Back

Seduta del 6/6/2000


Pag. 3


...
Audizione di Carlo Borsani, assessore alla sanità della regione Lombardia, di Carlo Marino, consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia, di Cesare Ercole, sindaco di Broni (Pavia), e di Andrea Astranti, rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Carlo Borsani, assessore alla sanità della regione Lombardia, di Carlo Marino, consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia, di Cesare Ercole, sindaco di Broni (Pavia), e di Andrea Astranti, rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni.
Ricordo che l'audizione odierna si svolge nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'amianto, che la Commissione sta conducendo da qualche mese al fine sia di acquisire il massimo di informazioni possibile da organismi tecnici o da ex produttori di amianto (abbiamo già ascoltato i rappresentanti dell'ENEL e delle Ferrovie dello Stato) sia di rendersi conto dei problemi di particolare rilevanza presenti sul territorio nazionale proprio in virtù della vicenda amianto.
Dall'assessore alla sanità della regione Lombardia, al quale do subito la parola, vorremmo ovviamente conoscere anche gli aspetti più istituzionali relativi alla stesura del piano amianto e a quant'altro previsto dalla normativa vigente in materia.

CARLO BORSANI, Assessore alla sanità della regione Lombardia. Consegnerò alla presidenza la documentazione su Broni, quindi su tutto ciò che la regione Lombardia ha fatto dal punto di vista igienico e sanitario, in quanto gli aspetti sono infatti duplici, oltre a quello dei rifiuti che, evidentemente, non compete all'assessorato alla sanità.
Fino a metà del 1995 a Broni è stata fatta una bonifica delle palazzine che erano a disposizione della Fibronit e che, tra l'altro, una volta ultimate sono state vendute alla popolazione. Restava, di fatto, la parte più importante, cioè l'area vera e propria della Fibronit. La finanziaria Fibronit, che ha sostituito la società precedente, si era accollata il costo dell'opera di bonifica, per cui siamo riusciti a far gravare la spesa su chi aveva provocato il danno, senza cioè ricorrere ai soldi della regione e, quindi, del servizio sanitario. La bonifica di questi terreni doveva concludersi il 31 dicembre 1999, ma la finanziaria Fibronit chiese alla ASL di competenza della provincia di Pavia, quindi all'assessorato alla sanità, di poter allungare i tempi di 14 mesi, perché in realtà si era perso molto tempo per attivare le procedure e, soprattutto, per trovare gli esperti per il trasporto dei rifiuti da amianto.
L'assessorato alla sanità della regione Lombardia ha ritenuto opportuno concedere alla finanziaria Fibronit un periodo di 12 mesi, anziché di 14 mesi, perché dopo i controlli fatti dalla ASL e dal


Pag. 4

servizio PMIP ci si era resi conto che non si correva pericolo per la popolazione, in quanto non vi erano possibilità che l'eventuale materiale inquinante potesse essere sparso nell'aria o sciolto nell'acqua. Inoltre, se avessimo fatto un esposto alla magistratura ciò avrebbe bloccato ancor di più l'iter della bonifica. Abbiamo quindi concesso un periodo di proroga di 12 mesi e i lavori stanno procedendo (il 15 giugno dovrebbero darci lo stato definitivo di ciò che manca).
Lascio agli atti della Commissione la relazione del piano di bonifica che stiamo attuando per Broni e tutta la parte relativa agli accordi della Fibronit con la società che dovrà portar via i rifiuti.
Direi che si sta procedendo con una certa celerità e che si può ottimisticamente sperare di finire entro la fine dell'anno. Nella relazione, comunque, troverete specificati tutti i passaggi che abbiamo portato avanti con una commissione di indagine sulla situazione igienico-sanitaria-ambientale, sulla bonifica, sullo smaltimento, sul risanamento delle aree contaminate, sul programma di controllo sanitario, eccetera. Sottolineo, soprattutto, che abbiamo emanato una delibera relativa al controllo di tutti coloro che avrebbero potuto subire o che hanno subito danni dall'amianto. Si tratta, quindi, di una relazione abbastanza completa, che credo possa fare chiarezza si ciò che è stato fatto.
Per ciò che attiene, in generale, alla mappatura dell'amianto, la regione Lombardia aveva già provveduto, per cui si può dire che il vero problema resta proprio quello di Broni.

PRESIDENTE. Essendo la Lombardia, per vari aspetti, una regione importante non soltanto in Italia, ma in Europa, vorremmo avere maggiori informazioni sugli atti conseguenti previsti dalla legge n. 257 del 1992 e dalle direttive emanate dai diversi ministeri. Gradiremmo acquisire la documentazione relativa a questo aspetto per conoscere lo stato dell'arte rispetto alle iniziative, agli atti e a tutto ciò che la regione ha fatto in attuazione della normativa vigente per quanto concerne l'amianto. Ciò al di là del caso di Broni, che lei ci ha illustrato, e per il quale la Commissione acquisisce agli atti la documentazione che ha comunicato di consegnare.

CARLO MARINO, Consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia. Sono qui in duplice veste, cioè come membro del consiglio di amministrazione della recentemente costituita Agenzia regionale di protezione ambientale della Lombardia e come esperto del Consiglio nazionale delle ricerche per le metodologie innovative di gestione dell'ambiente e del territorio.
Oggi mi ero preparato, forse perché viziato dalle due precedenti audizioni, per una presentazione con una lavagna luminosa, ma poiché ciò non è possibile, dico subito che non è un problema, poiché, per quanto riguarda gli aspetti iconografici, vi è una parte illustrativa nella relazione che consegno agli atti della Commissione, mentre per il resto mi permetterò di distribuirvi qualche grafico.
Sul problema del cemento-amianto, credo che ripeterei cose che sono già note, magari con parole meno appropriate. Dico, comunque, che noi ce lo siamo posto a due livelli, cioè sia come Consiglio nazionale delle ricerche, sia come ARPA Lombardia. Nell'ultima riunione del consiglio d'amministrazione dell'ARPA abbiamo promosso un progetto strategico il cui obiettivo è la verifica dell'applicabilità di metodologie innovative per il censimento delle coperture in cemento-amianto. Infatti, il problema che abbiamo riscontrato e verificato, anche sulla base di esperienze svolte in altre aree del territorio nazionale (nello specifico parlerò poi della collaborazione avuta dal comune di Broni al riguardo) è che il catasto delle coperture presentava notevoli carenze di carattere generale.

PRESIDENTE. Il catasto è stato eseguito su tutta la regione Lombardia?

CARLO MARINO, Consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia. Sto parlando


Pag. 5

del catasto generale, non di quello della regione Lombardia. Abbiamo constatato che era necessario un sistema che ci desse una taratura sulle quantità stimate in una certa zona. Il problema, infatti, attiene alla stima delle superfici (quindi non stiamo parlando di amianto in altre configurazioni), alla trasformazione delle superfici in quantità pesate, il che comporta la stima dello smaltimento, al modo in cui deve avvenire lo smaltimento e alla necessità o meno di effettuarlo, perché molte volte la messa in sicurezza presuppone che si possano usare altre metodologie. In tale ambito uno dei punti principali riguarda la pericolosità della copertura, perché non è affatto un rapporto di causa effetto la presenza della copertura e, automaticamente, l'immissione in atmosfera di polveri e fibre dannose. Ciò dipende dallo stato di conservazione della copertura, che a sua volta dipende da una serie di fattori, non ultimi quelli di tipo microclimatico.
Ci siamo quindi proposti i seguenti obiettivi: mettere a punto una metodologia che abbia carattere di affidabilità e di ripetitività in diverse condizioni geografiche, quindi non solo valida per Broni piuttosto che per Bagnoli, ma in grado di avere un'ampia possibilità di applicazione; far sì che tale metodologia porti all'individuazione non solo delle superfici, ma di chi è il responsabile della superficie in oggetto, ovverosia del cosiddetto avente diritto. Ciò perché si deve sì conoscere la superficie, ma anche sapere se essa è sullo stabilimento di Tizio, piuttosto che sull'abitazione di Caio, eccetera. Il tutto inseribile o da inserire in un sistema informativo, che in questo caso è quello regionale-ambientale, in modo tale che possa essere gestito insieme ad altri dati. Nelle operazioni di cui parlava giustamente l'assessore, cioè di asportazione del materiale, il dato deve infatti dirmi dove va e che percorso segue. C'è quindi da monitorare tutto questo aspetto, che noi riteniamo di carattere fondamentale.
Sintetizzando questa prima fase, dunque, posso dire che l'ARPA Lombardia ha la massima sensibilità nei confronti del problema, con un approccio che recepisce sia quanto fatto in precedenza dall'amministrazione, ovviamente quando l'ARPAL non esisteva, sia quanto di innovativo è stato creato dall'amministrazione pubblica - fra l'altro già portato all'attenzione di questa Commissione per altri tipi di applicazione - al fine di farne un oggetto di carattere operativo. Ciò partirà nei prossimi mesi sulla base dell'esperienza che abbiamo verificato nello specifico, nella realtà lombarda, nel comune di Broni.

PRESIDENTE. A proposito della rilevazione delle coperture, a suo tempo, quando ascoltammo in audizione i rappresentanti del CNR, ci fu illustrata quella tecnologia di rilevazione di cui il CNR stesso va molto fiero ed orgoglioso, credo anche giustificatamente, cioè la piattaforma aerea LARA, che sembra avere un rilevantissimo potere risolutivo; ora, al di là delle prestazioni di questa tecnologia, in quella occasione, come demo della validità di tale tecnologia, ci venne mostrata l'indagine svolta sulle coperture contenenti amianto dei tetti di Roma. A questo punto vorrei capire se in Lombardia, o anche più in generale, per questa rilevazione delle coperture contenenti amianto (al di là degli aspetti non rilevabili dal punto di vista tecnologico, come quelli proprietari, che ovviamente si rilevano in altro modo), la proposta dell'ARPAL sia di usare la teccnologia LARA o quali altre. Come si procede in concreto?

CARLO MARINO, Consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia. Se mi consente, ribalto un attimo la questione: non facciamo adesso una proposta, facciamo una verifica in tempi brevi dell'attuazione, con questa metodologia, di un controllo complessivo di tutta la questione, poi se questo, come noi pensiamo (ma ripeto che chiediamo un attimo di tempo per una verifica molto seria ed accurata, ma anche molto breve dal punto di vista temporale), si dimostra affidabile, come già si è dimostrato in una percentuale di oltre il 90 per cento, potremo ritenere che sia questa la metodologia su cui avviarsi.


Pag. 6


Posso aggiungere che il comune di Milano farà effettuare (penso nei prossimi 15-20 giorni, ma dipende anche dalle condizioni meteorologiche) un rilevamento di tutta l'area comunale finalizzato alla mappatura delle coperture in cemento-amianto con questo tipo di tecnologia.

PRESIDENTE. Mi scusi, la tecnologia cui fa riferimento ed il rilevamento di cui sta parlando avverranno attraverso l'impiego di quali dispositivi?

CARLO MARINO, Consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia. Di questa sensoristica del Consiglio nazionale delle ricerche.

PRESIDENTE. Noi conosciamo L'ARA; ce ne sono altre?

CARLO MARINO, Consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia. Esattamente con LARA. Richiamo l'attenzione del presidente e della Commissione sulla documentazione che ho fornito, in particolare su una parte della ripresa effettuata sul comune di Broni; le immagini grandi e piccole che i commissari possono vedere a destra e a sinistra del documento sono la ripresa come la si vedrebbe in una fotografia a colori, ma fatta con lo strumento di cui la Commissione ha già preso atto...

PRESIDENTE. Immagino che il colore rosso indichi la presenza di amianto...

CARLO MARINO, Consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia. I colori rosso e verde sono due stati di invecchiamento della superficie in cemento amianto quali sono stati verificati. Siccome la pericolosità della superficie, in prima battuta, è legata allo stato di alterazione ed invecchiamento della superficie di cemento-amianto...

PRESIDENTE. Il rosso, quindi, indica la parte che si è infragilita e che può liberare fibre...

CARLO MARINO, Consigliere di amministrazione dell'ARPA Lombardia. Su questo mi prende in castagna, ma credo che la parte rossa dovrebbe essere quella meno «pericolosa». Vorrei che i commissari vedessero questo aspetto sulla cartografia tecnica della Regione Lombardia, in cui si vede la messa a registro delle informazioni sulla simbologia del territorio (e quindi lo stabilimento che si vede come parte maggiore e le altre superfici), il tutto appoggiato sul PRG che il comune di Broni ci ha gentilmente fornito, dal quale si evidenziano gli aspetti identificativi che possono essere poi valutati dall'amministrazione locale per tutte le implicazioni successive.
Farò pervenire poi alla Commissione la documentazione per una visione completa della questione; anzi, visto che ogni tanto l'informatica aiuta, siccome i tre lucidi che ho qui con me sono il frutto del power point che abbiamo sulle nostre macchine, posso lasciarli fin d'ora; credo peraltro si tratti di quelli più rappresentativi del discorso, cui si aggiunge la rappresentazione del punto di partenza e la ripresa aerea.
Ringrazio per l'attenzione.

CESARE ERCOLE, Sindaco di Broni. Porgo innanzitutto al presidente ed ai commissari il saluto della mia città ed i ringraziamenti di tutti i cittadini per questo invito. Ho preparato una relazione, che ho già consegnato agli uffici. Non volendo rubare tempo alle eventuali domande dei commissari, ricordo semplicemente che tale relazione contiene una fotografia della situazione già riferita in parte dall'assessore regionale e riporta ciò che sente la popolazione.
Broni è conosciuta per il problema dell'amianto. Ho già avuto modo di portare la voce della mia città al convegno nazionale svolto l'anno scorso, colgo quindi questa occasione per ringraziare l'assessore Borsani perché in questo anno di collaborazione la regione è stata davvero molto vicina, soprattutto dal punto di vista sanitario, al problema della mia città, attraverso le commissioni regionali


Pag. 7

ed altre iniziative volte a capire ed approfondire la problematica, l'epidemiologia e la qualità dell'ambiente, anche dal punto di vista sanitario, della città.
Il problema è grave per tanti ordini di motivi. A Broni purtroppo si continua a morire, per mesotelioma pleurico; sapete tutti che si tratta di una patologia con un tempo di latenza molto lungo: da 20 a 30 anni, e purtroppo negli ultimi due anni, come indicato nella relazione, abbiamo assistito a decessi di persone che nulla avevano a che fare con la ditta in questione (Fibronit): casalinghe, professionisti, persone che hanno vissuto nell'ambiente cittadino ma non hanno mai avuto contatti interni alla fabbrica, per lavoro. Io sono medico ed ho sempre sostenuto che la medicina ha dato una risposta positiva, cercando di stimolare la politica a trovare delle soluzioni, ma questa risposta politica, che pure attendo, non arriva. Una esigenza che porto in questa Commissione, per la mia città, è che ci dovete davvero aiutare a risolvere il problema. Questo presenta tante sfaccettature, ma tutto si risolve in un punto solo: i fondi per bonificare la zona.

PRESIDENTE. La diffusione di patologie tipicamente collegate alla dispersione di fibre di amianto, dal momento che non viene ricondotta con un nesso di casualità alla presenza dell'attività di produzione della Fibronit, per quello che ricordo, ma vorrei che lei ce lo dicesse con maggior precisione, mi sembra debba essere ricondotta al fatto che esiste una diffusa utilizzazione in tutto il tessuto cittadino di materiali, anche naturali, che contengono amianto. È così, o qual è il motivo per cui sono state riscontrate patologie tipiche della inalazione di fibre d'amianto anche in persone che non erano collegate ad una attività diretta che richiedesse la loro presenza dentro la fabbrica, a meno che non ci sia - nel caso ce lo dica - una sorta di diffusione all'esterno della fabbrica di fibre d'amianto. Qual è il motivo per cui sono risultate coinvolte anche persone che non dovrebbero entrarci?

CESARE ERCOLE, Sindaco di Broni. La motivazione è ormai dimostrata da studi clinici ed epidemiologici. Faccio un esempio: la tuta di chi lavorava all'interno della fabbrica, quando questo arrivava a casa, veniva battuta dalla moglie; quest'ultima respirava così le fibre di asbesto e si ammalava. Evidentemente questa è una concausa da vicinanza, che riguarda, per esempio, la moglie o il marito, ma quando ricordiamo che ci sono altre persone che si sono ammalate e che nulla avevano a che fare con la fabbrica, ciò significa che con molta probabilità c'è stato un alto tasso di concentrazione di fibre negli anni scorsi. Non sto parlando di adesso; ora il monitoraggio dell'aria è tranquillizzante, non ci sono problemi ed anche la messa in bonifica della zona, attraverso le operazioni che stanno facendo sia la regione sia la ASL, ci rende tranquilli. Però quello che è successo 10 o 15 anni fa non lo so e neppure esistono studi sulla qualità dell'aria prima degli anni Novanta.

PRESIDENTE. Quindi, per capirci, si tratterebbe di una contaminazione diffusa, dovuta alla presenza di fibre a seguito delle attività produttive con impiego di amianto, ma che non ha origine (mi era sembrato di udire anche questo) dalla diffusione di materiali naturali (ad esempio le lastre di pavimento stradale) che contenessero amianto?

CESARE ERCOLE, Sindaco di Broni. C'è anche una problematica di questo tipo, perché cosa succedeva, a detta dei lavoratori che lavoravano dentro l'azienda? Questi portavano fuori dell'azienda stessa dei manufatti, per riparare cortili, pollai o altri piccoli rustici (la nostra è una zona agricola), e così, senza alcun controllo, li montavano; se si rompevano li gettavano in campagna. Succedeva anche questo. Adesso cosa stiamo facendo? Con il professor Marino ed il dottor Borsani stiamo andando in questa direzione; stiamo aspettando uno studio epidemiologico della zona; grazie al telerilevamento abbiamo fatto una piccola indagine, con le nostre capacità che sono


Pag. 8

quelle di una piccola città, sulla qualità dei tetti. Abbiamo monitorato le superfici coperte (si tratta di circa 162 mila metri quadri di amianto di copertura); grazie a queste fotografie, abbiamo scelto a campione 17 località (abitazioni o capannoni) e siamo andati a verificare in loco, attraverso l'applicazione di un algoritmo che la regione ci ha suggerito, per accertare la qualità del cemento-amianto. Purtroppo debbo dire che il risultato, sia pure parziale, è che questi tetti hanno bisogno di una sovracopertura, di un incapsulamento, hanno cioè bisogno della applicazione di particolari tecniche per essere messi in salvaguardia, giacché sono a rischio di rilascio di fibre di amianto. Abbiamo finito con i miei tecnici questa relazione proprio ieri sera. Ci stiamo muovendo, dicevo, in questa direzione. La nostra paura - lo ripeto ancora - è che la finanziaria Fibronit non ottemperi. Il dottor Borsani è alle costole della finanziaria Fibronit, ha emanato una ordinanza per la quale entro il 31 dicembre 2000 la bonifica deve essere finita, io ho rinforzato questo punto dell'avvio dei lavori con una ordinanza del sindaco e spero proprio che i lavori inizino e vengano finanziati dalla stessa società per chiudere definitivamente questo capitolo.
Se il presidente consente, vorrei aggiungere ancora una considerazione, richiamando un'altra situazione grave che sta venendo a galla nella nostra cittadina. Ne parlerà anche il signor Astranti, ma desidero anticipare la questione: l'Italcementi ha ottenuto l'autorizzazione dalla regione per usare nella combustione nel forno combustibili alternativi. Ma noi abbiamo paura che questo succeda perché si tratta dell'ambiente e della qualità dell'aria delle nostre città, già così pesantemente sottoposta ai casi cui prima ho fatto cenno, e quindi anche alle patologie respiratorie che sono state ricordate. Abbiamo, dicevo, paura che ciò avvenga anche per il semplice motivo che il cementificio è a 50 metri dal centro abitato. La cittadinanza ha molta paura, anche se ha convissuto con questo cementificio per anni ed anni; ora è stufa. Grazie di avermi ascoltato.

CARLO BORSANI, Assessore alla sanità della regione Lombardia. In merito all'Italcementi, per quanto riguarda l'assessorato alla sanità l'autorizzazione all'attività della stessa è legata alla conclusione della ricerca epidemiologica che stiamo effettuando a Broni. Attualmente, quindi, non mi risulta che l'autorizzazione a Italcementi per incenerire i copertoni sia stata data dalla regione Lombardia. Proprio l'assessorato alla sanità, infatti, ha emanato una circolare affinché non si partisse con quell'attività, se non dopo la conclusione del suddetto studio epidemiologico.

PRESIDENTE. Vorrei sottolineare, per avere certezza anche su questo aspetto, che le autorizzazioni per impianti di questo tipo sono rilasciate dall'assessorato all'industria.

CARLO BORSANI, Assessore alla sanità della regione Lombardia. All'interno della giunta l'impegno dell'assessorato alla sanità è stato quello che ho detto. Per quanto ne so io, l'autorizzazione non è stata data dall'assessorato alle politiche ambientali. Mi sembrerebbe oltre modo inverosimile che un assessorato abbia dato un'autorizzazione senza informarne la giunta. Ricordo, però, che vi è stata una presa di posizione dell'assessorato alla sanità per non dare l'autorizzazione, se non dopo la conclusione della ricerca epidemiologica a Broni.

ANDREA ASTRANTI, Rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni. Cercherò di spiegarvi come è nato il comitato di cui sono rappresentante, premettendo che in quello che dirò non vi è alcuna intenzione di contraddire l'assessore, che, fra l'altro, con il suo dirigente è stato sin dall'inizio dalla nostra parte.
Nel settembre del 1999 siamo stati informati dell'autorizzazione alla Italcementi di poter bruciare i cosiddetti combustibili alternativi: così chiamati, davano


Pag. 9

l'impressione di qualcosa di buono, per cui credevamo che avrebbero bruciato legna o chissà che cosa. Invece ci siamo informati e abbiamo scoperto che si trattava di copertoni, di fibre artificiali, di materie plastiche in genere. Ciò ha impressionato subito la popolazione, tant'è che nel giro di qualche giorno abbiamo raccolto circa 4 mila firme: dopo averle portate in comune abbiamo chiesto all'amministrazione comunale di prendere una decisione al riguardo, perché l'autorizzazione rilasciata nel settembre 1999 all'Italcementi avrebbe...

PRESIDENTE. Rilasciata da chi?

ANDREA ASTRANTI, Rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni. Rilasciata dalla regione Lombardia con deliberazione n. 45275 del 24 settembre 1999. Ricordo, comunque, che tutto ciò che dico è riportato nel fascicolo che consegno agli atti della Commissione e dove alla prima pagina è detto, in maniera brutale, che «di cancro (mesotelioma) non si muore solo a Broni, ma anche nei comuni vicini!». Questo ha fatto sì che anche altri comuni approvassero quanto deliberato nel febbraio del 2000 da parte dell'amministrazione comunale di Broni che, forse con ingenuità, tramite i propri tecnici nel luglio del 1999 dava parere favorevole all'inizio di questa attività da parte della Italcementi.

PRESIDENTE. Invece nel febbraio del 2000 vi è stato un atteggiamento diverso da parte del consiglio comunale.

ANDREA ASTRANTI, Rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni. Esatto. Informato della situazione e vista anche la raccolta delle firme, il sindaco prese la decisione di convocare un apposito consiglio comunale. Nella deliberazione conseguente, approvata all'unanimità, veniva chiesta, in prima istanza, la sospensione e la revoca di quell'autorizzazione.
Come diceva l'assessore Borsani, fino ad oggi non è accaduto niente. Però direi che l'autorizzazione ha tutti i sacri crismi affinché l'Italcementi possa iniziare. Se poi vi è stato un gentlemen agreement fra amministrazioni e l'Italcementi, per cui quest'ultima, in attesa di analisi e di altro, ha deciso di non iniziare la sua attività, direi che si tratta di una questione a latere o di un accordo che, comunque, non impedirebbe alla Italcementi di dare inizio ai lavori in qualsiasi momento. Per quanto ne sappiamo, sembrerebbe che il 15 giugno possa iniziare sperimentazioni che noi definiamo in nero. Mi spiego: finora il controllo che è stato effettuato sulle combustioni dell'Italcementi riguardava l'utilizzo di combustibili tradizionali, cioè quelli che vorremmo continuasse ad usare. Alla data suddetta vorrebbe iniziare la sperimentazione in nero immettendo nel processo di combustione pneumatici, fibre artificiali e prodotti plastici di vario genere. Noi vorremmo che questa sperimentazione non avesse inizio. Non dobbiamo dimenticare, infatti, ciò che ha pagato Broni in termini di mesotelioma. Il pericolo è che nell'aria di Broni si possa immettere diossina.
Vorrei peraltro leggervi quanto scritto nella risposta fornitaci dall'assessorato alla sanità in data 13 marzo 2000: «Da notizie assunte dalla direzione generale sanità, presso il servizio rifiuti dell'amministrazione provinciale di Pavia, la campagna di misure per il controllo del bianco avrà inizio nel mese di marzo e proseguirà nelle settimane successive, sino a completamento del programma concordato. Le misure prevedono l'analisi quantitativa di diossine, idrocarburi policiclici, aromatici (...)», tralascio l'elenco dei materiali pesanti, che sono tanti, «acido cloridrico, acido floridrico, anidride solforosa e ossidi di azoto». La gente ha saputo di questo potenziale nuovo regalo: se si tengono sotto controllo certi prodotti, per così dire, si immagina che alla fine essi possano essere immessi nell'atmosfera.
Recentemente abbiamo vissuto due situazioni particolari. In gennaio vi è stata l'immissione, nell'atmosfera di Broni, di una certa quantità di polvere di cemento


Pag. 10

che ha impaurito la popolazione: era un venerdì di mercato - Broni è una cittadina che vive di agricoltura - e ricordo che siamo stati investiti da una sorta di nevicata; abbiamo pensato così perché era gennaio, invece era un bel regalo che ci proveniva dall'Italcementi. Quest'ultima ammetteva di aver avuto un guasto nei filtri; il comune raccoglieva una certa quantità di quella polvere e la inviava alla ASL, per la quale, data la scarsissima quantità di materiale inviato per l'analisi, l'unico riscontro era che si trattava di polvere sollevata dal traffico veicolare che scorreva lungo le strade della cittadina! Ripeto: l'Italcementi ammette di aver avuto un guasto, il comune raccoglie una quantità di materiale e lo invia alla ASL per le analisi, dalle quali emergono i risultati che ho detto, che a me sembrano non deporre a favore di chi ha fatto quel tipo di affermazione.
Ma vi fu un altro fatto che voglio ricordarvi. Nel «lontano» 25 marzo 1999, nel corso di normali rilevamenti di monitoraggio dell'aria a Broni, la nostra ASL certificava, con un'analisi che fornirò alla Commissione, che gli ossidi di zolfo presenti in quel momento nell'aria erano di 900 milligrammi. Ecco il giudizio che rilasciava: «Al momento del prelievo la ditta rispettava i limiti previsti dal decreto ministeriale del 12 luglio 1990 per i parametri presi in esame». Siamo andati a vedere quali fossero i parametri previsti dal decreto del 12 luglio 1990 e scopriamo che i limiti massimi previsti erano di 600 milligrammi.
Anche questo fatto, unito a quello di gennaio, di cui ho detto sopra, ha diminuito certamente - ammesso che vi sia stata - la fiducia nei confronti di chi fa i controlli. Com'è possibile che fosse tutto regolare, quando la presenza di ossido di zolfo era superiore del 50 per cento rispetto al massimale previsto dalla legge?
Un altro regalo lo abbiamo avuto di recente, domenica 21 maggio. Verso le 19,30 improvvisamente si diffonde una nube giallastra su tutta la città di Broni; la gente è impaurita ed è costretta a chiudere le finestre; era difficile respirare e alcuni abitanti andarono davanti ai cancelli della Italcementi a dimostrare (non erano in molti perché molta gente era fuori e perché era l'ora di cena). Molte persone telefonarono ai carabinieri, e il maresciallo dei carabinieri, l'assessore alla sanità e l'assessore all'ambiente del comune chiesero all'azienda di poter entrare. Ad essi fu detto che era stata attuata la fase di preriscaldamento del forno, che era fermo da qualche giorno e che, dovendo raggiungere la gradazione di 1.400 gradi, vi era stato un cambio di aria o un qualcosa che, anziché far salire il fumo, l'aveva fatto discendere distribuendolo su Broni. Quindi, abbiamo avuto quest'ennesimo regalo.

PRESIDENTE. Stiamo parlando di inversione termica.
Lei prima stava leggendo un documento della ASL a proposito del decreto ministeriale del luglio 1990. A cosa si riferiva a proposito dei 900 milligrammi che ha ricordato?

ANDREA ASTRANTI, Rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni. Ai 900 milligrammi di ossido di zolfo constatati.

PRESIDENTE. Mi sembra strano, perché 900 milligrammi sono francamente tanti. Ho il sospetto che il sottomultiplo sia diverso. Credo si tratti di nanogrammi per metro cubo.

ANDREA ASTRANTI, Rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni. Normalmente mi occupo di altro, ma questo è quanto ho letto.

PRESIDENTE. Il problema è che se fossero milligrammi sarebbe un disastro.

ANDREA ASTRANTI, Rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni. Va bene, adesso abbiamo capito ciò di cui stiamo parlando. Resta il fatto, comunque, che nonostante quel 50 per cento in più, si arriva alla conclusione che tutto va bene.


Pag. 11


La variante Italcementi, introdotta già dal sindaco di Broni, evidenziava il problema delle fibre di amianto nell'atmosfera ed il fatto che nel nostro comune, dove vi è una situazione disastrata, i morti sono tanti. Domenica (non è la prima volta) mi trovavo a distribuire volantini al mercato per informare la popolazione che saremmo venuti qui, eccetera; un passante che mi ha richiesto un volantino mi ha detto che aveva fatto parte di un reparto della cementifera Fibronit. Il reparto era composto da 15 elementi; lui era il solo sopravvissuto, gli altri 14 erano morti. Certo, analizzando le schede di quelle persone magari non saremmo riusciti ad arrivare alla conclusione che si era trattato di un mesotelioma o qualche cos'altro, ma il fatto è indicativo: tanti anni lavorati nell'azienda, un reparto di 15 elementi, 14 di questi non ci sono più.
Alla raccolta delle firme è venuta tanta gente. Prima ho sentito tanti discorsi tecnici, ma sulla piazza, parlando con la gente, si incontravano persone, magari mamme con bambini nelle carrozzine, che dicevano che quei bambini avevano avuto un nonno morto di mesotelioma, e ci invitavano a far qualcosa per impedire che al disastro provocato dall'amianto possa sommarsi quello provocato dalla diossina. I tecnici dicono che questo è quasi impossibile, ma anche a Seveso era quasi impossibile. La nostra economia è basata soprattutto sull'attività agricola; non vorrei, tra qualche tempo, scoprire che avevo ragione. Continuo a ribadire che i materiali alternativi bruciati sono copertoni, fibre artificiali e materie plastiche. Questi sono i prodotti che vengono bruciati a 50 metri dal centro di Broni, con un vento che normalmente spira proprio verso il centro cittadino, dopo quanto è avvenuto qualche giorno fa che ha fatto sì che la gente si chiudesse in casa e che il maresciallo dei carabinieri andasse a constatare il fatto per farli smettere di bruciare quei materiali.
In una situazione di normale attività produttiva, con 5 mila tonnellate di materiale di questo genere che verrebbe ad essere utilizzato in questo benedetto cementificio, cosa ci dobbiamo aspettare in caso di guasto? Forse esaspero la situazione, ma non vorrei che questo accadesse a settembre o ad ottobre nel periodo della pigiatura delle nostre uve. La nostra, ripeto, è una zona agricola, di coltivazione della vite e di produzione del vino; ci rendiamo conto di quello che accadrebbe? Diossina su Broni, sulla pigiatura, sulla cantina sociale e su tutte le altre attività economiche che si sono sviluppate e che permettono la vita della nostra zona. Venderemmo il vino alla diossina! Vi sembra che sia molto ricercato? Magari lo acquisterebbe qualcuno che adesso non fa problemi nell'insistere in questo tipo di utilizzo, come nella riunione che abbiamo avuto all'assessorato competente, presenti in forza i rappresentanti di Italcementi (mi sembra che fossero sei o sette); lei non c'era, dottor Borsani, ma c'era il suo dirigente, al quale riconosco - ripeto - una decisa presa di posizione per noi (di questo deve dare atto al dottor Carreri).

CARLO BORSANI, Assessore alla sanità della regione Lombardia. È per quello che non c'è l'autorizzazione.

ANDREA ASTRANTI, Rappresentante del comitato difesa ambiente di Broni. Concludo: ciò che chiediamo è la sospensione e la revoca di questa delibera. Non devono bruciare questi materiali. Non chiediamo la chiusura dell'impianto, come Italcementi ha insinuato all'inizio della nostra attività; non vogliamo questo, vogliamo solo che Italcementi continui a fare quello che ha sempre fatto. I margini ci sono. Ho controllato i risultati di questa benedetta azienda. Essa produce molti utili: quelli del 1997 erano inferiori a quelli del 1998, questi ultimi erano inferiori a quelli del 1999 ed i risultati dei primi mesi del 2000 sono di gran lunga superiori a quelli dello stesso periodo dell'anno precedente. Non vi sono quindi esigenze, dal punto di vista economico, per far sì che l'azienda proceda nella direzione che ho detto; ho detto «proceda» perché la presa di posizione dei


Pag. 12

dirigenti presenti in quella occasione era stata molto decisa; avevano intenzione di iniziare la sperimentazione in nero e di riflesso la cosa non poteva neanche far pensare ad altro che, una volta fatta la sperimentazione in nero, rispettate quelle che erano le regole previste dalla legge, avrebbero poi iniziato pesantemente le loro attività in un secondo momento.
A Broni, rispettando la legge, sono morte decine e centinaia di persone. Le regole di allora, che permettevano l'immissione in atmosfera di fibre di amianto, hanno fatto sì che tanta gente morisse. Abbiamo riempito tante tombe rispettando la legge. Adesso non vorremmo, ancora una volta rispettando la legge, riempirne altrettante e magari rovinare l'economia della zona. Voglio ricordare che il cementificio che era arrivato ad avere in un certo periodo, come ha ricordato il sindaco, più di mille dipendenti, attualmente ne ha una sessantina. Quindi l'attività della zona è prevalentemente agricola ed è lì che dobbiamo far sì che tutto si sviluppi, perché è lì il futuro di Broni e della sua popolazione.
La gente è preoccupata, terrorizzata e c'è, per usare un eufemismo, una profonda irritazione, non ne può davvero più. Tante famiglie hanno avuto congiunti che sono morti; non vorremmo che vi fossero altre morti, rispettando la legge, da diossina, da metalli pesanti o anidride solforosa. Uno studio condotto dal dottor Montagna, ex direttore della cementifera, ha evidenziato che bruciando questi combustibili arriveremmo ad immettere nell'atmosfera qualcosa come 15 quintali di anidride solforosa al giorno. L'impatto ambientale non è stato previsto: un conto è immettere nell'atmosfera x nanogrammi con 100 metri cubi al giorno, altro è parlare di fumi in quantità di milioni di metri cubi. La situazione cambia. A Broni si muore. L'anidride solforosa con la pioggia diventa acido solforico, questo cade sui tetti, scioglie centinaia di metri quadri di amianto che coprono i nostri tetti e si ritorna così alla vecchia, non amata certamente, immissione nell'atmosfera di fibre di amianto, oltre alla diossina, ma questo è un regalo a latere, oltre ai metalli pesanti e ad altri prodotti.
Questo è quanto. In conclusione mi auguro che anche grazie al vostro intervento questa autorizzazione regolare, rilasciata dalla regione Lombardia, forse con un po' di leggerezza, considerato anche il sito, già disastrato dall'amianto, venga revocata. Ringrazio dell'attenzione e mi scuso per l'eventuale eccessiva emotività del mio intervento.

PRESIDENTE. La Commissione si propone sempre, anche con i sopralluoghi territoriali che effettua, di ascoltare la voce dei cittadini ed avere così anche una presa diretta dei problemi. Lei ha però portato un problema ulteriore, nel senso che l'audizione odierna era mirata alla questione amianto, mentre lei ha fatto presente anche altri problemi, che comunque afferiscono sempre alla competenza della Commissione, cioè lo smaltimento di un particolare tipo di rifiuti (copertoni, fibre, eccetera) attraverso la combustione in un cementificio.
Voglio dire con chiarezza che la Commissione di inchiesta non può interferire con l'attività amministrativa, anche se molte volte sollecitiamo l'attenzione degli amministratori su problemi particolarmente delicati. Questo potrebbe essere il caso; sarà cura della Commissione assumere una informazione supplementare che riguardi le specifiche di progetto di questa sperimentazione, per far ciò ci sono buoni motivi: esistono infatti oggi, ma questa è una valutazione del tutto astratta, tecnologie di combustione (diffuse anche nel nostro paese) che, per quel che riguarda il problema delle diossine, nell'arco di una quindicina d'anni hanno conseguito l'abbattimento di un fattore pari a mille. Ho in mente proprio una indagine svolta nell'area milanese, relativa a combustori della seconda generazione che parlava di 10 nanogrammi (norma a metro cubo di diossine); oggi quella stessa quantità, a parità di condizioni di alimentazione, produce un'immissione in atmosfera inferiore a 0,1 nanogrammi (norma a metro cubo), il che vuol dire che in


Pag. 13

questo periodo le tecnologie di combustione hanno guadagnato quasi un fattore mille per quel che riguarda l'abbattimento delle diossine. Cito questi dati perché in una situazione come quella che ci è stata ampiamente descritta per Broni, anche in una fase di sperimentazione, il ricorso alle migliori tecnologie disponibili sembrerebbe doveroso. In ogni caso prendo atto della volontà espressa dal sindaco di Broni e dal rappresentante del comitato cittadino di non procedere in nessun caso all'avvio della sperimentazione, anzi di chiederne la sospensione e la revoca dell'autorizzazione, rispetto - è stato precisato - alla attività di sperimentazione di combustione dei cosiddetti combustibili alternativi.
Mi resta personalmente il dubbio, a proposito di ossidi di zolfo e di metalli pesanti, sull'attività ordinaria e quotidiana della produzione di Italcementi, che è in ogni caso sita a cinquanta metri dal centro cittadino. Anche lì varrebbe forse la pena di effettuare una rilevazione su tutto lo spettro di inquinanti emessi perché in presenza di cementifici, soprattutto se non particolarmente dotati di tecnologie innovative, le immissioni in atmosfera e quindi le cadute al suolo di elementi inquinanti che abbiano rilevanza sanitaria, sono proprio gli effetti che possono verificarsi. Attiro quindi l'attenzione degli amministratori anche su questo aspetto, cioè anche l'attività ordinaria dell'Italcementi a Broni andrebbe opportunamente monitorata per i motivi che qui sono stati ampiamente ricordati di sofferenza da parte della popolazione di questa cittadina in termini di danni già causati dalla produzione di amianto. La Commissione, approfondite le caratteristiche di questo impianto, si riserva di intervenire in termini di sollecitazione agli amministratori, ai diversi livelli di responsabilità.
Passiamo ora agli interventi dei colleghi.

LUCIO MARENGO. Ho sentito parlare di bonifica dell'amianto e poiché vi è una situazione analoga a Bari, dove la Commissione ha visitato l'ex stabilimento della Fibronit, mi sorgono spontanei alcuni quesiti. Come è stato trattato l'amianto che presumo sia stato asportato? È stato inertizzato? Se è stato trattato, dove è stato smaltito? È stato trattato in base a quale legge? Qual è stata la metodologia di trattamento? Faccio queste domande perché - ripeto - nel mio territorio vi è una situazione analoga ferma da anni, di una gravità enorme che, in passato, la Commissione ha rilevato.
Dalla piantina che ci avete consegnato, dove si parla di rilevamento iperspettrale, vedo una notevole quantità diffusa di amianto degenerato e di amianto ancora presente. Deduco, quindi, che la situazione sia se non grave di grande importanza, per cui credo che non possa essere sottaciuta o trattata con superficialità. Il fatto che il fenomeno sia grave e che danneggi la salute vale per Broni ma anche per Bari, che è in situazioni analoghe; vale per tutte le parti d'Italia dove vi sono analoghe situazioni a rischio per chi vi abita. Dunque, se vi è un tentativo di bonifica, che sembra stia per andare in porto, è importante che ciò che si è acquisito venga divulgato con velocità, perché è bene intervenire subito per ridurre, se ancora è possibile, i danni che provoca l'amianto.
Gradirei una risposta alle mie domande e soprattutto sapere come vengano bonificati questo stabilimento e questa zona, ovviamente nel caso in cui è vero che si sta procedendo a questa bonifica.

CARLO BORSANI, Assessore alla sanità della regione Lombardia. Nella documentazione che ho consegnato alla presidenza vi sono l'accordo della Fibronit con la società che dovrà trasportare il materiale e tutta la descrizione del procedimento. È chiaro, infatti, che il trasporto in questione dovrà avere un percorso ben definito e controllato rispondente alla normativa vigente. Credo, comunque, che gli aspetti tecnici dipendano dall'ARPA, non dall'assessorato alla sanità.


Pag. 14


CESARE ERCOLE, Sindaco di Broni. Di bonifica se ne è parlato, ma non è iniziato nulla. Vi sono 256 mila metri cubi di materiale depositato in un piazzale anche se adesso, grazie all'assessorato alla sanità, è stato messo sotto sequestro; abbiamo un capannone - quello a forma di T che si vede nella fotografia - in attesa di bonifica che credo sia una vera bomba ecologica, perché è lì che veniva lavorato l'amianto ed è lì che vi è il più alto numero di fibre per litro monitorizzato dal PMIP.
Ma non si sta muovendo niente - ripeto - e il mio dubbio è che la finanziaria Fibronit non abbia un soldo per fare la bonifica. Allora cosa deve fare il sindaco, a proposito di un'opera che deve essere portata avanti con le istituzioni? Io ho tempo fino al 31 dicembre del 2000, ma dopo che domande ci porremo?
Ripeto, onorevole Marengo: ci sono i piani di bonifica consegnati all'assessorato, si parla di tempi e di luoghi di smaltimento, ma ancora non è iniziato niente.

PRESIDENTE. Con queste note di scetticismo, che mi sembra doveroso, ringrazio i nostri ospiti per la loro disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione odierna.

La seduta termina alle 13.45.

Back