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La seduta comincia alle 20.10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Ringrazio i commissari presenti e il dottor Tonucci per avere accettato il nostro invito.
FRANCESCO TONUCCI, Presidente del Comitato per l'attuazione del codice di autoregolamentazione dei rapporti tra televisioni e minori. Cercherò di darvi, in una relazione breve, alcune informazioni e sarò poi a vostra disposizione per le domande che vorrete rivolgermi.
Il bambino oggi vive un'esperienza particolarmente difficile: è spesso solo, chiuso in una casa-fortezza, con difficoltà ad uscire da solo di casa per i pericoli ambientali e sociali o impegnato nelle tante scuole pomeridiane di sport, lingue, strumenti musicali, attività artistiche, ma sempre scuole. In questa condizione di solitudine e spesso di noia, il bambino viene frequentemente affidato alla televisione, che diventa un nuovo compagno di giochi, un'efficiente ed economica baby-sitter. I bambini italiani vedono la televisione per varie ore al giorno; la presenza dei bambini davanti al televisore comincia ogni giorno molto presto, un'ora prima di andare a scuola; è ancora massiccia nella fascia di prima serata, il doppio del numero che assiste alle trasmissioni pomeridiane per bambini, e continua anche nella seconda serata. In molte famiglie il televisore è presente nella stanza dove si mangia, riducendo così le poche occasioni di incontro e di scambio fra genitori e figli; sempre più spesso e più precocemente è presente nelle camere dei bambini. Scompare così la possibilità di controllo da parte dei genitori ed il bambino consuma televisione come, quando e quanto vuole. Stare molto tempo davanti alla televisione solo perché non si hanno alternative è preoccupante perché abbassa la capacità critica e quindi la scelta dei bambini e sviluppa un atteggiamento passivo che poi fa sembrare faticose le attività più impegnative anche se interessanti e soddisfacenti.
i film; per questo le televisioni si sono impegnate a darsi un organo di controllo interno che valuterà la compatibilità di tutti i prodotti con il pubblico infantile; impegno delle relazioni dei telegiornali a garantire, anche nelle trasmissioni di informazione, sempre dalle 7 alle 22.30, il rispetto del pubblico infantile; impegno a non mettere in onda trasmissioni che usino i sentimenti come strumento di spettacolo; impegno, in caso di violazione del codice, a riconoscere l'errore in televisione in fasce di largo ascolto.
dalle televisioni un nuovo impegno per la reale attuazione del codice. I rappresentanti delle televisioni informavano il Comitato, per esempio, che si erano costituiti i comitati di controllo interni, ma non era chiaro da chi fossero costituiti e che poteri avessero. Una mia personale inchiesta mi portava a verificare, ad esempio, che invece la RAI non aveva affatto nominato tale organismo.
rispetto delle minoranze molto più alta di quanto qui richiesto: nessun programmatore o giornalista televisivo metterebbe in onda programmi che offendessero, ad esempio, la cultura ebraica o qualsiasi altra minoranza, giustamente, pur numericamente molto inferiore a quella dei bambini; i bambini sono numericamente meno degli adulti, ma sono il nostro futuro. Sbagliare con loro significa compromettere la nostra società di oggi e di domani.
PRESIDENTE. Ringrazio il professor Francesco Tonucci per la sua esposizione. Passiamo agli interventi dei commissari.
ELISA POZZA TASCA. Professor Tonucci, vorrei partire da due anni fa, da quando lavoravamo insieme nei tanti convegni in cui ci siamo trovati. Questa sera lei ha ricordato la «casa fortezza» ed è triste pensare come il bambino sia ancora dentro questa «fortezza», senza aiuto e senza guardiani. Si parlava allora della televisione definendola provocatoriamente un elettrodomestico, ma come lei ha giustamente detto è un elettrodomestico che spesso si trova in tutte le stanze; è quindi qualcosa di più di una lavatrice o di una lavastoviglie.
TEODORO BUONTEMPO. Ritengo, innanzitutto, che noi, più che chiedere al professore, dovremmo dirgli perché il ruolo che gli fu assegnato non ha trovato riscontro in atti concreti da parte delle autorità preposte e come il Parlamento possa rispondere alle esigenze che hanno portato alla nomina del Comitato e che non hanno trovato alcun riscontro concreto.
delle altre televisioni, ma in quel caso è diverso perché vi è un controllo da parte del Parlamento. Nel momento in cui sono i Presidenti delle Camere e non l'Esecutivo a nominare i vertici della RAI, abbiamo non solo i titoli ma il dovere di intervenire. Infine, un incontro con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per la questione dei fondi. Abbiamo infatti già appreso notizie su inquietanti metodi di utilizzo dei fondi degli affari sociali nella visita che abbiamo fatto in Puglia e alla fine credo che dovremo chiederne conto perché sembra che poi poco arrivi concretamente per la tutela del minore. Nonostante i miliardi mandati in Albania, non vi è lì uno straccio di autorità, né italiana né albanese, cui le autorità italiane si possano rivolgere per chiedere la certificazione di una identità.
PRESIDENTE. Prima di procedere nel dibattito, faccio presente che alcuni giornalisti hanno chiesto di poter seguire la seduta attraverso il circuito chiuso. La prassi prevede una richiesta da parte dei commissari, ma se non vi sono obiezioni proporrei di attivare l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendoci obiezioni, rimane così stabilito.
TEODORO BUONTEMPO. Quando è stata avanzata la richiesta?
PRESIDENTE. Dieci minuti fa.
TEODORO BUONTEMPO. Perché non lo si è fatto presente prima?
PRESIDENTE. Non volevo interromperla, onorevole Buontempo.
TEODORO BUONTEMPO. Ritengo che sarebbe stato più opportuno interpellare prima la Commissione.
PRESIDENTE. Come le ho detto, mi è sembrato più corretto non interromperla.
TEODORO BUONTEMPO. Siamo di opinioni diverse. La ringrazio, presidente.
ATHOS DE LUCA. Professor Tonucci, mi associo alle dichiarazioni che le sono state rivolte in termini di solidarietà ma anche di apprezzamento per l'iniziativa assunta; peggio sarebbe stato se questo annullamento del lavoro fatto si fosse consumato nel silenzio.
una breve relazione sulla questione e si sono previste una serie di audizioni., anche in ottemperanza ad una richiesta rivoltaci dal presidente Mancino perché venga portata una relazione in Assemblea. Io stesso ho presentato una proposta aperta per una mozione. Anche il collega che mi ha preceduto si è infatti riferito all'ipotesi di un atto parlamentare. Credo infatti che a questo punto vi siano in materia norme nazionali, costituzionali ed internazionali molto forti, che giustificano tutti gli atti che avete compiuto, in ottemperanza a queste direttive. Il codice rappresenta un canovaccio importante e fondamentale su cui lavorare; l'anello debole, che voi stessi avete denunciato, è però il fatto che quando non si rispetta il codice non accade nulla. Questo è il punto.
FRANCESCO TONUCCI, Presidente del Comitato per l'attuazione del codice di autoregolamentazione dei rapporti tra televisioni e minori. Non è stato mai richiesto.
ATHOS DE LUCA. Il problema allora è di capire perché non è stato mai richiesto.
con i quali è necessario interloquire, visto che siamo di fronte a fatti che non possiamo più ignorare.
DAVIDE NAVA. Sono grato al professor Tonucci per la sua relazione venata di drammaticità; la mia gratitudine è rivolta anche all'impegno che egli e i suoi colleghi hanno assunto, un impegno impossibile, ai limiti della condizione di intervento rispetto alla comunicazione televisiva che si realizza all'interno di questo mondo elettronico mediatico. Credo che lei, professore, abbia preso atto dell'impotenza del Comitato - di cui non conosco bene le articolazioni, l'ambito di impegno e le possibilità di intervento - e quindi abbia dovuto, anche se con rammarico, rinunciare alla responsabilità che si era assunto. Mi sembrano notevoli i suggerimenti offerti dai colleghi di dare a questo Comitato, ove venisse resuscitato - ed io credo debba esserlo -, una potenza di intervento all'altezza delle difficoltà e dello spazio entro il quale deve intervenire, altrimenti esso potrebbe diventare la fotocopia di quella debolezza che, essendo già stata sconfitta, porterebbe l'intervento ad un preliminare di studio, ad un livello culturale.
punto di vista biologico, culturale ed educativo. Ogni primato è stato sottratto alla realtà della famiglia e mi sembra strano che poi chi afferma che la tutela del bambino debba essere affidata alla famiglia, svuoti la famiglia stessa di questo essenziale primato educativo. I bambini sono una minoranza: nell'orizzonte generale delle società contemporanee, il bambino non è più protagonista di attenzioni educative forti, perché è sottoposto al primato del consumismo, per cui non ha più diritto all'innocenza. Se si dichiarasse che il bambino ha diritto al rispetto della sua condizione di innocenza, vale a dire della non patologia della sua condizione psicologica e spirituale, credo che il Comitato da lei presieduto avrebbe un maggior spazio di intervento.
FRANCESCO TONUCCI, Presidente del Comitato per l'attuazione del codice di autoregolamentazione dei rapporti fra televisioni e minori. Si sono dimessi solo i cinque rappresentanti...
DAVIDE NAVA. Allora, la solidarietà vale solo per loro e le mancate dimissioni degli altri mi preoccupano perché indicano un disaccordo nel comitato, in particolare da parte della componente che rappresenta realmente gli interessi dei bambini. Questo significa che i bambini sono in minoranza reale nella cultura, nella coscienza, direi nella pedagogia di questa società, nella quale quindi mancano maestri e genitori. Il nostro impegno, ma anche la nostra indignazione, - pensavo si fossero dimessi tutti i componenti - dovrebbero ora essere rappresentati da tutti i componenti di questa Commissione, e non solo dai commissari presenti questa sera, alla pubblica opinione ed in particolare all'interno del sistema scolastico ed educativo italiano. Il suo intervento, professor Tonucci, è stato valido ed opportuno, ma credo che lei avrebbe dovuto utilizzare questa sera anche una carica maggiore di protesta e di indignazione.
ANTONIO MICHELE MONTAGNINO. Tre brevi considerazioni: la prima relativa
alle dimissioni. Siete stati costretti a dimettervi; ovviamente avete voluto fare un atto di protesta che derivava dalla vostra solitudine e probabilmente da un accertamento di impotenza. Se alle vostre dimissioni non è seguito alcun atto da parte della Presidenza del Consiglio questo non può che aumentare la frustrazione.
TIZIANA VALPIANA. Per parafrasare un vecchio slogan e sintetizzare brevemente il mio pensiero, dirò che il mio parere è che la sola TV buona è quella spenta, per cui credo che quello che dovremo fare o almeno l'obiettivo che io mi propongo è quello di far vedere meno TV possibile ai bambini. Al di là della qualità e dei contenuti, credo che il fatto fondamentale sia che la TV aiuta, spinge il bambino alla passività, il che è esattamente il contrario di quella che deve essere la vita del bambino. Credo però che ai bambini dobbiamo offrire delle alternative; se offriamo loro solo TV, evidentemente non possono fare altro.
televisione ma non proposte di tipo diverso come il fatto di impegnare i bambini a fare la televisione: basterebbe una telecamera e poche altre attrezzature.
PIERA CAPITELLI. L'intervento della collega Valpiana è così suggestivo che mi spinge a riprendere alcune considerazioni, anche se vorrei soffermarmi maggiormente sul tema specifico della seduta.
cultura degli italiani. In secondo luogo, ha agito - e qui fa cultura in senso ancora più profondo - affinché venissero dati suggerimenti in ordine ai comportamenti da assumere: non si cambia una cultura se non cambiano i comportamenti. Quindi, a maggior ragione, ha ben operato.
LUIGI GIACCO. Vorrei svolgere alcune brevi considerazioni, collegandomi anche a quanto detto dalla collega. Ringrazio anch'io il professor Tonucci per il lavoro svolto in tanti anni a favore dell'infanzia e dell'adolescenza e penso che la presente situazione, così contingente e particolare, possa essere risolta nel modo migliore e che il suo impegno a favore dell'infanzia e dell'adolescenza possa proseguire anche nei prossimi anni. Da parte nostra vi è certamente piena disponibilità a vedere quale sia lo strumento, anche parlamentare, più opportuno per raggiungere l'obiettivo. Su questo avremo la possibilità di confrontarci anche nei prossimi giorni.
integrare qualche aspetto il codice e consentire che vengano rispettate le scelte e le determinazioni assunte.
PRESIDENTE. Non essendovi altre richieste di intervento, invito il professor Tonucci a rispondere alle domande formulate.
FRANCESCO TONUCCI, Presidente del comitato per l'attuazione del codice di autoregolamentazione dei rapporti tra televisioni e minori. Ringrazio molto per la solidarietà dimostrata. Vi assicuro che è uno degli aspetti che pesa di più; dopo un lavoro fatto bene o male il silenzio e la solitudine costano, forse perché io sono uno che si è trovato in questa avventura in modo del tutto naif, senza avere alcun altro tipo di esperienza, per cui forse non ero allenato.
a rispettarlo. Se il Parlamento ha questa capacità e questo potere, credo sarebbe giusto esercitarli. Le leggi ci sono; la legge Mammì prevede le sanzioni di cui si parlava all'inizio. A me non sembra vengano applicate e comunque nella applicazione di quella legge i sono norme che creano dei bypass ai principi. Il principio è la tutela dei bambini, ma un film può essere riproposto alla censura per essere declassato nella gravità in cambio del taglio di alcune scene. Ma un film come 9 settimane e mezzo non è grave per le scene di nudo; a noi forse fanno male ma ad un bambino la visione di una bella donna non può fare assolutamente male; il fatto è che si tratta di una storia di sadomasochismo complessa e abbastanza avvilente e questo sì che per un bambino può essere preoccupante; bisognerebbe tagliarlo tutto e lasciare forse solo la famosa scena. Questo solo per dire che le leggi, quand'anche ci sono, vengono utilizzate con degli escamotage che sembrano fatti apposta per evaderne i principi fondanti, in questo caso di tutela dei minori.
i mezzi di comunicazione si accorgevano che vi era uno strumento che non veniva utilizzato e che le televisioni capivano che dovevano fare delle scelte, ci siamo trovati nel mezzo di un cambiamento di Governo e avevamo bisogno di un'affermazione forte. Immaginavo che il Presidente del Consiglio chiamasse i presidenti delle due grandi testate televisive o di tutte e dicesse: «Signori, arrivo adesso e trovo questo documento che avete firmato. È vostra la firma? È vero che lo avete firmato? Ne siete ancora convinti o dichiariamo pubblicamente che vi è stato un errore? Se ci crediamo, cosa dobbiamo fare? Cosa posso fare io per aiutarvi ad andare avanti?», per rimettere in moto una macchina che non è vero che fosse in marcia da così tanto tempo. Anche su questo l'informazione non è stata corretta, perché il Comitato per l'attuazione del codice è stato nominato a maggio del 1998 e, di fatto, si è sciolto prima di Natale. Quindi, tolti i periodi di vacanza, rimangono cinque o sei mesi nei quali abbiamo cercato di capire come operare. Ciò non era facilissimo perché tenete conto che per volontà delle televisioni il Comitato era paritetico. Anche questa è una stranezza. Io avevo chiesto che esso fosse terzo, però mi è stato fatto notare che essendo un Comitato di autoregolamentazione doveva coinvolgere gli interessati, per cui era costituito, metà e metà, da due gruppi ed inoltre non era ancora stato definito se il voto del presidente valesse il doppio o se la televisione sottoposta a valutazione dovesse astenersi, come a me sembrava ovvio. Avevamo preparato un regolamento che doveva essere approvato. Intanto, era stata sollevata l'eccezione del magazzino, cioè è stato fatto notare che quando si immette una nuova normativa si deve dare tempo per risolvere la situazione previa; però non capisco perché ciò non sia stato sollevato dai responsabili delle televisioni prima di firmare il codice. Comunque, abbiamo riconosciuto il problema e stavamo studiando la definizione di una data, intorno al 30 marzo, come scadenza ultima per mettersi a regime, avvisando le famiglie - pensavo di fare tutto questo prima di Natale - con un comunicato stampa di essere vigilanti perché fino a quella data si riconosceva il bisogno delle televisioni di smaltire il magazzino.
non si sia verificata in alcun paese del mondo, per cui forse qualche dubbio sarebbe legittimo.
Il pericolo più grave che la televisione offre non è quello della violenza o dei cattivi esempi, ma il fatto di immobilizzare un bambino, di «sbambinizzarlo», come qualche volta dico, e trasformarlo in compratore. Questa è la violenza più profonda, quella che incide di più su questi cittadini che stanno crescendo, perché è quello che danneggia di più lo spirito critico e quindi la costruzione di spiriti democratici. Questo è l'aspetto che mi mette più paura. La mia esperienza professionale di questi ultimi anni è tutta dedicata ad un progetto che si chiama »la città dei bambini», che ha trovato nella città di Fano l'esempio di applicazione più antico e che oggi è presente in una sessantina di città italiane, oltre ai lavori che stiamo portando avanti in Spagna ed in Argentina.
PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il professor Tonucci per il contributo recato e la disponibilità manifestata. La sua relazione ha evidenziato sicuramente l'esigenza di un rilancio del codice di autoregolamentazione, in presenza di una denunciata scarsa attenzione da parte del Governo, e di un'attivazione parlamentare, attraverso gli opportuni approfondimenti ed i necessari incontri ed audizioni, anche con lo strumento del gruppo di lavoro che abbiamo in qualche modo già enunciato, per dare un indirizzo al Governo per un più fattivo impegno per la tutela dei minori in rapporto ai mass media.
ELISA POZZA TASCA. Questa sera abbiamo iniziato un percorso, attraverso la testimonianza del professor Tonucci, però, prima di passare ad un atto ispettivo come la risoluzione o ad una proposta di legge, chiederei alla Commissione di audire anche il dottor Enzo Cheli, l'autorità per le garanzie delle comunicazioni, prevista dall'articolo 28 della legge n. 249,
che avrebbe dovuto istituire il consiglio nazionale degli utenti, con funzioni di controllo.
PRESIDENTE. Avevamo già pensato di procedere ad ulteriori audizioni, tant'è che martedì prossimo si riunirà l'ufficio di presidenza per decidere di ascoltare i presidenti della RAI e delle testate televisive più importanti.
Sappiamo che il 26 novembre 1997 è stato approvato il codice di autoregolamentazione dei rapporti tra televisioni e minori. In tale codice le aziende televisive pubbliche e private hanno preso atto che il bisogno del minore ad uno sviluppo regolare compiuto è un diritto riconosciuto dall'ordinamento giuridico nazionale ed internazionale e che la funzione educativa di competenza principalmente della famiglia deve essere agevolata dalla televisione al fine di aiutare i bambini e i ragazzi a conoscere la vita e ad affrontare i problemi. Nello stesso codice si è altresì rilevato che il minore ha diritto di essere tutelato da trasmissioni televisive nocive al suo sviluppo psichico e morale e che, allorquando i diritti di libertà informativa e d'impresa si contrappongano a quelli del minore, va applicato il principio di cui all'articolo 3 della convenzione ONU, a norma del quale gli interessi dei bambini devono costituire oggetto di primaria considerazione.
Le aziende televisive si sono quindi impegnate a elevare la qualità delle trasmissioni dedicate ai bambini, ad aiutare gli utenti ad un uso corretto delle trasmissioni stesse e a preparare conseguentemente gli operatori professionali delle trasmissioni. In tale quadro, le aziende medesime hanno assunto una serie di obblighi posti a tutela specifica degli interessi dei bambini.
A fronte di tale codice si sono registrate nel gennaio del 1999 le dimissioni dei componenti del Comitato incaricato della verifica e dell'attuazione del codice stesso, dimissioni motivate dall'impossibilità di svolgere i compiti assegnati per l'inattuazione dell'autoregolamentazione e la prevalenza degli interessi economici su quelli di tutela degli utenti minori.
È qui presente questa sera il presidente del Comitato, professor Tonucci, chiamato a chiarire le ragioni che hanno portato alle dimissioni sue e del Comitato e a formulare proposte utili a riattivare un processo virtuoso di regolamentazione delle trasmissioni radiotelevisive.
Cedo la parola al professor Tonucci.
Ho accettato l'invito del Presidente Prodi, due anni fa, a presiedere il Comitato per la stesura prima e per l'applicazione poi del codice televisioni-minori, che ho sempre considerato un codice televisioni-bambini, pur sapendo di non essere un esperto di problemi televisivi ed assumendo il ruolo invece di difendere i bisogni e i punti di vista dei bambini, avendo dedicato la mia vita professionale allo studio del pensiero infantile.
Prima ancora che per gli eventuali contenuti negativi, il bambino subisce una grave violenza perché viene immobilizzato davanti al televisore, perdendo così le sue caratteristiche di bambino e cioè di ricercatore e di esploratore. Naturalmente, in questa condizione di forte dipendenza e di difficile discernimento fra realtà e finzione, ogni proposta negativa diventa pericolosa per le paure che suscita, per le imitazioni che suggerisce. In questa situazione il bambino rischia anche controindicazioni fisiche, da quelle della vista a quelle del pericolo di obesità per la forte tentazione a mangiucchiare continuamente.
D'altra parte, la televisione è anche un'occasione di conoscenza e di intrattenimento. Sono convinto che i bambini oggi imparino molte più cose dalla televisione che dalla scuola, anche per colpa di una scuola che non riesce a trovare un suo modo chiaro e adeguato, e che per i bambini sia una necessaria fonte di stimolo e strumento di comunicazione fra pari. Sono anche sicuro che i bambini sono capaci di rimettere ordine, a loro modo, fra i tanti stimoli disparati e contraddittori che raccolgono nelle loro peregrinazioni fra i canali televisivi.
Occorre trovare le soluzioni adeguate perché i bambini possano godere dei vantaggi che uno strumento così potente e ricco può offrire, senza pagare costi eccessivi. Questi problemi qui solo accennati sono vissuti in maniera forte, anche se contraddittoria, dalle famiglie italiane. Nel febbraio del 1997, il Presidente del Consiglio Prodi ha nominato il Comitato per l'elaborazione di un codice di comportamento nei rapporti fra TV e minori, invitando le televisioni pubblica e private, nazionali e locali a darsi un codice di autoregolamentazione che il 26 novembre è stato sottoscritto dalle televisioni italiane.
Il codice cerca di interpretare il più coerentemente possibile lo spirito di autoregolamentazione, proponendosi innanzitutto come strumento di crescita della sensibilità all'interno delle aziende delle problematiche che suggerisce la presenza dei bambini davanti al teleschermo. I punti salienti del codice mi sembra che possano essere indicati nei seguenti: impegno delle televisioni a migliorare la qualità delle trasmissioni per bambini e ragazzi; impegno ad iniziare un'opera formativa verso tutti gli operatori sui temi specifici legati all'infanzia; impegno a non mettere in onda dalle 7 del mattino alle 22.30 programmi che possono danneggiare i bambini. Le indicazioni della commissione censura che vincolano la programmazione televisiva finora riguardano solo
Va sottolineato che il codice sottoscritto rappresenta un'esperienza unica in campo internazionale, perché coinvolge tutte le emittenti pubbliche e private, nazionali e locali e impegna anche i servizi di informazione. Va anche notato che l'impegno assunto dalle televisioni è molto alto e complesso perché in controtendenza con le logiche di puro profitto e competizione che hanno finora regolato la programmazione televisiva. È quindi un impegno che potrà trovare solo un'applicazione graduale, sviluppando all'interno delle aziende un ampio dibattito e una progressiva trasformazione culturale.
Con decreto del 28 aprile 1998, il Presidente del Consiglio Prodi, raccogliendo le indicazioni contenute nell'ultima parte del codice, ha nominato un Comitato per l'applicazione del codice di autoregolamentazione, chiedendomi di presiederlo.
Dopo un anno dalla firma mi pare che vi siano alcuni problemi aperti che vi sottopongo perché credo siano ancora attuali.
Innanzitutto la prima serata: il nodo di maggiore dibattito all'interno del comitato e di maggiore preoccupazione delle famiglie è sempre stato il poco rispetto dei minori nella fascia oraria dalle 20 alle 22,30. In questi mesi non si sono notati sostanziali cambiamenti nella programmazione sia della televisione pubblica che delle private. Le televisioni si sono appellate ad un diritto di smaltimento del magazzino, ma senza mai fornire un indicazione chiara ed un termine certo di quando questa operazione potesse aver termine. Il sospetto che abbiamo e che io ho in questo momento è che purtroppo le acquisizioni attuali vengano ancora fatte con la vecchia logica.
L'informazione: così come per gli spettacoli in prima serata, anche l'informazione si dimentica spesso della presenza dei bambini e rimangono servizi di grande violenza, aggravata dal fatto che è vera ed i bambini lo sanno, e di crude descrizioni. Ciò nonostante sappiamo che di questo problema si discute nelle redazioni e che sempre più si cerca di tenerne conto. La formazione di tutti gli operatori, non solo dei giornalisti, ed uno stretto rapporto con il comitato credo possano far crescere questa sensibilità.
Divulgazione del testo del codice: ho sempre pensato che questa fosse una condizione necessaria per l'efficacia di un codice di autoregolamentazione, perché è un impegno preso con la popolazione, la società e se lo sanno solo coloro che lo hanno sottoscritto è difficile che questo costituisca un alto impegno. Solo se le famiglie conosceranno direttamente e compiutamente il codice, potranno chiederne e pretenderne il pieno rispetto alle loro televisioni. Ho chiesto questo impegno già due anni fa, all'atto della consegna del codice al presidente Prodi. In quella occasione chiesi che ne venisse data ampia diffusione; purtroppo questo finora non è avvenuto. Ho preso contatti con il Ministero della pubblica istruzione e con l'ANCI per la proposta di adozione del codice da parte delle scuole e dei comuni; ritengo che la conoscenza del codice a scuola sia una forma efficace di educazione all'uso della televisione, specialmente per quelle parti in cui il codice impegna le televisioni ad una qualità più alta nelle trasmissioni per bambini, così come ritengo sia dovere dei sindaci farsi garanti della difesa dei diritti dei bambini definiti nella convenzione dei diritti del 1998.
La chiusura dell'esperienza: di fronte a questi problemi aperti, il Comitato stava valutando da un lato di rispondere all'esigenza di un termine certo per lo smaltimento del magazzino e dall'altro di avere
In questi ultimi mesi i mezzi di informazione hanno sempre più frequentemente e giustamente fatto riferimento esplicito all'inefficienza e all'inefficacia del codice, per esempio per il caso Clinton oppure per la testimonianza di Carretta o ancora per altri fatti di cui hanno parlato i canali di informazione, creando un sempre più forte disagio nei membri nominati dal Presidente del Consiglio. I membri del Comitato erano dieci, cinque erano quelli che io consideravo i rappresentanti dei bambini, nominati dal Presidente del Consiglio; gli altri rappresentavano le televisioni. I primi hanno cominciato ad avere grossi problemi morali a rimanere all'interno del comitato. Essendo nel frattempo cambiato il Governo, ho pensato fosse necessario mettermi in contatto con il gabinetto del Presidente del Consiglio per segnalare il disagio che il nostro organismo stava vivendo e per chiedere un segnale forte per il suo rilancio. Facevo riferimento ai messaggi forti che il presidente aveva lanciato a Firenze alla prima conferenza nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza intorno al 20 novembre. Purtroppo le mie richieste, prima verbali poi scritte, non hanno avuto alcuna risposta. Non ho potuto quindi evitare le dimissioni dei colleghi del comitato, che il giorno 15 gennaio ho trasmesso al Presidente del Consiglio unitamente alle mie. Da allora non ho avuto alcun segnale da parte della Presidenza del Consiglio.
Conclusioni: la speranza mia personale e dei colleghi del Comitato è che la nostra mossa solleciti nel Governo un impegno rinnovato per il rilancio dell'iniziativa, non vanificando un lavoro che vale la pena difendere. Il codice, anche in assenza del Comitato, rimane ed è operante. Le televisioni lo hanno sottoscritto e sono impegnate a rispettarlo. Se fossero in grado di fare questo attraverso i soli loro rappresentanti sarebbe una bella dimostrazione di autoregolamentazione e personalmente sarei pienamente soddisfatto.
Ritengo inaccettabili le obiezioni che anche in recenti interviste ed interventi sono state avanzate. La prima: la tutela dei bambini spetta alle famiglie e non alla televisione. Il bambino è titolare di diritti anche quando non può contare su una famiglia che li tuteli. La società deve garantire un livello di sicurezza e di garanzia per tutti i bambini, non si capirebbe altrimenti perché, ad esempio, i vostri organismi legislativi si occupino di problemi come la difesa del bambino da giocattoli pericolosi o altri di questo genere, che pure potrebbero rientrare nella responsabilità delle famiglie. Le famiglie vanno aiutate a riconoscere i bisogni dei bambini e a tutelarli. Ho proposto a Firenze una serie di consigli alle famiglie per un buon uso della televisione, che lascio alla Commissione; si tratta di indicazioni molto semplici ma che purtroppo non corrispondono ai comportamenti. Ad esempio, troppo tempo davanti alla televisione fa male, fa male per quello che fa perdere; evitare che i bambini vedano la televisione prima di andare a scuola, evitare che i bambini vedano la televisione fino a tardi e fino a che non vanno a letto; evitare di tenere la televisione dove si mangia, non mettere la televisione nella camera dei bambini e tutte le volte che è possibile vedere la televisione con i bambini; sono osservazioni abbastanza banali ma non credo siano così evidenti per lo meno nei comportamenti delle nostre famiglie.
La seconda obiezione, anch'essa secondo me non accettabile, è la seguente: i bambini rappresentano una minoranza davanti alla televisione ed i loro diritti non possono ledere quelli del pubblico adulto. Questa purtroppo è una obiezione che abbiamo ascoltato moltissime volte anche all'interno del comitato. Nel nostro paese abbiamo consolidato una cultura di
Ultima obiezione: la televisione adatta ai bambini è una televisione che non piace agli adulti, che non può dire la verità, bacchettona, eccetera; sono state queste molte delle obiezioni mosse alla nascita del nostro codice. Questo, però, non è solo falso, ma rivela una preoccupante idea di infanzia come periodo di carenza, povertà e incapacità. Abbiamo invece bisogno, anche attraverso questi interventi, di proporre con forza una immagine del bambino come ricchezza, come persona esigente che merita la qualità più alta. Nel nostro caso si tratta quindi di pensare ad una televisione tanto buona e tanto alta che possa piacere anche ai bambini. Vi ringrazio.
Ricordo anche che insieme consideravamo i tempi di ascolto ed io, sulla base della mia esperienza europea, evidenziavo come uno studio europeo avesse rilevato che il bambino trascorre 930 ore a scuola e 960 di fronte alla televisione. I tempi televisivi sono quindi superiori a quelli scolastici. Ricordo ancora che si parlava di altre soluzioni possibili; il comitato era il meccanismo più flessibile e meno dispendioso per dare una risposta, ma si parlava anche della adozione di misure legislative, di meccanismi che consentivano l'oscuramento della televisione da parte degli utenti e ancora di una indicazione ottica che segnalasse il problema ai bambini.
Oggi, a due anni di distanza, vorrei che mi chiarisse se dobbiamo tornare a far conto soltanto su ciò che prevede la legge Mammì, il cui articolo 31 stabilisce che, se si nuoce allo sviluppo fisico e morale dei minori con spettacoli che contengono scene gratuite di violenza o pornografia, siano applicate multe salate, addirittura l'oscuramento fino a 10 giorni e, nei casi più gravi, la proposta al ministro di revocare la concessione dell'emittente. Mi chiedo che cosa sia stato applicato di questa legge, facendo un passo indietro, visto che quanto lei e il Comitato avete portato avanti in questi due anni non ha dato risultato.
Non so se nel suo ruolo di responsabile del Comitato per l'attuazione del codice di autoregolamentazione mi possa chiarire questo punto: la legge n. 249 istituisce l'autorità per il garante delle comunicazioni e prevede l'istituzione di un consiglio nazionale dell'utente (tra l'altro, sono nominati di seguito più consigli e ciò crea confusione) che, a quanto mi risulta, non è stato istituito. Esso ha compiti di denuncia e di proposta e deve fare un monitoraggio che non è stato fatto.
Dobbiamo ancora sperare che si possa rimettere in piedi il lavoro che avete fatto? Dobbiamo aspettare il 20 novembre 1999, la giornata nazionale dell'infanzia, perché un'altra istituzione venga a conclamare i diritti dei minori, senza seguirne l'applicazione? Dobbiamo ritornare indietro alle legislazioni precedenti? Cosa dobbiamo fare?
Credo che dobbiamo ringraziare il professore e gli altri membri del Comitato, perché di solito queste cose si fanno in maniera roboante, ma poi muoiono per inerzia e nessuno ne sa più nulla. Invece, le vostre dimissioni sono servite a richiamare l'attenzione non solo sul vostro ruolo al quale si sono negati i più elementari strumenti di lavoro, ma anche sul fatto che vi sono dichiarazioni e convegni che enfatizzano il dramma della condizione dei minori, grandi pubblicazioni, rassegne stampa, statistiche - non ne possiamo più! - ma poi in concreto nulla si muove in difesa del bambino.
D'altro canto, nulla si è fatto per pubblicizzare il regolamento che è stato predisposto, operazione questa che non credo richiedesse denaro. Credo che il Capo del Governo possa chiedere ai quotidiani, ai giornali, alle radio e alle televisioni di inviare dei messaggi relativi al codice o di pubblicizzare piccoli accorgimenti per le famiglie. Invece, ci troviamo di fronte ad una saracinesca chiusa, ad un Ministero della pubblica istruzione che non ha neppure fatto affiggere nell'albo delle scuole un minimo di documento per far conoscere l'esistenza del Comitato e avviare un dialogo per avere un ritorno in termini di riflessioni, esperienze, consigli.
Ho premesso che noi dobbiamo dare risposte al professor Tonucci, perché altrimenti anche questa sera rischiamo di fare un bellissimo incontro sulla baby-sitter elettronica, sulla prigione del bambino e così via e niente altro. Ritengo invece che, di fronte alle dichiarazioni coraggiose e gravi del professore, la Commissione debba assumere l'impegno di presentare nei rispettivi rami del Parlamento una risoluzione, con la quale, dopo aver ricordato gli impegni assunti, si chiede l'espressione dell'Assemblea affinché a quegli impegni seguano atti concreti. La Commissione potrebbe, con un successivo atto parlamentare, definire anche gli ambiti.
Questa vicenda riguarda tutte le televisioni, dalla più piccola alla più importante, ma soprattutto la RAI: è indecente e vergognoso che la RAI, pagata con i soldi delle famiglie, porti nelle famiglie stesse veleno, violenza e quant'altro.
Allora, un primo passo può essere una risoluzione da presentare ufficialmente come Commissione, se i colleghi sono d'accordo. Poi, potremmo incontrare la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. È importantissimo che D'Alema sia ospite nella trasmissione di un noto cantante, ma molto più importante è il fatto che, mentre parliamo, la televisione continua a fare violenza, a irradiare programmi incredibili.
Una terza iniziativa che possiamo assumere subito è un incontro con il presidente o il direttore generale della RAI, pubblicizzandolo, anche se non ha lo scopo di fare propaganda elettorale. D'altro canto, dopo che il presidente o il direttore della RAI hanno partecipato a qualche convegno, si sente parlare per ore della condizione dell'infanzia, ma poi non vi è la minima vergogna a commettere certi atti criminali. Mandare in onda programmi violenti come quelli che si sono visti negli ultimi giorni è un atto criminale che dobbiamo combattere non come se si trattasse di una devianza trascurabile o di superficialità; dobbiamo considerare un atto criminale quello che provoca danni nella mente, nella coscienza e nell'equilibrio psicofisico di un bambino, come la violenza o il sesso presentato come scambio di merce. Vi è, ad esempio, una televisione locale alla quale - non capisco perché - si consente ogni sera di mandare in onda programmi che, secondo quello che abbiamo appreso, non dovrebbero essere trasmessi.
Quindi, dicevo, incontro con il presidente della RAI, oltre che con i responsabili
Quindi, dovremo incontrarci con il sottosegretario o con il Presidente del Consiglio; se ci onorasse non farebbe certo cosa sbagliata visto che ha perfino evitato di rispondere alle lettere di un comitato nominato dallo stesso presidente del Consiglio, sia pure dal suo predecessore. Chiederemo informazioni sui fondi a disposizione della Presidenza del Consiglio, degli affari sociali o di altri capitoli, visto che la legge prevede un piano annuale nazionale di intervento della Presidenza del Consiglio sulla questione dell'infanzia. Siamo una Commissione bicamerale e abbiamo il dovere di rappresentare con urgenza al Presidente del Consiglio quali siano le necessità, ad esempio per quanto riguarda il settore della RAI-TV, e quali gli oneri. In questo il professor Tonucci, che ringrazio nuovamente per il gesto delle dimissioni sue e dei suoi colleghi, ci può essere di aiuto, a prescindere che sia ancora in carica o no. Anche nelle sue parole e nel tono della voce si è colta la sofferenza per un compito che avrebbe voluto svolgere con tutta l'anima, vista la delicatezza dei soggetti di cui si doveva occupare, e nel quale si è visto invece mortificato dall'inerzia delle autorità.
Siamo noi che dobbiamo definire un calendario di interventi da fare. Al professor Tonucci possiamo chiedere una scaletta di interventi che noi, a nostra volta, possiamo poi chiedere ai responsabili che incontreremo. È però intanto urgente intervenire perché se la RAI-TV desse un segnale concreto di cambiamento, sono convinto che tutte le altre televisioni sarebbero costrette a seguire.
(Così rimane stabilito).
Il codice di autoregolamentazione, anche dal punto di vista dell'analisi, mi sembra un documento valido, completo ed esaustivo. Proprio oggi nella Commissione speciale per l'infanzia in Senato ho svolto
È previsto, ad esempio, che a seguito delle vostre segnalazioni vi sia un annuncio in televisione in determinate fasce di ascolto, ripetendo un po' quanto avviene per la carta stampata. Quest'ultimo è uno strumento, se volete, molto meno insidioso nel senso che il giornale bisogna comprarlo; è uno strumento meno penetrante e meno invasivo della televisione. Si deve comprare il giornale, leggere un determinato articolo e, se si trova qualcosa che non va, si può chiedere una rettifica. Per la televisione, che pure è un mezzo, dicevo, molto più invasivo, e visto da tutti, eccetera, non vi è una normativa altrettanto efficace. Se un giornalista o una testata pubblica qualcosa che infrange un codice o lede quello che è il rispetto dovuto ad una persona, vi sono molti strumenti di intervento: diritto di replica, diritto di rettifica, eccetera. Sul mezzo televisivo, invece, ripeto, non vi è nulla. Il giudice Guariniello, che mi sembra avesse seguito il problema dei videogiochi, mi ha segnalato proprio qualche mese fa questa situazione di impotenza: nei confronti dei giornali vi sono strumenti di intervento, mentre mancano del tutto rispetto ad una videocassetta. Questo è un vuoto, una carenza che dobbiamo colmare.
Tornando, quindi, al codice, è previsto che, in alcuni casi e con determinate procedure, voi chiediate un annuncio televisivo in determinate fasce. Ma questo è stato mai fatto? No, nessuna televisione ha mai ottemperato a questo e non è successo nulla.
Ora, proprio per entrare nel vivo delle questioni e senza dilungarmi troppo, anche per rispetto dei colleghi, voglio dire che abbiamo, con questa Commissione e con altri strumenti, l'opportunità di fare tesoro di questa vostra iniziativa. Voi avete presentato le dimissioni, ma esse sono state accolte?
Ho capito che non hanno risposto, ma la procedura qual è? C'è il silenzio assenso? Credo che rientri nei compiti della Commissione quello di attivarsi affinché, anche sul piano formale, ci sia un'interlocuzione, sia data una risposta e vi sia una convocazione da parte di chi di dovere.
Ritengo che abbiamo tutti gli strumenti, però manca la parte finale, cioè quella sanzionatoria. Questa parte mi pare troppo debole. D'altro canto, quando si riconosce che vi è pubblicità ingannevole, qualcosa succede, mentre in questo caso non succede nulla. Lei già ci ha fornito notizie interessanti, ma noi vorremmo anche ulteriori elementi a proposito di cosa ritiene sia opportuno aggiungere al codice di autoregolamentazione, perché abbiamo constatato che così com'è non funziona, in quanto non vi è la buona volontà.
Sono d'accordo sull'opportunità di giungere ad una mozione parlamentare. Abbiamo già predisposto una prima bozza e potremmo verificare se si possa presentare lo stesso testo nei due rami del Parlamento, anche considerato che questa è una Commissione bicamerale.
Mi sembra doveroso procedere ad un'audizione dei responsabili della RAI
È singolare che non sia stato fatto nulla per far conoscere il codice. Ho proposto, prima di avere le informazioni che lei ci ha dato, di fare una piccola pubblicazione di larga diffusione che raccogliesse il codice e i consigli di cui lei ci ha parlato. Questo potrebbe essere un veicolo a larghissima tiratura che dovremmo trovare dappertutto, nelle scuole e sulla carta stampata, per promuovere una grande campagna di informazione, poiché è vero che questa battaglia di civiltà la vinceremo sia con qualche strumento sanzionatorio, sia alzando il tiro, ma anche coinvolgendo le famiglie e i genitori, facendo loro comprendere i rischi di un'esposizione senza rete, indiscriminata allo strumento televisivo, che però non vogliamo assolutamente criminalizzare. Questo sarebbe sbagliato come criminalizzare l'automobile che di per sé è una grande invenzione, solo che se la usiamo tutti i giorni per recarci in ufficio ci intossica.
Quindi, dobbiamo completare il codice inserendo una paginetta che specifichi ciò che accade se non viene rispettato e fare in modo che le vostre dimissioni siano un'occasione per affrontare il problema seriamente, con gradualità e senza crociate, facendolo avvertire alle istituzioni, al Parlamento e ai mezzi di informazione, prima la RAI, anche se non credo che i privati, che catalizzano una grande fetta di ascolto, siano esentati (semmai il canone può rappresentare un'aggravante).
Fin da ora vorrei che ci fosse una collaborazione e vorremmo dei suggerimenti, alla luce della vostra esperienza, anche perché non riusciamo ad ottenere nulla, nemmeno piccole cose: questo è lo scenario. Vorremmo, ad esempio, che non fosse inserita la pubblicità nei cartoni animati e che la pubblicità sia riconoscibile. Si tratta di ragionevolezza, eppure non riusciamo nemmeno qui. Allora, collezionare nuovi fallimenti sarebbe un'offesa anche per il Parlamento e per le leggi importanti che ci sono a tutela del bambino.
Mi colpisce un articolo specifico della convenzione dell'ONU che stabilisce che la tutela degli interessi del bambino è prioritaria rispetto agli altri interessi, perché è un investimento per il futuro. Mi sembra che la lettura di questo articolo dovrebbe essere illuminante per il legislatore ma anche per chi fa RAI e informazione.
Vorrei dirle innanzitutto che lo spirito dell'autoregolamentazione deve nascere dalla condivisione di alcuni principi che non sono condivisi all'interno di questa società. Lei ha parlato di tre obiezioni che mi sembrano significative ed ampiamente diffuse nella coscienza della gente. Mi riferisco al fatto che il bambino debba essere tutelato dalla famiglia, però la società ha ritenuto di dover scindere le ragioni dei bambini da quelle della famiglia, che non è più il luogo di riferimento dei processi di formazione dell'uomo dal
La TV dei bambini non piace agli adulti; anche questa terza obiezione è diffusa perché all'interno del mondo degli adulti è finita, è crollata, si è collassata la condizione del primato del bambino come protagonista della storia, come padre della civiltà. Ricordo una vecchia tesi pedagogica che vede il bambino non come figlio ma come padre dell'uomo. Questa debolezza dell'orizzonte culturale che emerge dalle tre obiezioni rende quasi impossibile non l'autodisciplina ma la disciplina anche autoritaria perché nel momento in cui al suo comitato viene data questa capacità di regime, di tutela e di protezione ma non gli strumenti, tutto si riconduce naturalmente un atteggiamento retorico molto diffuso anche nel mondo normativo e legislativo italiano, quello di affermare alcuni principi senza dotarli dei potenziali e delle strumentazioni di autorità per intervenire.
Altro elemento per superare questa debolezza, significativo rispetto alla rifondazione di questo comitato con l'ampiezza di intervento possibile negli spazi della televisione, è quello di dare soggettività e protagonismo alla comunità degli utenti. Qui si porrebbe il problema della rappresentanza reale dei bambini, che secondo me deve essere affidata alla comunità delle famiglie. Ecco che torna il problema, su cui mi sono voluto intrattenere brevemente, delle obiezioni fondamentali. È qui l'asse politico di gestione e di regolazione del sistema televisivo, della comunicazione in genere ma di quello televisivo in particolare per la sua maggiore capacità di penetrazione e devastazione; la titolarità di questo diritto o viene assunta dalla comunità stessa degli utenti e quindi dalle famiglie o altrimenti la surrogazione a questa potenza di rappresentanza può essere possibile in modo mediato attraverso un comitato che intervenga, purché sia dotato comunque di un'autorità; senza di questa anche il discorso di questa sera diventa solo una lamentazione, un atto di solidarietà nei confronti suoi e degli altri componenti del comitato. Peraltro, non ho capito se si siano dimessi solo cinque membri o tutti.
La seconda considerazione: per quale ragione, nonostante le competenze - non parlo di poteri - conferite al comitato, non è stata fatta una risoluzione per le inadempienze che sicuramente ci sono state in questo periodo che se non è lunghissimo non è neanche breve? Probabilmente vi è una prepoderanza di chi tutela gli interessi degli editori televisivi rispetto ai doveri che il comitato in qualche modo doveva esercitare.
La terza considerazione: non sempre ciò che necessità di regolamentazione può essere autoregolamentato. Non pensa lei che probabilmente da questa esperienza potrebbe nascere l'esigenza di una normativa vincolante o questo può essere ritenuto in qualche nodo, da chi ha interessi nelle televisioni, come un atto assolutamente illiberale?
Le mie esperienze personali, come madre e come operatrice nel campo dell'infanzia, mi fanno rilevare che è molto difficile creare queste alternative; è difficile anche perché, al di là della mia esperienza personale, le nostre case non sono adatte al gioco dei bambini. Anche nelle strade i bambini non possono più giocare, perché non abbiamo più i cortili, perché abbiamo costruito delle città che rendono passivo il bambino, lo costringono di fatto ad un atteggiamento passivo.
Io stessa opero nel settore della gestione di spazi per i bambini e, in questo ambito, mi occupo di organizzazione di spazi di tempo per le famiglie. A questo proposito devo dire che abbiamo provato sperimentalmente ad organizzare degli spazi di gioco ed intrattenimento diversi per i bambini ma abbiamo incontrato una serie di difficoltà, innanzitutto tra i genitori: i bambini che giocano con l'acqua, la terra o con il fuoco si sporcano, i bambini che salgono sugli alberi qualche volta cadono, i bambini liberi di arrampicarsi sui muri tornano qualche volta con i vestiti laceri, per cui l'atteggiamento di passivizzazione spesso deriva dalla comodità dei genitori.
Un'altra serie di grossi ostacoli li abbiamo incontrati da parte del comune e delle USL; in una casa per bambini avevamo organizzato un recinto per animali con galline, asinelli, caprette, eccetera, ma questa iniziativa è stata bloccata direttamente dalla USL perché i bambini a contatto con gli animali possono prendere chissà quali malattie. Inoltre, quanti fondi e strumenti mettiamo a disposizione per forme diverse di intrattenimento per i bambini?
Nella mia città, Verona, so che l'ente lirico Arena di Verona aveva proposto una rassegna di musica lirica per bambini e ragazzi, ma non ha avuto i finanziamenti per farlo; sappiamo benissimo le difficoltà in cui si dibatte il teatro per ragazzi. Avevamo organizzato una serie di valigie che potevano essere prese in prestito dai genitori e all'interno delle quali vi era l'occorrente (pupazzi e altro) per la messa in scena di fiabe tradizionali, per la quale è chiaro che i genitori devono avere tempo e disponibilità ma occorre anche un'organizzazione; però su questo versante non abbiamo trovato aiuto né da parte del provveditorato né delle scuole. Mi risulta che in molte scuole vi sia la
A me sembra che occorra molto di più lavorare fuori piuttosto che dentro la televisione. Penso, ad esempio, alle scuole: da tanti anni chiediamo di tenere le scuole aperte tutto il giorno per permettere ai ragazzi e ai bambini di utilizzare gli spazi e il materiale. Ma mi pare di capire che ciò avvenga molto poco e comunque in maniera passiva, senza proposte precise.
Dovremmo fare pressione affinché ai bambini vengano offerte altre forme di intrattenimento e di gioco, per fare in modo che la TV diventi un elemento residuale.
Sono contraria ad ogni tipo di censura comunque e sempre, ma credo che meno tempo un bambino passa davanti alla televisione e meglio è. Naturalmente sarebbe preferibile che ciò che è trasmesso fosse di qualità.
Qualcuno ha detto prima che l'impegno del Comitato era impossibile e ha rivolto al presidente i complimenti per aver tentato. Anch'io ritengo che sia impossibile, o quanto meno difficile, modificare i contenuti della TV e l'impatto che essa ha sui bambini. Quindi, credo che il compito nostro, vostro e di tutti coloro che ritengono si debbano dare all'infanzia offerte diverse sia quello di indicare delle alternative e non soltanto di censurare.
Lei ha parlato dei bambini davanti alla TV ed io mi pongo anche il problema dei bambini dietro alla TV. Vedo spesso bambini utilizzati come veicoli pubblicitari e messaggi pubblicitari destinati ai bambini. Su questo, cioè sull'utilizzo del bambino come merce, come lavoratore - i bambini che fanno pubblicità sono lavoratori ed io sono contro il lavoro infantile - ritengo che potremmo intervenire in maniera pesante, perché credo sia opinione di tutti che i bambini non debbano lavorare e soprattutto che non possano essere usati negli spettacoli come scimmiette che fanno le moine e mimano gli adulti. Credo anche che si debba intervenire sull'utilizzazione del bambino come strumento per incentivare il consumo.
L'onorevole Valpiana ha ragione quando dice che dobbiamo lavorare soprattutto affinché i bambini siano messi nelle condizioni di guardare la televisione meno possibile, però lavorare su questo fronte, cioè affinché i bambini abbiano più occasioni di gioco, di relazione tra loro e con gli adulti, una vita diversa, più spazi anche fisici nelle famiglie (penso a quanti saloni e salotti ci sono e a come la camera dei bambini sia in genere la più piccola), è molto importante e significa lavorare su un modello di organizzazione sociale e familiare. Ciò comporta uno sforzo culturale, oltre che delle istituzioni, molto grande, del quale possiamo parlare, anche se credo che in questo momento abbiamo bisogno di puntualizzare alcune questioni ed in particolare il compito del Comitato per l'applicazione del codice di autoregolamentazione. Dopo ciò, penso che anche il Comitato possa inviare importanti stimoli affinché nella scuola si lavori maggiormente per un uso attivo e non passivo della televisione.
Credo però che la scelta del Comitato non potesse che essere quella di prendere atto di una soluzione socio-culturale di fatto e lavorare sui contenuti della televisione. Ritengo, quindi, che il Comitato abbia decisamente ben operato per diverse ragioni. Colgo l'occasione per ringraziare il professor Tonucci per la sua presenza e per la sua completa relazione.
Il Comitato ha ottimamente assolto il proprio compito anzitutto perché non ha assunto atteggiamenti di tipo censorio, ma ha puntato sostanzialmente su tre stimoli. In primo luogo ha operato affinché venisse migliorata la qualità del prodotto, che è fondamentale perché fa cultura, nel senso che puntare sul miglioramento del prodotto vuol dire cercare di elevare la
Il terzo elemento è che ha dimostrato una ferrea volontà di far rispettare il codice e credo che le dimissioni dei cinque commissari che rappresentano i bambini siano esemplari: «Se non possiamo essere utili, mettiamo in movimento qualcos'altro che possa essere utile».
Mi sembra che questo organismo di tipo paritetico non sia molto corretto, perché un organismo che cerca di far rispettare un codice di autoregolamentazione dovrebbe avere una prevalenza delle persone che hanno l'interesse specifico che il codice venga rispettato.
Non mi meraviglia molto ciò che è successo, considerato che il dato culturale spesso prevale su quello legislativo. Questo è un dato al quale assistiamo spesso: avviene molte volte che leggi siano vanificate dal fatto che non vengono assunti comportamenti complessivi conseguenti.
Credo che il problema fondamentale sia il seguente: le televisioni si sentono fortemente legittimate dal fatto che devono stare su un mercato la cui utenza si è appiattita su un livello molto basso. Allora occorre far sì che l'utenza cresca, maturi ed esiga un prodotto di qualità più elevata. Bisogna agire perché l'utenza si renda conto che ha dei diritti e che i bambini oltre ad avere questi diritti hanno bisogno di tutela.
È suggestivo l'intervento della collega Valpiana, ma io credo che dobbiamo lavorare anche per la tutela dei bambini che comunque davanti alla televisione ci stanno, perché questo è il prodotto di questa organizzazione sociale. Agirò quindi nel senso da lei indicato e da me ripreso all'inizio del mio intervento, ma dovrò agire anche in questa direzione.
Cosa possiamo fare? Innanzitutto sostenere l'azione del comitato e rilanciarlo utilizzando tutti gli strumenti che abbiamo. Non ho ancora chiaro quali siano tutti i nostri strumenti, ma sicuramente non dobbiamo essere frettolosi nel dire già questa sera che prepareremo una risoluzione; pensiamoci un attimo ma cerchiamo comunque di agire tempestivamente per rilanciare, ripeto, il comitato. Tutto sommato si potrebbe concordare già da questa sera di formare un gruppo di lavoro che stenda un documento (vedremo poi se potrà diventare una mozione o una risoluzione), non un gruppo di lavoro stabile, ma un gruppo formato da poche persone con un mandato di tipo esecutivo per preparare immediatamente il documento; vedremo poi che uso se ne potrà fare, anche alla luce di una ulteriore analisi delle possibilità e degli strumenti della Commissione.
Sono state suggerite altre iniziative tra cui alcune audizioni. Penso che non dovremmo limitarci ad ascoltare la RAI ma ampliare ai rappresentanti di tutte le televisioni. Anche la proposta di una pubblicazione è molto suggestiva, ma credo che in questo momento l'emergenza sia rilanciare il significato di questo comitato, dandogli una forte legittimazione; legittimazione che, secondo me, una parte del comitato si è data ulteriormente attraverso le proprie dimissioni.
In questa sede, con riferimento alla replica che il professor Tonucci si accinge a svolgere, gli chiederei quali potrebbero essere gli strumenti attuativi concreti per
Inoltre, come educatore, ritengo che questi problemi non si possano risolvere solo con elementi sanzionatori o di criminalizzazione. Credo occorra partire soprattutto da un concetto di educazione perché vi siano sicuramente delle regole che fissino in modo chiaro quali debbono essere i comportamenti funzionali adeguati ma prevedendo nel contempo che vi possano essere anche altri comportamenti funzionali rispetto a tutta una serie di problemi. In questa infanzia così angelicata ed in questa situazione direi quasi asessuata non ci credo; allora, siccome comunque il bambino vive all'interno di un contesto sociale che non è fatto solo di televisione, ma di rapporti ed anche di apprendimento tramite imitazione, vivendo all'interno di un contesto sociale, non possiamo chiudere il bambino in un torre d'avorio. Questi aspetti vanno sicuramente tenuti presente anche in termini propositivi. Accennavo la volta scorsa anche all'importanza di una produzione di materiali, spettacoli e cartoni animati che offrano contenuti in maniera propositiva e positiva; quindi non solo una tutela di autoregolamentazione nel senso del controllo, ma anche in quello della produzione. Da questo punto di vista il bambino viene utilizzato come soggetto; come modello per quanto riguarda la pubblicità e soggetto come consumatore; ambedue questi aspetti debbono essere tenuti presente.
Penso che dobbiamo sottolineare anche l'aspetto prima sottolineato in maniera abbastanza forte dal collega Buontempo con riferimento alla criminalizzazione, alle sanzioni, eccetera. Si tratta, secondo me, di aspetti da riportare in termini di regole, ma occorre soprattutto che vi sia la possibilità di sviluppare capacità in termini di educazione.
Ho qualche difficoltà ad entrare in alcuni argomenti nei quali mi sento assolutamente impreparato. Mi sono sempre occupato di problemi dell'educazione e dello sviluppo del bambino e non credo sia questo il posto giusto per manifestare questo mio timore, ma non ho mai creduto eccessivamente all'efficacia delle leggi - anche se qui non si dovrebbero fare queste affermazioni - nel senso che ho vissuto tutta la trasformazione della scuola attraverso le leggi ed ho visto come queste non abbiano affatto cambiato la scuola pur portando l'Italia ad un livello emergente su scala internazionale; noi abbiamo una delle più belle legislazioni scolastiche, ma ricordo anche la legge Basaglia ed altre leggi che il mondo ci ha invidiato, ma che sostanzialmente non sono riuscite a modificare la realtà interna. Per questo ho sposato fin dall'inizio la tesi dell'autoregolamentazione, come scelta culturale, debole; sono per una scienza debole e quindi per lavorare per cambiare le convinzioni piuttosto che per costringere le persone ad aderire alle norme. Mi pare che le norme spesso suggeriscano l'evasione. La sensazione che ho avuto, dall'esterno, lavorando con le persone che operano nelle aziende televisive, è che da parte loro vi sia una grande sicurezza sul fatto che a livello legislativo non arriverà mai qualcosa che possa preoccuparli. Di questo, però, ripeto, porto soltanto una sensazione.
La sensazione che ho avuto lavorando con loro è che in fondo non c'era il timore, che ovviamente è il più grande, di una legge che affermasse ciò che noi formulavamo come invito e li costringesse
Per questo ho creduto e credo ancora, nonostante l'insuccesso che ho dovuto registrare, che quella dell'autoregolamentazione sia una strada importante, interessante e affascinante. Secondo me il codice ha cominciato ad operare e non è stato un fallimento; le televisioni lo hanno sottoscritto liberamente; probabilmente hanno sottoscritto un impegno più alto di quello che erano in grado di rispettare, e questo le ha esposte. Dentro le televisioni il dibattito è cominciato e non vorrei che le nostre dimissioni avessero alleviato i loro problemi e creato un alibi per andare avanti con il tormento della difficoltà di cambiare le teste, cioè gli orientamenti che sono sostanzialmente legati a criteri di denaro, perché ogni cosa che restituiamo ai più piccoli la dobbiamo togliere a questa logica. Dobbiamo scegliere la qualità per ottenere audience, anziché i più bassi istinti, poiché la gente corre o perché inseriamo panem et circenses, oppure perché diamo prodotti di alto livello, che però costano sia economicamente sia culturalmente, nel senso che ci vuole una cultura per produrli e più disponibilità economiche.
Mi sembra ingiusto non aver detto chiaramente prima che nelle televisioni il dibattito è cominciato e ha indicato che sono pochi quelli che ancora oggi sono convinti che si debba andare avanti nel rispetto delle minoranze, o comunque dei diritti di tutti, e sono ancora forti quelli che dicono che è un problema di mercato: su ciò non si gioca. Su questa battaglia e su questo confronto mi aspettavo da parte della RAI una grande solidarietà che non c'è stata; la RAI non ha brillato nel Comitato per essere quella sempre a fianco di coloro che rappresentavano gli interessi dei bambini, scoprendo in qualche modo le posizioni delle televisioni commerciali, che avrebbero dovuto rincorrere la posizione molto impegnata della RAI. La sensazione era invece che vi fosse una reciproca copertura. Questo è stato l'aspetto che mi ha preoccupato di più. Non sono riuscito a parlare con il presidente della RAI come mi ero proposto. A me comunque sembrava che l'ente pubblico avesse il dovere di assumere il codice come un principio rigoroso e non potesse nascondersi dietro i ragionamenti di mercato. Il fatto che i film gialli il sabato su RAIDUE abbiano continuato tranquillamente imperterriti ad essere trasmessi, con l'avviso alle famiglie che si trattava di spettacoli non adatti ai minori, mi sembra assolutamente inaccettabile. L'ente pubblico non può dire alle famiglie italiane che, pur sapendo che lo spettacolo danneggia i bambini, per un problema di mercato deve essere trasmesso. Vi è anche un problema di pudore, di cosa si può o non si può dire.
La scelta fatta mi sembra particolare: il codice di autoregolamentazione è nato non da un'esigenza sentita da chi se lo è dato, ma da una sollecitazione del Governo, il quale credo che avesse ed ha il dovere di pretenderne l'attuazione o comunque di favorirla e dare peso alla scelta che le televisioni hanno adottato.
La ragione del nostro disagio discende dal fatto che nel momento in cui finalmente
Non siamo mai arrivati alle sanzioni, perché stavamo per dotarci degli strumenti per poterlo fare. Vi è però un'altra ragione della quale sono personalmente responsabile: non ho mai pensato che un codice di autoregolamentazione funzionasse sulle sanzioni, intanto perché la violazione è troppo grave per cui si deve fare di tutto affinché non avvenga e non aspettarla per punirla, poiché essa produce un danno morale sui minori. D'altra parte, era estremamente laborioso definire la sanzione e quando fosse arrivata agli utenti sarebbe stata talmente lontana dal momento in cui era avvenuta la violazione da risultare quasi inutile.
Il percorso che avevo pensato di sviluppare e sul quale vorrei che il Governo si impegnasse era incentrato sul lavoro culturale di trasformazione interno alle televisioni. Nel codice, infatti, è enfatizzato l'aspetto della formazione, nel senso che era stato assunto l'impegno di formare gli operatori televisivi. Vi è stato un bellissimo incontro con tutti i direttori dei telegiornali, poiché il codice - e questa è una novità - coinvolge i giornalisti che sapete quanto sono preoccupati e gelosi delle loro libertà. In questa riunione più di un direttore ha riconosciuto che non si può considerare la libertà di stampa come l'unica libertà dell'uomo. È una libertà fondamentale, ma vi sono anche i diritti di chi ascolta e quindi il rispetto delle persone. Questo però non ha garantito scivoloni come, ad esempio, la messa in onda in diretta nel pomeriggio della testimonianza di Clinton; poi, da parte dei rappresentanti delle televisioni, si è voluto difendere questa scelta come un fatto di eccezionale valore giornalistico, ma anche se su questo non sono in grado di dare una valutazione, mi sembra che la trasmissione in diretta su tre canali nazionali
La mia convinzione è che questo tipo di proposta può funzionare perché comunque le televisioni l'hanno raccolta e l'hanno fatta propria. Certo, però, va verificata ed oggi il Governo potrebbe chiedere una verifica seria e molto forte di impegno che ovviamente a questo punto, a distanza di un anno, non può più avere carattere interlocutorio ma deve corrispondere ad atti concreti o al riconoscimento della necessità di modificare qualcosa. Può darsi che abbiamo mirato troppo in alto; qualcuno lo sostiene. Credo che su questa operazione di forzare la mano vi debba essere un forte impegno della RAI o almeno pensavo che questa fosse l'ala marciante di tutto il processo.
Le nostre dimissioni non so se siano state accolte perché, ripeto, non abbiamo avuto alcuna risposta dal Governo. La lettera che vi ho trasmesso era indirizzata al Presidente del Consiglio; quella lettera non ha avuto risposta, né scritta né verbale. Può darsi che l'avrà.
Sulla questione dei bambini dietro alla televisione, debbo dire che è la parte su cui abbiamo potuto ottenere di meno, anche nel codice. Sulla parte della pubblicità le televisioni hanno sollevato davvero un gran polverone. È la parte del codice più confusa, molto ampia, l'unica parte scritta dalle televisioni ed in qualche modo portata dicendo: o così o non si va avanti. Gran parte del resto, invece, è stato scritto con un mio intervento istruttorio iniziale. Quella sulla pubblicità è una parte molto farraginosa dove, secondo me, si dicono molte cose senza offrire quasi nulla. Quello che abbiamo ottenuto è solo che sia evidente la differenza tra pubblicità e trasmissioni, anche con segnali riconoscibili da parte di bambini che non sanno leggere o che hanno degli handicap sensoriali. Su questo non abbiamo ancora visto nulla.
Viceversa, due proposte che avevo avanzato e che mi sembravano ragionevolissime, e cioè che il presentatore delle trasmissioni per bambini non potesse essere testimonial di prodotti all'interno della stessa trasmissione (perché altrimenti l'intera trasmissione diventava una pubblicità di quel prodotto) e che una trasmissione per bambini non potesse propagandare prodotti che rappresentavano pezzi o personaggi della trasmissione (che invece potevano essere benissimo diffusi in altri momenti ma non all'interno della stessa trasmissione perché altrimenti si poteva configurare di nuovo tutta la trasmissione come propaganda di quel prodotto); siccome la pubblicità in televisione è contingentata, naturalmente le televisioni si guardano bene dall'accettare che un'ora di trasmissione venga contata come pubblicità; su queste proposte, dicevo, la risposta è stata durissima e forse solo la legge potrebbe spostare ulteriormente il paletto. Bisogna però avere, ripeto, la forza di fare una legge che muova questi interessi, ma su questo non sono capace.
Vengo ora ad un'ultima considerazione, fermo restando ovviamente che sono a vostra disposizione per tutto il tempo che ritenete necessario, anche fino a domani mattina o, se volete, anche di più, perché mi sento assolutamente in dovere di darvi tutte le informazioni; come ultima considerazione, vorrei accennare ad una questione toccata nell'intervento dell'onorevole Valpiana.
Sono totalmente d'accordo sulla posizione enunciata e tutto il mio lavoro, come presidente del comitato, è stato sempre molto conflittuale. Ho sempre pensato che quello dei bambini davanti alla televisione è un pubblico drogato; non sono i bambini che hanno scelto di stare davanti alla televisione; stanno davanti al televisore perché non possono stare altrove. Questa è la condizione di maggiore disagio. Mi piacerebbe molto che la televisione fosse una scelta dei bambini e come scelta dei bambini mi piacerebbe lavorare perché fosse fatta bene. Mi mette invece paura lavorare perché sia fatta meglio pensando che così si possano lasciare davanti al televisore i bambini per ancor più tempo ed in maggiore sicurezza.
L'obiettivo di questo progetto è che i bambini possano uscire di casa - semplicemente questo - pensando che il bambino in casa si trova nelle condizioni di maggiore pericolo sia fisico che morale, perché può incontrare gli incidenti domestici e la violenza, perché non si difende dalla televisione. Fuori di casa il bambino vive delle esperienze di cui ha assoluto bisogno per diventare grande. Non posso ora sviluppare questo tema, ma sono a disposizione della Commissione per approfondirlo. Io ormai sono votato alle battaglie impossibili, ma anche questo tema che sembrava una follia nel 1991, quando abbiamo cominciato, oggi affiora in modo molto chiaro - e voi lo sapete bene - nella legge n. 285 del 1997 ed è stato ripreso nelle iniziative del Ministero per l'ambiente; domani mi incontrerò con il Ministero degli esteri, eccetera; c'è insomma una sensibilità che sta crescendo a livello istituzionale e che di nuovo l'estero ci invidia.
Voglio sperare che su questi due binari si vada avanti; da una parte dando ai bambini la possibilità di vivere da bambini e dall'altra continuando a portare avanti quella tutela che credo sia un dovere per una società civile come la nostra.
Si tratta certo di un atto politico ma ancora prima di un atto di civiltà politica a tutela della parte più sensibile e ricca di potenzialità della nostra società. Voglio ricordare che la Commissione fin dalla prima seduta ha sollevato il problema della non attuazione del codice di autoregolamentazione e delle conseguenti dimissioni del professor Tonucci. Questa attenzione non si esaurisce certamente nel corso dell'audizione odierna, ma credo che sarà necessario che prosegua, chiedendo anche conto a chi ha la responsabilità della mancata applicazione di un codice che, come ha sottolineato il professor Tonucci, è all'avanguardia nel panorama internazionale.
Nel contempo, siamo in grado di presentare una risoluzione in Assemblea - prendo atto di quello che ha detto l'onorevole Buontempo - ad opera dei singoli commissari per aprire un dibattito di più alto livello istituzionale.
Si tratta, in sintesi, di un cammino politico, istituzionale e civile che va proseguito con l'impegno che merita un tema di così grande rilevanza sociale.
Ringrazio nuovamente il professor Tonucci per la sua partecipazione.
Dichiaro conclusa l'audizione.