La seduta comincia alle 21.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Giuseppe Iacobellis, procuratore militare presso il Tribunale militare di Bari, che ringraziamo per la sua presenza. La preghiamo di fornirci un quadro della situazione allo stato delle indagini poi i colleghi che lo ritengono le rivolgeranno le loro domande.
GIUSEPPE IACOBELLIS, Procuratore militare della Repubblica presso il Tribunale militare di Bari. La procura militare della Repubblica, a seguito della trasmissione, avvenuta in data 6 ottobre 1998, di copia di atti da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Trento, che procedeva ad indagini relative al disastro del Cermis, è stata interessata a conoscere di fatti emersi nel corso degli accertamenti che potevano concretizzare ipotesi di reato militare, in particolare quella prevista dall'articolo 117 del codice di procedura militare di pace - omessa esecuzione di un incarico - da addebitarsi ad appartenenti alle forze armate italiane.
1998, competenze e responsabilità dovevano essere cedute al COA/COM di Martina Franca.
datato 21 aprile 1997, di non autorizzare attività di volo a bassa quota sul territorio italiano e sulle acque nazionali, a meno che non fosse stata diversamente approvata per esercitazioni ad hoc, non eseguiva l'incarico affidatogli poiché, sia non impartiva le conseguenti disposizioni dirette a non autorizzare i voli a bassa quota, sia autorizzava piani di volo che contemplavano la navigazione a bassa quota. Fatto avvenuto in Martina Franca nel periodo dal 21 aprile 1997 al 6 febbraio 1998.
quello che più interessa, manifestasse nel suo tenore soltanto l'intento di informare.
atti del procedimento, del generale Mario Arpino, all'epoca dei fatti in esame capo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare, resa al procuratore militare della Repubblica di Padova il 12 febbraio 1999. Riferisce il generale, avendo riguardo evidentemente al messaggio SMA/175, che a causa del proliferare di missioni addestrative di reparto a bassa quota (non correlate all'addestramento per la Bosnia) e alle conseguenti lamentele per l'inquinamento acustico, fu emanata una richiesta, indirizzata alle superiori autorità NATO, con la quale si chiedeva di non ammettere alcuna attività addestrativa a bassa quota per i reparti non stanziali, qualora non rispondente a dirette esigenze (Bosnia). Con lo stesso messaggio si informava lo Stato maggiore della difesa della richiesta effettuata, nonché altri enti a livello massimale, tra cui Aviano. A questi ultimi enti non veniva richiesta alcuna attività positiva «per azione».
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Iacobellis e do la parola al collega Ruffino.
ELVIO RUFFINO. È stato detto che la tragedia può ascriversi sostanzialmente all'esclusiva responsabilità dei piloti che hanno condotto l'aereo in modo imprevedibile o comunque difforme da qualunque atteggiamento di cautela; le cose su cui stiamo indagando sono comunque importanti per verificare il contesto e soprattutto per valutare quali siano i possibili meccanismi di controllo.
norma era stata impartita ai comandi statunitensi; tale proibizione però non è stata notificata nelle forme opportune affinché non fossero autorizzati dall'ente preposto piani di volo con caratteristiche difformi rispetto a questa regola prestabilita.
LUIGI OLIVIERI. Questa sera il nostro compito sarà più semplice rispetto alle sedute precedenti, perché la questione è circoscritta al tema dell'indagine condotta dal procuratore Iacobellis. Mi sembra sia scontato che il messaggio SMA n.175 del 21 aprile 1997 non fosse precettivo, e che quindi non vi sia una responsabilità penale per violazione dell'articolo 117 del codice penale militare di pace. Però il procuratore della Repubblica di Trento ha ritenuto che questo messaggio fosse precettivo e a tal fine ha assunto una serie di testimonianze (ricordo quella del generale e Vannucchi e quella, in contrasto con la prima, del generale Arpino) e la procura militare di Padova, non contenta, ha assunto altre due deposizioni che a loro volta hanno portato ad un pareggio: in sostanza due sostenevano la precettività, mentre due sostenevano che fosse un messaggio di carattere ordinatorio generale.
GIOVANNI MARINO. Relativamente alla tragedia del Cermis ci sono state tre indagini, una della procura di Trento, una della procura militare di Padova ed una della procura militare di Bari. Se non ho capito male, però, mentre quelle di Trento e di Padova hanno indagato sulle cause della tragedia, le indagini della procura di Bari hanno riguardato l'ipotesi di una omessa esecuzione di incarico secondo quanto previsto dall'articolo 117 del codice. La procura di Padova indagava sul colonnello comandante la base di Aviano, mentre la procura di Bari indagava su un altro ufficiale dell'aeronautica.
GIUSEPPE DETOMAS. Le mie domande si sovrappongono a quelle dei colleghi che mi hanno preceduto. Questo infausto incidente avrebbe dovuto consigliare una certa rigorosità nella richiesta di eventuale rinvio a giudizio, pertanto anch'io non sono molto soddisfatto che si sia giunti alla conclusione che si possa tracciare una linea di demarcazione sulla base di un indirizzo, cioè che un differente indirizzo possa cambiare radicalmente la natura di un atto. Anche alla luce delle conseguenze così gravi che l'incidente ha avuto, credo che il tema del messaggio vada approfondito.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Vorrei innanzitutto ringraziare il procuratore Iacobellis per la sua relazione, a proposito della quale vorrei fare alcune osservazioni sulla base di un percorso logico analogo a quello che potrebbe compiere l'uomo della strada. Si era posto il problema dei disagi di vario tipo che i voli a bassa quota creavano ed esso era stato affrontato in una riunione tra qualificati rappresentanti della NATO e della SMA, i quali arrivarono alla conclusione che bisognava porre termine ai voli a bassa quota e quindi decisero di inviare un messaggio. In ogni caso, ad una qualche conclusione saranno arrivati: di che conclusione si trattava? Di mandare un messaggio, di predisporlo in modo chiaro, chi erano i destinatari di questo messaggio? Se per conoscenza è stato inviato al centro di Martina Franca, c'era qualcuno che doveva riceverlo in modo diretto, a chi era stato indirizzato in via prioritaria?
GIOVANNI SAONARA. Vorrei soltanto chiedere un'opinione al dottor di Iacobellis. Com'è noto, nella storia giudiziaria italiana il nome Martina Franca evoca un'altra tragedia; non è mia consuetudine fare alcun tipo di polemica, ma secondo lei, nel valutare i diversi atti di indirizzo formale o informale e le procedure che lei ha ricordato, si avverte ancora questa
memoria legata ad altre storie italiane, e mi riferisco evidentemente al DC9 dell'Itavia e a quanto è accaduto. Lei ha percepito che c'è questo elemento oppure no?
WALTER DE CESARIS. Il dottore Iacobellis ha evidenziato che l'indagine della procura militare di Bari si è conclusa nel senso che non sono riscontrabili violazioni di norme di carattere penale in quanto gli ordini avevano natura non precettiva o vincolante ma informativa. In proposito vorrei porre una questione che è stata posta anche dalla procura di Trento: è riscontrabile una violazione per aggiramento delle norme previste? Era effettivamente quella la struttura che doveva autorizzare i piani di volo o non era invece un'altra struttura, come sostiene la procura di Trento? È quindi riscontrabile una «frode» per aggiramento della procedura che invece, secondo la filiera di comando, si sarebbe dovuta seguire?
CESARE RIZZI. Mi associo ai colleghi che hanno chiesto il motivo per il quale il famoso messaggio del 21 aprile era per conoscenza e a quali altri soggetti esso fosse diretto.
GIUSEPPE IACOBELLIS, Procuratore militare della Repubblica presso il tribunale militare di Bari. Per quanto riguarda la domanda se vi siano state omissioni di controllo da parte di altri enti sovraordinati, si è fatto riferimento alla constatazione che, nonostante questo messaggio, al di là di quella che poteva essere la natura del messaggio stesso, se precettiva o informativa, comunque c'era una volontà non favorevole nei confronti dei voli a bassa quota e se comunque tali voli venivano autorizzati, doveva esservi qualcuno che poteva intervenire per limitare questa attività di volo a bassa quota. Penso che tutto dipenda dall'effettivo intento che si voleva perseguire, cioè se vi era un atteggiamento di netto, assoluto sfavore nei confronti dei voli a bassa quota o se, invece, si chiedeva soltanto di contenere il più possibile l'attività di volo a bassa quota. Lo stato maggiore non aveva la possibilità di dare delle disposizioni vincolanti per l'impiego degli aerei della NATO e quindi rivolgeva questa richiesta al comando NATO, ritengo nell'aspettativa che quest'ultimo avrebbe recepito questa sollecitazione e avrebbe diramato i conseguenti ordini agli enti subordinati perché quanto meno limitassero l'attività di volo a bassa quota. Non so fino a che punto vi sia stata una mancanza di controllo, perché non è stato questo l'oggetto della nostra indagine: ripeto, noi abbiamo preso in considerazione un elemento che si evidenziava, cioè l'autorizzazione di un volo a bassa quota che aveva provocato un tragico evento. Da questa vicenda si è preso atto che c'era un messaggio, lo SMA/175, e si è voluto verificare se quel messaggio fosse stato disatteso ed entro che limiti. Pertanto, dal Cermis il nostro sguardo si elevava per valutare quale fosse stata l'effettiva pratica tenuta dall'ente responsabile dell'autorizzazione dei voli nei confronti di richieste di autorizzazione per voli a bassa quota.
tutto dipenda dalla natura del messaggio: se esso ha natura precettiva, allora le responsabilità sono a vari livelli ma, nel momento in cui ci siamo convinti che il messaggio non aveva carattere precettivo, è chiaro che tutto dipende dalla sensibilità di chi innanzitutto ha la possibilità di verificare se vengano autorizzati con una certa sistematicità voli a bassa quota ed anche di intervenire per poter porre dei limiti.
GIUSEPPE DETOMAS. È possibile acquisire il testo del messaggio?
GIUSEPPE IACOBELLIS, Procuratore militare della Repubblica presso il tribunale militare di Bari. È stata fatta richiesta di atti alla procura militare, la quale ha girato tale richiesta al GIP. Quando ho avuto la convocazione da parte di questa Commissione, ho chiesto al GIP di poter prendere visione del fascicolo ed anche di essere autorizzato ad estrarre copia di qualche atto, che mi serviva per poter meglio organizzare le idee. Se può interessare, ho la copia del messaggio in lingua inglese e italiana; inoltre, ho anche la copia del messaggio del 29 luglio in cui si dice che sono state determinate le regole, ma in quel caso ci siamo resi conto che Martina Franca era tra gli enti in indirizzo per conoscenza. Dico questo per dimostrare che non è soltanto la scelta degli indirizzi ad averci convinti che non avevamo a che fare con un ordine, ma è soprattutto il testo del messaggio. Certo, la scelta degli indirizzi creava ancora più equivoci sotto l'aspetto della possibilità di intravedere un carattere di cogenza in quel messaggio.
CESARE RIZZI. Mi scusi, ma allora un matto la mattina si alzava, autorizzava voli a bassa quota...
GIUSEPPE IACOBELLIS, Procuratore militare della Repubblica presso il tribunale
militare di Bari. Questo non può accadere.
GIUSEPPE DETOMAS. Il direttore dell'ATCC è un tenente colonnello?
GIUSEPPE IACOBELLIS, Procuratore militare della Repubblica presso il tribunale militare di Bari. Sì.
GIUSEPPE DETOMAS. Pensavo che dovesse essere almeno colonnello o generale.
Per spiegare le ragioni per cui della vicenda è stata interessata la procura militare di Bari, si deve riferire che, nel corso delle investigazioni condotte dai magistrati trentini, era stato acquisito il messaggio SMA-322/00175/G39/SFOR, datato 21 aprile 1997 (di seguito indicato come SMA/175) dello Stato maggiore dell'Aeronautica militare, in Roma, diretto al comando NATO SHAPE/SHOPA in Mons (Belgio) e a diversi enti della catena di comando NATO in Italia, nonché, per conoscenza, a vari altri enti tra i quali gli Aeroroc di Montevenda e Martina Franca.
Nel messaggio si riferiva di un incontro, tenutosi a Roma il 17 marzo 1997, tra qualificati rappresentanti dello Stato maggiore dell'Aeronautica militare e della NATO-joint guard (identifica un'operazione NATO), incontro organizzato principalmente per trovare/esaminare possibili soluzioni da intraprendere per minimizzare l'impatto sociale e ambientale sul territorio italiano e nelle basi aeree italiane dovuto all'impiego di velivoli (assetti aerei) schierati dopo più di tre anni di operazioni nella ex Jugoslavia e nella prospettiva che le operazioni joint-deliberate guard sarebbero continuate almeno fino alla metà dell'anno 1998. Il messaggio quindi faceva riferimento all'impiego di velivoli schierati in Italia per operazioni NATO.
In quel messaggio veniva di seguito riportato un sommario di soluzioni-azioni che erano state identificate per raggiungere il citato obiettivo di minimizzare l'impatto sociale e ambientale e tra queste vi era anche la previsione, come si ha modo di leggere nella traduzione richiesta dal mio ufficio - il testo infatti è redatto in lingua inglese - che non sarà autorizzata attività a bassa quota sul territorio italiano e sulle acque nazionali, a meno che non sia diversamente approvato per esercitazioni ad hoc esempio cat flags (identifica esercitazioni NATO).
Ora, sempre per chiarire i motivi dell'interessamento della procura militare di Bari, è necessario riferire quale era all'epoca la procedura da seguire perché un velivolo militare potesse compiere attività operativa di volo.
In grandi linee si può distinguere: una fase di pianificazione dell'attività di volo, che compete al comando che dispone dell'impiego del velivolo e che si ufficializza con la predisposizione di un programma di volo giornaliero (PVG), che deve osservare tutte le limitazioni all'attività di volo vigenti, e la sua trasmissione per l'autorizzazione al ROC (Centro operativo regionale dell'aeronautica militare) poi denominato COA/COM (Centro operativo alternato/Comando operativo militare); una fase di valutazione e coordinamento dell'attività di volo programmata, la quale compete essenzialmente ad un ente o agenzia del ROC (poi COA/COM) denominato Centro di controllo del traffico aereo militare - nella relazione di seguito indicato con l'acronimo ATCC (Air traffic control center) - che ha, appunto, per quello che qui interessa, la funzione di coordinare in tempo di pace l'attività addestrativa ed operativa dei reparti di volo effettuata secondo le modalità del traffico aereo operativo, funzione che si svolge valutando, in sede di programmazione e in coordinamento con le altre agenzie operative, la possibilità di integrazione delle missioni acrobatiche nel contesto delle operazioni aeree nell'ambito di propria responsabilità, al fine di evidenziare ed evitare eventuali condizioni di interferenza tra i voli da autorizzare.
In altri termini, si tratta di verificare che l'attività di volo, in relazione alla rotta che l'aereo deve seguire, le quote che impegnerà, gli orari in cui si svolgerà sia compatibile con altre attività di volo programmate, al fine di impedire interferenze che possano compromettere la sicurezza del volo (in gergo si usa definire questa verifica con il termine «deconflittuare»); una fase di autorizzazione dell'attività di volo, che si consegue dopo aver verificato la compatibilità del volo e che si ufficializza con l'emissione di un messaggio, denominato ASMIX (assigned mission), con il quale, appunto, si autorizza l'attività di volo, messaggio che è firmato dal responsabile dello ATCC.
L'ATCC, come altre agenzie, dipende gerarchicamente dal comandante del ROC (poi denominato COA/COM), il quale ha la responsabilità dell'attività logistico/operativa del reparto stesso e ha il potere di impartire direttive di carattere generale anche per le dipendenti agenzie. Tuttavia, l'ATCC svolge i suoi compiti con competenza tecnica esclusiva. Da ciò discende che la responsabilità tecnica è propria dell'agenzia e in particolare del direttore che dirige e controlla l'organizzazione dell'agenzia ed è responsabile dell'addestramento, disciplina e impiego del personale posto alle sue dirette dipendenze.
Il richiamato messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997 fu diretto, come già accennato, per conoscenza, agli Aeroroc di Montevenda e Martina Franca, le cui dipendenti agenzie ATCC operavano, all'epoca, per le rispettive aree di competenza.
Successivamente, nel quadro dei provvedimenti volti alla progressiva riconfigurazione della linea di comando e controllo delle forze aeree, lo Stato maggiore dell'Aeronautica militare disponeva che, a far data dal 1o gennaio 1998, il 3o ROC di Martina Franca fosse riconfigurato in via sperimentale come Centro operativo alternato/Centro operativo mobile (COA/COM), che il 1o ROC di Montevenda fosse posto in posizione quadro e sotto la stessa data fosse costituito, in via sperimentale, il Centro operativo del comando operativo delle forze aeree (CO.COFA) in Poggio Renatico e che, nel periodo transitorio e sino e non oltre il 1o settembre 1998, le funzioni del Centro operativo del COFA fossero svolte dal COA di Martina Franca.
Con messaggio del 30 dicembre 1997, sempre lo Stato maggiore dell'Aeronautica militare disponeva che il Centro operativo del COFA mantenesse le stesse competenze e l'area di responsabilità del disciolto 1o ROC di Montevenda fino alle ore 24 del 4 gennaio 1998 e che successivamente, a partire dal giorno 5 gennaio
Nell'esecuzione di tali disposizioni, dal 5 gennaio 1998 e fino al 1osettembre 1998, il COA/COM di Martina franca vedeva estendere la sua competenza, e quindi anche quella della dipendente ATCC, a tutto il territorio nazionale.
È stato così, nell'ambito di questa temporanea esclusiva competenza, che pervenne al COA/COM di Martina Franca, in data 2 febbraio 1998, dal 31 F.W. (fighter wing) di Aviano il programma di volo giornaliero per il giorno 3 febbraio 1998, e che fu emesso dalla ATCC di quel comando in Martina Franca il messaggio ASMIX (assigned mission) che autorizzava, tra l'altro, anche la missione EASY 01, relativa al volo a bassa quota AV 047 BD, per il giorno 3 febbraio 1998, del velivolo NATO, che avrebbe poi causato il tranciamento dei cavi della funivia del Cermis.
Questo per spiegare perché la procura militare di Bari, nel cui circondario è ubicato il COA/COM di Martina Franca, sia stata destinataria degli atti da parte della procura della Repubblica di Trento che, appunto, sulla base di quanto riportato nel messaggio dello Stato maggiore Aeronautica e degli elementi raccolti nel corso delle investigazioni per reati di competenza, aveva ritenuto di ravvisare la sussistenza dei requisiti, sia oggettivi sia soggettivi, per concretizzare l'ipotesi prevista dall'articolo 117 del codice penale militare di pace - omessa esecuzione di un incarico - che, allo stato delle indagini, era ascrivibile a carico di ignoti. In tal senso è stato ricevuto e registrato il procedimento dal mio ufficio.
Da quanto appena esposto emerge, con evidenza, che la procura militare della Repubblica di Bari non si è interessata del disastro del Cermis, non ha quindi condotto investigazioni, perché non le competevano, per accertare le cause di quel tragico evento, ma da quel fatto ha preso spunto per verificare se chi aveva assunto la responsabilità di autorizzare la missione di quel volo a bassa quota avesse disatteso o meno disposizioni impartite per regolare l'attività di volo. In particolare, si imponeva di verificare quale fosse la natura del messaggio SMA/175 datato 21 aprile 1997, cioè se precettiva ovvero informativa, con valore meramente interlocutorio, al fine di stabilire se quel messaggio introducesse un divieto di autorizzare attività a bassa quota sul territorio italiano.
In questa prospettiva, si è ritenuto di accertare, sulla base della documentazione disponibile e con l'ausilio di un consulente tecnico, se la concessione di autorizzazione all'attività di volo a bassa quota, in costanza del messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997, fosse limitata a casi particolari, ovvero fosse pratica sistematica della quale la tragedia del Cermis rappresentava solo un sintomo rivelatore. All'esito dell'accertamento, il consulente tecnico ha riferito che, nel periodo tra il 1o novembre 1997 e il 6 febbraio 1998, risultavano concesse 36 autorizzazioni dell'ATCC di Martina Franca per le missioni da effettuare, in toto o in parte, a quote uguali o inferiori ai duemila piedi. Per definizione è a bassa quota l'attività di volo condotta a quota uguale o inferiore ai duemila piedi sul terreno.
Il consulente tecnico ha inoltre chiarito che, nel periodo di valutazione, non risultava essere stata organizzata alcuna esercitazione per la quale, secondo il messaggio SMA/175, poteva essere disposto diversamente, rispetto alla previsione di non autorizzare il volo a bassa quota, tipo le esercitazioni CAT FLAGS, che sono esercitazioni organizzate dalla NATO sul territorio italiano.
Al termine dei primi accertamenti, si è ritenuto di svolgere indagini nei confronti del tenente colonnello Celestino Carratù, all'epoca direttore della ATCC del COA/COM di Martina Franca, ipotizzando a suo carico il reato di cui all'articolo 117 del codice penale militare di pace, perché comandante di una forza militare quale direttore dell'ATCC (air trafic control center), del COA/COM ex 3o ROC di Martina Franca, avendo ricevuto l'incarico, con messaggio dello Stato maggiore dell'Aeronautica militare italiana SMA - 322/00175/G39/SFOR,
In sintesi, quando il tenente colonnello Carratù è stato convocato per rendere interrogatorio, ha dichiarato che il messaggio SMA/175 datato 21 aprile 1997, pur pervenuto all'ATCC di Martina Franca sul sistema ACCAM, che è il sistema di telecomunicazioni per ricevere la messaggistica in uso presso l'aeronautica militare, e pur essendo stato da egli stesso conosciuto, era stato, tuttavia, archiviato, cioè non era stato estratto dal sistema ACCAM e stampato, in quanto egli aveva ritenuto che le notizie in esso contenute non costituissero un ordine per l'ATCC, perché il ROC di Martina Franca era posto nell'elenco degli indirizzi per conoscenza. L'ufficiale ha poi sostenuto che, in ogni caso, era proprio il contenuto del messaggio che non portava a ritenerlo immediatamente vincolante per gli adempimenti dell'ATCC. Infatti, ha aggiunto, il messaggio era diretto al supremo comando NATO in Mons ed assumeva essenzialmente una funzione propositiva.
Al termine delle indagini, si disponeva di elementi incontrovertibili, costituiti non soltanto dagli esiti di accertamenti mirati, ma dalle stesse ammissioni dell'ufficiale indagato, che il messaggio che SMA/175 era stato conosciuto e che, dopo l'emissione di quel messaggio, si era continuato ad autorizzare attività di volo a bassa quota degli assetti aerei schierati nelle basi aeree italiane per la crisi della ex Jugoslavia.
Tuttavia, quel materiale di indagine non poteva ancora essere considerato esaustivo ai fini dell'esercizio dell'azione penale.
Era infatti necessario stabilire preventivamente, atteso che il reato ipotizzato a carico dell'ufficiale si sostanziava nel non avere eseguito, senza giustificato motivo, l'incarico affidatogli, se nel messaggio SMA/175 datato 21 aprile 1997 fosse obiettivamente rintracciabile l'attribuzione di un incarico al direttore dell'ATCC del 3o ROC di Martina Franca.
In altri termini, perché l'imputazione potesse, con prognosi favorevole per l'accusa, reggere la verifica di un giudizio, era necessario accertare quale fosse la portata di quel messaggio per la previsione in esso contenuta di non autorizzare i voli a bassa quota, cioè sotto i duemila piedi di altitudine, previsione che, se precettiva, sicuramente interessava il predetto ATCC.
La valutazione del testo del messaggio e della sua organizzazione ha offerto affidabili elementi per rispondere sul punto con fondato convincimento.
Ora, per quanto attiene il tenore del testo, c'è da dire che esso fu derivazione immediata di quanto emerso a seguito di un incontro tecnico tenutosi a Roma, in data 17 marzo 1997, tra qualificati rappresentanti dello stato maggiore dell'aeronautica militare e NATO, organizzato principalmente per trovare/esaminare possibili soluzioni da intraprendere per minimizzare l'impatto sociale ed ambientale sul territorio e sulle basi aeree italiane dei velivoli rischierati in Italia per le operazioni NATO, denominate deliberate guard, connesse alla crisi jugoslava.
Nel testo del messaggio in questione, tradotto in lingua italiana, al punto 2) si riporta quello che testualmente è definito come un sommario di soluzioni/azioni che erano state identificate per raggiungere l'obiettivo di minimizzare l'impatto sociale e ambientale.
Ebbene, l'espressione appena richiamata, collegata a quella usata nel messaggio al punto 1) dove è spiegato il motivo per cui è stato organizzato l'incontro, cioè trovare/esaminare possibili soluzioni da intraprendere, porta a ritenere che il messaggio fornisse soltanto il resoconto dell'incontro e quindi avesse natura informativa o comunque, ed è
Infatti, chiaramente si afferma nel messaggio che l'incontro era avvenuto tra qualificati rappresentanti, che lo scopo era di trovare/esaminare possibili soluzioni da intraprendere. Tale incontro quindi aveva peculiarmente una connotazione tecnica - il riferimento a qualificati rappresentanti lo riprova - la sua funzione era altrettanto chiaramente indicata nella individuazione di possibili soluzioni da intraprendere, cioè di soluzioni che tali rappresentanti erano qualificati, sul piano tecnico, a fornire, ma non evidentemente legittimati a determinare come disposizioni da osservare.
Costituisce sicuro indice rivelatore del carattere informativo interlocutorio del messaggio la esplicitazione e l'indicazione al punto 2) che quanto riportato nel messaggio era soltanto «un sommario di soluzioni/azioni che erano state identificate».
Ora, se il messaggio avesse voluto avere natura precettiva, non si dovevano certo usare simili espressioni, assolutamente inadeguate, ma si sarebbe dovuto prevedere in forma esplicita che le soluzioni/azioni scaturite da quell'incontro tecnico venivano recepite e costituite come disposizioni da osservare. Ma così non è stato, o comunque così non è stato sufficientemente chiarito.
Conforta questa opinione l'osservazione che lo stato maggiore dell'aeronautica, che in un precedente messaggio SMA-333/1121/G35 del 29 luglio 1993, avente ad oggetto regole e limitazioni per l'attività di addestramento delle unità schierate per l'operazione NATO-deny flight, ha chiaramente specificato che quelle che venivano di seguito riportate nel messaggio stesso erano le regole e le limitazioni che erano state determinate per lo svolgimento regolare e in sicurezza dell'attività di volo.
Si è potuto quindi, con tranquillizzante convinzione, ritenere che in buona sostanza lo SMA di Roma non faceva che proporre al comando NATO le soluzioni individuate, nella sicura aspettativa che sarebbero state recepite e quindi da quel comando tradotte in disposizioni da impartire agli enti NATO subordinati, che direttamente impiegavano i velivoli dedicati alle operazioni NATO, rischierati sul territorio italiano. Questo spiega perché l'incontro, tenutosi a Roma il 17 marzo 1997, diretto a trovare le soluzioni fosse tra rappresentanti della NATO e dello SMA.
Del resto, che tale sia stato l'intento che sottende l'emissione del messaggio SMA/175, lo si ritrae, inoltre, dalla scelta degli indirizzi usata. Come già detto, il messaggio è diretto per competenza (to) al comando NATO in Mons e ad enti della catena di comando NATO, mentre all'Aeroroc di Martina Franca è inviato per conoscenza (info).
Ora la distinzione nel modo di indirizzare il messaggio ha la sua valenza. In proposito non poteva essere disattesa la spiegazione fornita da Celestino Carratù, che trova supporto non soltanto in un dato di comune esperienza, ma anche in quanto riportato nella sinossi sul servizio di Stato maggiore edizione marzo 1984 della scuola di guerra aerea, fornito in stralcio fotocopiato dal dall'indagato nel corso del suo interrogatorio. Ebbene, in tale sinossi si precisa, al capoverso del punto 3 relativo agli indirizzi, che «nello spazio riservato ai destinatari vanno poste separatamente le denominazioni degli enti cui il messaggio va inoltrato per azione (to) e per conoscenza (info)».
Così essendo disciplinata la modalità di invio dei messaggi e considerata la valenza da attribuire alla scelta delle modalità di invio, si appalesa davvero arduo sostenere che, in una semplice informazione che per giunta ha ad oggetto un sommario di soluzioni/azioni identificate, si possa rintracciare la statuizione di un incarico, regolato da una serie di disposizioni alle quali si deve rigidamente prestare osservanza. Se tale era la finalità che si voleva perseguire con il messaggio del 21 aprile 1997, allora si sarebbe dovuto opportunamente indirizzarlo «per azione» anche agli Aeroroc. Corrobora questa riflessione la qualificata deposizione, acquisita agli
La bontà delle argomentazioni svolte a sostegno della tesi che si era affermata non è affatto inficiata da quanto riportato nel messaggio SMA-322/1141/G39/SFOR, datato 6 febbraio 1998, originato a seguito del tragico evento del Cermis che, quasi come una sorta di interpretazione autentica, vuole attribuire valore precettivo alle previsioni contenute nel messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997. Infatti, al di là di quale fosse comunque la reale intenzione perseguita con la redazione del messaggio del 21 aprile 1997, la lettura che esso offre, come obiettivamente si manifesta, non può che portare alla conclusione che per il 3o ROC di Martina Franca non assumeva connotazioni precettive. Anzi, si è ritenuto di rilevare che il messaggio del 6 febbraio 1998 può fornire un'ulteriore ed indiretta conferma a quanto finora si è sostenuto.
In proposito si è constatato che nell'elenco degli indirizzi di quest'ultimo messaggio, il COA/COM (ex 3o ROC) di Martina Franca compare tra gli enti destinatari del messaggio per competenza.
Ora, poiché è singolare che un messaggio, che ha per contenuto la richiesta a enti militari di conformarsi a quanto disposto con precedenti messaggi, specificamente richiamati e pur diretti a quegli enti, non si attenga allo stesso criterio di scelta della modalità di indirizzo, si può desumere che, verosimilmente, lo SMA ha inteso riconsiderare la struttura degli indirizzi per allinearla, o meglio armonizzarla, alla finalità precettiva che si voleva attribuire, col messaggio del 6 febbraio 1998, a quelli in quest'ultimo richiamati, e tanto perché, probabilmente, non doveva apparire corretto, se si voleva impartire delle disposizioni con carattere di cogenza, indicare l'Aeroroc di Martina Franca negli indirizzi per conoscenza.
Sulla base di queste argomentazioni si è finito, dunque, per riconoscere che il messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997, per il tenore del testo e l'organizzazione degli indirizzi, non poteva essere obiettivamente recepito dall'Aeroroc di Martina Franca come precettivo di disposizioni da immediatamente eseguire.
Pertanto, poiché in quel messaggio non è dato obiettivamente ravvisare l'affidamento di un incarico al direttore dell'ATCC dell'ex 3 ROC di Martina Franca, nei termini come formulati dall'imputazione, è stata richiesta l'archiviazione del procedimento al GIP, perché il fatto non sussiste. Al momento, il GIP presso il tribunale militare di Bari non si è ancora pronunciato.
Secondo quanto lei ci ha detto questa sera, siamo di fronte ad una situazione abbastanza incomprensibile: vi era la proibizione di voli a bassissima quota per gli aerei impegnati nella missione, e questa
Mi pare evidente che al personale di Martina Franca non possa essere addebitata alcuna responsabilità penale, ma la situazione rimane abbastanza stravagante. Viene definita una regola e vengono impartite disposizioni ai piloti americani però, salvo la diramazione di una informativa, non viene impartito alcun ordine agli organi che dovrebbero controllare, o quanto meno monitorare, che questa norma sia rispettata. Non trova anche lei che questo comportamento, pur non essendo rilevante dal punto di vista penale, meriti qualche censura nei confronti di coloro che avrebbero dovuto impartire precise disposizioni al personale di Martina Franca?
Vorrei sapere se lei sia pervenuto alla valutazione della non vincolatività del messaggio sulla base della qualificata deposizione del generale Mario Arpino, di una sua interpretazione, o a seguito dell'ausilio di una perizia o di una consulenza tecnica.
Nelle audizioni dei giorni scorsi abbiamo appreso informazioni sconvolgenti sulla mancanza di peso e di potere delle autorità italiane, ma non è questo l'oggetto della mia domanda; da lei vorrei un chiarimento rispetto al messaggio del 21 aprile 1997, in particolare per quanto riguarda la questione degli indirizzi che, a quanto pare, assumevano un'importanza determinante. In pratica, se ho capito bene, un messaggio inviato per conoscenza poteva essere gettato nel cestino: mi chiedo allora che senso abbia un messaggio di questo genere, se non si può comunque fare niente pur ravvisando la presenza di qualcosa che possa creare pericolo o mettere a rischio l'incolumità dei cittadini.
Lasciamo stare l'ipotesi di reato prevista dall'articolo 117, perché mi sembra che le conclusioni alle quali è pervenuta la sua procura siano le stesse a cui è pervenuta la procura di Padova, cioè la richiesta di archiviazione (in quel caso condivisa dal GIP sia pure con motivazioni diverse rispetto a alla richiesta). Inoltre, noi non dobbiamo fare un'inchiesta per accertare le responsabilità sul piano giudiziario ma per valutare l'esistenza di eventuali responsabilità di altro tipo, perché questa è la funzione propria di una commissione d'inchiesta.
Vorrei ora porre un'altra domanda che si ricollega a quella del collega Ruffino. Se il centro di Martina Franca aveva questa funzione di autorizzazione su tutto il territorio nazionale, una funzione di coordinamento per evitare incidenti, sovrapposizioni di autorizzazioni di volo, evidentemente ciò presuppone da parte di qualcuno (non so se da parte del centro di Martina Franca, perché non sono un tecnico) un'attività di controllo sull'effettività dell'autorizzazione o sul fatto che i voli autorizzati si svolgessero secondo le procedure; infatti, se queste ultime non vengono rispettate, evidentemente il coordinamento non serve più.
Chiedo, allora: chi doveva controllare se questa attività si era svolta secondo l'autorizzazione? I tracciati radar in qualche modo potevano seguire i voli e rilevare che queste attività a bassa quota erano effettivamente al di fuori delle autorizzazioni, perché spesso questi voli erano non solo a bassa, ma a bassissima quota, cioè al di fuori anche dei criteri che regolavano la bassa quota? C'era qualcuno che controllava tutto questo e, se lo faceva, non era obbligato a trasmettere l'informativa al centro di coordinamento? Di conseguenza, questa poteva rappresentare un'ipotesi di reato perché, nel momento in cui non vi è l'informazione o questa riguarda il fatto di non aver ubbidito ad un ordine, di non aver adempiuto al compito affidato, ciò implica evidentemente una violazione dell'articolo 117 del codice penale militare di pace.
Dico questo perché, se in effetti il messaggio rappresentava una sorta di resoconto di quella riunione, mi pare si possano individuare una certa leggerezza e superficialità da parte di quei qualificati rappresentanti i quali, avendo tenuto la riunione, non si occuparono poi di vedere a chi e come dovesse essere inviato questo messaggio SMA/175 del 21 aprile. In realtà, il messaggio avrebbe dovuto essere circostanziato e preciso per non indurre alcun dubbio in chi avrebbe dovuto mettere in atto le indicazioni in esso contenute, mentre se il suo testo è in qualche modo equivoco, in un certo senso c'è la responsabilità di chi ha preso la decisione o di chi doveva eseguirla. Vorrei sapere se il procuratore Iacobellis si sia fatto a sua volta questa idea.
In secondo luogo, mi sembra di aver capito che è stato incaricato un consulente per verificare se, dopo l'arrivo di quel famoso messaggio, fossero stati autorizzati altri voli a bassa quota ed è risultato che ne furono autorizzati diversi. Risulta che mai un piano di volo sia stato recepito o rifiutato oppure l'accettazione del piano di volo era un fatto del tutto automatico?
Inoltre, visto che il dottor Iacobellis ha detto che dal 1o novembre 1997 al 3 febbraio 1998 sono state rilasciate a Martina Franca 36 autorizzazioni per voli a duemila piedi, vorrei sapere da chi siano state autorizzate queste 36 missioni di voto, visto che in determinate zone, come quella in cui è successa la tragedia, vigeva il divieto assoluto del ministro della difesa per i voli a quote inferiori a duemila piedi. È una domanda che ho posto a tutti coloro che abbiamo ascoltato, ma non ho ancora avuto una risposta precisa.
Se questo possa aver integrato ipotesi di reato a carico di altri che non avrebbero posto in essere un'attività di controllo, penso che anche a questo riguardo
Nel corso delle indagini, ci siamo imbattuti in una disposizione che, se ben ricordo, aveva impartito il generale Pilotto; si trattava di una specie di nota bene con cui si rappresentava di non autorizzare voli a bassa o bassissima quota in un determinato periodo che andava dall'agosto al settembre-ottobre del 1997. Tale circostanza è stata evidenziata nel corso degli accertamenti, ma non interessava noi, trattandosi di una disposizione che riguardava il 1o Aeroroc di Montevenda; ciò sta a significare che la disposizione SMA/175 non veniva recepita come precettiva al punto che, per venire incontro alle proteste della popolazione riguardo a questi continui voli, si interveniva con una disposizione temporanea che limitava ancora di più l'attività di volo a bassa quota. Al di là di questo il nostro interessamento non è andato. Se il testo del messaggio non ha natura precettiva, non mi sembra possibile intravedere responsabilità ad altri livelli, in ogni caso questo non è stato oggetto dei nostri accertamenti.
Il motivo per cui il messaggio non si presentava come precettivo non dipende solo dall'organizzazione degli indirizzi (anche se questo è un indice rivelatore) ma dal tenore complessivo del messaggio, non supportato da affermazioni cogenti tali da eliminare qualsiasi dubbio in chi lo riceveva che si trattava di una disposizione da osservare, rispetto alla quale non si poteva assolutamente derogare senza che ciò costituisse un fatto penalmente rilevante. Nel messaggio, infatti, dopo aver fatto riferimento all'incontro tra rappresentanti della SMA e della Nato, si riferiva che erano state individuate azioni/soluzioni da intraprendere - cosa che lascerebbe pensare ad un intervento successivo - e viene riportato un sommario di soluzioni/azioni. L'uso di questi termini non è assolutamente adeguato ad un messaggio precettivo: parlare di un sommario di soluzioni-azioni non equivale a dire che si tratta di regole determinate che bisogna rispettare. D'altra parte, lo Stato maggiore dell'Aeronautica militare nel 1993 aveva fatto riferimento a regole determinate che bisognava rispettare, usando cioè termini ben diversi che non si prestavano assolutamente ed equivoci né potevano generare dubbi nei confronti del destinatario.
Non ci si può quindi limitare alla considerazione del fatto che il messaggio è stato inviato solo per conoscenza agli Aeroroc, ma il tenore complessivo di un messaggio organizzato in quel modo e con quei termini, aggiunto al criterio di scelta degli indirizzi, a nostro giudizio non poteva obiettivamente essere percepito come precettivo. Quindi, se l'intento del redattore del messaggio era impartire degli ordini, avrebbe fatto bene ad organizzare il testo in altro modo, anche attraverso la scelta degli indirizzi.
Bisogna entrare anche nella mentalità dei militari. Il colonnello Carratù ha prodotto uno stralcio della sinossi in uso presso la scuola di guerra nella quale è chiarito che ai destinatari degli ordini il messaggio viene inviato per competenza, mentre a chi deve soltanto essere informato viene inviato per conoscenza; se si fosse trattato di un ordine, tra l'altro, anche chi era stato informato solo per conoscenza, non avrebbe potuto facilmente aggirare l'ostacolo. Il punto è - lo ripeto - che ci siamo resi conto che, aldilà della scelta degli indirizzi - che determina comunque un grande equivoco nel caso in cui si volesse impartire un ordine - il testo era organizzato in maniera particolarmente poco felice per far capire a chi lo aveva ricevuto che si trattava di un ordine.
Essendo state evidenziate in quell'arco di tempo che è stato possibile verificare, cioè dal 1o novembre 1997 al 6 febbraio 1998, 36 missioni che autorizzavano voli in tutto o in parte a bassa quota, ci si è chiesti se questo non potesse far scattare degli interventi da parte di chi era preposto al controllo. Mi sembra di aver già detto nel mio intervento iniziale che tutto dipende da come il messaggio viene recepito: se fosse stato precettivo, è chiaro che anche a chi competeva il controllo sarebbe spettato il dovere di intervenire e di evitare che una situazione che si riteneva in contrasto con la disposizione impartita nel messaggio non si protraesse.
Quanto ad un eventuale collegamento con la vicenda di Ustica, non sono assolutamente in grado di fare alcuna affermazione al riguardo. Posso solo dire che da parte degli enti militari vi è stata la massima collaborazione per chiarire i fatti. Ribadisco ancora una volta che ci siamo limitati a vedere una vicenda: c'era il centro di Martina Franca che dal 5 gennaio 1998 e fino al 1o settembre dello stesso anno vedeva progressivamente allargare la sua competenza su tutto il territorio nazionale. Nostro scopo era quello di verificare se quelle autorizzazioni ai voli a bassa quota fossero o meno in contrasto con le disposizioni; al di là di questo non siamo andati.
Quanto alla domanda su chi sia competente ad emettere autorizzazioni per i voli, e quindi anche per i voli a bassa quota, e chi nel caso di specie abbia firmato il messaggio, faccio presente che l'ATCC è un ente subordinato dipendente del reparto più ampio rappresentato dal COA/COM ex ROC. Il comandante del ROC ha il potere di emettere delle direttive di carattere generale per regolare l'attività logistica ed operativa del reparto, ma non ha una competenza tecnica e per quanto riguarda la valutazione di un programma di volo rispetto ai requisiti tecnici che il volo stesso deve rispettare per poter essere autorizzato. Questa competenza tecnica è attribuita in maniera esclusiva all'ATCC e al suo direttore; infatti noi abbiamo indagato nei confronti del direttore dell'ATCC, perché egli ha la responsabilità generale dell'impiego. Quindi abbiamo proceduto nei confronti del direttore, sia perché non ha dato le necessarie disposizioni (almeno questa era l'ipotesi di reato) perché non fossero autorizzati i voli a bassa quota, sia perché egli stesso li aveva autorizzati. Il volo a bassa quota viene autorizzato con un messaggio che praticamente non riporta una firma; è il responsabile pro tempore dell'ATCC che lo emette e in ogni caso la responsabilità è del direttore al quale compete dare le direttive, perché l'attività di volo venga svolta secondo le disposizioni impartite. Quindi, ripeto, abbiamo proceduto nei confronti del direttore dell'ATCC sia perché non aveva dato queste direttive, sia perché egli stesso aveva autorizzato voli a bassa quota.