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Seduta del 30/3/2000


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Audizione del Capo di stato maggiore dell'aeronautica generale Andrea Fornasiero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Capo di stato maggiore dell'aeronautica generale Andrea Fornasiero. Rivolgo al nostro ospite il ringraziamento della Commissione per avere accettato il nostro invito e gli do la parola.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Signor presidente, onorevoli commissari, dopo aver esposto una relazione che lascerò alla Commissione, sarò a disposizione per rispondere ai vostri quesiti.
Non mi soffermo sulla dinamica del sinistro in quanto l'analisi compiuta dalla magistratura inquirente ha delineato il quadro in cui si è verificato lo sciagurato evento.
Ritengo, semmai, più opportuno in questa sede illustrare, sia pure in maniera sintetica quanto è stato fatto dopo la tragedia di Cavalese, perché eventi così struggenti, non abbiano più a verificarsi.
Per ben comprendere la portata delle azioni svolte occorre tuttavia premettere cosa siano e perché si svolgono missioni di volo a bassa quota, quali fossero le prescrizioni in vigore prima dell'incidente, le modifiche in seguito apportate, la procedura autorizzata per l'esecuzione delle missioni di volo, il tutto inquadrato nel più generale concetto della sicurezza del volo.
Il volo a bassa quota è una componente essenziale dell'addestramento degli equipaggi, praticato pertanto da tutte le aeronautiche ed in particolare da quelle del mondo occidentale.
È intuitivo che tale tipo di addestramento serva fondamentalmente ad evitare e/o ritardare l'avvistamento del velivolo da parte dei sistemi di scoperta (radar) e per limitare il tempo di reazione e l'efficacia delle armi antiaeree durante la fase di penetrazione nel territorio.
Va da sé che il volo a bassa quota è da considerarsi irrinunciabile bagaglio professionale del pilota abilitato a fronteggiare operazioni reali (Combat ready).
Tale peculiare forma di volo, specialmente se unita alle alte velocità necessarie, è tutt'altro che facile e va affrontata con metodo ed attenzione da parte sia del pilota che di chi gestisce e controlla tale attività.
Nel contempo la stessa attenzione va posta nel controllo del territorio sottostante,


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sia per evitare particolari ostacoli, sia per ridurre al massimo il disagio alla popolazione, nonché per garantire la sicurezza di tutti.
Da qui la necessità di dettagliate disposizioni, a tutti i livelli della catena di comando, circa la disciplina di questa particolare condotta di volo; disposizioni che riguardano tutti gli equipaggi militari sia italiani che alleati che svolgono attività sul territorio nazionale.
Non è questa la sede per entrare nel dettaglio delle pubblicazioni pertinenti l'argomento, trovo utile, comunque, richiamare alcune direttive, accennando alle loro finalità.
Con la direttiva dello stato maggiore dell'aeronautica, SMA 7 dal titolo «Procedure per la programmazione ed esecuzione delle missioni del traffico aereo operativo», edita nel 1982, si regolamenta lo svolgimento del traffico operativo, ovvero le varie tipologie di volo e le agenzie deputate alla programmazione, al coordinamento e controllo delle missioni in parola, nonché i compiti e le responsabilità dei comandi ed enti interessati.
La pubblicazione SMA 73 dal titolo «Direttiva di addestramento-navigazione a bassissima quota», edita nel 1992, è finalizzata, definendo i limiti d'impiego dei diversi vettori aerei ed individuando le specifiche responsabilità dei comandi ed enti interessati, a regolamentare l'attività a bassissima quota degli equipaggi di volo impegnati in missioni addestrative. In particolare, in essa viene definita la distanza minima di separazione, intesa come altezza minima dal terreno e/o dalla superficie dell'acqua da rispettare nello svolgimento dell'attività a bassissima quota.
Il manuale Boat, invece, integra e completa le regole generali enunciate nella SMA 73. In particolare sono riportate le norme per i voli BBQ, applicate ai velivoli nazionali, estese anche ai velivoli di altre nazioni che operano sul territorio italiano, purché questi ultimi siano preventivamente autorizzati dallo SMA, sottopongano le relative pianificazioni di attività al pertinente comando operativo (ROC, oggi COFA/CO) e ricevano uno specifico briefing sulle procedure, regole e limitazioni da rispettare nell'esecuzione dei voli.
Per l'esecuzione dell'attività a bassa quota, la struttura dello spazio aereo è diviso in zone e per ognuna di esse vengono definite le quote minime di volo, le condizioni meteorologiche e di velocità massima consentita. La pubblicazione, inoltre, indica espressamente le aree e le località ove l'attività a bassissima quota è assolutamente interdetta, nonché ostacoli, elettrodotti, funivie e teleferiche conosciute.
L'ultima pubblicazione che vorrei menzionare è la SOP 01 dal titolo «Norme per la pianificazione, la programmazione e l'esecuzione dell'attività di volo dei reparti dell'aeronautica militare e dei velivoli alleati rischierati in Italia».
Il documento costituisce una sorta di «testo unico» discendente dalle direttive emanate a livello centrale, in cui sono riportate le norme e le procedure per la pianificazione dei percorsi da realizzare, utilizzando le carte di navigazione aerotattica scala 1:500.000 prodotte dell'aeronautica militare, la pubblicazione degli stessi percorsi, la programmazione dell'attività di volo e la relativa esecuzione.
A queste pubblicazioni vanno aggiunti ulteriori restrizioni a carattere temporaneo relative all'attività addestrativa degli aeromobili stranieri rischierati in Italia e provvedimenti limitativi transitori, di carattere locale, emessi dai comandi delle regioni aeree, come per esempio limitazioni di sorvolo dell'area alpina nei periodi di maggior pericolo di distacco slavine, come anche riportato nel manuale Boat.
Precedentemente all'incidente del monte Cermis, le quote minime di volo su terra per lo svolgimento di tale peculiare forma di volo, variando da 250 piedi (pari a circa 80 metri) in aree selezionate, definite «aree tattiche» a bassa concentrazione abitativa, a 500 piedi (160 metri circa) sul resto del territorio nazionale,


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con l'eccezione di alcune aree per le quali il limite minimo era di 750 piedi (240 metri).
Per gli elicotteri tali minime erano più basse.
Trovo altresì utile fare un breve cenno alla presenza di forze statunitensi in Italia che, come è noto, è regolamentata da accordi bilaterali stipulati per la maggior parte negli anni 50-60 ed attualmente in fase di rivisitazione in linea con l'accordo denominato Shell agreement del 1995. Questo accordo, stipulato tra il Ministero della difesa italiano ed il dipartimento della difesa USA, costituisce una svolta nella filosofia dei trattati militari, soprattutto per quanto riguarda la classifica di segretezza, e contiene quei principi di gestione quotidiana delle basi ed infrastrutture concesse in uso.
In particolare, dalla stipula di questo accordo, ancorché siano in corso le elaborazioni delle bozze degli accordi militari di dettaglio, non si è pervenuto, ancora, alla definitiva ratifica, in quanto si è in attesa della firma a livello ministro della difesa, del protocollo aggiuntivo al bilateral infrastructure agreement, che costituisce il capostipite dei nuovi accordi politici che legittimano la presenza USA in Italia.
A completamento del quadro informativo sin qui esposto, è necessario un riferimento all'attività addestrativa dei reparti stranieri in Italia a seguito del rischieramento delle forze NATO/UEO, in conseguenza della crisi in Bosnia-Erzegovina.
Con l'avvio delle operazioni sull'ex Jugoslavia, siamo nel primo semestre del 1993, e della consistente presenza di assetti alleati, si rese necessario definire una specifica normativa che disciplinasse l'attività addestrativa dei reparti alleati rischierati in Italia, o comunque operanti sul territorio nazionale, la maggior parte dei quali aveva una familiarità scarsa o addirittura nulla con tale ambiente.
A tal fine lo Stato maggiore dell'Aeronautica, con riguardo anche alla problematica dell'impatto ambientale che tale aumento di attività comportava, pose ulteriori limitazioni circa gli orari di effettuazione dell'attività, il numero dei voli autorizzati e le quote, che dovevano essere non inferiori ai 500 piedi di giorno e 1.000 di notte.
Con il ridursi delle esigenze operative, lo Stato maggiore dell'Aeronautica, tenendo in conto proprio gli aspetti legati all'impatto ambientale, ha proceduto ad una revisione restrittiva delle disposizioni applicabili ai velivoli alleati non stanziali, sensibilizzando i comandi NATO sulla necessità di ridurre sia la «finestra temporale» in cui svolgere l'attività di volo addestrativa, sia l'effettuazione dell'attività addestrativa a bassa quota.
La forza armata ha pertanto provveduto a disciplinare una delicata attività d'istituto, fondamentale, come già detto, per l'addestramento operativo, nel rispetto della sicurezza del volo e del massimo contenimento dell'inquinamento acustico, richiamando i destinatari alla scrupolosa osservanza.
Ciò nonostante, vi sono state comunicazioni pervenute da privati e, talvolta, formalizzate come denuncia, su cui sono state svolte ricerche che hanno comportato un laborioso iter di raccolta di notizie su sorvoli presumibilmente militari, ritenuti, per qualche motivo, non regolamentari.
La procedura per acquisire gli elementi relativi ad una segnalazione di un sorvolo è lunga e complessa.
Si tratta infatti di correlare i dati delle missioni (tipo di volo, percorso, orari di decollo e atterraggio, quota di volo) con i tracciati radar che, peraltro, per ragioni tecniche, non sempre consentono il rilevamento dell'intero percorso, date le limitazioni dovuto all'orografia del terreno, e con le informazioni dei comandi delle basi aeree da cui sono eventualmente decollati in quel determinato arco di tempo.
Tutto questo deve essere poi confrontato con la qualità e precisione dell'informazione a disposizione. Non sono infatti rari i casi di segnalazioni che riguardano


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velivoli civili che per la loro natura devono sottostare alla regolamentazione ICAO, per alcuni casi più permissiva.
Con il complesso dispositivo delle regole che disciplinano il volo a bassa quota, nulla ha a che vedere il volo del 3 febbraio che, con una unica azione, come è noto, ha violato più norme.
Infatti nessuna correlazione è stata riscontrata tra la fase di pianificazione del volo e l'evento incidente, in quanto il percorso previsto prevedeva comunque nel tratto interessato una quota di 2.000 piedi. Né sussistevano condizioni meteorologiche che richiedessero una deviazione dalla rotta o un abbassamento di quota per mantenere il controllo visivo del terreno.
L'inosservanza di tali limitazioni non può ce ricadere sul personale coinvolto nell'incidente.
Immediatamente dopo il grave e luttuoso incidente ci fu un ulteriore intervento che impose altre limitazioni a salvaguardia della popolazione, fissando la quota minima di sorvolo su tutto l'arco alpino pari a 2.000 piedi (600 metri circa) dal suolo, stabilendo il divieto di sorvolo a quote inferiori a 13.000 piedi (4.300 metri circa) dal livello medio del mare in un'area di circa 30 km intorno al comune di Cavalese e raddoppiando le quote minime di volo sul resto del territorio nazionale (ad eccezione delle aree esercitative sul mare).
Furono riviste le aree tattiche, le aree dedicate alle aree di lavoro per la bassissima quota, a suo tempo determinate, tenendo presente la densità abitativa della zona sulla quale insistono, al fine ulteriore di limitare al massimo il disagio alla popolazione civile.
Si è data maggiore efficacia all'azione di controllo, divulgando in maniera capillare sul territorio nazionale un «modulo per la segnalazione di sorvolo», chiamando così a cooperare chiunque fosse stato testimone di voli irregolari e di seguito è stata emanata una direttiva in tal senso, finalizzata proprio a creare, a seguito di segnalazioni di cittadini o da parte delle forze dell'ordine, un ulteriore canale informativo di notizie riguardanti sorvoli militari ritenuti, per qualche motivo, non regolamentari.
Ritengo utile, a questo punto, fare un cenno sulla pianificazione e sul controllo dei voli.
La pianificazione dei voli è sottoposta a controlli che consentono, valutata l'idoneità dell'equipaggio, di analizzare l'attività sia sotto l'aspetto traffico aereo che difesa aerea, in coordinamento con gli enti interessati.
L'attività di volo di un reparto può essere generata da esigenze, prettamente addestrative degli equipaggi di volo, per il conseguimento o mantenimento delle qualifiche previste per la prontezza al combattimento, oppure, per esigenze di impiego operativo reale o di addestramento all'impiego operativo.
Per quanto attiene alle esigenze prettamente addestrative, ogni singolo reparto propone all'ente deputato al coordinamento dell'attività di volo le proprie esigenze.
All'epoca dell'incidente, la forza armata era in fase di trasformazione; la struttura di comando e controllo, affidata in precedenza ai ROC della 1 e 3 regione aerea, si era concentrata nel solo ROC di Martina Franca, in attesa che il COFA-CO di Poggio Renatico prendesse in toto il controllo dell'attività di volo.
L'attività di volo era ed è riportata nel piano di volo giornaliero, così detto PVG, elaborato dai singoli reparti, sia nazionali che stranieri presenti in Italia, qualora autorizzati.
A conclusione della fase di verifica, finalizzata agli aspetti di traffico aereo e della difesa aerea, al fine di evitare eventuali conflitti di pianificazione da parte di tutti i reparti, effettuata dall'ente preposto, che - ricordo - era il ROC di Martina all'epoca dell'evento ed è ora il COFA-CO di Poggio Renatico, lo stesso emette un messaggio di autorizzazione delle missioni, detto ASMIX.
Detto messaggio viene inviato ai singoli originatori delle richieste riportando, con


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apposito formato, gli elementi salienti del volo, fra cui il nominativo della missione, identificatore percorso pianificato, tipo di aeromobile, orari stimati di decollo e atterraggio.
Per quanto riguarda, invece, l'attività operativa reale, occorre fare un opportuno distinguo.
L'attività operativa reale e quella operativa addestrativa per esigenze prettamente nazionali erano ordinate in precedenza dai ROC per il tramite delle agenzie di pianificazione e controllo COA/COM. A seguito della ristrutturazione della forza armata e quindi della costituzione del comando forze aeree, detto in sigla COFA, le funzioni di pianificazione controllo sono ora svolte dal COFA-CO di Poggio Renatico.
Diversa è la catena di comando e controllo per le esigenze di attività operativa reale, di competenza del comando della V ATAF, che esercitava le azioni di pianificazione e controllo per il tramite del combined air operation center.
L'attività individuata, a prescindere dalla fonte che l'ha generata, è ordinata con l'emissione di un apposito ordine, detto tecnicamente air task, il quale non è altro che un messaggio con apposito formato, nel quale vengono inserite le informazioni necessarie a pianificare e condurre la missione.
L'attività generata dal combined air operation center è anch'essa comunicata all'ente preposto al controllo nella catena nazionale che, come ricordavo, era costituita dal COA/COM dei ROC, oggi dal COFA-CO di Poggio Renatico.
L'esecuzione dell'ordine di missione viene eseguita e controllata dall'ente originatore che si avvale di tutta la catena di comando e controllo nazionale o NATO.
Nel contesto delle operazioni NATO in Bosnia, l'impiego delle forze aeree della NATO veniva effettuato dal comando della V ATAF di Vicenza per il tramite del combined air operation center che ho prima citato.
Al comando di Vicenza era devoluto quindi il compito di ordinare giornalmente l'attività di volo dei reparti interessati, che poteva riguardare sia operazioni reali nell'area di operazioni, che specifiche missioni addestrative propedeutiche alle operazioni reali in Bosnia.
Nel corso del volo la missione è in contatto radio con l'ente del controllo responsabile per l'area, mentre, per quanto riguarda il controllo radar, dopo la prima fase di riconoscimento della traccia associata alla missione come traccia amica, il velivolo generalmente prosegue la missione senza mantenere con l'operatore radar un continuo positivo controllo. In queste circostanze il radar continua a registrare in automatico la traccia del velivolo, ad eccezione di quando il volo interessa le zone montuose, in quanto la morfologia del terreno non sempre consente ai radar di terra di vedere il velivolo oltre i rilievi.
Anche eventuali impieghi del velivolo Awacs (radar aeroportato) in zone montane non garantiscono sempre un preciso controllo della quota, a meno che non sia posizionato a controllo dell'area.
Del resto, durante il volo, non è possibile effettuare ulteriori forme di controllo in tempo reale. Ciò nel senso di conoscere cioè posizione e quota del velivolo oppure di ricostruire dopo l'atterraggio, volo per volo, il tracciato ed i parametri di volo.
Infatti soltanto alcuni velivoli della linea aerotattica possono impiegare, peraltro per un tempo limitato, apparati che registrano i dati salienti del volo al solo scopo didattico, per il riesame in sede di analisi post missione.
L'incidente del Cermis, per la sua dinamica del tutto anomala e fuori da ogni regola nazionale ed internazionale, ha messo in evidenza alcuni aspetti relativi alla gestione dell'attività di volo dei reparti stranieri in Italia, comportando la necessità di una revisione delle norme. Detta revisione è stata, come è noto, affidata dal signor Presidente del Consiglio ad una commissione congiunta Italia-USA che ha consentito di individuare norme più incisive di procedura e vincoli


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più stringenti per i voli di addestramento a bassa quota dei velivoli statunitensi, estesi successivamente a tutti i reparti stranieri eventualmente schierati sul territorio italiano.
Tra i provvedimenti adottati desidero richiamare l'attenzione sul vincolo imposto in merito all'individuazione di un'autorità militare responsabile, anche nei confronti dei comandi italiani, che attesti: la conoscenza da parte degli equipaggi delle regole relative all'attività di bassa quota, che gli stessi possiedano le adeguate qualifiche ed addestramento ad effettuare le missioni assegnate, che la pianificazione è stata effettuata in ottemperanza ai regolamenti di volo italiani ed utilizzando le carte di navigazione nazionali. Detta autorità, individuata a cura degli Stati Uniti, nel caso di Aviano è identificata con il comandante del 31o Wing. I voli dovranno essere inseriti nel programma voli giornalieri del comando aeroporto ospitante che viene inviato al COFACO per l'approvazione.
Le unità straniere stanziali in Italia possono effettuare attività di volo addestrativa a bassa quota, come previsto negli esistenti accordi bilaterali e NATO, entro il limite massimo del 25 per cento dell'attività di volo settimanale autorizzata e, per i reparti temporaneamente rischierati, qualora autorizzati a svolgere attività a bassa quota, questa non può interessare l'arco alpino.
Viene inoltre enfatizzata l'esigenza che gli equipaggi, prima di qualsiasi attività di volo sul territorio italiano, ricevano un briefing sulle regole e procedure a bassa quota da un qualificato rappresentante dell'Aeronautica militare o di altra forza armata o corpo armato dello Stato italiano, dando particolare rilievo alle misure da adottare per evitare aree urbane, minimizzare il disagio acustico alla popolazione civile, limitare l'impatto ambientale, nel rispetto delle restrizioni e delle disposizioni contenute nelle direttive e/o emesse a mezzo avviso ai naviganti.
Desidero infine evidenziare alcuni fondamentali aspetti di sicurezza del volo.
La selezione del personale, l'addestramento, la complessità delle macchine e delle operazioni, che non lasciano spazio ad «altro» in volo, rendono, ormai molto raro il caso della indisciplina di volo legata da rapporto di causalità con un evento dannoso o di pericolo. Infatti, gli incidenti causati da fattore umano sono, essenzialmente, riconducibili ad errori di valutazione nella condotta del mezzo; errori, determinati proprio dalle particolari condizioni psicofisiche del volo e/o dalle specifiche situazioni ambientali.
Raramente, quindi, gli incidenti a fattore umano possono aprioristicamente ritenersi collegati ad un atteggiamento di dispregio delle altrui esigenze, rivelatore di individualismi fini a se stessi e contrari, quindi, ad ogni forma di addestramento, elementi questi facilmente individuabili, invece, in quei comportamenti riconducibili all'indisciplina del volo, comunque in contrasto con l'addestramento ricevuto.
Infatti l'addestramento a cui viene sottoposto il personale pilota interessa, fra l'altro, la capacità di saper mediare le procedure con le azioni che la concreta evenienza richiede.
Nell'indisciplina invece si realizza, come ho evidenziato, un assoluto dispregio delle altrui esigenze.
Non c'è posto in aeronautica (né nelle altre componenti aeree, anche private) per tali atteggiamenti; non c'è posto per chi, al di fuori di ogni etica del volo, non ha ancora compreso che le preziose risorse affidate dalla comunità per la difesa del paese non possono essere utilizzate per «sfogare» degli istinti dietro i quali si nascondono sicuramente gravi carenze psicoattitudinali.
Etica del volo vuol dire, invece, maturità professionale e capacità di autodisciplina, per adempiere un servizio necessario per la collettività (difesa, soccorso, polizia, o altro), utilizzando al meglio il mezzo affidato, senza distaccarsi mai dall'obiettivo operativo assegnato, percependone la conseguente responsabilità di fronte alla collettività medesima e a se stessi.


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Al fine di rendere più chiara possibile la sostanziale differenza esistente tra le forme di comportamento che ho dinanzi citato e sensibilizzare ancor più la catena di comando in proposito, ricordo che nel marzo del 1997 il capo di Stato maggiore dell'Aeronautica emanò precise disposizioni tese ad evidenziare la demarcazione esistente tra l'errore di valutazione nella condotta del mezzo, lo stato di necessità e l'indisciplina di volo.
In conclusione, la vera sicurezza del volo si identifica con l'operatività, in quanto consiste proprio nel minimizzare i rischi che potrebbero ridurre il livello di efficienza e di efficacia, ovvero operatività, della componente aerea.
Signor presidente, non voglio togliere spazio alle domande sue e degli onorevoli commissari qui presenti. Sono per questo a vostra disposizione.

PRESIDENTE. La ringraziamo per l'esauriente esposizione, alla quale seguiranno le domande dei colleghi.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Ho apprezzato la sua esposizione, generale Fornasiero, specie la parte relativa alle norme sul volo dei velivoli stranieri operanti in Italia, in vigore prima della tragedia del Cermis e successivamente revisionata.
Considerata la pericolosità di questi voli, vorrei sapere se da parte dello Stato maggiore dell'Aeronautica era stata avanzata richiesta per modificare queste norme. Inoltre, poiché lei si è riferito all'errore umano e all'indisciplina del volo, le domando: ritiene che l'incidente sia strettamente legato a queste due possibilità oppure le norme in vigore, in un certo senso, agevolavano l'indisciplina di volo?

GIOVANNI MARINO. Le domande che le rivolgerò, vertenti sulla situazione esistente prima della tragedia, discendono da alcuni elementi forniti dai procuratori della Repubblica presso i tribunali di Trento, di Padova e di Bari, da noi ascoltati.
Il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trento ha dichiarato - leggo testualmente - che «Gli accertamenti non semplici che abbiamo effettuato tramite i dati di volo e tramite i dati contenuti in una sorta di scatola nera, ci hanno consentito di ricostruire tutto il volo e di individuare tre fasi della rotta AV047. È stato accertato che tutto il volo si è svolto nella più completa inosservanza nei limiti previsti dal volo stesso: traiettoria, quote, velocità; tutti i dati che il piano di volo prevede espressamente per le singole tratte erano stati palesemente e clamorosamente violati. Vi è infatti una prima parte, quella che va dal decollo di Aviano fino a Ponte di legno, dove tutti i dati sono stati violati...» e il magistrato continua elencando dettagliatamente altri rilievi critici in ordine alla condotta di volo.
Abbiamo anche appreso che i piloti americani volavano seguendo carte americane, tant'è che il sostituto procuratore Giardina afferma - anche in questo caso cito testualmente - che «Altro argomento piuttosto interessante è quello dell'uso delle carte. Gli americani volavano con le loro carte, cioè con carte americane non aggiornate, imprecise a livello tale da non contenere non solo l'indicazione della funivia, ma addirittura di paesi (per esempio Cavalese non esiste nelle carte americane)». Il che è molto singolare, perché le carte italiane erano state trasmesse dai comandi italiani affinché i piloti americani potessero utilizzarle. Le chiedo: i comandi italiani erano al corrente di questa anomalia e, in caso affermativo, quali provvedimenti sono stati adottati?
Quali erano i rapporti tra le autorità aeronautiche italiane e quelle americane, in particolare nella base di Aviano? Lo domando perché il colonnello Durigon - afferma il procuratore militare della Repubblica presso il tribunale di Padova - nelle dichiarazioni rese davanti al giudice ordinario e poi alla procura militare, poneva subito il problema dei poteri del comandante della base di Aviano in ordine ai piani di volo avanzati dagli americani,


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sostenendo che il suo ruolo era di mera cinghia di trasmissione, dovendo svolgere un esclusivo controllo formale e fungere da tramite nell'inoltro dei piani di volo al ROC per l'approvazione da parte di quest'ultimo ente. Il colonnello Durigon riferiva, dunque, di poteri meramente formali secondo cui, come previsto dall'articolo 9 del memorandum d'intesa, «il comandante italiano è responsabile dei servizi del traffico aereo e dell'emanazione di norme relative alla sicurezza del volo». Vorrei che sul punto spiegasse come effettivamente stavano le cose, perché stiamo parlando della base italiana di Aviano che ospita aerei americani, quindi è ben strano che il nostro sia un controllo meramente formale, quasi a voler dire che non dobbiamo intrometterci.
In ordine alla sottoscrizione di un trattato, poiché non mi hanno entusiasmato le dichiarazioni del ministro ...

MARCO BOATO. Non chiedere al capo di stato maggiore di condividere questa affermazione.

GIOVANNI MARINO. No, ma il dottor Dini, sostituto procuratore militare della Repubblica presso il tribunale di Padova, durante la sua audizione ha dichiarato che «in realtà gli accordi che si sono succeduti per disciplinare questa tipologia di aerei hanno trovato la loro origine in un accordo di carattere politico, sottoscritto a livello del Ministero della difesa e di Comando delle forze NATO in Europa nel 1995. Tale accordo, che disciplinava in linea di massima l'uso della basi logistiche in Italia, per l'esercito, la marina e l'aeronautica statunitensi, si articolava in tre sotto-accordi, uno per l'esercito, una per la marina e uno per l'aeronautica, ma quest'ultimo, che dava effettivamente poteri concreti al comandante di Aviano per bloccare eventuali attività pericolose per la salute pubblica del territorio nazionale, non è mai stato sottoscritto dall'Aeronautica per ragioni che non sono state oggetto della nostra indagine.» Come mai e perché si è verificato questo?
Sono state condotte indagini giudiziarie che si sono concluse con un nulla di fatto per motivi che non ripeterò, perciò le chiedo: è stato avviato qualche procedimento disciplinare dagli alti comandi militari? E, in caso affermativo, a carico di chi? La ringrazio.

MARCO BOATO. Vorrei sapere innanzitutto da quando è capo di Stato maggiore dell'Aeronautica.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica militare. Dal febbraio dello scorso anno.

MARCO BOATO. Le ho posto questa domanda perché vale anche per lei l'atteggiamento che dobbiamo assumere nei confronti di chi rappresenta un'autorità politica o militare, in questo caso, che risponde in prima persona dal momento dell'assunzione del comando per la continuità istituzionale.
Innanzitutto vi è un prolegomeno circa il rapporto di collaborazione nell'ambito dell'Alleanza atlantica e le relazioni tra l'Italia e gli Stati Uniti, che è il quadro in cui si collocano non solo le distonie, le disfunzioni o le tragedie ma anche l'attività ordinaria. Più volte abbiamo detto che non è questo in discussione e chiunque avesse intenzione di dibatterne, lo dovrà fare in altre sedi parlamentari non nella Commissione d'inchiesta sulle responsabilità relative alla tragedia del Cermis.
Assodato che questo è l'ambito in cui ci collochiamo, esistono problemi di caratteri normativo, operativo, informativo, alcuni dei quali concernono l'Aeronautica ai diversi livelli, altri il potere politico, la diplomazia e via dicendo. Innanzitutto quello che è avvenuto dopo il 3 febbraio 1998, su cui lei si è trattenuto ampiamente. Le chiedo se sia possibile farci avere la documentazione tecnica dei testi citati, siano essi non riservati oppure classificati come segreti, perché la deliberazione


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istitutiva della Commissione ne prevede l'acquisizione, fermo restando che per questi ultimi lei dovrà chiedere l'autorizzazione al ministro. Questo non tanto e non solo per accertare quanto accaduto il 3 febbraio 1998 ed i motivi della tragedia, ma per evitare che si ripetano eventi del genere, il che riguarda, per certi profili, l'Aeronautica e l'azione del Governo nel suo complesso.
Vi è poi un aspetto riguardante il giorno 3 febbraio 1998 - ed entriamo nella parte storica non di sua competenza personale ma istituzionale - in cui si è consumata una tragedia non casuale ma scaturita dalla violazione di tutte le norme vigenti relative alla velocità, alla rotta, alla quota: tutto è stato violato in quella circostanza.
C'è poi un problema che riguarda tutto quanto è avvenuto prima del 3 febbraio 1998. Prendo atto dell'importanza di ciò che si sta facendo a proposito della fase successiva; rispetto a ciò sarà utile avere tutta la documentazione ed eventualmente riascoltare più avanti lei o qualche suo collaboratore. È pacifico che ciò che è avvenuto il 3 febbraio si deve alla violazione di tutto il violabile. Ma il problema è il perché quel volo abbia potuto realizzarsi quel giorno e cosa sia successo in precedenza che abbia permesso di arrivare a quel 3 febbraio.
Per quanto riguarda il 3 febbraio, le chiedo solo un chiarimento su un punto circa il quale mi pare vi siano interpretazioni diverse. Se quel volo era di addestramento nell'ambito dell'operazione Bosnia...

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. No. Se fosse stato un volo per la Bosnia sarebbe stato ordinato da Vicenza...

MARCO BOATO. Mi risponderà comunque più avanti; la ringrazio dell'interruzione. Questa era una tematica alla quale volevo arrivare. Lei sa che dagli atti giudiziari emergono diversità di valutazione al riguardo. So che lei è stato sentito e che ha dato una certa versione che mi sembra oggi confermi; emerge però - e non dall'ultimo venuto ma da altre autorità, sia pure inferiori alla sua - che invece quel volo sarebbe dovuto essere autorizzato - e non lo sarebbe stato in nessun caso - dalla V ATAF di Vicenza, mentre è stato inserito in un programma (che se non sbaglio riguardava il 31o Stormo, gli F16) inviato all'ex ROC di Martina Franca.
È un problema non irrilevante perché la tragedia del 3 febbraio si sarebbe potuta evitare in base all'una o all'altra interpretazione. C'è però una responsabilità - che non è sua personale ma riguarda il suo ruolo istituzionale - per tutto ciò che è avvenuto prima. Senza dare per accertato ciò che deve ancora esserlo, dopo aver acquisito le informazioni di cui siamo in possesso emerge pacificamente che ci sono stati centinaia di episodi di volo a bassa quota, decina e decine di casi di voli a bassissima quota, non riguardanti solo gli americani, e decine di voli anche precedenti di poco il 3 febbraio del 1998 compiuti in violazione di tutte le norme.
Da ciò si evince che «ci volevano» i 20 morti del 3 febbraio 1998 perché - come ci hanno detto il ministro, il sottosegretario, lei e come hanno sottolineato anche i dibattiti parlamentari - si superasse l'incertezza, la distonia, la sovrapposizione delle norme, anche per quanto riguarda la gestione delle base di Aviano (e so che la questione attualmente sta interessando Sigonella) e si cambiasse il quadro normativo e applicativo delle norme medesime.
Ma anche il quadro normativo precedente il 3 febbraio 1998 - come mi pare lei stesso abbia detto - non poteva consentire non solo una strage ma neanche un volo di quel genere. Eppure voli di quel tipo si sono verificati a decine. Il collega Marino ha citato gli atti ed io non lo faccio per sintesi, ma se vuole può farsi consegnare dagli uffici della Commissione i resoconti stenografici delle altre audizioni. Le do i riferimenti: pagina 13 del


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resoconto stenografico del 9 febbraio, pagina 12 di quello del 15 febbraio, eccetera.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Le posso fornire gli elenchi delle 108 segnalazione degli ultimi due anni.

MARCO BOATO. È utile che lei ce li dia. Le chiedo - per quanto lei sappia nella sua veste istituzionale - come avveniva la comunicazione lungo la catena gerarchica delle disposizioni e dei divieti. Mi riferisco ad esempio alla disposizione del 21 aprile 1997 ma anche a quelle precedenti. Non c'è dubbio, infatti, che qualcosa non ha funzionato, oltre al comportamento del pilota, quel giorno.
Seconda domanda. Come avvenivano i controlli dell'avvenuto rispetto delle norme?
Terza domanda. Lei ci ha detto che mette a nostra disposizione gli elenchi delle 108 segnalazioni; ci era stato detto che questo dossier esisteva, a livello di Stato maggiore. Quali sono - e questo riguarda chi ricopriva quegli incarichi pro tempore - le iniziative assunte nei riguardi di chi operava in un certo modo per inesperienza, per mancanza di professionalità, per avventurismo, per bullismo? Ci sono stati episodi di questo genere: ricordo la registrazione in cui si ascoltano persone che scommettono birra sullo spavento che possono provocare con un certo volo. Questo fa capire che c'era mancanza di professionalità e violazione di norme, ma anche che esistevano forme che combinavano questi due aspetti con una sorta di macabro gioco, che ha funzionato quasi sempre ma che alla fine ha provocato la tragedia.
Cosa avveniva? Il consiglio provinciale di Trento ha inviato al ministro della difesa - e non al capo di Stato maggiore dell'Aeronautica - un'interrogazione in cui si segnalava con grande allarme uno di questi episodi. Il ministro della difesa pro tempore (di cui parlo con grande rispetto perché, come tutti sanno, si trova in una situazione personale gravissima in questo momento) Andreatta rispose cinque mesi dopo con una lettera in cui, sostanzialmente, si lasciavano le cose come erano; una lettera che - a mio parere - era radicalmente insufficiente, a differenza di quanto ritengono altri. Suppongo però che quella lettera non sia stata scritta dal ministro Andreatta, che non credo sia un esperto di aeronautica; suppongo che abbia sottoposto il problema - e per questo, forse, sono passati cinque mesi - al capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, il quale a sua volta avrà interpellato gli uffici competenti. Ricordo poi la vicenda di Cortina d'Ampezzo: la semplice minaccia di rivendicazione giurisdizionale da parte degli americani ha comportato certe conseguenze. Vi sono stati, insomma, una serie di precedenti gravissimi che facevano intravedere il rischio che qualcosa potesse succedere. Come è possibile che non sia successo nulla dal punto di vista del comando, della conoscenza e della trasmissione delle norme, del controllo sul loro adempimento e della sanzione della loro violazione?

GIUSEPPE DETOMAS. Il collega Boato ha già posto molte delle domande che volevo formulare, in particolare quella relativa alle sanzioni disciplinari.
Il ministro ieri ci ha detto che all'epoca dei fatti le normative erano assai lacunose; egli ha quindi sostanzialmente riconosciuto l'insufficienza delle regole per garantire una adeguata sicurezza dei voli a bassa quota, da cui deriva la mancata applicazione di sanzioni penali. Lo stato maggiore ha mai segnalato questa carenza e, se non lo ha fatto, perché?
Volevo poi chiederle dei chiarimenti a proposito della verifica delle capacità psicofisiche dei piloti da parte delle nostre autorità (capacità che nel caso del Cermis evidentemente non c'erano), vale a dire se tale verifica fosse prevista all'epoca e se è contemplata oggi. Mi pare - sono assolutamente a digiuno di queste problematiche - che sia prevista una autorità di certificazione...


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ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Ogni governo ha la sua autorità, le cui certificazioni sono riconosciute per reciprocità dalle altre: è come per la patente automobilistica. Se lei va in Germania non le chiedono alcuna certificazione psicofisica; la sua patente è riconosciuta in Germania, così come il mio brevetto di pilota è riconosciuto in America. Tutto ciò fa parte di un accordo internazionale.

GIUSEPPE DETOMAS. Senza volermi rifare al tragico episodio del Cermis, ricordo che la televisione americana ha diffuso un filmato che mostrava cosa accade all'interno di un aereo americano: è lecito dubitare sull'esistenza di quelle capacità psicofisiche. Le chiedo se, di fronte ad episodi tanto macroscopici, vi sia qualche iniziativa intrapresa da parte del Governo italiano.

LUIGI OLIVIERI. Voglio unirmi al ringraziamento che il presidente e i colleghi le hanno rivolto per la sua relazione. Penso tuttavia che avremo bisogno di ascoltarla di nuovo perché, con la collaborazione dei nostri esperti, avevamo preparato un certo numero di domande che probabilmente le sono state fatte recapitare tardivamente. Lei ha svolto una relazione certamente soddisfacente sul «dopo Cermis» ma non altrettanto soddisfacente su quanto è successo prima del 3 febbraio 1998.
Riallacciandomi al ragionamento svolto dal collega Boato vorrei sottolineare che questa Commissione dovrà, fra l'altro, dissipare - se ne sarà capace - le ombre che le inchieste della procura ordinaria e di quella militare hanno individuato circa la situazione di assuefazione dell'aeronautica militare italiana rispetto ad una generale ed univoca violazione di norme di volo. Lei ha giustamente ricordato che la vicenda del 3 febbraio ha fatto registrare una totale violazione delle norme; ne sono state ricordate cinque, ma probabilmente tutte le possibili normative sono state violate.
Una delle domande banali che può sorgere all'uomo della strada riguarda il perché questi professionisti che guidano strumenti micidiali, che possono anche causare la morte, si permettano impunemente e tranquillamente di violare tutto ciò che è violabile nell'ambito di una normativa di volo. Forse perché questo atteggiamento era molto diffuso? Questa è la domanda che secondo me aleggia su tutta la vicenda del Cermis.
Le sono già stati posti vari quesiti su alcuni filoni. Il primo è relativo agli accordi bilaterali che disciplinavano o disciplinano ancora il volo prima e dopo la tragedia del Cermis. Quel volo è stato definito di addestramento nazionale USA.
Un'altra questione, certamente non secondaria, riguarda le modalità precedenti ed attuali relative ai messaggi, agli ordinativi e alla disciplina in merito alle attività addestrative. Il collega Boato faceva riferimento al messaggio del 21 aprile 1997. Siamo rimasti piuttosto allibiti nel leggere gli incartamenti della procura di Trento ed in modo particolare la deposizione del generale Vannucchi, all'epoca generale di squadra aerea e comandante della V forza aerea tattica, nonché comandante operativo delle forze aeree italiane. Ad una esplicita e precisa domanda del procuratore della Repubblica circa l'essere o meno quel messaggio precettivo (abbiamo visto quanti «distinguo» sono stati formulati al riguardo), ha risposto in modo chiaro ed inequivocabile che lo era e, quindi, doveva vietare tutti i voli a bassa quota. Abbiamo potuto constatare che quella inequivocabile affermazione è stata smentita anche dalla sua persona, oltre che da altri generali ascoltati sul punto. È un problema che non può rimanere nel dubbio e che deve essere chiarito in modo inequivocabile.
Un terzo filone di domande che ci siamo posti riguarda la capacità tecnica ed operativa per i controlli dei voli militari a bassa quota. Abbiamo ascoltato il ministro della difesa dire due giorni dopo l'evento, in sede di Commissioni riunite difesa della Camera e del Senato, che non


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era in grado di dare una risposta a varie interrogazioni anche parlamentari, perché non poteva identificare i velivoli che avevano svolto quel tipo di operazione. La cosa sorprese tutti e ci sorprende ancora: se dobbiamo rispondere al secondo e terzo quesito che il Parlamento ci ha affidato al momento della costituzione di questa Commissione, dobbiamo dire ai nostri concittadini se siamo o meno in grado di sapere cosa ci vola sulla testa. Allora non eravamo in grado di saperlo; oggi la situazione si è modificata o no?
L'ultima domanda riguarda gli interventi svolti dall'Aeronautica militare dopo la tragedia, ma sul punto la relazione del capo di stato maggiore è stata certamente esaustiva.

PIETRO MITOLO. Ringrazio il comandante per la sua relazione, esaustiva sotto ogni aspetto. Per quanto riguarda il periodo antecedente la tragedia, lei non era capo di Stato maggiore e quindi era un po' difficile aspettarsi notizie precise da parte sua; eventualmente le fornirà in seguito.
Ho una sola domanda da fare. Lei è stato anche comandante della V ATAF, prima di assumere l'alto incarico che attualmente ricopre. Si dice - anche dopo aver ascoltato i procuratori - che da parte dell'Aeronautica italiana ci sia stato un certo atteggiamento di accondiscendenza o - diciamo pure la verità - una sorta di sudditanza o una specie di complesso di inferiorità nei confronti, in particolare, degli americani.
Le chiedo di spiegarci come si svolgano i rapporti nell'ambito dell'Alleanza tra la forza armata italiana e le altre forze cooperanti. In particolare, per quanto riguarda la base di Aviano, il comandante italiano, rispetto al comandante americano, che rapporti di grado ha? Occorre chiarire, una volta per tutte, questo aspetto che si vuole insinuare, sia pure in forma a volte soft ma comunque offensivo, che credo non possa essere accettato.

MARCO BOATO. Se fosse la verità non sarebbe offensivo.

PRESIDENTE. Onorevole Mitolo, in un'aula di tribunale si direbbe che lei suggerisce la risposta!

ELVIO RUFFINO. In primo luogo, vorrei sapere quale carica lei ricopriva all'epoca della tragedia.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Ero comandante generale della scuola.

ELVIO RUFFINO. La spiegazione su cui ha insistito molto ieri sera il ministro, e che abbiamo sentito anche in altre audizioni, è che vi fosse carenza di regole. Ciò è stato detto dal ministro e confermato dall'attività che si è svolta dopo il 3 febbraio con la ricostruzione di un quadro di regole attraverso l'impegno sia del Governo sia dell'Aeronautica. Però, questa spiegazione mi sembra pericolosa e preoccupante perché rinvia a problemi ancora più grossi, mentre sarebbe molto più semplice far risalire gli eventi e le responsabilità a persone e a fatti specifici. A questo punto abbiamo un quadro in cui le regole c'erano e sono state violate ed erano carenti le procedure di autorizzazione e di controllo. Questo, semmai, è l'aspetto normativamente non adeguato. Però, abbiamo accertato che le violazioni non solo erano state stigmatizzate da decine di segnalazioni, ma vi erano, dal punto di vista istituzionale, interpellanze svolte anche in sede parlamentare (ne ricordo una del collega Olivieri), ordini del giorno delle istituzioni locali, fatti accertati - e non solo denunciati dai cittadini che magari calcolavano male l'altezza - come la recisione della funivia del Falzarego o gli episodi di Socchieve e Vallarsa. In seguito sono state accertate, attraverso l'opera della magistratura, carenze nei comandi USA: per esempio, i briefing di cui lei ha parlato, volti a rendere edotti i piloti delle regole, non si tenevano e i piloti non conoscevano le regole; la cartografia non era aggiornata e così via.
Di fronte a questo, sono emerse - e non sono state negate - responsabilità


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politiche grosse. Noi ci siamo permessi anche di rilevare responsabilità della magistratura, che mai è intervenuta, anche di fronte a fatti specifici, rinunciando alla giurisdizione, cioè dando per acquisito di non averla.

MARCO BOATO. Archiviando!

ELVIO RUFFINO. Il fatto che le regole non fossero rispettate e che le procedure di autorizzazione e controllo non fossero adeguate riporta ad un problema di esercizio del comando molto specifico e forte. Da questo punto di vista, la preoccupazione invece di ridursi aumenta, perché, se il quadro reale è quello che hanno delineato i magistrati, che hanno spiegato questa carenza ai vari livelli del comando attraverso la teoria della sudditanza, anche le nuove procedure potrebbero essere invalidate da atteggiamenti non determinati delle autorità politiche e militari italiane. Quindi il problema non si riduce ma si amplia, mettendo in forse anche la validità di tutte le operazioni fatte successivamente.

WALTER DE CESARIS. Sarò lapidario e mi permetta, anche se lapidariamente, di ringraziarla per la sua presenza in questa sede.
Mi ha sorpreso una cosa che lei ha detto, ma probabilmente non ho approfondito bene questo aspetto: da quanto hanno affermato non uno ma vari procuratori, mi sembrava che non fosse dubbio che il velivolo in questione facesse parte dell'operazione Deliberate guard.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Sì, ne faceva parte, ma il volo non era stato programmato per una missione Deliberate guard.

WALTER DE CESARIS. Come i colleghi hanno detto, vi erano state diverse segnalazioni, di cui è a conoscenza anche il comando, di violazione di prescrizioni. Vorrei sapere in che modo sia stata mai formalizzata dal comando questa circostanza e se sia stata contestata in alcune occasioni in modo formale alle autorità dei paesi stranieri. A quanto le risulta, è mai accaduto che un piano di volo sia stato eccepito dall'autorità italiana che lo doveva autorizzare? È accaduto almeno una volta?
Infine, desidero tornare sul messaggio del 21 aprile 1997: il procuratore della Repubblica di Bari ci ha spiegato che era di carattere non prescrittivo, ma informativo. Mi interesserebbe un approfondimento sugli indirizzi del messaggio, sul perché fosse stato mandato per conoscenza al comandante di Martina Franca e per competenza al comando NATO. Una delle motivazioni per le quali esso non aveva carattere prescrittivo stava proprio nel fatto che fosse stato mandato per conoscenza. Vorrei sapere perché.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Inizierei rispondendo all'onorevole De Cesaris circa il messaggio al quale si fa riferimento in quasi tutte le domande. Chiarisco che si trattava di un messaggio informativo; se fosse stato proibitivo, sarebbe stato emesso un N.O.T.A.M. Mi è stato chiesto perché fosse stato indirizzato a Vicenza e mandato a Martina Franca solo come informazione. Vicenza controllava tutti i voli operativi in Bosnia e non quelli addestrativi.
Quindi Vicenza non poteva autorizzare nessun volo addestrativo (se fossero venuti da me avrei scartato quella missione); in base agli accordi i voli addestrativi andavano sulla catena nazionale, mentre quelli operativi sulla catena NATO. Considerato il gran numero di aerei, la necessità di tutte le nazioni di addestrarsi in Italia ed i problemi legati all'impatto ambientale, quando ero a Vicenza stabilii che il CAOC (Combined Air Operation Center) non poteva programmare alcuna missione addestrativa a bassa quota sul territorio nazionale.
Ribadisco che il messaggio non riguardava la sicurezza del volo bensì l'impatto ambientale. Sostenere che il messaggio atteneva alla sicurezza del volo equivale a


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dire che prima non si volava in sicurezza: l'attività di navigazione a bassa quota (che ho praticato per venticinque anni) è stata inventata nel periodo della guerra fredda per sfuggire ai radar nemici e sono state compiute centinaia di migliaia di missioni sul territorio; oggi invece sono diminuite per contenere il disturbo, evitare l'impatto ambientale e via dicendo. L'Aeronautica militare italiana, come le forze aeree di altre nazioni, non potendo più fare addestramento a bassa quota ha stabilito un programma di addestramento in Canada e in Egitto, dove rischiereremo un nostro reparto. E poiché questo non completa l'addestramento dei piloti perché l'ambiente è diverso, una volta tornati in Italia i piloti dovranno fare ambientamento sullo scenario europeo. Prima che un pilota sia idoneo a volare a bassa quota, cioè al di sotto dei 2 mila piedi (per addestrare si vola fino a 500 piedi, mentre prima si arrivava addirittura fino a 250) occorrono dalle 100 alle 150 ore di volo.
Il messaggio del 21 aprile era informativo per evitare - lo ribadisco nuovamente - l'impatto ambientale, come è confermato dalla diminuzione delle proteste.
Ho una nota delle segnalazioni - che consegno alla presidenza - che spiega quali sono processate, quali quelle esaminate e via dicendo, che comprende anche la segnalazione relativa a Vallarsa. Ho anche un documento riservato sul numero di velivoli stranieri presenti in Italia, che ricevo giornalmente, e che posso lasciare se la Commissione lo ritenesse opportuno.
I provvedimenti disciplinari sono adottati a livello di comandante di corpo, nel senso che questi sono obbligati ad adottare i provvedimenti disciplinari nel caso di indisciplina di piloti durante i voli. Sicuramente qualche provvedimento è stato adottato, ma non possiedo la documentazione.

GIOVANNI MARINO. Ma viene comunicato allo stato maggiore?

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. No, il provvedimento disciplinare viene trascritto nel libretto personale ed io potrei esserne a conoscenza se lo leggessi. Certamente sono stati adottati provvedimenti disciplinari, anche se in questi ultimi anni sono di gran lunga diminuiti.

MARCO BOATO. Poiché è accertata la grande quantità di episodi simili da parte di italiani e americani, come è potuto accadere che si siano aspettati venti morti per intervenire? Lo dico con il linguaggio dell'uomo della strada, ma il concetto non cambierebbe anche se lo spiegassi in modo più dettagliato.

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. È giusto rispondere alla sua domanda con dei dati. Ho l'elenco di quello che è successo negli ultimi dieci anni, ma non ho ancora spiegato le difficoltà incontrate per arrivare al responsabile dell'evento, controllando le segnalazioni e via dicendo. Quando ero a Ghedi, un mio collega tranciò il cavo della funivia sulle isole Tremiti perché era finito fuori rotta e rischiò il ritiro del brevetto; poi è stato punito solo disciplinarmente. In ogni caso bisogna attendere le conclusioni della magistratura, solo successivamente si può intervenire dal punto di vista disciplinare, a seconda se il fatto rientri nell'indisciplina di volo oppure no.

MARCO BOATO. Ciò che lei dice è vero dal punto di vista disciplinare, però rimane sempre aperto il problema del controllo su quello che accade, della vigilanza sul rispetto delle norme al di là dell'accertamento della singola responsabilità. Si tratta di verificare il funzionamento del sistema lungo la catena gerarchica, dal comandante a chi materialmente conduce l'aereo.

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Possiamo dire di essere soddisfatti del livello di sicurezza esistente, tanto che prima, quando si volava a 250 piedi, c'erano meno incidenti.


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI OLIVIERI

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Anche l'incidente del Cermis non c'entra nulla con la sicurezza del volo: si è trattato dell'indisciplina di un pilota al quale è venuto, come diciamo noi, il «colpo da matto». Se si fosse attenuto ad una qualunque regola di sicurezza, anche a 500 piedi, non sarebbe successo nulla; invece non ha seguito le regole vigenti, che sono sufficienti a garantire la sicurezza del volo. Abbiamo volato per cinquant'anni con quelle regole.

MARCO BOATO. Può darsi che siano false le notizie che ci ha dato l'autorità giudiziaria, ma supponiamo che siano vere. Abbiamo potuto accertare che, solo nei tre mesi precedenti il fatto, sul territorio nazionale sono state compiute 449 missioni a bassa quota, di cui 46 americane; fra queste, 84 missioni - di cui 27 americane - hanno interessato la provincia di Trento; 11 di queste missioni sono state effettuate da aerei rischierati per l'operazione Deliberate guard e, quindi, in violazione dell'accordo che non prevedeva questo tipo di voli di addestramento per questi equipaggi.
Lei capisce che non si tratta di un singolo fatto verificatosi quel 3 febbraio, per cui Ashby e Schweitzer hanno fatto i pazzi: questo è sicuramente successo, ma evidentemente in precedenza c'era qualcosa - una tolleranza, una mancanza d'intervento, di controllo, una sistematicità di simili comportamenti - che ha potuto portare a quelle estreme conseguenze. Questo è il nodo della questione.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Non mi risulta che quelle 11 formazioni abbiano volato al di fuori delle regole della sicurezza, altrimenti lo avremmo rilevato. Anche il fatto che quegli aerei utilizzati per l'operazione Deliberate guard non potessero effettuare quel tipo di voli non è vero; gli aerei non stanziali potevano compiere un certo numero di missioni di addestramento se inseriti nel normale programma di volo, e quelle missioni venivano accettate o meno a seconda se rientravano nella percentuale entro la quale potevano essere effettuate. Non potevano effettuarle se mandavano il piano di volo alla V ATAF; ma se lo mandavano seguendo la linea normale, si trattava di un aereo rischierato che poteva compiere una missione di addestramento.
Spesso i termini della questione si confondono ed anch'io faccio fatica a seguirli.

MARCO BOATO. Ciò che avveniva mi sembra un'elusione elegante.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Non si tratta di un'elusione elegante. Le missioni a bassa quota avvenivano sopra i 2 mila piedi, perché a quell'epoca c'era la disposizione di volare a quella quota in Trentino, soprattutto per evitare le valanghe e non tanto per la sicurezza del volo. A quest'ultimo fine potevano bastare i 500 piedi. Quando un pilota ha un piano di volo programmato, con un determinato percorso, sa che deve volare a 500 piedi in un certo punto, a 2000 mila piedi in un altro, a 1500 piedi in un altro ancora: si tratta della programmazione generale. Il controllo tiene conto del percorso. Poi è il pilota che è responsabile di osservare gli eventuali «nota» o i divieti che esistono lungo il percorso.
Ad esempio, se un piano di volo prevede che si debba passare a 1000 piedi su Siena, e si comunica al pilota che sopra quella città ci sono persone che si lanciano con il paracadute, il piano di volo viene approvato ugualmente. Il pilota però deve prendere nota della circostanza e passare a 5 mila piedi di altezza, per evitare di investire i paracadutisti. Gli stessi piloti del Cermis dovevano leggere il «nota», che era appeso nella cabina, secondo il quale non si doveva scendere in quel punto sotto i 2 mila piedi, neanche


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dopo il decollo. Il controllo che ha autorizzato la missione l'ha fatto più che altro per deconflittare. È anche piuttosto difficile parlare di controllo; infatti, o esso si estende fino ad un certo punto - ed in questo caso è parziale -, oppure è totale. Il comandante di Aviano aveva il dovere di controllare che i piani di volo si riferissero a quelli pianificati per la zona - c'era una sigla apposita - e che il numero di sortite fosse uguale o inferiore a quelle autorizzate per Aviano; poi doveva trasmettere tutto ciò al comando ROC di Martina Franca, che deconflittava questi percorsi in funzione di tutti i messaggi ricevuti dagli altri rapporti.
Per dimostrare che quel giorno il controllo c'è stato, vi dirò che proprio quel volo è stato corretto, perché nella compilazione automatica era stato indicato il percorso del volo precedente. Il sergente maggiore ha chiamato il capitano, che ha autorizzato la correzione. Quindi il controllo che questi uomini dovevano compiere c'è stato e si doveva limitare a questo. Martina Franca si è limitato a verificare che il percorso rientrasse nel numero di missioni autorizzate per Aviano e che non intralciasse altri percorsi; dopo di che lo ha autorizzato.
Quanto al controllo in volo dell'aereo, può essere effettuato. Noi gli diamo il punto radar, dopo di che lo «molliamo»: il radar automaticamente segue il percorso finché «vede» l'aereo. Ma in montagna non vede niente.

MARCO BOATO. L'Awack non lo rilevava?

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Lo avrebbe potuto rilevare se lo avessimo inviato a controllare. Ma a parte il fatto che in Italia non c'è nessun Awack, perché non abbiamo ancora i soldi per comperarlo, pur essendo una delle nostre priorità, l'Awack era della NATO e in quel momento lo impiegava in Adriatico e in Ungheria perché era in corso la guerra di Bosnia e non c'erano altri radar nella zona di cui stiamo parlando. Il radar posto in Ungheria e in Bosnia avrebbe potuto individuare l'aereo, ma lo avrebbe fatto nella stessa misura dei nostri radar a terra. Se invece si fosse sistemato un radar su quel punto si sarebbe potuto seguire l'aereo.

MARCO BOATO. Non mi riferisco ad Awack italiani: visto che si tratta di operazioni che si svolgevano nel quadro dell'Alleanza...

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Si trattava di un volo di addestramento di un reparto in Italia, che seguiva le stesse regole degli altri reparti stranieri ed italiani. Le missioni italiane dai vari aeroporti viciniori - mi riferisco ai voli a bassa quota - seguono un programma che viene inviato al ROC per deconflittarlo e quest'ultimo lo autorizza, nel senso che garantisce che ogni volo non vada a sbattere contro un altro. La responsabilità che il pilota sia addestrato per compiere quel volo è del comandante. Rientra poi nella professionalità dello stesso pilota il fatto che egli legga, prima di volare, tutte le procedure relative al suo volo; non sarebbe professionale se non lo facesse e se normalmente questo non avvenisse sarebbero morte molte più persone fino ad oggi.
Non ci sono altre responsabilità nel controllo che possano ricadere da una parte o dall'altra. A parte ciò, insisto sul fatto che il volo del Cermis non ha nulla a che fare con le regole sulla sicurezza del volo. Si è trattato di un'indisciplina; le regole sul volo sono sempre state idonee. Sono state recentemente alzate le quote da rispettare, ma solo per l'impatto ambientale. Tra l'altro, serve poco fare addestramento a quelle quote; siamo costretti, infatti, ad andare in Canada o in Egitto. Comunque, ripeto, le regole sulla sicurezza del volo sono sempre state sufficienti a garantire l'incolumità non solo dei piloti, ma soprattutto di coloro che sono a terra.

MARCO BOATO. Non sempre: lei stesso dice che ci sono stati una serie di


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episodi precedenti che hanno creato dei rischi.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Ma parlare di una serie di episodi precedenti sarebbe come affermare che poiché esistono le regole del codice della strada non avviene nessun incidente. Stiamo parlando di migliaia e migliaia di voli e di 100 episodi, di cui sono stati verificati solo quattro o cinque. Questi sono i termini.
Questi sono i dati: di incidenti quest'anno ne abbiamo avuti due e lo scorso anno neppure uno e parliamo di 150 mila ore di volo! Vi è un normale livello di pericolo che non è dovuto a carenza di regole della sicurezza del volo, che sono state concordate con gli americani. Se si va a vedere, le regole della sicurezza del volo non sono cambiate, se non per evitare l'impatto ambientale. Il responsabile già c'era ed ora viene individuato in modo più preciso: invece del comandante di gruppo, è il comandante di stormo che ha una visione più ampia. Era previsto anche prima che dovessero volare con determinate carte e il comandante americano era responsabile da questo punto di vista. Come loro non possono chiedermi che addestramento hanno i miei uomini, perché sono io che garantisco che quel pilota è in grado di fare quel volo, io non posso farlo nei loro confronti.

GIUSEPPE DETOMAS. Il ministro ha detto che vi era carenza di regole.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Le regole sono state modificate ma non dal punto di vista della sicurezza del volo; lo sono state per evitare l'impatto ambientale sulle Alpi. Non è certo una regola di sicurezza del volo evitare di volare sotto i 13 mila piedi per 30 chilometri intorno a Cavalese. Si è ritenuto necessario fare questo tipo di intervento più che altro politicamente, ma tutte le regole della sicurezza del volo ancora valgono.

PIETRO MITOLO. Probabilmente il ministro si riferiva alle norme di legge.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Non so a cosa si riferisse il signor ministro, però che siano vaghi gli accordi in atto stipulati nel 1954 o in altri periodi nessuno lo disconosce, ma sono comunque accordi che hanno il carattere della reciprocità.
Si è parlato del fatto che l'Aeronautica non ha firmato l'accordo del 1995: non so se l'Esercito e la Marina lo abbiano firmato.

MARCO BOATO. Lo hanno firmato l'Esercito e la Marina, ma non l'aeronautica.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Il documento deve essere concordato e qui si sta parlando di quello relativo all'aeroporto di Sigonella, dal quale discendono gli altri, e che deve essere firmato dal ministro della difesa, quindi non è che l'Aeronautica non lo abbia firmato! L'Aeronautica lo ha compilato ed inviato; sono in corso accordi a livello politico. D'altro canto, dal 1995 ad oggi, fra la guerra in Bosnia e quella in Kosovo, la situazione è cambiata. Fra l'altro, l'accordo politico sulla gestione delle infrastrutture e della base deve specificare quanti uomini devono stare a Sigonella: nel 1995 ne bastavano 3 mila, ma ora ne occorrono 7 mila. Bisogna mettersi d'accordo su questo e su altri aspetti (quanti e quali aerei, eccetera), poiché si tratta di un accordo bilaterale. Quindi, non è che l'Aeronautica non lo abbia ancora firmato: non è stato firmato perché non è stata trovata un'intesa dei due sull'accordo quadro di Sigonella, dal quale discendono tutti gli atri (Aviano, Capodichino, San Vito dei Normanni, Vicenza).
Per quanto riguarda il controllo sugli accordi, ho già spiegato quali siano i compiti che deve svolgere il comandante di Aviano per quanto riguarda l'attività di volo. Inoltre egli deve controllare che gli americani si attengano alle clausole dell'accordo (non portare più di 36 aerei; non fare determinate missioni in ore


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notturne perché non sono autorizzate, e così via); per tutto il resto, sono impegnati ad attenersi alle regole di volo, come fanno tutti coloro che volano in Italia.
Circa il rapporto di sudditanza, avrei qualcosa da eccepire. Comandavo la V ATAF e il mio comandante diretto era l'attuale Capo di stato maggiore dell'Aeronautica statunitense: non mi risulta che vi sia stata sudditanza, anzi tutte le volte che c'era, io intervenivo e lui capiva. Erano questioni e rapporti particolari dei quali vi cito un esempio: stavamo istituendo quella struttura che da una «stanzetta» è diventata un organismo con 500 persone in grado di avere contezza immediatamente di qualsiasi cosa voli e si muova in Bosnia (da lì si può addirittura mandare la fotografia di un obiettivo da un aereo ad un altro che deve attaccarlo). Ad un certo momento, ho visto che stavano costruendo una rete e impiantando i cartelli «US only». Ho osservato che non era possibile e quando mi è stato risposto che si trattava di «cose segrete» ho chiesto di avere la chiave, anche per non trovarmi in imbarazzo con i francesi, gli olandesi, i tedeschi e gli inglesi che facevano finta di essere d'accordo ma poi sobillavano. Il giorno dopo mi è stata portata la chiave e sono entrato. Quando vi erano determinate operazioni, io esprimevo il mio parere, come facevano tutti gli altri, e lui era il comandante, niente di più e non c'era certo sudditanza.
Si può parlare semmai di inferiorità dal punto di vista tecnico, tecnologico e dei mezzi. Vi è un gap enorme. Nei due anni e mezzo di operazioni Night flight e Deliberate guard ho imparato più di quanto non avessi imparato nei trent'anni precedenti e porto con me quell'esperienza. Quindi, si tratta di inferiorità non nel senso di sudditanza, ma con riferimento ai mezzi.
Parlando di sicurezza del volo, oserei dire che l'hanno inventata gli americani. Da questo punto di vista sono più attenti di noi. Abbiamo imparato da loro ad applicarla scientificamente, seguendo i corsi americani, per poi portarla in Italia. Ricordo il caso di un colonnello americano che ha riferito che un pilota aveva fatto un passaggio sull'aeroporto senza essere autorizzato: un minuto dopo quel pilota era negli Stati Uniti. Sul versante della sicurezza loro sono molto più avanti di noi.

MARCO BOATO. Però, hanno volato consultando le carte americane anziché quelle italiane!

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Difatti c'è la responsabilità sia del pilota, che doveva prendere le carte italiane, sia del comandante il quale avrebbe dovuto controllare. Noi avevamo trasmesso le carte aggiornate, anche se si può dire che non c'erano i dispositivi di segnalazione della funivia e del cavo elettrico. L'Aeronautica esprime un parere, perché è il Ministero dei trasporti ad imporre i dispositivi di segnalazione; ripeto, noi esprimiamo il parere sulle segnalazioni, ma non abbiamo nessuna giurisdizione.

MARCO BOATO. Sulle carte italiane la funivia e il paese di Cavalese erano segnalati.

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Sicuramente sulle carte italiane era segnalata anche la funivia, perché appena ci perviene una segnalazione noi la trasmettiamo, mentre non era segnalato l'ostacolo come avrebbe dovuto secondo il regolamento, perché non c'erano i palloncini.

MARCO BOATO. A cento metri di altezza?

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Sì.

MARCO BOATO. Si presume che un aereo non voli a cento metri di altezza!

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Può essere


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in emergenza e quindi volare a quell'altezza; si presume, perché può succedere. Comunque, gli aerei civili volano molto più bassi di quelli militari perché si può volare a vista.

MARCO BOATO. A mille chilometri di velocità?

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Molte volte si confonde la quota con la velocità; a dir la verità non ho analizzato l'incidente e può darsi che l'aereo volasse a quella velocità. Può anche darsi che fosse in emergenza (ma non è questo il caso), ciò nonostante tutti gli ostacoli alla navigazione aerea devono essere segnalati.

GIUSEPPE DETOMAS. Ci sta forse dicendo che le carte italiane erano insufficienti?

PRESIDENTE. Il Capo di stato maggiore non sta dicendo questo. La funivia era segnalata sulle carte, ma non aveva le segnalazioni visive previste dalla legge.

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Quelle stesse segnalazioni visive che il Ministero dei trasporti deve imporre. Con questo non giustifico i piloti! Ogni volta che l'Enel realizza un elettrodotto deve chiedere l'autorizzazione e il Ministero dei trasporti la concede, imponendo la segnalazione, specie se si trova vicino a un aeroporto, a determinate strutture o se interessa rotte aeree particolari.

MARCO BOATO. Questo aspetto potrebbe essere segnalato dalla Commissione affinché in futuro siano rigorosamente rispettate le normative. Nei vari episodi accaduti - Falzarego, Vallarsa, Cortina, dove un aereo ha puntato lo stadio del ghiaccio a 70 metri di altezza, e la tragedia di Cavalese - non vi era alcuna emergenza da costringere i piloti ad abbassarsi fino a quella quota. Non si può dire che la mancata segnalazione abbia provocato il disastro: in tutti questi casi si è in presenza di violazioni di norme, di mancanza di professionalità, di messa a rischio della vita altrui e della propria, perché i piloti hanno rischiato anche la propria vita.

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Nel caso della Vallarsa la funivia non era segnalata pur avendo l'Enel posato tutte le segnalazioni del caso; il pilota stava volando nei termini previsti perché ha toccato il cavo a 720 piedi e avrebbe potuto spingersi fino a 500 piedi. In quel caso, il pilota ha infilato una valle dietro l'aereo con il quale si era messo in formazione e a 720 piedi ha toccato la funivia, potendo scendere - lo ripeto - fino a 500.

MARCO BOATO. La invito a farsi un giro in Vallarsa.

ANDREA FORNASIERO. Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. La conosco, così come conosco gli aerei, avendo pilotato i cacciabombardieri per trent'anni. Ribadisco che si è interdetta la navigazione a bassa quota per non produrre disturbo ed evitare l'impatto ambientale. L'indisciplina è sempre esistita e, più o meno, è sempre stata punita.
È stato chiesto quali accordi bilaterali regolano i voli, con particolare riferimento ai reparti di volo dipendenti da comstrike for south. Essenzialmente sono regolati dall'accordo tecnico aereo, dal BIA e dal MOU per le esigenze logistiche in Bosnia. Per quanto riguarda l'aereo di comstrike for south, che è un comando NATO, esso faceva riferimento al comando e al controllo del luogo in cui era di stanza. Questo, tra l'altro, era un velivolo particolare, perché doveva precedere le formazioni per intercettare i radar; poiché all'epoca l'Aeronautica americana non possedeva questo tipo di velivolo, usufruiva degli aerei dalla Marina e dei Marines. Una volta atterrato ad Aviano, quel velivolo è stato posto sotto il comando


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NATO di Vicenza per l'impiego in eventuali operazioni in Bosnia, mentre per l'addestramento il comando di riferimento è quello del 31o stormo (Interruzione dell'onorevole Boato). Onorevole, si trattava di voli di addestramento finalizzati ad operazioni in Bosnia oppure di operazioni in Bosnia. Per evitare che in Bosnia i nostri aerei venissero colpiti, si volava in quota, tuttavia per penetrare non è detto che si voli alto. È inutile essere scoperti prima di essere avvistati, anche se gli Awacs impedivano la reazione. Spesso si volava a bassa quota fino al confine e poi si saliva sopra le montagne, ma questo avveniva quando ancora i radar erano efficienti; successivamente si volava ad alta quota perché ormai la loro difesa aerea era stata eliminata.
Nessun aereo si poteva alzare e nessun missile poteva superare i 15 mila piedi, perché li avevamo eliminati tutti: potevamo andare ad alta quota, ma per motivi di sicurezza degli equipaggi. Con le operazioni Night flight e Deliberate guard siamo arrivati alla pace di Dayton; abbiamo compiuto 102 mila missioni senza neanche una perdita. Quando ci sono operazioni vere, il pilota si concentra di più ed aumenta di molto la sicurezza del volo rispetto ad una missione di addestramento un po' più rilassata. Non ricordo quante missioni abbiamo effettuate in Kosovo: comunque anche in quel caso non c'è stata una sola perdita.
Per quanto riguarda il volo a bassa quota, si può controllare solo finché il radar lo segue; ad ogni modo, il radar non avverte il pilota che si sta abbassando. In sostanza, è in contatto radio, e più di questo non si può fare. Se avessimo un Awack da collocare sulla zona, si potrebbe farlo, ma non converrebbe neanche; è preferibile andare in altre nazioni dove, pagando, ci consentono certi addestramenti.

MARCO BOATO. Se non fosse avvenuta la tragedia del Cermis sarebbe cambiato qualcosa?

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Sì. Le trattative per gli addestramenti in Canada ed in Egitto sono in piedi da più di due anni. Abbiamo accelerato le procedure e cercato i soldi - è stato più facile ottenerli - per acquisire quelle attrezzature. Da quando è scoppiata la guerra in Bosnia, è aumentata di gran lunga l'attività e tutti ci erano contro perché si diceva che disturbavamo. I piloti scendevano dagli aerei dicendo che non si poteva fare addestramento in quel modo; si lamentavano del fatto che, pur facendo il loro dovere, venivano accusati. Lo scorso anno abbiamo perso 150 piloti: non si è trattato solo di un problema di soldi, ma soprattutto del mancato riconoscimento degli sforzi e dell'impegno che essi profondevano e che venivano strumentalizzati in un modo o nell'altro.
Ricordiamoci che di piloti come quelli del Cermis ce ne è uno; gli altri sono professionisti che, al di fuori dell'Aeronautica, sono pagati tre volte tanto.

MARCO BOATO. Abbiamo approvato una legge per evitare l'esodo.

ANDREA FORNASIERO, Capo di stato maggiore dell'aeronautica. Lo so. Comunque, non è accettabile che essi vengano in qualche modo denigrati mentre fanno il loro lavoro.
Circa il quesito relativo alla procedura per la trattazione delle segnalazioni di sorvoli a bassa quota da parte dell'Aeronautica ai fini di un accertamento della sussistenza o meno della violazione e, se del caso, quali provvedimenti siano stati adottati, mi pare di aver già risposto nella mia introduzione, alla quale mi rifaccio.
Per quanto riguarda gli eventuali cambiamenti introdotti nel sistema normativo sull'attività di volo a bassa quota, non c'è stata alcuna modifica in tema di sicurezza del volo. Quanto all'abbattimento dell'impatto ambientale, le modifiche sono state molte e alcune le ho già elencate, non ultimo il fatto che andiamo all'estero a svolgere certi addestramenti.


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Comunque, ho portato con me tutti i documenti che non fossero riservati. Per quanto riguarda la presenza giornaliera degli aerei stranieri sul nostro territorio, noi la conosciamo ogni giorno. Il documento riservato che ho citato prima, posso farvelo avere dopo averlo declassificato. Vi consegno anche una sintesi degli accordi con gli altri paesi; per quelli segreti, per i quali è stata avviata la procedura di declassificazione, ricordo che essi sono già in visione presso le procure di Trento e di Padova, che non possono ancora divulgarli.
Lascio ad ogni modo tutta la documentazione a vostra disposizione.

PRESIDENTE. La ringrazio, generale Fornasiero, per essere intervenuto. Mi consenta di esprimerle il mio vivo apprezzamento per la sua relazione e per le sue risposte.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,40.

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