il Kosovo. Dei 13 di cui ha parlato il ministro, uno non è mai stato all'estero, uno è stato in Albania nel 1997 e in Bosnia nel 1998 e all'inizio del 1999. Quindi in questo caso gli effetti sarebbero stati conseguenza degli episodi del 1994-1995. Un altro è stato in Bosnia nel 1998 e nel 1999; poi vi è una persona appartenente alla Croce rossa ed altri due che sono stati in Bosnia. Per un totale di sei persone.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Hanno prestato servizio in Bosnia due persone; uno della Croce rossa è passato con un convoglio per alcuni giorni in Bosnia, ma non vi ha prestato servizio. Altre tre persone hanno prestato servizio in Kosovo. Quindi 5 persone in tutto hanno prestato servizio in Bosnia e Kosovo: 3 in Bosnia e 2 in Kosovo. Tra questi non considero la persona della Croce rossa che è passato attraverso la Bosnia con un convoglio.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Di fronte a questo quadro, se qualcuno ha elementi deve darli: sarebbe ignobile non farlo. Speculare avendo notizie su queste vicende che riguardano i nostri militari ed anche le popolazioni civile sarebbe qualcosa che non esito a definire ignobile. Quindi è giusto che chi ha informazioni le dia. Ho apprezzato il collega Ascierto che ha detto che poi avrebbe indicato i nomi. Vedremo poi se corrispondono a quelli citati dal ministro.
Il dato è questo ed è giusta la preoccupazione che così non sia. Non è escluso infatti che potrebbe essere diverso. Il fatto che siamo stati gli unici a sollevare il problema, mentre il collega Rizzi afferma che in Iraq il 90 per cento della popolazione subisce gli effetti delle vicende militari analoghe a quelle di cui ci occupiamo, evidenzia l'incertezza dei dati.
In questo quadro che si afferma in maniera inequivoca, il comportamento del Governo ci pare assai utile.
Condivido alcune proposte che sono state avanzate, come quelle di non usare l'uranio e di bonificare, che possono essere utili in particolare se ci spingono a fare per i nostri militari che vanno in missione in determinate zone ancora di più di ciò che facciamo, che può non essere sufficiente. Certamente per quello che ci riguarda dobbiamo tentare di fare di più.
Anche noi del partito popolare aspetteremo i risultati del lavoro della commissione e le informazioni che il ministro avrà e che ci riferirà. All'interno di questa logica, credo che sia possibile valutare


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compiutamente, con ragionevolezza e senza emotività e strumentalizzazioni una vicenda preoccupante che richiede ulteriori chiarimenti.

ANTONIO LODDO. Trascurerò tutti i preliminari poiché gran parte delle cose sono già state dette dal punto di vista politico generale e mi limiterò a fare tre rapide osservazioni.
Ho apprezzato la grande prudenza con la quale lei, signor ministro, ha esposto i risultati a cui finora il Ministero della difesa è pervenuto. Questa grande prudenza è ovvia in casi di tale gravità, però è anche vero che vi sono dei fatti - uno in particolare - che non possiamo sottacere. Abbiamo parlato di undici decessi, di cui cinque in Sardegna e tre per morbo di Hodgkin (sempre in Sardegna). Ora, tre casi di morte per morbo di Hodgkin, tutti verificatisi all'interno della brigata Sassari, cioè in una cerchia molto ristretta di persone, rappresentano un fatto statisticamente così rilevante da non poter essere considerato normale.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Mi scusi se la interrompo, onorevole Loddo, ma devo precisare che originari della Sardegna sono 6, però solo 3 della brigata Sassari.

ANTONIO LODDO. Si tratta, quindi, di un fatto così statisticamente rilevante da esigere più di una cautela e più di una indagine. Anche tenendo conto del fatto che i tempi di latenza di questa patologia vanno dai 2 ai 12 anni (per cui sono abbastanza lunghi), appare evidente che i casi finora manifestatisi potrebbero, purtroppo, non essere che la punta di un iceberg le cui connotazioni complessive devono ancora emergere e - ovviamente mi auguro di no - manifestarsi. Dico ciò perché, accanto alla prudenza, occorre ogni possibile celerità. È necessario, cioè, che da parte del ministero sia messa in atto una procedura di una rapidità estrema, perché la commissione scientifica, su cui consento, non deve finire (come purtroppo tante volte è avvenuto nel nostro paese), con il ritardare i tempi di conoscenza degli avvenimenti e, quindi, anche le possibili azioni da intraprendere per venire incontro alle difficoltà che si sono manifestate e alle quali la commissione dovrebbe fornire una risposta. Il primo invito che desidero rivolgerle, pertanto, è di operare affinché sia messa in atto ogni possibile velocizzazione del processo cognitivo, in modo tale che si ottengano, al più presto, risposte serie a questo primo problema.
Voglio poi porle un problema di informazione, signor ministro. Ecco quanto ha detto in un'intervista un soldato tornato dalla Macedonia, dove aveva operato nella primavera del 1999. Gli viene chiesto: «Era informato dei pericoli che correva in zona di guerra?» Risposta: «No, assolutamente no». Altra domanda: «Le hanno distribuito una nota informativa?». Risposta: «No».

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Mi scusi, ma la Macedonia non era zona di guerra, non lo era mai stata. In Macedonia non vi sono mai state zone belliche.

ANTONIO LODDO. Allora, poniamo il problema in termini più generali: appare che non siano state date sufficienti informazioni ai militari che operavano in zone di guerra.
Premesso che, a mio parere, le informazioni devono essere date, magari anche dopo, in modo tale da portare avanti uno screening su tutti i militari che hanno operato in zone di guerra (per poter verificare l'insorgenza di queste patologie senza aspettare che si manifestino e che, quindi, si debba agire a posteriori), sempre in quell'intervista ho trovato un'affermazione che mi ha stupito e deluso molto: «Ho chiesto il riconoscimento della causa di servizio, e ho dovuto trovarmi un appoggio per sperare di avere successo». Dunque, ancora è diffusa una mentalità tale per cui si ritiene necessario arrivare agli alti gradi militari per chiedere ciò che, forse, dovrebbe essere ottenuto ope legis!


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Un terzo aspetto di novità che voglio segnalare riguarda Capo Teulada, a proposito del quale lei ha detto, signor ministro, che è assolutamente da escludere che vi siano permanenze di proiettili di questo genere, che essi siano stati mai utilizzati e quant'altro. Non ho motivo di credere che la realtà sia diversa da quanto lei dice, però si sono verificati alcuni fatti proprio in Sardegna nel poligono di Salto di Quirra: nelle ultime settimane, si è assistito all'intensificarsi di azioni di brillamento di materiale bellico abbastanza straordinarie ed irrituali, nel senso che operazioni che prima avvenivano una volta al mese o poche volte all'anno, si sono registrate tre o quattro volte la settimana e con modalità abbastanza singolari, al punto che - sono voci che corrono tra le popolazioni della zona - il sindaco si sarebbe rifiutato di concedere l'autorizzazione al brillamento di questo materiale nel poligono di Teulada; la gente, comunque non ne sa niente, salvo constatare che vi è una fretta eccessiva nel volere eliminare questi residuati bellici. Tra l'altro, le modalità di brillamento sono molto affrettate, senza scavare fosse dove riporre il materiale per farlo brillare successivamente: anzi, praticamente viene fatto brillare quasi al livello del suolo.
Probabilmente, si tratta di un allarmismo eccessivo e certo non pretendo che lei possa darmi adesso una risposta in merito (pur immaginando che il ministro della difesa possa e debba conoscere tutto, capisco che ciò non è materialmente possibile). È certo, però, che la preoccupazione relativa all'uso di questo materiale esplosivo ed il fatto che esso venga fatto brillare con scadenze molto ravvicinate, stanno alimentando apprensione e paura nelle popolazioni che vivono in queste zone. Anche in proposito, quindi, vorrei da lei una parola di chiarezza definitiva, in modo da eliminare anche il pur minimo sospetto che possa trattarsi di operazioni poco chiare e poco raccomandate o raccomandabili per la salute dei cittadini.
È vero che dobbiamo preoccuparci, anzitutto, dei nostri uomini, dei nostri soldati e degli italiani, ma è anche vero che non possiamo sottrarci all'obbligo (umanitario e morale, prima ancora che politico e civile) di verificare, nelle zone che sono state teatro di guerra, in che misura e con quale incidenza rispetto al passato si siano verificate patologie di questo genere nelle popolazioni. Credo che questa analisi si debba fare in primo luogo per i nostri soldati, in modo da capire che relazione esista tra lo svolgimento di quelle operazioni di guerra e le patologie che in questi giorni si stanno manifestando e stanno insorgendo, ed in secondo luogo per le popolazioni che hanno subito l'urto di questo grave fatto di guerra e nei confronti delle quali un dovere morale, più che politico, ci impone di seguire l'andamento della situazione.

PIETRO GIANNATTASIO. Vorrei riportare la questione su un terreno concreto, naturalmente non criticando chi ha voluto estrapolare significati di politica internazionale. In Commissione difesa ci stiamo occupando di un argomento ben chiaro e preciso, e lo scopo di questa seduta è quello di cercare di tutelare i nostri soldati impegnati in azioni militari.
È noto e chiaro che l'aereo controcarro A10 è armato di un cannone rotante che usa proiettili a base di uranio impoverito, la cui capacità di penetrazione nelle corazze è la più elevata. È scientificamente noto che l'uranio impoverito non provoca radiazioni beta e gamma, ma solamente radiazioni alfa, che attaccano l'organismo non attraverso semplice radiazione nucleare ma solamente con l'ingestione del pulviscolo sollevato dal contatto di questo proiettile con il terreno, con le corazze e così via. È anche scientificamente noto che questo pulviscolo non attenua le sue capacità tossiche, per cui resta sul terreno, e se sollevato dal passaggio di qualsiasi mezzo e ingerito per via orale, mangiando cose su cui si è depositato, praticamente provoca danni. È noto, altresì, che tali danni si manifestano non immediatamente ma, addirittura, nella progenie, cioè anche nei figli di soggetti che hanno respirato questo pulviscolo.


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A questo punto, proprio al fine di poter fornire elementi di maggiore approfondimento, mi rifaccio all'indagine di un certo padre Benjamin, il quale ha raccolto moltissimi dati (sia dalle truppe che hanno operato nel Golfo, sia dalle dichiarazioni di ufficiali del Pentagono) che sono stati presentati in due trasmissioni televisive. Proporrei alla Commissione un'audizione informale di padre Benjamin, in quanto, essendo particolarmente ricco di documentazione, di dichiarazioni di ufficiali del Pentagono e di persone che hanno subito i danni di cui ci occupiamo, forse potremmo anche agevolare il lavoro della commissione istituita dal ministro Mattarella.
È indubbio che qualcosa c'è, altrimenti i militari che hanno operato nel Golfo non avrebbero avuto, anche a distanza di molto tempo, determinate degenerazioni sul proprio corpo e su quello dei propri figli. Ripeto: è stata messa a disposizione una grande quantità di materiale già presentata all'opinione pubblica italiana attraverso due trasmissioni del TG3 (il giornalista - non ricordo se fosse Purgatorio - invitò anche me a parlare di questi argomenti), per cui ripeto che sarebbe utile anche ai fini dell'indagine che sta approfondendo il ministro Mattarella.
Che altro posso dire? Se questa è la verità, ministro Mattarella, i nostri soldati dovrebbero vivere tutto il giorno con la maschera antigas per non respirare questo pulviscolo, ma ciò sarebbe assurdo, oltre che impossibile. Se questo fosse vero, infatti, l'unico modo per difendersi sarebbe quello di non ingerire tale pulviscolo, che resta sul terreno e che può essere sollevato sia dal rotore di un elicottero, sia dalle ruote di un autocarro che passa nella zona dove sono stati impiegati i proiettili degli aerei A10: ho sentito dire che la NATO ci darà la mappatura delle zone dove essi sono stati impiegati, per cui sarà facile individuare quelle che possono, ancora oggi, essere contaminate e confrontarle con quelle dove sono schierate le nostre truppe. Questo elemento di confronto potrà tranquillizzarci o indurci a prendere dei provvedimenti.
Finora nessuna nazione si è occupata dei casi che si sono verificati? Sembrerebbe di no, perché un membro dell'ambasciata spagnola è venuto a chiederci che cosa stiamo cercando di fare, visto che anche la Spagna ha militari in quella zona. Devo anche dire, come peraltro ha sottolineato il ministro, che ci siamo trovati non solo in Kosovo ma anche in Bosnia, attorno a Sarajevo, dove sono stati impiegati questi proiettili. Non so se le reazioni possano essere immediate o no, perché non sono un medico, per cui non posso dire se emerge subito il sintomo della malattia derivante dall'ingerimento di questo pulviscolo. Ciò lo potrà dire gente più preparata di me sull'argomento o la commissione appositamente istituita. Certo è che vi sono determinati organismi che reagiscono prima e meglio, certo è che vi sono diagnosi giuste e altre sbagliate. A titolo di esempio posso dirvi che a 18 anni fui giudicato affetto da linfogranulomatosi di Hodgkin: grazie a Dio, era una diagnosi sbagliata, visto che sono ancora qui! Ben venga, quindi, qualsiasi tipo di approfondimento.
Invito quindi il presidente della Commissione ed il ministro Mattarella ad acquisire tutto il materiale che padre Benjamin ha raccolto su tutto ciò che è avvenuto nel Golfo e che sta ancora raccogliendo per quello che può avvenire o è avvenuto nei Balcani.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giannattasio. Avanzerò poi proposte in questo senso.
Avendo tutti i rappresentanti dei gruppi svolto i loro interventi, do la parola all'onorevole Dedoni.

ANTONINA DEDONI. Svolgerò brevi considerazioni, anche perché mi riconosco in molte delle cose che sono state dette. Come hanno già fatto altri colleghi, anzitutto voglio anch'io ringraziare il ministro per avere sollecitamente accettato il nostro invito. Desidero anche esprimergli il


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mio apprezzamento per la sua chiarezza, per il rigore delle sue parole, nonché per averci esposto i fatti con un atteggiamento improntato non alla certezza ma al dubbio. Quindi, mentre alcune sue parole sono state per me tranquillizzanti, altre mi hanno suscitato interrogativi. Il primo, per esempio, riguarda Capo Teulada, a proposito del quale nella risposta del ministro vi era un elemento che doveva tranquillizzare. Adesso, invece, mi associo alla richiesta avanzata dall'onorevole Loddo affinché si facciano ulteriori verifiche per sgombrare il campo da ogni sospetto. In proposito, anche il mio gruppo ha presentato un'interrogazione, a cui è stata data risposta nel settembre 1999; lo ricordo per dire che non è che vi siano forze politiche sensibili ed altre meno. In quell'atto ispettivo, presentato a seguito del decesso del militare Salvatore Vacca, si ipotizzava un nesso di casualità tra la malattia e la morte del giovane e l'uso dell'uranio impoverito. In quell'occasione, la risposta del Ministero della difesa era stata l'esclusione di ogni possibile nesso di casualità tra la malattia diagnosticata al giovane e l'uso di munizionamento all'uranio in Bosnia, dove era stato Salvatore Vacca. Oggi abbiamo un elemento nuovo perché, stando alle dichiarazioni del ministro Mattarella ed alle ultime notizie, mi sembra che ciò non venga invece escluso. Anche per queste parole di verità , quindi, esprimo apprezzamento.
Restavano dubbi, invece, per l'Iraq e per il Kosovo. Oggi, a un anno dalla risposta a quell'interrogazione, abbiamo un quadro molto più problematico e drammatico, al di là del numero dei casi, alcuni dei quali, come è stato ricordato, riguardano militari sardi. Come ha già fatto il collega Loddo, quindi, chiedo anch'io che venga prestata una particolare considerazione al riguardo perché, rispetto ai dieci casi registrati, i cinque verificatisi in Sardegna credo che debbano richiedere un'attenzione particolare proprio per la provenienza dalla stessa regione.
Rispetto al quadro di oggi, molto più preoccupante, anch'io non ho elementi per poter mettere in dubbio le parole dette dal ministro, cioè che a tutt'oggi non vi sono elementi medico-scientifici tali da farci dire che le malattie diagnosticate a questi militari siano legate alla loro partecipazione in operazioni dove sarebbe stato adoperato materiale contenente uranio impoverito. Ciò anche se sono stati poi ricordati gli studi fatti tra i veterani in USA, gli studi inglesi, l'allarme in Francia, eccetera. Apprezzo il fatto che da parte del Ministero e del ministro nulla sarà sottovalutato e che saranno fatte tutte le verifiche, anche tramite la costituzione di una commissione scientifica. Al riguardo, però, mi unisco anch'io alla richiesta del presidente Spini, nel senso che i lavori di quella commissione scientifica devono avere un termine per accertare il nesso tra la presenza dei militari in quei territori, le malattie che si sono sviluppate e l'uso dell'uranio impoverito.
Nell'interrogazione che ho prima ricordato, vi era un impegno che anche oggi è stato richiamato: che, al fine di tutelare tutti i nostri militari - in quel caso impiegati in Kosovo, ma come adesso abbiamo visto anche in Bosnia - sarebbero state predisposte e dislocate unità di difesa nucleare, biologica e chimica. Credo che la prima cosa da fare sia quella di divulgare i dati di questa indagine. Le chiedo ancora, signor ministro, se siano state poste in essere dai comandi militari tutte le condizioni di sicurezza sia per i militari impegnati in queste operazioni, sia per tutta la popolazione civile ivi residente.
Vi è poi un altro aspetto che voglio sottolineare, più volte ripreso da vari articoli di stampa e nelle interviste rilasciate dai militari: le autorità militari hanno posto in essere interventi di prevenzione e cura delle malattie contratte? Ciò è stato fatto in modo adeguato e tempestivo? Oltre al dramma che questi militari e le loro famiglie vivono, fa male sentire affermazioni come questa: «Da quando mi sono ammalato, nessuno si è occupato di me».


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Ritengo anche importante che vengano predisposte tutte le condizioni per far sì che tutti quelli che hanno partecipato a queste operazioni e coloro che vi sono tuttora impegnati o che sceglieranno di farlo possano sottoporsi ad un check-up. Penso che a questi militari e alle loro famiglia debbano essere date risposte tempestive sia per la loro sicurezza, sia per la loro salute e per il loro futuro. Credo che questo elemento di tranquillità debba essere dato. Ritengo che questi militari meritino risposte nel momento in cui mettono a repentaglio le loro vite per assolvere a un compito elevato sia per la nazione, sia per la pace.
Ribadisco la fiducia al Governo e al ministro Mattarella, perché sono certa che non sarà assolutamente sottovalutato nulla. Sollecito però l'impegno del Governo italiano affinché favorisca tutti gli accertamenti sui rischi dell'impiego dell'uranio impoverito. Chiedo anche che tale impegno sia fatto valere con gli altri paesi dell'Unione europea e della NATO e che si definiscano regole e convenzioni internazionali che impediscano e limitino l'uso di armi inumane, come le mine antipersone. Si deve puntare ad un'interpretazione estensiva del concetto di armi inumane.
Ringraziandola ancora, signor ministro, credo che l'audizione di oggi debba rappresentare un momento d'impegno per un'attenzione costante e continua al dramma che sta colpendo non solo i militari impegnati in quelle zone ma anche le popolazioni che là vivono. Mi auguro che ci siano risposte in grado di assicurare chi è coinvolto.

MARIO GATTO. La ringrazio, signor ministro, perché, anche se in modo parziale, ho ascoltato una relazione che posso definire dettagliata, completa, esauriente e senza veli. Poiché dall'intervento di qualche collega è emersa la volontà di ricercare responsabilità, ritengo che in questo momento più che ricercare i siti inquinati che esistono in Bosnia e in Kosovo si debba completare la mappatura dei siti al fine di attuarne la bonifica. Ciò per difendere la salute sia dei civili serbi ed albanesi, sia dei militari italiani, inglesi e di quanti altri oggi vivono in quelle zone. Dalla relazione, oggi è emersa una grossa verità, cioè che in Bosnia e in Kosovo esistono siti a base di uranio impoverito. Abbiamo avuto la certezza che migliaia e migliaia di proiettili all'uranio impoverito sono state esplose sia in Bosnia sia, soprattutto, in Kosovo. E quando nel giugno del 1999 i nostri soldati sono entrati in questa regione non sapevano né che vi era del materiale radioattivo, né dove era localizzato, per cui è un po' merito dell'esercito italiano l'aver cominciato, attraverso l'unità nucleare, batteriologica e chimica (NBC), a bonificare quel territorio, anche se andando un poco alla cieca. Infatti, solo dopo il 7 febbraio 2000, quando l'ONU ci informò esattamente circa l'ubicazione dei siti inquinati, come forze armate ci siamo attivati e abbiamo inviato in quella zona il cosiddetto reparto CISAM che, oltre ad interessarsi di questi siti, ha anche esperito indagini sull'inquinamento elettromagnetico rilevato in quella zona. Sono stati bonificati 500 siti e reperiti 800 grammi di uranio radioattivo impoverito, che sono stati immessi in contenitori di piombo e depositati là dove dovevano essere depositati (non so dove, ma penso in zone sicure) .
Ho apprezzato molto il fatto che sia stata attivata una commissione scientifica con un professore di alta fama, qual è Mandelli, per accertare scientificamente, in modo esatto, la verità. Il fatto che il contatto con l'uranio impoverito provochi una depressione del sistema immunitario è stato molto egregiamente esposto prima dal collega Leccese (condivido tutte le cose che ha detto). Il sistema immunitario è colpito pesantemente dalle radiazioni dell'uranio, e su questo la commissione Mandelli dovrebbe un può approfondire le indagini, a mio avviso, perché vi è un alto tasso di leucemie acute, di tipo linfoplastico in soldati sardi. Che relazione possa esserci tra la microcitemia sarda e la linfocitosi non sta a me dirlo, però potrebbe essere una strada da percorrere. Ma quando si parla di tumori di Hodgkin o di altro tipo per porli in relazione alle


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radiazioni dell'uranio, sarei un poco più cauto .Non pensiamo, cioè, che tutto possa derivare da quello. Esistono delle statistiche, per quanto riguarda le patologie di questo genere, che sicuramente non hanno tale origine. Oggi che il patrimonio genetico umano è stato identificato e che sempre più si sostiene che le patologie tumorali vengano da un'iperattivazione dei 98 geni che sono all'interno delle cellule e che si risvegliano in virtù di meccanismi attivanti, esiterei a lanciarmi in certi tipi di affermazioni e a generalizzare tutto.
Devo dire, però, che concordo pienamente con le affermazioni dell'onorevole Mantovani. Egli ha fatto riferimento all'Iraq ed alla sindrome del Golfo, dove la NATO ha avuto le sue responsabilità, perché ospitare nel proprio territorio migliaia di uomini con il sistema immunitario depresso, con forme leucemiche, con patologie varie, anche di ordine psicologico e continuare ad usare i proiettili all'uranio radioattivo, a me sa proprio di globalizzazione intesa come regionalizzazione, come interesse del nord del pianeta per un certo tipo di economia, pensando al resto del mondo come a qualcosa da buttare da un'altra parte.
Lungi da me questi ragionamenti, anche perché intendo dare consigli tecnico-pratici. Sarebbe opportuno sottoporre a screening non solo i nostri militari ma anche la popolazione. E qui mi ricollego al discorso sulla sanità militare al seguito delle forze di intervento rapido sul territorio che deve attivarsi rapidamente e completamente a beneficio delle popolazioni locali. Bisogna altresì continuare il risanamento, non con il giubbotto antiproiettile, collega Ascierto, ma con attrezzature all'altezza della situazione.
Signor ministro, altri aspetti vanno valutati approfonditamente, come per esempio l'alimentazione dei militari, ai quali dare vitamine non derivate da farmaci, ma da alimenti freschi come la frutta e la verdura ricca di antiossidanti e anticancerogeni; lo dico perché muoversi in tal modo in zone in cui non si sa se esista o meno uranio radioattivo costituisce un preventivo a basso costo per certe patologie. Ancora: quattro mesi di permanenza in quella zona potrebbero essere eccessivi, il dimezzamento del periodo concorrerebbe secondo me a diminuire la capacità di penetrazione di certe malattie leucemiche. La ringrazio.

SIMONE GNAGA. Sono pienamente d'accordo con l'intervento del collega Gatto, specie con riferimento alla prevenzione attraverso una turnazione più breve degli uomini.
Nell'apprezzare il contenuto della sua relazione, signor ministro, vorrei esternare i dubbi relativi ai tempi; c'è una partecipazione ampia e qualificata di commissari alla seduta odierna, ma è da tempo che molti esponenti di varie parti politiche sottolineano questi problemi che, forse, potevano essere trattati parecchi mesi fa; dunque la commissione scientifica poteva essere istituita prima del il 19 dicembre 2000. Questo a tutela e garanzia dei militari dispiegati nelle zone di conflitto.
Fermo restando che la mia posizione è diversa, sono d'accordo anche con il collega Mantovani in relazione al rammarico da lei manifestato, signor ministro, per aver appreso queste cose a seguito di una richiesta, ma domando: il rammarico come si concretizza? Le notizie potevano essere date prima dell'invio dei militari italiani, alla luce dei continui solleciti da parte delle diverse forze politiche, ivi compresa la pressione esercitata che non è di carattere strumentale, onorevole Ruffino. Purtroppo viviamo in un sistema in cui c'è voluta una trasmissione televisiva per informare l'opinione pubblica di una vicenda che coinvolge le famiglie italiane. Non ci sono soltanto i militari presenti nei Balcani, ma anche i volontari per cui non capisco come mai vengano definite strumentali certe posizioni. Oggi l'opinione pubblica è informata perché una trasmissione televisiva ha dato una certa notizia o, per lo meno, ha messo in risalto una vicenda personale molto tragica.
Nessuno può arrogarsi il diritto di essere l'unico rappresentante della comunità nazionale, le posizioni sono differenti


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le une dalle altre, ma tutte rispettabili e dignitose. È stato fatto il nome di una persona che frequenterebbe un partito politico ed è in contatto con qualche politico, ma non c'è nulla di male in tutto ciò! Anzi, ben vengano azioni del genere se contribuiscono ad informare l'opinione pubblica. Lei, signor ministro, ha affermato che nel 1995 non si sapeva della presenza dell'uranio impoverito, mentre secondo alcuni dati il Ministero della difesa ne era informato. Tra l'altro, risulta che nel 1994 e nel 1995 in determinate zone della Bosnia sarebbero stati sparati 10.800 proiettili: queste notizie non erano giunte al Ministero della difesa? Credo che lei abbia detto che non le risultavano elementi di tal genere.

PIETRO GIANNATTASIO. Gli A10, dotati di quell'armamento, partivano dalle nostre basi signor ministro! Non mi pare che quei velivoli si dedicassero ai voli turistici!

SIMONE GNAGA. L'onorevole Mantovani vuole chiarezza perché non è d'accordo con quel tipo di alleanza: io ribalto la frase e dico che voglio chiarezza perché sono d'accordo con quell'alleanza!
Signor ministro, la politica estera di difesa è importante ad ogni livello, però se effettivamente gli Stati Uniti ritireranno gradualmente o saranno meno presenti sul territorio europeo, occorrerà procedere rapidamente alla costituzione di uno strumento di difesa europea capace dal punto di vista decisionale ed organizzativo. Dunque, il rammarico manifestato dal Governo, in questo caso da lei signor ministro, si deve concretizzare in qualcosa per fare chiarezza anche sui futuri interventi.
Concludo con il richiamo ad un ulteriore problema riguardante le famiglie sia dei militari ancora in servizio in quelle zone, sia di quelli congedati. Il Ministero della difesa ha previsto degli indennizzi per le cure sanitarie, che mi risulta essere costose, oltre che per le visite preventive?
Alleanza nazionale non intende strumentalizzare questa operazione: sarà sufficiente leggere il resoconto stenografico degli interventi dei colleghi Romano Carratelli e Ruffino per capire chi invece vuole farlo.

EDOUARD BALLAMAN. Grazie, signor ministro, per essere presente, anche se purtroppo debbo sottolineare che poche sono le novità e le certezze contenute nella sua relazione, per chi ha studiato con attenzione l'intera vicenda. L'onorevole Gatto ha dichiarato che sono stati recuperati 800 grammi di uranio impoverito: sono felice, ma mancano ancora 15 tonnellate!

MARIO GATTO. Non confondiamo i proiettili con l'uranio!

EDOUARD BALLAMAN. Si è trattato di 800 proiettili? (Commenti del deputato Gatto). Sta dicendo una cosa inesatta, solo in Iraq sono state buttate 300 tonnellate di uranio impoverito!

MARIO GATTO. Di bombe.

EDOUARD BALLAMAN. No, non di bombe, ma di uranio impoverito.
Mi scuso se alcuni interventi della Lega hanno fatto riferimento molto ai militari e poco ai civili, i cui problemi sono ancor più gravosi e meriteranno una profonda attenzione in altre sedi.
Il ministro Mattarella ha dichiarato che a Capo Teulada non sono stati utilizzati proiettili ad uranio impoverito, il che da un lato ci fa piacere, dall'altro ci preoccupa perché si è riferito solo a quel poligono non ad altri.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Ho parlato di Capo Teulada, perché di quello si è parlato sulla stampa.

EDOUARD BALLAMAN. In una interrogazione forse troppo recente mi sono riferito al fatto che nel poligono Dandolo di Magnago gli A10, prima degli attacchi nel Kuwait, si sono esercitati pesantemente, per cui c'è da supporre che utilizzando armamenti da guerra abbiano


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usato anche proiettili ad uranio impoverito. Ma a questa nostra gravissima preoccupazione non è stata data risposta. Purtroppo anche lei si deve basare sulle informazioni che le passano, però ha sicuramente avuto una grave colpa - e spero che saranno accertate le responsabilità di chi le ha passato queste informazioni - nel senso che sul caso Vacca per mesi e poi, successivamente, sul caso Antonacci, lei ha escluso la possibilità di una malattia a causa dell'uranio impoverito perché tali soldati avevano operato in Bosnia, zona per la quale si escludeva che si fosse utilizzato uranio impoverito. Purtroppo l'utilizzo di proiettili all'uranio in questa area c'è stato ed anche lei ha dovuto ricredersi; speriamo non debba ricredersi anche su Capo Teulada.
La pregherei anche di non parlare di tempestività nell'informare i nostri militari, che sono stati avvisati il 22 novembre del 1999, quando erano lì già da un pezzo e quando gli americani conoscono già dal 1993 gli atteggiamenti da tenere di fronte a problemi di uranio impoverito. Sono anche preoccupato per una reticenza; ho visto solo rapidamente, quando lei lo ha sollevato, quel foglio da cui si evincerebbe un'ammissione da parte della Nato dell'utilizzo di 10.800 proiettili. Lei capisce che c'è una profonda differenza tra un proiettile PGU14 da 300 grammi di uranio impoverito e il missile Tomawak WDU, armato con 700 libbre, cioè oltre 300 chili, di uranio impoverito; su Internet, in un documento recuperato dal sito della marina, si può scoprire che dal 29 agosto al 14 settembre 1995 ben 13 di questi missili sono stati lanciati

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Sul sito della marina è scritto che erano stati utilizzati a missili Tomawak a testata di titanio, quindi la notizia va verificata.

EDOUARD BALLAMAN. Ne sarei lieto: il peso specifico è lo stesso, il potere di penetrazione è lo stesso, ma il titanio costa molto più dell'uranio.
Leggeremo più attentamente i resoconti dell'UNEP, ma da quanto sono venuto a sapere risulterebbe che nei crateri è stato trovato molto poco uranio; non vorrei che questa venisse presa come una buona notizia perché, quando in un cratere viene trovato pochissimo uranio, ciò significa che questa presenza è stata provocata da un proiettile ad uranio ma che si è verificato l'effetto aerosol, cioè l'uranio si è vaporizzato, e questo è tremendo.
Vorrei inoltre che, per chiarezza, non si giocasse più sul problema della radioattività, è quasi inesistente: il problema non sono i pochi raggi gamma o qualche residuo di radioattività per qualche particella di plutonio rimasta all'interno dell'uranio impoverito, il problema è la tossicità; ed è inutile inviare uomini con i contatori geiger, perché questi non servono assolutamente a niente.
Prendo atto di un cambiamento di atteggiamento che considero positivo, poiché il ministro per la prima volta ci ha dato un dato aggregato relativo ai malati, mentre finora abbiamo ricevuto solo notizie sparse; questo però è accaduto per un errore, a mio avviso gravissimo, da parte di chi aveva il compito di fornire le indicazioni. Chiedo che al ritorno dei nostri militari vengano effettuate soprattutto analisi specifiche relative a emocromo con formula leucocitaria, VES, glicemia, azotemia, creatinemia, spermiogramma, analisi che venivano consigliate ai militari, quasi di nascosto ed a proprie spese. Questo comporta una doppia vergogna. In primo luogo sembra impossibile che lo Stato non si faccia carico di questa situazione; la seconda vergogna è che se un militare scopre di avere la leucemia è normale che pensi più alla sfortuna che non ad una causa di servizio. Ora però per la prima volta disponiamo di dati aggregati e possiamo finalmente ricostruire il fenomeno; va bene anche la commissione scientifica, ma sono questi esami che possono fornirci una mappa della pericolosità dei luoghi. Oltre ai risarcimenti per le famiglie, che sono sacrosanti, al sostegno nei casi di malattie già conclamate, bisogna effettuare visite approfondite a tutti i militari che sono


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stati in quei luoghi, anche perché le patologie a cui si fa riferimento sono poche.
Vi è poi un altro problema gravissimo: l'Italia si comporta in maniera a mio avviso meravigliosa non adottando questo tipo di armamenti, ma non fa il suo dovere fino in fondo se non cerca di imporre questa linea politica a tutti; oggi l'uranio impoverito è proprietà conclamata degli statunitensi, dei francesi, di pakistani, degli indiani e degli inglesi, non vorrei che tra poco questi armamenti arrivassero anche alle mafie russe o cose del genere, perciò è importante una presa di posizione del Governo su questi argomenti.
Da ultimo credo che almeno le forniture di mascherine possano essere utili soprattutto se ci si muove in determinate aree. È una fortuna che in inverno, con la temperatura bassa, la volatilità delle polveri è ridotta, ma in primavera il rischio è più elevato, quindi dovremmo essere più preparati e dovremmo cominciare a pensare anche alle popolazioni civili.

GIUSEPPE ALEFFI. Signor ministro, sono stato molto attento alla sua relazione e ho ascoltato anche gli interventi dei colleghi, che sono condivisibili per diversi aspetti; ciò significa che questo è uno di quegli argomenti che non possono essere colorati a seconda dell'appartenenza politica poiché c'è di mezzo l'incolumità dei nostri soldati, delle popolazioni e di tutti coloro che stanno operando in queste aree. Siamo in una situazione di grande tensione che crescerà ancora domani, quando i giornali forniranno il resoconto di quanto è emerso oggi; pensate a quale sarà l'atmosfera nelle truppe che operano nelle aree di cui stiamo parlando e quale sarà la pressione emotiva che le famiglie eserciteranno sui propri figli impiegati in queste aree a rischio.
Mi ha colpito il sostegno quasi assoluto espresso nei confronti della sua relazione dal collega Romano Carratelli, il quale ha detto che ci eravamo mossi già da tempo per prevenire queste situazioni; egli ha ricordato, esibendola, la nota inviata a suo tempo circa l'esigenza di non usare questo tipo di munizionamento a rischio; ritengo che questa, caso mai, costituisca un'aggravante per quello che è successo dopo, non certo una giustificazione. Ritengo altresì che si sarebbe dovuto fissare un termine per la commissione scientifica, che comunque avrebbe dovuto essere nominata, altrimenti non si favorisce la trasparenza della sua attività e non vi sono garanzie per nessuno che le cose non continueranno ad andare allo stesso modo, perché intanto il tempo passa ed il momento elettorale può magari consentire di non affrontare adeguatamente questi problemi.
La tecnologia è così avanzata da mandare l'uomo sulla luna e la scienza medica legge il patrimonio genetico dell'uomo. A questo punto dire se queste aree sono a rischio, in che misura, che cosa c'è che può far male alla salute dell'uomo deve essere fatto in tempi minimi. Bisognerebbe dare un termine alla commissione scientifica, per non lasciare per troppo tempo gli interessati e tutti noi nell'incertezza su ciò che può avvenire.
Qualcuno dice che non è giunta alcuna comunicazione dalle altre nazioni o dalle strutture degli alleati e che non è stata fatta alcuna segnalazione. Questo non mi consola, né mi gratifica sotto il profilo della tranquillità. Se scientificamente questo munizionamento crea problemi di inquinamento, mi pongo il problema del danno alle persone in termini molto concreti e forti.
Signor ministro, sono stato, con la Commissione difesa dell'UEO, a Tampa in Florida, dove gli americani hanno il comando centrale delle operazioni che si svolgono nel mondo con la partecipazione USA e dove, in tempo reale, si ha il quadro esatto di ciò che succede nel mondo. Per quanto riguarda ciò che è stato fatto vedere e le indicazioni che sono state date, c'è da rimanere ammirati dalla tecnologia che è di grandissimo livello. Io personalmente, però, devo dirle che sono rimasto un pochino perplesso perché rispetto ad alcune domande poste ho potuto notare esattamente un sorta di cinismo


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con il quale queste operazioni di guerra vengono svolte e portate avanti; un cinismo ricordato poco fa in riferimento alle operazioni in Iraq dove, a distanza di diversi anni, viene fuori che i militari mandati con le truppe di terra a fare l'ultima parte di quella guerra operavano in un ambiente fortemente inquinato, tanto che vi sono state denunce di casi di cancro e di morti. Il fatto che gli americani non ci abbiano detto nulla può muovere persone responsabili, come tutti loro del Governo sono, ad un semplice rammarico, per averci detto solo oggi che è stato usato questo munizionamento? Non dico che si debbano distruggere le alleanze internazionali - non ci penso neanche lontanamente -, ma sarebbe opportuna un'iniziativa più forte a livello governativo per denunciare il disagio, perlomeno la mancanza di sensibilità nei confronti della circolare citata dall'onorevole Romano Carratelli sull'uso di questo munizionamento.
Mi scuserà poi se sollecito l'indagine citata dagli onorevoli Dedoni e Loddo per quanto riguarda i militari della Sardegna colpiti da forme leucemiche. Può darsi che vi sia una correlazione con quella microcitemia caratteristica della nostra terra (a questo punto l'indagine deve andare un po' indietro per vedere se ci siano fatti di questo genere), ma credo sia opportuno che la regione venga quantomeno informata se non tranquillizzata sul fatto che quanto è stato denunciato oggi possa essere casuale e non causato da determinati comportamenti che non si possono certamente condividere.

PIERO RUZZANTE. Ringrazio il ministro Mattarella e i colleghi per il dibattito che mi è sembrato molto pacato e serio.
Vorrei fare subito una precisazione rispetto all'intervento del collega Ruffino e alle considerazioni dei colleghi Mantovani e Gnaga. Il riferimento di Ruffino era specifico e riguardava la questione degli elicotteristi - non ha parlato in termini generici di rischio di strumentalità - e in particolare notizie di stampa firmate e controfirmate in cui si ipotizzavano 12 casi, 4 dei quali di decesso. Come abbiamo sentito dalle parole del ministro, stando alle notizie finora verificate, vi è il caso di un sottufficiale di Pisa, tra l'altro mai stato all'estero; ritengo che la correttezza e il rischio di un strumentalità rispetto a presentare dei dati fosse solo ed esclusivamente legato a questo dato. Lo dico perché anche rispetto ai dati che ci sono stati presentati oggi, sarebbe come se domani i giornali riferissero di 11 casi di decessi, quando in realtà abbiamo capito che solo 5 di questi sono stati impegnati in missioni all'estero.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Gli 11 casi non riguardano decessi, che sono 3; gli altri sono malati o in osservazione o addirittura in servizio.

PIERO RUZZANTE. Da questo punto di vista deve esserci un'estrema cautela nel trattare dati che possono generare un strumentalità o una preoccupazione.
L'eccesso di sottovalutazione di cui ha parlato l'onorevole Ruffino era riferito ad un caso specifico.
È evidente che il nostro gruppo richiede - come ha già fatto con diverse interrogazioni parlamentari presentate nel corso di vari mesi non solo in questa Commissione - di andare fino in fondo, di non coprire alcuna responsabilità, anche se questa fosse a livello internazionale, perché quando si parla di salute bisogna avere la capacità di dare certezza e anche scientificità all'informazione. Per questo riteniamo che sia positiva l'istituzione della commissione scientifica di alto livello decisa dal ministro.
Vorrei però sottolineare un aspetto, che è stato il punto conclusivo dell'intervento del ministro, relativo alla situazione balcanica. Ritengo molto gravi le parole del capogruppo della lega nord, onorevole Rizzi, esponente della Casa delle libertà che parla delle missioni di pace all'estero come di roba da ridere. Trovo che questo sia decisamente offensivo nei confronti delle migliaia di italiani impegnati in questo momento, cioè in un periodo di festività natalizie, nelle missioni di pace


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all'estero. Un invito al ritiro ai militari italiani impegnati nell'area balcanica, in una fase come questa - non serve che lo ricordi - nella quale in Kosovo, ad esempio, vi è una situazione difficile nei rapporti con l'UCK, trovo che sia irresponsabile come lo è stato ieri votare contro i finanziamenti che hanno consentito la realizzazione delle missioni di pace all'estero e la lega ha votato contro; ritengo che sia irresponsabile, in una fase come questa...Tu, Mantovani, non fai parte della maggioranza.

RAMON MANTOVANI. Ma la lega sì.

PRESIDENTE. Diciamo che non fa parte della Casa delle libertà.

PIERO RUZZANTE. Trovo che sia irresponsabile in una fase come questa chiedere il ritiro delle nostre truppe dall'area balcanica. Questo, sì, potrebbe generare una situazione di difficoltà estrema per l'Italia e per l'intera area balcanica.
Quindi, pur richiedendo al ministro di andare fino in fondo rispetto alla vicenda che riguarda la salute dei nostri militari, ma anche delle popolazioni residenti in Kosovo e in Bosnia, ritengo che la questione sia delicata e vada affrontata con attenzione e con senso di responsabilità da parte dei rappresentanti di tutte le forze politiche.
Credo che alcune cose importanti siano emerse oggi: innanzitutto che l'Italia non ha mai fatto uso e non dispone di proiettili di quel tipo; questo è un elemento di certezza che va sottolineato (poi dirò qualcosa sull'uso di tali munizioni da parte delle forze della NATO). Il secondo dato importante - sul quale invito ad evitare forme di strumentalità - riguarda l'uso di questi proiettili nell'area di Sarajevo, che, come abbiamo potuto verificare dalla relazione del ministro, parte dal 5 agosto 1994, al 22 settembre 1994 per proseguire nel periodo successivo, tra il 29 agosto e il 14 settembre del 1995. Lo dico al collega Rizzi, che è stato l'unico a usare parole decisamente pesanti, a differenza del collega Ballaman del cui intervento posso aver compreso il senso.
Non so quali responsabilità si possano avere per atti decisi e programmati altrove e non di certo all'interno di questo Parlamento e del Governo italiano. So per certo che se c'è una responsabilità di chi governa oggi, nel periodo tra il 1994 e il 1995 una sola forza politica ha governato l'Italia, sia nella prima fase che nella seconda, e cioè la lega nord. Allora invito l'onorevole Rizzi, quando parla di responsabilità, ad assumere le proprie, visto che il tema è così delicato da non meritare parole di quel genere all'interno di questa Commissione. Devo riconoscere che gli altri colleghi sono intervenuti con senso di responsabilità. Credo che nessuno voglia giocare su parole pesanti come «responsabilità» o «incoscienza».
Resta un punto che più volte abbiamo affrontato in questa Commissione, signor ministro, e che riguarda i rapporti con la NATO. Abbiamo avuto modo di affrontare il problema dei missili gettati in Adriatico all'insaputa o dei quali il nostro Governo ha avuto conoscenza in ritardo, da parte degli aerei militari che hanno bombardato il Kosovo. Da questo punto di vista, ritengo che sia necessario e fondamentale da parte dell'Italia nei suoi rapporti con gli alleati ristabilire un grado di conoscenza, di rapporto corretto rispetto a quello che la NATO fa soprattutto nell'ambito dei confini dell'Europa e nei confronti di un paese alleato che ospita le basi dalle quali partono gli aerei.
Per quanto riguarda la commissione scientifica, mi unisco ai colleghi Loddo, Dedoni e Aleffi che hanno sollecitato tempi rapidi, che comunque non devono andare a discapito della qualità, poiché si tratta di una commissione che deve avere la possibilità di effettuare verifiche nel territorio anche di tipo epidemiologico.
Da questo punto di vista, ci associamo a quanti hanno sottolineato la necessità di tempi certi e rapidi per i lavori della commissione scientifica, affinché possa dare un'informativa molto precisa a chi ha chiesto verifiche sanitarie nei confronti dei militari.


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Ho seguito a suo tempo tutta la storia delle lavorazioni dell'amianto e so che molte ed autorevoli riviste mediche già dal 1966 ne riconoscevano la pericolosità. C'è da augurarsi, tuttavia, a proposito di questa specifica vicenda, che le malattie e i decessi non siano collegati o collegabili ai proiettili ad uranio impoverito. Al riguardo ribadisco, però, che è necessario effettuare verifiche sanitarie nei confronti dei militari, anche perché consentirebbero di poter intervenire nel caso in cui si accertasse l'esistenza di una malattia.
Voglio altresì evidenziare la necessità di estendere la prevenzione anche nei confronti delle popolazioni residenti. Guai a noi, infatti, se essa fosse solo ad esclusivo beneficio dei militari italiani impegnati in quelle zone di guerra, perché il rischio delle popolazioni che là vivono è sicuramente superiore rispetto a quello dei soldati nostri e di altri paesi europei. Per senso di responsabilità, quindi, dovranno essere interessate anche le popolazioni residenti.
Il nostro Parlamento si è contraddistinto per una serie di leggi fondamentali, come quella approvata ieri dal Senato sull'impiego dei minori nelle forze armate. Considerato che si calcolano in 300 mila i bambini impegnati nelle guerre, è fondamentale che in sede ONU l'Italia chieda che ci si opponga all'impiego di militari bambini nelle guerre, in eserciti regolari od irregolari. Abbiamo approvato una legge importantissima sull'abolizione e la rimozione delle mine antipersona che, oltre a rivelarsi uno strumento inadeguato dal punto di vista militare, perché una volta posizionate nel terreno, possono esplodere quando il conflitto è cessato, conseguentemente producono anche l'effetto di rallentare la ripresa delle attività civili.
Personalmente, credo che all'uso della forza si possa ricorrere quando sia sancito da atti internazionali, ma che esso non debba assolutamente produrre effetti a mesi o addirittura ad anni di distanza ed a discapito della ripresa della vita civile.

PAOLO MANCA. Premetto che farò un intervento breve, in quanto mi sento sollecitato a prendere la parola per esprimere il mio punto di vista medico-sanitario e per dare un contributo che possa essere utile agli esami medici, a proposito dei quali, a mio parere, in questo caso per determinare la presenza di una malattia non è sufficiente eseguirli a scadenze di 6 o 12 mesi. Per dirimere le controversie sul momento in cui è iniziata la malattia, gli esami dovrebbero essere fatti prima della partenza dei militari per missioni di guerra o umanitarie in zone dove si presuppone l'uso di questi proiettili.
Attualmente, l'unico esame in grado di evidenziare se la malattia stia iniziando, è quello del midollo osseo, che viene praticato con una relativa facilità. Stiamo parlando di malattie che si stanno presentando con sempre maggiore frequenza nella popolazione italiana e mondiale e che colpiscono in alta misura anche i giovani. L'esame del midollo osseo potrebbe determinare difficoltà se fosse programmato su grandi numeri, però varrebbe la pena eseguirlo, magari in scala più ampia, perché, oltre tutto, nelle fasi iniziali questa malattia ha una lunga incubazione nell'organismo prima di mostrare effetti e sintomi conclamati.
L'ultima considerazione attiene alla pericolosità dell'uranio impoverito, trattandosi di una materia tossica che, se polverizzata e diffusa nell'aria, provoca effetti gravi a seguito d'inalazione. Considerato che si tratta di una polvere molto fine, che permanendo a terra può essere sollevata con il passaggio delle persone, è potenzialmente ed effettivamente pericolosa, indipendentemente dai casi di questi poveri ragazzi che sono morti o che si sono ammalati. Si stabilirà se al riguardo c'è un nesso di casualità, ma il Parlamento e il Governo dovrebbero impegnarsi affinché si arrivi a proibire l'uso di questi proiettili. Qualcosa, a mio parere, deve essere fatto, anche perché potrebbe non esserci alcuna differenza tra l'uso dei gas asfissianti e quello dei proiettili all'uranio impoverito. L'Italia dovrebbe


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quindi farsi promotrice di un'iniziativa affinché le nazioni civili o presunte tali arrivino a vietarne l'uso.

PRESIDENTE. Il tema è delicatissimo, perché teniamo molto a queste missioni di pace e sappiamo il valore politico che hanno acquisito. Anche per questo dobbiamo arrivare a far luce su tali problemi, a proposito dei quali il ministro ha dimostrato non di accontentarsi di delineare il quadro della situazione, ma di volere aprire la strada ad una verifica complessiva di ciò che è avvenuto.
Su un primo punto mi sembra che siamo tutti concordi: il giudizio positivo sugli uomini chiamati a far parte della commissione scientifica; da quello che ho capito, chi ha ritenuto di esprimersi lo ha fatto positivamente sul livello dei suoi consulenti. Personalmente ho chiesto quale fosse la scadenza dei relativi adempimenti, ma forse ho avanzato una richiesta parziale, perché l'indicazione che mi sentirei di dare è che, da un lato, la commissione avrà una scadenza per formulare risposte sui quesiti, dall'altro, forse è utile che essa assista continuamente il ministro e il Ministero nelle decisioni che devono prendere. Mi spiego con un esempio: proprio poche ore fa il ministro è stato in grado di dirci il numero dei proiettili con uranio impoverito caduto in Bosnia nel periodo 1994-1995, nella legislatura precedente all'attuale. A questo punto, qual è il dato logico? Avendo preso atto che questo è avvenuto, quali sono le eventuali misure di carattere preventivo, cautelativo, sanitario e di rassicurazione che occorre prendere? Questo è forse il dato più immediato e preciso.
Il secondo punto è la comunicazione agli organismi internazionali NATO e ONU, per quanto di loro competenza, del fatto che il Governo italiano ha deciso di avvalersi di questa commissione scientifica e che chiede una piena collaborazione agli organismi di natura internazionale per poter condurre fino in fondo un'azione di conoscenza, di prevenzione e di bonifica che evidentemente, se condotta collettivamente, può conseguire un esito più rilevante.
Terzo punto: alla luce delle vicende della guerra nel Golfo il tema dell'uranio impoverito va posto a livello internazionale, specie per le future missioni di pace di cui speriamo non vi sia più bisogno. A questi punti si aggiungono alcune certezze che vanno sottolineate, ossia il fatto che l'Italia non impiega munizioni con uranio impoverito e che a Capo Teulada non vengono sparati questi proiettili.
Per quanto riguarda la disamina dei casi esistenti, capisco i motivi che spingono l'onorevole Ascierto ad aspettare la conclusione di questa seduta per comunicare in via riservata al ministro Mattarella i dati in suo possesso: nessuno intende violare la privacy, ma la Commissione è interessata a sapere se gli elicotteristi sono colpiti o meno. Un conto è se gli elicotteristi sono colpiti, un altro è se non lo sono, è lapalissiano, ma il tema è rilevante perché esso serve all'opinione pubblica per orientarsi, per esprimere giudizi o assumere comportamenti.
Avendo preso atto del materiale fornito dal sottosegretario all'ambiente Valerio Calzolaio, della notizia secondo cui la Commissione affari esteri era giunta a determinate conclusioni e delle indicazioni dell'onorevole Giannattasio che in questo momento non è presente - purtroppo quando le riunioni durano a lungo ci si risponde a distanza -, il quale invitava ad acquisire le ricerche di padre Benjamin sull'Iraq, mi domando se la nostra Commissione non debba promuovere un'indagine conoscitiva per sorreggere ed orientare l'attività del Governo, per quanto di nostra competenza. Lo dico non perché voglia mettere in dubbio i motivi e la validità di queste missioni che hanno dimostrato la capacità dell'Italia di dare un forte contributo per la pace e per la collaborazione, specie con riferimento a situazioni che non potevamo far finta di non conoscere, di non vedere o nei confronti delle quali si possa fare spallucce, ma in quanto le conseguenze sono di fronte a noi. L'esplodere di questi conflitti ha provocato movimenti migratori


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notevoli, e sviluppato il mercato clandestino delle armi a cui si lega la droga, la prostituzione e quant'altro, tutte cose di cui ci lamentiamo ma di cui non è possibile non individuare le cause. Alcuni colleghi della Lega particolarmente vigili nel denunciare questi episodi sul territorio italiano, debbono rendersi conto che a monte di una parte di questi spostamenti vi è la fame e l'impossibilità di vivere nel loro paese, ma anche condizioni di instabilità, di precarietà, timore e paura del futuro che si cerca di ovviare attraverso appunto le missioni militari di pace che si pongono quale obiettivo la stabilizzazione e l'assetto dei territori. Ritengo che l'unico modo per evitare qualsiasi strumentalizzazione sia l'esame approfondito delle problematiche in una condizione di piena trasparenza e comprensione.
Al ministro do atto di aver fatto conoscere alla Commissione aspetti nuovi e rilevanti, anche se forse già nel 1995, nel momento in cui le truppe italiane furono dispiegate in Bosnia, bisognava chiedere informazioni... Ognuno si assumerà la propria parte di responsabilità. Ad ogni modo è grazie alla pressione del ministro che l'Italia ha ottenuto dati nuovi dalla NATO.
Sono l'ultimo ad intervenire nel dibattito e credo di interpretare il pensiero di tutti dicendo che per quanto ci riguarda l'argomento non si conclude stasera; intendiamo andare avanti per tutti gli adempimenti opportuni, alla luce dei fatti e dei dati nuovi acquisiti. Anch'io invito a non fare strumentalizzazioni, il che non significa non fare polemica politica, ma attenersi alla certezza e alla chiarezza dei fatti e degli avvenimenti; solo i fatti e gli avvenimenti annunciati ma non chiariti possono innescare strumentalizzazioni politiche perché creano incertezza e timore.
Scusate se sono intervenuto, ma l'importanza del tema ha motivato il presidente a contribuire al dibattito che si è sviluppato.
Ringrazio nuovamente il ministro Mattarella e gli do la parola per la replica.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Vorrei ringraziare intensamente la Commissione e i componenti e spero di poter rispondere, sia pur in maniera frammentaria perché non ho avuto il tempo di raccogliere argomentazioni specifiche, alle richieste più significative, così almeno mi sono apparse.
L'onorevole Ruffino ha parlato dei rapporti con la NATO: è un tema sottolineato da diversi altri colleghi, che ho posto io per primo rimarcando la necessità di meccanismi, di procedure, di informazioni e consultazioni più adeguati degli attuali.
A differenza della vicenda del Kosovo, in questo caso l'Italia non ha partecipato alle prime azioni militari in Bosnia, perché non partecipavamo a quelle azioni, ma questo non toglie che intervenendo congiuntamente nella missione di pace e, quanto meno in occasione dell'informazione sui siti bombardati con quel materiale in Kosovo, si sarebbero potute fornire notizie sulla Bosnia.
Gli onorevoli Ascierto e Gnaga hanno chiesto se nel 1995 il Ministero della difesa sia stato informato dal dipartimento di stato americano dell'uso dei proiettili ad uranio impoverito: non mi risulta. Aggiungo che comunque non è il dipartimento di stato americano che deve informare, ma la NATO; la richiesta l'ho rivolta alla NATO il 30 novembre a nome del Governo italiano e dalla NATO ho avuto la risposta. Il problema è stato sollevato e lo verificherò, ma non risulta e - ripeto - non sarebbe ragionevole che il dipartimento di stato desse notizie perché è la NATO che le fornisce.
L'onorevole Ruffino ha anche parlato dei tempi di incubazione delle malattie e della loro incidenza, ossia temi esclusivamente attinenti ai lavori della commissione. Volutamente non ne ho parlato sia per rispettare il lavoro della commissione, sia per non creare alcuna possibile o ipotetica ombra di condizionamento sulla sua attività. Questo organismo dovrà soddisfare parecchie esigenze e non casualmente ha una composizione articolata, perché oltre al professor Mandelli, oncoematologo


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di fama internazionale, ne fanno parte uno specialista di epidemiologia, fisici esperti in radiazioni e un rappresentante dell'ANPA: costituiscono una gamma articolata e completa dei vari filoni di scienza e di conoscenza che vanno utilizzati e fusi per una valutazione complessiva e attendibilmente reale.
L'onorevole Ascierto inizialmente si è riferito alla Bosnia, chiedendo poi di quale equipaggiamento siano dotati i nostri militari.
Per quanto riguarda la Bosnia preciso che, all'arrivo dei nostri militari, sono state eseguite azioni di bonifica del terreno, non è che non si sia fatto nulla! In Bosnia sono state fatte azioni di bonifica e, del resto, i nuclei NBC accompagnano i nostri reparti. Ho disposto che vada anche il CISAM che ha tutto l'occorrente ai fini della verifica da svolgere.

FILIPPO ASCIERTO. Mi scusi, signor ministro, ma solo dal 1999 i nostri soldati sono accompagnati dal battaglione NBC. Forse le sue notizie sono diverse.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Sì, perché siamo nel 2000. La bonifica è stata fatta all'arrivo a Sarajevo.
Onorevole Ascierto, lei sa bene che non è tanto un problema di equipaggiamento, che è richiesto per chi deve andare a verificare, nei siti interessati, le condizioni per eliminare - raccogliendoli e stoccandoli - i proiettili in questione. Semmai vanno date istruzioni di comportamento. Questo è stato fatto in Kosovo, ma è stato fatto anche in Bosnia, in termini generali, rispetto a tutti i possibili rischi che si possono incontrare nelle missioni di pace. Tuttavia, non essendovi allora la consapevolezza - quando i nostri sono entrati in teatro alla fine del 1995 - dell'uso di quei proiettili, conosciuto quest'oggi in risposta alla mia richiesta alla NATO, farò verificare che tipo di istruzioni sono state impartite e quali vengono fornite oggi.
Raccolgo l'indicazione circa la legge-quadro che sarebbe di grande utilità e darebbe stabilità agli interventi senza dover ricorrere al decreto-legge di semestre in semestre, come dovremo fare nei prossimi giorni.
Poiché è stato fatto riferimento al pagamento delle indennità, darò un'indicazione che non pensavo di fornire in questa sede, ma lo faccio volentieri perché l'onorevole Rizzi ha posto il tema delle divise estive che ancora indosserebbero alcuni nostri militari in Kosovo e in Bosnia. Per quanto riguarda l'abbigliamento dei nostri militari nei Balcani, che sono lì da circa 5 anni, preciso che hanno sempre avuto un abbigliamento adatto all'inverno. È lo stesso abbigliamento in dotazione alle truppe alpine che hanno svolto recentemente esercitazioni in Norvegia ed in Lituania. Non vi è mai stato un problema di divise estive o in inverno. Alla fine dell'inverno dello scorso anno, essendo stato immesso sul mercato un abbigliamento invernale più moderno, di ultima generazione, si è deciso di fornirlo ai nostri militari. È stato già dato all'80 per cento del personale ed al restante 20 per cento sarà fornito entro gennaio o al massimo la metà di febbraio. Il 20 per cento di personale non ha le divise estive, ha le divise invernali che vengono indossate da 5 anni e che sono assolutamente idonee.
Relativamente al pagamento delle spettanze, i nostri militari in missine di pace nei Balcani ricevono, come altrove, lo stipendio ordinario pagato regolarmente entro il 27 del mese interessato ed un'indennità pari a circa 5 milioni 800 mila lire mensili per i soldati e fino al grado di maresciallo ordinario, a 6 milioni e mezzo di lire da maresciallo capo a tenente colonnello e poco più di 7 milioni di lire mensili per il grado da colonnello a maggior generale.
Queste indennità vengono pagate per il 25 per cento entro il 10 del mese e per il restante 75 per cento entro il 15 del mese successivo; quando vi è un cambio di contingente, ogni 4 mesi, possono intervenire dei ritardi, ma questo è il ritmo ordinario dei pagamenti e non mi pare possa dar luogo a lamentele. È stato posto anche il problema del tasso di cambio del dollaro cui viene commisurata questa indennità:


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il Tesoro, al momento dell'ultimo decreto-legge, ha chiesto che si definisse un cambio fisso, per avere la certezza della spesa per le missioni di pace ed il cambio è stato fissato per il semestre passato in 1970 lire, per il semestre prossimo sarà di 2150 lire perché è ancorato alla media del semestre precedente. Non avevo comunicato questa informazione in questa sede dove si parlava di altri argomenti, ma poiché la questione è stata posta, ho fornito volentieri tali elementi.
L'onorevole Aleffi ha parlato di una direttiva del capo di stato maggiore dell'esercito sui distretti: vedrò di accertare quali sono le possibilità di distinguere tra atti superflui e distruggibili ed atti utili e conservabili.

PRESIDENTE. Oltre agli aspetti molto più importanti legati allo screening sui militari, c'è anche un aspetto di studio storico poiché pare si tratti di una fonte non sostituibile di dati e di conoscenze sulla popolazione.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Terrò conto di questa sollecitazione.
All'onorevole Rizzi voglio dire che, se sapessi qualcosa di più o di diverso da quello che ho esposto, lo riferirei. Quello che so l'ho detto, così come ho detto, avendolo chiesto espressamente alla NATO, che era stato adoperato in Bosnia materiale di quel genere.
Il vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari, onorevole Leccese, ha fatto una serie di considerazioni; io riprendo soltanto il suggerimento di approfondire la ricerca epidemiologica in relazione alle forze armate. È un'osservazione che condivido e che mi ha spinto ad assegnare alla commissione un compito di accertamento senza confini di materia. Si è parlato di 11 casi - che naturalmente non saranno tutti - di cui 5 tra Bosnia e Kosovo e questo pone un problema che prescinde dai Balcani e dall'eventualità dell'uranio impoverito, come dimostra anche la diversificazione delle patologie insorte; conto pertanto di dare indicazioni di questo genere anche utilizzando le risultanze della commissione.
L'onorevole Mantovani ha detto molte cose che non posso condividere, salvo una: cioè che nel dubbio - che lui non ha, avendo certezze - la NATO dovrebbe sospendere l'uso di questo genere di armi. Da tempo più volte, anche all'interno del Parlamento, abbiamo chiesto che tali armi vengano bandite ed è questa la nostra posizione in sede internazionale; riteniamo che le munizioni ad uranio impoverito vadano bandite, come è stato fatto per altri tipi di armamenti. L'onorevole Mantovani, come pure altri colleghi, ha parlato anche di accertamenti sui militari in Kosovo ed in Bosnia. I controlli vengono effettuati sia prima sia dopo l'invio in missione; registro comunque i suggerimenti che sono stati dati e vedrò in che termini possano essere accolti. Voglio però precisare che non vi sono solo queste occasioni per una visita medica di militari: vi sono anche quelle in caso di avanzamento e vi sono le visite periodiche che, a seconda delle specialità, hanno cadenze diverse. In uno dei casi che ho citato, per esempio quello di un militare che non era mai stato all'estero, la malattia è emersa appunto in sede di visita periodica.
L'onorevole Loddo ha sollecitato la celerità dei lavori della commissione ed ha segnalato il problema di un altro poligono sardo, parlando di un'attività particolarmente intensa in questi giorni. Accerterò qual è la situazione e ne informerò la Commissione, ma posso escludere che vi sia quel genere di munizioni, perché non ne disponiamo. Egli ha posto anche un problema di analisi delle patologie relativamente alla Sardegna perché vi è un alto numero di militari sardi. Nella commissione vi è anche un epidemiologo ma forse è opportuno ricordare i dati: 6 sono i nati in Sardegna; 3 dei 5 che sono stati in Bosnia e in Kosovo sono nati in Sardegna. Mi rendo conto che vi sia da parte dei colleghi sardi una particolare sensibilità, e anche dell'utilità di una ricerca di carattere epidemiologico.


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L'onorevole Giannattasio ha parlato dell'acquisizione della documentazione di padre Benjamin: credo sia interessante ed utile, pur se riguarda l'Iraq, anche per rafforzare la richiesta di una messa al bando per questo tipo di armamenti. Comunque la commissione è sovrana.

VITO LECCESE. Ciò è già agli atti della Camera, perché padre Jean Marie Benjamin è stato ascoltato dalla Commissione affari esteri e comunitari ed ha lasciato una corposa documentazione.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Credo sia comunque utile che anche la Commissione difesa l'acquisisca.
La collega Dedoni ha parlato della necessità di verifiche a Capo Teulada. Non ho difficoltà a farle, ma quello che ha dichiarato ieri il comandante della regione militare della Sardegna è molto netto e coincide con le informazioni che mi sono state fornite: non vi sono mai stati armamenti di quel tipo anche perché il poligono è strutturato per altro genere di armamenti.
È evidente che vi è il problema delle condizioni di sicurezza dei militari e delle popolazioni civili. In proposito ricordo che quando in Kosovo abbiamo distribuito istruzioni di comportamento per i nostri militari, è stato predisposto anche un volantino in lingua serba e albanese per le popolazioni locali. Non so se sia possibile, come suggerisce il collega Gatto, uno screening della popolazione civile; possiamo al massimo auspicare che vi provvedano i relativi governi.
La collega Dedoni ha inoltre chiesto un check-up dei militari inviati in missione e di seguire i malati. Come ho già detto, questo già avviene, vedrò se è il caso di aggiornare lo spettro degli accertamenti con ulteriori analisi di laboratorio e naturalmente vi è l'obbligo di seguire i malati in qualunque circostanza e dovunque vengano impiegati, non solo nei Balcani. Anche per quanto riguarda eventuali indennizzi, come suggerito dall'onorevole Gnaga, questi devono valere per tutti con regole uniformi, anche per chi svolge il suo servizio in Italia.

PRESIDENTE. Nel corso di un incontro con la Commissione difesa del Parlamento tedesco ci è stata fatta presente l'esistenza di un servizio particolare di appoggio e sostegno alle famiglie di chi è inviato all'estero. Forse è un sistema che potrebbe essere adottato anche da noi.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Ringrazio per il suggerimento.
Il collega Gatto ha parlato anche dell'esigenza di completare la mappatura dei siti della Bosnia: ho chiesto oggi stesso alla NATO di fornire questa risposta. L'onorevole Gnaga ha domandato perché soltanto ora si è istituita la commissione. La risposta è che avverto l'esigenza di non lasciare nulla di intentato, anche se tutte le relazioni (anche dell'UNEP relativamente al Kosovo, dove vi è stato più di recente un lancio nutrito di quei proiettili), indicano un livello di radiazioni al di sotto della soglia di sicurezza prevista dalla nostra legislazione. Questo è il motivo per cui nasce la commissione.

EDOUARD BALLAMAN. Il problema non sono le radiazioni...

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Le radiazioni e la tossicità: infatti la nostra legislazione definisce l'uranio impoverito un elemento a basso contenuto di tossicità.
L'onorevole Ballaman ha parlato di un poligono in Friuli prima della guerra in Kosovo. Chiederò elementi in proposito anche se è passato qualche anno. Vorrei inoltre precisare che, quando ho risposto alla sua interrogazione, ho detto che a Sarajevo non erano stati usati proiettili di quel genere, perché questa era la notizia di cui disponevo; ho chiesto adesso di conoscere i siti per vedere esattamente dove sono stati lanciati questi proiettili anche per avere una maggiore puntualità di intervento e di accertamento, anche se sono passati 5 o 6 anni dalla loro esplosione.
Vorrei fare una sottolineatura, se mi si consente, anche per rispetto nei confronti del Parlamento.


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Le prime circostanze in cui si è parlato, in questa Camera, della Bosnia sono state il 27 settembre e il 23 ottobre; prima si era sempre parlato soltanto del Kosovo. Anche le interpellanze dei colleghi di opposizione e di maggioranza mi hanno spinto a chiedere alla NATO, il 27 novembre, che cosa fosse stato fatto in Bosnia.
Adesso abbiamo maggiori elementi di conoscenza, che però non sono ancora sufficienti perché occorre conoscere i siti. Comunque tengo a dire che ho fatto quella richiesta anche a seguito delle interrogazioni avanzate in Parlamento.
L'onorevole Ballaman ha parlato della prima istruzione di cautela di comportamento del 22 novembre: non voglio fare un'affermazione perentoria perché non ho gli elementi, però posso dire che non è l'unica e credo che non sia la prima. Quella del colonnello Bizzarri è una delle istruzioni, ma non voglio essere assertivo e mi riservo di farvi avere notizie più precise.
L'onorevole Aleffi ha parlato del termine, come hanno fatto altri colleghi. Posso dire in proposito che il termine è nelle cose. Potrei mettere una scadenza che, come tante volte avviene, può essere rinnovata. Però vorrei fare notare che in questa discussione sono emerse nutrite richieste di accertamenti di un dato impegno, da parte della commissione. Ho pensato - e lo confermo - di definire con la commissione una calendarizzazione degli accertamenti, considerato che quelli sulle cartelle cliniche e sui malati sono una cosa, quelli sul collegamento con l'uranio impoverito sono cosa diversa; ancora diversi sono gli accertamenti di carattere epidemiologico che richiedono più tempo. Ritengo quindi di concordare con la commissione, nella sollecitudine disposta, una calendarizzazione per i livelli diversi, al fine di evitare che il lavoro impegnativo qui richiesto non riesca ad essere svolto e che, per altro verso, esso non comporti ritardo per quella parte di accertamenti che può essere condotta speditamente.
L'onorevole Ruzzante ha parlato delle popolazioni locali e dei termini, così come l'onorevole Manca ha fatto riferimento ad argomenti sui quali ho già dato una risposta.
Vorrei confermare al presidente Spini quanto ho detto sulla celerità dei lavori della commissione e sulla bonifica che - ripeto - è stata fatta arrivando in Bosnia e che sarà oggetto subito di un accertamento più rigoroso e puntuale, in attesa che si conoscano i siti in cui sono caduti i proiettili, sui quali si interverrà con maggiore precisione.
Ringrazio il presidente e la Commissione.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro ed i colleghi ed, a conclusione della seduta, rinnovo a tutti i migliori auguri di buon Natale e buon anno nuovo, estendendoli alle famiglie, ai funzionari ed ai collaboratori che così validamente ci affiancano.

La seduta termina alle 18.50.