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Seduta del 12/10/2000


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Audizione di Silvio Franz, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, di Paola Tomassone e Benito Castiglia, rappresentanti del Corpo forestale dello Stato di La Spezia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Silvio Franz, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, di Paola Tomassone e Benito Castiglia, rappresentanti del Corpo forestale dello Stato di La Spezia.
L'audizione odierna è conseguente alla grande attenzione che la Commissione ha dedicato, negli anni scorsi, alle problematiche connesse al sito di Pitelli nei pressi di La Spezia, fino ad approvare un apposito documento il 27 maggio 1999.
Come sappiamo, il dottor Franz ha lasciato l'ufficio di sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di La Spezia per passare alla procura di Genova. Egli ha però continuato ad occuparsi del caso, per cui siamo molto interessati ad avere l'up to date della vicenda. Vi era sì un problema formale e delicato a proposito del nuovo sostituto procuratore, ma per poterci riferire su questa specifica questione, prima avrebbe dovuto acquisire tutta una serie di conoscenze. Quindi, abbiamo fatto riferimento al dottor Franz anche, credo, nel rispetto formale dei delicati passaggi all'interno della magistratura. Gli do pertanto la parola, che, in questo caso, sarà «visiva», in quanto, anche per illustrarci in termini più diretti e concreti la situazione, il dottor Franz ha predisposto una videocassetta che ha consegnato alla presidenza.

SILVIO FRANZ, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova. Il presente video è stato realizzato utilizzando materiale che processualmente può essere definito alternativamente documentale, irripetibile o formato in contraddittorio tra le parti. Perciò l'utilizzo di tale strumento è possibile in tutte le fasi procedimentali e processuali come supporto esplicativo di un materiale estremamente complesso al fine di rendere di immediata percezione l'oggetto del procedimento e cioè l'area sita in località Pitelli di La Spezia utilizzata negli anni come discarica di rifiuti. La finalità principale è quella di fornire una ricostruzione rigorosa e oggettiva dell'evoluzione geomorfologica e ambientale che l'area ha subito nel tempo. Ciò è stato possibile utilizzando come base cognitiva le riprese aeree effettuate sull'area negli anni 1973, 1983, 1993, 1995 dalla regione Liguria e negli anni 1981, 1989, 1992 e 1996 dall'Istituto geografico militare. Tale materiale è stato elaborato dallo studio Nevini di Firenze il quale, con apparecchiature estremamente sofisticate e precise, ha ricavato dei rilievi aerofotogrammetrici e delle carte topografiche in formato numerico.


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Questo processo, chiamato di restituzione, ha portato inoltre alla realizzazione di ortofotocarte in piante a viste prospettiche. Tali operazioni tecniche hanno permesso di ricostruire le modifiche che l'area ha subito negli anni ed in particolare quali sono stati i volumi abbancati nel tempo. Le variazioni volumetriche sono già percepibili ad occhio nudo osservando i rilievi aerofotogrammetrici, ma è mediante l'utilizzo della cartografia numerica in formato Autocad che è stata possibile, attraverso l'elaborazione con specifici programmi di calcolo, la ricostruzione virtuale dell'area in forma tridimensionale; tale operazione ha reso possibile visionare il sito da diverse prospettive, mettendone in risalto le parti di interesse, ma soprattutto calcolandone i volumi in dettaglio. Nello specifico questa tecnica viene definita modellizzazione digitale del terreno. Infine con i rilievi sopra descritti sono state incrociate le fotografie e le riprese più significative effettuale sia prima che dopo il sequestro giudiziario dell'area avvenuto nell'ottobre 1996. Sono stati inoltre richiamati i dati documentali più significativi sulla gestione dell'area di discarica riportandoli graficamente nella loro evoluzione. Con i dati di volume è stato possibile stimare la produzione del percolato, formatosi all'interno delle vasche in gestione alla Sistemi ambientali Srl. Il presente supporto quindi, pur utilizzando solo in parte il materiale probatorio agli atti del procedimento, riproduce fedelmente i dati e materiale la cui manipolazione, se così si può chiamare, si è limitata ad una efficace trasposizione visiva senza alternarne il contenuto oggettivo. Per i calcoli dei volumi e del percolato ci si è basati anche su dati progettuali in atti dichiarati dalla parte.
Il dottor Silvio Franz, titolare dell'indagine, si assume l'esclusiva responsabilità in merito al contenuto del video.
L'immagine del 1973 evidenzia l'assetto geomorfologico originario dell'area successivamente interessata all discarica di Pitelli. Le aree caratterizzate da una colorazione verde intenso corrispondono ad una fitta vegetazione spontanea presente in corrispondenza degli impluvi, che si fa progressivamente più rada lungo i versanti. Il 31 gennaio 1979 il comune di La Spezia rilascia la prima concessione edilizia alla Società contenitori e trasporti Spa relativa alla realizzazione, in località Pitelli, dell'impianto di smaltimento rifiuti derivanti da lavorazioni industriali. L'immagine della stessa area nel 1981 mostra gli effetti degli sbancamenti dovuti all'avvio della coltivazione della discarica, in particolare si può notare come gli impluvi naturali, ben visibili dell'immagine del 1973, siano stati eliminati per far posto ad una superficie omogeneamente livellata. Progressivamente appaiono più estesi i lavori di sbancamento nell'immagine del 1983, nella quale è ben visibile l'aumento della superficie coltivata con conseguente riduzione della vegetazione spontanea. In questo caso i lavori hanno interessato anche il torrente Canalone il cui alveo si sviluppa al limite orientale della discarica.
Nel novembre del 1984 l'impianto viene posto sotto sequestro dall'autorità giudiziaria per violazione della legge Merli sull'inquinamento delle acque e, conseguentemente, la discarica rimane chiusa sino al giugno del 1986 quando viene dissequestrata. Dal 1986 in poi l'impianto funziona con ordinanze contingibili e urgenti del sindaco di La Spezia che autorizzano il solo smaltimento di inerti. L'immagine del 1989 mostra la discarica con una superficie più o meno simile a quella del fotogramma del 1983. È nel luglio del 1989 che la regione Liguria, con delibera n. 3493, autorizza l'adeguamento e l'ampliamento della discarica per rifiuti speciali. I lavori di realizzazione del nuovo impianto, che insiste sul precedente, iniziano nel 1992 ad opera della società Sistemi ambientali srl, nel frattempo subentrata come affittuaria degli impianti alla Contenitori e trasporti Spa. L'immagine del 1992 mostra la situazione nelle fasi iniziali di realizzazione del nuovo progetto approvato. A riguardo si evidenzia come l'assenza di coltivazione dell'impianto abbia favorito un progressivo rinverdimento di alcune zone dell'area tant'è che la superficie appare


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ridotta rispetto alle immagini precedenti. Appena un anno dopo, nel 1993, l'area risulta interessata dalla creazione e conseguente riempimento di due vasche di abbancamento rifiuti. L'immagine del 1995 mostra la chiusura delle tre vasche coltivate dal 1993 in poi e l'approntamento della quarta vasca. Sarà con la delibera n. 3171 del settembre 1995 che la regione Liguria autorizzerà la realizzazione di altre vasche. L'immagine del 1996, che precede di appena tre settimane il sequestro da parte dell'autorità giudiziaria di Asti, mette in evidenza la fase di coltivazione della quarta vasca, che ricopre le precedenti tre; con ciò modificando definitivamente l'assetto geomorfologico originario documentato con la foto del 1973, ovvero colmando di rifiuti l'impluvio naturale.
Il punto di vista scelto, permette di apprezzare le modifiche subite dal paesaggio nell'arco di tempo compreso tra il 1973 ed il 1995.
Tra le foto storiche più significative vi è questa immagine che mostra una veduta aerea della zona di Pitelli, risalente agli anni sessanta, in cui il versante collinare costiero appare ancora integro; è contenuta nell'esposto presentato dai signori Meneghini e Baronti del giugno 1994.
I fotogrammi che seguono evidenziano la situazione dell'area di Pitelli nel 1976. Fanno parte della documentazione tecnica allegata all'istanza di concessione edilizia presentata al comune di La Spezia della ditta Contenitori trasporti Spa. Nella foto risaltano i dettagli della vegetazione spontanea che rivestiva all'epoca le incisioni di origine naturale che solcavano i versanti dell'area, successivamente interessata dalla coltivazione della discarica.
Particolarmente significative sono le foto scattate dal comando della polizia municipale di La Spezia e contenute nel rapporto n. 756 del mese di luglio del 1983; è evidente l'estensione raggiunta dall'impianto a distanza di pochi anni dalla prima concessione autorizzativa. In particolare nei fotogrammi è inquadrata l'area della discarica di Pitelli da una serie di punti di vista diversi; inoltre è visibile la struttura del forno inceneritore denominato DA5.
I fotogrammi successivi sono stati scattati nel 1984 e consegnati da un dipendente della Contenitori trasporti Spa. Sono parte integrante di una relazione presentata in occasione di una conferenza tenuta presso l'Istituto di scienze e tecnologie della facoltà di ingegneria chimica, dell'Università di Genova, nel marzo dello stesso anno. Mostrano la discarica da varie angolazioni, coni particolari dei rifiuti conferiti, tra i quali spiccano le ceneri. Significativi appaiono gli accumuli di percolato in alcuni punti dei gradoni dell'impianto.
Sempre nel 1984 le foto contenute nel rapporto giudiziario del comando della polizia municipale della Spezia, che mostrano la discarica poco dopo il sequestro avvenuto nel novembre dello stesso anno.
Segue una serie di foto del 1985, anno in cui l'impianto era sotto sequestro ed erano consentiti esclusivamente conferimenti di terra vegetale finalizzati alla messa in sicurezza dell'area. Le foto, consegnate da un dipendente della Contenitori trasporti, rappresentano particolari della sequenza dello scarico di rifiuti, provenienti da demolizioni, e la loro successiva ricopertura in un settore della discarica.
Queste foto del 1994 sono allegate all'esposto presentato dai signori Meneghini e Baronti del giugno dello stesso anno. Si tratta di particolari riferiti alla realizzazione delle vasche n. 2 e 3 della discarica, all'epoca in gestione alla Sistemi ambientali Srl. Nell'ottobre del 1996 è stata sequestrata un'immagine riferita alle fasi finali di realizzazione della vasca n. 2, con evidenziato a lato della foto il manufatto a forma di torretta.
Altre fotografie, sequestrate presso gli uffici della Sistemi ambientali, ritraggono le operazioni di ricopertura finale della vasche n. 2 e 3 della discarica e la fase di chiusura sempre della vasca n. 3.
Il successivo fotogramma rappresenta un particolare dell'area di stoccaggio provvisorio del materiale destinato al


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forno inceneritore denominato FC10 ed era allegato al rapporto giudiziario redatto dal Corpo forestale dello Stato del gennaio 1994.
Sempre del 1994 sono alcune foto, scattate da tecnici dell'USL n. 5 Spezzino contenute nel rapporto del maggio dello stesso anno. Nelle immagini è visibile l'uscita di percolato dal tubo posto ai piedi della discarica confluente nell'alveo del torrente Canalone.
Ancora foto tratte dal rapporto giudiziario redatto dal Corpo forestale dello Stato del gennaio 1994. È visibile il tubo, collegato con la vasca del forno inceneritore, da cui fuoriescono acque e fanghi, che scorrono lungo un terrazzamento della discarica, prima di immettersi nella canalizzazione che dovrebbe raccogliere esclusivamente le acque meteoriche.
L'immagine tridimensionale del 1993 mostra il piazzale di stoccaggio provvisorio di rifiuti, denominato IPODEC, in uso alla Contenitori trasporti per tutto il corso degli anni ottanta. A tale immagine sono collegate una sequenza di fotografie, consegnate da un dipendente della Contenitori trasporti, risalenti all'anno 1985, che evidenziano lo scarico e l'accumulo, sul terreno del piazzale, di melme oleose provenienti dalla Italiana Petroli di Rho, materiale puntualmente rinvenuto.
La ricostruzione grafica dell'area della discarica di Pitelli si riferisce allo stato dei luoghi al 4 ottobre 1996, poco prima della data del sequestro del 28 ottobre 1996. In questa animazione sarà possibile evidenziare il luogo di rinvenimento di alcuni significativi rifiuti correlato a immagini fotografiche e spezzoni di video realizzati dal consulente tecnico del pubblico ministero.
Nella zona della discarica interessata dalle vasche furono sepolti rifiuti diversi da quelli previsti nelle autorizzazioni. In particolare queste circostanze furono evidenziate dalle diffide regionali del 30 dicembre 1994 e 28 marzo 1995 e dai risultati analitici del presidio multizonale della USL di La Spezia. Queste analisi hanno mostrato il superamento dei limiti previsti per l'eluato nelle concentrazioni dei metalli pesanti e riguardano campioni prelevati nella vasca 2. Nel corso degli scavi e sondaggi effettuati in sede di incidente probatorio i periti del Gip hanno individuato alcuni rifiuti non compatibili con l'impianto autorizzato. Sono stati trovati all'interno della vasca 4 numerosi scarti dell'industria farmaceutica, classificati come rifiuti speciali tossico nocivi. Infatti, nello scavo n. 15 sono stati prelevati in data 5 marzo 1997 oltre una decina di campioni di scarti di medicinali confezionati ed ancora etichettati come tossico nocivi dall'industria chimico farmaceutica che li aveva prodotti. Un altro campione, identificato come S11/3 e classificato tossico nocivo in quanto avente una concentrazione di rame superiore a quella prevista, ha presentato un'elevata reattività con emissione spontanea nell'aria di ammoniaca. Altri campioni eccedono i limiti nell'eluato per quanto riguarda il rame o l'arsenico ed uno, esposto all'aria o a contatto con acqua, sviluppa una miscela gassosa costituita da metano ed acetilene. Nella stessa vasca 4 sono stati anche rinvenuti in quantità elevata rifiuti provenienti dalla demolizione delle autovetture, ossia la parte leggera denominata «fluff». Questa tipologia è presente su tutta la superficie della discarica ed anche in profondità. Assieme a questi rifiuti nella vasca 4 sono stati anche rinvenuti dei fanghi, ceneri e scorie contenenti metalli in quantità tali da causare nell'eluato il superamento dei limiti previsti per legge.
La mancanza di riguardi verso la tutela dell'ambiente si è manifestata, oltre che nella irregolare gestione della discarica, nello smaltimento incontrollato di rifiuti pericolosi anche in zone esterne alle vasche protette con teli. Le indagini geofisiche effettuate dal consulente del pubblico ministero immediatamente dopo il sequestro mostrarono alcune anomalie al di sotto della soletta di cemento vicino alla pesa della discarica. Gli scavi effettuati con le necessarie cautele portarono alla luce numerosi fusti metallici corrosi ed interrati abusivamente senza alcuna protezione ambientale. Nella zona antistante


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l'officina furono dissotterrati circa 15 fusti, mentre altri 20 furono rinvenuti al di sotto della soletta in cemento e altri 8 nell'immediato sottosuolo dei lavoratori chimici prefabbricati. i fusti si presentarono in pessimo stato di conservazione ed alcuni completamente corrosi lasciando nel terreno solamente il calco del bidone con il rifiuto residuo in deterioramento. In particolare nei fusti rinvenuti nel sottosuolo della ex officina sono stati prelevati con appositi disponitivi di sicurezza alcuni campioni delle sostanze contenute, di colore arancio e giallo, che una volta esposte all'aria producevano intensi fumi bianchi. Le analisi chimiche hanno accertato che si tratta di silani. Questa sostanza tossica, prodotta dal 1982 dalla società Union Carbide Unisil di Termoli, è ancora presente in notevole quantità nei fusti malconci e nei vasetti da laboratorio rinvenuti interrati alla rinfusa assieme ai fusti. I numeri dei lotti di produzione ancora leggibili sulle etichette dei vasetti corrispondono a quelli dei materiali smaltiti dalla Unisil negli anni 1983-1984 con destinazione Pitelli, così come accertato dai registri rinvenuti presso lo stabilimento Unisil di Termoli. Le analisi sui campioni prelevati durante l'incidente probatorio hanno portato anche i periti nominati dal giudice per le indagini preliminari a concludere che dal 1983 sino a tutto il 1984 nell'area in gestione alla Contenitori e trasporti sono stati interrati abusivamente e pericolosamente i rifiuti provenienti dalla Unione Carbide Unisil. L'impossibilità tecnica del forno inceneritore a ricevere tali rifiuti altamente tossici assieme alla pericolosità dei fumi prodottisi, portarono perciò al loro interramento nei pressi del forno medesimo senza alcuna misura di protezione dell'ambiente o salvaguardia della salute.
Altri siti di interramenti abusivi furono accertati nell'area retrostante la pesa e nel piazzale del forno inceneritore. Inoltre nell'area di stoccaggio denominata IPODEC è stata di fatto realizzata una discarica completamente abusiva ed incontrollata. Durante gli accertamenti, effettuati dapprima dal consulente del pubblico ministero e successivamente confermati dalle operazioni peritali in sede di incidente probatorio, sono stati rinvenuti interrati alla rinfusa numerosi rifiuti con sostanze prevalentemente di origine petrolifera, assieme a fusti metallici ancora integri. I rifiuti così interrati, in un'area priva di qualsiasi misura di protezione ambientale ed esposta alle acque meteoriche e di ruscellamento, sono altamente pericolosi in quanto impregnati di idrocarburi di origine petrolifera e cantieristica navale. Non essendoci alcuna protezione né progettazione nello smaltimento, il percolamento delle sostanze tossiche contenute nei rifiuti ha provocato l'inquinamento del sottosuolo. Ciò è confermato dal fatto che durante i lavori di costruzione della galleria stradale Saturnia, per il collegamento viabilistico La Spezia-Lerici, furono attraversati terreni nerastri contaminati da percolati di discarica.
Durante gli accertamenti dei periti è stata rinvenuta la vasca di raccolta del percolato della precedente discarica gestita dalla Contenitori e trasporti, realizzata in cemento ed interrata al piede dell'attuale discarica. A questa vasca, trovata colma, conducono le tubazioni di raccolta del percolato e non essendo a tenuta stagna, quando è colma il percolato fuoriesce dalla vasca stessa senza controllo e si infiltra nel terreno circostante in prossimità del torrente Canalone.
La vasca 4 della Sistemi ambientali in coltivazione al momento del sequestro è costruita con teli impermeabili, ma nella zona di monte è incompleta, mancando l'argine, e permettendo quindi al percolato di tracimare ed infiltrarsi nel terreno sottostante. L'infiltrazione del percolato è facilitata da una tubazione in pvc arancio, forata artigianalmente, che consente, oltre all'infiltrazione nel terreno, soprattutto lo scarico diretto del percolato nel torrente Canalone. Per verificare questo durante l'incidente probatorio i periti del Gip hanno introdotto in prossimità del punto di tracimazione una sostanza tracciante, che è stata subito osservata scorrere nel torrente Canalone a valle della discarica.


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La contaminazione del suolo e delle acque sotterranee dell'immediato sottosuolo è dovuta anche al lavaggio dei piazzali, in particolare quello del forno. Il bacino di contenimento in cemento posto intorno al forno non è risultato a tenuta, ma vi è una spaccatura, appositamente effettuata per consentire lo scarico direttamente nel torrente Canalone, mediante una tubazione a cielo aperto posta accanto alla discarica stessa.
Le pregresse analisi effettuate dalla USL confermano la presenza di questi scarichi di percolato.
L'animazione mostra uno spaccato del modello della discarica, da quale si può osservare come il sottosuolo dell'area sia attraversato da due gallerie. La prima è costituita dall'asse stradale La Spezia-Lerici, mentre la seconda è di proprietà militare della POL-Nato. Entrando in questa galleria militare costruita per il passaggio di un oleodotto, è possibile rinvenire alcune venute di acqua in corrispondenza delle progressive sottostanti l'area di discarica di Pitelli. Queste infiltrazioni riescono a oltrepassare il rivestimento in cemento della calotta e in base alle analisi chimiche condotte contengono sostanze riconducibili a percolato di discarica. Nel 1998 l'Arpal in base a propri campionamenti ritiene probabile che si tratti di percolato di discarica vista la distanza dei punti di prelievo maggiormente inquinati dall'imboccatura e dal tipo d inquinante riscontrato. Alle stesse conclusioni giungono anche i periti sulla base dell'analisi di campioni autonomamente acquisiti. Dal punto di vista geologico queste contaminazioni sono possibili in quanto le rocce costituenti il sottosuolo sono localmente permeabili per fratturazione. Ciò significa che il percolato può infiltrarsi attraverso le vie preferenziali di permeabilità della roccia e raggiungere nel sottosuolo la galleria. Inoltre è confermato dalle fotografie allegate alla relazione SALT dove si rinvengono materiali contaminati da sostanze nerastre nella zona sottostante l'IPODEC. Questi dati trovano ulteriore riscontro nella relazione della Marina militare relativa alla costruzione dell'oleodotto che attraversa la zona delle vasche intersecando la galleria stradale.
La cartografia numerica consente di elaborare con precisione al computer un modello digitale del terreno e la sua evoluzione nel tempo. Si può osservare come la parte centrale del modello si vada man mano modificando, passando da una situazione nel 1973 di valle incisa ad un progressivo riempimento negli anni ad opera della discarica. Il perimetro dei modelli delle immagini è quello dell'attuale area di discarica. Già dal 1981 si può notare la pista di servizio per la deposizione dei rifiuti sulla parte sinistra dell'immagine, mentre nel 1993 sono ben visibili le vasche di discarica 1, 2 e 3, che occupano gran parte dell'area centrale della valle. Nel 1995 questa vasche sono ormai colme e nel 1996 l'attuale assetto del territorio è quello di una valle colma di rifiuti e ricoperta di terreno, essendosi fermata la coltivazione delle vasche al momento del sequestro.
Nel 1989 la regione Liguria autorizza con la propria delibera n. 3493 l'abbancamento nella discarica di Pitelli di una quantità di rifiuti corrispondente alla volumetria complessiva lorda di 320.000 metri cubi. Nel grafico questa quantità è rappresentata con il cilindro di colore verde. Dai calcoli effettuati dal consulente del pubblico ministero coi modelli digitali del terreno risulta che la quantità reale di rifiuti abbancati dal maggio 1992 all'ottobre 1996 ammonta a 441.000 metri cubi. Questa quantità, rappresentata in rosso, corrisponde esclusivamente ai rifiuti scaricati all'interno delle vasche costruite coi teli, mentre se consideriamo la volumetria totale occupata nell'area nello stesso periodo si ottiene un volume di circa 552.000 metri cubi. La differenze di questi 110.000 metri cubi è dovuta al materiale utilizzato come sottofondo alle vasche e per la costruzione degli argini, costituito in parte da terreno di riporto e in parte da rifiuti, quali residui di scavi e demolizioni, ceneri ed altro. A riprova, tali volumi sono stati confrontati con i dati dichiarati dalla società Sistemi ambientali.


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Dalle comunicazioni ufficiali effettuate all'amministrazione provinciale di La Spezia dal 1992 al 1997 risultano conferite in discarica un totale di 695.000 tonnellate di rifiuti. In base al valore medio di densità di 1,25 kg per metro cubo, il quantitativo di rifiuti dichiarato corrisponde ad una volumetria di circa 556.000 metri cubi di rifiuto abbancato. Nell'immagine questi dati dichiarati dalla parte vengono rappresentati in grigio. È ben evidente che il volume netto di rifiuti smaltiti dichiarato nella documentazione presentata negli anni dalla Sistemi ambientali corrisponde con la volumetria lorda calcolata sulla base dei modelli digitali del terreno, e cioè di circa 550.000 metri cubi. Risulta pertanto che il volume della discarica è quasi doppio rispetto a quello autorizzato.
La grafica illustra in colore rosso la produzione di percolato generale dalla discarica di Pitelli nella gestione Sistemi ambientali dal dicembre 1992 al dicembre 1999; in colore verde si riportano i valori del percolato smaltito, come risulta dalla documentazione in atti quali registri e bolle di trasporto. Poiché questi dati sono stati dichiarati in chilogrammi, per confrontarli con i dati del percolato prodotto, calcolati in metricubi, è stato imposto al liquido un valore estremamente cautelativo di peso specifico pari a 1. La formazione del percolato in una discarica è regolata da molteplici fattori, prevalentemente di carattere meteorologico ed idrologico, in funzione della zona in cui sorge l'impianto e delle modalità di realizzazione e gestione adottate. Il metodo comunemente utilizzato per la determinazione della quantità di percolato che si raccoglie sul fondo di una discarica è il bilancio idrologico del sistema nel suo complesso: si considera il bilancio di massa relativo ai flussi di acqua in ingresso e in uscita, nonché gli accumuli e le produzioni interne. Pertanto il modello che nella sua forma più generale esprime il bilancio idrologico di una discarica è rappresentato da questa espressione: L = P-R-Scop-ET-So-Srif
Si può osservare come la produzione di percolato (L) sia direttamente proporzionale alla precipitazione (P). Sul grafico sono stati riportati in colore blu i valori di piovosità utilizzati nel calcolo, espressi in mm. Nel calcolo sono stati considerati i valori di precipitazione registrati nel periodo 1991-1999 nella vicina stazione dell'Enea di Pitelli. La porzione di acque residue, a seguito di processi di deflusso superficiale (R) ed evaporazione (ET), si infiltra nell'ammasso dei rifiuti saturandone la capacità di assorbimento (SRIF), esaurita la quale ogni ulteriore apporto idrico determina la formazione di percolato. In base alla superficie dei lotti in esercizio e alla loro durata, sono stati estrapolati i quantitativi di pioggia evaporazione e ruscellamento riferiti ai singoli periodi di vita della discarica, e conseguentemente è stato calcolato il percolato prodotto. L'inizio della produzione di percolato coincide con le prime fasi di messa a dimora dei rifiuti nel cosiddetto lotto Vasta 1, corrispondente alla data del dicembre 1992. Successivamente, ogni singola vasca, al termine del periodo di attivazione, non è stata più considerata nel calcolo di produzione del percolato. L'impianto è stato perciò considerato come un impianto in esercizio durante la fase attiva di ogni singolo lotto. Nello specifico del lotto 4, è stata considerata una produzione di percolato derivato da una discarica in esercizio fino alla data del giugno 1997, mentre per il periodo successivo fino al dicembre 1999 è stata valutata la presenza di uno strato di copertura superficiale attualmente esistente. Da tale grafico si evince che vi è una sostanziale corrispondenza tra percolato smaltito e percolato prodotto solo nel 1994 e per metà del 1995. Successivamente all'aprile-maggio 1995 si assiste a una significativa diminuzione dello smaltimento del percolato prodotto dalla discarica a fronte di una notevole produzione, dovuta a un lotto in esercizio di notevoli proporzioni, e a precipitazioni intense.
La notevole differenza è tanto più preoccupante se si tiene conto che i calcoli sono stati estremamente prudenziali.


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Con la legge n. 426 del 9 dicembre 1998 all'articolo 1, comma 4, lettera N, l'area di Pitelli, comprendente il sito della discarica e quello IPODEC, è stata considerata ad alto rischio ambientale e tra i primi interventi di bonifica di interesse nazionale.

PRESIDENTE. Dopo la visione di questo interessante video, chiedo al dottor Franz, se voglia aggiungere qualcosa.

SILVIO FRANZ, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Genova. Sì grazie, presidente. Ho ritenuto di realizzare questo video perché a livello probatorio riuscire a far percepire un disastro ambientale è estremamente difficile, con dati numerici, fotografie o planimetrie; ho ritenuto quindi di assemblare il materiale incontrovertibile già acquisito alle indagini e realizzare un video che, come è detto nelle premesse, non raccoglie tutto il materiale probatorio, relativo all'ipotesi di disastro ambientale, dell'ufficio dell'accusa, ma - penso - gli elementi più significativi e cerca di dare una visione d'insieme di quello che è avvenuto a Pitelli negli ultimi venti anni, cosa non molto facile.
Può essere una scelta più o meno discutibile; io ho ritenuto che potesse essere utile sia per il processo, ed io mi sono occupato soltanto del procedimento penale, sia nel quadro del risanamento dell'area; ed è per questo che ho ritenuto di trasmettere alle autorità amministrative competenti, e prima di tutto alla Commissione, questo materiale audiovisivo.
Nel video si parla esclusivamente del disastro ambientale in senso tecnico, cioè di quello che ragionevolmente è accaduto dal punto di vista geomorfologico a Pitelli e che è stato accertato dai consulenti e dai periti. Il perché sia avvenuto è l'altra faccia dell'indagine, cioè perché è stato possibile che a Pitelli avvenisse questo nel corso di venti anni. Questo è oggetto delle imputazioni che recentemente hanno portato alla conclusione delle indagini.
Vi aggiorno ora con due parole sulle indagini, che sono durate circa quattro anni. Gli indagati sono stati 127. Attualmente ho concluso la richiesta di imputazione. Con la riforma Carotti, al termine delle indagini il pubblico ministero deve dare comunicazione alle persone che ha intenzione di rinviare a giudizio della conclusione delle indagini, dando perciò a tali persone la possibilità di fornire ulteriori elementi o sollecitare ulteriori indagini per valutare l'esercizio o meno dell'azione penale da parte del pubblico ministero.
Io ho ritenuto di avvisare e quindi comunicare a 61 persone la mia intenzione di rinviarle a giudizio; per le altre chiederò l'archiviazione. Per 61 persone, quindi, che in parte sono imputate per fatti corruttivi, perché pubblici ufficiali, e in parte sono pubblici amministratori ed imprenditori imputati di concorso nel disastro ambientale, ho mandato l'avviso di conclusione delle indagini. Ora gli indagati hanno dieci giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o reinterrogati, come nella maggior parte dei casi, oppure per presentare ulteriori richieste istruttorie, per indicare al pubblico ministero eventuali atti per completare le indagini ed eventualmente giungere a considerazioni difformi rispetto a quelle che sono le mie ipotesi.
In questa fase, che è conclusiva delle indagini del pubblico ministero che a questo punto potrà solamente su impulso degli indagati fare ulteriori attività investigative, che però dovrà essere ristretta nell'ambito di un mese; in questa fase, dicevo, é terminata anche la mia applicazione presso la procura di La Spezia. Questo è dovuto ad una circolare del Consiglio superiore della magistratura che prevede che le applicazioni all'interno del distretto non possono durare più di un anno e per me questo termine è scaduto alla fine di settembre.
La fase che può esserci o meno di ulteriori approfondimenti, limitati - ripeto - ad un periodo molto ristretto, verrà gestita dal dottor Billet incaricato dal procuratore della Repubblica di La Spezia a seguire l'indagine nelle fasi successive. Al termine del mio mandato ho


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ritenuto di fornire questo materiale audiovideo alle autorità amministrative e alle autorità centrali nell'ambito dei corretti rapporti istituzionali che sempre ci sono stati e penso di esprimere anche il pensiero del procuratore di La Spezia nel dire che c'è la disponibilità del materiale probatorio; fino ad oggi questa incontrava dei limiti, in quanto c'era ancora il segreto istruttorio, ma ora questo è venuto meno. Con l'avviso agli indagati del deposito degli atti attualmente tutto il materiale istruttorio dell'indagine non è più coperto da segreto, è a disposizione non solo degli indagati ma anche delle autorità che possano esservi interessate, fra cui ritengo anche la Commissione.
Non avrei altro da aggiungere.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi che desiderino intervenire, chiedo agli altri nostri ospiti se intendano prendere la parola.

PAOLA TOMASSONE, Coordinatrice del Corpo forestale dello Stato di La Spezia. Desidero aggiungere solo poche parole per ringraziare l'autorità giudiziaria che ha riposto la propria fiducia in modo esaustivo nel Corpo forestale, e soprattutto nei confronti del dottor Castiglia, unitamente alla direzione generale, di cui è oggi qui presente il direttore, dottor Di Croce, che ha consentito l'applicazione di un nucleo fisso alla procura di La Spezia che si è dedicato a tempo pieno e completo alla sola indagine su Pitelli.
I risultati, come ha sottolineato il dottor Franz, sono difficilmente visibili e coglibili a meno che non si vada sul posto; ecco la ragione della videocassetta. Il raggiungimento di questi risultati ha impegnato in questi quattro anni in modo assai intenso il personale adibito al servizio; non era un obiettivo facilmente raggiungibile e si è trattato di un lavoro che ha occupato molto spazio non solo temporale ma anche fisico in termini di camere e camere piene di documenti da esaminare e trattare.
Il caso di Pitelli rappresenta forse un primo punto di lancio per riuscire a vedere in modo completo le varie interconnessioni fra disastro ambientale e altri tipi di reato; in questo senso, considerando i procedimenti penali instaurati riguardo ad altri siti da bonificare, la collaborazione con la magistratura per la situazione di Pitelli può costituire un esempio valido per trattare in futuro casi analoghi di disastro ambientale.
Aggiungo che nei prossimi giorni saranno disponibili le schede che danno conto dell'attività svolta dal Corpo forestale dello stato nelle indagini in esame, con l'indicazione del personale impegnato, di come è intervenuto e delle deleghe che di volta in volta la procura ci ha affidato per riuscire a raccogliere e a completare i vari tasselli da inserire poi nel mosaico.

PRESIDENTE. La ringrazio e colgo subito l'occasione per chiederle di trasmettere in tempi brevi alla Commissione queste schede prospettiche sull'attività svolta nelle funzioni di polizia giudiziaria.

ROBERTO LASAGNA. Prima di tutto debbo ringraziare il dottor Franz, gli uffici della procura di La Spezia ed i rappresentanti del Corpo forestale dello Stato per l'ottimo lavoro svolto, che si è fra l'altro concretizzato nella predisposizione della videocassetta di cui è stata testé presa visione. Ho apprezzato moltissimo la presentazione con il mezzo televisivo di questo mostro, di questa realtà che peraltro ho potuto vedere di persona, insieme agli altri commissari.
Immagino che il dottor Franz abbia letto il documento, pubblicato il 27 maggio dell'anno scorso, come risultato dell'attività della Commissione d'inchiesta su Pitelli. La ricostruzione fatta con le indagini evidenzia un'accusa abbastanza estesa, non certamente limitata ad alcuni malandrini. Sono emerse precise responsabilità degli amministratori locali e delle autorità preposte ai controlli che evidentemente hanno avuto un occhio chiuso e un altro bendato.
Quella di Pitelli è una tragedia che ci porteremo dietro a lungo un po' come quella di Cengio. A parte gli aspetti


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legali-amministrativi della discarica, il problema di Pitelli è che quella discarica è piena di materiale che va ben oltre i silani; le gallerie non sono nuove, ma sono quelle vecchie interrate che venivano usate per l'armamento dei sommergibili dell'ultima guerra mondiale e pertanto sono piene di altro materiale. Inoltre non è mai stato definito se quella discarica fosse di proprietà del demanio di Stato. È stato negato ma mai in modo soddisfacente, pertanto rimane il dubbio che Pitelli fosse in origine una discarica post bellica utilizzata dalla marina militare per depositare il materiale non più utilizzato dall'arsenale di La Spezia o almeno da quella parte dell'arsenale.
Quello di Pitelli è un problema drammatico perché la desondazione del percolato, come sta avvenendo, rientra all'interno della diga che chiude il golfo di La Spezia; voi lo sapete, ci abitate. Di conseguenza, considerato il materiale che vi sta defluendo, il golfo di La Spezia, dove tra l'atro si pratica ancora l'itticoltura, è ad altissimo rischio per tutta la popolazione. Di ciò non ho visto riferimenti nel filmato e me ne dispiaccio. L'analisi fatta è estremamente seria e corretta, ma a me, che a La Spezia ci sono nato e ci abito, non dà il senso del danno che possono subire le 250 mila persone che vivono nel golfo. Il vero dramma di Pitelli è che, non essendo un sito industriale, è stato posto dal legislatore tra le discariche che devono essere rimosse. Nel filmato che abbiamo visto, pertanto, mi sarebbe piaciuta un'indicazione del danno reale ambientale e della necessità urgente di rimozione, anche in considerazione del fatto che è da un anno e mezzo che il Governo ha stanziato i soldi per iniziare le bonifiche. Ma per Pitelli finora non è stato fatto assolutamente niente.
Conoscendo le difficoltà, apprezzo il materiale prodotto ed il modo in cui è stato realizzato, ma torno a sottolineare il fatto che 250 mila persone vivono in una zona ad altissimo rischio per le possibili esondazioni di material resi ancor più pericolosi dalla presenza di fenoli. Vi è quindi un grosso pericolo di igiene e salute pubblica nel golfo di La Spezia, dove scarica direttamente il Canalone.
Ringrazio moltissimo il dottor Franz per aver «ripreso» la battaglia su Pitelli, che pensavo fosse persa. Adesso, invece, ho la speranza che il futuro porti, forse, ad una più equa e giusta soluzione per la popolazione di La Spezia.

PRESIDENTE. Credo che la documentazione prodotta, oltre ad accendere la speranza che una lunga battaglia giudiziaria possa portare ad una soluzione adeguata dei problemi posti da una gestione così criminale della discarica di Pitelli, apporti nuovi elementi al contenuto del documento approvato dalla Commissione lo scorso anno: è evidente che una soluzione giudiziaria del caso e l'avvio della bonifica si rivelano particolarmente urgenti.
Ringrazio i nostri interlocutori e il dottor Franz, che ha svolto un'opera estremamente significativa, perché credo che per la prima volta sia stata prodotta una videocasseta che, indubbiamente, facilita di molto la comprensione di fatti estremamente complessi, quali sono quelli collegati a veri e propri disastri ambientali che, purtroppo, caratterizzano la situazione di molte aree del paese. L'idea di rappresentarli visivamente, con una serie di dati e simulazioni, credo sia un contributo significativo alla nostra informazione offerto dalla procura di La Spezia e dalla polizia giudiziaria.

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