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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York nel 1989, l'audizione della dottoressa Simonetta Matone, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni di Roma, che saluto e ringrazio per la sua presenza.
SIMONETTA MATONE, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Roma, sulla pedofilia. Innanzitutto ringrazio la Commissione
per avermi invitato. Concordo pienamente con la premessa del presidente in ordine a questa sorta di malcostume italiano per il quale la Cassazione, soprattutto a sezioni riunite, viene dipinta dal punto di vista mass-mediologico come un club di accaniti pedofili; in realtà le sezioni unite non hanno fatto altro che interpretare rigorosamente il dettato legislativo.
impegnano a rispettare i diritti enunciati nella Convenzione ed a garantirli senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinioni e politica ed a prescindere dalla loro origine nazionale, etnica o sociale. Mi sento di dire che purtroppo questa è una affermazione di principio spesso disattesa nella applicazione giurisprudenziale, se riferita alla condizione, per esempio, dei minori nomadi presenti nel territorio italiano e se rapportata alla situazione di intenso sfruttamento di questi minori da parte degli adulti. Ci sono minori costretti a delinquere già all'età di cinque anni ed è ovvio ritenere che non sia frutto del loro libero arbitrio commettere a sei-sette anni reati contro il patrimonio (borseggi o furti in appartamento); è dimostrato che dietro c'è una organizzazione estremamente sofisticata e raffinata, costituita dai genitori che sfruttano intensivamente tutti i figli che hanno.
superiore del minore deve essere una considerazione preminente». Questo concetto viene tradotto alla legge sulle adozioni con il seguente: il minore ha il diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Si parte quindi da una sorta di coincidenza ideologica secondo la quale per il legislatore italiano interesse del minore vuol dire essere educato nell'ambito della propria famiglia. Questa premessa costringe il giudice ad applicare rigorosamente la norma, rendendo estremamente difficile la declaratoria di adottabilità.
norme che lasciano al giudice una discrezionalità applicativa vastissima: il giudice, nel momento in cui interpreta ed applica queste norme, è portatore della sua cultura, del suo passato, della sua ideologia, e quindi possiamo avere applicazioni assolutamente diverse, con grave violazione dei diritti delle parti, che possono avere a Torino un tipo di pronuncia e a Roma un altro. Si tratta di materie nelle quali, come mi affanno sempre a dire, non vi è alcuna certezza giuridica. Aggiungete a questo campo di discrezionalità amplissimo la frammentazione delle competenze, per cui su uno stesso caso possono intervenire quattro o cinque magistrati diversi: il giudice tutelare, il tribunale per i minorenni, il giudice della separazione, eventualmente anche il giudice dell'esecuzione, perché nessuna norma vieta che i provvedimenti di esecuzione sui minorenni vengano eseguiti nello stesso modo delle esecuzioni mobiliari. Ho avuto casi di riconsegna forzata di minori a genitori naturali effettuati non soltanto attraverso l'Arma dei carabinieri, perché non sta scritto da nessuna parte che non può eseguirsi così, ma anche attraverso l'esecuzione mobiliare; pensate un attimo che orrore anche etico sia pensare che su un essere umano possa intervenire un'esecuzione mobiliare effettuata dal giudice delle esecuzioni. Ritengo che anche da un punto di vista concettuale sia una mostruosità giuridica mettere in esecuzione un qualcosa di civilistico su un essere umano. Diverso è il discorso dell'esecuzione della pena: qui stiamo parlando di bambini, di esseri umani, sui quali si va ad eseguire un provvedimento.
a quest'ultimo, attraverso un meccanismo che si sta raffinando, per aprire la tutela e, poiché il soggetto è minore, non può essere espulso, tranne nel caso dell'accompagnamento assistito, quando lo Stato è certo che nel paese in cui il soggetto verrà rimpatriato c'è una famiglia in grado di accoglierlo; ovviamente nessuno si fa vivo e quindi le nostre strutture sociali sono ormai al collasso assoluto, di fronte ad un orientamento restrittivo di stanziamenti in bilancio per questo tipo di investimenti. Ciò fa sì che noi riusciamo ad accogliere i minori stranieri, ma quando dobbiamo collocare un italiano che versa in una situazione difficile, che magari è stato vittima di abusi o maltrattamenti, non riusciamo a trovare posto nelle comunità di accoglienza. È un fenomeno sotto gli occhi di tutti: se convocaste per esempio il responsabile del pronto intervento del comune di Roma egli vi potrebbe illuminare sulla drammaticissima situazione in cui versano questi centri.
fanciullo che è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare ha diritto ad una protezione e che gli Stati provvedono ad una protezione sostitutiva. Noi abbiamo nel nostro ordinamento un sistema che, per quanto concerne la protezione sostitutiva immediata, è estremamente carente: mi riferisco all'articolo 403 del codice civile, che non prevede per esempio la possibilità per il pubblico ministero di collocare il minore in luogo protetto. L'articolo 403 parla di «pubblica autorità che può procedere all'immediata protezione del minore», ma per pubblica autorità in senso tecnico si intende non il pubblico ministero ma la polizia, i carabinieri, i vigili urbani e gli assistenti sociali (solo per fare alcuni esempi). Questo vuol dire che, mentre da parte delle forze dell'ordine, nel momento in cui trovano un bambino visibilmente maltrattato o in stato di abbandono, vi è una certa difficoltà ad adottare un provvedimento d'urgenza che collochi il minore in luogo protetto sottraendolo ai genitori (ovviamente maltrattanti e responsabili di gravi reati), vi è purtroppo la prassi di far emettere questi provvedimenti di protezione dal pubblico ministero, che invece non ha il potere di farlo. Basterebbe dunque modificare l'articolo 403 inserendo anche il pubblico ministero tra le autorità che possono adottare questi provvedimenti di protezione per rendere più limpida una situazione di fatto che ormai si è consolidata nel corso degli anni, rendendo anche pericoloso il lavoro dei PM: io per esempio ho emesso una serie di provvedimenti ex articolo 403 del codice civile, allertata da polizia o carabinieri, ben consapevole che in realtà assumevo anche un rischio di natura professionale nel farlo perché, dal punto di vista giurisprudenziale e dottrinario, agivo certamente nel superiore interesse del minore, ma adottando un provvedimento molto dubbio dal punto di vista strettamente giuridico. Si tratta di riforme che hanno costo zero, invocate da anni e mai attuate, che troverebbero d'accordo tutti i parlamentari nonché gli esperti di diritto minorile.
ordinamento è il pubblico ministero per i minorenni ad essere titolare di questo potere di azione e di intervento e portatore dell'interesse del minore; ritengo però che rendere più cogente questo obbligo di sentire il minore sarebbe un grosso passo avanti sulla strada della civiltà.
PRESIDENTE. Le chiederei di aggiungere qualcosa per quanto riguarda il problema della pedofilia.
SIMONETTA MATONE, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Roma. Il problema della pedofilia, lo ripeto, è sempre stato mal posto perché siamo abituati a considerarlo come un fenomeno extra familiare mentre invece è essenzialmente familiare. In realtà le norme di cui disponiamo sono molto severe e di facile applicazione, ma rimane il problema del cosiddetto sommerso per riuscire a far emergere tutta una serie di casi che rimangono sconosciuti proprio perché si verificano all'interno della famiglia, il luogo dove l'omertà è all'ordine del giorno.
loro in quanto pubblici ufficiali che vengono a conoscenza di un reato; di solito si trincerano dietro il fatto che ci sono meri sospetti non certezze, credo però che corsi di formazione che abituino gli insegnanti a riconoscere la sintomatologia dell'abuso sessuale e non sessuale debbano assolutamente aver luogo.
su determinato nucleo familiare anche dopo tre o quattro mesi. Nel frattempo, cosa ne è di quel minore?
PRESIDENTE. Mi permetto di porle una domanda prima di passare al dibattito, anche se alla luce della ristrettezza dei tempi a disposizione e dell'interesse e della pertinenza della materia le chiediamo la sua disponibilità per un altro incontro nel corso del quale continuare il dibattito.
SIMONETTA MATONE, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni di Roma. Come ho detto, la Cassazione si è attenuta rigorosamente a quanto stabilito nell'articolo 600-quater; in quell'ipotesi non c'era sfruttamento sessuale del minore perché - non conosco la fattispecie, non ho letto gli atti, ho letto soltanto gli articoli giornalistici - le foto non erano state scattate dietro dazione o consegna di denaro agli esercenti la potestà genitoriale oppure cedute a titolo di lucro. Quindi, mancando questo elemento, non poteva applicarsi l'articolo 600-quater. Va però detto che questo insegnante è stato condannato per violenza sessuale per aver comunque posto in essere delle condotte che integravano questo reato.
programmatico che norme che hanno trovato una loro specifica attuazione, ma sono importanti perché per esempio prevedono come reato specifico la tratta dei minori, in grande espansione all'interno del nostro paese: mi riferisco soprattutto all'orrendo fenomeno della tratta delle prostitute minorenni albanesi, le quali stanno ormai invadendo i nostri marciapiedi e relativamente alle quali l'opera di contrasto delle forze dell'ordine non mi è sembrata particolarmente incisiva. Nel corso di questi anni la criminalità è riuscita ad affinare i suoi strumenti di contrasto. Prima alcune ragazzine, riuscendo a scappare in un momento di disattenzione o chiedendo aiuto ad un cliente, si rivolgevano alle forze dell'ordine, trovavano una loro collocazione e poi sceglievano se rimanere in istituti in Italia oppure tornare nel loro paese. La risposta estremamente sofisticata della criminalità del paese d'origine è stata di procedere a vere e proprie azioni di sterminio dei genitori. Sì un fenomeno che pochi conoscono, ma che è in grande incremento: tutte coloro che denunciano i propri sfruttatori hanno la certezza di rappresaglie orrende nei confronti dei genitori, delle sorelle e dei fratelli, e ciò ha portato ad una sorta di stop delle denunce; essendo quella l'alternativa, come ho potuto notare da una mia statistica personale, sono vertiginosamente diminuiti i casi di prostitute minorenni che chiedono aiuto, tanto che dall'inizio dell'anno a me non è capitato neppure uno, mentre l'anno scorso ne avevo diversi. Sarebbe interessante valutare anche quest'aspetto. Noi abbiamo affinato i nostri meccanismi di protezione talché come una di queste minori si reca in un posto di polizia a chiedere aiuto, oltre ad essere sentita immediatamente nelle forme dell'incidente probatorio (ciò serve sul piano processuale), viene collocata sempre in città diverse, in luoghi assolutamente inaccessibili, impensabili e protetti, non vengono più collocate in strutture di accoglienza della città in cui lavorano. Ma da questi luoghi prima o poi scappano perché comunque conoscono la sorte che toccherà ai loro genitori.
GIUSEPPE MAGGIORE. Intervengo molto brevemente per ringraziarla, dottoressa Matone, per la sua relazione molto ampia e quasi esaustiva. Dico quasi perché ho molto apprezzato la richiesta già rivoltale dalla presidente per un prossimo incontro. Condivido inoltre quasi integralmente le sue considerazioni - colgo il suo disappunto - sulla gravità della situazione e apprezzo molto questi suoi sentimenti, esaltati dalla professione che svolge, che ci ha consentito di acquisire non solo dottrinalmente ma proprio sul piano pratico le cognizioni che a noi interessano. Sono anche certo che la Commissione terrà conto di queste sue
considerazioni nella relazione che è tenuta per legge a predisporre per il Parlamento, in quanto si tratta di indicazioni veramente utili. La ringrazio ancora e spero di incontrarla prossimamente.
SIMONETTA MATONE, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni di Roma. Sono a vostra disposizione.
MARIA BURANI PROCACCINI. Mi dispiace di non essere stata presente quando ha svolto la relazione, ma leggerò il resoconto stenografico dell'intervento della dottoressa Matone, di cui ben conosco la continua applicazione su questi fenomeni nei confronti dei minori e che ha la conoscenza e la grinta sufficienti per spingere noi su certi piani. Ieri ho presentato un ordine del giorno che è stato sottoscritto anche dall'onorevole Scantamburlo e che le vorrei illustrare, perché proprio in base a tutto quello che si è letto sui giornali - purtroppo è là che possiamo attingere notizie immediate - le sezioni unite della Cassazione sembrano aver messo in evidenza alcune carenze della legge approvata due anni fa nei confronti della prostituzione, dei bambini e dello sfruttamento delle immagini; ovviamente se ci sono immagini c'è chi le produce e chi le compra, in quanto questo è un mercato. Le sarei grata se nella prossima audizione ci potesse indicare i termini in cui la Commissione bicamerale per l'infanzia potrebbe chiedere un intervento governativo per supplire a quelle lacune che la legge di due anni fa ha dimostrato.
TIZIANA VALPIANA. Mi dispiace non aver potuto sentire l'inizio della sua relazione, ma ho avuto la fortuna di ascoltarla sabato nella mia città e credo di aver colto il taglio che lei dà a questi problemi, un taglio che condivido pienamente.
apparire le notizie sui media piuttosto che quello di fare un lavoro ben fatto. Possiamo rimediare e fare qualcosa per questa legge affinché divenga uno strumento più concreto?
SIMONETTA MATONE, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Roma. Il senatore Maggiore ha rilevato un mio grande pessimismo, ma purtroppo la situazione in cui siamo costretti ad operare è molto grave, perciò paradossalmente noi pubblici ministeri per i minorenni che facciamo un turno di reperibilità 24 ore su 24 su tutto il territorio della regione di nostra competenza, non temiamo gli arresti,
in seguito ai quali si deve semplicemente collocare in un centro di accoglienza il minore che ha commesso un reato, ma le fattispecie civili che comportino l'obbligo del collocamento. La situazione da questo punto di vista è talmente tragica che non può capitare di peggio che dover decidere la sorte di un minore nell'immediatezza, al buio e dovendo comunque trovare un posto anche se questo compito spetterebbe a noi ma ai servizi sociali.
fatto in Parlamento. Andrebbe recuperata, perché non ha costi, nel senso che aumenta il campo di competenze del giudice civile creando una procedura privilegiata e di urgenza che consenta di ottenere un ordine in base al quale questo soggetto non si può avvicinare all'abitazione o al luogo in cui la donna è nascosta, per esempio nei centri di protezione per le vittime di violenze. Taluni di questi centri sono costretti a richiedere un costante pattugliamento da parte di polizia e carabinieri per evitare aggressioni ed invasioni da parte dei soggetti maltrattanti le cui compagne o mogli sono fuggite, mentre in presenza di un ordine del giudice che impone a questo soggetto di non avvicinarsi fino a che le cose non sono chiarite nel corso dell'attività di indagine...
MARIA BURANI PROCACCINI. Di che provvedimento si tratta?
SIMONETTA MATONE, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni di Roma. È l'ordine di protezione, un provvedimento che esiste in tutti i paesi anglosassoni e che è veramente invocato da tutti. Non avete idea dei casi che ci capitano durante i nostri turni esterni, nel corso dei quali siamo costretti ad inventarci delle procedure folli al momento. In un caso io ho addirittura diviso un'abitazione - si trattava di una casa colonica - mettendo i due abusanti al piano di sotto e collocando la madre con i figli al piano di sopra. Si tratta di un provvedimento abnorme, ma questo signore aveva provocato alla figlia di tredici anni lesioni guaribili in quaranta giorni (aveva il braccio rotto a causa delle botte che il padre le aveva dato; non si trattava di episodi ma di violenze che si protraevano da anni) e, d'accordo con la polizia, la mia mente abbastanza fertile ha partorito un provvedimento abnorme, per il quale sarei potuta finire davanti al Consiglio superiore della magistratura, un provvedimento - io stessa lo riconosco, e mi dispiace dirlo in un'aula parlamentare - che non aveva né capo né coda. Come potevo lasciare quella ragazzina in balìa del proprio padre, non disponendo di uno strumento legislativo? Lo strumento potrebbe essere rappresentato dall'arresto di questo soggetto, ma poiché l'arresto non è obbligatorio ma è facoltativo e magari il pubblico ministero di turno non è d'accordo, come garantisco l'incolumità fisica di quei soggetti in quelle ore fatali subito dopo la denuncia? È questo un sistema che incrementa moltissimo il ritiro delle denunce. Il nostro paese ha fatto un grande passo avanti rendendo procedibili d'ufficio i maltrattamenti, però bisogna denunciarli; se io so che colui che vado a denunciare rimane dentro casa, ho il coraggio di farlo?
immediata del minore, anche il pubblico ministero per i minorenni, vale a dire colui che viene investito della protezione dei minori dalle forze dell'ordine senza averne il potere. Questo rende estremamente pericolosa la vita dei pubblici ministeri dal punto di vista della responsabilità e da quello disciplinare e comporta anche una tutela attenuata dei diritti del minore, perché il pubblico ministero, emanando un provvedimento pur essendo consapevole di non poterlo fare, mette a repentaglio la propria credibilità professionale; inoltre il provvedimento medesimo può essere vanificato nel giro di pochissimo tempo e armandosi di una preparazione giuridica anche non particolarmente eccelsa perché è pacifico che il pubblico ministero non abbia il potere di collocare un minore in un luogo protetto.
PRESIDENTE. Ringraziamo ancora la dottoressa Matone anche per la sua disponibilità a tornare nuovamente.
La seduta termina alle 15.35.
L'audizione trae spunto da una recente sentenza della Corte di Cassazione nell'ambito della quale si sostiene la non punibilità di un insegnante che aveva scattato delle foto pornografiche ad un allievo; d'altra parte, la nostra legge penale non individua lo sfruttamento sessuale nel semplice contesto di fotografie scattate senza scopo di lucro sia pure con contenuto pornografico nei confronti di un minore. Non bisogna però dimenticare il valore mediatico che spesso assumono le sentenze della Corte di Cassazione e anche il loro valore giuridico, visto che in questo caso si tratta di una pronuncia a sezioni riunite. Sarebbe quindi necessaria una certa cautela nel diffondere notizie così delicate, in cui il confine tra contenuti giuridici da un lato e contenuti morali, pedagogici e mediatici dall'altro è molto sottile; lo stesso Parlamento europeo ha di recente affermato la necessità di una più severa definizione dei reati di pedo-pornografia, ricomprendendovi la produzione, la vendita e la distribuzione in qualsiasi altra forma di materiale pedo-pornografico nonché la sua detenzione, aggiungendo che il fatto di offrire la prova che la persona messa in scena non è un bambino che l'atto non è avvenuto veramente non equivale ad escludere lo stesso reato.
Il vero problema, dunque, non è la sentenza della Corte di Cassazione, su cui comunque la dottoressa Matone potrà fornirci delle delucidazioni; il vero problema è come combattere la pedofilia sia in termini di prevenzione sia di repressione. In particolare sotto quest'ultimo profilo la Commissione sta studiando la validità e l'efficacia del permanere di strutture penitenziarie minorili; mi rendo conto che questo tema è molto più generale e riguarda non solo la pedofilia ma tutti i minori che delinquono, sarebbe comunque interessante avere un parere della dottoressa Matone anche su questi argomenti, visto che chi opera sul campo riesce spesso ad avere una percezione dei problemi che sfugge a chi ragiona in astratto. Do la parola alla dottoressa Matone.
Solo per memoria leggo l'articolo 600-quater, quello incriminato, che recita: «Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dal 600-ter, consapevolmente si procura o dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni 18 è punito con la reclusione fino a tre anni o con una multa non inferiore a tre milioni». Questo vuol dire che requisito imprescindibile è lo sfruttamento sessuale, un concetto squisitamente giuridico che purtroppo presuppone ciò che la Corte ha ritenuto non sussistere in questo caso.
Ciò non significa che questa fattispecie, pur non compresa nell'articolo 600-quater, non sia sanzionata, perché sarà comunque possibile applicare le norme sulla violenza sessuale, quelle sulla corruzione dei minori, quelle sugli atti compiuti in presenza di minori; tanto è vero che questo soggetto è stato condannato a pene molto severe per il reato di violenza sessuale. Temo quindi che - come sempre - il problema sia mal posto; il problema della pedofilia in Italia viene sempre affrontato in un'ottica giornalistica assolutamente enfatica e sganciata dalla realtà e dall'entità effettiva del problema. Siamo abituati ad immaginare il pedofilo come colui che sta appostato in un giardinetto o nei luoghi pubblici nel tentativo di adescare le sue vittime: questa è un'ipotesi assolutamente residuale dal punto di vista numerico, perché in realtà la pedofilia gravita nel 95 per cento dei casi nell'ambito familiare. È un fenomeno di abusi sessuali che si perpetuano in famiglia, non è un fenomeno extrafamiliare: il soggetto che abusa del minore è sempre un soggetto a lui vicino, che fa parte della sua famiglia o comunque della stretta cerchia delle relazioni esterne, specie se l'abuso si perpetra per anni.
Abbiamo avuto un'enfatizzazione della portata della legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori, la pornografia ed il turismo sessuale quali nuove forme di riduzione in schiavitù. È stato giustissimo varare questa legge, che è un segno di grande civiltà ed è scritta molto bene, perché non lascia alcuno spazio libero al di fuori di questo individuato dalla Cassazione (che poi, come ha cercato di dire, non è tanto libero), ma quando andrete a verificare quanti casi sono finiti sotto la mannaia applicativa di questa legge, vedrete che in realtà sono molto pochi. Diverso è il problema della pedofilia che, lo ripeto, è un fenomeno esclusivamente familiare che ci riporta al tema generale della Commissione, vale a dire all'applicazione della Convenzione sui diritti del fanciullo.
Spesso, quando parliamo della Convenzione di New York, dimentichiamo che essa è stata resa esecutiva nell'ordinamento italiano con la legge 27 maggio 1991, n.176, quindi ha acquistato valore di legge e prevale sulle norme interne precedenti e confliggenti di pari grado sulla base dei principi che regolano la successione delle leggi. La Convenzione contiene norme di carattere programmatico volto a sollecitare il legislatore ad emanare norme di attuazione e ad indurre lo Stato a concludere nuovi accordi, di tal ché le norme della convenzione sono state recepite in alcune pronunce giurisdizionali ed in alcuni accordi che l'Italia ha sottoscritto, per esempio, la convenzione sulla sottrazione dei minori.
Credo che compito della Commissione sia quello di esaminare la Convenzione di New York dal punto di vista della sua non applicazione o addirittura della sua applicazione attenuata nel nostro paese. Se mi consentite, perciò, per arrivare al problema della pedofilia e delle carceri minorili che si ricollega al discorso sulle adozioni, comincerei dall'articolo 2 il quale stabilisce che gli Stati parte si
Credo che questo stato di cose sia la violazione più eclatante dell'articolo 2 della Convenzione, perché in nome di un preteso rispetto della differenza etnica si lascia che questi bambini rimangano in simili condizioni di vita senza intervenire. Abbiamo minori di otto-nove anni che hanno 50-60 precedenti penali per uno e che sono stati riconsegnati alle famiglie. Il quesito che pongo è: se un italiano prendesse il proprio figlio, lo costringesse con la forza a rubare, si appropriasse dei proventi del suo crimine, quanto impiegherebbe un Tribunale dei minorenni per dichiararlo decaduto dalla potestà genitoriale?
A questi genitori invece ciò viene consentito in nome del rispetto della differenza etnica. Io da anni sostengo una battaglia per affermare il principio che tutti i minori, a qualunque etnia appartengano, non possano avere un livello di diritti e una tutela giuridica per così dire attenuati; non possono esistere nel nostro territorio situazioni giuridiche ritenute meno meritevoli di tutela rispetto ai minori italiani.
Questo discorso si collega a quella del carcere, perché gli istituti penitenziari per i minorenni rigurgitano di soggetti non italiani; ho dei dati riferiti al Lazio da cui si evince come il 70 per cento degli ingressi riguardi unicamente minori stranieri, con una preponderanza di circa il 60 per cento dei minori appartenenti a gruppi nomadi. Abbiamo una visione del fenomeno delle carceri minorili fortemente alterata da questo dato; non possiamo quindi avvicinarci a questo senza partire dal problema degli stranieri presenti sul territorio e dei nomadi. È ovvio che, quando un minore di 14 anni commette un reato ed ha già 40-50 precedenti penali al suo attivo, ben difficilmente il GIP dell'udienza di convalida dell'arresto lo tratterà come un minore italiano; è ragionevole pensare che la prima volta gli darà le prescrizioni e successivamente gli infliggerà la misura della custodia cautelare. Questo purtroppo è assolutamente inevitabile.
Per quanto riguarda le carceri minorili, quindi, dobbiamo distinguere tra gli italiani che vi finiscono, che sono soggetti che non hanno potuto o saputo approfittare in alcun modo della infinita magnanimità dei Tribunali per i minorenni; si tratta di ragazzi che hanno situazioni gravemente compromesse dal punto di vista personale ed esistenziali e non sono mai degli illustri sconosciuti. La Commissione, avendo questi ampi poteri, potrebbe verificare quanti di loro avevano già una procedura civile aperta dinanzi al Tribunale per i minorenni e scoprirebbe dati che credo sarebbero sbalorditivi: coloro che entrano in carcere sono soggetti già noti al Tribunale per i minorenni, in quanto tra zero e 14 anni sono stati «seguiti» per la gravissima situazione familiare che li caratterizzava. Quando li vedo sul banco degli imputati mi chiedo sempre se ci sarebbero finiti se il tribunale, invece di rispettare ossessivamente il vincolo di sangue, avesse avuto il coraggio di dichiararli adottabili.
Questo discorso ci porta nuovamente al tema generale dell'applicazione della Convenzione di New York, che parla giustamente dell'interesse del minore. L'articolo 13 testualmente recita: «In tutte le decisioni relative ai fanciulli l'interesse
In questi giorni il Governo ha presentato il piano per l'infanzia ed ha previsto la chiusura degli istituti dove i bambini sono raccolti, come se chiudendo gli istituti si aumentasse il numero dei bambini adottabili. Gli istituti italiani sono pieni di bambini, ma di bambini che non sono in stato di abbandono da un punto di vista strettamente giuridico; lo sono magari secondo il nostro comune sentire, ma non tecnicamente, in quanto il tribunale ritiene comunque che una parvenza di famiglia ci sia (si tratta di bambini che tornano a casa dai genitori magari il sabato e la domenica oppure ogni quindici giorni). Questo dimostra l'esistenza di una refrattarietà a mio giudizio di tipo culturale ed ideologico da parte dei giudici minorili nell'applicare questa norma a vantaggio dell'interesse del minore: quello che storicamente si è cercato sempre di tutelare in Italia è il rispetto del vincolo di sangue. Pertanto le nostre procedure per dichiarare adottabile un minore sono estremamente farraginose e a mio modesto avviso avrebbero bisogno di alcuni correttivi di natura tecnica, che avrebbero costo zero ma che forse renderebbero più facile migliorare la qualità di vita di questi soggetti.
Come sapete abbiamo un meccanismo che ci porta a rendere giurisdizionale un provvedimento che tale non è come quello della declaratoria dello stato di abbandono: una volta dichiarato lo stato di abbandono, i genitori hanno la possibilità di presentare opposizione entro trenta giorni, e tale meccanismo rende complicatissima la fase successiva, quella del giudizio di opposizione, che diventa un giudizio giurisdizionale a tutti gli effetti; se invece fosse possibile impugnare immediatamente il provvedimento in corte d'appello si rispetterebbero i diritti delle parti e si accelererebbero le procedure, perché ora al termine del giudizio di opposizione le parti hanno la possibilità di ricorrere in appello. Vi renderete conto che la lunghezza dei tempi di questi provvedimenti non gioca a difesa dell'interesse del minore: una modifica legislativa in questo senso è stata invocata da più parti.
Questo discorso ci porta a parlare degli istituti di pena proprio per quanto ho detto prima, perché la persona italiana che entra in un istituto di pena è un soggetto che ha avuto un iter sempre uguale; esaminando la cartella biografica di ogni detenuto italiano ci si rende conto che ha debuttato a 14 anni con una declaratoria di immaturità (cui un tempo si ricorreva con grande larghezza), poi ha avuto un perdono giudiziale, poi un secondo perdono giudiziale in estensione, poi una sospensione condizionale della pena e alla fine è entrato in carcere. Non ci sono detenuti italiani maggiorenni che non abbiano una storia personale di questo tipo, che non abbiano cominciato da minorenni e che non abbiano questo passato terribile alle loro spalle. Credo quindi sia giunto il momento, anche dal punto di vista storico e politico, di soffermarsi su questi temi senza eccessivi tabù per verificare quale sia il vero interesse di questi minori, se i loro diritti fondamentali devono essere garantiti facendoli rimanere all'interno delle famiglie oppure allontanandoli, con un atteggiamento mentale diverso.
A rendere farraginoso il meccanismo è il fatto che non esiste un concetto giuridico ben definito di abbandono; non abbiamo un elemento chiaro per poter dire in primo luogo che cosa si intenda per interesse del minore e, in secondo luogo, come debba configurarsi il diritto del minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Purtroppo sono
Se vogliamo affrontare il problema della detenzione in Italia non si può non distinguere la situazione degli stranieri, che - ripeto - finiscono in carcere attraverso questa sorta di perpetuatio delle loro gesta «criminali». Tenete presente che si tratta sempre di episodi di microcriminalità; per ciò che concerne i nomadi siamo in presenza di ragazzi che finiscono in carcere per aver commesso borseggi o furti in appartamento. Non è una situazione particolarmente grave dal punto di vista dei mezzi di contrasto, in quanto tali mezzi sono abbastanza semplici, trovandoci dinanzi ad un sistema sofisticato di sfruttamento di minori ma a reati che in sé per sé non sono difficili da contrastare. Diverso è il discorso per i minori che appartengono ad altre etnie: stiamo assistendo all'incremento dei reati commessi da minorenni provenienti dall'Albania e dall'ex Jugoslavia, i quali viceversa sono portatori - per motivazioni di natura non razziale ma economica - di problematiche criminali molto più esasperate e gravi, che hanno un approccio al crimine completamente diverso da quello dei ragazzi appartenenti ad altre etnie e che mostrano una notevole disinvoltura nel commettere i reati: purtroppo - dico purtroppo - le norme sul soggiorno degli stranieri in Italia rendono impossibile eseguire espulsioni a carico di minorenni; sono norme a mio giudizio apparentemente estremamente legittime, giuste ed in linea con i principi generali affermati dalle convenzioni internazionali, sono norme che attengono a quella sfera che definirei - consentitemi la volgarità dell'espressione - della «carità pelosa», perché consentiamo l'ingresso di soggetti dei quali non siamo in grado di garantire la sorte, non disponendo di strutture idonee ad accogliere questi ragazzi. Sono soggetti di fatto abbandonati sul nostro territorio ma che, data la loro età, non sono adottabili, perché avendo 15 o 16 anni non sono assolutamente appetibili sul cosiddetto mercato delle adozioni; sono soggetti per i quali si apre necessariamente una tutela e che hanno un costo elevatissimo di mantenimento all'interno delle strutture. Inoltre, mentre prima tali soggetti si allontanavano dalle strutture assistenziali in cui erano collocati per darsi ad una vita errabonda e sbandata, oggi - avendo capito che qui è garantito un minimo di sopravvivenza e di istruzione - vengono in Italia per restarci e per vivere all'interno di tali strutture. Sui giornali di Tirana sono comparse delle vere e proprie guide che spiegano come venire in Italia e farsi assistere dal giudice tutelare: basta infatti presentarsi dinanzi
Le strutture penitenziarie comunque non sono come si possono immaginare, luoghi di segregazione e lager per ragazzi. Non è più così. Sono istituti aperti, con operatori estremamente validi; non sempre quello carcerario è un momento negativo e di non crescita. Anzi, il momento della detenzione spesso rappresenta per questi soggetti l'unica forma di collaborazione obbligata con le istituzioni, perché è tale il desiderio di uscire dal carcere che forzatamente collaborano ai vari progetti educativi. Non sarei favorevole a questa demonizzazione del circuito penale, che viene visto come negativo per definizione; non sempre è così. Certo, nei confronti per esempio dei minori nomadi rappresenta una risposta solo di tipo repressivo, senza ombra di dubbio, perché tale è l'incidenza dei reati commessi dopo che risulta evidente che il carcere non ha avuto alcuna funzione monitoria o rieducativa.
A proposito degli abusi sessuali non mi sono soffermata su un altro grave problema: mentre le procure ordinarie, quando si devono istruire procedimenti per reati sessuali o per reati gravi quali maltrattamenti in famiglia, informano tempestivamente i tribunali per i minorenni o le procure per i minorenni del fatto che si sta procedendo per una serie di reati che attengono alla tutela del minore, l'inverso non accade (sarebbe interessante indagare anche su questo); il nostro sistema normativo infatti impone ai giudici, quali essi siano e in qualunque stato e grado del procedimento, di informare l'autorità giudiziaria competente quando si viene a conoscenza di determinati reati. In questi procedimenti, che nascono davanti al tribunale per i minorenni, i reati sono all'ordine del giorno: il più banale è quello di maltrattamenti in famiglia fino ad arrivare all'ipotesi di violenza sessuale. Sarebbe interessante sviluppare un'indagine sull'applicazione di talune norme (l'articolo 331 del codice di procedura penale, le disposizioni di attuazione dell'articolo 106, l'articolo 221 di coordinamento) per vedere quante siano le comunicazioni, le notizie di reato che partono dai tribunali e dalle procure per i minorenni verso le procure ordinarie. È invalsa invece la prassi di curare con strumenti terapeutici, assistenziali e propri della giustizia minorile il nucleo familiare malato che ha patologie attinenti alla sfera degli abusi e dei maltrattamenti fisici, dimenticando che esiste una fattispecie reato e che il magistrato, anche se magistrato minorile, ha l'obbligo di informare l'autorità giudiziaria competente che dalla lettura di quel verbale si evidenziano determinate ipotesi di reato. Sarebbe interessante svolgere un'indagine proprio sull'applicazione di questa norma che è sempre oggetto di grandi discussioni all'interno dei seminari tenuti dal Consiglio superiore della magistratura (recentemente, nel corso di quello sulla tutela della persona è emersa, soprattutto da parte dei pubblici ministeri ordinari, questa lamentazione). Si tratta di un aspetto importantissimo, perché sono condotte che devono avere comunque una risposta, di tipo anche sanzionatorio.
Altro problema è quello della protezione sostitutiva del minore affermata nell'articolo 20, dove si dice che ogni
L'argomento più dolente è quello dell'ascolto del minore. Nella Convenzione abbiamo un'affermazione molto netta, in quanto secondo l'articolo 12 gli Stati garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. Si darà al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente sia tramite un rappresentante o un organo appropriato. In realtà questo articolo è costantemente disatteso a livello giurisprudenziale, perché soltanto la legge sulle adozioni prevede che il minore debba essere ascoltato in ordine alla pronuncia del suo stato di adottabilità se ha compiuto 12 anni, altrimenti solo se è opportuno.
Anche qui siamo dinanzi ad un campo di discrezionalità del giudice troppo ampio perché, mentre viene rispettato il dettato che chi ha più di 12 anni deve essere sentito, questa previsione rimane impregiudicata per chi non li ha compiuti; inoltre ciò vale solo nelle procedure che riguardano le adozioni, mentre se parliamo di mera sospensione della potestà genitoriale non vi è nel nostro ordinamento nessuna norma cogente che obblighi un giudice per i minorenni che deve allontanare un minore a sentirlo.
Questo comporta che un minore potrebbe esser ascoltato se ciò che dice «fa comodo», nel senso che si tratta di una verità più facile da gestire, mentre quando dice una verità «scomoda» comincia ad essere ascoltato un po' meno. Mi rendo conto di fare affermazioni un po' forti, ma dopo nove anni di esperienza credo di poter dire che bisognerebbe soffermarsi sull'importanza di questa norma anche perché, soprattutto nella fase di esecuzione di questi provvedimenti, i minori dovrebbero essere sentiti in quanto «esecutati». Il minore potrebbe essere rappresentato in giudizio attraverso colui che rappresenta i suoi interessi, e nel nostro
Un altro articolo che a mio avviso non trova grande applicazione nel nostro ordinamento è il 24, che stabilisce che gli Stati riconoscono il diritto di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare dei servizi medici e di riabilitazione. Tale articolo è solo parzialmente attuato in Italia data l'accertata carenza di strutture psichiatriche atte a contenere, curare e prevenire le forme di malattia mentale tra i 12 ed i 18 anni. Abbiamo creato un sistema psichiatrico che funziona abbastanza bene per gli adulti e per i bambini da zero a 12 anni, mentre non funziona assolutamente tra i 12 e i 18 anni; lo dico a ragion veduta perché sono membro del Comitato nazionale di bioetica e presiedo il gruppo «Psichiatria e diritti umani». Stiamo svolgendo un'indagine proprio sull'assistenza psichiatrica agli adolescenti in Italia e i dati che ci pervengono sono assolutamente sconfortanti: abbiamo delegato l'esame del piano sanitario nazionale a valorosi esperti di psichiatria i quali hanno convenuto che anche in esso questa parte è assolutamente carente. Abbiamo commissionato un'indagine all'ufficio centrale per la giustizia minorile per verificare quante siano le strutture che lavorano in regime di convenzione per l'assistenza psichiatrica agli adolescenti minorenni neanche qui le risposte sono state drammatiche. Pochissime quindi sono le strutture di Italia che fanno un'opera di contenimento, cura e prevenzione del disagio mentale dei minorenni. Questo è un dato che va assolutamente affrontato.
Un altro problema è quello dell'articolo 28, cioè l'insegnamento primario obbligatorio per tutti. Nel nostro paese vi sono ancora grosse sacche di evasione dall'obbligo scolastico invece sono rari i casi di puntuali segnalazioni pervenute da direzioni didattiche o da presidi di scuola media, mentre ogni evasione dall'obbligo scolastico nasconde realtà familiari difficili, se non terribili. Sono tutti casi nei quali i tribunali dei minorenni dovrebbero specificamente intervenire, ma è ovvio che non possono farlo se nessuno fa loro segnalazioni. A questo proposito c'è un atteggiamento di grande superficialità, per cui riceviamo segnalazioni solo da parte dei presidi più diligenti, mentre occorrerebbe un intervento diverso da parte del Ministero della pubblica istruzione per stroncare questo fenomeno, considerato cosa c'è dietro di esso.
Credo di poter ritenere concluso il mio breve excursus e sono a disposizione per le eventuali richieste di chiarimenti.
Va detto che il bambino abusato sessualmente presenta una sintomatologia specifica che nelle regioni più avanzate si è addirittura tradotta in alcune linee guida; io personalmente ho partecipato alla stesura delle linee guida per la regione Lazio che sono state distribuite in tutti gli ospedali nelle quali si evidenziano una serie di indicatori inequivocabili di abuso sessuale e non sessuale. Il problema è che i primi destinatari di questi segnali, cioè gli insegnanti ed i cosiddetti medici scolastici (figure ormai desuete che invece andrebbero potenziate), hanno scarsa consapevolezza dell'obbligo che grava su di
Anche il medico scolastico aveva una funzione fondamentale perché visite corporali eseguite una volta al mese avrebbero potuto stroncare il fenomeno dei maltrattamenti fisici, perché si sarebbe avuto un monitoraggio della popolazione scolastica effettuato puntualmente dallo stesso soggetto con cadenze periodiche e questo avrebbe impedito il perpetrarsi almeno degli abusi fisici più eclatanti. La scomparsa di questa figura, invece (anche se sulla carta esiste ancora) e la non regolarità con cui vengono effettuate queste visite esclude queste possibilità di esame. Si è risposto a questa scomparsa con una maggiore sensibilizzazione dei pediatri di base, questi però vengono interpellati su richiesta dei genitori ed è ovvio che il genitore abusante o maltrattante non fa visitare il figlio che presenta una sintomatologia così conclamata. Considero fondamentale preparare il corpo docente a riconoscere i sintomi dell'abuso ma anche ad essere consapevole dei suoi obblighi nei confronti della società, superando tutte le pastoie create da un rapporto di subordinazione gerarchica; alcuni insegnanti mi hanno risposto che se il direttore didattico è contrario loro non possono inoltrare una segnalazione, con ciò dimenticando che nell'esercizio della loro funzione sono pubblici ufficiali.
Il problema va affrontato anche favorendo la circolarità di notizie di reato che deve esserci tra procure ordinarie e procure per i minorenni e che invece attualmente spesso non c'è. Al primo segnale di un possibile abuso credo si debba intervenire con molta decisione, senza aspettare che l'abuso maturi per poter avere elementi più certi; naturalmente resta il problema di dove collocare il minore nel periodo in cui si svolgono le indagini e resta il problema dell'allontanamento del minore che comunque è affettivamente legato anche al soggetto abusante e maltrattante. C'è anche il problema di minori che rimangono in balia di genitori che non intervengono, creando disastri sul piano psicologico per la crescita futura: non c'è niente di peggio per un bambino che essere abusato da un genitore sapendo che l'altro non lo protegge e non lo aiuta ad uscire da questo incubo. Va aggiunto infine che a loro volta i soggetti abusanti e maltrattanti hanno vissuto situazioni di abuso e di maltrattamento.
Nel nostro paese sono stati fatti molti passi avanti soprattutto sul piano della coscienza e della consapevolezza collettiva dell'importanza del fenomeno, va detto però che sono stati fatti a livello mass-mediologico con il grande battage che Telefono Azzurro è riuscito a fare. Naturalmente non sono contraria a Telefono Azzurro, ma ripeto spesso che è non degno di un paese civile perché questa funzione dovrebbe essere svolta dalle pubbliche istituzioni: è impensabile che ci sia un ente privato che si occupa di segnalare i maltrattamenti, perché ciò vuol dire che un campo squisitamente pubblicistico è stato invaso dal privato e questo è avvenuto per la latitanza delle istituzioni.
Tra l'altro c'è una grande confusione giuridica anche da parte degli stessi operatori dei servizi, che spesso dimenticano che le segnalazioni vanno inoltrate alla procura per i minorenni e non al tribunale, perché l'organo titolare del potere di azione di intervento è la procura che, dopo aver fatto una breve istruttoria, chiede l'apertura di un procedimento in favore del minore. Certo gli strumenti a disposizione delle procure per i minorenni per stroncare i fenomeni relativi agli abusi sessuali e ai maltrattamenti sono molto modesti, perché i nostri interlocutori sono i servizi sociali e le forze dell'ordine. Le sezioni specializzate di polizia giudiziaria hanno affinato una grossa sensibilità al problema degli abusi e riescono a lavorare pur con la pochezza dei mezzi a loro disposizione con una sorta di task force, diverso è il discorso dei servizi sociali, che rispondono ad una richiesta di informazioni
Per questo spesso i magistrati sono costretti ad adottare quei provvedimenti immediati e limitativi della potestà che destano tanto scalpore, perché non riescono ad avere elementi certi ed inequivocabili in ordine a quello che accade all'interno del nucleo familiare interessato. Sono pronta a qualunque tipo di confronto mostrando fascicoli nei quali si evidenzia come le informazioni richieste al servizio sociale abbiano avuto risposta dopo 90 giorni anche laddove vi era un'estrema urgenza, oppure non hanno avuto risposta affatto. Questo non avviene perché c'è dolo nelle condotte di questi soggetti, ma perché sono così pochi e così gravati di lavoro da non essere assolutamente in grado di espletare gli incarichi loro conferiti; inoltre molti servizi sociali lavorano con sistemi di subappalto, cioè attraverso cooperative che vincono gare indette dal comune per la gestione di determinati servizi; questo rende difficile anche avere un interlocutore certo per l'autorità giudiziaria. Questo sistema, a mio parere, è assolutamente inadeguato soprattutto perché i servizi sociali sono stremati dall'esorbitante presenza di stranieri sul territorio che a loro volta richiedono cure, interventi, relazione e dispiego di forze e di energie.
Definirei quindi la situazione piuttosto grave, non brillante. Molto si è fatto nel corso di questi anni: se penso alla situazione del 1991, quando ho cominciato a lavorare, e a quella attuale devo dire che si è fatta tanta strada, creando per esempio gli uffici-minori nelle questure, che nei piccoli centri lavorano molto bene perché non sono sovraccarichi di lavoro ed hanno discreti mezzi a loro disposizione, mentre non riescono assolutamente a decollare all'interno delle grandi città. Nei piccoli centri si sono avute esperienze veramente positive, anche perché i funzionari degli uffici-minori sono persone altamente specializzate, che hanno seguito corsi di formazione e sono dotati di grande slancio personale ed interesse per gli argomenti trattati.
Vorrei conoscere la sua opinione in riferimento alla recente sentenza della Corte di cassazione nell'ambito della quale è si sostenuta la non punibilità di un insegnante che aveva approfittato di un allievo scattandogli delle foto pornografiche.
Le norme sulla pedofilia rappresentano secondo me un grosso passo avanti anche per la pornografia per così dire telematica, che viene finalmente sanzionata in quanto vengono punite la distribuzione, la divulgazione e la pubblicizzazione di materiale pornografico a qualunque titolo ed è punito - fatto importantissimo - il cosiddetto turismo sessuale all'estero, contravvenendo ai principi generali del diritto che rendono impossibile la persecuzione di un reato commesso all'estero. Ripeto, sono norme più di tipo squisitamente
Nei confronti del fenomeno secondo me l'unica forma di contrasto può essere una fortissima repressione di tipo poliziesco; non ci sono altre forme, non possiamo inventarci nulla di diverso se non una repressione durissima e severissima nei confronti di questi soggetti, essendo estremamente difficile acquisire le prove della loro colpevolezza. Due anni fa dilagò il fenomeno rappresentato dall'intenso sfruttamento di bambini fatti venire dall'Albania per praticare l'accattonaggio ai semafori; le forze dell'ordine ne riuscirono a portare via novanta in un unico blitz a Roma. I colpevoli vennero denunciati per riduzione in schiavitù e i bambini vennero tutti rimandati a casa con le forme del rimpatrio assistito: la risposta fu talmente netta e decisa che il fenomeno non si è riprodotto. Lasciare degli spazi di tolleranza a fenomeni come quelli della prostituzione è assolutamente impensabile: bisogna fare l'impossibile e quando queste ragazze vengono sorprese nei cosiddetti «pattuglioni» vanno tutelate in maniera globale, portandole al di fuori del territorio in cui sono state trovate e creando dei veri centri di accoglienza che siano controllati, dove sia impossibile accedere e scappare. È un fenomeno che invece a mio giudizio ha delle forme di risposta molto labili, mi permetto di dirlo.
Inoltre, da lei e dalla sua esperienza vorremmo avere un suggerimento sul modo in cui agire sul piano nazionale ed anche presso il Governo europeo per adottare provvedimenti seri nei confronti della pedofilia via Internet. Infatti, a me è arrivata due giorni fa - ne lascerò copia in Commissione - una denuncia sporta al comandante della sezione di polizia postale e delle comunicazioni di Catania da parte del Telefono arcobaleno su un fatto veramente aberrante, vale a dire sull'istituzione di un giorno dell'orgoglio pedofilo, con tanto di candele da accendere in luoghi naturalmente nascosti al pubblico, tanto per riconoscersi in una sorta di catena di solidarietà. Dal testo dovrebbe essere facile individuare chi ha inviato il messaggio (sembrerebbe quel maestro elementare che è stato accusato e condannato per violenza sessuale). Si parla comunque di persone che lavorano nell'ambito dell'educazione all'infanzia, quello che lascia i bambini più esposti oltre che a questi fenomeni anche a quello del plagio, un reato che si è voluto cacciare via dalla porta ma che rientra dalle finestre in maniera così vergognosa e invasiva.
La presidente della Commissione ha addirittura voluto formare un comitato che si interessa in particolare della questione della pedofilia via Internet del quale mi ha preannunciato che mi chiamerà a far parte: naturalmente sono a disposizione, ma vorrei affinare le armi e lavorare in stretta collaborazione con l'autorità giudiziaria per riuscire ad esserci reciprocamente utili.
Vorrei porre alcune domande precise relativamente alla parte che ho sentito. Lei ha messo in evidenza una serie di carenze legislative, siamo abituati a rammaricarci per tutte le carenze presenti nei vari settori, ma quando si tratta di cose che noi stessi abbiamo trascurato, credo sia importantissimo farci spiegare bene cosa possiamo fare per rimediare. Lei ha detto che la legge sull'abuso sessuale nei confronti dei minori contiene norme programmatiche più che norme realmente attuate, vorrei allora sapere quali strumenti potremo mettere in atto per migliorarla. Ho sempre lottato per fare le cose piano ma bene, invece purtroppo c'è la tendenza ad andare veloci, anche perché spesso lo scopo è quello di far
Un altro elemento da lei sottolineato è la carenza dell'istituto della protezione sostitutiva del minore, del quale ha detto che si tratterebbe di una riforma a costo zero: vorrei sapere per quale motivo non venga realizzata e cosa potremmo fare.
Due punti che mi interessano moltissimo sono le linee guida della regione Lazio da lei citate; mi piacerebbe che ce le illustrasse anche perché nella mia realtà ho una preoccupazione opposta a quella da lei richiamata: ci sono infatti una serie di denunce di maestre d'asilo o assistenti sociali basate su sospetti assolutamente evanescenti, è invalsa cioè una moda per cui al primo atteggiamento strano o particolare di un bambino si pensa a chissà quali tragedie perché travolti dall'ondata di pubblicità sui mass media.
Lei ha portato alla nostra attenzione aspetti estremamente importanti che derivano, a mio avviso, dalle politiche generali del nostro paese; ci stiamo lanciando ad una grande attenzione per la famiglia che dal mio punto di vista significa una disattenzione ai soggetti che questa famiglia compongono. Questo nome collettivo a me dice poco o nulla, vorrei invece che si parlasse dei diritti delle donne e dei bambini che dalla famiglia vengono nascosti. Lei ha affermato che spesso non si ascolta il minore perché ci si accontenta di quello che dicono gli adulti e che l'articolo 12 della Convenzione il di New York il più delle volte viene disatteso, proprio per il fatto che si ritiene che i genitori rappresentino il bambino. Credo che lo stesso avvenga per quanto riguarda la figura dei medici scolastici. Non possiamo certo pensare che sia solo la famiglia a difendere il minore anche se nella maggior parte dei casi fortunatamente questo avviene; in altri casi questo purtroppo non avviene e credo sia compito dello Stato e delle pubbliche istituzioni garantire al bambino dei punti di riferimento, tra i quali proprio il medico scolastico, anche dal punto di vista della salute oltre che per scoprire eventuali malefatte o abusi. Anche del fatto che questa figura nel tempo si sia smarrita siamo responsabili noi legislatori, pertanto cosa potremmo fare concretamente per recuperarla?
Lei ha fatto un accenno critico - che condivido - a Telefono Azzurro sottolineando come la sua esistenza evidenzi carenze da parte delle pubbliche istituzioni (Telefono Azzurro, comunque, è ampiamente finanziato dal pubblico). Mi chiedo perché non intervengano gli uffici arcobaleno delle questure ed i servizi sociali dei comuni molto più adatti ad occuparsi di queste questioni, i quali dovrebbero raccogliere le segnalazioni degli abusi mettere e in atto le risposte necessarie.
Un'altra questione che mi colpisce sempre molto è quella dell'accattonaggio infantile. Abbiamo approvato una legge per impedire l'uso dei cagnolini come mezzi per l'accattonaggio, forse ai neonati che vengono normalmente utilizzati per suscitare pietà o ai bambini utilizzati per accattonare dovremmo riconoscere gli stessi diritti. I cittadini non sanno cosa fare tranne, eventualmente, rivolgersi alle forze dell'ordine; ci vorrebbe invece un servizio sociale che interviene presso i genitori per verificare perché mandino i bambini ad accantonare e li aiutino ad affrontare i loro problemi. Lei ci ha parlato di una azione manuale realizzata a Roma, vorremmo che ce la descrivesse meglio per poterla eventualmente suggerire ad altri.
Quanto alle osservazioni dell'onorevole Burani Procaccini, le lacune della legge n. 269 del 1998 sono state molto opportunamente evidenziate dalla dottrina; se volete, possiamo rivederci ed esaminarle una per una, introducendo dei correttivi che non hanno alcun costo e che sono condivisi più o meno da tutti. Molto probabilmente in alcuni casi si tratta di lacune volute, nel senso che, se colmate, andrebbero a ricoprire la sfera del singolo che viceversa forse il legislatore ha voluto lasciare al suo libero arbitrio. Mi riferisco per esempio all'ipotesi di scuola del soggetto pedofilo che fotografa un bambino al mare e che poi utilizza questo materiale per le sue perversioni, senza che il minore si sia in alcun modo accorto di essere oggetto di questa fotografia. Si tratta di un'ipotesi di scuola che però forse è sottratta alla sanzione penale perché ricompresa nella sfera di scelta della libertà del singolo; è un elemento sul quale ci potremo soffermare, ma a mio giudizio occorrerebbe dedicare una seduta solo a questo.
È vero quanto da lei notato, vale a dire che è in atto nel nostro paese un sotterraneo movimento - e non tanto sotterraneo - pro pedofili. Vi è una forma di organizzazione intellettuale parallela che porta avanti questo pensiero che tutti noi troviamo assolutamente aberrante ma che purtroppo trova una serie di proseliti. Il problema è che di regola il pedofilo coltiva i suoi vizi attraverso la sua attività lavorativa, perché frequentissimi sono i casi di pedofili che vivono costantemente a contatto con i giovani: sono allenatori, educatori, catechisti, maestri, professori, cartolai, tutti soggetti che scelgono l'attività lavorativa in relazione alla loro perversione. Quindi a mio giudizio bisogna riuscire ad agire anche con misure amministrative nei confronti di soggetti di questo genere, nel senso che per esempio ai commercianti che esercitano attività che li portano a contatto con i minorenni dovrebbe essere immediatamente ritirata la licenza qualora inequivocabilmente fosse accertato trattarsi di soggetti affetti da turbe di questo genere, specie se addirittura incurabili, come in tutta una serie di patologie assolutamente incontrollabili anche sul piano farmacologico. Questa storia dell'orgoglio pedofilo è vera ed è un fenomeno che non va sottovalutato, ma va esaminato attentamente.
Per quanto concerne la sua lunga serie di osservazioni, noi abbiamo molte carenze legislative, però in ordine alle violenze sessuali ed alla pedofilia ho detto che in realtà le norme ci sono e sono estremamente efficaci; mancano alcuni correttivi. Mi riferisco per esempio al problema cosiddetto degli ordini di protezione. In altri paesi, specie negli Stati Uniti, il soggetto abusante o violento può essere allontanato dal nucleo familiare inaudita altera parte nell'arco di 48 ore sulla base non solo della denuncia ma di certificati medici. Noi non abbiamo questa possibilità e siamo costretti ad intervenire sul soggetto abusato; se l'autore del reato non è stato tratto in arresto siamo costretti ad allontanare il minore vittima del reato o il minore con la madre, nel migliore delle ipotesi (o il minore con il padre nel caso che l'abusante sia la madre) oppure a consegnarlo ai nonni, perché non abbiamo un provvedimento di tipo coercitivo da poter adottare immediatamente nei confronti dell'abusante.
L'associazione donne magistrato, associazione che ho fondato tanti anni fa con le mie colleghe, al termine di un convegno mondiale sulla violenza domestica ha preparato una specie di proposta di legge (anche se non è nostro compito presentarle, ci siamo sentite di farlo) che è stata poi firmata da rappresentanti di tutte le forze politiche, ma non so che fine abbia
Certamente è uno strumento che si presta anche a grandi abusi, perché adesso abbiamo il boom delle denunce ritorsive nelle separazioni e nei divorzi burrascosi: ci sono molti soggetti colti da improvvisi attacchi di pedofilia! In realtà la denuncia ritorsiva già ha in sé il germe del cattivo esercizio della potestà genitoriale e quindi a mio giudizio chi fa una denuncia ritorsiva dovrebbe di per sé perdere la potestà genitoriale; invece viene guardata con un certo lassismo e con tolleranza. Nel nostro paese siamo pieni di falsi positivi e di falsi negativi, con buon incremento delle parcelle di avvocati e consulenti tecnici: evidenziare chiaramente i sintomi dell'abuso è estremamente difficile, ma non è impossibile, talché una serie di regioni hanno creato delle linee guida che sono state distribuite nei reparti di pronto soccorso degli ospedali proprio per aiutare il medico che interviene per primo a capire cose si celi dietro quel tipo di percossa. La medicina ha lavorato tanto su questa materia, che non è nemmeno di difficile apprendimento, perché anche chi non è laureato in medicina, leggendo questa specie di vademecum, riesce a districarsi. Comunque la regione Lazio l'ha redatto e distribuito, e io posso fornirvelo.
Quanto al problema della carenza di tutela nell'immediatezza, è indispensabile inserire nell'articolo 403 del codice civile, tra le figure legittimate alla protezione
Per quanto riguarda le politiche per la famiglia, sono d'accordo con le osservazioni che sono state fatte anche perché ci sono forme di aggregazione molto diverse e non sappiamo quali si affermeranno, trascuriamo invece i soggetti cosiddetti deboli di questi nuclei familiari che si vanno sempre più disaggregando e sono sempre più spesso composti di soli due soggetti. Continuiamo ad adottare politiche della famiglia basate su una vecchia immagine che non risponde più alla realtà dei nostri giorni.
In ordine al problema dei medici scolastici mi fa piacere che si sia d'accordo con me sulla scomparsa di questa figura importante. Per quanto riguarda il Telefono Azzurro, rilevo che questi organismi devono poi comunque riferire al tribunale dei minorenni e alla procura ordinaria, quindi sono davvero sintomatici di qualcosa che non funziona soprattutto nei servizi sociali, i quali non sono in grado di raccogliere le estrazioni perché eccessivamente oberati di lavoro. Va poi evidenziato anche un altro elemento, quello della grande diffidenza che i servizi sociali suscitano negli utenti: essi non sono visti come quelli che aiutano a risolvere i problemi, ma come quelli che per antonomasia portano via i figli. Ci sono grandi problemi di comunicazione anche perché l'utente del servizio sociale è quasi sempre donna e l'assistente sociale è quasi sempre di sesso femminile; si innestano allora, purtroppo, dinamiche femminili incontrollabili caratterizzate dalla non comprensione. Mi danno sempre a ribadire che lo Stato dovrebbe essere amico e non nemico, ma è difficile farlo capire agli utenti e il servizio sociale viene vissuto molto male a livello di opinione pubblica. Va anche detto che per parte loro i servizi sociali non si mettono mai in discussione: tutte le volte che ho osato esprimere il mio pensiero su di essi sono stata costretta a giustificarmi con il procuratore generale, perché i servizi sono ritenuti intoccabili anche dal punto di vista dell'immagine esterna, mentre il fatto che siano messi continuamente in discussione se non altro a livello mass-mediologico dovrebbe far riflettere sul fatto che forse nella loro gestione c'è qualcosa che non va.
Dichiaro conclusa l'audizione.