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Seduta del 27/1/2000


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Audizione di Lamberto Camilucci coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL, di Emanuele Lauria, direttore del centro regionale amianto del Piemonte, e di Maria Wojtowicz, dirigente tecnico del medesimo centro.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti a questa audizione con la quale la Commissione inizia ad acquisire dati ed informazioni sulle problematiche connesse al settore dell'amianto. Al termine delle audizioni e dei sopralluoghi in alcuni siti e aziende sarà predisposto un apposito documento.

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. L'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, del cui laboratorio polveri e fibre coordino le attività, è un organo tecnico-scientifico del servizio sanitario alle dipendenze del Ministero della sanità. Ci occupiamo delle condizioni di inquinamento da polveri e fibre negli ambienti di lavoro, ricerca e messa a punto della metodologia per la rilevazione delle polveri e fibre, partecipiamo alla definizione dei valori limite di esposizione, alla caratterizzazione dei prodotti e materiali ai fini del controllo dell'inquinamento da polveri e fibre, alla validazione degli interventi di prevenzione e delle procedure per le bonifiche degli ambienti di lavoro.
Faccio parte della commissione nazionale amianto, prevista dall'articolo 4 della legge n.257 del 1992, come rappresentante dell'istituto. Insieme ad altri colleghi abbiamo presentato documenti che sono stati poi tradotti in atti legislativi come quello relativo alla bonifica degli edifici contenenti amianto, dei siti industriali dove si lavorava l'amianto, la bonifica dei rotabili e quant'altro riguardi questo settore.
La commissione nazionale amianto ha predisposto un disciplinare tecnico sulle modalità per il trasporto e il deposito di rifiuti di amianto e di materiali che lo contengono, nonché sul trattamento, l'imballaggio, la ricopertura dei rifiuti medesimi nelle discariche autorizzate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1992, n. 915. Questo documento non è stato tramutato in atto legislativo perché anche a livello della Commissione europea non si è raggiunto un accordo su quali rifiuti contenenti amianto siano da considerare pericolosi e quali non. Il clou della questione è proprio questo.
Nei nostri disciplinari, la pericolosità o meno di questi rifiuti era stata determinata in base ad un indice che valuta la possibilità di rilascio di fibre di amianto nell'ambiente. E così anche sulla di tale criterio dell'indice di rilascio i rifiuti sono stati suddivisi in due grosse categorie; in una andavano i cementi amianto ed i materiali plastici contenenti amianto, materiali


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contaminati da amianto, materiali di attrito, materiali contenenti amianto ottenuti dal trattamento; nell'altra andavano quelli che potevano rientrare nel gruppo dei pericolosi: pannelli contenenti amianto, le carte e i cartoni, i tessuti, le corde e i filtri di amianto, materiali con amianto applicato a spruzzo, a cazzuola, feltri, materassini di amianto; tutta una tipologia di materiali che si trovano in molti ambienti, sia di vita che di ex attività industriali e di bonifica. In base a questa suddivisione venivano indicate anche le caratteristiche dei due relativi impianti di smaltimento.
Per quanto riguarda invece i rifiuti di materiali contenenti amianto la classificazione auropea dei rifiuti (CER) era meno dettagliata in quanto nei non pericolosi include solo alcune tipologie (i rifiuti della fabbricazione, i materiali di costruzione a base di amianto) e tra i pericolosi soltanto i rifiuti di materiali contenenti amianto da processi elettrolitici e materiale isolante.

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma questo è un punto molto delicato: lei sta configurando la proposta europea come più «lasca», se posso usare questo termine, di quella avanzata dalla commissione nazionale?

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Sì, essa è più imprecisa nel classificare tutte le tipologie che si possono incontrare di amianto e dei materiali che lo contengono. La proposta della commissione nazionale era un po' più precisa. Mi è stato riferito che a Bruxelles sono state approvate alcune modifiche alla lista dei pericolosi e non pericolosi, inserendo materiali filtranti, indumenti protettivi contaminati da sostanze pericolose (in parole povere sono i materiali che provengono da atti di bonifica) e apparecchiature fuori uso contenenti amianto in fibre; ora si tratta di votare e il punto dolente è quello dei materiali di costruzione a base di amianto, il famoso cemento amianto, meglio conosciuto come eternit. La questione, da quanto ho saputo, andrà in discussione antro l'anno e quindi bisognerà partecipare attivamente alle discussioni e decisioni in merito.
Per quanto riguarda l'Italia, sono state ripresentate e meglio illustrate le posizioni della commissione nazionale amianto. Il cemento amianto è la parte più eclatante del problema; in Italia abbiamo circa 2 miliardi di metri quadrati di coperture in eternit; aggiungendo pure le lastre di tamponatura, tubazioni, prefabbricati e quant'altro in cemento amianto si raggiungono volumi notevolissimi di questo materiale da destinare prima o poi in discarica o in futuri impianti di trattamento. Il cemento amianto era stato iscritto tra i rifiuti che possono essere classificati non pericolosi nel codice CER in quanto l'indice di rilascio, secondo lo studio che era stato fatto dalla commissione sulla base dei risultati di analisi effettuate dal CNR, risultava molto basso.

PRESIDENTE. Qual è la situazione dal punto di vista europeo, per quanto riguarda il cemento amianto?

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Alcuni paesi (credo la Danimarca e altri) lo vorrebbero inserire fra i rifiuti pericolosi, ma la questione è in fase di discussione. Sono in corso incontri presso il Ministero dell'ambiente, della sanità ed altre istituzioni interessate al problema per concordare la posizione italiana.

PRESIDENTE. La pregherei di lasciare, se possibile, la documentazione scritta cui ha fatto riferimento per quanto riguarda i dati che ha citato circa la presenza del cemento amianto.

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Non ho con me i dati aggiornati, ma li farò avere senz'altro alla Commissione. Si tratta di stime fatte nel 1992 con la legge di dismissione: vista la produzione annua e considerati molti altri parametri si è calcolato che le superfici interessate da questi materiali dovrebbero essere, grosso modo, quelle indicate.


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PRESIDENTE. Per l'amianto esistono diverse metodologie di misurazione; ai fini dell'indice di rilascio di cui si è detto, quali sono le misurazioni previste?

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Si tratta di una misura abbastanza semplice visto che l'indice di rilascio è definito come percentuale di amianto presente rapportato alla densità relativa. Quest'ultima è calcolata come densità apparente diviso la densità assoluta. Si usa il volumometro per tale analisi che qualsiasi laboratorio di geotecnica possiede ed è facilmente in grado di eseguire.
Poiché in discarica potrebbe risultare difficile calcolare con il volumometro la densità apparente e quella assoluta, è stata creata una tabella contenente tutte le tipologie dei rifiuti e gli indici di rilascio: al di sopra di un certo valore il materiale rientra nella prima categoria (pericolosi), al di sotto dello 0,6 il materiale è assimilabile alla categoria dei rifiuti non pericolosi.

PRESIDENTE. Poiché durante la discussione della legge sull'amianto furono espresse valutazioni tecniche circa le diverse metodologie di misura in ordine alla presenza di fibre rilasciate in aria, avete risolto questo problema con l'applicazione di quale metodologia?

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. La valutazione delle fibre disperse in aria è standardizzata, nel senso che si effettua normalmente per filtrazione dell'aria su filtri a membrane con conseguente lettura per via microscopica (ottica o elettronica); rapportando i risultati di tale lettura al volume di aria aspirata, si hanno le concentrazioni di fibre di amianto aerodisperse. Con la metodologia a microscopia elettronica coadiuvata dalla spettroscopia X a dispersione di energia che permette la caratterizzazione degli elementi chimici costituenti il materiale si è certi che le fibre lette siano attribuibili a quelle di amianto.

PRESIDENTE. Ribadisco la richiesta di avere la documentazione, compresi questi aspetti tecnici che saranno utili per le valutazioni della nostra Commissione.
Do la parola al dottor Lauria.

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. Desidero innanzitutto ripercorrere la storia del Centro Regionale Amianto.
La problematica amianto è balzata agli onori della stampa nel 1986, a seguito dell'emanazione della circolare sulle scuole ed ospedali (circolare del Ministero della sanità 10 luglio 1986 n. 45); il Piemonte, per le sue caratteristiche geografiche e la sua tipologia industriale, è una delle regioni più coinvolte. Nello stesso anno la Regione affida a tre Laboratori di Sanità Pubblica (così erano chiamati, in Piemonte, i presidi multizonali di prevenzione di cui alla legge no 833/78) le analisi sull'amianto. Uno di questi era il nostro; il Laboratorio di Sanità Pubblica dell'USSL n. 24. Constatato, nel 1989, che quello di Grugliasco era l'unico dei Laboratori di Sanità Pubblica in grado di effettuare queste analisi, con la strumentazione allora in dotazione (un microscopio ottico), avendo sviluppato la tecnica, di microscopia ottica, denominata della dispersione cromatica, l'Assessorato alla sanità ci ha attribuito l'attività analitica sull'amianto, per tutto il territorio regionale. Contemporaneamente la USSL 24, oggi ASL 5, aveva istituito un settore amianto, all'interno del Laboratorio di Sanità Pubblica medesimo.
Nel 1991, emanato il decreto legislativo n. 277, l'Assessorato alla sanità, con apposita circolare, dispone che l'organo di vigilanza (il Servizio d'Igiene e Sanità Pubblica di ogni singola USSL), richieda il preventivo parere al Settore Amianto del Laboratorio di Sanità Pubblica di Grugliasco per la valutazione dei piani di lavoro (ex articolo 34 decreto-leggevo 277/91- articolo questo divenuto il più importante del capo III del decreto medesimo, dopo l'emanazione della legge 257/92). Nel 1993 la regione Piemonte, con propria deliberazione, istituisce, nell'ambito del


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predetto Laboratorio di Sanità Pubblica, il centro regionale amianto, con compiti, tra l'altro, analitici e di valutazione dei piani di lavoro (progetti di bonifica); evidenzio che questa deliberazione è precedente al decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, secondo cui ogni regione deve dotarsi di un centro specialistico per le analisi sull'amianto.
Nel 1997, il centro regionale amianto (CRA) è stato trasferito all'ARPA. È, attualmente una struttura periferica dell'ARPA Piemonte, equiparato alle strutture Dipartimentali che ne costituiscono la rete operativa. Il CRA ha mantenuto i compiti istituzionali stabiliti dalla delibera della giunta regionale; svolge, quindi, attività analitiche sull'amianto (qualunque sia la matrice in cui trovasi), esprime pareri sui piani di lavoro (progetti di bonifica) che le ditte incaricate della bonifica devono presentare (ai sensi dell'articolo 34- 277/91) ai fini della tutela della salute dei lavoratori e della popolazione e la salvaguardia dell'ambiente. Fornisce, inoltre, consulenza tecnico-giuridica, sullo specifico argomento, a tutte le ASL della Regione ed ai Dipartimenti ARPA.
In campo analitico, attualmente, utilizziamo tecniche di microscopia ottica, di microscopia elettronica e di spettroscopia IR. (infrarossa). Non abbiamo il difrattrometro a raggi X, ma lo spettrofotometro IR è in grado di sostituirlo, anzi per alcuni aspetti fornisce maggiori informazioni e, secondo me, è, decisamente, più affidabile. Ad esempio la spettroscopia IR è in grado di distinguere l'amianto dall'antigorite, mentre la difrattrometria non è in grado di effettuare tale distinzione; la tecnica spettroscopica infrarossa interagisce con i legami (vibrazioni di stretching e bending).
Siamo l'unico centro, tra quelli previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, per quanto mi consta, che oltre dell'attività analitica si occupa anche della valutazione dei piani di lavoro; queste valutazioni costituiscono il 50 per cento della nostra attività.
Vorrei fare qualche considerazione sul problema del rilascio di fibre dal fibrocemento. La problematica del cemento amianto dovrebbe essere affrontata in termini leggermente diversi: in un cantiere di rimozione (bonifica) del fibrocemento, il rischio più rilevante è quello degli infortuni. Il problema della dispersione delle fibre è secondario; le fibre di amianto possono causare patologie a carico dell'apparato respiratorio e quindi malattie professionale. L'infortunio, invece è un fatto cruento ed immediato. L'articolo 34 prevede che le aziende debbano fare un trattamento superficiale del fibrocemento, prima di rimuoverlo; per evitare dispersioni di fibre nell'ambiente. Orbene, da prove effettuate su circa 1.500 campioni è emerso che un campione trattato in questo modo non rilascia assolutamente nulla, ovvero rilascia una quantità di fibre inferiore ai cento milligrammi al chilogrammo che costituivano il limite di separazione tra i rifiuti tossici e quelli non tossici ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 915/92, abolito dal decreto legislativo no 22/97 e sue successive modificazioni ed integrazioni.
Ho concluso e passo la parola, se il presidente consente, alla collega Wojtowicz.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Mi occupo di amianto da più di venti anni, da quando cioè esisteva ancora l'industria dell'amianto e si effettuavano controlli negli ambienti di lavoro.
Una corretta analisi d'amianto richiede una lunga esperienza personale, perché esso costituisce uno degli inquinanti più difficili da definire e analizzare.
I motivi sono i più svariati. Innanzitutto, in natura esistono centinaia, forse migliaia di fibre diverse (inorganiche ed organiche) che possono essere confondibili con amianto e possono riscontrarsi sia nei campioni solidi, sia nell'aria. Ad essa si deve aggiungere un numero, sempre crescente di fibre artificiali. La legge riconosce sei diversi tipi di amianto, ma accade spesso che lo stesso tipo di amianto, come


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ad esempio il crisotilo, pur avendo una composizione base tipica contiene diversi elementi secondari che possono cambiare la morfologia e le proprietà ottiche e fisiche delle fibre.
Questo può dipendere non solo dalla miniera ma, addirittura, dallo strato della roccia dalla quale l'amianto è stato estratto, perché l'amianto essendo un materiale naturale, non ha sempre la stessa identica composizione.
L'enorme variazione delle concentrazioni da definire costituisce un altro problema analitico; nei campioni massivi si può passare da poche parti per milione (ppm) al 100%, mentre nel caso dei campioni aerodispersi si passa da meno di una fibra al dm3 a decine di migliaia di fibre al dm3.
L'analisi di amianto può avere diversi obbiettivi: la definizione di concentrazione dell'amianto nell'aria, la classificazione dei rifiuti, il riconoscimento della presenza della fibra d'amianto, e così via. A volte è molto importante individuare le tracce d'amianto. Ad esempio la presenza delle tracce di amianto (amosite) nel rivestimento costituito dalla lana di roccia delle tubazioni di una certa ditta significa che in passato queste tubazioni erano rivestite d'amianto e di conseguenza diventano spiegabili le malattie collegate all'amianto che potevano colpire i dipendenti della ditta.
Un'altra difficoltà analitica consiste nel fatto che l'amianto può trovarsi nelle matrici più svariate, soprattutto sotto forma di campioni massivi, per cui la sua presenza, utilizzando una sola tecnica analitica, può essere mascherata e si possono avere notevoli difficoltà nella classificazione dei rifiuti. Anche nei campioni d'aria possono essere presenti contemporaneamente fibre di diversa natura e, di conseguenza, spesso è necessario utilizzare varie tecniche analitiche incrociate.
Il dottor Lauria ha affermato che il difrattometro a raggi X non nota la differenza tra l'antigorite (roccia di serpentino essenzialmente non fibrosa) ed il crisotilo (amianto di serpentino), mentre la spettroscopia I.R. la individua. Tutto ciò è vero per le sostanze pure, ma quando il crisotilo e l'antigorite sono contemporaneamente presenti nel campione, come accade spesso in natura, la sovrapposizione degli spettri non permette di effettuare una sicura analisi qualitativa e tantomeno quantitativa. L'unico metodo che permette di individuare in questi casi la presenza di amianto è la microscopia ottica con l'applicazione della tecnica della dispersione cromatica (metodo più rapido ed economico) o la microscopia elettronica (metodo più sofisticato ma anche molto più costoso).
Nell'ambito della valutazione dei piani di lavoro, al nostro C.R.A. pervengono anche i certificati analitici ai fini dello smaltimento dei rifiuti e purtroppo ci siamo resi conto che parecchi laboratori rilasciano certificati analitici addirittura assurdi. Si rende quindi necessaria l'effettuazione dei controlli previsti dal D.M 14 Maggio 1996 (requisiti minimi dei laboratori che intendono svolgere attività analitiche sull'amianto).
Ritengo che, per l'analisi qualitativa dei campioni in massa (molto importante ai fini del censimento), sia necessario inserire nel programma di controllo dei laboratori anche il metodo analitico della dispersione cromatica. È un metodo rapido, economico e sicuro per la stragrande maggioranza dei casi di campioni massivi. È impensabile che il laboratorio che intenda svolgere attività analitica sull'amianto dichiari di essere in possesso solo di spettrofotometro I.R. (come è accaduto per molti laboratori iscrittisi nel giro di controllo), perché nei campioni con le matrici complesse l'utilizzo di solo I.R. può non individuare la presenza di amianti; tipico è il rivestimento di tubazioni con una miscela di amosite e angerite, che sottoposto solamente all'analisi I.R., senza preventiva osservazione al microscopio o pretrattamento chimico e/o meccanico, può dare uno spettro in cui l'amianto è totalmente mascherato.
Per quanto riguarda il censimento, anche se previsto dalla legge già nel 1992, esso è stato finora quasi completamente


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disatteso. Noi riteniamo invece che sia molto importante completarlo e che esso debba essere effettuato dal personale realmente qualificato (il decreto utilizza questa definizione, ma non spiega esattamente cosa si intende con «persona qualificata»), in grado di riconoscere, in loco, l'amianto o il materiale sospetto di contenerlo. Spesso l'amianto nelle strutture edili non si trova direttamente a vista, ma è nascosto dietro pannelli, controsoffittature, rivestimenti esterni eccetera; anche il rivestimento metallico di una tubatura può servire da contenimento per amianto impaccato nell'interspazio.

PRESIDENTE. Allora il dato che veniva prima ricordato circa i metri quadri di amianto è il frutto di una stima calcolata soprattutto sulla produzione più che su un censimento, che, come lei ci dice, non c'è stato?

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. In parecchie regioni il censimento è stato fatto male, in altre non è stato fatto; essenzialmente si è basato sui dati della produzione.

PRESIDENTE. Allora, se in alcune regioni il censimento è stato eseguito male ed in altre non è stato fatto per niente, mi sembra che non vi sia un dato di censimento attendibile circa la presenza di amianto nei vari possibili manufatti nel nostro paese?

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Sì.

PRESIDENTE. Quindi il dato che prima riportava il dottor Camillucci rappresenta una stima operata essenzialmente sulla produzione.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Vorrei aggiungere qualche parola alle questioni analitiche di dispersione cromatica. Trattasi di un metodo estremamente semplice, ma che richiede una notevole esperienza dell'analista. Non si può' apprenderlo solo dai libri, e' necessario seguire direttamente le analisi dei campioni reali. Ritengo che corsi di formazione analitica siano necessari anche per effettuare correttamente il censimento.
Il censimento è importante anzitutto perché senza di esso e quindi senza le notizie sulla presenza di amianto in certe strutture si può arrivare alla demolizione «selvaggia», con conseguenze ambientali disastrose ed esposizioni incredibili per la popolazione. A Torino abbiamo avuto almeno due sicuri casi del genere. Qualche anno fa, siamo stati coinvolti direttamente nella bonifica di una grossa struttura (zuccherificio nelle vicinanze di Bologna), demolita parzialmente in modo non controllato. Un nuovo caso di questo genere si e' verificato 2-3 mesi fa nella provincia di Alessandria. Ovviamente quando questi cantieri vengono scoperti, vengono immediatamente bloccati ed isolati, ma è decisamente troppo tardi. Di conseguenza anche i rifiuti da demolizione di queste strutture vanno a finire chissà dove, probabilmente tra gli inerti.
Il censimento aiuta anche a salvaguardare la salute della popolazione nel suo insieme, perché l'amianto è stato utilizzato massivamente in numerosissime strutture edili. Ci sono circa 2000 tipi di prodotti diversi utilizzati in campo edile, per cui in caso di lavori di manutenzione scorretta, si può determinare l'esposizione dei manutentori, degli abitanti o comunque degli utilizzatori delle strutture (nel caso di fabbriche) a valori di concentrazione di fibre nell'aria superiori più di cento volte ai limiti previsti dalla legge per i soggetti professionalmente esposti. Nel caso della manutenzione di un soffitto ricoperto di amosite applicata a spruzzo, abbiamo rilevato 22 fibre al centimetro cubo d'aria (si trattava di un ufficio amministrativo in cui le persone che vi lavoravano non erano minimamente protette), con conseguente dispersione delle fibre d'amianto anche negli locali adiacenti. Durante il taglio delle tubazioni di eternit abbiamo riscontrato più di 60 fibre


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di amianto (crisotilo e crocidolite) al centimetro cubo d'aria (ricordiamo che il limite per amianti di anfibolo è 0.2 ff/cc); le tubazioni di eternit, sono state utilizzate nella rete di distribuzione idrica dell'acqua potabile, per cui anche in questo caso vi è stata una sicura esposizione della popolazione.

PRESIDENTE. Se non ricordo male, però, l'impatto sanitario negativo dell'amianto in acqua è circa 10 volte inferiore a quello in aria.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Sì, anzi recentemente l'OMS ha stabilito che l'amianto ingerito non fa male. Il problema non è l'acqua contaminata dall'amianto, ma ciò che succede in caso di manutenzione con il taglio delle tubazioni.

PRESIDENTE. Il problema è la parte che non va a finire nell'acqua e si disperde nell'aria?

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Sì, abbiamo anche seguito in diretta, se così si può dire, il taglio di tubazioni relative ad una derivazione diretta da un condominio ad una tubatura centrale dell'acqua potabile; nello scavo abbiamo rilevato più di 10 fibre al centimetro cubo d'aria; fuori sul marciapiede c'erano 3 fibre al centimetro cubo, quindi anche i passanti erano soggetti ad una forte esposizione alle fibre d'amianto. La situazione decisamente peggiore può verificarsi durante il taglio delle tubazioni all'interno delle abitazioni. Altro caso è quello degli impianti di riscaldamento fatti di cemento-amianto; in caso di manutenzione, se tagliati con i flessibili il problema è enorme. Per questo riteniamo molto utile preparare un opuscolo divulgativo che spieghi agli abitanti o comunque agli utilizzatori delle strutture contenenti amianto i rischi e le eventuali modalità di comportamento durante i lavori di manutenzione.

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Soprattutto corsi di formazione per i bonificatori.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. I corsi di formazione sono molto importanti anche per i dipendenti delle aziende sanitarie locali che devono valutare i piani di lavoro. Il decreto ministeriale che descrive in modo abbastanza dettagliato le tecniche della rimozione dell'amianto, purtroppo non poteva prevedere le migliaia di manufatti e delle diverse situazioni dove nel passato e' stato collocato amianto. Di conseguenza, nella valutazione del piano di lavoro occorre basarsi sull'esperienza personale che si acquisisce sul campo, dopo aver esaminato parecchi piani di lavoro ( noi ad esempio abbiamo valutato circa 1250 piani relativi alla Ragione Piemonte)

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. Se mi consente un'interruzione, signor presidente, vorrei precisare che si tratta esclusivamente di piani trasmessi al nostro laboratorio di Grugliasco; riguardano la rimozione e la bonifica di amianto floccato, cioè friabile. Attualmente, ogni singola ASL, su disposizione della regione Piemonte, valuta, in proprio, i piani concernenti il fibrocemento.
Ancora una battuta relativamente all'amianto nei liquidi e alla sua pericolosità in caso di ingestione. Si tenga presente che, fino al 1985, la quasi totalità dei vini bianchi venivano filtrati con filtri a base di amianto; un'azienda di Trecate, in provincia di Novara, produceva filtri con amianto crisotilo.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. In proposito sono state condotte ricerche molto approfondite in Canada dalle quali è emersa la presenza di milioni di fibre di amianto al litro, anche nelle acque potabili, eppure non si sono registrate epidemie spaventose. Questi valori secondo me


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sono un po' esagerati, in quanto risultano dal conteggio delle fibre in microscopia elettronica a trasmissione. Vorrei specificare che la tecnica della microscopia elettronica a trasmissione prevede, tra l'altro, il trattamento dei campioni in un bagno ad ultrasuoni, per cui da un grosso, «innocuo» fascio di fibre si possono ottenere milioni di fibre ultrafini (ricordiamo che la pericolosità dell'amianto è legata alle dimensioni: le fibre più sottili sono le più pericolose).
Se l'amianto disperso nell'acqua avesse realmente effetti molto dannosi alla salute si sarebbero anche verificati molti casi di morte da amianto nella Val di Lanzo, dove l'amianto è diffusamente presente nelle rocce e di conseguenza dovrebbe essere naturalmente presente anche nell'acqua. Nonostante ciò non si sono verificati significativi eccessi di morti per cancro.
Per quanto riguarda i nuovi codici europei per i rifiuti, votati recentemente (il 15/2/1999) a Bruxelles, ritengo giusto l'inserimento delle «apparecchiature fuori uso contenenti amianto in fibre» nell'elenco dei rifiuti pericolosi, ma la dicitura «amianto in fibre» mi lascia perplessa. L'amianto per definizione è un materiale fibroso e quindi la precisazione «in fibre» è superflua oppure richiede un'ulteriore spiegazione. Ritengo anche che i residui delle lavorazioni delle aziende che producevano cemento-amianto non possono essere considerati tutti non pericolosi.
Per quanto riguarda le rimanenze dei manufatti in cemento-amianto, possono essere paragonati a quelli messi in posa e definiti come pericolosi o non pericolosi. La decisione, a livello europeo è ancora da prendere. Per esempio la Danimarca che non ha utilizzato in passato grossi quantitativi di eternit, è propensa a definirlo pericoloso, mentre per l'Italia questa classificazione potrebbe porre grossi problemi.
I residui di lavorazione non sono però costituiti solo da scarti compatti di manufatti, ma comprendono anche l'amianto in forma completamente libera, sopra o dentro i macchinari, nei magazzini e generalmente su quasi tutti i piani di calpestio. Esiste anche la cosiddetta «polvere d'amianto» cioè polvere di rifinitura dei manufatti composta da cemento in polvere e fibre di amianto finissimi, quasi tutte libere. Lo stesso vale in genere per gli scarti di lavorazione di diversi tipi di materiali a base amianto. Per esempio, in una fabbrica abbandonata che abbiamo visto poco tempo fa, c'era amianto sparso dappertutto, ma trattandosi di residui di lavorazione non poteva essere definito pericoloso, mentre l'amianto presente sotto forma di corda stretta e compatta, presente su alcune tubazioni, essendo «materiale di isolamento» apparteneva al gruppo di rifiuti pericolosi.
Il decreto del 25 ottobre 1999 pone il limite di mille mg di fibre libere d'amianto al Kg di terreno bonificato (0,1%) sia per i terreni destinati ad uso industriale sia per quelli ad uso residenziale. In alcune valli delle Alpi occidentali questo limite a volte non può essere rispettato perché i valori di fondo sono superiori. Recentemente abbiamo svolto analisi sui materiali provenienti dalla ex-miniera di Balangero ed abbiamo riscontrato, a diverse profondità, una concentrazione di amianto del 2,5-3 %. Solamente alla profondità di 25 m si era sceso a livello di tracce di amianto. Non abbiamo utilizzato i metodi specificati nel decreto, perché non applicabili.
Non sono d'accordo con l'indicazione che 1000 mg di fibre libere d'amianto al chilogrammo di terreno corrispondano al limite di rilevabilità dei metodi I.R. e DRX. Innanzitutto nessuno dei metodi citati è in grado di distinguere tra l'amianto libero e non libero. Le specifiche tecniche di preparazione potrebbero in certi casi abbassare il limite di rilevabilità fino alle frazioni dei milligrammi al chilogrammo ma nessuno dei due metodi citati può essere applicato ai terreni con rocce serpentinose. Nel nostro laboratorio abbiamo effettuato l'analisi in spettroscopia I.R. di una miscela appositamente


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preparata, contenente 5% di crisotilo e 95% di antigorite, ottenendo uno spettro non comprensibile.

GIOVANNI IULIANO. Vorrei approfondire il lavoro svolto dalla Commissione ex articolo 4, in particolare chiederei l'acquisizione dei rapporti annuali.

PRESIDENTE. Poiché è prevista l'audizione del presidente di quella Commissione, il sottosegretario Bettoni, chiederemo a lei la documentazione relativa.

GIOVANNI IULIANO. Il censimento è fondamentale dato che i piani di decontaminazione devono tener conto di dati precisi legati alla produzione, mentre più difficile è la previsione dei tempi.
Vorrei sapere se sono stati già ipotizzati dei tempi, naturalmente nell'ordine degli anni, per arrivare ad un livello soddisfacente delle bonifiche ritenute necessarie, se tutte le regioni e le province autonome hanno fatto i piani per la protezione, la decontaminazione e lo smaltimento, quale sia lo stato di attuazione di tali piani e possibilmente l'elenco delle imprese che hanno usufruito delle agevolazioni di cui all'articolo 14 della legge. Infine, vorrei sapere quale sia la situazione attuale della miniera di Balangero.

PRESIDENTE. Desidero rivolgere alcune domande ai nostri interlocutori. La prima potrà magari essere poi oggetto di un supplemento di informazioni da parte del centro regionale del Piemonte per avere, oltre a quanto ci è stato già detto, una visione complessiva dello stato dell'arte. Riterrei utile acquisire un documento che sintetizzi le vostre iniziative ed il vostro lavoro.
Una seconda domanda si riferisce invece alla legge recante nuovi interventi in campo ambientale promulgata esattamente un anno fa, nel gennaio 1999, nella quale erano indicati quindici siti nazionali per le bonifiche. Tra questi c'era sicuramente, per quanto riguarda il Piemonte, un sito amianto localizzato a Casale Monferrato. Visto che il centro regionale Piemonte segue anche le bonifiche in atto, vorrei sapere se le bonifiche previste per Casale Monferrato siano iniziate o siano stati quanto meno eseguiti gli atti iniziali; anche a questo proposito vorrei conoscere quale sia lo stato dell'arte.
Un'altra domanda ha carattere più generale e riguarda l'esperienza sia del centro che del dottor Camilucci. Ho infatti il sospetto che la cementazione di materiale che contiene polvere e fibre di amianto ponga la difficoltà che prima veniva rilevata rispetto alla definizione di rifiuto pericoloso o non pericoloso anche a livello europeo con la conseguenza pratica che risulta complicato capire come il rifiuto stesso deve essere smaltito nel caso che fibre o polveri venissero eventualmente inserite in una matrice. Se la classificazione è di rifiuto pericoloso, bisogna adire una discarica di tipo corrispondente; se invece il rifiuto è non pericoloso lo smaltimento può essere diverso.

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. La matrice in cemento oppure in resina è abbastanza stabile per le fibre di amianto, tanto è vero che il decreto 8 agosto 1994 aveva addirittura ipotizzato per certi tipi di rifiuti con tale matrice una discarica di tipo 2A ed anche dagli studi che ho ricordato all'inizio, operati dal CNR su un migliaio di prodotti, valutando l'indice di rilascio...

PRESIDENTE. Mi pare però di capire, per esperienza diretta e per le cose che diceva lei prima, che un tipo di gestione così fatta andrebbe poi incontro ad una non definizione, almeno oggi come oggi, in sede europea e quindi rispetto ad aree, aziende, luoghi dove si è prodotto o comunque c'è l'amianto il problema della bonifica è dove smaltire il rifiuto così prodotto. È questo il problema?

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Il problema è anche questo, tanto è vero


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che le metodologie tecniche del controllo, prevenzione e bonifica previste dal decreto 6 settembre 1994 non prevedono per forza la rimozione di tutti questi materiali che lo contengono; la bonifica può anche essere fatta con altre tecniche, di confinamento, incapsulamento, sovracopertura e quanto altro. La scelta al momento della presentazione del piano di lavoro è del committente; ci sono valutazioni dell'organo di vigilanza, ci sono varie componenti. Non bisogna per forza mandare tutto in discarica, altrimenti questo povero paese diventa effettivamente una discarica in tutti i sensi; se i volumi sono quelli che citavo all'inizio, il problema diventa notevole. Comunque se va in discarica il cemento amianto è in una matrice abbastanza stabile per cui se la discarica è costruita con determinati criteri, c'é la copertura con terreni impermeabili e quant'altro, il rilascio nell'ambiente diventa...

PRESIDENTE. Sarò più preciso. Vorrei sapere se, oggi come oggi, sia possibile mandare in discarica di tipo autorizzato amianto incluso in una matrice stabile, perché ho il sospetto che non lo sia, e se altre tecniche di confinamento di materiali contenenti fibre o altro non pongano un problema analogo, cioè di liceità rispetto alla normativa vigente in materia di tutela ambientale. Lei prima ha parlato di tecniche di incapsulamento, eccetera; le metodologie le conosciamo, ma vorremmo sapere se, come sembrava da recenti sopralluoghi operati dalla Commissione, non siano aperti problemi concreti nella bonifica rispetto a due punti: lo smaltimento e le altre tecniche di confinamento in loco.

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Con la tecnica della rimozione il materiale va a finire per forza in discarica...

PRESIDENTE. Ma in una discarica per rifiuti pericolosi?

LAMBERTO CAMILUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. No, attualmente il cemento amianto in tanti piani regionali è previsto che vada in discariche di tipo 2A, se approvate dalla regione, dalla provincia e addirittura dal comune.

PRESIDENTE. Questo non è in contrasto con la legge? Cioè oggi è consentito mandare in discariche di tipo 2A questo tipo di materiale inserito in matrici stabili? Mi sembrava di no.

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. Signor Presidente, lei parla dell'amianto rimosso e poi trattato? Oggi per legge non è possibile; il trattamento di questo materiale deve essere autorizzato. La prima sperimentazione di trattamento dell'amianto in un impianto pilota dovrebbe essere fatta a Casale Monferrato; sarà utilizzato un processo di trasformazione termica.

PRESIDENTE. Ci sono tutte e due i problemi: non esiste ancora uno dei decreti attuativi della legge per cui non è normata la fase di trattamento dei residui di amianto. Supponiamo però di aver superato questo ostacolo, supponiamo di trovarci di fronte ad amianto confinato in matrici sufficientemente stabili, ad esempio cementizie. Questo materiale, questo rifiuto dove può essere scaricato?

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. È in funzione del rilascio. C'è però da valutare cosa bisogna andare a trattare, il trattamento (inglobamento) con cemento di un rifiuto d'amianto porta ad un aumento del volume dei rifiuti da collocare in discarica; si perviene pertanto al rapido riempimento delle discariche che sono impianti preziosi.

PRESIDENTE. Per il trattamento, dicevo, bisognerà andare ad una sperimentazione, che però deve essere normata da un decreto che ancora non c'è. Supponiamo invece che si sia riusciti in qualche modo ad avere l'incapsulamento in loco o


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la rimozione attraverso l'immissione dell'amianto in una matrice. Il problema di chi fa le bonifiche, credo, ma vorrei saperlo da voi, può essere il seguente: l'incapsulamento in loco è una soluzione ambientalmente, sanitariamente e normativamente valida, ovviamente in rapporto ad un criterio di indice di rilascio, o no?
Inoltre, sempre valutando sulla base degli indici di rilascio le matrici stabili, dove le conferisco? Sono sufficienti le discariche oppure no?

LAMBERTO CAMILLUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. La tecnica dell'incapsulamento prevede l'impiego di prodotti a base di resine su materiali a base cementizia o contenenti amianto, tant'è che in un recente decreto si stabiliscono i requisiti perché è stato riscontrato l'utilizzo di materiali che non incapsulavano stabilmente le fibre. Oggi la materia è regolamentata e vi è una normativa UNI a garanzia della durata nel tempo.

PRESIDENTE. In altri termini esiste sia la garanzia di durata, sia una normativa in base alla quale si può decidere se l'operazione sia avvenuta o meno in maniera corretta.

LAMBERTO CAMILLUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Certo, ma non esiste l'obbligo per il committente di rimuovere il materiale oppure di adoperare un prodotto per incapsulare le fibre del manufatto. Esistono criteri per l'impiego, la metodologia, la preparazione del cantiere, ma l'obbligo di scelta del metodo di bonifica non c'è.

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. La tecnica dell'incapsulamento era prevista dalle norme ed oggi è regolamentata. Intendo puntualizzare però che non sempre tale tecnica è applicabile, perché può essere estremamente pericolosa.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. La tecnica dell'incapsulamento è prevista non solo per il cemento amianto, ma anche per i materiali messi a spruzzo ed è abbastanza utilizzata dagli americani. Questa tecnica tuttavia non è la più indicata per i materiali messi a spruzzo, perché raramente si riesce ad arrivare all'incapsulamento totale; di solito si crea uno strato superficiale che resiste, se la struttura non richiede interventi di manutenzione, ma può anche essere dannoso perché, a volte, appesantisce talmente il materiale incapsulato da far crollare vaste zone di rivestimento. In genere l'amianto negli edifici non è pericoloso finché non viene disturbato. Abbiamo effettuato i controlli dell'amianto aerodisperso, con analisi in microscopia ottica ed elettronica, nelle decine di edifici contenenti materiale a base amianto. Nelle normali condizioni d'uso la concentrazione delle fibre d'amianto nell'aria era molto bassa. Ad esempio, abbiamo effettuato controlli in una chiesa con soffitto e pareti (dall'altezza di 2 metri in su) rivestite di amianto applicato a spruzzo, senza pannelli protettivi, riscaldata per insufflazione di aria calda. Sia con l'impianto di riscaldamento spento, sia durante il suo funzionamento, abbiamo registrato meno di due fibre al litro, che è il limite previsto per la restituzione degli ambienti dopo la bonifica da amianto.
La legge non prevede l'obbligo della bonifica d'amianto, ma solamente nelle situazioni particolari, quando l'amianto in matrice friabile è molto degradato, le Regioni hanno la facoltà di obbligare i proprietari degli edifici, a rimuovere l'amianto.
L'incapsulamento dell'eternit in superficie, ai fini della protezione dell'ambiente, può essere utile, ma solo in caso di lastre relativamente nuove e compatte. È inutile incapsulare lastre vecchie, sfaldate, ormai con scarsa resistenza meccanica. Abbiamo avuto occasione di vedere i risultati completamente opposti di incapsulamento delle lastre. In un caso, il supporto (tetto) era preparato e pulito benissimo, con un ottimo risultato finale, ma i lavori di preparazione hanno causato l'inquinamento


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di una vasta zona circostante: si è riscontrato amianto sulle piante, sotto cespugli, sulle panchine, sui vari recinti eccetera. In altri casi il supporto non era preparato bene e, in breve tempo, si sono sfaldate ampie zone degli strati superficiali incapsulati. Alcuni produttori di sostanze incapsulanti presentano i loro depliant pubblicitari con le informazioni allarmistiche o addirittura false, al solo scopo di aumentare il volume d'affari, ma praticamente non descrivono le corrette procedure di preparazione ad evitare la contaminazione dell'ambiente.
Perché si eseguono lavori di rimozione dell'amianto? I tetti in eternit vengono rimossi prima della demolizione dell'edificio, in caso di ristrutturazioni o quando appaiono problemi strutturali, raramente perché il proprietario teme l'amianto. Diverse sono le motivazioni della rimozione dell'amianto dall'interno degli edifici, soprattutto quando trattasi di amianto in matrice friabile. I lavori di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria possono richiedere la rimozione, anche se a volte parziale, dell'amianto. Inoltre i lavori di manutenzione ordinaria degli impianti rivestiti di amianto friabile (tubazioni, impianti di riscaldamento, impianti produttivi delle fabbriche), condotti nel rispetto delle vigenti normative sull'amianto, possono essere molto onerosi e di qui la decisione di rimuovere l'amianto.

LAMBERTO CAMILLUCCI, Coordinatore del laboratorio polveri e fibre dell'ISPESL. Non possiedo l'elenco delle ditte che hanno usufruito di finanziamenti per la riconversione erogati dal Ministero dell'industria sulla base di determinati parametri; so che le domande non erano tante perché le industrie non sono numerose, comunque parecchie l'hanno ottenuto tra cui la Società italiana lastre di Verola Nuova in provincia di Brescia.
Ad ogni modo l'elenco delle domande è depositato al Ministero dell'industria.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Rispetto all'Amiantifera, ex-miniera di Balangero, che costituisce e costituirà sempre un enorme problema, vorrei sottolineare solo un punto: sul territorio del Piemonte, nelle varie valli, tipo Val di Lanzo e Val di Susa, esistono ancora diverse piccole miniere dismesse d'amianto. Per quanto riguardo la questione dell'Amiantifera vi sono problemi di due ordini. Il primo è la risistemazione del sito estrattivo, rimodellamento dei gradoni di coltivazione e successiva ricopertura con vegetazione. La stessa cosa riguarda più o meno le «montagne» delle discariche perché si tratta di parecchi milioni di tonnellate di materiali cosiddetti sterili. La definizione «sterile» non deve essere considerata in modo assoluto, ma nel caso della miniera viene utilizzato ai fini della convenienza economica, cioè di recupero dell'amianto dalle rocce ormai impoverite. Queste montagne di materiali sterili, però, contengono mediamente ancora 2,5 per cento d'amianto totale e 1,5 per cento d'amianto libero. Ciononostante, quando la discarica non viene toccata, quando ad esempio non frana per motivi naturali...

PRESIDENTE. Per discarica intende la cava di amianto?

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Sì, intendo la discarica formata dai cosiddetti sterili provenienti dalla miniera, che contengono ancora una buona quantità d'amianto, e che è situata a ridosso dell'Amiantifera. Queste «montagne» di sterili ovviamente non possono essere trasferite e portate in discarica, purtroppo debbono rimanere in loco.

PRESIDENTE. Cosa si dovrebbe fare?

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Siccome la pendenza della «montagna» costituente discarica è abbastanza forte, per cui, si può dire che «cammina» verso Torino, deve essere riprofilata e deve essere costruito un grosso «zoccolo» di contenimento di cemento. Il piano di


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lavoro per i primi lavori di risistemazione dei cumuli delle discariche di sterili è già pervenuto al nostro C.R.A.
Un altro problema è invece la bonifica dello stabilimento. Il relativo piano di lavoro purtroppo non è stato valutato da noi e i lavori che sono cominciati per bonificare la struttura sono stati condotti in un modo che non teneva assolutamente conto della presenza di amianto.

PRESIDENTE. Prima dell'esistenza del centro regionale qualcuno quindi ha varato dei piani di lavoro non conformi?

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. No, non era prima; il problema è la responsabilità...

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. Il problema è leggermente diverso perché per quanto riguarda la bonifica del sito minerario lo Stato l'ha finanziata con la legge n. 257 e sulla base di tale finanziamento la regione Piemonte ed i comuni hanno creato un'azienda ad hoc; lo stabilimento è invece proprietà del fallimento e quindi della bonifica dello stabilimento si è occupato il fallimento stesso, che ha venduto l'impianto. È arrivata una ditta di demolizione che ha fatto quello che ha fatto. A questo punto sono intervenuti l'organo di vigilanza ed il centro regionale amianto; tutto è stato posto sotto sequestro.

PRESIDENTE. Se capisco bene, questa ditta che è subentrata avendo acquisito gli impianti avrebbe dovuto presentare un piano di lavoro?

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. La ditta che citavo non è che subentrata; il fallimento ha venduto gli impianti al demolitore che intendeva recuperare il ferro. Purtroppo la legge n. 257 ha stabilito che solo la bonifica del sito è a carico delle finanze pubbliche; lo stabilimento è, comunque, una proprietà, un bene e lo Stato non poteva avocarlo a sé. Il fallimento ha provveduto a recuperare più soldi che poteva; il demolitore, al quale probabilmente non era stato, ma questa è una mia supposizione, spiegato il problema, interessava recuperare il ferro ed eventualmente gli impianti ancora funzionanti, tanto è vero che prima che noi arrivassimo molti impianti erano stati spediti in paesi terzi. Prendevano i vari impianti, li verniciavano e li spedivano via mare. Abbiamo visto impianti verniciati in attesa di spedizione; erano pieni di amianto, non erano stati assolutamente bonificati. Se non si provvederà alla sistemazione e successiva bonifica degli impianti, sussiste il rischio di un grave disastro ecologico.

MARIA WOJTOWICZ, Dirigente tecnico del centro regionale amianto del Piemonte. Il problema è leggermente diverso perché per quanto riguarda la bonifica del sito minerario lo Stato l'ha finanziata con la legge n. 257 e sulla base di tale finanziamento la regione Piemonte ed i comuni hanno creato un'azienda ad hoc; lo stabilimento è invece proprietà del fallimento e quindi della bonifica dello stabilimento si è occupato il fallimento stesso, che ha venduto l'impianto. È arrivata una ditta di demolizione che ha fatto quello che ha fatto. A questo punto siamo intervenuti noi e tutto è stato posto sotto sequestro.

EMANUELE LAURIA, Direttore del centro regionale amianto del Piemonte. Debbo ancora una risposta per quanto riguarda Casale Monferrato. L'ex stabilimento dell'eternit è di proprietà del comune, che ha già predisposto gli atti per la bonifica. Verrà bonificata anche la sponda del fiume Po. La regione ha affidato all'ARPA e quindi al CRA un progetto di monitoraggio decennale del territorio di Casale Monferato; i primi tre anni sono stati già finanziati. Per Casale Monferrato è stato deliberato, anche, un progetto di censimento delle singole case di civile abitazione o meglio di tutti gli edifici pubblici e privati. Tutto il territorio di Casale verrà censito, edificio per edificio


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per verificare due punti: la presenza di coperture in fibrocemento e l'utilizzo scorretto o, se si vuole, improprio, che è stato fatto del polverino di fibrocemento. La produzione delle lastre prevedeva la rifilatura dei bordi delle lastre stesse. Dopo essiccazione il materiale veniva raccolto; una parte era riutilizzata dall'azienda, una parte veniva regalata alla popolazione. Questo materiale è stato utilizzato come coibente nei sottotetti o per la pavimentazione dei cortili. Bisogna quindi andare nelle case di civile abitazione per capire l'entità del problema.

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente tutti gli intervenuti e li invito a fornire ulteriore documentazione tecnica sugli argomenti affrontati nel corso della seduta.

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