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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York nel 1989, l'audizione del dottor Giuseppe Messa, direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni, sull'attività di contrasto on line rispetto ai siti Internet con contenuti pedofili e del dottor Carmine Corvo, vicequestore - direzione centrale polizia criminale - sull'azione svolta dal Ministero dell'interno sul problema dei bambini scomparsi.
tratta di comprendere come si possa fermare o contrastare il commercio on line dei bambini, che per la natura stessa del mezzo Internet ha un carattere mondiale.
CARMINE CORVO, Vicequestore della direzione centrale della polizia criminale. Onorevole presidente, desidero innanzitutto ringraziare lei e gli onorevoli senatori e deputati della Commissione che hanno voluto coinvolgere il dipartimento nei loro lavori, ai quali ci auguriamo di poter dare un contributo.
un minore sia da considerarsi scomparso, per cui si può spaziare indifferentemente dall'allontanamento volontario del diciassettenne dalla propria abitazione, alla scomparsa misteriosa del bambino di pochi anni che, voltato l'angolo di casa, sparisce. In mancanza di un parametro univoco, nella banca dati interforze vengono inseriti tutti i nominativi dei minori dei quali viene segnalato l'allontanamento.
di origine albanese, seguono i marocchini. Queste reiterate fughe dai centri di accoglienza stanno a dimostrare, forse, il fallimento dei tentativi di inserire questi minori stranieri nella nostra società. In ogni caso, mentre per gli albanesi abbiamo conseguito buoni successi, nel senso che questi minori sono disposti a collaborare ed a denunciare i loro sfruttatori, non possiamo dire altrettanto per i ragazzi marocchini, i quali rivendicano la loro autonomia e difficilmente denunciano i loro sfruttatori.
GIUSEPPE MESSA, Direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni. È innanzitutto doveroso un ringraziamento da parte mia e del mio ufficio
per l'opportunità che ci viene data di informare la Commissione di un'attività che cerchiamo di svolgere al meglio nell'interesse dei cittadini. Il nostro servizio, nato in un momento particolarmente significativo che va collocato fra l'approvazione della legge n. 249 istitutiva dell'autorità garante sulle telecomunicazioni e la legge n. 269 sullo sfruttamento della prostituzione dei minori, ha un obiettivo più ampio rispetto alla problematica specifica della pedofilia on line. Il servizio ha infatti competenza sull'intero territorio nazionale riguardo a problematiche di ampio respiro e di contrasto generale alla criminalità informatica; questo compito è stato attribuito ad un organo della polizia di Stato essendo stata la polizia, a suo tempo, individuata come quella preordinata al contrasto dei reati nel settore delle telecomunicazioni con direttiva del ministro dell'interno pro tempore.
di operare come «agente provocatore» per ottenere scambi di materiali. Il tutto con l'intento non di promuovere attività illegali ma di verificare la presenza di soggetti interessati a questo tipo di attività.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Messa, per la sua relazione, con la quale ci ha dato un'idea dell'attività di ricerca e monitoraggio, però noi vorremmo sapere quale sia l'azione di contrasto che portate avanti una volta scoperto un sito.
ELISA POZZA TASCA. Prima di entrare nel merito di quanto ci è stato detto, vorrei fare una riflessione sullo stato d'animo delle famiglie di persone scomparse. Ho vissuto l'esperienza dei genitori di Milena Bianchi e posso dire che da quando è stato restituito un corpo essi hanno ritrovato la pace anche se con una grande tristezza. Soltanto chi prova a vivere vicino a queste persone sa cosa voglia dire la scomparsa di un familiare o di un figlio senza sapere che fine abbia fatto.
se si va dopo cinque giorni si scopre che altri due o tre bambini sono scomparsi, perché sono dei numeri. Lei ha detto che i bambini albanesi si ribellano e collaborano mentre i marocchini non lo fanno: ciò dipende dal fatto che i bambini albanesi sono rubati o venduti, mentre i marocchini (che abbiamo avuto occasione di vedere in un istituto per minori) sono ragazzi che cercano un futuro nel nostro paese, vengono per lavoro e molte volte con il consenso della famiglia, per cui è logico che non sporgano denuncia perché in questo modo cadrebbe il loro progetto di vita.
MARIA BURANI PROCACCINI. Condivido al cento per cento quanto ha detto la collega Pozza Tasca e rispondo io al vostro posto alla sua ultima osservazione dicendo che le organizzazioni criminali hanno molti più soldi e mezzi delle forze dell'ordine italiane.
fecero piangere tutta l'Italia - e chiesero che il bambino fosse loro restituito perché andasse ancora a rubare nelle case.
ATHOS DE LUCA. Da questa audizione, pur molto interessante, traggo delle prime conclusioni molto negative, mi pare cioè che siamo molto inadeguati rispetto a questi fenomeni emergenti (mi riferisco soprattutto a Internet). Vorrei chiedere a voi qualche indicazione in ordine a cosa si può fare per essere più efficienti nel contrasto di queste situazioni, vorrei sapere cioè se sia un problema di mezzi, di uomini, di tecnologie, di norme. Sappiamo che non sono possibili interventi miracolistici, mi pare però che quello che lo Stato sta facendo sia troppo poco; vorremmo quindi sapere - lo ripeto - alla luce del vostro osservatorio quali siano le misure di carattere logistico, tecnico, organizzativo e divulgativo di cui potremo proporre l'introduzione, perché avere una organizzazione che si limita a fornire solo dei numeri a mio parere equivale ad un fallimento. Questo ci fa sentire semplicemente i notai di una situazione, mentre vorremmo essere qualcosa di più, vi chiediamo quindi cortesemente di fornirci, senza alcuna riserva, indicazioni che possano esserci utili, anche perché questa Commissione ha dei poteri, sia pur limitati, per intervenire.
GIUSEPPE MAGGIORE. Mi ha sorpreso piacevolmente ascoltare i dati relativi ai bambini italiani, credo però sia doveroso da parte nostra utilizzare i dati generali, perché ci devono interessare anche i minori stranieri. Per quanto riguarda la relazione del dottor Corvo, vorrei sapere se c'è la possibilità di un raffronto di questi dati a livello europeo, almeno con i paesi che hanno fenomenologie analoghe alle nostre, e se c'è un monitoraggio riguardo alle motivazioni di queste scomparse.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Vorrei ricordare ai colleghi che è stata soprattutto la legge n. 269 - ed è stato soprattutto il Senato ad inserirle in essa - a prevedere tutte le possibilità per un'efficace azione di contrasto in rapporto alla lotta allo sfruttamento dei minori a fini sessuali; ringrazio in proposito la precisione dell'onorevole Pozza Tasca che ha voluto ricordare la questione delle minorenni donne, soprattutto dei paesi ex socialisti, che vengono portate in Italia a tale scopo. Poiché è soprattutto attraverso Internet che questo può avvenire, la legge n. 269 ha voluto dotare le forze dell'ordine di mezzi adatti a combattere questo fenomeno..
vesti dicendo «noi», perché questo è il problema del 2000, un problema che non si era mai posto prima.
FRANCESCA SCOPELLITI. Chiedo scusa per il ritardo; leggerò le vostre relazioni nel resoconto stenografico della seduta. Nonostante il ritardo non ho rinunciato ad essere presente perché, pur essendo per me quello di Internet un mondo affascinante e sconosciuto, desidero porre ai nostri ospiti due domande.
ELISA POZZA TASCA. Ho chiesto di nuovo la parola per porre una breve domanda forse banale. Perché il progetto viene chiamato Arcobaleno quando già
esiste il Telefono Arcobaleno? Abbiamo la cattiva esperienza della missione Arcobaleno che non ha lasciato un buon ricordo e, tra l'altro, qui più che di arcobaleno occorrerebbe parlare di tempesta. Comunque, sarebbe meglio non abusare di questo termine perché rischiamo di creare confusione.
CARMINE CORVO, Vicequestore della direzione centrale di polizia criminale. Indubbiamente c'è molto da fare, ma la mia relazione era solo espositiva del fenomeno, non intendeva certo a sminuire un problema, quello dei minori scomparsi, che c'è e sul quale la nostra attenzione è massima.
1996; sicuramente si tratta di una coincidenza, comunque non abbiamo depositato il nome.
GIUSEPPE MESSA, Direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni. Cercherò di rispondere contemporaneamente ai quesiti su temi contigui, iniziando dagli aspetti riguardanti i rapporti con gli agenti provocatori e gli infiltrati. Probabilmente sono stato troppo sintetico e non ho esposto adeguatamente non tanto il concetto quanto la dinamica.
Ciò è accaduto, ma - come si usa dire - chi non lavora non sbaglia. In esperienze di questo tipo ci siamo avvalsi della collaborazione di professionisti di vario livello, contattando anche la direzione centrale antidroga.
uffici si occupino dello stesso problema, con conseguente dispersione di risorse e con il risultato che alla fine due uffici prendono atto che un terzo ha già provveduto in quella direzione. È un fatto spiacevole perché magari vengono coinvolti tre magistrati diversi e vengono aperti tre fascicoli diversi. Queste non sono ipotesi di lavoro ma fatti reali, provocati da chi con uno spirito di forte impegno e magari per eccesso di zelo e di entusiasmo ha determinato queste condizioni. Ci sono state segnalazioni di Telefono Arcobaleno che sono state vissute in questo modo, noi le abbiamo elaborate ed approfondite ed in molti casi hanno avuto risultati positivi, ma alcune volte è difficile dare seguito alle segnalazioni in queste condizioni.
in sede di approfondimento delle problematiche riguardanti la cyber criminalità nell'ambito della direttiva in corso di emanazione da parte del Consiglio d'Europa; si tratta però di una problematica da affrontare in ambito transnazionale. Dal punto di vista tecnico stiamo cercando di coinvolgere aziende leader dei diversi settori in termini di produzione di software e di hardware, ed i gestori dei servizi di collegamento per individuare gli strumenti tecnici migliori per fare attività di filtro e di intervento; se poi avrete pazienza, la dottoressa Ascenzi potrà illustrare rapidamente come si può procedere una volta identificato un sito ed il soggetto che lo gestisce.
FRANCESCA SCOPELLITI. Il magistrato si fida di quello che gli dite voi, quindi l'avviso di garanzia è come se lo faceste voi.
GIUSEPPE MESSA, Direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni. È una potestà che non abbiamo, è comunque uno sforzo che compiamo con molto piacere e molta umiltà, cercando di scrivere i documenti che inviamo all'autorità giudiziaria arricchiti da una serie di richiami e annotazioni in modo da illustrare metodologia, percorsi, processi logici e definizioni e consentire al magistrato, che può non avere la conoscenza specifica necessaria, di valutare approfonditamente. Devo comunque dire che in molte procure si sta procedendo progressivamente alla assegnazione ad un pool di magistrati di tutte le problematiche attinenti al mondo di Internet o dell'informatica, favorendo in questo modo una specializzazione all'interno della categoria per evitare che sia «ostaggio» di ciò che viene raccontato dalla polizia giudiziaria o da qualche consulente. Da questo punto di vista, abbiamo fatto una serie di informative nelle quali erano più gli spazi dedicati all'illustrazione che quelli riferiti alla descrizione dell'episodio. Se non riusciamo ad essere chiari, siamo ben disponibili ad approfondire, ma nel caso specifico non ho strumenti di risposta alla domanda specifica.
FRANCESCA SCOPELLITI. La domanda specifica richiedeva una risposta generale, nel senso che la materia, di difficile comprensione, rischia di portare a stralciare e offendere le garanzie individuali.
GIUSEPPE MESSA, Direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni. Non voglio aggravare il suo convincimento per cui «siamo tutti schedati» riferito all'episodio della scheda telefonica. Le posso dire che, laddove si riesce a collegare una situazione ad una persona, è perché ci sono dati certi di riferimento, partendo da una situazione di tipo tecnico
ed informatico che poi si realizza in un'investigazione pura ed ordinaria che porta all'identificazione della persona. Su questo non ci sono dubbi. Non abbiamo gli strumenti ordinari per poter inquisire una persona se non sulla base di indicazioni certe, che spesso sono rappresentate da documentazione fotografica, magari digitalizzata, che però noi possiamo stampare in qualsiasi momento.
MARIA CRISTINA ASCENZI, Commissario capo della sezione antipedofilia su Internet. Vorrei fare un breve intervento di chiarificazione, anche se molto spesso la rapidità in queste argomentazioni può ingenerare qualche sospetto di superficialità.
proprio nell'intento di evitare che poi, venendo prosciolti i soggetti, vi possano essere azioni di rivalsa da vari punti di vista. Quindi non si ritiene opportuno portare a compimento un'indagine se non quando ci sono tutti gli elementi di natura pratica.
PRESIDENTE. Ringrazio, a nome della Commissione, i nostri ospiti per il loro impegno, e chiedo alla dottoressa Ascenzi la sua disponibilità a tornare per un'altra audizione, così da approfondire meglio come si svolga questo tipo di attività attraverso Internet.
La seduta termina alle 16,5.
L'audizione mira ad approfondire sotto l'aspetto tecnico la problematica dei bambini scomparsi e del loro frequente sfruttamento sessuale attraverso Internet. Essa si colloca nell'ambito dell'indagine conoscitiva avviata dalla Commissione sull'attuazione della convenzione ONU, con particolare riferimento all'articolo 34. Si tratta di un tema che interessa trasversalmente i vari gruppi di lavoro istituiti presso la Commissione: il gruppo sul rapporto tra mezzi di informazione e minori, coordinato dal senatore De Luca; quello sullo sfruttamento dei minori, coordinato dall'onorevole Pozza Tasca; quello sulla giustizia minorile, coordinato dall'onorevole Scantamburlo, e quello sull'immigrazione e la scomparsa di minori, coordinato dal senatore Maggiore.
Su questo tema si sta innestando quello che può essere definito il male del nuovo secolo, cioè la tratta degli esseri umani e, in modo particolare, dei bambini; tratta dei bambini significa effettuarne un commercio ed uno sfruttamento a fini sessuali ed è un fenomeno che sta assumendo aspetti molto preoccupanti. Ritengo che la Commissione su questo tema debba avviare un ciclo di audizioni ed esprimere la propria posizione in un documento di indirizzo. Quando si apprende di navi cariche di donne e di bambini che arrivano clandestinamente sulle nostre coste, non si può non pensare a quale sia il destino che molto spesso attende i minori non accompagnati e, con altre problematiche, anche le donne.
Vorremmo conoscere quale sia l'entità del fenomeno e come il nostro paese lo stia affrontando. Da un lato vi è il problema dei bambini scomparsi, che può avere o meno un collegamento con quello dei minori non accompagnati presenti sul nostro territorio: in proposito vorremmo comprendere l'entità reale del fenomeno e non solo quella accertata; dall'altro lato si
Do subito la parola al dottor Carmine Corvo, vicequestore della direzione centrale della polizia criminale.
Mi presento brevemente: sono in servizio presso la direzione centrale della polizia criminale, una delle articolazioni del dipartimento della pubblica sicurezza, attraverso la quale il capo della polizia, in base alle direttive del ministro, detta la politica anticrimine sul territorio nazionale, quindi, rappresento un ufficio centrale.
Nell'ambito della direzione, sono direttore di una divisione nella quale è stata costituita un'apposita unità che si occupa esclusivamente delle problematiche inerenti ai minori dal punto di vista della delittuosità minorile e soprattutto da quello del minore vittima di reati.
Sintetizzerò ciò che è riportato in due documenti che, se il presidente consente, lascerò a disposizione della Commissione.
Vorrei precisare che sul tema dei minori il dipartimento della pubblica sicurezza con il progetto Arcobaleno, nel maggio del 1996, ha istituito, presso ogni questura della Repubblica, un apposito ufficio (uffici minori) con competenza esclusiva sulla problematica minorile. Accanto a questi uffici, a livello centrale, vi è l'unità specializzata alla quale ho fatto cenno; si tratta di un'unità centrale con compiti di raccordo dal centro in periferia. Gli uffici minori istituiti nel 1996 hanno tre compiti fondamentali: fungono da pronto soccorso per le esigenze dei minori e delle famiglie in difficoltà; cercano contatti in rete con le altre istituzioni che nell'ambito della provincia si occupano dello stesso problema (mi riferisco a istituzioni pubbliche e private: tribunale per i minorenni, servizi sociali dei comuni, associazioni di volontariato); si occupano di monitoraggio dei fenomeni delittuosi inerenti ai minori.
Accanto a questi uffici, in attuazione della legge n. 269 del 1998, sono state istituite delle unità specializzate, sempre presso le questure, con incarichi di natura meramente investigativa. Quindi, abbiamo da un lato l'ufficio minori, che segue gli aspetti di carattere generale che ho elencato prima, e dall'altro le unità specializzate che si occupano esclusivamente delle investigazioni. In ogni caso i componenti degli uffici minori e delle unità specializzate hanno frequentato un apposito corso che ha consentito loro di acquisire la sensibilità necessaria per trattare problematiche delicate come quelle dei minori.
Fatta questa premessa, passo al tema all'ordine del giorno, anche se - lo ripeto - il mio ufficio si occupa della problematica minorile nella sua interezza. Il problema dei minori scomparsi è all'attenzione dell'ufficio centrale e delle articolazioni periferiche, stanti gli indubbi rischi in cui possono incorrere i minori al di fuori del loro contesto familiare o il loro possibile coinvolgimento in attività delittuose o in qualità di vittime di delitto.
Sul tema dei minori scomparsi ritengo assolutamente necessario - e ringrazio la Commissione per avermi dato questa possibilità - fare delle precisazioni. Se ci riferissimo unicamente all'archivio in cui vengono inseriti i minori scomparsi e parlassimo solo di numeri potremmo destare un allarme probabilmente eccessivo. Quindi, quando si risponde alla domanda «quanti sono i minori da rintracciare?», occorre fare un commento sul numero per evitare di destare eccessivi allarmi sociali.
Prima di parlare dei numeri, faccio qualche ulteriore premessa. Come si regolano le forze dell'ordine per decidere quali nominativi inserire nell'archivio delle persone scomparse? Non esiste un parametro univoco per stabilire quando
Vediamo ora quali sono le procedure seguite dalle forze dell'ordine quando viene segnalata la scomparsa di un minore. Innanzitutto il nominativo del minore, le sue caratteristiche somatiche e una breve descrizione delle modalità dell'allontanamento vengono inseriti in una banca dati centralizzata a disposizione di tutte le forze dell'ordine. Contemporaneamente viene trasmesso a tutti gli uffici territoriali un telex circolare nel quale sono riportati i dati somatici, le modalità della scomparsa ed ogni altra notizia utile alla ricerca. Ovviamente il telex può essere o meno indirizzato verso determinate zone se si suppone che il minore possa trovarsi in un posto anziché in un altro; altrimenti viene diffuso su tutto il territorio nazionale ed anche in ambito internazionale, mediante l'Interpol, se si suppone che il minore possa essere stato portato all'estero.
La reazione delle forze dell'ordine è proporzionata all'evento. Se si ritiene che possa essersi verificato o si possa verificare un evento delittuoso viene fatta un'immediata segnalazione all'autorità giudiziaria e si dà il via alla pertinente attività info-investigativa. Queste sono in sintesi le procedure, ma in pratica - ripeto - ad ogni evento segue una reazione proporzionata. Cito ad esempio il caso di Angela Celentano: in casi simili nell'immediatezza della denuncia si fa tutto il possibile, si passa dal rastrellamento, all'uso delle unità cinofile e di quelle eliportate, mentre naturalmente la reazione sarà diversa se la denuncia riguarda l'allontanamento volontario di un diciassettenne che potrebbe essere scappato con una ragazza per andare a vivere altrove. Comunque, tutti vengono inseriti nella banca dati, ma la risposta delle forze dell'ordine è diversa.
Come dicevo prima, per parlare di numeri occorre anche fare commenti. Tramite gli uffici minori abbiamo approfondito il problema e l'ultima analisi riguarda il biennio 1998-1999. Le denunce pervenute alle forze dell'ordine nel 1998 (i numeri sono indicati nel documento che lascerò alla Commissione) sono 3.380 e nel 1999 sono 3.490 (negli ultimi anni si è registrata una media di circa 3.400 denunce l'anno). A distanza di un anno il numero si abbatte per circa l'80 per cento, nel senso che circa l'80 per cento dei minori segnalati rientra nelle proprie abitazioni o viene rintracciato dalle forze dell'ordine.
Nello stesso biennio 1998-1999, su un totale di 6.870 denunce sono stati rintracciati 5.202 minori e ne risultano da rintracciare 1.668, alla data del 14 maggio. Il numero è elevato e citato senza fare commenti genera una giusta preoccupata reazione, abbiamo quindi ritenuto opportuno approfondirlo esaminando le motivazioni sottese alla denuncia. Il primo dato che balza all'attenzione e che vorrei sottolineare è che di questi 1.668 minori 1.428 - cioè l'85,6 per cento - sono stranieri e 240, cioè il 14,4 per cento, sono italiani. Ciò ci fa pensare ai collegamenti logici con i recenti flussi di immigrazione clandestina.
Ulteriori dettagli emergono ponendo l'attenzione sulle varie fasce di età. Il numero più elevato dei minori dai 15 ai 18 anni riguarda gli stranieri (904) che si sono allontanati dagli istituti di accoglienza ai quali erano stati affidati dai tribunali. Si tratta di stranieri giunti sul territorio nazionale con i recenti flussi di immigrazione clandestina che, per una maggiore tutela, vengono affidati agli istituti di accoglienza dai quali scappano per ricongiungersi, purtroppo, con gli adulti che li hanno portati sul territorio italiano per poterli sfruttare soprattutto nei settori dell'accattonaggio e dello spaccio di sostanze stupefacenti o come lavavetri agli angoli delle strade. La maggioranza sono
Ci sono poi 60 casi di allontanamento volontario dal domicilio e 19 casi di richieste di rintraccio per l'esecuzione di provvedimenti da parte dell'autorità giudiziaria, tra questi ragazzi stranieri infatti ci sono molti nomadi che l'autorità giudiziaria ci chiede di rintracciare per poterli affidare agli istituti. Sempre nella fascia di età 15-18 anni, per quanto riguarda gli italiani inseriti in questa banca dati, ci sono 80 casi di allontanamento volontario dal domicilio, 48 casi di allontanamento da istituti di assistenza ed una serie di altre situazioni in ogni caso non riconducibili ad eventi delittuosi.
Lo stesso discorso si può fare per la fascia di età 11-14 (nel documento che lascerò a disposizione della Commissione è contenuta anche una descrizione di dettaglio dei singoli casi), mentre sicuramente più rischio è la fascia di età 0-10 anni, perché in questo caso anche l'allontanamento volontario va immediatamente approfondito. Con riferimento a questa fascia di età nella banca dati del biennio 1998-99 sono contenuti 63 nominativi, dei quali 109 stranieri e 54 italiani. A questo proposito mi permetto di richiamare l'attenzione su un problema, cioè sul conflitto che spesso sorge nell'ambito delle cause di separazione tra coniugi; la maggior parte di questi bambini, infatti, sono sottratti da uno dei coniugi durante la causa di separazione. Per i minori italiani la maggior parte dei casi di ricerca è riferita a sottrazione dei minori, in particolare in 32 casi il minore è stato sottratto dalla madre, in 9 dal padre, ed in 3 casi sono stati entrambi i genitori ad allontanarsi con il minore che il tribunale aveva affidato ad appositi istituti. Per quanto riguarda gli stranieri, la prevalenza degli inserimenti (54 casi) è stata determinata da allontanamento volontario dagli istituti dove i minori, in prevalenza nomadi, erano stati collocati; vi sono poi 26 casi di sottrazione da parte della madre, 4 da parte del padre e 10 da parte di entrambi i genitori.
Concludendo, possiamo dire che i riscontri operativi escludono al momento l'esistenza di organizzazioni criminali che si siano rese responsabili di sottrazione di minori italiani sul territorio nazionale per il successivo sfruttamento nel mondo della pedofilia e della prostituzione minorile; si può escludere inoltre, in base alle acquisizioni investigative, che si siano verificati episodi di minori scomparsi rimasti vittime di espianto di organi come in alcune circostanze è stato paventato.
Il numero dei minori effettivamente scomparsi è piuttosto esiguo, comunque, per poter focalizzare meglio il fenomeno, su direttiva del capo della polizia, è stato recentemente aperto un sito Internet, nel quale sono state inserite le immagini di alcuni minori e una descrizione delle modalità della loro scomparsa. Attualmente ci sono 19 casi, da quelli più noti (Angela Celentano, Manuela Orlandi, Giuseppe Sanmiceli scomparso recentemente a Catania, Mirella Gregorio e così via), e quelli meno noti. Questo sito è stato realizzato con la collaborazione della Computer Associates e con il National Centre of missing children statunitense, un organismo non governativo collegato con il dipartimento della giustizia statunitense. Il sito è accessibile agli indirizzi www.missingkids.it e www.bambiniscomparsi.it e nella documentazione che vi lascerò è descritto in dettaglio come è raggiungibile e cosa vi è riportato.
Resto naturalmente a disposizione per eventuali domande.
Per riservare in questo incontro un'attenzione maggiore alla problematica specifica della pedofilia on line, abbiamo preparato un documento più ampio che contiene informazioni più diffuse sull'impianto complessivo della nostra attività che lasceremo a disposizione della Commissione.
L'ufficio è articolato in una sede centrale, con funzioni di coordinamento dell'attività operativa ed investigativa, ed in uffici periferici; ci tengo a precisare che ci sono almeno 19 compartimenti, uno per regione, che al momento svolgono sul territorio attività in questo senso (sul territorio per modo di dire, trattandosi di pedofilia on line). Nell'ambito dell'ufficio centrale esiste una specifica sezione della divisione operativa che si occupa esclusivamente dell'attività di contrasto alla pedofilia on line; la sua attività ha prodotto in questi due anni una serie di risultati concreti - descritti in dettaglio nella documentazione che vi ho portato - a seguito di attività investigative svolte sia in ambito nazionale sia internazionale (se lo riterrete utile, potremo poi entrare nel dettaglio di due episodi di particolare significato del settembre 1998 e del febbraio 1999: l'operazione Cathedral, nata da spunti investigativi esteri che ha consentito di procedere a interventi ed arresti in diversi paesi, tra cui l'Italia). Sono stati quindi effettuati arresti e sono state fornite prove documentali che hanno consentito ad altri paesi di perseguire al loro interno soggetti collegati con l'organizzazione. È stato per noi motivo di soddisfazione partecipare a questa operazione ed il nostro personale ha recentemente testimoniato negli Stati Uniti nel corso dei processi celebrati a carico di questi soggetti.
Va considerato che spesso quella investigativa è un'attività di informazione, approfondimento, monitoraggio e ricerca che non consegue immediatamente risultati, ma questi arrivano invece nel tempo. Si deve tener conto, inoltre, che i livelli di pena previsti per questi reati sono tali che spesso è difficile procedere all'arresto, le persone coinvolte vengono quindi denunciate a piede libero perché non ci sono le condizioni giuridiche per perseguirli in stato di arresto. A partire dall'agosto 1998 ci sono stati 19 arresti e un fermo di polizia giudiziaria, 212 persone sono state sottoposte ad indagine e sono state effettuate 106 perquisizioni. Negli ultimi sei mesi sono state promosse 386 segnalazioni ad organismi investigativi stranieri concernenti problematiche di pedofilia on line, che erano il risultato di approfondimenti investigativi condotti da noi che portavano a situazioni che dovevano essere perseguite all'estero; attraverso l'Interpol sono stati informati gli organismi collaterali stranieri che hanno proceduto nella direzione necessaria; abbiamo monitorato più di tremila siti, newsgroup o chat-line e sono stati aperti circa 150 fascicoli.
Mi preme approfondire un aspetto di particolare importanza per noi e che è il punto centrale del nostro impegno di lavoro, anche in applicazione di una norma della legge n. 269 che riteniamo ponga l'Italia abbastanza all'avanguardia rispetto agli altri paesi. Di grande significato per noi risulta essere la cosiddetta attività sotto copertura, che consente al personale di polizia, su delega del magistrato,
Ciò che ci preme far emergere è lo sforzo che stiamo conducendo, su direttiva del capo della polizia, per attivare un sistema di coordinamento centralizzato piuttosto stringente per favorire l'ottimizzazione delle risorse evitando duplicazioni o situazioni poco piacevoli. In rete tutti possono entrare e qualificarsi come vogliono, quindi personaggi benpensanti, magari genitori di buona volontà, potrebbero trovarsi a commettere reati difficili da giustificare. Il fatto diventa delicato nel momento in cui il nostro personale, operando su delega precisa del magistrato con riferimento ad un fascicolo aperto, rischia di impattare in soggetti, anche benpensanti o ammantati di una qualifica istituzionale, che si muovono in rete senza quell'unica copertura che può garantire l'esenzione dalla responsabilità e che può giustificarne l'atteggiamento, quella cioè del magistrato. Ci siamo trovati in situazioni in cui altri uffici di polizia stavano operando sullo stesso caso di cui noi ci occupavamo; può accadere che su un fatto costituente reato indaghino più uffici, però occorre evitare che più uffici svolgano attività di provocazione in rete, perché vi è il rischio che si provochino a vicenda.
Il coordinamento ci consente di avere un data base centrale nel quale raccogliamo tutte le attività sotto copertura avviate in collaborazione con l'autorità giudiziaria in periferia con l'indicazione dei nick names utilizzati, in modo che il soggetto che si occupa di un caso, quando si imbatte in un interlocutore che opera in un determinato modo, può svolgere una verifica attraverso il nostro ufficio centrale. Ciò rende evidente l'impossibilità di affidare indagini di questo tipo a persone diverse dagli appartenenti alle forze di polizia.
Sono a disposizione degli onorevoli commissari per gli eventuali chiarimenti.
Lavorando con una associazione di famiglie di scomparsi (adulti), colgo la loro peregrinazione da un obitorio all'altro per il riconoscimento del congiunto. Per me è stato tristissimo scoprire che le salme vengono tenute mesi e mesi e i parenti degli scomparsi sono chiamati nelle varie città per il riconoscimento (ricordo due famiglie di Torino le cui figlie sono scomparse da cinque anni). Dobbiamo capire che ci stiamo occupando non di numeri ma di sofferenze: credo che tutti noi, le istituzioni e le forze di polizia, dobbiamo lavorare più vicini ai problemi delle famiglie.
Ho verificato oggi cosa il cittadino normale trova su Internet quando digita «bambini scomparsi». Mi hanno colpito due punti: la prima persona indicata è la bambina Celentano, la cui scomparsa risale al 10 agosto del 1996. Prima di tale data non era scomparso nessun bambino? Non credo che sia così; ricordo, ad esempio, una bambina di Palermo, la cui foto con il nome tappezzava anche i muri delle città del nord, scomparsa almeno dieci anni fa di cui si è parlato per molto tempo e sono sorti diversi comitati. Mi chiedo allora perché si parta dal 1996, solo perché da quel momento iniziano le provocazioni di associazioni, di cittadini e di responsabili delle istituzioni?
In quell'elenco ho trovato il nome di Philippe Valensi, un bambino che rincorro da tre anni tra Francia e Italia. Questo caso però andrebbe disgiunto da quello della piccola Celentano perché si tratta di un minore portato via dal padre - la madre ha avviato con tantissime difficoltà delle ricerche - del quale non si sa più nulla da due anni (a parte Chi l'ha visto?). Qui siamo di fronte ad un caso di separazione di genitori e di conflitti familiari che fa supporre che il bambino sia in buone mani e non sia stato venduto né abbia fatto una brutta fine.
Dottor Corvo, lei ha detto che dal 1996 esiste il progetto Arcobaleno. Chi lo conosce? È solo per gli addetti ai lavori o le famiglie o chi è interessato riescono ad entrare in contatto con il progetto? Mi risulta che la mamma di Philippe non ne sia in contatto, tanto che sono passata per il Ministero di grazia e giustizia francese e per quello italiano senza che alcuno mi abbia mai parlato di questo progetto che io non conoscevo, come non lo conosce la mamma di Philippe. Dobbiamo fare qualcosa affinché questi servizi siano conosciuti dai cittadini, altrimenti sono rivolti solo agli addetti ai lavori.
Arriviamo a parlare di questo argomento e a guardare il sito dedicato ai bambini scomparsi perché don Fortunato Di Noto ce lo ha fatto notare attraverso i giornali. C'è bisogno che un sacerdote - che sembra molto più informato di noi - entri nel merito di queste vicende perché noi ne parliamo? C'è bisogno che Chi l'ha visto? trovi Philippe in Tunisia per avere un segnale di vita di questo bambino scomparso? Non è il caso che il progetto Arcobaleno si trasformi in qualcosa che dia un servizio simile a quello che Chi l'ha visto? fornisce ai cittadini? Ho visto trovare tantissime persone o perlomeno dare segnali di speranza e di vita che per una famiglia sono indispensabili per sopravvivere.
Ho trovato nel sito i dati di undici o dodici bambini però ho interrogazioni parlamentari di due o tre anni fa (una è del 14 maggio 1998) in cui si parla di 1.668 minori scomparsi. Lei ci ha fornito dei numeri, però dobbiamo cercare di dare le risposte che cercano i cittadini equilibrando i dati che non corrispondono.
Lei ha parlato di 904 minori stranieri che si allontanano dagli istituti. Ho seguito una bambina albanese di 14 anni rapita a Durazzo, portata a Vicenza per la prostituzione e messa in un istituto senza essere controllata: la bambina è scomparsa. Ciò avviene perché questi minori ricevono telefonate e le organizzazioni tentano di rimettersi in contatto con loro. C'è la possibilità di fare in modo che questi bambini non scompaiano dagli istituti? Inoltre, dottor Corvo, la bambina era a Vicenza per prostituzione, mentre lei ha parlato di accattonaggio e di lavavetri: molte bambine e bambini spariscono per prostituzione, non sottovalutiamo questa tratta di minorenni.
Lei ha anche detto che non vi sono organizzazioni criminali che si occupano di bambini italiani: grazie a Dio! Però vi sono organizzazioni locali e straniere che sfruttano bambini stranieri; mi riferisco in particolare all'operazione Orco che ha visto tanti bambini sfruttati nei dintorni di Milano per l'accattonaggio. Allora l'attenzione si deve spostare sui bambini stranieri che hanno diritto di vita e di accoglienza nel nostro paese anche in base alla Convenzione di New York.
Mi è piaciuta la sua definizione di «agente provocatore» con riferimento all'attività sotto copertura: si tratta comunque di un'esperienza che abbiamo già fatto nel settore della droga, dove vi sono persone infiltrate che aiutano a capire quale sia l'organizzazione per la diffusione della droga. A questo proposito ritengo che debba esservi una password o qualcosa di simile che consenta di riconoscere gli agenti che lavorano in rete, altrimenti si rischia di rincorrersi non tra guardie e ladri ma tra guardie e guardie.
Mi sono occupata del traffico di minori dall'Albania: non so come l'operazione si sia conclusa, ma l'ho seguita in partenza e sono stata minacciata di morte. Ho visto sparire una bambina da un brefotrofio dall'oggi al domani e mi è stato detto che
Come responsabili delle istituzioni dobbiamo unire le forze e fare qualcosa in più. Le organizzazioni criminali (lo ha detto il presidente Amato ad Ancona la settimana scorsa) sono più organizzate delle istituzioni e sono riuscite, nella globalizzazione e nella moltiplicazione dei problemi della società multietnica, ad essere più avanzate; dobbiamo perciò recuperare i tempi per dare più garanzia e sicurezza alle famiglie che si trovano in queste situazioni.
Detto questo, vorrei tornare al discorso del dottor Messa. È vero che il «fai da te» può essere negativo e addirittura controproducente e, soprattutto, che non si sa fino a che punto questo tentativo sia diretto a fornire un aiuto o non sia soltanto una provocazione; è anche vero, però, che le associazioni benemerite come il Telefono Arcobaleno, il Telefono Antiplagio in Sardegna, un'associazione analoga a Pescara, sono nate a seguito di una spinta umanitaria seria e se fossero state bloccate all'inizio forse non sarebbero diventate benemerite come sono adesso per il servizio che forniscono.
In proposito voglio raccontare un episodio che mi è capitato personalmente. Sono in contatto con don Fortunato da molto tempo e si può dire che sono stata la prima a raccogliere il suo grido di dolore presentando interrogazioni in Parlamento su questo tema; ricordo che mi arrivò una disperata richiesta di aiuto perché erano 15 giorni che segnalavano al centro di Milano (un centro guida della polizia per la ricerca della pedofilia via Internet) il caso di foto di bambini crocifissi senza ricevere risposta; incontrai in un corridoio l'onorevole Russo Jervolino, allora ministro degli interni, e le chiesi di fare qualcosa, lei andò al primo telefono che trovò e nel giro di un'ora il sito fu individuato. In un altro caso mi arrivò direttamente la segnalazione di una mamma che, cercando ricette di cucina relative alla carne, è incappata in un sito di pornografia e pedofilia. Non intendo colpevolizzare nessuno, credo però che i cittadini debbano avere la possibilità di mettersi in contatto direttamente con le istituzioni; forse dovrebbe esserci l'attivazione a livello centrale di una linea diretta - una sorta di Telefono arcobaleno o di Chi l'ha visto? della polizia - in modo che tra la segnalazione e l'intervento non ci sia un lasso di tempo eccessivo che sarebbe pericoloso, perché e proprio quello che consente a questi signori che si servono dei diversi provider di fare il gioco delle tre carte.
Il terzo problema che voglio segnalare riguarda le istituzioni a vario livello, le forze dell'ordine e il garante dell'editoria e delle telecomunicazioni; nei casi di bambini sottratti da un genitore all'altro, i mass media sono sempre molto piagnucolosi e c'è una sorta di favore, da parte di chi fa i servizi giornalistici, nei confronti del «povero» genitore che sottrae il bambino. Ricordo, per esempio, una trasmissione di Maurizio Costanzo di tanti anni fa relativa al caso di un bambino nomade che era stato sottratto ai genitori dal tribunale dei minorenni di Ancona perché lo schiavizzavano; questi genitori si rivolsero a Maurizio Costanzo piangendosi addosso - e dichiarando che l'avevano chiamato Maurizio in onore di Costanzo
In conclusione, credo ci sia bisogno di grande chiarezza da parte di tutti.
La relazione del dottor Messa mi ha lasciato invece piuttosto perplesso, in particolare laddove si parla di un ufficio centrale di coordinamento e di uffici periferici nei 19 compartimenti. Non sono un esperto in questo campo, ma mi sembra che un ufficio centrale sia sufficiente, in quanto l'ufficio periferico non fa che trasmettere a quello centrale le iniziative di volta in volta assunte dall'autorità giudiziaria e per quanto riguarda l'attività on line mi sembra un sistema non idoneo. Gli uffici minori presso le prefetture furono costituiti in un momento in cui la problematica era molto diversa ed era meno rilevante rispetto ad ora; mi domando allora se non sia il caso di unificare tutte queste iniziative concentrandole in un unico ufficio che tratta dei minori. Il fatto che ci siano due uffici centrali, uno per la scomparsa e uno per le ricerche on line mi sembra risenta della vecchia organizzazione della pubblica amministrazione, bisogna invece fare un salto di qualità anche in questo senso per affrontare ancora meglio questo problema delicatissimo.
D'altra parte non va dimenticato che il problema del controllo dell'illecito e dell'illegale trasmesso on line riguarda tutti i paesi del mondo dal punto di vista non solo dello sfruttamento sessuale dei minori o della pedofilia ma anche di tutto ciò che avviene in termini di illecito commerciale. Non stracciamoci quindi le
Ritengo che la legge n. 269 contenga aspetti positivi nei confronti di un settore la cui specificità richiede un impegno a tempo pieno iperspecializzato per il contrasto alle forme di sfruttamento dei minori. Benissimo quindi la specificità ma ancor meglio sarebbe se si realizzasse l'integrazione tra gli uffici che forse già esiste ma per la quale occorrerebbe fare qualcosa di più.
Il dottor Corvo ci ha detto che i minori scomparsi sono in gran misura stranieri. In proposito vorrei sapere che tipo di interazione esista oltre a quella informativa e in cosa consti l'interazione con i servizi sociali sul territorio e con il tribunale per i minori. Mi piacerebbe capire se i bambini siano soltanto un numero - come diceva la collega Pozza Tasca - oppure se si parli di Francesco o di Alin. Vorrei anche sapere esattamente quale sia il vostro ruolo e cosa occorrerebbe fare affinché esso sia effettivamente praticabile. Siamo aperti a ricevere qualsiasi indicazione che possa esserci utile per affrontare adeguatamente i temi dello sfruttamento dei minori e della pedofilia. D'altro canto anche la legge n. 269 può essere migliorata.
Ho l'impressione che in un momento in cui il diritto alla privacy è messo a dura prova perché siamo dei «controllati speciali» 24 ore su 24 (l'inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il giovane Geri mi ha fatto capire che anche da una scheda telefonica si può risalire al proprietario), e mi pare che sulla tematica Internet, chat line e quant'altro ci sia un non controllo e non si risalga al bandolo della matassa. E non potrebbe essere diversamente visto che si aprono dei siti di pedofili o di foto pornografiche e non si riesce a risalire a chi li ha aperti per poter attuare una politica di contrasto e repressione non solo per impedire l'apertura di questi siti, ma anche per intervenire subito con la loro chiusura.
Chiedo scusa se i termini che uso non sono corretti ma non riesco a fare mio il meccanismo di queste macchine diaboliche.
La seconda domanda riguarda l'altra faccia della medaglia, quella che mi fa essere contenta di non capire niente di Internet e di non provare neppure a navigarci. Ho l'impressione che nella mancanza di controllo della materia si rischi di avviare inchieste giudiziarie collegate ai siti Internet di pornografia o pedofilia coinvolgendo persone innocenti in quanto manca la possibilità di avere prove certe delle responsabilità. Dico questo perché proprio ieri sono venuta a conoscenza di una storia giudiziaria che riguarda un giovane dottorando in storia medievale coinvolto in una vicenda nella quale il riscontro è talmente vago da rendere impossibile un'indagine. Mi rendo conto però che questi sono i limiti del meccanismo. Se l'indizio era costituito dalla durata del collegamento con un sito di storia medievale che però era nella «casa comune» in cui vi era anche un sito di foto porno di bambini (il collegamento durava un'ora e quattro minuti, il tempo necessario perché si svolgesse la conversazione essendo una chat line) e se solo su tale durata il giovane studente è stato indagato, devo dire che mi corre un brivido nella schiena. Se mancano le garanzie individuali, il meccanismo è un mostro; se in più non riusciamo a controllarlo neanche nella fase della repressione è un mostro a quarantamila teste.
Spero che il dottor Messa, nonostante la mia domanda sia caotica, riesca a darmi una risposta.
Cercherò di rispondere telegraficamente alle domande che sono state poste. Effettivamente quello dei cadaveri non identificati è un problema, ma stiamo lavorando per cercare di risolverlo perché una nazione civile - su questo sono d'accordo con lei - non può permettersi il lusso di vedere girare negli obitori cadaveri che non si riesce ad identificare. In futuro le denunce delle persone scomparse saranno redatte su un apposito modulario che consentirà di confrontare in maniera telematica questi dati con quelli che i medici legali prenderanno sui cadaveri non identificati; in tal modo sarà molto più facile cercare di risalire all'identità dei cadaveri non identificati perché si avranno schede simili, quindi confrontabili tra loro, contenenti le caratteristiche somatiche. Un impegno in questo senso è stato assunto proprio dal capo della polizia ed entro l'anno il problema sarà risolto grazie al lavoro e alla collaborazione della polizia scientifica, dei medici legali, del ministero della giustizia.
Per quanto riguarda i bambini scomparsi inseriti nel sito Internet, non ci sono solo casi dal 1996 in poi, ma ce ne sono anche di antecedenti; c'è anche il caso ben noto di Philippe Valensi. Come lei sa bene, in questo caso il minore era stato affidato ad uno dei due genitori e l'altro è stato denunciato per sottrazione; fermo restando che tramite l'Interpol c'è una stretta corrispondenza con gli uffici collaterali di altri paesi, Spagna e Francia, per cercare di localizzare il luogo dove viene tenuto il bambino, abbiamo ritenuto comunque di fare una cosa utile inserendo in questo sito anche i casi di sottrazione di minore da parte di uno dei due genitori piuttosto che limitarci ai casi di scomparsa legati ad eventuali eventi delittuosi; su 19 casi, infatti, 4 riguardano sottrazioni di questo tipo, ovviamente in presenza di una sentenza di affidamento, di una denuncia all'autorità giudiziaria, con l'autorizzazione di quest'ultima ed il consenso del genitore affidatario.
Il «progetto Arcobaleno» è nato nel 1996 e all'epoca ne abbiamo dato diffusione, se però risulta non essere adeguatamente conosciuto è forse il caso di tornare sull'argomento; sarà quindi mia cura riferire in questo senso perché è anche nostro interesse farci conoscere più diffusamente.
Quando ho parlato di minori sfruttati come lavavetri o nel settore dell'accattonaggio, mi riferivo a quelli segnalati nella banca dati dei minori scomparsi; la tratta delle donne a fini di sfruttamento sessuale è un fenomeno a noi noto, in merito al quale condivido quanto è stato detto, ma la mia statistica - lo ripeto - è riferita solo agli scomparsi; in proposito richiamo all'ultimissima circolare del capo della polizia in cui le autorità provinciali di pubblica sicurezza sono state sollecitate ad intervenire con più fermezza per contrastare questo fenomeno ed è stato sollecitato anche il coordinamento degli uffici delle tre forze dell'ordine che si occupano delle indagini sulla criminalità organizzata (il nucleo centrale operativo della polizia, lo SCICO della guardia di finanza e il ROS dei carabinieri).
Quando parliamo di minori stranieri, non intendiamo in alcun modo fare discriminazioni: è forse inutile precisare che non c'è una diversa attenzione delle forze dell'ordine nei confronti di questi casi, mi scuso perciò per non essere stato sufficientemente preciso. Quanto al nome, mi sembra che il Telefono Arcobaleno, nato nel settembre 1996, sia successivo al nostro progetto, che risale al maggio del
Al senatore De Luca vorrei ricordare il contributo dato dal dipartimento della pubblica sicurezza in occasione dell'iter di approvazione della legge n. 269; in quella circostanza siamo stati interpellati, sia pure informalmente, ed abbiamo ritenuto opportuno fornire qualche suggerimento che poi è stato recepito nella normativa. Mi sento pertanto di poter confermare che gli strumenti messi a disposizione della polizia giudiziaria hanno dato i loro effetti e lo dimostrano anche i dati statistici relativi alle numerose operazioni di polizia portate a termine con riferimento anche alla repressione dei reati previsti da questa legge.
Per quanto riguarda i minori scomparsi, poi, è abbastanza difficile intervenire a livello normativo. Ricordo che qualche anno fa, per esempio, qualcuno propose addirittura di sanzionare quei genitori che sono pronti a denunciare la scomparsa dei loro congiunti, ma non sono abbastanza pronti a denunciarne il rientro; la percentuale di questi casi infatti è abbastanza alta e si aggira intorno al 30 per cento.
Per quanto riguarda un raffronto con gli altri Stati europei, è difficile farlo perché manca un parametro certo di riferimento per definire chi debba essere considerato scomparso; nella nostra banca dati noi preferiamo inserire tutti, ma altri paesi si regolano diversamente.
Per quanto riguarda l'unificazione degli uffici, sia la direzione centrale della polizia criminale sia l'ufficio diretto dal collega Messa sono inseriti nel dipartimento della pubblica sicurezza, quindi vi è un'interconnessione costante. Da questo punto di vista, mi sembra di poter dire che esiste già una forma di doverosa e fruttuosa cooperazione.
Circa la collaborazione con il tribunale per i minorenni e con associazioni di volontariato, tornerei sul progetto Arcobaleno che ha visto l'istituzione degli uffici minori e ha dato loro l'incarico non di investigare, perché chi investiga non ha il tempo per dedicarsi agli aspetti sociali del problema, ma di occuparsi del colloquio con le altre istituzioni, degli aspetti sociali. A parte ci sono le unità specializzate. Questo è stato fatto appositamente per consentire un miglior colloquio. Nei corsi per preparare i dirigenti degli uffici minori abbiamo coinvolto anche alcune associazioni di volontariato, come Telefono Azzurro. Ciò ha consentito di portare a termine operazioni di polizia fruttuose proprio attraverso il rapporto diretto tra i dirigenti dell'ufficio minori e i rappresentanti di Telefono Azzurro. In ambito provinciale si cerca di rafforzare questo rapporto di collaborazione; tra l'altro è stato dato incarico agli uffici minori di concordare con i provveditorati allo studio, a livello provinciale, incontri con le classi di studenti per mostrare un aspetto della polizia che non è solo quello repressivo, per farsi conoscere meglio, cercare il dialogo, diffondere la cosiddetta cultura della legalità. C'è da lavorare molto e noi stiamo cercando di fare del nostro meglio.
A fronte di un episodio denunciato o segnalato, viene aperto un fascicolo e può essere necessario capire fino a che punto certe situazioni vanno approfondite. In questo caso il magistrato autorizza l'ufficio di polizia che sta lavorando su questo aspetto ad operare in rete aprendo una chat line o comunque colloquiando con queste persone. A questo punto è impossibile creare condizioni di identificabilità tra addetti ai lavori, considerato che bisogna essere particolarmente bravi e superattenti in termini scientifici nel crearsi un'identità articolata e dettagliata ben chiara da tenere davanti mentre si lavora, altrimenti l'interlocutore capisce.
La salvaguardia dell'ottimizzazione delle risorse evitando la sovrapposizione o di giocare a guardie e ladri o a guardie e guardie è legata al fatto che noi abbiamo realizzato un data base nel quale memorizziamo tutte le attività sotto copertura attivate in questa direzione. Però considerate che nell'attività antidroga l'uomo fisicamente si infiltra in una struttura in cui vi sono contatti personali, mentre in questo caso ognuno è dietro una macchina e il rapporto avviene attraverso parole e segnali che viaggiano in rete. Quindi, o bisogna mandare un segnale particolare, ed in questo caso siamo perdenti in partenza, oppure, c'è un ufficio che, laddove qualcuno venga delegato ad effettuare attività sotto copertura, garantisce l'inserimento nel data base che poi viene consultato tramite l'ufficio. In pratica, ad esempio, Messa Giuseppe che sta operando a Pordenone o a Palermo contatta l'ufficio e chiede alla dottoressa Ascenzi, responsabile della sezione per il contrasto alla pedofilia, se il tale soggetto, agganciato nella chat, sia persona che lavora con noi. A quel punto viene confermato o meno che Michele o Pasquale sia persona che non ha nulla a che vedere con l'ufficio, per cui vale la pena di insistere in termini di approfondimento per giungere all'identificazione del soggetto. Mi sembrava corretto precisarlo per sgomberare il campo da equivoci.
Posso garantirvi che per noi creare le professionalità in questa direzione è stata un'esperienza molto impegnativa: stiamo parlando di attività per le quali abbiamo forti preoccupazioni dal punto di vista aziendale - lo dico in maniera serena - perché si vanno costruendo professionalità che spesso nascono su due sponde diverse ma sono molto simili tra di loro. Molte aziende ancora oggi sono a caccia di soggetti qualificati per garantirsi livelli adeguati di sicurezza e di gestione della rete. Formare soggetti qualificati all'altezza della situazione in questa direzione non si fa dalla sera alla mattina. Per riuscire a far fronte a certe situazioni, considerando che abbiamo cominciato poco più di diciotto mesi fa, l'impegno del dipartimento della pubblica sicurezza e del Ministero dell'interno in termini di disponibilità di personale e di impegno formativo è stato ingente. Abbiamo avuto e tuttora abbiamo personale che frequenta all'università corsi di formazione specifici orientati a questo tipo di attività; è un investimento nel breve, nel medio e nel lungo periodo per garantirci delle risorse, che o sono qualificate oppure si perde tempo e denaro.
Si è detto che il «fai da te» può creare problemi. Noi abbiamo il fine di garantire certi obiettivi di efficacia dell'attività dell'ufficio, anche perché ne facciamo un punto di orgoglio, e di conseguire dei risultati, che, anche se non sono da «sballo», partendo da zero, sono significativi, ma probabilmente si può fare di più. Indubbiamente il «fai da te», in termini di segnalazione di certe situazioni, rappresenta un'informazione in più e quindi una collaborazione. Abbiamo però condizioni di lavorabilità - pur non volendo imporre regole agli altri - delle informazioni che vanno rispettate, nel senso che alcune informazioni passate prima all'organo di stampa e poi all'organo di polizia finiscono col mettere fortemente in imbarazzo il secondo che difficilmente riuscirà ad essere più rapido del mezzo stampa. Una volta si può riuscire a far partire qualcuno da Roma a Milano per bloccare certe informazioni e impedire che avvenga qualcosa, sperando di ottenere un risultato; ma in via ordinaria questa non può essere una modalità di lavoro.
Se si vuole richiamare l'attenzione sul fenomeno, si dà l'informazione alla stampa; se si vuole provare a perseguire i responsabili si dà l'informazione all'ufficio di polizia. Se poi si dà l'informazione non ad uno ma a tre uffici di polizia, vi è il rischio che, non sapendo che altri si occupano della stessa questione, tre diversi
Vale la pena a questo punto introdurre un altro concetto molto importante che forse può rispondere ai molti quesiti in parte emersi ed in parte latenti sullo sfondo. La rete Internet ha la sua caratteristica essenziale nella globalizzazione e questo significa che tutto avviene dappertutto; il problema allora è che l'attività di approfondimento viene svolta per iniziativa dell'ufficio, sulla base delle segnalazioni specifiche raccolte e sulla base di una serie di altre circostanze. Vi posso garantire che la maggior parte degli approfondimenti portano ad individuare siti dislocati presso altri paesi o, peggio ancora, dislocati presso un paese e gestiti con macchine da remoto da un altro paese ancora; perciò non è stato casuale il mio riferimento alla validità del quadro normativo di riferimento in Italia perché non possiamo contare su situazioni così chiare e definite in molti altri paesi nei quali alcune di queste attività non costituiscono neanche reato. In questi casi è difficile interagire anche tramite Interpol; a volte abbiamo fatto ricorso alla rete di punti di contatto del G8, che lavora ventiquattr'ore su ventiquattro e mette a disposizione personale investigativo tecnico nel settore dell'high tech tra gli otto paesi più industrializzati più altri otto paesi; anche questo, però, può non essere sufficiente perché in alcuni paesi certi comportamenti non sono ritenuti perseguibili. Ci è capitato, per esempio, di trovare immagini veramente offensive riferite a più Capi di Stato europei; alla nostra segnalazione si è risposto che in quel paese questo comportamento non era perseguibile in quanto libera espressione del pensiero.
Per me sarebbe stato mortificante rappresentare l'ufficio come una somma di numeri, se non altro per il rispetto che devo alle persone che con me lavorano e si sacrificano; alcuni di quei numeri sono stati indicati proprio perché, a fronte delle denunce e dei fascicoli aperti, intendevo sottolineare le circa 400 segnalazioni fatte in sei mesi tramite Interpol agli organi investigativi stranieri: esse sono infatti indicative di altrettanti spazi individuati in maniera certa come pedofili ma che non è possibile per noi perseguire perché non sono in Italia.
Quanto agli strumenti di cui potremmo avere bisogno, qualcuno potrebbe pensare che più risorse producano più risultati, ma il rapporto tra risorse e risultati è un dato che scopriremo nel tempo; al momento le risorse vanno commisurate anche in base alle esigenze che bisogna fronteggiare. Da questo punto di vista abbiamo ricevuto un'attenzione che da parte del nostro dipartimento riteniamo adeguata, naturalmente ulteriori investimenti possono essere fatti, riferirò quindi al capo della polizia che, laddove ci sia l'intendimento di incrementare gli uffici in questa direzione, c'è disponibilità da parte della Commissione a dare sostegno a queste richieste. Quando ci troviamo di fronte ad una situazione di globalizzazione, però, assumere iniziative di carattere tecnico o di ordine divulgativo legislativo può essere complicato.
Sul piano legislativo, come abbiamo assistito con impegno - e anche con soddisfazione - alle richieste di informazioni e precisazioni che ci sono state rivolte in sede di approvazione della legge n.269, così stiamo cercando di collaborare
Per quanto riguarda l'attività divulgativa, collaboriamo via via che ci viene richiesto in tutti i modi possibili. Il comune di Roma, per esempio, ha chiesto la nostra collaborazione per compilare un depliant illustrativo e l'abbiamo fatto ben volentieri; abbiamo inoltre organizzato una serie di convegni e conferenze - l'ultima a Pordenone - e partecipiamo come ufficio centrale e come uffici periferici a numerose attività con i giovanissimi e con gli adulti in per affrontare l'intera problematica.
Quanto alle difficoltà relative all'episodio richiamato dalla senatrice Scopelliti, al momento non ho elementi sufficienti per cercare di ricondurlo alle mie conoscenze, al riguardo però mi sento di dire che ci sono stati moltissimi casi in cui non abbiamo proceduto a segnalare all'autorità giudiziaria situazioni in cui non avevamo indicazioni sufficientemente certe in ordine alla responsabilità delle persone. Comunque, a fronte di eventuali segnalazioni che potremmo aver promosso con una valutazione che avrebbe anche potuto essere diversa, siamo confortati dal fatto che è sottoposta al magistrato la valutazione della perseguibilità. In fin dei conti noi come polizia giudiziaria descriviamo al magistrato una situazione, sarà poi lui a stabilire se procedere o meno nei confronti del soggetto.
Vi sono tantissimi casi diversi di indagine: spesso si fa riferimento al sito Internet segnalato e si riconduce ad un'unica situazione, ciò che nella realtà concreta dell'investigazione si frammenta in una serie di scenari criminali differenti e quindi anche di procedure diverse tra loro. Un punto comune è senz'altro la fonte della segnalazione: o abbiamo segnalazioni dirette che possono arrivare dai cittadini o da altri uffici di polizia, anche non del nostro servizio (tipo i commissariati), che non avendo la competenza istituzionale, né i mezzi, inviano a noi le denunce e questo qualche volta fa perdere tempo. Comunque a volte riceviamo segnalazioni tramite le caselle di posta elettronica dell'Ecpat o di altre associazioni con cui ci sono accordi informali, che però danno una certa operatività nel senso che alla nostra casella giungono le segnalazioni che arrivano alla loro, con dei tempi enormemente ridotti. Oppure la fonte della notizia può essere l'attività di monitoraggio e controllo della rete che facciamo attraverso gli operatori di polizia che si collegano alla rete e svolgono una ricerca mirata dove vi sono maggiori probabilità di individuare soggetti che commettono questi crimini.
Indipendentemente dalla fonte, l'aspetto principale è la rilevazione di una situazione potenzialmente di reato. Le modalità di indagine sono il punto più significativo e cambiano a seconda del tipo di situazione che si presenta: se vi è un sito Internet che si offre per la sola visualizzazione del materiale, che pubblicizza, nel senso che pubblica, materiale pedopornografico, si mettono in atto tutte le attività tecniche che servono ad individuare il gestore del sito. Spesso ci si scontra con realtà territoriali geografiche lontane, quelle cioè della sede tecnica in paesi diversi, che quasi sempre sono gli Stati Uniti perché hanno grandi disponibilità dal punto di vista tecnico e costi ridotti di gestione degli spazi. Si può arrivare all'individuazione di un soggetto che gestisce - come diceva il dottor Messa -, questo tipo di sito dai remote, e quindi spesso dai paesi che meno tutelano, dal punto di vista legislativo e di procedure, in questo settore.
Nell'ipotesi in cui si riscontri, con ogni tipo di incrocio tecnico, che non v'è alcun tipo di collegamento con il nostro paese - salvo, ahimé, la visualizzazione, che non è poca cosa - si procede alla segnalazione ai colleghi stranieri, che non rimane lettera morta nella stragrande maggioranza dei casi: gli Stati Uniti sono quelli che più tempestivamente «processano» le informazioni e riescono ad individuare i responsabili e a chiudere i siti. Spesso intervengono gli stessi gestori delle comunità virtuali. Come diceva la senatrice Scopelliti, vi è una grande facilità di apertura di siti, anche gratuitamente con spazi ridotti e senza controllo di generalità, per cui le comunità virtuali che mettono a disposizione i siti per esigenze di natura pubblicitaria commerciale sono spesso le più sollecite, per ragioni comprensibili, ad oscurare certi siti, individuando già nelle condizioni di contratto la prerogativa di chiuderli e inibire l'accesso al titolare, nell'ipotesi in cui venga pubblicato determinato materiale, ovvero anche per altri fenomeni criminali (odio razziale ed altre ipotesi).
Nell'ipotesi in cui invece si tratti di siti che commercializzano il materiale, l'intento è quello di verificare se vi sia effettivamente tale commercializzazione. Spesso vengono indicate le condizioni di pagamento, cioè viene mostrato del materiale a mo' di esempio e di richiamo, nel senso che si vede gratuitamente qualcosa e si acquista a pagamento altro. In questo caso, con l'autorizzazione della magistratura con cui si stanno svolgendo i procedimenti, si acquista il materiale, ad esempio attraverso carte di credito con fondi del Ministero di grazia e giustizia, peraltro non sempre di grande portata ma spesso sufficienti. Ciò ci consente di verificare se vi sia effettivamente il materiale. Fino ad ora gli acquisti sono stati fatti in siti all'estero; le attività che svolgiamo nel nostro paese vanno in un'altra direzione e consistono nell'individuazione dei soggetti che in Italia comperano questo materiale, perché finora non abbiamo registrato siti con sede in Italia che lo vendono. Vi sono semplicemente cittadini italiani che, visualizzandolo attraverso la rete e utilizzando le modalità di pagamento indicato, acquistano questo tipo di materiale. In tal caso, poiché l'importazione e la detenzione sono considerate reati - anche se meno gravi rispetto allo sfruttamento e alla commercializzazione - sono perseguiti. Abbiamo avuto, nei mesi recenti, denunce di quattro cittadini, tre italiani ed un extracomunitario, che avevano acquistato questo tipo di materiale.
Altri settori che preoccupano sono quelli delle chat e dei newsgroup, perché sono quelli in cui i minori possono essere adescati, oppure possono esservi scambi diretti tra amatori - se mi passate il termine - di questo materiale, che sono quasi tutti italiani. In questi spazi web è facile trovare soggetti italiani più che nella gestione dei siti che sono quasi sempre all'estero.
In base all'esperienza che abbiamo acquisito lavorando quotidianamente, effettuiamo verifiche nei newsgroup e nelle chat line che sono più frequentate da italiani; qualche volta si fanno puntate in quelle straniere dove i nostri connazionali, pensando di fare i furbi, credono di non essere individuati, mentre invece si tratta di un terreno fertile nel quale trovare soggetti italiani, e si capisce che sono tali spesso da come parlano e scrivono in inglese. A volte sono gli organi di polizia stranieri, che svolgono da più tempo di noi attività sotto copertura, che ci segnalano italiani che sono andati all'estero, credendo in una sorta di impunità elettronica, e hanno commesso reati per cui poi possiamo perseguirli nel nostro paese.
Spenderò qualche parola sull'identificazione di questi soggetti, perché mi pare doveroso. Sono consapevole della difficoltà di chi si sente potenzialmente accusabile di qualcosa quando le prove elettroniche sono così impalpabili e - se vogliamo - addirittura costruibili. Nel caso delle chat, quando si individua un soggetto potenzialmente rilevante dal nostro punto di vista, nel senso che ha scambiato materiale e non si è limitato ad esprimere un'opinione favorevole alla pedofilia, la prima attività che si svolge è quella dell'identificazione. Lo si fa attraverso una serie di registrazioni non delle generalità che dà il soggetto quando registra un abbonamento ad Internet (che tra l'altro oggi è gratuito per cui vi sono grosse possibilità di dare generalità fittizie), ma del provider che fornisce l'abbonamento e spesso conserva nei file di log il caller ID, cioè l'identificazione dell'utenza telefonica chiamante. Questo è un primo aggancio certo: vi è un telefono attraverso il quale si è svolta una certa attività. Da lì parte un'altra serie di riscontri legati sia alle modalità di connessione, sia alla tempistica, ma anche ad una serie di fatti che sconfinano nelle indagini di natura assolutamente ordinaria (servizi di osservazione, di pedinamento e tutto ciò che la normativa consente) che vengono fatte non solo nell'espletamento di una professionalità di polizia, che noi professiamo, ma
Confermo (per il fatto di occuparmene da diversi anni) che ci sono state numerose situazioni nelle quali forse si sarebbe potuto premere un po' di più per un certo tipo di risultati e che non lo si è fatto per la consapevolezza che a volte la tecnologia, pur se perfetta anzi forse proprio per questo, non consente l'acquisizione di una prova attribuibile univocamente ad una persona. Questo è il limite dei risultati ma anche la forza delle attività che vengono portate a compimento.