Back

Seduta del 16/2/2000


Pag. 2


...
Audizione del presidente del CNR, Lucio Bianco, sullo stato di attuazione del decreto legislativo 30 gennaio 1999, n. 19, recante il riordino del CNR, e del presidente dell'ENEA, Carlo Rubbia, sullo stato di attuazione del decreto legislativo 30 gennaio 1999, n. 36, recante il riordino dell'ENEA.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle riforme previste al Capo I e al Capo II della legge 15 marzo 1997, n. 59, l'audizione del presidente del CNR, ingegner Lucio Bianco, sullo stato di attuazione del decreto legislativo n. 39 del 1999, recante il riordino del CNR, e del presidente dell'ENEA, professor Carlo Rubbia, sullo stato di attuazione del decreto legislativo 30 gennaio 1999, n.36, recante il riordino dell'ENEA.
Prima di dare la parola al presidente Bianco, vorrei ricordare che sul decreto di riordino del CNR si svolse una lunga discussione e al testo originario furono apportate molte modifiche perché cambiava in modo notevole l'impostazione originaria dell'ente, rendendolo un organismo esponenziale del mondo universitario, in parte inserito nella categoria degli enti strumentali dello Stato e in parte dotato di autonomia scientifica e di ricerca.
Ci fu un'intensa collaborazione con il presidente Bianco al momento dell'adozione del decreto e quindi, a nome della Commissione, lo ringrazio particolarmente per aver accolto oggi il nostro invito e gli do la parola perché faccia il punto sullo stato di attuazione del decreto e sugli adempimenti che ancora mancano per completare il disegno complessivo che ne è alla base e indichi quali siano le principali problematiche affinché la Commissione possa poi assumere le opportune iniziative.

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Innanzitutto ringrazio per l'invito, che mi offre l'occasione di illustrare quello che sinora il Consiglio nazionale delle ricerche ha fatto e per evidenziare i problemi ancora esistenti. Il decreto ha ormai un anno, ma in realtà il consiglio direttivo ha cominciato a funzionare dalla metà di aprile 1999. Il primo atto fondamentale è stato il varo dei regolamenti, che sono sette e che sono stati approvati e sono in vigore da dieci giorni. Se la Commissione è interessata, ne ho con me una copia che posso consegnarvi.
Questi mesi sono stati utilizzati dal consiglio direttivo per definire i regolamenti. Avevamo a disposizione tre mesi e mezzo, compreso il periodo festivo, ed abbiamo varato i testi prima della pausa estiva; c'è stata poi la consultazione del personale come previsto dal decreto legislativo e successivamente un'interazione con il ministro, a seguito della quale i regolamenti sono stati adottati, con le


Pag. 3

relative modifiche, entro la fine dell'anno e poi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Ora abbiamo la possibilità di compiere gli atti che i regolamenti prevedono.
Si tratta essenzialmente di regolamenti di indirizzo, nel senso che è stato deciso di riservare ad atti interni di delibera del consiglio direttivo la parte attuativa, tenuto conto che lo spirito del decreto legislativo era quello di dotare l'ente di un'autonomia regolamentare ed operativa rispetto alla rete scientifica. In quella sede sono stati quindi definiti gli indirizzi generali ed alcune linee di sviluppo del futuro CNR, in modo molto preciso.
In base alla ricognizione che abbiamo compiuto, è emersa la necessità di emanare una serie di delibere-quadro che consentiranno la pratica attuazione dei regolamenti e che sono risultate in numero piuttosto rilevante.
Ricorderete che il decreto legislativo prevedeva nella fase transitoria lo svolgimento di concorsi, secondo le attività programmate. Da questo punto di vista abbiamo rinnovato l'intesa del CNR con il MURST per il Mezzogiorno ed abbiamo attivato la prima tranche di concorsi, per i quali potrà essere fatta domanda entro la fine di febbraio. Entro marzo si procederà all'espletamento effettivo delle prove per 466 posti tesi a potenziare la struttura di ricerca nel Mezzogiorno; altri 500 posti saranno messi a concorso nella seconda metà dell'anno.
Sulla base del programma triennale attivato prima dell'emanazione del decreto, sulla base di quanto richiesto dal ministero, abbiamo chiesto l'autorizzazione a svolgere concorsi per 1.170 posti per affrontare la questione annosa dei «precari», dando la possibilità a chi ha un contratto a tempo determinato di concorrere per un posto di ruolo. Ci sono alcuni problemi da mettere appunto ma proprio ieri ho avuto un incontro con il ministro, alla fine del quale si è raggiunto un accordo, salvo alcuni dettagli tecnici da definire con il Tesoro, per procedere nel corso dell'anno.
Il terzo adempimento importante è l'adozione del piano triennale, sulla base del quale dobbiamo lavorare. Abbiamo attivato tutti i nostri organi i quali hanno inviato, entro il 31 gennaio scorso, delle ipotesi per quanto riguarda la rete scientifica e su tali ipotesi il comitato di consulenza scientifica sta lavorando per poi arrivare ad un piano complessivo dell'ente, che dovrebbe essere presentato in primavera, per il triennio 2001-2003. Nell'ambito del piano saremo in grado di dire quali siano le linee di sviluppo della ricerca, quali i punti di forza e di debolezza dell'ente, quali le risorse e quali i vincoli. Tutto ciò dovrà avvenire in stretta correlazione con il programma nazionale previsto dal decreto n. 204.

PRESIDENTE. Nel piano triennale è anche compresa la ristrutturazione delle strutture periferiche?

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Quanto alla ristrutturazione, in base ai regolamenti è previsto che entro la metà del 2001, quindi prima del piano triennale, si avrà la configurazione precisa di tutta la nuova rete del CNR, con l'impegno ad attivarla operativamente entro la fine del 2001. Dunque, ci siamo presi un anno e mezzo di tempo per riprogettare la rete; questo non significa che aspetteremo quella data, perché alcune decisioni relative alla creazione di nuovi istituti verranno prese nel prossimo mese, secondo l'indirizzo del decreto legislativo.

PRESIDENTE. Alcuni giorni fa il problema è stato sollevato alla presenza del ministro e alcuni colleghi hanno posto in maniera drastica la questione. Molti di noi sono professori e quindi ci rendiamo conto che per arrivare entro il 2001 ad una ristrutturazione significativa bisogna avviare contatti e trattative.

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Lo stiamo già facendo. Sin dal momento in cui è stato emanato il decreto legislativo, quando ancora non esisteva il consiglio direttivo, scrissi ai vari direttori degli organi dicendo che bisognava affrontare il problema della ristrutturazione


Pag. 4

secondo indizi ben delineati e li invitai a farsi promotori di proposte. Questa mia iniziativa, convalidata poi dal consiglio direttivo e dal comitato di consulenza scientifica una volta insediati, ha dato luogo a due tomi di proposte, in questo momento all'esame del comitato di consulenza scientifica al quale il consiglio direttivo ha affidato il compito istruttorio. Il comitato si è organizzato in cinque gruppi di lavoro, corrispondenti a cinque macroaree scientifiche (scienze di base, scienze della vita, scienze umanistiche, scienze sociali, scienze tecnologiche e così via) tra le quali non c'è un matching completo e perché c'è una divisione, ad esempio, tra la scienza della salute e la scienza della vita che noi invece riteniamo debbano essere riviste in modo unificato, ma ci sono anche problemi elettorali che sono di altra natura. Già dalla prossima riunione, prevista per i primi di marzo, saranno avanzate alcune proposte per la costituzione di istituti, quelli che sono maturi. Via via che l'istruttoria va avanti, il consiglio direttivo prenderà delle decisioni concrete.
La prima fase di ristrutturazione probabilmente non ha coinvolto ancora tutti gli organi, alcuni dei quali non hanno ancora risposto alla sollecitazione; stanno alla finestra a vedere ciò che succede. Direi che l'80 per cento ha risposto ed ha presentato proposte opzionali, mentre un 20 per cento sta aspettando. Penso che riusciremo ad avere un quadro completo entro la metà del 2001, avendo assunto alcune decisioni istituzionali, se necessario procedendo alla sperimentazione per quelle situazioni per le quali si prefigura una possibilità di successo delle operazioni di aggregazione che però richiedono un approfondimento ed un'esperienza in quanto non tutti gli elementi sono chiari. Sulla base della sperimentazione potremo convalidare la proposta ovvero modificarla. Le ipotesi alle quali stiamo lavorando, partendo da 319 organi, è che si arrivi ad un numero di istituti pari a circa il 30 per cento di quello attuale, articolati sul territorio.
La situazione si presenta variegata, in quanto è stato confermato il carattere generalista dell'ente. L'assetto del settore umanistico non può perciò essere il medesimo di quello esistente nei settori tecnologici, quanto meno in termini di dimensioni; quindi la massa critica che viene richiesta, secondo quanto indicato nel decreto legislativo, deve essere tarata in relazione ai vari settori disciplinari e alle esigenze specifiche degli stessi.
Mi auguro di avere illustrato le quattro direttrici fondamentali sulle quali ci siamo mossi e stiamo operando.

PRESIDENTE. Do ora la parola al professor Rubbia, che ringraziamo per aver aderito al nostro invito, perché riferisca sullo stato di attuazione del decreto legislativo 30 gennaio 1999, n. 36, recante riordino dell'ENEA. La Commissione è interessata a conoscere cosa manchi per la piena attuazione del decreto e quali siano le problematiche che il modello organizzativo e la missione dell'ente fanno emergere, al fine di poter procedere ad interventi di carattere legislativo o comunque politico.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. La sigla ENEA oggi vuole dire nuove tecnologie, energia e ambiente. A ciò si aggiungono anche le parole «sviluppo sostenibile». Le sue finalità istituzionali, previste all'articolo 1, comma 1, contraddistinguono l'ENEA rispetto ad altri enti di ricerca e sono le seguenti: l'ENEA è un ente di diritto pubblico operante nei campi della ricerca e dell'innovazione per lo sviluppo sostenibile, finalizzata a promuovere insieme agli obiettivi di sviluppo, competitività e occupazione quello della salvaguardia ambientale. L'ENEA svolge altresì funzioni di agenzia per le pubbliche amministrazioni mediante la prestazione di servizi avanzati nei settori dell'energia, dell'ambiente e dell'innovazione tecnologica.
A tale scopo, ferma restando l'autonomia nello svolgimento dell'attività di ricerca, l'ENEA definisce i programmi sulla base degli indirizzi definiti dal ministro


Pag. 5

dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con il ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il ministro dell'ambiente, nonché con il ministro degli affari esteri per quanto concerne le attività internazionali. Tali indirizzi sono stati già recentemente esplicitati dal ministro dell'ambiente, Edo Ronchi, mentre per quanto riguarda gli altri ministeri essi sono ancora in via di formulazione. A tal fine rilevo che il ministro ha proposto un impegno di iniziative che saranno concordate tra i vari ministeri. Vorrei sottolineare l'importanza che questo processo di definizione degli indirizzi e delle priorità che ne conseguono sia portato a termine nei tempi più brevi, in quanto condizionante l'intero processo di riforma e di strategie dell'ente.
L'innovazione per lo sviluppo sostenibile è un aspetto caratterizzante della nuova missione dell'ENEA e gli affida compiti di particolare peso nel quadro dello sforzo europeo in accordo con gli impegni internazionali di Rio de Janeiro e di Kyoto. In merito alla duplice missione dell'ente, sostenibilità e competitività-occupazione, devo sottolineare che tra questi due aspetti esiste un'ampia e crescente sinergia.
Tale importante missione istituzionale dell'ENEA si inquadra in una situazione del nostro paese che, in numerosi settori chiave del suo sviluppo tecnologico, non esito a definire come assolutamente anomala se paragonata a quella degli altri stati membri del G7. Se siamo al quinto, al sesto posto, almeno delle economie di oggi, la nostra competitività è decaduta tra il trentacinquesimo e il quarantesimo posto. La frazione del PNL destinata alla ricerca e sviluppo è circa dell'1 per cento, meno della metà di quello degli altri grandi paesi europei. Inoltre, mentre i nostri investimenti sono stazionari o in calo, la Francia, esempio, ha espresso l'intenzione a medio termine di portare tali investimenti al 3 per cento del PNL. Analoga è la situazione della Germania. In ambedue i casi lo scopo dichiarato è quello di raggiungere quanto prima nell'Unione europea la parità tecnologica con gli Stati Uniti. In realtà, la grande preoccupazione che si diffonde oggi è quella dell'irresistibile concorrenza di alcuni paesi in via di sviluppo che potrebbero riuscire ad aggiungere una conoscenza delle tecnologie avanzate ai vantaggi di un basso costo del lavoro. Essendo impossibile battersi sul fronte del costo del lavoro, è necessario puntare sull'innovazione tecnologica.
All'interno dell'Unione europea esistono a mio parere i rischi per una profonda frattura nella ricerca e sviluppo. I paesi che investono più massicciamente non accetteranno di prendere a loro carico quelli che rimangono indietro. L'Europa a due velocità non esiste solamente per le questioni monetarie. È un pericolo reale anche nell'innovazione.
L'importanza dell'ENEA per il sistema paese è divenuta ancora più strategica se si tiene conto che la privatizzazione crescente nei settori ad esempio dell'energia implicherà una riduzione dell'attività di ricerca precompetitiva all'interno di queste rinnovate strutture, che necessariamente l'ENEA dovrà compensare attraverso nuovi programmi.
Il «fattore di merito» della ricerca, la base per le corrispondenti scelte strategiche, è determinato dal loro impatto potenziale sul miglioramento della qualità della vita, specialmente quella dei soggetti finanzianti, che nel caso dell'ENEA sono cittadini italiani. Esiste quindi un orizzonte temporale su cui valutare le ricadute degli investimenti nella ricerca. È la diversità dell'orizzonte temporale restitutivo che permette di definire la ricerca condotta direttamente dall'industria, quella che deve essere fatta dall'ENEA nei campi di intervento istituzionali e la ricerca fondamentale di enti ed esempio come il CNR o l'INFN.
Infatti l'industria preferirà condurre soprattutto quelle ricerche che hanno un orizzonte restitutivo non troppo lungo, diciamo minore di quattro-cinque anni. Dunque le ricerche che l'ENEA deve prendere in considerazione si collocano tra i corti orizzonti restitutivi delle ricerche


Pag. 6

industriali dirette e i lunghi orizzonti restitutivi della ricerca fondamentale.
Evidentemente il tempo essendo la variabile principale, progetti inizialmente nel cono di luce dell'ENEA diverranno, con il passare del tempo, obiettivo interessante per la ricerca industriale e la loro utilizzazione dell'apparato produttivo. Meccanismi efficaci di trasferimento debbono essere predisposti istituzionalmente, essendo una tale evenienza una delle principali raison d'être dell'ENEA. È questa parte della rinnovata funzione dell'ente, nel quadro delle sue funzioni istituzionali, come definite nell'articolo 2 del decreto legislativo di riordino dell'ENEA (n. 36 del 1999): svolgere, sviluppare, valorizzare e promuovere la ricerca e innovazione, anche tramite la realizzazione di impianti dimostrativi, la realizzazione di progetti pilota, per le finalità e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, nel quadro del programma nazionale della ricerca ed in linea con gli impegni scaturenti dalla partecipazione italiana all'Unione europea e alle altre organizzazioni internazionali in tema di energia, ambiente e innovazione tecnologica; sostenere i processi di innovazione del sistema produttivo, in particolare delle piccole e medie imprese, anche promuovendo la domanda di ricerca e di tecnologia in conformità ai principi dello sviluppo sostenibile; favorire il processo di trasferimento tecnologico e delle esperienze positive in campo energetico e ambientale alle imprese, in particolare di piccola e media dimensione, alle pubbliche amministrazioni nell'ambito degli indirizzi nazionali e dell'Unione europea; fornire, a richiesta, nei settori di competenza dell'ENEA e nell'ambito di accordi di programma, supporto tecnico specialistico ed organizzativo alle amministrazioni competenti per le azioni pubbliche, in ambito nazionale e internazionale, nonché alle regioni e agli enti locali per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti di cui all'articolo 5 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, ed anche di quelli ad essi conferiti in ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, numero 112.
Al fine di garantire un pieno accordo tra le proprie attività istituzionali e gli obiettivi prioritari della politica nazionale nel campo dell'energia e dell'ambiente, l'ENEA conclude accordi di programma con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministero dell'ambiente, nonché con altre amministrazioni pubbliche.
Con riferimento all'articolo 14 del decreto legge n. 36 del 1999, che prevede un mix di fonti di finanziamento per l'ENEA (comprendente il contributo ordinario dello Stato e diverse modalità di provvista, ivi incluse commesse sia nazionali che comunitarie), si evidenzia la caratteristica specifica dell'ENEA consistente nel coniugare le attività programmatiche con le fonti di finanziamento. Infatti, essendo il contributo ordinario dello stato (COS) limitato, almeno fino al 2001, alla copertura peraltro non totale delle sole spese di gestione e funzionamento, i programmi di attività abbisognano di finanziamenti specifici. Dimostrazione di ciò è il fatto che, a fronte di un costo di 450 miliardi di lire nell'ultimo quinquennio, i bilanci dell'ente si sviluppano su importi dell'ordine dei 750 miliardi di lire. Nel quinquennio 1994-1999 il rapporto percentuale tra entrate diverse dal contributo ordinario dello Stato e il medesimo è passato dal 24 per cento al 58 per cento. Di particolare rilievo sono i contributi internazionali al finanziamento dei programmi dell'ente, che ammontano a circa 100 miliardi l'anno e testimoniano dell'eccellente livello di competitività internazionale dell'ente.
La disponibilità nazionale e comunitaria di fondi destinati alle attività di ricerca non dovrebbe creare seri problemi sia per garantire la copertura finanziaria delle attività sia per consentire l'aggiornamento e il depotenziamento dei beni strumentali dell'ente.
Per portare a termine questo vasto compito, l'elemento chiave è costituito dalle risorse umane dell'ente, che conta oggi circa 2100 fra ricercatori e tecnologi, su di un totale del personale di circa 3400


Pag. 7

unità. È questo un numero modesto se si tiene conto dell'enormità dei compiti. Ad esempio in Francia l'organismo analogo, il CEA, ha circa 16 mila unità.

PRESIDENTE. Il CNR quanto personale ha?

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Circa 3600 unità.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. C'è il famoso fattore due che distingue ciò che si fa in Europa rispetto a ciò che si fa in America e che nel caso dell'ENEA è quasi pari a quattro.

PRESIDENTE. Approfitto di averla interrotta, visto che stiamo parlando delle risorse umane, per farle presente che alla Commissione giungono varie segnalazioni da parte di rappresentanti del personale dell'ente che vorrebbero essere equiparati al personale di ricerca.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Se permette, presidente, su questo posso risponderle subito. Innanzitutto questo non è un problema solo del presidente, ma del consiglio e quindi debbo riferire il punto di vista del consiglio, che è riassunto in una lettera che abbiamo inviato e di cui ho qui una copia che posso lasciare alla Commissione.
Nella lettera si affermano sostanzialmente due punti: è certo ed evidente che lo scopo dell'ENEA è di finire nel comparto della ricerca, in quanto la ricerca è ricerca e ce ne può essere solo una. Su questo punto non vi è dubbio da parte di alcuno. Il problema molto delicato si pone invece per quanto riguarda il modo in cui eseguire la transizione, cioè il modo con cui assicurarci che il sistema ENEA possa essere riassorbito in quello della ricerca. La legge in proposito è abbastanza specifica e lascia una certa libertà all'ENEA, che non esiste invece nel caso dell'ANPA, che deve passare direttamente sotto il sistema dello Stato. Nel nostro caso abbiamo una certa flessibilità a disposizione; vorremmo utilizzarla - questa, ripeto, è l'opinione maggioritaria del consiglio - per fare un po' di stabilizzazione all'interno dell'ente e per garantire che esso sia nella forma corretta per questo passaggio, che è obbligato e necessario, ma che se è fatto a freddo e con la situazione attuale, con le problematiche caratteristiche dell'ente, potrebbe creare problemi non trascurabili.
Faccio un esempio: all'interno dell'ente abbiamo circa 900 persone, i ricercatori, che sono stati promossi a costo zero. Non so se la Commissione sappia cosa questo significhi, cosa che io stesso ho recentemente scoperto: significa che vengono promossi ma lo stipendio non cambia. Hanno il grado di primo ricercatore ma lo stipendio è lo stesso. Questo crea dei pregressi estremamente seri.

PRESIDENTE. Questo è un po' illegittimo, mi pare.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Non lo so, sarà certamente nell'ambito della legge, comunque è qualcosa che si fa con l'accordo pieno delle parti sociali. Domando: come facciamo a mettere queste persone, che hanno avuto la promessa di una posizione diversa, al posto che gli compete, perché dal punto di vista del merito hanno meritato? È una situazione del tutto anomala e noi, come consiglio, riteniamo che sarebbe necessario introdurre una breve fase intermedia per permettere all'ENEA di «leccarsi le ferite» e cercare in qualche modo di mettere a posto i pregressi.
Vogliamo andare nel comparto della ricerca, sarebbe un non senso non andarci, vogliamo andarci quanto prima possibile, ma se ci andiamo a freddo, senza una fase intermedia di transizione, c'è il rischio che questo determini una serie di problemi specifici all'ENEA che potrebbero rendere insostenibile e ingestibile il sistema della ricerca. Il consiglio quindi propone che si faccia una finestra di tempi nel prossimo contratto (che doveva cominciare due anni fa; stiamo parlando del 2001 o qualcosa del genere), cioè un meccanismo ponte che è consentito


Pag. 8

dalla legge, che ci permetta di mettere in ordine tutti i pregressi in maniera ragionevole in modo poi di essere sicuri che la transizione sia ordinata.
Questa, come dicevo, è comunque una opinione; poi c'è l'ARAN e tanti altri soggetti che fanno parte della procedura di decisione.

PRESIDENTE. Questa è la posizione che l'ente ha espresso verso l'ARAN?

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Questa posizione è il risultato di una lunga e meditata discussione all'interno del consiglio di amministrazione; tale discussione, dopo inizi estremamente divergenti, ha portato ad una posizione abbastanza convergente; è una posizione di maggioranza che rappresenta l'opinione formale dell'ENEA.

PRESIDENTE. Questo è il chiarimento che recepiamo, allo stato.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Per quanto riguarda la questione dei ricercatori non credo esista un vero accordo, a nessun livello. Esistono opinioni contrastanti e quindi non è facile interpretare quella che può essere la posizione di maggioranza. Se ci fosse una chiarissima maggioranza da parte dei ricercatori che vogliono accettare questo tipo di condizione non saremmo certamente noi ad essere contrari.
Ritorno ora al punto relativo alle risorse umane che, per brevità, sintetizzerò, rinviando per il resto al testo scritto. La valutazione delle risorse umane è uno dei problemi più importanti del processo di riforma dell'ente e in questo programma non facile si tiene conto dello stato generalizzato di disagio manifestato dalla comunità dei ricercatori dell'ente, che determina spesso un clima di conflittualità ed una visione pessimistica del futuro.
Questa situazione va identificata a partire da tre elementi base: eccessiva viscosità e pesantezza del sistema amministrativo, mancanza di chiarezza nelle priorità strategiche dell'ente e mancanza di una adeguata politica di selezione e di ruolo del personale della ricerca, che premi i migliori. Appare evidente la eccessiva frammentazione in una miriade di programmi, tutti di massa sotto critica. Alcune cifre: numero di progetti in corso, 751; numero medio di ricercatori a tempo pieno equivalente su ciascun progetto 2000/751=2,66. Ancora più preoccupante è la generalizzazione di partecipazioni a tempo parziale a più progetti e cioè l'assenza di un nocciolo duro di ricercatori dedicati a tempo pieno ad un singolo progetto. In media ogni ricercatore persegue simultaneamente ben tre progetti di ricerca. Anche se per consuetudine i progetti sono ancora classificati per commessa e non per programma, una tale situazione di quello che vorrei chiamare il «portafoglio ENEA» non può perdurare.
Esiste infine un problema storico dell'ente; era inizialmente un ente per l'energia nucleare, lo abbiamo trasformato in un ente a scopo diverso, molte persone hanno seguito bene questo passaggio ma altre non ce l'hanno fatta e lo spettro di competenze, in mancanza di un rinnovamento dei quadri in funzione delle nuove responsabilità, è dominato da un eccessivo processo di «riciclaggio» anch'esso sorgente di sofferenze, anche se, va sottolineato, in moltissimi casi pienamente riuscito grazie alle rimarchevoli qualità del personale. Ci sono persone che hanno trovato davvero una nuova vita, altre non ci sono riuscite.
Estrapolazioni a cinque e dieci anni mostrano una situazione estremamente grave. L'età media dei dirigenti è oggi di 59 anni; in cinque anni saranno più o meno tutti quanti vicini alla pensione, diciamo che almeno la metà andrà in pensione; bisogna assicurare la transizione generazionale delle competenze e fortunatamente esiste oggi all'ENEA un folto gruppo di ricercatori all'incirca quarantenni, che rappresentano il «motore» della ricerca attuale. Queste sono forze veramente positive. C'è gente brava e capace ed è in nome di queste persone


Pag. 9

che dobbiamo assicurare un futuro coerente con l'importanza della missione che compiono.
Ci sono tre o quattro problemi da risolvere: il ringiovanimento dell'organico attuale, oggi attestato su un'età media di 48 anni (ma questo è un problema universale), la compensazione delle cessazioni di personale altamente qualificato al fine di disporre delle competenze necessarie a coprire adeguatamente le nuove esigenze programmatiche (bisogna che i giovani prendano il bastone dai vecchi e non ci sia un vuoto), la diminuzione, in termini percentuali, del personale di supporto rispetto a quello tecnico-scientifico (3400 - 2100 = 1300 sono le persone che non fanno ricerca e questo è un numero eccessivo, che va ridotto) e lo sviluppo di attività di formazione correlate ai programmi ad alto contenuto di innovazione scientifica e tecnologica (la laurea non basta, bisogna formare i nuovi quadri).
Vengo ora alle nuove funzioni istituzionali al vertice.

PRESIDENTE. Ci interessano in particolare i rapporti con l'industria.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Come è ben noto, la nuova legge introduce profondi cambiamenti nelle funzionalità del vertice dell'ente, insediato a partire dal luglio scorso, in completa rottura con la struttura tradizionale dell'ENEA. E cioè il direttore generale riceve un ben più ampio mandato esecutivo (è infatti «responsabile dell'organizzazione e della gestione dell'ENEA ed adotta gli atti e i provvedimenti necessari per lo svolgimento delle funzioni istituzionali e per il raggiungimento degli obiettivi dell'ENEA stessa»); il consiglio di amministrazione, nella struttura di quattro membri più il presidente, ha il compito di definire i criteri generali della strategia dell'ente e di verificarne l'attuazione (più precisamente «il consiglio di amministrazione delibera gli indirizzi per la predisposizione dei programmi annuali e pluriennali e dei bilanci dell'ENEA sulla base di quanto definito ai sensi del comma 3 dell'articolo 1; verifica l'attuazione dei programmi stessi, nonché l'attuazione delle direttive del CIPE; individua gli obiettivi e le priorità dell'attività dell'ENEA»); il presidente, oltre alla responsabilità legale, ha come compito quello della vigilanza e del controllo («vigila sulle attività dell'ente e ne controlla il corretto svolgimento», in particolare per quanto riguarda il direttore generale).
Questa nuova funzionalità ha richiesto la formulazione da parte del consiglio di nuovi regolamenti; questa fase è stata completata e i regolamenti sono a disposizione della Commissione. È stato anche costituito il comitato tecnico scientifico, costituito da membri italiani e stranieri, esterni all'ente, di alta competenza del mondo industriale, accademico e della ricerca. Vista la mole di lavoro il comitato è piuttosto corposo, le riunioni sono frequenti; il CTS raccomanda al consiglio le proposte pervenute dalle commissioni tecniche. Non abbiamo ancora costituito il comitato per la valutazione scientifica dei risultati dell'attività di ricerca previsto dalla legge perché non abbiamo ancora ricevuto il regolamento dal ministero; quando ci diranno cosa vogliono fare, potremo rispondere. Va infine notato che il consiglio si è dotato, anche se non richiesto esplicitamente dalla legge, di un comitato internazionale per alta consulenza scientifico-tecnica. Ricordiamoci che il consiglio di amministrazione deve fare la pianificazione, la programmazione, deve dare gli indirizzi. Da questo punto di vista noi ci sentiamo, come numeri, capacità, eccetera, insufficienti per coprire tutto lo spettro delle attività e quindi ci siamo dotati di un comitato di consulenza a nostro uso e consumo che ci aiuta a valutare l'insieme dei risultati e a fare le scelte strategiche.
Il comitato è formato da persone di altissimo livello, che sono Andreta, direttore alla DG XII, Castillon, direttore della ricerca, tecnologia e ambiente di Elf Aquitaine, Crutzen, premio nobel e direttore del Max-Planck-Institut di Mainz, Cesare Marchetti, noto economista, Roger Pellat, haut commissaire della CEA (mio omologo


Pag. 10

francese; per assicurare il miglior coordinamento dei programmi sono stato fatto membro dell'alto consiglio della CEA), Von Weizsäcker, noto esperto di problemi ecologici, e Johann Lohn, altro esperto tedesco di grande competenza. Questo comitato è uno strumento per il consiglio; con l'aiuto di queste persone potremo coordinare meglio i programmi. Questo per quanto riguarda la nuova struttura.
Passerò ora brevemente al processo di riforma.

PRESIDENTE. E al rapporto con l'industria.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Sì, rapporto con l'industria, selezione dei programmi e definizione delle priorità. È evidente che la funzione di agenzia, quindi il trasferimento di conoscenze tecnologiche è la grande innovazione della nuova legge. Come ho già detto pensiamo che l'ENEA debba fare cose che consentano una ricaduta in termini occupazionali in tempi relativamente brevi. Deve sopperire al fatto che l'industria tende a guardare solo ciò che garantisce una produttività immediata. Siamo quindi un'anticamera per il lavoro dell'industria. Questo ci forza automaticamente a creare una partnership tra i potenziali elementi industriali da un lato e il ricercatore ENEA dall'altro che non si risolva in un passaggio passivo, ma in una sorta di compenetrazione. Stiamo lavorando molto in questa direzione ma mentre l'ENEA procede bene per quel che concerne i rapporti con il Governo e gli accordi con i ministeri le risposte industriali sono estremamente modeste. Attualmente i contratti con industrie del settore privato si contano sulle dita di due mani. Questa situazione non può perdurare. Ho parlato proprio ieri con Gros Pietro per quel che riguarda i rapporti con l'ENI; stiamo lavorando con la FIAT e altre società per cercare di portare avanti progetti pilota. Il progetto pilota più importante di cui si parla nel documento è quello che riguarda la possibilità di utilizzare l'idrogeno come vettore energetico non inquinante. È in questi campi tecnologicamente avanzati che l'ENEA deve imparare a stabilire rapporti con il mondo industriale.
Quando sei mesi orsono accettai la responsabilità della presidenza dell'ENEA mi ero reso conto delle difficoltà del compito. Sono ora convinto che il compito sia ancora più difficile; è certamente il compito più arduo che io abbia affrontato nei miei oltre quarant'anni di dedizione alla ricerca. Le fondamenta della riforma sono ora state definite. Resta la parte più difficile: bisogna anche portarla a compimento. Entriamo in una fase di ancor più duro lavoro, che ci impegnerà massicciamente nei prossimi mesi, anche perché bisognerà affrontare alcune criticità e rigidità del sistema.
La posta in gioco è importante: quella di rendere la nostra ricerca più utilizzabile nell'interesse del sistema produttivo, di creare un meccanismo di spin-off che sia efficiente nel trasferimento delle conoscenze all'interno dell'operatività del sistema industriale, creatore di ricchezza e di posti di lavoro. È sulla realizzazione finale di questo scopo che si potrà giudicare il successo della riforma.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente e do ora la parola ai colleghi.

PAOLA MANZINI. Ritengo sia stato molto utile promuovere l'audizione odierna. Come abbiamo avuto modo di sentire dalle parole del presidente - ma credo che di ciò siano consapevoli anche tutti i commissari - il processo di riforma dell'ENEA è piuttosto complesso. L'ente ha infatti rinnovato per larga parte la propria missione e deve attestarsi su frontiere nuove. Deve in particolare affrontare il tema, per larga parte nuovo, del trasferimento tecnologico e di progetti di partnership con settori dell'industria privata per promuovere la ricerca. Il presidente ha richiamato il lavoro prezioso che si sta svolgendo con riferimento a questo aspetto per costruire assieme ai grandi gruppi nazionali partnership sul versante della ricerca che possano avere ricadute nel medio periodo sul sistema


Pag. 11

industriale e sulla capacità competitiva del paese. Dall'analisi del CER emerge infatti la difficoltà per il paese di mantenere il livello di competitività nonostante la crescita che anche i dati dell'ISTAT testimoniano (8 per cento in più nella produzione industriale). In modo particolare, il trasferimento tecnologico, come richiama la stessa normativa, deve interessare il sistema delle piccole e medie imprese. La presenza, fortemente ramificata sul territorio nazionale (in particolare nel centro-nord), di piccole e medie imprese costituisce un'anomalia, buona o cattiva che sia, che ha rappresentato la fortuna del nostro paese ma che a fronte della globalizzazione ci pone in una situazione differente rispetto agli altri paesi. Il sistema della piccola e media impresa, per sua natura, ha infatti difficoltà ad accedere a processi di ricerca e innovazione tecnologica nel medio periodo. Ritengo che sia questa la vera scommessa per l'ENEA.
In rapporto all'innovazione interna ho notato nel testo che ci è stato consegnato l'indicazione di una sorta di passaggio di testimone, in modo particolare nella dirigenza dell'ENEA, per una parte considerevole dei ricercatori che hanno costruito e rappresentato la storia dell'ENEA. Con la riforma abbiamo chiuso l'anomalia di un ente autonomo, tipico rispetto al panorama. Per quanto riguarda il passaggio al comparto della ricerca il presidente ha parlato di una fase complessa di transizione, ma l'indicazione della nuova missione ritengo sia in qualche modo legata al modo in cui si compirà la transizione. Mi chiedo se sia possibile avere un chiarimento su questo punto.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Quello che lei afferma è quanto riteniamo anche noi. Lei ha focalizzato il punto che ci interessa. Non è detto che le piccole e medie imprese non debbano essere di alta tecnologia. La Silicon Valley è caratterizzata da alta tecnologia; il problema è quello di assicurare alle piccole e medie imprese un humus tecnologico dal quale assorbire senza dover affrontare le enormi spese di ricerca e sviluppo necessarie. Questa è una funzione che l'ENEA deve cercare di compiere; sarà necessario molto lavoro ma è in questa direzione che stiamo muovendo i nostri sforzi. Dovremo portare avanti una serie di tecnologie in modo che possano essere utilizzate non dalla grandissima industria ma dalle piccole imprese le quali, non disponendo della massa critica per poter investire in ricerche e sviluppo hanno tuttavia una grande necessità d'innovazione. Concordo pienamente sul fatto che è questa la direzione nella quale dobbiamo muoverci.

GIANANTONIO MAZZOCCHIN. Mi occupo da molti anni del settore della ricerca, universitaria e non, e comprendo bene il problema delle transizioni, non facile da risolvere. Tuttavia qui si parla di una transizione che prevede l'applicazione di un contratto fino al 2001; se non vado errato al momento della discussione in Commissione, non potendo indicare un termine preciso per la transizione, esprimemmo l'avviso che dovesse essere il più breve possibile. Mi permetto quindi di dare una mia interpretazione, allo stesso modo in cui il presidente ha riportato quella del consiglio di amministrazione. A mio avviso la transizione proposta non è affatto in linea con quelli che erano gli intendimenti della Commissione...

PRESIDENTE. Si riferisce al termine del 2001? Onestamente non ricordo cosa avesse deciso la Commissione.

GIANANTONIO MAZZOCCHIN. Non ricordo bene neppure io, ma eravamo d'accordo che la transizione dovesse essere la più rapida possibile.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Siamo d'accordo che debba essere la più rapida possibile ma dobbiamo renderci conto che al momento attuale l'ente è un cantiere. Dobbiamo andare avanti, ma con una certa prudenza. La conflittualità all'interno dell'ente è altissima. Le difficoltà di gestione delle risorse umane sono molte. Capisco che la Commissione abbia


Pag. 12

le sue motivazioni e linee guida che dobbiamo seguire ma il problema è se mettere la locomotiva in quarta o andare avanti piano...

GIANANTONIO MAZZOCCHIN. Ho l'impressione che si vada indietro.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. No, non si deve andare indietro.

GIANANTONIO MAZZOCCHIN. La mia impressione è che questa prima decisione non corrisponda ad una scelta coraggiosa, ma può anche darsi che sia l'unica possibile in questo momento. Purtroppo, però, una scelta di questo tipo sembra non raccogliere la maggioranza dei ricercatori dell'ENEA. Queste per lo meno sono le informazioni che giungono. Sono d'accordo sul fatto che si tratta di un processo complesso e che si sta andando avanti in una direzione buona dal punto di vista scientifico (anche se aggiungerei qualcosa rispetto ai programmi raccomandando rapporti più stretti anche con il CNR in modo da evitare possibili e non desiderate sovrapposizioni); ribadisco tuttavia che scelte come quella compiuta dal consiglio di amministrazione sembrano dare una santificazione finale a scelte fatte precedentemente in modo - si dice - poco trasparente, e comunque corrispondenti ad un vecchio ordinamento. Tutto questo appare un po' in contrasto con i suggerimenti che i membri di questa e di altre Commissioni parlamentari (compresa la Commissione cultura), hanno più volte cercato di dettare in merito alla riforma auspicabile e necessaria in tempi rapidi di un ente importante come l'ENEA.

GIANCARLO TAPPARO. Ringrazio il presidente Bianco e il presidente Rubbia per l'importante apporto ai nostri lavori. Purtroppo a causa dei tempi ristretti non riusciamo mai a trarre un maggiore giovamento da questi incontri; sarebbe forse il caso di stabilire un'ulteriore audizione...

PRESIDENTE. La organizzeremo al più presto, anche con il presidente dell'ASI.

GIANCARLO TAPPARO. Questa Commissione lavora per realizzare, a Costituzione invariata, quello che viene definito federalismo amministrativo, vale a dire il trasferimento alle regioni di una serie di competenze e di funzioni necessarie per realizzare un progetto che, se troverà in una riforma costituzionale una base più approfondita, rappresenta l'indirizzo di fondo del Parlamento. In questo quadro il mio interrogativo riguarda il modo per dare forza e competitività al sistema produttivo italiano, soprattutto con riferimento al comparto della piccola e media impresa, che tende ad ampliarsi per i processi di verticalizzazione ed esternalizzazione profonda che stanno vivendo le imprese, a seguito dei quali avremo sempre più grandi imprese con pochissimo personale con funzioni direttive. Competenza e ricerca non dovranno quindi interessare solamente FIAT e grandi imprese.
Quale ruolo possono giocare i vostri enti di ricerca nel momento in cui si realizza il federalismo amministrativo e le regioni, anche in materia di politica industriale e nei rapporti con la piccola impresa, rappresentano sensori fondamentali sul territorio? Tutto questo va considerato alla luce della strategia di fondo di valorizzare lo sviluppo locale attraverso la programmazione negoziata, cioè i patti territoriali. Si parla di trasferimento tecnologico, ma il problema principale, per la piccola impresa, è la diffusione, un ultimo passaggio che non può riguardare l'ENEA o un istituto del CNR onde evitare un'enorme mole di casi da gestire. Che rapporto pensate di strutturare con le regioni, che attraverso il federalismo e con i loro statuti assumono una funzione nuova ed importante rispetto al sistema produttivo? Inoltre, attraverso la programmazione negoziata e i patti territoriali partecipate già a qualche esperienza? Dico tutto questo ai due presidenti senza togliere nulla all'importante ruolo della ricerca di base e precompetitiva, ma sapendo che quel famoso 1 per cento, presidente Rubbia, potrà crescere se dimostriamo al paese che


Pag. 13

alimentiamo la competitività del nostro sistema produttivo. Se riusciremo a dare questa dimostrazione arriveranno le risorse, altrimenti corriamo il rischio che si restringano, che il privato le voglia per sé.

ETTORE ROTELLI. Condivido l'ultimo punto trattato dal senatore Tapparo. Il sistema economico italiano è quello che è. Non basta registrare la situazione ma bisogna conoscere la giusta strategia di approccio al mondo dell'impresa.
Interlocutore dell'ENEA, come del CNR, nel processo di riorganizzazione non è questa Commissione, che ha il compito di monitorare e deve essere informata; all'interno del ministero deve esistere una struttura con la quale CNR ed ENEA devono stabilire una serie di rapporti. Chiedo in particolare al professor Rubbia se abbia trovato tale interlocutore nell'ambito del ministero. La tendenza è quella di pensare che, riformati ENEA e CNR e nominati ottimi presidenti e consigli di amministrazione, sia tutto a posto. Ma così non è perché proprio nel momento in cui vi si attribuisce un compito avete il dovere di diventare interlocutori.
È inutile discutere con il presidente dell'ENEA la legge che noi stessi, come Parlamento abbiamo approvato, anche se molti rilievi andrebbero fatti a cominciare dai rapporti tra i diversi organi e dai compiti dello stesso presidente, chiamato a vigilare sull'attività dell'ente. La legge è stata fatta in questo modo ed ora, ripeto, è inutile discuterne. La mia domanda quindi riguarda il ruolo del ministero, per sapere se fa quella che è la sua parte, rispetto alla quale non possiamo e non dobbiamo sostituirci.
Se posso aggiungere qualcosa sul CNR, debbo dire che c'è un termine che non mi ha convinto. Il presidente è molto più versato di me in proposito, ma il «regolamento di indirizzo» è una nuova figura che non ho mai sentito prima. Già dubito che la Costituzione sia un atto di indirizzo e così anche la legge ordinaria, ma addirittura un «regolamento di indirizzo»...i regolamenti non danno indirizzi, determinano alcuni punti, altrimenti si dovrà poi comunque arrivare ad un atto che lo faccia.
L'aspetto che più mi ha preoccupato nell'esposizione relativa al CNR ed al processo di riorganizzazione della rete è stato il cenno ripetuto alla istituzione o costituzione di nuovi istituti. Come metodo, vorrei prima sapere quali siano quelli soppressi e subito dopo, non prima, quelli che vengono istituiti. In questo senso vorrei sapere se qualche istituto è stato soppresso o sia in procinto di esserlo. A solo scopo esemplificativo e evidentemente con la possibilità di una ulteriore e più ampia esemplificazione, restando in un tema che al presidente ma anche al sottoscritto è storicamente vicino, ho ricordato il caso dell'istituto di studi sulle regioni.
Per quanto riguarda il metodo, sono anch'io convinto che l'operazione di riordino e riorganizzazione non possa essere fatta a prescindere dagli attuali dirigenti, ma mi sembra un po' difficile che questi possano esprimere il desiderio che i loro enti siano soppressi. D'accordo quindi sul coinvolgimento dei dirigenti attuali, così come posto in luce nella relazione che abbiamo ascoltato, ma è illusorio pensare che si possa procedere senza un atto di autorità e senza un piano di riorganizzazione. In altre parole, si tratta di realizzare cose migliori con risorse invariate, per effetto appunto di un intervento riorganizzativo. Se poi le risorse sono aumentate, meglio così, ma vorrei che ad un certo punto - non dico adesso - ci sia una fase, un atto in cui si dia conto delle soppressioni e delle nuove istituzioni effettuate.

PRESIDENTE. Nel dare la parola al senatore Gubert desidero ricordare che nell'esame dei decreti adottati dal Governo in materia, che svolgemmo in sede consultiva, il senatore espresse con particolare forza una preoccupazione circa la sorte della libera ricerca di base del CNR. Questo istituto, infatti, al di là dei grandi programmi, ha svolto storicamente anche compiti di assistenza ai singoli ricercatori di base nel campo universitario nei settori


Pag. 14

giuridici, sociali e letterari, cioè in settori che hanno un minore impatto in termini finanziari ma grande importanza per le politiche culturali del paese.

RENZO GUBERT. La ringrazio presidente per aver ricordato la mia preoccupazione e con riferimento al CNR la mia domanda riguarda proprio tale preoccupazione e cioè cosa è accaduto dei legami con l'università nei rami della ricerca e se le nuove forme di mobilità con il personale universitario siano state messe in atto, siano state avviate e cosa sia successo.
La mia preoccupazione si rivolge però più sul versante dell'ENEA. Io concepisco infatti quello di ricerca come un ente in cui siano i ricercatori a decidere dove sia opportuno fare ricerca per l'avanzamento della scienza. Dall'esposizione, invece, mi sembra di aver capito che l'ENEA, come era la mia preoccupazione iniziale, diventa una sorta di agenzia che risponde alle richieste dei vari ministeri. Ho visto infatti un lungo elenco di convenzioni con i ministeri e nessun progetto proprio.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Purtroppo non ho letto tutto il documento e io non sono arrivato in fondo, ma tutto questo c'è.

RENZO GUBERT. Può darsi che abbia letto in maniera affrettata e mi scuso di questo.
Il governo dell'ENEA (a differenza di quello del CNR) è tutto in mano ministeriale: presidente del Consiglio e ministri. Che tipo di conseguenze può ciò avere sul modo in cui l'ENEA fa i propri programmi di sviluppo? Le due cose si legano: come fa un consiglio di amministrazione nominato dal Ministero dell'industria ad essere autonomo nel decidere i modi di investire le risorse? Se diventa un ente conto terzi, non credo che questo sia un buon servizio per la ricerca, anche se fa un servizio al posto della FIAT o di qualche altra azienda che invece di investire direttamente lo fa fare all'ENEA.
Ho avuto anch'io segnalazioni di grave disagio del personale. Mi si dice che quello che l'ENEA spende in consulenze per riorganizzare il personale è maggiore dell'onere che deriverebbe dal venire in contro alle richieste del personale. Mi si dice che c'è un grande dispendio di consulenze in questa direzione, mentre il centro della Casaccia, il più grande centro di ricerca italiano, dal punto di vista infrastrutturale è molto carente. Forse qualcosa di meglio si potrebbe fare.

LUCIANO MAGNALBÒ. Vorrei, se possibile, dei chiarimenti dal presidente dell'ENEA sulla fase interinale con riferimento all'ente, alla ricerca ed al personale, in particolare per quei ricercatori che, come è stato detto, hanno una determinata funzione ma vengono pagati in modo alquanto anomalo. Vorrei sapere se questa riorganizzazione sia, come credo, di competenza del direttore generale, che in questa struttura ha una grandissima potenza. Il vecchio direttore generale era di nomina politica e siccome è stato confermato, significa che lo si è valutato idoneo allo svolgimento delle nuove funzioni. Vorrei sapere se ai sensi dell'articolo 5, terzo comma, si sia provveduto a verificare che l'attività di questo direttore generale sia stata idonea rispetto ai programmi di sviluppo dell'ente.
Per quanto riguarda il CNR, vorrei ancor un cenno sul comitato di valutazione e sul problema della mobilità con l'università: a che punto sono e che consistenza hanno questi rapporti.

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Rispondo innanzitutto alla sollecitazione del senatore Tapparo sui rapporti con le regioni.
Per quanto riguarda la missione dell'ente al punto c) dell'articolo 2 del decreto è detto in modo esplicito che esso cura la valorizzazione, lo sviluppo ed il trasferimento tecnologico dei risultati ottenuti nella rete di ricerca; poi nell'articolo 3 relativo agli strumenti si danno al CNR una serie di possibilità di intervento che precedentemente indubbiamente non


Pag. 15

aveva. La mia opinione in proposito è che il discorso del trasferimento tecnologico riguardi essenzialmente, come è stato detto anche dal professor Rubbia, la piccola e media impresa.
Al di là del fatto che solo il 7 per cento delle piccole e medie imprese è ad alta tecnologia nel nostro paese, personalmente ritengo che il ruolo delle regioni sia cruciale perché il discorso della piccola e media impresa, al di là di tutto quello che è stato detto e che ora non ripeto, ha una sua specificità in relazione ai territori in cui interviene. Abbiamo il pool della ceramica, abbiamo i distretti, eccetera; insomma il rapporto tra gli enti di ricerca ed una agenzia regionale che faccia da tramite e favorisca l'incontro tra la domanda e l'offerta di ricerca o di innovazione è fondamentale.
L'esperienza avviata prima di questo decreto con le regioni Lombardia e Emilia Romagna mi conforta in questa ipotesi. Abbiamo consorzi con la regione, le camere di commercio e gli enti locali in cui il CNR è presente con lo scopo appunto di innescare un processo virtuoso di incontro tra domanda ed offerta rivolto essenzialmente alle piccole e medie imprese. Credo che questo modello vada generalizzato perché solo l'ente regionale può catturare le specificità di quel tipo di imprese che insistono in quella regione e favorire l'incontro con gli enti. Stiamo approntando anche strumenti più innovativi perché ci rendiamo conto che quel 7 per cento va accresciuto e siccome è data al CNR la possibilità di fare spin-off di ricerca, di fare impresa ai ricercatori stessi sul modello della Silicon Valley, almeno come ipotesi, stiamo cominciando a sperimentare anche qualcuna di queste iniziative. Abbiamo selezionato circa 40 casi, a seguito di un'indagine all'interno dell'ente, per verificare come favorire gli spin-off di ricerca. Naturalmente non bastano quelli del CNR, ma sono necessari una serie di strumenti a contorno; occorre la disponibilità di venture capital rispetto ai quali, come sappiamo, l'Italia è piuttosto indietro. Qualcosa comunque si sta muovendo e so che anche il Ministero per la ricerca scientifica sta dedicando un'attenzione specifica al reperimento delle risorse per questo compito. Vi è dunque un'esperienza pregressa positiva che va ampliata, consolidata e rafforzata con strumenti innovativi ai quali stiamo lavorando. Come ho detto, tuttavia, ciò non basta. Sono necessarie altre condizioni che ci ripromettiamo di evidenziare nel piano triennale indicando i vincoli da eliminare e le possibilità da creare.
Per quanto riguarda il monitoraggio da parte del MURST di cui parlava il senatore Rotelli proprio ieri ho avuto un incontro con il ministro nel corso del quale ho riferito su alcuni aspetti della riforma...

ETTORE ROTELLI. Non mi riferivo al monitoraggio, compito della Commissione, ma ad una vera e propria interlocuzione con il ministero. Il sistema organizzativo è molto chiaro: tutte le volte che un ente fa fare qualcosa a qualcuno, non deve abbandonarlo a se stesso ma prevedere un interlocutore.

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Tale interlocuzione esiste ed è anche stretta e necessaria per noi in questa fase di ristrutturazione. I problemi sono legati al fatto che lo stesso ministero non dispone di strumenti sufficienti per eliminare una serie di vincoli; di questo ci stiamo occupando con il ministro.
Rispetto al regolamento di indirizzo intendo precisare che abbiamo predisposto regolamenti relativamente snelli. Abbiamo cioè regolamentato con precisione alcune cose senza introdurre rigidità e demandando alle delibere del consiglio direttivo l'attuazione dei regolamenti nelle specifiche situazioni. Per esempio, nel regolamento per le iniziative verso l'esterno di cui ho parlato (consorzi, società e partecipazioni con quote di maggioranza per consentire ai ricercatori che abbiano idee innovative di fare impresa anche all'interno dell'ente) e per il quale ci siamo avvalsi di consulenze specifiche, vengono indicate le linee generali, lasciando l'attuazione delle singole iniziative


Pag. 16

al diritto amministrativo e a quello societario da una parte e alle delibere del consiglio di amministrazione dall'altra. Il termine «indirizzo» che ho utilizzato è forse improprio; intendevo dire che si tratta di regolamenti snelli che regolamentano con precisione alcune fattispecie demandando il resto alle delibere del consiglio.
Per quel che riguarda la rete, non abbiamo ancora creato i nuovi istituti. La legge prevede che dobbiamo procedere ad accorpamenti, soppressioni e aggregazioni costituendo istituti con certe caratteristiche. È in atto un'istruttoria ad opera del Comitato di consulenza scientifica (che ha solo compiti istruttori in base alla legge), che già dal prossimo mese comincerà a presentare proposte, anche di soppressione. Con l'aggregazione è infatti certo che saranno necessarie soppressioni, anche se non posso anticipare in che misura...

ETTORE ROTELLI. Si possono anche fare accorpamenti senza soppressioni, per la verità.

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Come è scritto anche nei regolamenti abbiamo in mente di dismettere ciò che è obsoleto, ma non si tratta di un'operazione semplice. Come ho detto con estrema chiarezza anche al ministro, quando sarà necessaria la dismissione di alcuni istituti, considerato che non si tratta mai di operazioni indolori, avremo bisogno del suo supporto politico. Abbiamo comunque già alcune idee, tanto è vero che anche nell'assegnazione delle ripartizioni per il sud abbiamo svolto una valutazione degli organi (operazione che ci accingiamo a compiere anche per quelli del centro-nord) che ha portato alla non assegnazione di posti ad alcuni istituti sub iudice che valuteremo se sia possibile rivitalizzare o se sarà necessario sopprimere. Vi saranno sicuramente decreti di soppressione...

PRESIDENTE. Se posso interpretare le parole del presidente Bianco, quando parla di nuovi istituti si riferisce a quelli derivanti dall'accorpamento dei vecchi.

LUCIO BIANCO, Presidente del CNR. Nuovi perché richiedono un atto istitutivo. Non vengono creati dal nulla perché lavoriamo sull'esistente. La riorganizzazione della rete ha anche il compito di creare spazio per il nuovo; siamo infatti talmente intasati da non poter prendere in esame il nuovo che preme. Non possiamo continuare ad aggiungere senza togliere nulla.
Per quanto riguarda il metodo, affidandoci anche al Comitato di consulenza scientifica abbiamo svolto un esercizio di autovalutazione. Vi farò avere il Report 1999, che fa riferimento al consultivo 1998 e contiene un tentativo di autovalutazione sulla base di una serie di indicatori di carattere scientifico utilizzati a livello internazionale. Ovviamente non tutti riconoscono la validità di tali criteri. Il professor Rubbia sa che a livello internazionale quando si parla di valutazione scientifica non tutti sono d'accordo; abbiamo comunque fatto questo tentativo di valutazione della produttività scientifica dei singoli organi. Tutto questo serve anche ai fini della ristrutturazione, per avviare con i direttori un dialogo rispetto alla valutazione, avvenuta peraltro sulla base della documentazione che essi ci hanno fornito.
I rapporti con le università, già stretti, saranno rafforzati da questa riforma. Come sapete abbiamo circa 150 centri che operano presso le università e i gruppi di ricerca. I rapporti saranno rafforzati perché vi saranno sezioni dei nostri istituti presso le università; novità rispetto al passato è che ricercatori e professori universitari potranno venire a lavorare negli istituti del CNR associandosi ai programmi dell'istituto con un congruo impegno (non a tempo pieno perché ovviamente manterranno la didattica): per un certo numero di anni avranno la possibilità di svolgere la propria attività di ricerca al CNR anziché in un'università. Abbiamo chiesto che le università prevedano una reciprocità in materia e si è già


Pag. 17

svolto un incontro con la conferenza dei rettori. L'università di Roma è il nostro partner più significativo; abbiamo avuto un incontro con il rettore di tale università e stiamo studiando una convenzione di reciprocità per consentire anche ai nostri ricercatori di lavorare nei dipartimenti universitari. Vedremo come le università, nella loro autonomia, si comporteranno rispetto a tale possibilità.
Per costituire il comitato di valutazione, infine, come ha già detto il professor Rubbia, abbiamo bisogno degli indirizzi da parte del CIVR. Per quello che mi è dato di sapere sono in arrivo a breve i criteri di indirizzo generale della presidenza del CIVR. Abbiamo già svolto riflessioni sul tema, ma dobbiamo attendere gli indirizzi generali anche in merito alla composizione del comitato.

PRESIDENTE. Do ora la parola al presidente Rubbia.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Risponderò alle domande per settori, partendo da quella dell'onorevole Gubert sul ruolo del ricercatore.
Non vi è dubbio - e lei ha perfettamente ragione - che la scintilla che avvia il processo di scoperta nasce sempre dal basso, dal singolo ricercatore. Abbiamo cercato di riformare la struttura interna dell'ente creando una serie di meccanismi che consentono alle idee di chiunque di essere valorizzate. L'idea è infatti una ricchezza che non possiamo permetterci di gettare via. In passato nell'ente non era previsto un meccanismo di valutazione delle ricerche indipendente dall'amministrazione. Abbiamo quindi costituito i peer review e separato la decisione sui programmi scientifici dai problemi gestionali. Abbiamo così creato commissioni di ricercatori ed un albo di valutatori, composto da persone che si propongono di contribuire al lavoro di selezione delle proposte. Qualunque ricercatore dell'ENEA oggi può scrivere una proposta senza bisogno di essere autorizzato. La proposta viene passata alle commissioni, composte esclusivamente da ricercatori interni - scelti tra quelli che non partecipano allo stesso programma - sulla base di un albo di ricercatori aperto e libero. Abbiamo ottenuto così un grandissimo successo: 175 ricercatori si sono dichiarati interessati a far parte di questo albo. Si tratta in generale di gente giovane (circa quarant'anni) che ha voglia di partecipare al processo di discussione e - perché no - di autocritica all'interno del sistema. Spero che in questo modo i programmi non vengano colti separatamente ma si apra un vero dibattito all'interno dei ricercatori.
Le commissioni sono una sorta di microscopio; esaminano ciascuna proposta e per ognuna di esse un referee che funge da guardiano e segue ex ante, in itinere ed ex post il processo. Come potrete esaminare nel documento si tratta di una significativa innovazione estremamente democratica che consente a tutte le proposte di essere ascoltate ed un processo di selezione ad opera delle Commissioni. Un secondo livello di selezione delle proposte è quello ad opera del comitato tecnico scientifico, profondamente rinnovato e composto da persone esterne all'ente provenienti soprattutto dall'industria (il responsabile delle ricerche della FIAT, il responsabile della SGS-Thomson, un economista, universitari) in modo da garantire un'analisi sui programmi ENEA da parte del mondo esterno, industriale ed accademico.
Le indicazioni del comitato non sono concentrate su singoli progetti ma su linee di ricerca (folders). Infine un terzo livello di scelta è quello del consiglio di amministrazione che ha il compito di indicare direttive generali e principi guida. A tale scopo ci si avvarrà di personalità di altissimo livello internazionale. Con queste nuove procedure ripasseremo tutti i programmi, vecchi e nuovi, per decidere cosa tenere e cosa scartare e definire una lista di priorità (non si possono infatti eliminare programmi esistenti, ma è possibile assegnare loro una priorità più bassa). La definizione delle priorità - formulate a livelli di «lunghezze focali» diverse - avverrà in modo quasi matematico partendo


Pag. 18

dall'opinione delle commissioni (quindi i giovani ricercatori interni che si autogestiscono) e del comitato tecnico scientifico, che rappresenta l'occhio del mondo esterno e dal confronto con i grandi programmi esterni.
Sulla base di questi tre coefficienti si costruirà, in maniera più o meno matematica, una priorità, che verrà poi data al direttore generale. In questo tipo di meccanismo credo si amplifichi al massimo l'interesse alla compartecipazione ed alla codiscussione. Prevedo anche che per certi soggetti particolari ci possano essere presentazioni pubbliche e cioè che alle persone sia richiesto di raccontare ai propri colleghi ciò che stanno facendo. Cerco di trasformare un sistema chiuso in un altro aperto e credo che questo risponda almeno in parte alle preoccupazioni qui manifestate.
Per quanto riguarda la questione dei poteri del presidente e del direttore generale, è ovvio che dobbiamo operare nei limiti della legge. Siete voi che fate la legge, noi dobbiamo eseguirne le prescrizioni. Vorrei però sottolineare come in questo quadro dopo un po' si crei una struttura di team, le persone debbono lavorare secondo le loro funzioni ma non c'è più una separazione rigorosa di funzioni anche se le responsabilità esistono e sono d'accordo con chi ha detto che c'è una grande differenza tra avere la responsabilità della verifica e avere la responsabilità tout court.
In merito alla verifica di quanto sta facendo il direttore generale stiamo mettendo insieme tutto un sistema di meccanismi, stiamo costruendo strutture adeguate perché la verifica non può essere fatta da un solo individuo, occorrono anche mezzi tecnici, gruppi, eccetera; c'è una unità di verifica che stiamo organizzando, come parte del processo di riorganizzazione. Altro punto importante sollevato sono le consulenze. Sono d'accordo che queste vanno fatte solo quando è necessario. Vorrei ricordare che l'ente ha passato un periodo di transizione abbastanza difficile da un sistema vecchio ad uno nuovo e non c'è dubbio che a regime le consulenze non potranno andare avanti in questo modo ed infatti ho già detto al direttore generale che questo tipo di consulenze debbono essere misurate maggiormente con il contagocce; un certo numero di consulenze saranno chiuse ed altre saranno riprese. È ovvio ed evidente che in un processo di riforma c'è più bisogno di chiedere aiuto che non a regime. Quello attuale non può essere un sistema di consulenze a regime, può essere solo un'eccezione piuttosto che una regola. Il mio punto di vista al riguardo quindi credo di averlo espresso.
Si è parlato poi del ruolo dell'ENEA e dei rapporti con le regioni. Io credo che le regioni siano la nuova frontiera del futuro del sistema. Vorrei ricordare che in Germania il 50 per cento dei finanziamenti per la ricerca vengono dai Lander, che sono poi le loro regioni, e l'altra metà dal governo centrale. In Italia ci stiamo muovendo nella stessa direzione. Esiste una grande quantità di risorse, anche umane, che vanno però organizzate, messe insieme, eccetera. È nostro compito lavorare al massimo in questa direzione. Stiamo facendo i primi passi. Il professor Bianco ne ha menzionati alcuni, noi facciamo passi analoghi, però è una nuova frontiera che va portata avanti. Sono d'accordo sul fatto che è lì che ci sono i veri problemi da risolvere ed è lì che dovremo cercare in qualche modo di agire. Stiamo cercando non di risolvere il problema di una singola regione, ma di definire le regole che possano creare gli strumenti da applicare poi in più regioni. Il pericolo è infatti quello che ci si perda sul problema specifico, invece di guardare più in generale. Cerchiamo di sviluppare metodologie e sistemi che possano essere adattati a maglia larga ai problemi delle regioni, per non preferire una regione rispetto ad un'altra o un problema piuttosto che un altro. Il pericolo è infatti quello di concentrarsi su un solo problema, perdendo così la visione dell'insieme, che è più vasto di una somma di problemi e va studiato in un certo modo.
Dal punto di vista tecnico e pratico i problemi - quello dei trasporti, l'ambiente,


Pag. 19

la produzione, l'utilizzazione delle risorse, la formazione, eccetera - sono molto universali e tutte le regioni hanno sostanzialmente le stesse questioni. Per questo cerchiamo di indirizzarci su un insieme di problemi di base. Si tratta però di trovare accordi con un certo numero di regioni-pilota per portare avanti certi programmi; tutto questo è ancora da fare, abbiamo cominciato a farlo, ma quando agiamo verso le regioni dobbiamo farlo a largo spettro per cercare di rispondere ad un problema che è regionale nel suo insieme. Il grande attrattore è rappresentato dal fatto che nelle regioni ci sono moltissime risorse che non sono ancora utilizzate, che vanno utilizzate per il bene del paese e quindi anche per noi c'è la possibilità di fare altre cose, altre risorse, altri supporti e così via.
C'è poi la questione del comparto della ricerca, per il quale vorrei fare un discorso generale. Per me questa audizione è stata estremamente utile perché penso che i suggerimenti ed i commenti che voi fate sono messaggi molto importanti e in particolare per il comparto della ricerca mi farò responsabile di tutti i vostri punti di vista, per ripensarli insieme a tutto il consiglio e vedere se sia possibile tenerne dovuto conto e soprattutto trarne i vantaggi e l'aiuto che voi ci state offrendo. Da questo punto di vista quindi l'unica cosa che posso dire è che penso che la cosa migliore sia di prendere nota di quanto si è detto, di riportare all'interno del consiglio di amministrazione dell'ENEA i vostri punti di vista e vedere poi quale sarà la risposta o il punto di vista dei miei colleghi.
Per quanto riguarda lo stato dei ricercatori, faccio una proposta pratica, perché è difficile rispondere in due parole. Prepareremo invece un documento e lo invieremo alla Commissione. In merito alla verifica della funzionalità del direttore generale, ricordo che era in carica da ben due anni prima che io arrivassi. Io non ho fatto altro che continuare un'attività ben avanzata. È stato giustamente ricordato che le responsabilità sono aumentate e la situazione è diversa, eccetera, ma è anche ovvio ed evidente che la referenza che ho avuto circa l'opportunità di continuare il rapporto si basava essenzialmente sui due anni precedenti nei quali la situazione non era stata così catastrofica. Non c'è dubbio che oggi ci troviamo in una situazione ben più difficile perché siamo di fronte ad un periodo di transizione ed è ovvio ed evidente che non tutte le ciambelle escono con il buco, se mi si passa l'espressione; vorrei comunque rassicurare al riguardo perché nel contratto che abbiamo firmato con il direttore generale c'è una clausola precisa che ci permette di procedere con la massima prudenza. Il contratto ha la durata di cinque anni ma esiste un interruttore d'urgenza cui si può sempre ricorrere. Rispetto alla preoccupazione di trovarsi di fronte a situazioni di scollamento fra i problemi dell'ente e le persone che lo dirigono, mi sono assicurato che nel contratto sia prevista concretamente la possibilità di rimettere l'orologio a zero. Se il rapporto di fiducia tra il presidente, il consiglio e il direttore generale venisse a cadere, questa potrebbe essere considerata ragione sufficiente per intervenire. Posso assicurare che stiamo sempre con gli occhi molto aperti.

PRESIDENTE. Sulla questione dei ricercatori effettivamente questa Commissione si trovò anche in una situazione di tensione. Da parte di qualcuno c'era l'idea che l'ENEA dovesse essere configurato senz'altro e senza deroghe come il CNR, cioè come un ente tipicamente ed esclusivamente di ricerca, mentre da parte di altri l'opinione era opposta; gli stessi ministri che vennero qui a riferire espressero opinioni divergenti, l'industria da una parte e la ricerca scientifica dall'altra. Trovare un punto di mediazione è stato certamente difficile (vedremo poi quanto e come funzionerà, ma oggi abbiamo ascoltato affermazioni rassicuranti), ma per quanto riguarda il personale, il punto di equilibrio era laddove si ribadisce l'opportunità che, nei limiti e con le modalità previste, il personale dell'ENEA sia inserito nel comparto della ricerca.


Pag. 20


CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Su questo sono d'accordo.

PRESIDENTE. Il presidente ci ha detto oggi una cosa importante e cioè che questa è la sua opinione. A parte la sua autorità, il presidente dell'ENEA ci ha detto oggi che questa è la sua opinione: l'ENEA è fondamentalmente un ente di ricerca ed il personale di ricerca deve essere inquadrato appunto nella ricerca, aggiungendo però che oggi si trova nella necessità di apportare una serie di aggiustamenti riorganizzativi per porsi nelle condizioni di essere disciplinato come ente di ricerca dal punto di vista del personale. Per questo periodo di passaggio ci ha indicato la data del 2001. Vedremo nei prossimi mesi, ma probabilmente questa data è un po' lontana e potrebbe rischiare di vanificare l'indicazione contenuta nell'indirizzo della Commissione.
Il presidente avrà la bontà di recepire le nostre indicazioni, le sentiremo il prossimo mese e faremo il punto della situazione, anche in relazione al punto specifico della necessità di sistemare quel personale inquadrato in una qualifica superiore senza percepirne però la relativa retribuzione, sul quale ci farà poi pervenire l'informativa promessa.

CARLO RUBBIA, Presidente dell'ENEA. Per riequilibrare la situazione ci vogliono all'incirca trenta miliardi annui. Io escludo che al momento attuale un cambiamento di transizione tra uno schema e l'altro possa sviluppare una quantità di risorse in questo ordine di grandezza, può darsi che lo possa, può darsi che il Ministero del tesoro sia ben felice di darci questi miliardi, ma se la meccanica dell'intervento è a costo zero, è evidente che ci saranno degli stridi nel sistema. Il diavolo sta nel dettaglio, stiamo discutendo di cose bellissime in principio, ma è poi il dettaglio che determina la situazione nella realtà. La mia preoccupazione deriva dalla esistenza di un grande numero di dettagli che mi sembra possano rendere questa transizione che, come diceva il presidente, è totalmente voluta sia dai ricercatori sia dal vertice dell'ente, un'operazione estremamente dolorosa se si creano disparità o mancanza di aspettative. In un ente in totale riforma è estremamente difficile ragionare allo stesso modo che in un ente ormai in condizioni stazionarie. Può darsi che due anni siano troppi, potremo trovare un'altra soluzione, bisognerà anche vedere cosa farà l'ARAN e quale sarà l'esperienza che tutto il sistema Italia acquisterà in tal modo. Un minimo di prudenza credo sia necessario se non vogliamo che questa diventi una imprudenza destabilizzante ed è questo che mi preoccupa.

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente i nostri ospiti e tutti i colleghi intervenuti.

La seduta termina alle 15.45.

Back