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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro della difesa, Sergio Mattarella che questa sera, con il suo contributo informativo, arricchirà il nostro già pingue patrimonio conoscitivo. Gli cedo senz'altro la parola.
SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Spero di poter contribuire, come d'altronde è dovere del Governo, ai lavori della Commissione.
rimodulare i nuovi scenari di sicurezza in Europa e nel contributo determinante che sta fornendo alla creazione di una nuova architettura di sicurezza in Europa.
prevedendo nuove restrizioni sulle quote minime di sorvolo, collegamenti radio costanti con i controllori del traffico italiano, riunioni informative gestite dal controllo del traffico italiano e l'uso delle mappe italiane per la pianificazione dei voli.
venti diritto, la Presidenza del Consiglio, in attuazione di quanto disposto dalla legge 21 dicembre 1999, n. 497, ha adottato un decreto che prevede indennizzi nella misura di 3,8 miliardi di lire per i familiari di ciascuna vittima. Per l'unico superstite della sciagura è stato previsto un indennizzo pari a 1,5 miliardi di lire. Gli atti transattivi sono stati già sottoscritti da tutti gli interessati che stanno riscuotendo le relative somme.
PRESIDENTE. La ringraziamo, signor ministro, e le diamo atto della puntualità, ampiezza ed esaustività della sua relazione, che è segno dell'impegno con cui il Governo segue questa vicenda così dolorosa. Adesso i colleghi le porranno delle domande, alle quali mi auguro potrà rispondere.
MARCO BOATO. Desidero anch'io ringraziare il ministro della difesa, onorevole Mattarella, per la sua esposizione.
che il Governo ha fatto a seguito della tragedia del Cermis del 3 febbraio 1998. A questo proposito, da ciò che a suo tempo disse lo stesso Presidente del Consiglio in aula, da ciò che ci ha qui riferito il sottosegretario Minniti e da quello che lei ha questa sera ricostruito puntualmente su ciò che si sta facendo dopo la strage, emerge un quadro di interventi posti in essere dal Governo; un quadro ancora da completare (come lei stesso ha detto ricordando l'accordo su Sigonella che è in via di definizione e gli altri che seguiranno) di interventi che rispondono ai problemi emersi dalla strage e dal comportamento verificato quel giorno. Su questo non andrei oltre, nel senso che l'impegno che lei ci ha confermato anche questa sera, come aveva già fatto il sottosegretario Minniti, di collaborazione con la Commissione, oltre che con gli altri organismi parlamentari, è importante e positivo, anche perché lei sa che nei compiti di questa Commissione, oltre alla vicenda del Cermis come tale, c'è anche tutta la parte che riguarda le misure da assumere perché sia garantita la sicurezza dei voli e delle popolazioni, nonché il rispetto delle misure di controllo, perché fatti come questo non possano più verificarsi.
situazione (se non vogliamo definirla di sudditanza, chiamiamola pure in altro modo) di carenza di ruolo da parte delle autorità militari italiane, che pure questo ruolo avrebbero dovuto avere. Questo è emerso chiaramente.
segnalazioni non è avvenuto nulla? Questo è un grande interrogativo con il quale non si vuole fare il processo alla storia, né si vogliono fare processi, compito questo che noi non abbiamo; si vuole solo ricostruire il funzionamento della catena di comando, dei meccanismi di controllo, dell'applicazione degli accordi. Tutto questo resta in ombra nella parte di relazione che lei ha dedicato non solo e non tanto al 3 febbraio 1998. Ciò riguarda non lei, Sergio Mattarella, attuale ministro della difesa, ma chi rappresenta il Governo nel rapporto di continuità con le responsabilità precedenti, chiunque fosse al Governo (oltre tutto, nelle epoche precedenti vi sono stati Governi di tutti i tipi).
GIOVANNI MARINO. Onorevole Mattarella, questa Commissione deve assolvere tre compiti individuati dall'articolo 1 della delibera istitutiva dove si legge: «Fare piena luce sugli avvenimenti, sulle cause e sulle responsabilità ad ogni livello dell'incidente avvenuto il 3 febbraio 1998 nel comune di Cavalese, dovuto al violento impatto... Accertare l'adeguatezza delle norme che disciplinano i voli di addestramento militari in Italia, in particolare quelli effettuati da velivoli di forze alleate, ai fini della sicurezza della popolazione. Verificare le procedure e i sistemi di controllo e l'attività di cui alla lettera b)».
giorno ed una corrispondenza tra le istituzioni locali e il Ministero della difesa o il Governo, ma tutto si era svolto nella calma assoluta come se si trattasse di un fatto burocratico di ordinaria amministrazione. Invece, a nostro avviso, sin da allora era necessario provvedere immediatamente e adottare provvedimenti per impedire che si ripetessero i voli a bassa quota, una quota davvero bassissima. Ci è stato raccontato l'episodio di un aereo statunitense che nel corso di un'esercitazione aveva preso come bersaglio lo stadio del ghiaccio di Cortina. Prima della tragedia si sono verificati altri episodi simili (Falzarego, eccetera) che sono stati segnalati. Vi è stato un allarme: perché nessuno si è mosso? Che cosa si attendeva?
SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Mi scusi, onorevole Marino, ho parlato di errore dell'equipaggio e errori di supervisione nella catena di comando dell'equipaggio dell'aereo, che è qualcosa in più e di ben diverso dell'errore dell'equipaggio.
GIOVANNI MARINO. Ho capito, ma io le contesto che non si è trattato di errore dell'equipaggio. Se volo a bassa quota in un certo modo ed in una zona in cui non è consentito, questo non è un errore, lo cerco deliberatamente. Volevo usare un'altra parola, cioè doloso, ma lasciamo stare, comunque è un fatto voluto, calcolato. Il volo è stato fatto in quel modo perché così lo hanno voluto i componenti dell'equipaggio, non per errore, tant'è vero che lo stesso procuratore della Repubblica ha poi affermato: «In questo contesto di
negligenza generale, non è stato poi così difficile individuare le singole responsabilità della gerarchia militare americana».
SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. So di dover replicare alla fine degli interventi dei commissari, ma vorrei, se il presidente consente, evitare un equivoco e cioè che qualcuno possa ritenere che io sottovaluti il comportamento che ha provocato la tragedia. Ognuno ha il suo modo di esprimersi, più enfatico o più misurato. Il mio abitualmente è misurato. Se ho parlato, come ho fatto, alla fine del mio intervento di «gravi comportamenti», pesando le parole come sono abituato a fare, ho dato un giudizio sui comportamenti non soltanto su errori da parte dell'equipaggio.
PRESIDENTE. È una puntualizzazione legittima. Vorrei ricordare ai colleghi che domani ascolteremo in audizione il Capo di Stato maggiore e vi sono domande che potrebbero forse essere indirizzate a tale interlocutore senza ingolfare troppo l'intervento del ministro con domande che non sono strettamente inerenti al suo ruolo.
GIOVANNI SAONARA. Ringrazio il ministro. Anch'io apprezzo e condivido la sobrietà e le mie domande saranno molto brevi, anche perché molti elementi sono già emersi. La prima domanda che ci preoccupa come parlamentari è questa: se rilegge gli stenografici delle audizioni risulta evidente come nella popolazione interessata, che - lo ha detto in particolare il presidente della provincia Dellai - ha forte il senso delle istituzioni e per la quale - aggiungeva sempre Dellai - gli interventi non si misurano con il «protestometro», resta il dubbio che tutto quanto è stato messo in atto in termini di segnalazioni, ordini del giorno, interrogazioni e quant'altro i cittadini e le istituzioni di quella valle avevano a disposizione, non sia stato sufficientemente valutato.
finiscono le loro segnalazioni, le preoccupazioni manifestate o gli ordini del giorno approvati? A dire il vero, scorrendo sempre lo stenografico dell'audizione del presidente Dellai, egli ha precisato in chiusura che il ministro Andreatta aveva risposto l'11 dicembre del 1996 all'ordine del giorno della provincia di Trento manifestando una qualche difficoltà del Governo a rispondere in maniera positiva ad una delle richieste contenute in quell'ordine del giorno, cioè il divieto assoluto di sorvolo. La mia domanda riguarda quindi la pertinenza e la efficacia degli strumenti che le comunità, gli amministratori ai diversi livelli hanno rispetto alle amministrazioni centrali, quando queste ultime sono titolari di un rapporto di collaborazione molto impegnativo con altre amministrazioni, nel quadro che lei ha ricordato.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Ringrazio il ministro per la sua esposizione pacata e completa, nella quale ho colto alcuni elementi di riflessione. C'è un prima ed un dopo. Il prima è il riconoscimento della validità dell'Alleanza atlantica e della presenza della NATO, su cui siamo tutti d'accordo e non occorrono quindi approfondimenti. C'è però anche un dopo, cioè quello che ha fatto il Governo. Siamo d'accordo che, per quanto riguarda il dopo, tutto è stato fatto con prontezza e sollecitudine. Abbiamo già ascoltato il sottosegretario Minniti e mi pare che si possa dire che, successivamente alla tragedia, ci sono stati interventi precisi, circostanziati ed abbastanza efficaci, compresi gli accordi tecnici già stipulati e considerati non riservati, per le parti non segrete, oltre ad altri adempimenti di natura tecnica. Siamo anche d'accordo che si è proceduto con sollecitudine alle compensazioni ed al risarcimento dei danni, anche per quanto riguarda la società Alpe Cermis, la provincia di Trento ed il comune di Cavalese. Richiamandomi però a quanto detto dal collega Boato, col quale concordo, se non vogliamo dire, riferendoci al prima, che c'era una certa sudditanza nei confronti delle forze della NATO e degli Stati Uniti, una certa accettazione dello stato di fatto di questi voli a bassa quota sembra che ci sia stata. Non ripeto quanto ha detto il collega Boato, ma abbiamo ascoltato tutti le audizioni e la convinzione che ci siamo fatti è quella espressa dal collega; voglio invece riferirmi a quanto ha detto poco fa l'onorevole Saonara, cioè alla lettera del ministro della difesa dell'11 dicembre 1996 in risposta ad una lettera del 22 agosto del presidente della provincia di Trento, dottor Carlo Andreotti. In quell'occasione il ministro affermava che il sorvolo a bassa quota dei centri abitati della provincia di Trento era una forma di addestramento di fondamentale importanza per i reparti aerotattici dell'Aeronautica militare e che l'elevata densità demografica del nostro paese rendeva praticamente impossibile effettuarli senza trasvolare i centri abitati. Inoltre aggiungeva che le forze armate stavano provvedendo ad emanare apposite regole per
disciplinare questo tipo di voli e per cercare di ridurre al minimo i sorvoli dei centri abitati, limitando in ogni modo i disagi alle popolazioni. Concludeva affermando che «un divieto assoluto nel senso auspicato dal consiglio della provincia autonoma di Trento appare pertanto di difficile, se non impossibile applicazione». Sembra che lo stesso ministro, successivamente, in risposta ad atti parlamentari, abbia assicurato che stava provvedendo in modo concreto.
PRESIDENTE. Anche noi meridionali abbiamo il senso dello Stato!
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Come dicevo, l'assuefazione riguardava non solo i cittadini, che avevano reclamato in modo piuttosto pacato, ma anche il ministro che non aveva considerato il problema con la dovuta attenzione. In altre parole, vi è stata una sorta di accettazione di uno stato di fatto. Naturalmente non mi riferisco al ministro Mattarella ma all'attività del ministero in quel momento.
LUIGI OLIVIERI. Desidero associarmi al ringraziamento rivolto dai colleghi al ministro per la sua nota e per l'intervento di questa sera, soprattutto perché non ritengo fuori tema il suo riferimento preciso alla questione dei risarcimenti, o meglio degli indennizzi. A questo proposito desidero rivolgere un ringraziamento non formale al dottor Cacopardo - commissario straordinario nominato a seguito della legge n. 497 del 1999 che abbiamo approvato in tempi rapidissimi con l'apporto di tutte le componenti politiche, un'eccellente legge che segna un modo diverso di approcciarsi a queste tragedie - che, come il ministro ha confermato, ha definito le liquidazioni in tempo utile, anzi in anticipo rispetto al limite massimo previsto dal decreto (30 marzo). Anche da questo punto di vista possiamo dire che lo Stato si è mosso in modo tempestivo e positivo.
bilaterali che regolavano e regolano tali voli con particolare riferimento ai reparti di volo dipendenti da Comstrikeforsouth (forze d'attacco del sud Europa), quali il gruppo di volo di EA 6B dell'USMC rischierato ad Aviano ed i reparti di volo imbarcati sulla portaerea USA?
GIUSEPPE DETOMAS. Molti quesiti sono già stati posti, per cui le mie domande si limiteranno ad integrare quelle già fatte.
WALTER DE CESARIS. Desidero anch'io ringraziare il ministro per il contributo recato con la sua relazione. Non mi riferirò alla introduzione della sua relazione che non è oggetto di esame da parte della nostra Commissione, le segnalo semplicemente che non incontra l'unanimità delle opinioni dei commissari e passo alle domande.
per impedire quel tipo di voli o se aveva un carattere meramente informativo. In questo caso vorrei sapere le motivazioni per le quali si ritiene che avesse tale carattere. Il 1997 è infatti successivo a tutta una serie di atti. Penso sia nostro compito verificare meglio se erano stati predisposti tutti gli atti possibili per evitare al massimo tragedie come quella che poi si è verificata.
PRESIDENTE. Abbiamo così esaurito le domande. Domani ascolteremo il Capo di Stato maggiore; alcune delle domande poste questa sera, che rivestono un carattere prettamente tecnico rappresentano una sorta di atto di fiducia dei colleghi nei confronti della capacità di conoscenza del ministro. Può anche darsi che possa rispondere.
MARCO BOATO. Non mettiamo limiti alla provvidenza, presidente.
SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Il richiamo del collega Boato mi commuove, ma la provvidenza credo c'entri poco.
proposta di inserimento in Internet di determinate istruzioni non è stata ancora posta in essere. Tutto il resto è stato già attuato.
MARCO BOATO. Le è stata rivolta una domanda sulla mancata firma dell'accordo discendente dallo Shell agreement da parte dell'aeronautica.
SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Come dicevo, darò una risposta contestuale a tutte le domande.
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e dichiaro conclusa l'audizione odierna.
La seduta termina alle 22.10.
Signor presidente, onorevoli colleghi, per definire il campo delle mie considerazioni, desidero ricordare che il sottosegretario Minniti, nella riunione del 1o marzo scorso, ha già riferito ampiamente e in modo dettagliato sulle dinamiche dell'incidente che ha provocato la tragedia della funivia del Cermis e sulle attività svolte, sia da parte italiana che statunitense, per accertare cause e responsabilità dell'evento.
Il sottosegretario si è soffermato anche sulle iniziative assunte dal Governo per verificare la validità e la rispondenza delle norme che regolano le attività di volo dei reparti delle aeronautiche militari dei paesi alleati rischierati sulle basi aeree italiane e sui provvedimenti che il Ministero della difesa intende adottare allo scopo di rivedere e perfezionare la normativa che disciplina la presenza e l'attività dei reparti stranieri operanti sul territorio nazionale.
Nel mio intervento, pertanto, focalizzerò più dettagliatamente gli aspetti che interessano in modo peculiare le attribuzioni e le responsabilità del Ministero della difesa.
Tuttavia, prima di entrare nello specifico della mia esposizione, desidero svolgere - perché credo sia utile sul piano generale - alcune considerazioni sulla presenza delle forze dei paesi alleati sul territorio italiano.
Tale presenza, è bene ricordarlo, è il frutto di una fondamentale scelta di politica estera e di difesa, effettuata a suo tempo dal nostro paese, una scelta che si è rivelata vincente, garantendo lo sviluppo democratico dell'Italia, in un quadro di piena sicurezza.
Ricondurre la presenza delle forze alleate nel nostro paese, come qualche volta viene rappresentato, ad una forma di sudditanza nei confronti degli alleati, e degli Stati Uniti in particolare, banalizza e fa torto al senso di una scelta politica di fondo, di cui anche i più recenti eventi internazionali hanno confermato la permanente validità.
Desidero ricordare, in proposito, il ruolo essenziale svolto dalla NATO nel superamento del confronto est-ovest, nel
La NATO, quindi, sta vivendo una profonda trasformazione con una crescente accentuazione delle funzioni della sicurezza collettiva, anche al servizio delle grandi istituzioni della comunità internazionale, in particolare le Nazioni Unite e l'OSCE.
In quest'ottica l'Alleanza atlantica conferma la sua piena vitalità quale fondamentale attore di sicurezza nel teatro europeo e per l'Europa, rappresentando anche un modello di aggregazione per analoghi sistemi di sicurezza da realizzare in altre aree del mondo.
La posizione geografica dell'Italia ci rende esposti e quindi attenti e sensibili ai rischi di instabilità, crisi e conflitti che si manifestano in particolare nell'Europa sud-orientale, nella regione del Mediterraneo e nelle aree contigue. Siamo, perciò, direttamente interessati alla funzione stabilizzante e di sicurezza che l'Alleanza è chiamata a svolgere in queste direzioni. È nostro interesse concorrere a garantire pace, pacificazione interna e stabilità nelle aree con cui siamo in contatto.
Esempi evidenti di questa nuova funzione della NATO sono sotto gli occhi di tutti: l'impegno determinante nella crisi balcanica, in Albania e, da ultimo, in Kosovo, sono una dimostrazione del ruolo essenziale svolto dall'Alleanza per difendere i valori umani, di civiltà, democrazia e giustizia.
La crisi nel Kosovo, in particolare, ha rappresentato un significativo impegno dell'Italia e dei paesi europei, insieme agli Stati Uniti e ad altri paesi, nel quadro dell'Alleanza atlantica, ma ha anche manifestato le evidenti insufficienze operative e politico-militari degli europei, già emerse in occasioni di precedenti missioni di pace. Ne è scaturita - anche questo è un dato di fondo in cui inquadrare le considerazioni che farò - un'accelerazione del processo di costruzione di una identità europea di sicurezza e difesa nel contesto di una Alleanza atlantica profondamente rinnovata.
Gli ultimi vertici dell'Unione di Colonia e di Helsinki hanno portato ad ulteriore maturazione quanto già prefigurato nei trattati di Maastricht ed Amsterdam e nel vertice NATO di Washington.
Prende corpo, così, la determinazione dell'Europa di procedere concretamente sul cammino di un'effettiva politica estera di sicurezza e difesa comune, in un quadro di trasparenza e complementarietà con l'Alleanza che, come deciso al Consiglio europeo di Helsinki di dicembre ed al vertice di Washington dello scorso anno, resta il fondamento della difesa collettiva europea.
Su queste basi l'Italia, grazie anche a significativi momenti di forte consenso nazionale e politico-parlamentare, anche al di là degli schieramenti, ha potuto esprimere un'importante presenza in Europa e nella NATO. Nel rispetto pieno della sovranità nazionale, l'Italia continuerà a fornire, così come altri paesi europei, il proprio contributo alle esigenze della difesa e della sicurezza comune nel quadro delle alleanze liberamente sottoscritte e ratificate.
In questo quadro, la presenza di forze alleate sul nostro territorio costituisce una manifestazione di solidarietà tra i membri dell'Alleanza.
Il problema, pertanto, non riguarda l'eliminazione della presenza di forze alleate, in particolare statunitensi, sul nostro territorio che in alcun modo, per quanto ho detto sopra, può essere intesa come limitativa della sovranità nazionale, bensì una sempre più appropriata regolamentazione delle forme e dei modi che caratterizzano questa presenza.
Non mi soffermerò sugli accordi storici che hanno regolato finora la presenza di forze alleate sul nostro territorio; essi discendono, infatti, dall'adesione dell'Italia, al trattato di Washington del 1949 e dalle disposizioni attuative di quel trattato, cioè l'Accordo di Londra sullo statuto delle forze (NATO-SOFA) del 1951.
Vorrei invece ricordare che a valle di questi due grandi trattati e dei conseguenti impegni che ne discendono, la presenza delle forze alleate ed in particolare di quelle statunitensi nel nostro paese è regolata da una serie di accordi bilaterali.
Il più importante di essi è il «Basic Infrastructure Agreement (BIA)» del 20 ottobre 1954, firmato per l'Italia dal Capo del Governo dell'epoca, Mario Scelba e per gli Stati Uniti, dall'ambasciatore in Italia, ed ha un'elevata classifica di segretezza.
Poiché la classifica di segretezza è stata stabilita di comune accordo tra il Governo italiano e quello statunitense, essa non può essere declassificata unilateralmente dal solo Governo italiano.
Pur tuttavia, il Governo, con un atto innovativo, ha messo a disposizione dell'autorità giudiziaria competente sul caso Cermis, le parti dell'accordo di interesse dell'autorità stessa. Sottolineo il carattere innovativo della decisione assunta dal Governo italiano.
Più di recente, esattamente il 2 febbraio 1995, è stato stipulato un memorandum d'intesa tra il Ministero della difesa italiano ed il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti relativo alle «Installazioni-infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia». Tale accordo, noto anche come shell agreement, trasmesso dal Governo al Parlamento nel marzo dell'anno scorso e che è già in possesso di questa Commissione parlamentare d'inchiesta, stabilisce le modalità a cui attenersi per la stesura o l'aggiornamento degli accordi tecnici relativi a ciascuna installazione concessa con il BIA in uso alle forze statunitensi in Italia.
Alla luce di quanto stipulato nello shell agreement, la difesa intende aggiornare gli accordi tecnici che regolano le modalità della presenza e delle attività delle forze statunitensi nelle singole installazioni ed infrastrutture.
Questi accordi tecnici saranno rivisti in modo da definire in modo più puntuale e stringente e da rafforzare gli ambiti di competenza, responsabilità e controllo delle autorità nazionali preposte a ciascuna infrastruttura concessa alle forze statunitensi.
Gli accordi tecnici saranno non riservati per quanto concerne tutti quegli aspetti generali e specifici attinenti il funzionamento delle infrastrutture e gli ambiti di responsabilità e controllo delle autorità nazionali e di quelle statunitensi.
Gli accordi non classificati (quindi non riservati) potranno essere integrati, secondo necessità, da annessi (protocolli aggiuntivi) di natura riservata, riguardanti i soli dati tecnico-operativi sulle forze operanti in quelle infrastrutture e per i quali è giusto e doveroso, dal punto di vista della sicurezza militare, garantirne la riservatezza. Gli accordi non saranno coperti da riservatezza.
In questo modo, data la natura non classificata degli accordi tecnici che saranno finalizzati per ciascuna infrastruttura (a meno degli aspetti riservati, strettamente tecnico-operativi), il Governo intende assicurare la più ampia trasparenza, fatti salvi limitati vincoli di riservatezza, sulle intese che regolano la presenza delle forze alleate sul nostro territorio, una presenza che, come ho già detto, discende dagli impegni e dalle responsabilità che conseguono dall'appartenere all'Alleanza atlantica.
Attualmente siamo impegnati nell'aggiornamento dell'accordo tecnico relativo alla base di Sigonella, che verrà messo a disposizione del Parlamento, non appena finalizzato dalle parti. L'accordo tecnico della base di Sigonella, che, ripeto, è in corso di aggiornamento, servirà da intesa pilota per la successiva redazione degli accordi tecnici relativi alle altre infrastrutture date in concessione agli alleati sul territorio nazionale.
Signor presidente, colleghi, credo che tornando, come è giusto, al tragico incidente di Cavalese del 3 febbraio 1998, si possa far osservare come il Governo italiano si sia mosso con prontezza e decisione. A breve distanza dall'evento i Governi, italiano e statunitense, stabilirono un primo quadro di misure per migliorare la sicurezza dei voli militari in Italia,
Successivamente, come è noto, il presidente americano Clinton ed il nostro Presidente del Consiglio D'Alema decisero la nomina di una commissione bilaterale Italia-USA per condurre una sistematica revisione delle misure di sicurezza in atto. Detta commissione era presieduta dall'ammiraglio Pruehr della marina degli Stati Uniti e, per parte italiana, dal generale dell'aeronautica Tricarico.
Nell'aprile dello scorso anno il mio predecessore, il senatore Scognamiglio, nel corso di una visita negli Stati Uniti, esaminò insieme al collega americano, Cohen, il rapporto predisposto dalla commissione bilaterale. Nel suddetto rapporto la commissione, che pure non aveva il mandato di condurre una indagine formale sull'incidente del Cermis, concluse che - sulla base delle evidenze tecniche disponibili - l'incidente era stato determinato da un errore dell'equipaggio del velivolo e che errori di supervisione si erano verificati anche nella catena di comando dell'equipaggio dell'aereo.
La commissione, inoltre, innovando la precedente disciplina, ha definito nuove procedure e vincoli operativi e di sicurezza per garantire la massima sicurezza nelle attività di volo addestrative ed operative condotte dai velivoli statunitensi in Italia.
In particolare, la commissione ha formulato le seguenti raccomandazioni già in gran parte attuate: la determinazione di nuove e più restrittive procedure e vincoli per i voli di addestramento a bassa quota dei velivoli statunitensi; l'individuazione di un'unica autorità militare statunitense responsabile, anche nei confronti dei comandi italiani, della certificazione della conoscenza e del rispetto, da parte dei velivoli USA, delle procedure e dei vincoli di sicurezza al volo per le attività in Italia; la nomina di ufficiali di collegamento tra i reparti USA ed i comandi italiani; l'istituzione di un comitato congiunto italo-statunitense per la sicurezza del volo; l'attivazione di un sito Internet contenente le informazioni costantemente aggiornate sulla sicurezza del volo, a disposizione dei piloti statunitensi, anche prima del loro trasferimento in Italia; il periodico riesame delle procedure di sicurezza al volo individuate per verificarne l'efficacia; l'inclusione delle nuove procedure negli accordi tecnici relativi alle basi italiane utilizzate dai velivoli USA, tra cui Aviano e Sigonella.
Il rapporto della commissione, attentamente valutato in tutti i suoi aspetti tecnici, fornisce una risposta che sembra adeguata all'esigenza di regolamentare in modo stringente le attività di volo dei velivoli USA in Italia, al fine di garantire la massima sicurezza per le popolazioni civili e per il territorio.
Dicevo prima, presidente, che il Governo si è mosso con sollecitudine all'indomani del tragico incidente. Ciò è avvenuto anche per quanto riguarda il problema degli indennizzi agli eredi delle vittime - è noto alla Commissione ma voglio ricordarlo - e quello più complesso del risarcimento dei danni.
In base al trattato di Londra, il NATO-SOFA (NATO Status of Forces Agreement) ratificato dall'Italia nel 1955, il responsabile civile per l'accaduto è il Ministero della difesa italiano che deve indennizzare agli aventi causa secondo quanto previsto dalla normativa italiana. L'Italia riceverà, ad erogazione avvenuta, il rimborso del 75 per cento da parte dello Stato responsabile dell'incidente. Nella fattispecie il governo degli Stati Uniti d'America.
Le compensazioni previste dalle nostre normative in questi casi sono la cosiddetta speciale elargizione - pari alla somma di 100 milioni per ogni vittima - ed il risarcimento dei danni in senso stretto. La speciale elargizione, come è noto, è stata corrisposta ed incassata dai familiari delle vittime nel febbraio dello scorso anno. Per quanto riguarda invece il risarcimento dei danni, allo scopo di venire incontro alle comprensibili e legittime aspirazioni degli
Restano ancora da definire le questioni relative alle richieste di risarcimento danni avanzate dalla società Alpe Cermis che gestisce la funivia, dalla provincia autonoma di Trento e dal comune di Cavalese.
Per quanto riguarda la società Alpe Cermis, l'ufficio contenzioso della Difesa ha provveduto a richiedere un'ulteriore integrazione di documentazione e altre precisazioni al fine di formulare l'offerta di risarcimento. Quest'ultima, peraltro, sulla base della normativa vigente, non potrà che tenere conto del valore relativo alla funivia preesistente e del mancato introito derivante dalla sospensione dell'attività a seguito dell'incidente, il cosiddetto «danno emergente e lucro cessante».
Per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento, sulla base della documentazione presentata, è stata formulata una proposta di offerta da parte della Difesa, che ha provveduto a trasmetterla all'avvocatura distrettuale di Trento per il previsto parere di congruità. Tale organismo si è espresso solo per il rimborso delle sole spese effettivamente sostenute e documentate. Il parere è stato recentemente acquisito e, a breve, la Difesa notificherà l'offerta alla provincia.
Infine, per quanto attiene il comune di Cavalese, la Difesa, anche in questo caso, ha provveduto a formulare una proposta di offerta che è tuttora all'esame dell'avvocatura distrettuale di Trento per il relativo parere di congruità. Non appena perverrà il parere, la Difesa provvederà con gli adempimenti di cui è responsabile.
Ho cercato di riassumere, presidente e colleghi, nei tratti salienti, gli eventi principali legati alla gravissima sciagura che ha colpito duramente tante famiglie nei loro affetti, con conseguenze drammatiche, ma anche, nel complesso, la popolazione di Cavalese e del Trentino. Il Governo è intervenuto, mi sembra, vigorosamente sulla disciplina vigente anche per evitare il ripetersi di episodi tragici e di comportamenti gravi come quello di Cavalese e di garantire ai cittadini la massima sicurezza ed il rispetto del loro territorio. Con lo stesso impegno il Governo ha corrisposto indennizzi consistenti ai familiari delle vittime e si sta adoperando per corrispondere, con soluzioni eque, per quanto consentito dalle norme in vigore, alle richieste relative al risarcimento dei danni dell'amministrazione provinciale, della comunità di Cavalese e dei privati che operano sul territorio.
Il Governo continua ad essere fortemente impegnato per corrispondere alle preoccupazioni ed alle attese del Parlamento e del paese; ed è quindi ricordando il carattere innovativo di alcune delle decisioni assunte, particolarmente quelle di aver messo a disposizione della magistratura la conoscenza di trattati classificati con grado di segretezza e di procedere ad accordi tecnici che non saranno coperti da segreto, per le basi in uso, che il Governo conferma l'intendimento di collaborare con la Commissione ed è attento e fortemente interessato a conoscere indicazioni e suggerimenti che la Commissione stessa formulerà.
Vi sono tre ordini di questioni che desidero richiamare. Il primo riguarda ciò
C'è anche una parte che non riguarda lei, ministro, Mattarella, ma il Governo, il Ministero della difesa, che lei qui rappresenta istituzionalmente in termini di continuità; questa parte riguarda ciò che è avvenuto il 3 febbraio del 1998 e ciò che era avvenuto in precedenza. Da questo punto di vista sgombrerei subito il campo da una questione che lei doverosamente ha sollevato nella parte iniziale della sua relazione, ma che qui non è in discussione. Non mi pare che alcuno, nel dibattito che ha accompagnato l'istituzione di questa Commissione come nel lavoro che stiamo facendo, abbia messo in discussione le nostre alleanze politico-militari o il rapporto con la NATO; può darsi che il collega di Rifondazione abbia obiezioni al riguardo, ma sarebbe la posizione di una delle forze politiche qui rappresentate e comunque non voglio parlare a suo nome, ma nessuno - ripeto - ha messo qui in discussione né il quadro di alleanze, né il ruolo che queste hanno avuto storicamente, hanno oggi ed avranno in futuro, né quello che lei ha giustamente sottolineato circa le perduranti ed evidenti insufficienze operative e politico-militari dell'Europa, che hanno richiesto ripetutamente in passato ed anche in epoca recente ed attuale un ruolo importante da parte della NATO in generale ma in particolare degli Stati Uniti d'America.
Questa precisazione che lei si è sentito in dovere di fare, io la condivido, ma francamente non è qui in discussione. Questa Commissione non mette in discussione il quadro di alleanze internazionali in cui il nostro paese è stato collocato in passato ed è ancor oggi collocato, sia pure fortunatamente in un contesto geo-politico profondamente mutato. Ciò che è invece emerso ripetutamente, non dalle nostre affermazioni, ma dalle audizioni finora svolte, in particolare dalle audizioni dell'autorità giudiziaria, sia ordinaria che militare, è una situazione rispetto alla quale non so se sia giusto usare l'espressione che lei ha considerato banalizzante, cioè quella di sudditanza; si può usare un altro eufemismo, ma si tratta sicuramente, sia pure in un quadro di alleanza, collaborazione e tutto il resto, di una situazione di non piena capacità di partnership da parte delle autorità militari ma anche in qualche modo da parte di quelle politiche, che hanno comunque una responsabilità (per questo mi sono riferito al suo ruolo di rappresentanza istituzionale dal punto di vista della continuità storica dell'amministrazione) rispetto ai nostri alleati in generale ed al principale alleato, cioè gli Stati Uniti.
Ciò che è emerso, dicevo, non dalle nostre affermazioni ma da quelle degli auditi (credo che abbia ricevuto i resoconti stenografici delle audizioni; se non li ha avuti, gli uffici della Commissione provvederanno), ad esempio del procuratore e sostituto procuratore della Repubblica di Trento, ma anche dei loro colleghi del tribunale militare di Padova, è una
Leggo soltanto una frase a pagina 13 del resoconto stenografico del 9 febbraio scorso: «Per quanto riguarda le responsabilità dei comandi, ci si è subito chiesti, poiché si verteva in materia di colpa, quanto prevedibile e prevenibile fosse un evento di questo tipo. Per rispondere a questa domanda abbiamo tentato di ricostruire i precedenti. È così che abbiamo potuto accertare che solo nei tre mesi precedenti il fatto, sul territorio nazionale, sono state compiute 449 missioni a bassa quota, di cui 46 americane; di queste, 84 (27 americane) hanno interessato la provincia di Trento. Tra queste, 11 missioni sono state effettuate dagli aerei rischierati per l'operazione Deliberate guard e quindi in violazione dell'accordo che non prevedeva questo tipo di voli di addestramento per quegli equipaggi». Successivamente si dice che si è accertato che la possibilità di controllo da parte, per esempio, delle autorità militari italiane nella base di Aviano era pressoché inesistente, se non sotto il profilo meramente formale (non nel senso che la parola ha nel codice di procedura penale). Sistematicamente emerge una situazione, non per il 3 febbraio 1998, ma per tutto il periodo precedente fino a mesi e anni addietro, di subalternità - se non vogliamo chiamarla sudditanza - di mancanza di esercizio dei diritti-doveri che comunque in un territorio a sovranità italiana si sarebbe dovuto avere, pure in un rapporto di piena lealtà e collaborazione con le forze alleate in generale, e in quel caso con le forze americane, perché l'operazione era americana e non della NATO.
Da questo punto di vista sarebbe importante, non per la responsabilità del Governo attuale e del ministro della difesa, se lei, in questo spirito di collaborazione con la Commissione, che deve semplicemente ricostruire i fatti e cercare di dare un'interpretazione non di carattere pregiudiziale o ideologico, ci chiarisse perché a livello di Ministero della difesa, sotto il profilo sia politico sia dell'autorità militare, in particolare dell'Aeronautica, si sia arrivati a questo punto. Intendo dire che è stata necessaria una strage con venti morti affinché il Governo assumesse opportune e adeguate iniziative, anche se si era già verificata una quantità di episodi in violazione degli accordi sia antichi sia recenti, come lo Shell agreement del 1995. Perché - forse a questa domanda può darci una risposta già oggi - in base a quell'accordo sono stati stipulati e firmati una serie di altri accordi a cascata che riguardavano l'esercito e la marina, mentre l'accordo scritto - non in bozza - che riguardava l'aviazione non è mai stato all'epoca firmato? L'accordo risulta ed è agli atti della Commissione che lo avuto dall'autorità giudiziaria (do atto al Governo del comportamento positivo in termini di trasparenza assunto dopo la strage). Ci siamo trovati di fronte ad un accordo scritto che, per quanto riguarda l'aviazione, non è stato firmato.
Credo che dovremmo fare di tutto - come stiamo facendo - per non sovraccaricare di aspetti pregiudiziali ciò che è oggetto dell'accertamento della Commissione: messa in discussione indiretta, implicita, pretestuosa di quadri, di alleanze, di impegni internazionali del nostro e di altri paesi, di un rapporto di collaborazione che nessuno di noi ha messo in discussione, tanto più in situazioni come quelle recenti così drammatiche che riguardano i rapporti con i territori dell'ex Iugoslavia, dell'Albania e del Kosovo. Però, quest'alleanza e questo rapporto di collaborazione leale non giustificano in alcun modo una situazione di sistematica violazione di accordi e direttive, come è emerso anche dalle precedenti audizioni. E soltanto perché il 3 febbraio 1998 ci sono stati venti morti è cambiata la situazione, fortunatamente. Non è difficile desumerlo e, d'altronde, anche il Governo dice che dopo la strage ha assunto una serie di comportamenti. Perché quando anche a livello di Governo e di Stato maggiore dell'Aeronautica arrivavano le
Intendo richiamare la sua cortese attenzione soprattutto sul primo compito che ci è stato assegnato dalla delibera istitutiva.
Dopo la tragedia il Governo si è mosso e non poteva non farlo, poiché non era più possibile chiudere gli occhi davanti a venti morti. Evidentemente doveva scattare qualche meccanismo per far luce sui motivi che avevano causato la tragedia e per evitare che se ne verificassero altre. Sulla grave sciagura hanno indagato, come lei sa, ben tre procure della Repubblica, quella di Trento, quella di Padova e quella di Bari. La prima si è occupata soltanto della responsabilità dei piloti americani. L'inchiesta si è conclusa con una dichiarazione di non doversi procedere per carenza di giurisdizione, perché gli americani, in relazione ai trattati internazionali, hanno ritenuto di utilizzare questa loro facoltà, che anche noi abbiamo (ricordo la nostra posizione in Somalia), per cui si tratta non di un atto di iattanza o prepotenza da parte americana ma di una condizione di reciprocità. La procura di Trento ha svolto i primi accertamenti e ha sequestrato alcuni mezzi che poi si sono rivelati molto importanti per le indagini.
La procura di Padova, invece, si è occupata soltanto della responsabilità del comandante italiano della base di Aviano. Anche questa inchiesta si è conclusa con un nulla di fatto, con una archiviazione stabilita dal GUP perché, cercando di aggirare l'ostacolo ma intuendo che responsabilità dovevano pur esserci, la procura ha ritenuto, anche su suggerimento della procura di Trento, di valutare se fosse possibile profilare l'ipotesi di cui all'articolo 117 del codice penale militare di pace. Dopo un'attenta indagine si è concluso che quest'ipotesi non fosse applicabile al caso perché, in sostanza, non vi era stata un'omissione nell'assolvimento dell'incarico da parte del comandante della base di Aviano.
L'indagine della procura di Bari ha riguardato la posizione della base di Martina Franca che avrebbe dato l'autorizzazione ad effettuare i voli a bassa quota o comunque avrebbe potuto impedirli. Se non sbaglio, per questa terza indagine non vi è stata ancora una decisione del GUP; vi è soltanto una richiesta della procura della Repubblica.
In conclusione si tratta di inchieste che non hanno accertato non solo i responsabili ma neanche le responsabilità. Tutti i magistrati che abbiamo sentito e che hanno riferito alla Commissione gli elementi più importanti hanno parlato di carenza normativa, della mancanza di norme dalle quali potessero discendere delle precise responsabilità, anche se appariva chiaro che responsabilità vi erano.
Signor ministro, sin dal 1981 era scattato l'allarme: gli abitanti di quelle zone erano terrorizzati per i voli a bassa quota che mettevano in serio pericolo la loro incolumità. Vi erano stati ordini del
Si parla della Convenzione di Londra, però è emerso che la Germania, sempre nell'ambito del trattato, ha negoziato altre condizioni, rivendicando in maniera molto più consistente e seria il diritto di interferire nelle esercitazioni che si svolgono nel territorio tedesco. Noi non lo abbiamo fatto.
Sicuramente vi sono responsabilità, non certo penali, perché, come giustamente diceva il collega Boato, non siamo un tribunale. Signor ministro, abbiamo avuto la beffa del processo americano dove il pilota è stato condannato non per aver causato la strage ma perché aveva creato ostacoli alla giustizia americana. Gli americani sanno fare anche queste cose! Non era quello che ci aspettavamo. È stato come se a qualcuno che doveva rispondere di omicidio fosse stata inflitta una contravvenzione per porto abusivo d'armi.
Le devo dire subito che qui non è in discussione la sovranità nazionale, per carità, nessuno di noi può pensare che ci siano problemi al riguardo, anche se dai procuratori che abbiamo ascoltato, sono venute notizie allarmanti; per esempio, a pagina 13 del resoconto della seconda audizione, quella del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trento, si legge (sono parole del procuratore): «questo per ricostruire un quadro all'esito del quale si sono delineate in maniera netta delle situazioni in cui si collocano l'abitudine al rischio, la tolleranza da parte dei comandi di determinati comportamenti, la facile prevedibilità delle violazioni che si sono verificate in concreto e in maniera ripetuta. Possiamo dire in modo semplice e oggettivo che il fatto si è verificato a causa della contemporanea violazione di cinque norme ben precise (...)», che non leggo per brevità. Si sono fermati perché non hanno trovato la norma in base alla quale procedere e colpire più in alto. Nello stesso stenografico dell'audizione del 9 febbraio 2000 ci sono altri dati molto allarmanti.
Io, ministro, l'ho ascoltata con doverosa attenzione, ma non ho capito bene un punto. Mi pare che lei abbia detto che c'è stata una commissione italo-americana che è pervenuta alla conclusione che la tragedia è avvenuta per errore dell'equipaggio. Questo è sorprendente, è incredibile! Non è stato un errore dell'equipaggio, c'è stato un comportamento deliberato, come emerge dagli atti che l'autorità giudiziaria ci ha consegnato. Questi signori si esercitavano in maniera spericolata, come se fosse una gara sportiva, perché questi voli a bassa quota erano assolutamente vietati, non potevano farli.
Noi riteniamo - certo, lei può contestarlo ed io sono qui per ascoltarla tranquillamente - che tutto il materiale raccolto faccia pensare a responsabilità di carattere quantomeno politico, di tiepidezza negli interventi, per non aver voluto capire o non aver capito per superficialità, per pressappochismo, che la situazione era ormai esplosiva e che, prima o dopo, un incidente come questo sarebbe accaduto. Questa è la verità! È accaduto il 3 febbraio del 1998 ma poteva accadere prima o dopo quella data.
Lei allora non era ministro della difesa, ma come ha ricordato l'onorevole Boato, lei qui rappresenta l'istituzione ed io quindi la pregherei di dirci se al Governo erano pervenuti in quel periodo segnali precisi degli incidenti che già c'erano stati, dei voli che erano stati effettuati, dell'allarme della popolazione e delle segnalazioni che le autorità locali dicono di aver fatto al Governo; la pregherei di dirci come si è comportato e che risposte ha dato il Governo, che provvedimenti ha preso o non ha preso, considerato che se li avesse presi in tempo l'incidente forse non si sarebbe verificato. È questa una situazione che mi sembra vada chiarita. Il sottosegretario Minniti ha detto di sapere che il Ministero della difesa ha già iniziato il processo di revisione delle norme, perché è certo che non erano adeguate a garantire la salvaguardia e la sicurezza delle popolazioni. Lei è già intervenuto con molta chiarezza, alcune cose le ha già dette, ma vorrei pregarla, in relazione proprio a ciò che ha precisato Minniti, di dirci qualcosa di più che ci tranquillizzi rispetto alla situazione attuale ed al rischio che possano ripetersi fatti come questi.
Dico questo perché giustamente anche questa sera il ministro, esattamente come aveva fatto il sottosegretario Minniti, ha sostanzialmente elogiato il comportamento del Governo e la sua capacità di negoziare con gli Stati Uniti e all'interno del quadro della NATO nuovi accordi bilaterali, aggiornare gli accordi tecnici e riscrivere il senso stesso delle regole. A fronte di tutto questo, però, se le popolazioni, le comunità, gli amministratori si avvedono che qualcosa non quadra, dove
La seconda domanda riguarda una sua affermazione, secondo la quale l'aggiornamento degli accordi tecnici ridefinisce gli ambiti di competenza, responsabilità e controllo delle autorità nazionali. Vorrei capire meglio. Su questo tema molti degli auditi si sono soffermati. A me interessano poco le polemiche su questo o quel «sentimento» che può aver animato questo o quel comandante, resta il fatto che le parole «competenza, responsabilità e controllo» sono molto precise ed individuano anche un ambito di potere da esercitare. Questo potere incontra o no dei limiti? Questo è il problema, soprattutto in termini di dimensione del controllo.
Lei ha anche detto che le raccomandazioni della commissione bilaterale sono già in parte attuate, evidentemente in relazione non solo alla sicurezza della Val di Fiemme ma più in generale di tutto il paese. Qual è allora la prospettiva per la piena attuazione di tali raccomandazioni? Inoltre, queste raccomandazioni, come in parte mi pare di aver capito a proposito di Sigonella, diventeranno un protocollo definitivo nel prossimo futuro?
Abbiamo la sensazione che l'assuefazione e l'accettazione di uno stato di fatto riguardavano non solo la popolazione che aveva reclamato, entro determinati limiti poiché si tratta di una popolazione che ha forte il senso dello Stato e usa toni diversi da quelli che potremmo usare noi meridionali che siamo molto più espansivi.
Vorrei conoscere l'opinione del ministro su questi aspetti e sull'atteggiamento assunto dal ministero fino al momento della tragedia.
Non ripeterò le richieste dei colleghi che condivido, però desidero dire che solo quando è intervenuto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Minniti, molti di noi hanno affrontato la questione un po' più serenamente, perché le audizioni, soprattutto dei procuratori della Repubblica, ci avevano fortemente allarmati. Il sottosegretario Minniti - e lei questa sera lo conferma - ci ha detto che il Governo si è mosso puntualmente e repentinamente, per cui in sostanza vi è ora il divieto assoluto di voli a bassa quota su gran parte del territorio nazionale. Questo da un lato ci tranquillizza e dall'altro ci stimola a capire perché tutto questo non sia stato fatto prima.
Con l'ausilio dei nostri consulenti, abbiamo individuato quattro filoni di ragionamento che devono essere fatti con il ministro della difesa e con lo Stato maggiore dell'Aeronautica. Le rivolgerò, quindi, una serie di domande rispetto alle quali non pretendo una risposta immediata, nel senso che lei potrà riservarsi di rispondere per iscritto, ovvero, se la Commissione lo riterrà, potrà essere sentito nuovamente, come è avvenuto con il sottosegretario Minniti in merito a una serie di questioni affrontate nel corso dell'audizione.
Il primo filone riguarda gli accordi bilaterali che disciplinavano e regolamentavano i voli. Uno dei compiti di questa Commissione è verificare se la disciplina dei voli sia sufficiente ovvero se sia opportuno suggerire al Governo interventi migliorativi, sostitutivi o modificativi. Nella fattispecie, la domanda è la seguente: il volo incriminato è stato definito «volo d'addestramento nazionale USA». Quali erano e quali sono gli accordi
Il secondo filone riguarda una questione che si è evidenziata in modo particolare nel corso dell'indagine svolta dalla procura della Repubblica militare di Bari in riferimento al tipo di responsabilità che inizialmente la procura riteneva vi fosse in capo al responsabile della base di Martina Franca. Abbiamo avuto la possibilità di appurare che vi era stato un messaggio da parte del sistema NATO impartito nel marzo-aprile 1997 che vietava quel tipo di attività addestrativa a bassa quota. La questione, che è diventata poi giuridica e di interpretazione della fattispecie normativa, ha portato ad escludere da parte della procura della Repubblica militare di Bari la responsabilità del comandante di Martina Franca, proprio perché quel tipo di messaggio non avrebbe seguito una certa catena particolare per essere precettivo. La domanda in proposito è la seguente: quali sono state le modalità di diffusione del messaggio che vietava l'attività addestrativa a bassa quota ai reparti stranieri rischierati in Italia per l'esigenza Deliberate guard e quale riscontro vi è stato di una sua diffusione lungo i canali della comunicazione NATO, dal vertice NATO fino ai comandi periferici e a Comstrikeforsouth che non aveva una dipendenza NATO?
Il terzo filone riguarda l'ipotesi che esistesse allora e esista oggi una capacità tecnico-operativa da parte delle autorità preposte per il controllo dei voli a bassa quota. Sia le affermazioni del ministro Andreatta nell'audizione svolta presso le Commissioni riunite della Camera e del Senato il 5 febbraio 1998 (due giorni dopo la tragedia del Cermis), sia la documentazione di cui disponiamo, ci portano a dire che sia quanto meno difficile, se non impossibile, che le autorità preposte controllino i voli svolti e verifichino che essi si svolgano nel rispetto della normativa. Da questo punto di vista le rivolgo le seguenti domande: quali erano e sono le capacità tecnico-operative per controllare che un volo a bassa quota avvenga nel rispetto delle normative vigenti? Quale era la procedura per la trattazione delle segnalazioni di sorvoli a bassa quota da parte dell'Aeronautica militare ai fini di un accertamento della sussistenza o meno di violazioni? E, se del caso, quali i provvedimenti?
Infine, l'ultimo filone riguarda gli interventi - se vi sono stati - che l'autorità militare ha disposto o assunto dopo la tragedia del Cermis del 3 febbraio 1998. Abbiamo avuto contezza dalle sue parole che qualcosa sicuramente è stato fatto, come ci ha detto anche il sottosegretario Minniti. Comunque, le domande precise, alle quali risponderà anche lo Stato maggiore dell'Aeronautica, sono le seguenti: l'Aeronautica militare a seguito dell'evento Cermis ha rilevato lacune nel sistema normativo che regolava l'attività di volo a bassa quota? E se sì, quali cambiamenti normativi sono stati introdotti?
Alla prima questione che desidero porre, probabilmente il ministro non saprà rispondere, almeno in questo momento, però essa riguarda un aspetto che affronto sempre. Da quanto ci hanno riferito i procuratori militari e i procuratori della Repubblica auditi, ci risulta che non sono state ravvisate violazioni che abbiano assunto una rilevanza penale. Però mi chiedo se l'Aeronautica militare abbia adottato sanzioni militari nei confronti di quanti si sono resi responsabili dei voli a bassa quota e delle violazioni a volte palesi, come quelle che hanno portato agli incidenti del Falzarego, di Cortina d'Ampezzo o del traliccio ENEL in Vallarsa. Sono state adottate sanzioni disciplinari? Se non è così, evidentemente la normativa non è stata violata, per cui essa è deficitaria da questo punto di vista.
Poiché la Commissione ha il compito di stabilire le cause che hanno determinato l'incidente, credo che ci sarebbe utile avere contezza delle modifiche previste con riferimento agli accordi bilaterali. Potremmo capire così quali modifiche dovevano essere apportate per evitare il disastro.
Un'ultima considerazione ed un'ultima domanda su un argomento che è stato già affrontato, la lettera del ministro Andreatta inviata in risposta all'ordine del giorno approvato dal consiglio provinciale. Siccome da più parti, ma da una in particolare, si è accennato ad una possibile responsabilità delle comunità locali o dei rappresentanti istituzionali di queste comunità perché non avrebbero posto con sufficiente forza il problema alle autorità competenti, chiedo al ministro se per cortesia può darci una valutazione, secondo la sua sensibilità ma anche secondo la carica istituzionale che ricopre, circa la sufficienza o insufficienza di queste segnalazioni e, a questo punto, anche una valutazione sulla sufficienza o insufficienza della risposta del ministro o sulle non risposte dei ministri precedenti (e delle amministrazioni da loro dipendenti) che, appunto, non diedero alcuna risposta a quelle segnalazioni.
Il procuratore di Trento nella relazione introduttiva ha segnalato che l'aereo coinvolto nell'incidente non era un F16, ma un aereo rischierato espressamente ed esclusivamente per compiti ed operazioni in Bosnia, e quindi era soggetto ad accordi particolari. Inoltre - ha sostenuto sempre il procuratore di Trento - quegli accordi prevedevano il divieto totale di voli a bassa quota sul territorio italiano per gli aerei rischierati in occasione delle operazioni per la Bosnia. La mia domanda è questa: a parere del Governo italiano il volo in oggetto era in applicazione o violazione di tali accordi?
Vorrei inoltre sapere se, dopo la risposta del ministro della difesa all'ordine del giorno della provincia di Trento, risultino ulteriori atti da parte del Governo, in relazione sempre a quella segnalazione.
Una terza domanda riguarda gli accordi ed il memorandum del 1995, cui lei ha fatto riferimento. A questo riguardo il procuratore di Trento ha detto che tutti i paesi della NATO, compresa la Turchia, hanno rinegoziato per tutelare - ha detto - un poco meglio la loro sovranità; in particolare ha fatto l'esempio, qui già ricordato, della Germania, spiegando più nel dettaglio cosa riguardasse la rinegoziazione. Il procuratore di Padova, rispetto al memorandum del 1995, ci ha detto che tale accordo, che disciplinava in linea di massima l'uso delle basi logistiche in Italia per l'esercito, la marina e l'aeronautica, si articolava in tre sottoaccordi, uno per l'esercito, uno per la marina ed uno per l'aeronautica, ma che quest'ultimo che - sempre secondo il procuratore, dava poteri concreti al comandante di Aviano per bloccare eventuali attività pericolose per la salute pubblica sul territorio nazionale - non è mai stato sottoscritto dall'aeronautica per ragioni che non sono state oggetto della sua indagine (ma della nostra sì, penso). Mi chiedo se lei ci possa dare le motivazioni della mancata sigla dell'accordo e chiarire se, come dice il procuratore, l'eventuale firma dell'accordo avrebbe dato potere al comandante italiano di poter intervenire per bloccare voli che avrebbero potuto determinare conseguenze negative sulla salute pubblica.
Vorrei sapere, infine, se il ministro della difesa era a conoscenza del messaggio del 21 aprile 1997, probabilmente lo era ma vorrei una conferma, perché c'è una differenza tra quanto ci ha detto il procuratore di Trento ed il procuratore cui prima mi sono riferito sulla valutazione di questo messaggio, cioè se era tale da poter consentire di intervenire prontamente
Vorrei fare innanzitutto una premessa, presidente, rispetto alla osservazione fatta con garbo dal collega Boato sulle considerazioni che ho fatto sull'Alleanza atlantica, non condivise unanimemente in questa Commissione. Con garbo l'onorevole Boato ha osservato che forse non erano necessarie perché non oggetto della competenza della Commissione; questo lo so bene; io ho sempre ritenuto che al paese si parla attraverso il Parlamento ed io attribuisco a questa Commissione un ruolo importante e la ritengo una sede di rilievo. Credo anche che nel nostro paese ci si possa oggi chiedere, particolarmente da parte delle generazioni più giovani, perché vi sono queste basi sul nostro territorio e mi è parso doveroso, come ministro della difesa, inquadrare le risposte specifiche sulle questioni di competenza della Commissione in una valutazione di quadro complessivo riguardante i perché, il ruolo e le ragioni della istituzione, installazione e mantenimento di queste basi nel nostro paese.
Mi sono state poi rivolte - ed il presidente ha avuto l'amabilità, di cui lo ringrazio, di sottolinearlo - molte domande, alcune particolarmente tecniche. Non vorrei ora fare una distinzione tra domande cui rispondere subito, tranne alcune che sono meno tecniche e meno di fatto, ed altre cui invece rispondere, eventualmente per iscritto, nei prossimi giorni, secondo quello che la Commissione richiederà, farò invece alcune considerazioni, raccogliendo alcuni degli spunti emersi nella discussione.
Credo ci sia, innanzitutto, qualcosa che ci fa riflettere e che più colleghi hanno sottolineato: le procure competenti intervenute hanno registrato e sottolineato come non fosse possibile configurare responsabilità per carenze normative. Questo forse consente già adesso di dare alcune risposte sulle responsabilità, ad esempio sulle responsabilità disciplinari e sulle relative sanzioni, perché se vi sono regole che vengono violate, provocando sanzioni disciplinari, questo dà di per sé luogo a sanzioni penali in caso di conseguenze così gravi. Il problema, dunque, e questa è stata la preoccupazione del Governo, è quello di affrontare il versante delle carenze normative, procedendo con immediatezza a ridefinirle, riconvenendole e riscrivendole. Credo fosse questo l'impegno principale, perché, come è emerso, vi era una difficoltà, dovuta a carenze normative, che rendeva, appunto, difficile l'intervento di controllo. Questo è ciò che ha spinto, come prima preoccupazione, accanto all'altra dei risarcimenti, il Governo nel definire regole nuove.
Mi è stato chiesto se sono iniziate le procedure, ed i relativi adempimenti, della Difesa su queste regole nuove. Credo di aver dato alcune indicazioni anche piuttosto concrete su quello che già si è fatto. In questo senso vorrei dire all'onorevole Saonara, che ne ha fatto richiesta, che gran parte dei suggerimenti e delle osservazioni della commissione bilaterale, di cui ho detto, sono stati già posti in essere ed attuati. Per quel che ricordo, ma prego di prendere il dato con un qualche beneficio di approssimazione, soltanto la
Vi sono state dunque numerose e concrete definizioni di regole ed è in corso quella revisione delle norme, che è iniziata con riferimento alla base di Sigonella, che condurrà ad accordi tecnici nuovi che saranno mantenuti nella pubblica conoscenza.
Mi è stato inoltre chiesto di chiarire il riferimento da me fatto, sempre a proposito degli accordi tecnici, agli ambiti di competenza, controllo e responsabilità; significa, definendoli in termini più puntuali e stringenti, aumentare lo spazio nazionale, le sue competenze, il suo controllo e la sua responsabilità; aumentare lo spazio di controllo e responsabilità, quindi la competenza complessiva delle nostre autorità nazionali sull'uso delle basi, sulla gestione e sull'andamento dei voli che da esse partono.
Mi sono state poi rivolte numerose altre domande, una in particolare riguarda la lettera del ministro Andreatta. Mi è stata chiesta una valutazione circa la sufficienza di questa lettera. Io ritengo la lettera, visto che mi è stato chiesto espressamente, sufficiente e non ritengo che si possa attribuire alla lettera dell'ex ministro Andreatta altra diversa valutazione. Mi è stato chiesto anche se ritengo sufficienti le segnalazioni pervenute dai comuni: se dicessi in questo momento di averne conoscenza, con riferimento a quelle arrivate fino al 1998 al Ministero della difesa, azzarderei un giudizio per ipotesi. Se la Commissione tiene a questa valutazione, la fornirò; quello che vorrei dire è che tutte queste considerazioni, e anche gran parte delle altre, riconducono al punto decisivo della carenza, dell'insufficienza e della particolarità delle regole che disciplinavano l'uso delle basi e l'esigenza di rivederle nel senso che ho indicato. Per questo, citando gli adempimenti, ritengo di aver dato non soltanto risposta su quello che si sta facendo, ma anche una valutazione sul passato (preciso che non è mia intenzione criticare i Governi precedenti), indicando la causa da cui parte questa riflessione e cioè la carenza di regole e l'esigenza di rivederle riscrivendole: ciò che si sta facendo.
Vorrei aggiungere che sui numerosi quesiti posti, alcuni dei quali sono particolarmente tecnici ed altri più di fatto, pur essendo per taluni in grado di dare indicazioni, preferirei rispondere complessivamente su tutti, se la Commissione riterrà, in altra seduta, o per iscritto nei prossimi giorni.