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L'Aja, 7 maggio 2000, ore 15.15.
PRESIDENTE. Dottor Storbeck, la ringraziamo per averci accolto nella sede centrale di Europol e per il lavoro che sta svolgendo in qualità di direttore dell'Ufficio europeo di polizia.
JURGEN STORBECK, Direttore di Europol. Grazie. Abbiamo previsto il programma indicato nella nota, ma poiché mi sembra di capire che conosciate diversi aspetti di Europol, dei quali avete discusso con i signori Ronconi e Marotta, penso che possiamo sviluppare il programma anche in modo diverso.
PRESIDENTE. Mi perdoni se la interrompo, ma lei ha chiesto di rivolgerle domande precise. Lei ha parlato di difficoltà ad ottenere informazioni: esse nascono da limitazioni di carattere legislativo-normativo oppure da una non adeguata volontà delle unità nazionali di trasmetterle ovvero dai corpi di polizia che fanno riferimento alle unità nazionali e non trasmettono i documenti? È possibile capire dove nascano queste difficoltà per provare ad intervenire, oppure dobbiamo soltanto prenderne atto?
JURGEN STORBECK, Direttore di Europol. Per tutte le difficoltà che lei ha menzionato possono esservi limitazioni di ordine legislativo. Faccio l'esempio di informazioni relative ad un caso di droga in possesso della Guardia di finanza, poiché vi sono aspetti di carattere fiscale: in questa ipotesi è difficile ottenere le informazioni. La
cooperazione, quando riguarda il diritto fiscale, quando cioè si tratta di informazioni relative ad un'investigazione penale con complicazioni fiscali, può essere sotto il controllo dell'autorità giudiziaria. Se è in corso un'operazione di polizia in Olanda o in Danimarca e in Italia vi è bisogno di un intervento di sorveglianza e di avere notizie su una persona indagata, molto spesso, nel caso in cui sia sotto il controllo del magistrato, vi è bisogno di un pubblico ministero danese o olandese per ottenere le informazioni. Si tratta, quindi, di una questione legislativa.
esattamente di che tipo di informazioni abbiamo bisogno, nel senso che tutto potrebbe essere importante. Riunire tutte le conoscenze di quattro, cinque o anche più forze dell'ordine è piuttosto difficile.
selezioniamo le persone che ci vengono offerte esclusivamente in base alla qualità. Anche nell'ambito della tecnologia la collaborazione funziona piuttosto bene.
PRESIDENTE. Mi scuso per non avervi ancora presentato l'intera delegazione composta dall'onorevole Rizza, il vicepresidente, onorevole De Luca, la dottoressa Galardini, segretario del Comitato, il senatore Moro, l'onorevole Fei, la dottoressa Muscetta e i nostri due consiglieri stenografi.
ANTONIETTA RIZZA. Fra le competenze di Europol rientra anche quella di sviluppare indagini e forme di prevenzione verso alcuni fenomeni criminali che non sono quelli «tradizionali». Mi interesserebbe capire, rispetto alla tratta di esseri umani, con particolare riferimento alle donne e ai bambini e, per l'ultimo anno e mezzo, alla pedopornografia, se si riesca ad avere delle informazioni adeguate,
considerato che, giorno dopo giorno, vediamo sulla stampa - non solo italiana - che la questione sta diventando alquanto complessa, anche per gli aspetti collegati ad Internet. Rispetto alle informazioni che tradizionalmente ci vengono fornite nel corso della nostra attività, mi interesserebbe sapere se, in ambito Europol, vi siano novità su questo versante che ci consentano di capire se gli strumenti di cui disponiamo siano adeguati o se occorra andare oltre rispetto ad un fenomeno che, come sappiamo, è molto ampio.
ANNA MARIA DE LUCA. Nella sua introduzione, lei ha esposto una serie di difficoltà che, alla fine, rallentano il flusso di informazioni. Ha detto che si tratta di difficoltà che non riguardano solo il nostro paese, rispetto al quale però ha fatto esplicito riferimento alla diversità e alla molteplicità dei soggetti, ognuno dei quali ha una propria banca dati e poi ai dipartimenti all'interno di questi soggetti. In proposito ha citato anche l'esempio delle difficoltà tra il vertice, cioè la polizia centrale, e la periferia.
SANDRA FEI. Il tema che maggiormente mi ha sollecitato è quello relativo alla raccolta di informazioni e al collegamento tra le varie forze di investigazione nazionale. Anche alla luce delle audizioni che il Comitato ha svolto, ritengo che esista il problema del recepimento dell'utilità di Europol da parte delle diverse forze per le quali probabilmente tale organismo è un qualcosa che esiste ma che non ha niente a che fare con loro. Questo è un segnale abbastanza preoccupante, perché riguarda proprio coloro che lavorano sul campo e potrebbero fornire informazioni. In altre parole, non si comprende ciò che Europol può dare o fare, il contributo che può apportare e la sua utilità.
nella mia provincia si è verificato un «fattaccio» rispetto al quale vi è stato un perfetto coordinamento tra le forze. Ciò non significa che un certo tipo di problemi di collegamento, dal punto di vista delle informazioni, non esista anche da noi (problemi che sono trattati sui quotidiani proprio in questi giorni).
FRANCESCO MORO. Vorrei sapere se siano in corso indagini o vi siano esperienze sulla falsificazione di atti amministrativi, sul traffico di documenti rubati, sulla falsificazione delle monete o di altri mezzi di pagamento.
JURGEN STORBECK, Direttore di Europol. Mi sono state rivolte numerosissime domande ottime e pertinenti, alcune delle quali avrei voluto rivolgervi io, perché magari avete la risposta.
«Aventinus», insieme alla Commissione, sul quale il signor Valls-Russel, responsabile del servizio di tecnologia e comunicazione, vi potrà fornire ulteriori dettagli.
EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore di Europol. Il sistema di indice è essenzialmente collegato al sistema di analisi, mostra i nomi delle persone che vi entrano ed è accessibile dagli analisti e dagli ufficiali di collegamento, i quali, se hanno interesse ad un nome, verificano se sia compreso nel file di analisi e chiedono all'analista di cosa si tratti per approfondire il tema. In questa fase iniziale dei file di analisi, gli analisti stanno ancora valutando la massa di informazioni in arrivo, per cui non vi sono ancora nomi presenti strutturalmente nel sistema; di conseguenza, non c'è ancora la possibilità per gli ufficiali di collegamento di sapere se un certo nome sia oggetto di un file di analisi. Ciò comunque riguarda questa primissima fase di raccolta dell'informazione e valutazione delle informazioni relative ai file di analisi aperti. Quindi, il sistema c'è e funziona, ma al momento è vuoto. Quando un certo nome entrerà, sarà consultabile senza problemi.
JURGEN STORBECK, Direttore di Europol. Ora vorrei passare alle altre domande. Per noi un problema fondamentale è quello del flusso di intelligence, il flusso delle informazioni che arriva ad Europol. Abbiamo avviato una dozzina di progetti internazionali ed indagini con analisi, rispetto ai quali il contributo degli Stati membri non è assolutamente eccellente, anzi è piuttosto scarso per motivi legali e burocratici, per mancanza di disponibilità dei singoli poliziotti. Per il primo aspetto posso darvi un esempio di soluzione: in Belgio tutte le informazioni sui casi più importanti sui quali stiamo lavorando sono in possesso dell'autorità giudiziaria, la quale ha affermato che non può cedere le informazioni. Abbiamo dovuto dedicare ben quattro mesi, insieme ai pubblici ministeri belgi e ai ministeri di grazia e giustizia e dell'interno, allo sviluppo di un regolamento in base al quale i pubblici ministeri belgi hanno l'ordine di fornire a Europol tutte le informazioni rilevanti attraverso la gendarmeria. Qui vi era un ostacolo di natura legale superabile.
polizia di Stato ottenere notizie che sono in possesso di altre agenzie in Italia. Da questo punto di vista stiamo cercando di sensibilizzare tutti i servizi e soprattutto le persone che possiedono le informazioni rilevanti. Qualche giorno fa si è svolta in questa sede una conferenza sulla mafia italiana, alla quale hanno partecipato delegazioni di due o tre persone; solo la delegazione italiana era composta di otto o nove persone (era rappresentata ciascuna forza dell'ordine) che all'inizio volevano solo ascoltare e capire cosa Europol stesse facendo, cosa volesse da loro e se potesse dare un valore aggiunto. I carabinieri erano «rannicchiati» fra loro e cercavano di capire se potessero fornire informazioni ad Europol e se ciò avrebbe comportato il passaggio di tali informazioni alla polizia di Stato. Lo stesso vale per le altre organizzazioni. È un problema difficile che sussiste anche negli altri paesi, a volte anche peggio.
difficile dare una risposta unica e chiara, perché in alcuni casi può esservi bisogno di più tempo. Comunque il sistema migliore è quello immediato, ma generalmente non è consentito.
EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore di Europol. Il record di risposta spetta ad un ufficiale di collegamento italiano, il quale, in un caso di sospetto riciclaggio, alla richiesta olandese di capire chi fosse un cliente, che in quel momento era in banca e aveva esibito una carta di identità con le generalità che corrispondevano ad una certa persona con residenza in via Fatebenefratelli 26, Milano, ha dato una prima risposta in tre secondi. Infatti, chi è di Milano sa benissimo che è l'indirizzo della questura, un ottimo indizio questo per fermare la persona.
JURGEN STORBECK, Direttore di Europol. Non posso fare altro che confermare quanto ha appena detto il signor Marotta. Ci possono essere indagini o operazioni estremamente complesse che vengono organizzate in tempi brevissimi. Una delle azioni più complicate è l'organizzazione delle consegne controllate di stupefacenti o di armi, che richiede la procedura di sorveglianza da parte degli Stati membri e vari mandati da diverse istanze; eppure talvolta il tutto può essere realizzato in tempi brevissimi. A volte alla richiesta di un agente di polizia può venire la risposta dopo un'ora. Ciò suscita una certa sorpresa, perché sembra impossibile avere un riscontro in così breve tempo; invece è possibile, grazie ai nostri esperti. Funziona? In genere sì, anche se non al cento per cento.
conosco abbastanza bene il vostro sistema per dare indicazioni precise che comunque richiederebbero un certo approfondimento.
aggiunto? Il tema è difficile e abbiamo problemi non dal punto di vista delle idee ma da quello delle risorse umane e dei finanziamenti, perché lavorare sulla consapevolezza è compito delle unità nazionali; non possiamo dire al signor Monaco cosa deve fare, possiamo offrire il nostro aiuto e produrre del materiale, ma non possiamo andare oltre.
olandesi, i BK tedeschi e la polizia danese su un piano comune. In questi team potrebbero esserci anche dei giudici o dei magistrati che lavorano insieme perseguendo uno scopo comune. Quando si dovrà interrogare un teste in Italia, ciò verrà fatto dal personale italiano, con l'autorizzazione del vostro giudice; il controllo del carico di un camion verrà fatto dal doganiere tedesco che è parte del team. Questa è attività operativa; non stiamo facendo noi l'investigazione, noi riuniamo le forze per svolgere l'indagine internazionale che è necessaria.
ognuna di esse si specializzasse in determinati fenomeni del lavoro delle forze dell'ordine (l'analisi, la gestione moderna delle forze dell'ordine), potremmo avviare un sistema decentralizzato e poi, nel corso degli anni, potremmo formare un'accademia della polizia in Italia o in Finlandia o in qualsiasi altro paese. L'idea è eccellente perché occorre qualcosa del genere.
SANDRA FEI. Le ho rivolto una domanda provocatoria sulla volontà degli Stati e sul fatto che forse parlate bene ma razzolate un po' meno bene. Lei ha citato Tampere, dove sono stati affermati determinati principi, ma da parte degli Stati membri ed in particolare dei governi vi è la paura o la non volontà di cedere alcuni poteri o alcune possibilità all'azione di Europol.
JURGEN STORBECK, Direttore di Europol. Mi scuso per aver dimenticato di rispondere a questa domanda. Non l'ho fatto intenzionalmente, ma forse «qualcuno» nella mia testa mi ha fermato.
fra le forze, addirittura tra i britannici euroscettici: talvolta bastano una o due persone. A questo punto anche il ministro è d'accordo.
EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore di Europol. È stato chiesto se la creazione dei diversi gruppi di analisi comporti il rischio che si sviluppino, piuttosto che cellule strutturate, delle monadi chiuse in se stesse che non parlano le une con le altre, cioè dei piccoli mondi. Anche questo dipende dalla volontà dei protagonisti, degli attori del gioco. Porto l'esperienza di questa mattina, in cui per la prima volta si è riunito un gruppo di analisi per stabilire come sviluppare concretamente il lavoro, quale tipo di informazioni raccogliere, in quale lingua, entro quali tempi, eccetera. Questa è la competenza del gruppo dei partecipanti, soprattutto degli esperti nazionali. Spetta al personale di Europol, e in particolare al direttore dell'analisi, evitare che questo lavoro sia fine a se stesso. Pochissime persone hanno la possibilità di avere uno sguardo orizzontale - per motivi di protezione della sicurezza e dei dati - dell'attività che si svolge nei vari gruppi di analisi e spetta a queste persone (forse questa in prospettiva sarà la mia principale funzione finché sarò qui) assicurare che ci sia sempre un collegamento logico e funzionale tra le varie attività di analisi, altrimenti una possibilità enorme di collegare file diversi viene persa, con le conseguenti implicazioni sotto il profilo sia delle informazioni sia dei risvolti operativi. Questa mattina, una delle primissime conclusioni su cui il gruppo è giunto ad un accordo è stata la seguente: non appena si riscontrerà un segnale di possibili agganci con altre attività o del possibile sviluppo di un'immediata azione investigativa ed operativa negli Stati membri, i paesi interessati saranno informati per i seguiti del caso, eventualmente convocando una riunione ristretta ad Europol.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Storbeck e il dottor Marotta per l'utile apporto che hanno dato alle nostre conoscenze. Sugli altri punti che ci interessano (strutture di Europol, personale e dati finanziari), è possibile avere una nota scritta?
JURGEN STORBECK, Direttore di Europol. Sì, alcune informazioni sono contenute nel plico che vi abbiamo consegnato.
EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore di Europol. Nel corso della breve visita che ora effettueremo potrete vedere sostanzialmente come si presenta un file di analisi.
PRESIDENTE. Pensavo che si trattasse di una ditta di hardware.
EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore di Europol. Sì. La Matra funziona da committente principale con il supporto delle altre due ditte. Il principale concorrente era la Marconi inglese, a sua volta capofila di un altro consorzio.
PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente i signori Storbeck e Marotta.
L'audizione termina alle 17,15.
ALLEGATO N. 2
Bruxelles, 7 aprile 2000, ore 15.
PRESIDENTE. Desidero innanzitutto ringraziarla, commissario Vitorino, per aver accettato l'invito del Comitato e presentarle la nostra delegazione che è composta dall'onorevole Anna Maria De Luca, vicepresidente del Comitato, l'onorevole Antonietta Rizza, il senatore Francesco Moro e l'onorevole Sandra Fei. Sono con noi la dottoressa Valeria Galardini, che è il funzionario segretario, la dottoressa Muscetta e due consiglieri stenografi che cureranno il resoconto dell'audizione, sia pure in questo caso giovandosi della traduzione dell'interprete.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Desidero innanzitutto sottolineare che è sempre con molto piacere ed interesse che ho contatti con membri dei parlamenti nazionali. Secondo il trattato di Amsterdam, infatti, vi è una responsabilità specifica dei parlamenti nazionali per la creazione di questo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sottolineato anche nell'allegato al protocollo.
dell'acquis di Schengen. Infatti si è stati troppo timidi in questa ventilazione e non si è utilizzata la possibilità che invece viene offerta da Amsterdam, cioè di rendere comunitarie le questioni che vengono trattate in quell'ambito. E quindi si può dire che per l'acquis di Schengen il ruolo della Commissione è marginale.
PRESIDENTE. Per evitare che il Belgio faccia quello che ha fatto.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Recentemente Belgio e Lussemburgo, ma in passato anche la Francia, a situazioni transitorie verificatesi negli ultimi cinque anni dall'entrata in vigore dell'accordo; e naturalmente questo tipo di situazione richiede un dibattito a livello europeo. Noi pensiamo che gli Stati membri non siano disposti ad accettare un cambiamento delle regole sostanziali, ma che ci sia una domanda di verificare una revisione del procedimento di avvertimento e del ruolo della Commissione in questo procedimento, che adesso non c'è e che è nostra opinione invece che nel futuro debba essere più attivo.
Questo è quanto per quanto riguarda Schengen. Passiamo ad Europol?
PRESIDENTE. Sì, grazie.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Su Europol, sarò franco, ci sono buone e cattive nuove.
dei punti focali nazionali. Per rafforzare il controllo democratico occorrerebbe avere una visione globale di Europol.
PRESIDENTE. Noi la pensiamo allo stesso modo.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Occorre quindi trovare una istanza dove associare, per questo tipo di controllo, i Parlamenti nazionali e quello europeo. Si potrebbe quindi dare a questa istanza i poteri necessari per avere una visione globale, d'insieme di Europol.
PRESIDENTE. Devo dire, commissario Vittorino, che questa mattina, sia pure non con la sua stessa capacità ed esattezza, abbiamo sviluppato riflessioni analoghe a queste che lei ha da ultimo sviluppato, soprattutto per quanto riguarda il proliferare delle banche dati e la necessità di non aumentare le autorità di controllo, mantenendo comunque il momento del controllo parlamentare a livello nazionale, perché non vi può essere soltanto una delega al Parlamento europeo. Di questo abbiamo parlato con la rappresentanza italiana trovando un orecchio sensibile.
ALESSANDRA FEI. Cercherò di essere molto concisa, affrontando per flash alcune questioni, seguendo quella che è stata la sua esposizione. Ad un certo punto lei ha detto che il commissariato non centra molto con il trasferimento dell'acquis di Schengen e la cosa mi ha lasciato un attimo perplessa perché di fatto io l'ho incontrata in un paio di convegni ed i suoi interventi invece erano anche collegati alle questioni di Schengen e quindi ritengo che dovrebbe forse chiarire meglio l'espressione che ha usato, perché in effetti nei suoi incarichi rientra una buona parte di tematiche che sono sicuramente Schengen. È vero che piace alle strutture burocratiche come a quelle politiche dell'Unione europea mantenere in modo molto confuso, vago ed evasivo quali sono e quali non sono materie Schengen, ma lei stesso vi ha fatto cenno parlando ad un certo punto dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, cui si aggiungono immigrazione ed asilo; abbiamo riassunto in gran parte la materia Shenghen. La questione comunque esiste ed ha posto molti problemi anche nei rapporti con il nostro Governo e con i nostri ministeri, cioè la vaghezza che si vuole lasciare tra Schengen e le materie del primo e del terzo pilastro. Vorrei un chiarimento da parte sua su questo punto, su cui sono certa, anche perché l'ho sentita parlare in altre occasioni, lei ha invece idee molto chiare.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Risponderò prima ai quesiti posti dalla parlamentare per tornare poi alle questioni dell'unanimità e di Eurodac.
PRESIDENTE. Ci può dire quali sono questi due Stati?
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Meglio chiederlo ad Europol perché mi sono riferito ad una informazione fornita da loro. Questa realtà ci porta a riflettere circa l'approfondimento del ruolo di Europol per il coordinamento dei dati. Per di più il trattato di Amsterdam ha aperto la porta alla possibilità di Europol di partecipare ad attività operative in appoggio ad iniziative degli Stati membri. La pubblica opinione, quando sente parlare di azione di polizia, pensa subito all'azione immediata e concreta dei film americani, FBI, eccetera; è difficile vedere il ruolo dell'intelligence che è dietro. Per esempio, fra qualche mese Europol potrebbe trovarsi a confrontarsi con la domanda su cosa si fa contro la tratta degli esseri umani e probabilmente ci sarebbe ben poco da indicare. Da questa constatazione ricavo un elemento proattivo, una riflessione proattiva per il futuro.
PRESIDENTE. Se mi è consentito, su questo potremmo tornarci un attimo dopo. Vorrei approfondire ancora la questione Europol rispetto alla carenza di informazioni che arrivano alla banca dati di Europol. Si può pensare, lei ha mai pensato alla possibilità di indurre, magari attraverso un rimedio giuridico, una revisione della convenzione o con qualche altro strumento, una maggiore cooperazione tra gli Stati oppure questo maggior flusso passa necessariamente attraverso l'armonizzazione delle normative nazionali cui lei faceva ora riferimento?
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Sì, c'è un aspetto di armonizzazione legislativa. Ad esempio, per la fine di quest'anno il vertice di Tampere ha chiesto di fare delle proposte di definizione in materia di incriminazione e sanzioni comuni per determinati reati: tratta di essere umani, reati contro i bambini, traffico di stupefacenti, terrorismo, riciclaggio di denaro sporco. Sono certo che con quadri penali comuni su queste materie il ruolo delle polizie sarebbe facilitato.
multifunzionalità delle reti criminali nel senso che la rete che fa il traffico di droga non fa solo questo, ma anche quello delle armi da fuoco e il traffico degli esseri umani; vi è dunque la necessità di una visione d'insieme perché le informazioni sulla rete del traffico di droga sono utili anche per identificare le connessioni di tale rete con altri tipi di criminalità. Questa intersezione delle informazioni richiede un punto centrale ed io credo che Europol sia appunto questo.
ANNA MARIA DE LUCA. Proprio su Europol vorrei rivolgerle una breve e semplicissima domanda, visto peraltro che la collega ha già anticipato alcuni argomenti che volevo trattare. Nell'incontro svolto ieri ad Europol siamo stati messi al corrente di alcune difficoltà operative; lei ha parlato della creazione di squadre investigative comuni ed io, pur apprezzando questa possibilità che in qualche modo dovrebbe forse facilitare il conseguimento dei risultati voluti, vorrei sapere se, a suo giudizio, con la definizione di un regolamento per tali squadre investigative comuni si potrà fare tutto quello che è necessario perché migliorare sensibilmente rispetto al deficit operativo evidenziato.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Credo che il dibattito del Consiglio abbia già sottolineato i vantaggi che deriverebbero dalla creazione di queste squadre investigative comuni, ma ciò non può avvenire attraverso un regolamento; occorre necessariamente una decisione-quadro, visto che siamo nel terzo pilastro. Questo permetterebbe di chiarire le condizioni in cui verrebbero create queste squadre investigative comuni. Si tratterebbe anche di chiarire la loro articolazione con il ruolo di Europol. Sarebbe questo un passo avanti per l'effettiva applicazione dell'articolo del trattato di Amsterdam che prevede la possibilità di attività operative. Ma come per creare una banca dati, anche per questo ci vuole tempo - bisogna esserne consapevoli - e richiede una reciproca fiducia fra gli Stati membri e norme comuni sulla protezione dei dati, ad esempio; in questo si tratta anche di riuscire a presentare all'opinione pubblica risultati che sono in effetti il valore aggiunto derivante dalla collaborazione delle polizie a livello europeo. Ad esempio, in un determinato paese l'opinione pubblica è venuta a conoscenza di Europol nel momento in cui la polizia di quel paese è riuscita ad arrestare uno dei massimi trafficanti di droga di quello stesso paese. È accaduto in Svezia. In questo c'è un elemento concreto che va a sostegno del ruolo di Europol e credo che
bisognerebbe seguire questo esempio in tutti gli Stati membri; bisognerebbe cioè che ci fosse un caso concreto.
PRESIDENTE. A proposito del controllo democratico su Schengen, ma in particolare su Europol, lei ha accennato alla creazione di un'istanza comune che possa mettere insieme Parlamento europeo e Parlamenti nazionali. A cosa si riferiva? Ad una esperienza come quella COSAC o a qualcosa di più incisivo?
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Direi - e questa è una idea che ho già espresso in qualità di presidente della Commissione parlamentare europea delle libertà pubbliche, quindi è una vecchia idea, non è che mi sia venuta adesso in quanto commissario - che tale istanza di controllo dovrebbe essere di tipo operativo. Vedrei questa istanza come qualcosa di omogeneo, operativo e con una base delle delegazioni dei Parlamenti nazionali; non una conferenza parlamentare bensì una istanza effettiva, operativa. Tra pochi anni ci saranno 27-28 membri ed una istanza di controllo in cui ci sia un rappresentante per ogni Stato membro e in più dei rappresentanti del Parlamento europeo non sarebbe più una istanza di controllo; si potrebbe parlare di un mini-Parlamento. Penso ad un'istanza delegata più ristretta, sulla base di un criterio di rotazione. Capisco la sensibilità al riguardo. Penso a qualcosa di questo genere.
PRESIDENTE. Torniamo allora al principio dell'unanimità.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. D'accordo. La Commissione ha proposto nel suo rapporto alla Conferenza intergovernativa di rispettare il periodo di transizione di cinque anni. Quindi dopo i cinque anni è ben chiaro che è finito il periodo di transizione e quindi si ritorna alla ortodossia comunitaria, cioè monopolio della iniziativa della Commissione, decisioni a maggioranza qualificata, con procedura di codecisione del Parlamento. Devo dire che nella Conferenza intergovernativa il dibattito è stato ancora più entusiasta: addirittura ci sono dodici Stati membri che hanno dimostrato un certo interesse ad anticipare il fine di periodo di transizione, ma comunque non si tratterebbe di anticipare più di un anno.
PRESIDENTE. Ringraziandola nuovamente per la disponibilità, vorrei porle ancora alcune brevi domande. La prima riguarda la questione di Eurodac, ma anche l'applicazione della convenzione di Dublino, perché poi le due questioni si tengono. È insorta una controversia tra la Spagna e la Gran Bretagna su Gibilterra e qualcuno l'ha presentata come un problema che impedisce di portare avanti questi progetti. È davvero così? Diversamente, a che punto siamo dal punto di vista procedurale e di merito?
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. L'ambasciatore Fagiolo sa bene come la questione di Gibilterra blocca ormai molte decisioni in molti consigli. Abbiamo
fatto progressi in molti aspetti, ma l'applicazione territoriale rimane bloccata per la Spagna e per il Regno Unito. Abbiamo però indicazioni che le conversazioni tra i due Governi hanno progredito e che siamo ormai vicini ad una decisione positiva. Mi aspetto davvero che prima del Consiglio del 29 maggio si abbia una luce verde da parte di questi due paesi per sbloccare gli strumenti legislativi riservati.
PRESIDENTE. Ancora due domande, commissario Vitorino e mi consenta di aggiungere che rispondendo esattamente a tutte due vincerà un viaggio premio in Italia in occasione della presentazione del documento conclusivo che concluderà la nostra indagine nel prossimo mese di settembre o ottobre. L'indagine si dovrebbe concludere entro maggio e l'elaborazione del documento conclusivo, di indirizzo al Governo, dovrebbe avvenire entro i successivi mesi di giugno e luglio.
struttura; non c'è stata una risposta positiva, ma speriamo che vi possa essere una riconsiderazione; ci interessa comunque conoscere il suo parere al riguardo.
ANTONIO VITORINO, Commissario europeo per la giustizia e gli affari interni. Per la cooperazione giudiziaria si è arrivati ad un accordo in seno al Consiglio, e la Commissione lo condivide, sulle intercettazioni telefoniche (articolo 18); la convenzione non è stata ancora adottata dal Consiglio perché vi è una riserva da parte del Lussemburgo in merito alla protezione dei dati personali, che però non è che abbia a che vedere con la questione delle intercettazioni. Mi auguro che il Coreper risolva rapidamente la questione.
Siamo qui per la seconda volta nel giro di un anno e mezzo perché stiamo sviluppando in Italia, all'interno del Parlamento e del nostro Comitato, un'indagine conoscitiva sull'attività di Europol. In buona sostanza intendiamo conoscere come effettivamente Europol stia lavorando a partire dal 1o luglio 1999 e soprattutto vorremmo riuscire a capire quali siano, insieme alle potenzialità di Europol che avevamo già conosciuto al momento della nostra prima visita e quando ci è stato affidato il compito di vigilare sull'unità nazionale Europol, i problemi e le difficoltà che l'Ufficio incontra. Ovviamente ci interessa particolarmente il rapporto con l'unità nazionale italiana, ma non credo che l'esperienza che lei fa con altre unità nazionali sia meno importante e significativa per la nostra attività di indagine.
Vorremmo capire che cosa stia succedendo e soprattutto ci chiediamo: Europol, in quanto organismo europeo di coordinamento dell'attività di intelligence delle diverse polizie nazionali, è davvero riconosciuta in questa sua funzione e in questo suo ruolo? Ci sono davvero le richieste che dalle varie unità nazionali vengono ad Europol affinché essa, con la sua attività di intelligence e di analisi, possa supportare il lavoro di contrasto alle organizzazioni criminali, che ormai sempre di più operano in maniera transnazionale?
Concludo esponendole brevemente ciò che è accaduto in questi mesi in cui abbiamo ascoltato il capo della polizia italiana, il comandante dei carabinieri, il generale della Guardia di finanza, i quali hanno esposto al Comitato le potenzialità di Europol e che cosa Europol potrà dare; però non siamo riusciti a capire cosa effettivamente stia dando. Da una serie di audizioni più mirate (il dottor Ronconi, il dottor Marotta, il ministro di grazia e giustizia, Diliberto) è emerso che una questione molto importante è costituita dal pendant giudiziario di Europol, soprattutto perché occorre definire la fattispecie criminale che possa rappresentare il terreno su cui opera attivamente Europol.
Nell'esprimerle nuovamente il nostro ringraziamento, aspettiamo con fiducia la sua esposizione.
Sono qui presenti i responsabili dei contatti esterni e delle varie unità, finanza, polizia di Stato, carabinieri, che saranno a vostra disposizione.
Per quanto mi riguarda è abbastanza difficile rispondere alle domande, anche perché, se vi sono problemi, non è facile individuare esattamente quali sono quelli che vi interessano, poiché non conosco abbastanza la situazione italiana. Posso quindi cercare di descrivere alcuni aspetti, con la vostra guida, cercando di rispondere a domande concrete e precise.
Posso iniziare dicendo che nell'Europol l'Italia è vista sicuramente come un paese globale, ma soprattutto dal punto di vista delle forze dell'ordine: ci rendiamo conto che in alcuni casi vi sono problemi e divergenze di opinioni tra i vari corpi, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Arma dei carabinieri. Penso che i problemi fondamentali possano essere risolti meglio a livello nazionale.
Quali sono i problemi che possiamo avere nella cooperazione con l'Italia? A mio avviso essi possono essere conseguenza della diversità dei servizi responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico con i quali dobbiamo cooperare per l'espletamento delle nostre mansioni. Per Europol lo scopo principale è ottenere informazioni di buona qualità, intelligence, informazioni complete in tempo. Da questo punto di vista vi è un problema, che non è esclusivo dell'Italia ma che riguarda tutti gli Stati membri: mi riferisco alle informazioni relative alla mafia kosovara di etnia albanese o comunque ai gruppi criminali attivi in Europa che sono nelle mani di varie organizzazioni, in Italia delle tre forze di cui ho parlato: carabinieri, Guardia di finanza, polizia. Oltre a queste vi sono varie agenzie come i servizi antidroga e il dipartimento investigativo antimafia, ognuna delle quali ha le proprie informazioni.
Quando Europol o gli altri Stati membri hanno necessità di determinate informazioni, per esempio relative ad un certo criminale, è difficile ottenerle (ripeto, questo problema non riguarda solo l'Italia ma è un fatto tipico di quasi tutti gli Stati membri); utilizziamo a tal fine gli ufficiali di collegamento, che fanno il loro meglio per ottenere le informazioni. Può accadere che la Guardia di finanza abbia notizie interessanti relative ad un caso grave di riciclaggio di denaro...
Vi è poi un altro problema che potrei definire umano, nel senso che l'agente di polizia un po' ovunque nell'Unione europea ha interesse a mantenere la confidenzialità delle sue informazioni, come se fossero di sua proprietà. È una questione di mentalità che non riguarda solo l'Italia, in quanto questo atteggiamento si trova in tutta l'Unione europea, dove chi detiene l'informazione non vuole fornirla magari perché è troppo importante o perché pensa che trasferendola rischia di penalizzare la propria indagine.
Un altro problema potrebbe essere quello di ottenere tutte le informazioni disponibili. Se un ufficiale tedesco o belga chiede all'Italia, attraverso l'ufficiale di collegamento o un altro canale, informazioni su un criminale che sono in possesso della DIA, della Guardia di finanza, dei Carabinieri o della Polizia di Stato, per avere una risposta completa vi è bisogno dell'intervento di tutti gli ufficiali di collegamento. Si tratta di un processo complesso e piuttosto lungo, perché l'ufficiale di collegamento passa attraverso l'unità nazionale. Se a Milano è in corso un'indagine contro un criminale, è molto difficile ottenere le informazioni detenute dalla polizia di quella città: prima di tutto occorre sapere se le informazioni siano disponibili lì e non è detto che l'unità centrale a Roma sappia sempre tutto ciò che sta accadendo nel resto d'Italia.
Quindi, oltre ai problemi di carattere legislativo e alla naturale riluttanza delle forze di polizia a dare informazioni alle istituzioni europee o ai paesi stranieri, vi sono problemi tecnici e strutturali. Non voglio dire che ciò riguardi solo l'Italia, anzi posso dire che, attraverso i membri del Parlamento tedesco, abbiamo avuto gli stessi problemi con la Francia. Certamente in alcuni paesi questi problemi sono più rilevanti, anche a causa della concorrenza che può esservi tra i corpi di polizia. In Danimarca, ad esempio, è più facile, perché vi è un unico corpo di polizia, però possono esservi conflitti di competenza tra la polizia centrale e quella periferica: questa è un'altra questione.
Questi problemi emergono per il normale scambio di informazioni tra Europol, l'Italia o gli altri paesi. Anche in passato, quando ero capo dell'unità antidroghe in Germania, abbiamo avuto questo tipo di problema e abbiamo sempre dovuto trasmettere le richieste alle varie agenzie attraverso l'Interpol, ma anche attraverso il nostro ufficiale di collegamento nel vostro paese. Si tratta di un problema tipico dell'Italia, che diviene più rilevante quando si interviene sulle analisi, perché per il lavoro analitico, nel caso di una grossa inchiesta o un'investigazione in corso contro un'organizzazione criminale nell'est dell'Europa, abbiamo bisogno di tutte le informazioni disponibili che devono essere complete, anche perché spesso non sappiamo
In passato l'Italia molto spesso si è presentata con un caso importante della Polizia, dei Carabinieri o della Guardia di finanza, per il quale chiedeva sostegno. Se guardate ai precedenti, i più grossi successi di Europol sono dovuti proprio alla Polizia italiana o alle altre forze italiane. Però vi possono essere importanti operazioni svolte dalla Gran Bretagna riguardanti il contrabbando di droghe dalla Nigeria e in quel caso non abbiamo soltanto un nome e un fatto, ma abbiamo un'enorme quantità di informazioni, di background e allora contattiamo l'unità nazionale, il dottor Ronconi e la sua équipe e chiediamo un supporto, chiediamo di sapere quali indagini siano in corso in Italia sullo stesso gruppo. A mio avviso un intervento di questo tipo è molto difficile. Il dottor Marotta e il nostro analista, signor Saccone, possono sicuramente fornirvi maggiori dettagli in questo senso; io sono il manager di Europol e non sono direttamente responsabile degli aspetti investigativi.
La tipologia di informazione di cui abbiamo bisogno non è sempre chiara rispetto ad un unico caso in corso, nel senso che a volte ci occorrono notizie relative, ad esempio, ad imprese che potrebbero essere coinvolte in attività criminali, o dati che non sappiamo se siano rilevanti o meno. Qualche volta inviamo direttamente un analista nel paese poiché è più facile rivolgersi ad un organismo o all'altro e raccogliere direttamente i dati e le informazioni rilevanti.
Questi problemi non sono conseguenza di cattiva volontà, anzi, al contrario, penso che vi sia la voglia di collaborare con Europol, però devo dire che è necessario il dialogo per questo lavoro di raccolta delle informazioni e di discussione e valutazione delle informazioni. Spesso i dati soft e l'invio tramite fax o E-mail non bastano per comunicare le informazioni; i nostri analisti hanno bisogno di discutere con gli ufficiali competenti a Milano o a Napoli, mentre spesso occorre seguire una certa procedura e non è possibile il diretto contatto e dialogo con la persona responsabile delle indagini in Italia.
Un terzo punto riguarda il coordinamento delle indagini e delle operazioni per quanto riguarda, ad esempio, la sorveglianza dei trasporti. A mio avviso, ciò funziona grazie soprattutto all'ottimo lavoro svolto dagli ufficiali di collegamento. Posso dire, in base alla mia esperienza, che una consegna controllata, pianificata attraverso l'Italia o dall'Italia, richiede parecchio lavoro, tante telefonate e discussioni, però funziona e funziona meglio che nella maggioranza degli altri paesi membri. In questo senso l'Italia si può annoverare tra i migliori paesi.
Ho cercato di esporre i maggiori problemi che si incontrano. Tra gli altri aspetti, quello della formazione funziona piuttosto bene. I nostri ufficiali vanno regolarmente in Italia e viceversa; la Polizia italiana, i Carabinieri, la Guardia di finanza contribuiscono molto, con una grande apertura, ai nostri programmi di formazione, agli scambi di esperienze. Non abbiamo alcun problema ad ottenere personale molto preparato. Ho potuto verificare che abbiamo tanti italiani quanti francesi o tedeschi; ciò significa che effettivamente l'Italia offre una scelta di personale di buona qualità, perché noi
Questo potrebbe concludere la mia introduzione. Potremmo utilizzare il tempo a nostra disposizione per dare risposta a domande mirate.
La ringrazio per la sua illustrazione, nel corso della quale ho cercato di enucleare alcune questioni che ora le pongo. Intanto, a che punto è la costruzione del sistema informativo? Nel corso della nostra precedente visita si discusse di un progetto per il quale mancavano i fondi, un miliardo di lire italiane o poco più, tantissimi per me, ma francamente per l'Unione europea e rispetto agli impegni ribaditi a Tampere non mi sembrano una grossa cifra. Oggi abbiamo saputo che un consorzio di imprese, di cui fa parte anche una ditta italiana (della quale ci piacerebbe conoscere il nome), sta lavorando al sistema di informazione che sarà pronto verso la fine dell'anno o comunque entro la prima metà del 2001, anche perché vi è il problema dell'introduzione dell'euro e delle contraffazioni che possono avvenire. Intanto, il sistema di indice è già operativo? E il sistema di analisi? Ci è stato detto in Italia che i file di analisi aperti sono una decina (traffico di stupefacenti, reati commessi da organizzazioni che gestiscono la tratta degli immigrati, traffico dei veicoli rubati). In proposito a che punto si è? I file sono soltanto aperti o sono stati anche riempiti di contenuti? In che modo operano le unità nazionali, non soltanto ma in particolare quella italiana?
Rispetto alle varie questioni organizzative, in Italia vi è qualche preoccupazione per quanto riguarda l'interpretariato. Si tratta di un problema effettivo? Si è parlato anche della costituzione di sottogruppi per materie. È fondata o meno la preoccupazione che essi possano finire col costituire una sorta di compartimenti stagni che non permettono il flusso di notizie? Se un sottogruppo dovesse essere istituito, occorrerebbe capire perché vi sono difficoltà a far arrivare le informazioni su cui sviluppare le analisi.
Infine, non so se questa o la prossima settimana si riunirà a Lisbona la task force dei capi delle polizie nazionali. Come una riunione di questo tipo si inserisce, o meglio, come affianca l'attività di Europol? Serve da stimolo o diventa un peso ingombrante che rischia di schiacciare una struttura così esile qual è questo Ufficio europeo di polizia che con fatica sta crescendo?
Tenuto conto di tutto ciò che lei ha detto, in media quanto tempo intercorre dal momento in cui si pone un quesito al momento in cui si ottiene l'informazione? Dico questo perché l'indagine, per essere efficace, deve essere svolta in tempi veloci, per cui il risultato sarà diverso se si ottiene l'informazione entro ventiquattro ore oppure dopo una settimana o un mese. So che le sto rivolgendo una domanda difficile, in un certo senso aleatoria, però credo che lei abbia capito che cosa intendo.
In questa situazione di difficoltà e di non facile soluzione, ritengo che chi ha responsabilità operative abbia pensato, senza modificare l'intera «impalcatura», a soluzioni in grado di migliorare i collegamenti. Cosa si può fare in tempi relativamente brevi? Senza una modifica complessiva, come si può intervenire anche all'interno dei singoli paesi?
Infine, vorrei avere qualche informazione in più e conoscere lo stato dei lavori sul tema del terrorismo. Come si inserisce l'ufficio in questa problematica trasversale? Che cosa si pensa di fare per il futuro?
Il sistema italiano presenta alcune difficoltà, nel senso che ogni forza risponde a meccanismi e livelli diversi. Noi stessi abbiamo sollevato la questione nella nostra precedente visita e ci è stato detto che di fatto il problema non esiste. Siamo coscienti, invece, della sua esistenza non a livello pratico. Cito un esempio: qualche giorno fa
So che Europol è costituita da un gruppo di tecnici che non entrano nella politica, però senza la politica Europol non può funzionare: vorrei pertanto sapere per quale motivo non vi sia una maggiore pressione rispetto agli Stati membri affinché si giunga ad un intervento utile anche dal punto di vista legislativo, che aiuterebbe anche l'operatività interna del paese.
Un'altra questione - sulla quale abbiamo avuto uno scambio di idee con il dottor Marotta - è quella della volontà degli Stati membri, nonostante le dichiarazioni di Tampere, di rafforzare Europol. Si è parlato addirittura di una vera e propria polizia operativa, però sulle poche cose che essa potrebbe già fare, come lanciare l'allarme droga, prevale la volontà di quegli Stati che vogliono gestire le questioni all'interno e per i quali Europol rischia di essere un'interferenza. Allora mi chiedo: siamo tutti conniventi? A voi che fin dall'inizio vi siete dedicati alla struttura Europol, fa comodo che la situazione si mantenga così com'è - la mia è una domanda provocatoria - cioè che si dica una cosa e se ne faccia una diversa?
Infine, vorrei conoscere il suo parere sul ruolo di Europol. Ritiene che si debba arrivare più vicino ai cittadini? Si continua a parlare di cittadinanza europea e di sentirsi europei: Europol potrebbe essere realmente al servizio di chi tutela direttamente il cittadino e svolgere un ruolo importante da questo punto di vista. Anche se Europol non è operativa, si potrebbe far capire al cittadino quali siano la sua importanza ed il suo ruolo, aspetti di cui non è assolutamente a conoscenza. Da ciò discende che gli operatori sul territorio non si rivolgano ad Europol.
Inoltre vorrei conoscere il vostro pensiero sulla possibilità di costituire l'accademia delle polizie europea, della quale si è parlato.
Infine, le chiedo se gli ordinativi di analisi possano costituire solo un patrimonio di informazioni o debbano avere anche una valenza operativa da acquisire e redistribuire una volta accertato l'oggetto dell'analisi.
Iniziamo con il sistema di informazione: penso che siano stati fatti dei buoni progressi, ma purtroppo abbiamo avuto bisogno di molto tempo per mettere insieme questo sistema di informazione; per il sistema di informazione Schengen sono stati necessari dieci anni, mentre noi disponiamo soltanto di tre o quattro anni. Comunque credo che ce la faremo, anche perché è stato compiuto uno sforzo rilevante.
Vorrei dire una cosa importante per tutti noi ed anche per voi: quando invitiamo gli Stati membri a prendere una decisione su tre opzioni diverse, le delegazioni dovrebbero essere in grado di decidere subito senza dover tornare a Roma, Londra, Bruxelles. Quello che viene seguito è un processo decisionale troppo lungo, anche se si tratta di decidere su un piccolo passo della costruzione del sistema di informazione. Ho cercato di sollevare lo stesso problema negli altri Stati membri, affinché le persone che vengono qui abbiano potere decisionale, possano telefonare a Roma, Copenaghen, Londra, e dare una risposta veloce.
Sulle questioni tecniche, come avete giustamente detto, vi è un consorzio di cui fa parte una società italiana che lavora piuttosto bene. Non voglio essere né scettico né troppo ottimista in proposito, ma vi dico che vi sono tre mesi di tempo per sviluppare la totalità del concetto. Come previsto nella programmazione, entro quel termine ci dovrebbe essere presentato tutto il progetto, dopo di che avremo ancora due o tre mesi per prendere una decisione, altrimenti non saremo più all'interno del calendario previsto.
Giustamente avete parlato della base dati sull'euro. Il sistema di informazione sarà disponibile alla fine del 2002, inizio del 2003, con tutte le sue funzionalità, ma la base dati sull'euro dovrà essere pronta per l'autunno del 2001 in modo da avere una possibilità operativa di collaudo del sistema per formare le persone per l'euro base.
È stato deciso il bilancio preventivo per l'anno prossimo che comprende il sistema di base dati per l'euro che sarà istituita in questa sede, mentre l'OLAF (oggi a Bruxelles si svolge una riunione di tale organismo, responsabile della lotta antidroga, alla quale partecipa uno dei nostri colleghi) non farà un lavoro parallelo, ma avrà una base tecnica alla quale saremo collegati.
Dal punto di vista della lingua, per quanto riguarda il sistema di analisi vi è effettivamente un problema. Nelle riunioni e nelle conferenze di solito vi è la traduzione e l'italiano è una delle lingue più interpretate. Vi sono quattro cabine per cui possiamo usare un massimo di cinque lingue per l'interpretazione. Quando l'Italia è completamente coinvolta in una riunione operativa delle forze di polizia è previsto l'italiano e non vi sono problemi. Inoltre gli ufficiali di collegamento svolgono un ottimo lavoro e intervengono nel caso in cui sorga qualche questione.
Per quanto riguarda la traduzione scritta, nel caso in cui si svolgesse un'indagine su un'organizzazione criminale cinese con documenti in otto lingue diverse, i dossier sarebbero enormi e non potrebbero essere tradotti tutti per ragioni di tempo e di denaro. Questo è un problema. Tutti vorrebbero lavorare nella propria lingua - anche io vorrei lavorare solo in tedesco - ma non è possibile.
Quanto alla cooperazione internazionale, cerchiamo sempre di risolvere il problema, soprattutto dal punto di vista analitico. A volte riceviamo migliaia di pagine in varie lingue che non sempre sono l'italiano, lo spagnolo o il tedesco, trattandosi a volte del russo o del turco. Il nostro personale che parla le lingue straniere (abbiamo due o tre analisti italiani) svolge un eccellente lavoro e ci aiuta nell'uso delle varie lingue, però accade che il materiale sia, ad esempio, in arabo o in cinese: per questi casi stiamo sviluppando un programma,
Comunque per quanto riguarda l'informazione il problema non è a livello delle investigazioni congiunte, perché quando il personale è seduto qui vi è la traduzione e vi sono eccellenti ufficiali di collegamento.
Circa il sistema di indice David Valls-Russel dovrebbe aver fatto un buon lavoro.
In altri paesi talvolta incontriamo non impedimenti di carattere legale ma una mancanza di disponibilità o di coscienza, nel senso che le persone non sanno cosa sia Europol e se possano o meno fornirle determinate informazioni. È molto difficile convincere persone che non conoscono l'organismo, che non conoscono il signor Sacconi o il signor Marotta e che non sanno cosa facciamo, a fornire informazioni.
Se le informazioni di cui abbiamo bisogno fossero nelle mani di un'unica organizzazione non sarebbe tanto problematico averle. A volte sembra addirittura un problema per le unità nazionali o per la
Il signor Marotta potrà fornirvi maggiori informazioni su quante intelligence riceviamo dai vari paesi. Noi cerchiamo di fare pressione presso le polizie nazionali. Questa sera mi recherò a Lisbona per parlare con i capi di polizia e dirò alla task force che deve fare in modo che noi possiamo collaborare meglio. Questo flusso di intelligence per noi è un grosso problema.
A proposito della task force di polizie nazionali ero piuttosto scettico, perché vi sono già tanti organi (assemblea generale, conferenza regionale di Interpol) in cui si incontrano i capi di polizia. Però riflettendoci sopra - e lo dirò domani - penso che se essa si riunisse senza parlare solo di questioni strategiche ma concentrandosi sul modo in cui mettere in pratica operazioni comuni (affermando, ad esempio, che l'argomento primario è quello dei criminali kosovari o albanesi attivi in dodici dei quindici paesi membri), se riuscisse ad identificare questo bersaglio con l'assistenza di Europol, se decidesse di impegnare bravi investigatori e di trasmettere tutte le informazioni ad Europol in modo che essa possa svolgere il suo compito di coordinamento e analisi senza concorrenza fra i vari servizi, potrebbe ottenere grandi successi e fornire utili consigli ai ministri e ai governi.
Attualmente la situazione è un po' strana, nel senso che noi facciamo un rapporto sulla criminalità organizzata e lo passiamo ai ministri, i quali lo trasmettono al vertice di Tampere, però non viene chiesto il parere dei capi di polizia che quindi hanno un doppio ruolo: implementare le azioni congiunte e fornire le consulenze.
Circa il traffico di esseri umani, legalmente non vi sono impedimenti, però siamo solo agli inizi di questo tipo di operazione. Dico con molta franchezza che due anni fa il problema non aveva una grande priorità; si parlava di quartieri a luci rosse ma non ci si preoccupava più di tanto. Ora la coscienza su questi temi è molto più sviluppata, però vi sono pochi specialisti, soprattutto con riferimento alle cosche internazionali, anche se sicuramente a Milano o a Napoli vi sono bravi poliziotti che sanno chi tiene in mano i quartieri a luci rosse.
Uno dei grandi progetti che stiamo conducendo riguarda i gruppi che introducono donne dall'Europa orientale. Si tratta di un lavoro, avviato soltanto lo scorso autunno, che incontra le difficoltà relative al flusso di informazioni.
Un altro punto sollevato è quello della pedopornografia. Qui incontriamo problemi legali, come quello della competenza. È facile capire a chi appartenga quando i fatti si svolgono in una casa o in un ufficio, dove vengono trovati i giornalini. Ma cosa si può dire per il materiale su Internet? Nella maggior parte dei paesi la polizia risponde soltanto se qualcuno interviene e comunque se il fatto avviene nella sua zona, ma quando si tratta del mondo virtuale nessuno ha una competenza. Nessuno ha il compito di sorvegliare Internet! Il codice di procedura penale non prevede un fenomeno come Internet. Nessuna legge né l'Unione europea prevede un sito di criminalità virtuale. Chi lo deve fare? Talvolta se ne occupano dei poliziotti in qualche città o qualcuno nella polizia nazionale, ma siamo ancora agli albori. Infatti, uno dei nostri compiti è quello di cercare di sviluppare il sistema concettuale necessario; dobbiamo cominciare subito a parlarne e forse dobbiamo cambiare le nostre leggi. Non conosco molto bene la normativa italiana ma sono sicuro che quella tedesca debba essere modificata (sia il codice di procedura penale, sia il codice penale). Lo stesso vale per tutta la criminalità di Internet. Vi sono nuove forme di criminalità e noi non siamo equipaggiati per farvi fronte.
Europol non ha competenza diretta sulla cybercriminalità, sulla criminalità computerizzata, sullo spionaggio attraverso Internet. A questo proposito vi sono bellissimi discorsi politici ma non vi è un approccio che riguarda le forze dell'ordine. Noi stiamo dedicando un po' di tempo a tali questioni (un ufficiale, con l'aiuto di tecnici ed analisti, se ne sta occupando), ma in realtà non abbiamo neanche la competenza, perché la Convenzione non la prevede. I ministri non ci hanno detto che possiamo lavorare sulla criminalità di Internet, per cui possiamo farlo solo in presenza di un collegamento con il traffico di esseri umani o con il traffico di droga. Vi è quindi un problema di natura legale e di natura politica.
In questo settore abbiamo dei grossi problemi e spero alla fine di non essere criticato per le iniziative che già abbiamo assunto.
Per quanto riguarda i tempi, è difficile rispondere: se la richiesta viene da Roma ed è rivolta direttamente ai colleghi - anche se sono le 8 o le 10 - che contattano gli altri ufficiali di collegamento - questo è l'aspetto positivo del sistema - si possono avere le risposte in una o due ore. Una risposta completa può richiedere più tempo. Cito un esempio: la polizia italiana a Milano ha bisogno di un'informazione su un numero telefonico, avendone quattro, tre dei quali in Germania, in Belgio, in Danimarca e uno nei Paesi Bassi; la richiesta passa attraverso l'unità nazionale e in alcuni casi va direttamente agli ufficiali di collegamento. Supponiamo che siamo nel mezzo della notte e abbiamo bisogno di questa informazione. Gli altri ufficiali di collegamento (tedesco, belga, danese) vengono immediatamente in ufficio e cercano la persona che corrisponde a quel numero di telefono. Poi cosa succede? L'olandese può dire che per dare il nome della persona ha bisogno di un mandato, che deve passare attraverso il pubblico ministero; quello italiano, in quel momento, potrebbe essere in un ristorante e quello olandese potrebbe essere in barca, per cui occorrono magari due o tre giorni. È molto
Comunque i tempi dipendono dal tipo di richiesta.
Come modificare la struttura delle forze italiane? Non siamo un organismo politico, come ha detto la signora, per cui esito a rispondere a questa domanda. Comunque, senza cambiare la legge e senza l'unificazione, ci vorrà un po' di tempo. A volte è un vantaggio avere l'unità - tutti conosciamo il principio divide et impera - però ciò di cui si ha bisogno è un organismo di coordinamento, per cui l'unità nazionale a Roma, dal punto di vista metodologico e professionale, dovrebbe essere estesa e rafforzata. Questo ufficio ha bisogno di un'accettazione totale da parte delle altre forze; quindi se vi è un buon team a livello dell'unità nazionale, con personale competente (non voglio mettere in discussione la competenza delle persone) di tutte le forze - Carabinieri, servizio antidroga, Polizia, DIA - le quali costituiscono un team vero e proprio, è possibile avere un servizio efficiente. C'è un esempio di questo tipo nel Regno Unito, la cui unità nazionale funziona bene; anche in Francia sono riusciti a migliorare il servizio.
Penso che, con qualche accorgimento organizzativo, si potrebbe ottenere qualche risultato. I capi delle forze dell'ordine italiane dovrebbero riunirsi per costituire un'unità che potrebbe collaborare oltre che con Europol anche con Schengen e Interpol. Mi riferisco ad un ufficio di coordinamento centrale che può indicare, ad esempio, che per un determinato caso è preferibile ricorrere ad Interpol oppure all'ufficiale di collegamento. Questo riguarda non solo Europol, ma in genere un ruolo di consulenza e orientamento, un servizio per il coordinamento, per velocizzare gli interventi. Non
Per quanto riguarda il terrorismo, c'è una piccola unità e, dal punto di vista operativo, ci sono tre dipartimenti principali: quello di collegamento, dove ci sono gli ufficiali di collegamento, che si occupa della preparazione tecnica e tecnologica e del rilevamento satellitare; quello analitico, sotto la direzione del signor Marotta, con unità specifiche responsabili dell'alta tecnologia che trattano milioni di informazioni; quello di expertise e di criminalità, che include anche l'unità antiterrorismo. Tutti i progetti relativi al terrorismo vengono trattati da un team interdipartimentale, una specie di task force della quale fanno parte uno o due ufficiali di collegamento italiani, due analisti e uno o due esperti che provengono dal dipartimento criminalità organizzata. Con questo team lavoriamo su vari progetti.
La lotta al terrorismo non si concentra su questa o un'altra area a livello di Europol, ma è collegata alle attività criminali; però strategicamente abbiamo dei servizi specifici e un bollettino. Questo lavoro viene svolto dagli esperti, con il sostegno dei responsabili del dipartimento analisi.
Per quanto riguarda il terrorismo internazionale, in teoria, abbiamo una buona collaborazione con vari livelli e cooperazioni interessanti, ma sul versante dell'investigazione siamo ancora abbastanza deboli: vi è infatti una certa riluttanza nel trasmettere informazioni, che qui è ancora più forte: quando si tratta di terrorismo, il segreto è ancora più segreto (siamo a livello di servizi segreti). Abbiamo e avremo sempre più bisogno degli ufficiali di collegamento che verranno usati sempre di più per lo scambio delle informazioni a livello di organizzazione e coordinamento di operazioni, investigazioni e indagini. Attualmente vi sono due progetti relativi al terrorismo, due file di analisi, ma la cooperazione non è ancora come vorremmo. Speriamo di raggiungere i livelli auspicati.
Circa la consapevolezza e il recepimento di Europol, da un po' di tempo siamo sensibili a questo aspetto, ma non basta scrivere articoli e presentare Europol a Roma, non basta neanche la formazione: abbiamo bisogno di raggiungere gli agenti nelle varie regioni, in Francia, in Italia, in Gran Bretagna, di raggiungere gli operatori sul territorio, coloro che poi ci possono aiutare. Abbiamo dei casi importanti con tantissime informazioni che io stesso non posso valutare, però c'è il nostro esperto che può farlo e queste persone devono saperlo. Però il processo richiede tempo. In Italia tutti conoscono Interpol ma penso che non tutti, anche fra gli addetti ai lavori, sappiano esattamente cosa fa. Questi organismi internazionali devono concentrarsi molto di più sulla creazione di una consapevolezza, devono rendere più visibile l'immagine, affinché gli operatori sappiano che cosa fanno e che cosa sono Europol o Interpol.
Credo che dovrebbe essere dedicata una giornata alla cooperazione internazionale per la formazione dei giovani agenti, per rispondere alla domanda: che cosa faccio se un giorno ho bisogno di informazioni da Helsinki? A chi mi rivolgo? Che possibilità ci sono? Da questo punto di vista è importante che gli operatori sul territorio abbiano consapevolezza delle possibilità che hanno. Come fa il cittadino europeo a sapere cosa fa Europol e qual è il suo valore
In alcuni paesi la cittadinanza è bene informata: 200 giornalisti l'anno vengono a Europol dalla Germania o dalla Scandinavia e parlano con gli esperti o con gli ufficiali di collegamento; sulla rivista tedesca Der Spiegel si legge facilmente qualcosa su Europol, anche dalla televisione vengono date notizie. Qualche giorno fa sono venuti dalla Danimarca dei giornalisti ai quali abbiamo spiegato e raccontato. È vero che è difficile, ma vi sono dei modi per renderci più visibili, anche se ci vogliono mezzi e tempo, senza contare che esistono altre priorità anche dal punto di vista finanziario. Ieri si è parlato della proposta di bilancio preventivo e, se affermo di avere bisogno di duecentomila euro per il programma «consapevolezza», le persone presenti mi guardano e dicono: «No, no. Magari dieci o ventimila.» Da due anni chiedo una persona in più per l'ufficio pubbliche relazioni, ma mi è sempre stata rifiutata.
Un altro tema importante è la consapevolezza sul versante del sistema giuridico, nel senso che abbiamo bisogno anche della consapevolezza dei giudici, dei magistrati, dei pubblici ministeri in Italia e in altri paesi, dove essi svolgono un ruolo importante a livello delle investigazioni. Anche qui dobbiamo costruire una metodica, una procedura, una reciproca consapevolezza e comprensione.
Si vuole costruire Eurojust: non sono contrario, ma chi sa che cosa sia? C'è già una rete giuridica ed in pratica si tratta di sapere chi contattare quando si vuole un'assistenza giuridica. Dobbiamo affinare i nostri strumenti: nella Convenzione, ad esempio, sarà prevista una firma per la cooperazione giuridica, ma questo è un altro problema. Di nuovo anche voi potete svolgere un ruolo importante per velocizzare questi processi.
Personalmente penso che, in sede di riunioni e di avvio dei file analitici, potremmo invitare, oltre agli agenti di polizia, anche un giudice che venga coinvolto e dia il suo appoggio. È successo in passato in alcuni casi e dovrebbe succedere sempre di più in futuro. Non so se i miei colleghi saranno d'accordo, non so se gli agenti di polizia a Roma saranno contenti, ma, come ufficiale di collegamento, potremmo anche avere un giudice. Dovremmo pensare in questi termini; alcuni paesi lo stanno facendo per migliorare il sistema. Si tratta di un approccio pragmatico. Ripeto che non ho nulla contro la costruzione di Eurojust.
Qualcuno ha detto che Europol non è operativa: forse è vero ed è anche così che deve essere. D'altronde a Tampere si è parlato non soltanto di lavoro di polizia ma anche dei joint team: quest'anno ci saranno i primi. Cosa vuol dire? Se c'è un'investigazione contro un gruppo responsabile della tratta di esseri umani con i paesi dell'est, potremo costituire delle squadre comuni, dei joint team che riuniscono persone delle varie forze e lavorare insieme. Quindi, la polizia italiana o i Carabinieri manderanno qui loro agenti o specialisti che per sei o dodici mesi lavoreranno nella stessa stanza con i doganieri
Vi sono anche altre modalità per diventare più operativi. Se, ad esempio, avete bisogno in tempi brevissimi di un esperto che parli cinese o di un esperto di stupefacenti, possiamo mandarlo a lavorare da voi per sei mesi.
Inoltre, per quanto riguarda le indagini contro la contraffazione dell'euro, potremmo avere una nostra propria funzione. Immaginiamo, ad esempio, che l'euro venga contraffatto in Turchia e ridistribuito sul territorio in Europa orientale; chi avrà la competenza? La polizia italiana? Quella tedesca? Certamente non quella britannica, perché loro non avranno l'euro. Quindi chi lo farà? Prima o poi qualcuno dirà che dovrà farlo Europol, però tocca a voi perché si tratta di una questione di natura politica; io posso solo descrivere le difficoltà.
È stato chiesto se abbiamo esperienza di documenti contraffatti, falsificati o rubati. In questo campo la nostra esperienza è piuttosto limitata a causa delle nostre competenze: fino allo scorso anno eravamo competenti solamente per la migrazione illegale, per la quale vengono utilizzati documenti falsi o falsificati. Ma la falsificazione dei documenti non è di nostra competenza; la Convenzione lo prevede, ma formalmente la competenza non ci è ancora stata affidata. Fin dallo scorso anno abbiamo la competenza sulla contraffazione dell'euro e le modalità di pagamento, ma devo confessare che non abbiamo ancora una sufficiente esperienza. Abbiamo avviato la pianificazione ed ora stiamo creando una piccola unità composta di esperti che abbiamo appena reclutato (fra questi vi è un esperto dei Carabinieri che lavorerà qui per i prossimi quattro anni).
Circa l'accademia delle polizie, credo che sia una necessità non per la formazione di base. Il problema comunque è che a livello dei dirigenti di polizia non vi è tanta esperienza internazionale. La questione non è solo linguistica (spesso persone anche di alto grado nelle forze dell'ordine non parlano lingue straniere), ma è talvolta anche di mancanza di conoscenza di metodi e struttura delle polizie in altri paesi. Se vogliamo collaborare a livello internazionale, abbiamo bisogno di ufficiali di polizia che sappiano come funziona l'intercettazione telefonica in Belgio o chi è competente per la lotta contro la tratta degli esseri umani nel Regno Unito, ufficiali che sappiano come si può fare uso dell'analisi. Tutti questi aspetti devono essere oggetto di formazione, cosa che non può fare la nostra organizzazione che è troppo piccola, per cui abbiamo bisogno di esperti che organizzino questo tipo di corso. Prima di tutto possiamo cominciare in maniera decentralizzata. Ci sono accademie molto buone e due o tre ottime scuole di polizia in Italia; ve ne sono due eccellenti in Olanda, una in Germania e una nel Regno Unito. Se
È molto strano che ci siano delle scuole di polizia in Europa ma al di fuori dell'Unione europea: in Ungheria, per esempio, stabilita dagli Stati Uniti. Non so perché noi non ce ne siamo occupati: le hanno fondate loro nel nostro cortile! C'è un'accademia di polizia dell'Europa centrale, con il contributo della Germania e dell'Austria, con l'approccio decentralizzato di cui ho parlato (quella americana è centralizzata). Comunque, già abbiamo delle forme di collaborazione tra le varie scuole di polizia, ma non bastano.
Infine, è stato fatto riferimento all'analisi operativa e a come possiamo utilizzarla ai fini delle operazioni di polizia. Credo che su questo fronte abbiamo ottenuto risultati migliori rispetto al passato, ancora meglio di quanto si sappia. All'inizio abbiamo fatto molte analisi di natura strategia, ma oggi, se vi è un grosso caso, i paesi membri si rivolgono a noi chiedendoci l'analisi delle molte informazioni in loro possesso. Ultimamente, abbiamo operato contro un gruppo scandinavo-olandese specializzato nel traffico di droga. La polizia finlandese ci ha detto di essere in possesso di centinaia di migliaia di dati che però non era in grado di elaborare. Noi abbiamo collaborato e abbiamo dato indicazioni su indirizzi, aziende, persone: «Qui dovete indagare di più; queste persone sembrano innocenti; lasciate stare questo indirizzo; non vi preoccupate di questa attività». I nostri analisti, praticamente, guidavano le operazioni, le investigazioni riferite alle varie persone. Questo è un lavoro che abbiamo svolto e che va migliorando gradualmente.
Posso dire che talvolta vi sono differenti volontà politiche e professionali e può accadere che le difficoltà dipendano da un singolo ministro. Cito un esempio, senza voler dare alcuna colpa alla Francia: quattro anni fa, quando era ministro dell'interno Pasqua, era impossibile registrare alcun progresso perché mancava la sua volontà. Anche in Olanda abbiamo avuto difficoltà all'inizio per quanto riguarda il traffico della droga; ho dovuto parlare più volte con il ministro di grazia e giustizia prima di ottenere un supporto migliore. Quindi le difficoltà si incontrano talvolta a livello politico e altre volte sul piano professionale. Può anche accadere che vi sia molto feedback
L'intensità della collaborazione con il vostro paese dipende talvolta dal capo dell'unità nazionale, talvolta dal dottor Ronconi, che è un mio vecchissimo amico; dipende da lui, e se lui preferisce operare in un altro modo abbiamo un problema. Può anche dipendere non dal capo dei capi, ma da qualcuno situato ad un livello inferiore della gerarchia che magari è responsabile, ad esempio, del traffico di droga. A volte dipende da sensibilità personali; può addirittura accadere che qualcuno non collabori perché non ha in simpatia il signor Marotta. Si tratta di difficoltà che si dovrebbero superare normalmente. Io dovrei visitare l'Italia due o tre volte per parlare con il vostro personale e cercare di individuare i problemi: questo vale per me e per il signor Marotta, anche se a volte è preferibile che in Italia vada qualcun altro proprio perché il signor Marotta è italiano. Io, ad esempio, ho difficoltà quando vado in Germania e devo lottare per convincere i miei connazionali. È una situazione naturale. Personalmente ho la massima disponibilità a parlare con le forze dell'ordine e loro sono disposte a parlare con me: a maggio sarò a Roma per incontrare non solo i capi dei capi, ma anche persone più operative, responsabili delle indagini.
È stato chiesto il nome della ditta italiana che partecipa al consorzio: si tratta della Datamat di Milano, che lavora con una ditta francese ed una tedesca.
Perché il resoconto? Perché il Comitato sta sviluppando un'indagine conoscitiva, così definiscono lo strumento i nostri regolamenti, sul funzionamento di EUROPOL. Il nostro è un Comitato parlamentare, bicamerale perché composto da dieci deputati e dieci senatori, cui la legge italiana ha affidato in un primo tempo il compito di controllo sull'attuazione della Convenzione di Schengen e successivamente anche quello di vigilare sull'Unità nazionale Europol. Fra Europol e Schengen vi sono evidentemente notevoli differenze; nel primo caso vi è un lavoro più propriamente di intelligence, mentre nel secondo prevale l'aspetto della collaborazione; vi sono però anche elementi in comune e abbiamo pensato che un incontro con lei può aiutarci a capire innanzitutto quale sia lo sviluppo che la Commissione intende dare a quello spazio di libertà, giustizia e sicurezza delineato con il Trattato di Amsterdam, che ha poi trovato nel vertice di Tampere un momento forse più significativo; era infatti la prima volta che i capi di Stato e i capi di Governo si riunivano per discutere argomenti come l'immigrazione, l'asilo e i visti.
Da questo punto di vista vorremmo riuscire a capire un po' meglio quale sia, sul versante comunitario, l'attenzione che si riserva a questi problemi, cosa si intende fare per portare avanti l'integrazione dell'acquis di Schengen, come definito nel quadro normativo dell'Unione europea, sapendo che non è solo materia comunitaria; penso ad esempio al SIS, al cervellone elettronico che sta a Strasburgo e che rimane nella competenza del terzo pilastro e della conferenza intergovernativa; penso a Tampere, nella cui dichiarazione finale si è fatto riferimento ad Europol come elemento da incentivare e come strumento da sviluppare nell'azione di contrasto alle organizzazioni criminali che hanno fatto oggi della tratta di esseri umani, dello spaccio di stupefacenti e del riciclaggio di denaro sporco un unico grande business, per cui occorre elevare il livello dell'azione di contrasto.
Stiamo sviluppando, dicevo, un'indagine conoscitiva ed è in questo ambito che abbiamo chiesto di incontrarla, raccogliendo il suo contributo nel resoconto dell'audizione.
La delegazione viene da un incontro molto interessante con la rappresentanza italiana, nel quale abbiamo avuto modo di vedere la tabella di marcia della sua azione con riferimento appunto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Abbiamo potuto vederla solo oggi e saremmo quindi lieti di ascoltare da lei qualche ulteriore precisazione.
Desidero infine esprimere il nostro apprezzamento per il lavoro che sta svolgendo. Non è una considerazione personale, credo di interpretare lo spirito del nostro Comitato e dell'intero Parlamento italiano. Lei è tra i commissari europei che stanno dando maggiore prestigio a questa istituzione.
Il riferimento esplicito ai parlamenti nazionali deriva dal fatto che questo spazio di libertà, giustizia e sicurezza va a toccare proprio il cuore dei poteri della sovranità nazionale ed è di conseguenza necessario trovare il giusto equilibrio fra le competenze europee ed il plusvalore che queste possono dare a livello europeo e naturalmente le responsabilità che rimangono a livello degli Stati membri. Ci vuole quindi un coordinamento ben preciso e stretto con le istituzioni comunitarie.
Lo scoreboard, questa sorta di tabellone, permetterà, almeno me lo auguro, di chiarire e rendere ben trasparenti i compiti che dovranno essere svolti nei prossimi cinque anni per rispettare gli obiettivi stabiliti dal trattato di Amsterdam, nonché le priorità impartite dai Consigli europei prima a Vienna nel 1998 con il piano d'azione e poi a Tampere nell'ottobre del 1999. Come si può vedere dallo scoreboard, vi è un elenco ben preciso dei compiti che ci sono stati assegnati sia da Vienna che da Tampere, però si tratta anche di definire il calendario della adozione delle iniziative amministrative, nonché di chiarire a chi spetti la responsabilità di presentare proposte al Consiglio; alla Commissione o agli Stati membri. Infatti nei titoli quarto e sesto si tratta di specificare che il diritto di iniziativa è condiviso in questo campo tra Commissione e Stati membri.
I due temi citati, Schengen e Europol, sono ancorati essenzialmente alla dinamica intergovernativa perché almeno in questi temi l'iniziativa può essere parteggiata dalla Commissione e dagli Stati membri. Come potrete vedere lo Scoreboard è più dettagliato per le questioni di Europol che per quelle di Schengen. Perché? Perché si riconosce che Schengen è più complesso sia sotto il profilo politico sia sotto quello tecnico. Infatti, come si dice nel gergo comunitario, la Commissione non è molto contenta della cosiddetta ventilazione
Qui vorrei sottolineare un punto strategico e poi un punto tattico. Sul piano strategico vogliamo ribaltare l'acquis di Schengen per una revisione della ventilazione in modo da ampliare il ruolo delle istituzioni comunitarie e usare anche strumenti comunitari per lo sviluppo di Schengen. Riconosciamo che sarà un esercizio di ampia portata, quindi ci vorrà un po' di tempo per realizzarlo. Inoltre occorrerà inoltre contare sulla collaborazione dei periti nazionali per addivenire poi ad un risultato che rafforzi lo strumento e la struttura Schengen.
Non nascondo che da parte del Parlamento europeo vengono esercitate pressioni molto forti perché si affronti il più rapidamente possibile la questione. Le pressioni che vengono esercitate riguardano anche la questione delicata del controllo politico e giurisdizionale per quanto riguarda il funzionamento della base dati Schengen, il CIS, e le basi dati personali che esistono a livello europeo, come ad esempio la base dati Europol e la futura base dati che riguarda Eurodac, cioè le impronte digitali dei richiedenti asilo. Questo esercizio di ricollocazione dell'acquis di Schengen nel quadro comunitario richiederà naturalmente tempo perché si tratta di un esercizio che deve essere molto rigoroso al fine di garantire e consolidare anche l'acquis comunitario esistente e prepararci per la sfida dell'ampliamento, visto che è previsto dal trattato di Amsterdam che i paesi candidati debbano sottoscrivere tutto l'acquis di Schengen. Ecco perché nello scoreboard non è stato previsto un calendario preciso per la rivisitazione dell'acquis di Schengen nel quadro comunitario.
C'è poi un aspetto tattico in quanto è stata trattata una questione specifica dell'acquis di Schengen. Infatti nello scoreboard è previsto che la Commissione presenti una iniziativa per modificare l'articolo 2, paragrafo 2, degli accordi Schengen. Si tratta quindi di modificare la regola secondo cui uno Stato membro può introdurre un controllo preciso alle frontiere esterne. Non si tratta di cambiare le situazioni sostanziali di cui all'articolo 2, ma di modificare le procedure di avvertimento previo e di autorizzazione tacita dell'instaurare dei controlli alle frontiere.
Evidentemente gli Stati membri si sono resi conto che Europol poteva essere uno strumento importante per rafforzare il coordinamento tra le polizie degli stessi Stati membri nella lotta contro la criminalità organizzata; lo dimostra il fatto che sia nel trattato di Amsterdam sia nelle conclusioni di Tampere si sono volute rafforzare le competenze assegnate ad Europol. Il problema è che per ora Europol funziona in un ambito prettamente intergovernativo, il che solleva i problemi più volte sottolineati dal Parlamento europeo del controllo democratico e del controllo giurisdizionale.
Per di più quest'aumento delle competenze di Europol non è andato di pari passo con l'aumento delle capacità operative. Il pericolo è che il discorso politico possa suscitare aspettative che Europol diventi una polizia federale in grado di lottare quotidianamente ed efficacemente contro la criminalità, mentre in pratica e nella realtà il grado di evoluzione di Europol non permette di soddisfare tali aspettative. Non parlo solo del fatto che si pongono problemi di risorse umane e finanziarie, che sono importanti; anche perché non è che Europol si possa impegnare in azioni concrete. Questa settimana il Consiglio GAI ha parlato della possibilità di creare delle squadre investigative comuni, ma non c'è stata ancora una conclusione a questo dibattito perché gli Stati membri sono divisi; alcuni preferiscono aspettare di rivedere globalmente la convenzione Europol in vista di creare queste squadre investigative comuni; altri invece sono favorevoli ad una decisione immediata. La Commissione fa parte di questo secondo gruppo di Stati membri.
Per rendere comunitarie le questioni Europol occorre trattare il problema del controllo giurisdizionale e democratico. Per quel che riguarda il controllo giurisdizionale siamo un po' più ottimisti in quanto nel Consiglio informale del 4 marzo si è avuto un dibattito fruttuoso sulla creazione di Eurojust. Si è delineato un ampio consenso circa Eurojust; in pratica una rete costituita da magistrati, procuratori e rappresentanti di forze di polizia, che vogliamo abbiano delle competenze il più vicino possibile a quelle di Europol. È questo un aspetto positivo che la Commissione sottoscrive.
C'è poi un punto su cui la Commissione non è del tutto soddisfatta, nel senso che questa rete non dovrebbe dipendere solo dalle iniziative di indagine lanciate in ciascuno Stato membro, ma si dovrebbe anche aggiungere la possibilità che le indagini emanino direttamente dal nucleo centrale. Vi è poi la nuova criminalità informatica, che non ha più riferimento ad un territorio ben preciso ed è, come si dice, de-territtorializzata; sono comunque ottimista circa i progressi del dibattito in ambito Eurojust, perché andrà a rafforzare la componente di controllo giudiziario che si riferisce appunto ad Europol.
Per quanto riguarda il controllo democratico, è importantissimo il ruolo dei Parlamenti nazionali, ma tale ruolo è limitato al controllo
Fino a questo punto la Commissione è d'accordo con il Parlamento europeo; al di là di questo punto nascono le divergenze. Lo dico molto francamente anche perché ho già avuto modo di dirlo al Parlamento, il che non ha certo giovato alla mia popolarità presso quella istituzione. Non si può sostituire il controllo dei Parlamenti nazionali con un controllo esclusivo del Parlamento europeo.
Infine, per non annoiarvi oltre, dirò che con questo problema si apre la porta ad una terza domanda, che è molto più lata e riguarda il controllo della protezione dei dati personali, questione che rientra nel terzo pilastro. A livello comunitario esistono direttive applicate nell'ambito del primo pilastro, però occorre riconoscere che per la protezione dei dati personali esiste una specificità ed i controlli sono inseriti nel terzo pilastro. Esistono molti sistemi di informazione; Schengen, Europol, Eurodac, informazioni doganali e FADO che riguarda i documenti falsi; insomma ci sono molti sistemi di informazione, con la possibilità eventuale di interconnettere tutti i dati; di qui la necessità di adottare regole comuni per garantire la tutela dei dati personali ed il rispetto della legalità.
Mi auguro che il processo avviato su iniziativa italiana arrivi in porto, magari entro quest'anno, e cioè che si possa discutere della tutela dei dati personali nell'ambito del terzo pilastro; questo al fine di garantire ai cittadini la tutela dei loro dati ed anche la capacità di far funzionare come si deve le agenzie.
Per quanto riguarda le sue dichiarazioni, avevo preparato, con gli uffici, una serie di domande, alle quali però lei ha già in buona parte risposto. I quesiti riguardavano infatti il suo parere sul ruolo dei Parlamenti nazionali, sul progetto Eurojust e sul principio dell'unanimità; su quest'ultimo punto forse qualcosa in più potrebbe ancora dirci, in particolare sulla questione Eurodac; a che punto siamo dal punto di vista procedurale e di merito? Avrei altre domande da rivolgerle, ma credo che anche i miei colleghi vogliano porle dei quesiti, per cui cedo loro la parola salvo ritornare poi, se possibile, su tali questioni.
Lei ha parlato anche del ruolo dei Parlamenti ed ha detto che sono fondamentalmente gli Stati membri a decidere o comunque a svolgere un ruolo fondamentale. Anche in questo io trovo un contrasto perché tutti enunciano l'importanza del ruolo dei Parlamenti, esiste un protocollo, però nessuno all'interno delle istituzioni europee fa in modo che questo venga recepito; al di là della libertà di ogni paese di applicarlo come vuole, il protocollo esiste e va recepito dagli Stati membri e che quindi il potere non sia in mano soltanto ai Governi, ma effettivamente a quella parte democratica del paese che è garanzia per i cittadini europei in generale.
Per quanto riguarda Europol, lei ha detto che non è andato di pari passo con la esigenze operative e devo dire che questa è la prima volta che sentiamo qualcosa del genere nel senso che si sa che è lento ad avviarsi, ma i riscontri che abbiamo avuto erano molto positivi. Per la prima volta abbiamo ascoltato da lei qualcosa di non così positivo come quello che sapevamo. Ciò che possiamo dedurre da questo, ma chiedo a lei una conferma, è che questo non andare di pari passo con le esigenze operative dipenda di fatto da una parte dal veto che viene posto sugli Stati membri per cambiare alcune situazioni che potrebbero essere semplificate al loro interno e dall'altra dal fatto che varia talmente tanto la struttura delle forze dell'ordine e dei rapporti con la magistratura all'interno dei vari Stati membri che ciò fa sì, come alcuni ci hanno accennato, anche ad Europol, che molte volte ci siano difficoltà non solo operative nel vero senso della parola ma anche informative all'interno degli Stati membri e delle forze che in questi operano.
Ci piacerebbe infine avere copia del programma che ha presentato che ahimé - non dovremmo confessarlo - non abbiamo ancora avuto.
Su Schengen ho detto chiaramente che vi è un obiettivo strategico, che è quello di rivisitare Schengen in modo da vedere ciò che si può comunitarizzare, ma per questo ci vorrà del tempo. Sicuramente non sarà per quest'anno. Siamo consci di lavorare a geometrie estremamente variabili. Vi sono problemi estremamente complessi. Ad esempio il caso della Danimarca, che è in Schengen ma ha l'optout per i titoli 4 e 6; e se consideriamo ad esempio la possibilità di integrare la Norvegia e l'Islanda nel contesto di Schengen abbiamo la necessità di chiarificare i rapporti tra gli Stati Schengen e questi due Stati. Nella convenzione di Dublino c'è uno strumento intergovernativo che doveva essere sostituito da uno strumento legislativo comunitario, ma quando arriviamo al momento di fare della convenzione di Dublino uno strumento del primo pilastro (immigrazione e asilo) abbiamo tre paesi che hanno l'optout; la Danimarca che è stata in Schengen ma che ora è out, il Regno Unito e l'Irlanda, che sono out Schengen ma anche out del titolo quarto, ma sottoscrittori della convenzione di Dublino e che vogliono proseguire essendo parti del nuovo strumento regolativo comunitario che va a sostituire Dublino. Dunque il sistema è molto complesso e dobbiamo prendere in considerazione che la comunitarizzazione di Schengen deve essere fatta in modo molto prudente e molto rigoroso dal punto di vista giuridico. Dunque non vi è alcuna riserva dal punto di vista politico, ma il riconoscimento della necessità di un lavoro approfondito in tutti i movimenti comunitari.
C'è poi l'ampliamento, per il quale c'è una nuova luce su Schengen perché tutti gli stati candidati devono accettare l'acquis di Schengen e devono essere integrati in Schengen. Voglio però dire con molta chiarezza che non abbiamo finora una convenzione sulle frontiere esterne dell'Unione, precisamente perché vi sono alcuni problemi tra gli attuali Stati membri; ed ora abbiamo un processo di ampliamento che va ad includere nuove frontiere esterne dell'Unione per Stati che fanno un lavoro molto significativo per adeguare le loro legislazioni e le loro amministrazioni alla sfida di Schengen. Tutto questo impone un giudizio molto rigoroso e dettagliato della situazione prima di avanzare per obiettivi politici che sono condivisi da molti ma per i quali non vi sono indicazioni pratiche. Non so se la mia risposta è chiara, non vi è alcun scambio di obiettivo politico ma bisogna preparare il terreno con rigore e prudenza. Questo è il messaggio che viene dalla mia parte.
Su Europol faccio un'osservazione comparativa. Il raffronto è tra le attese create dai discorsi politici e la realtà della operatività di Europol. Come base dati l'Europol funziona; forse potrebbe funzionare anche meglio; occorre riconoscere - lo fanno i responsabili di Europol - che la fornitura dati ad Europol non equa da parte di tutti gli Stati membri. Praticamente ci sono due Stati che forniscono l'80 per cento dei dati forniti in totale. Per essere soddisfatti ci vorrebbe un maggior grado di fiducia reciproca.
Occorre garantire ad Europol i mezzi umani e finanziari affinché possa concretizzare i suoi compiti. Occorre approvare gli strumenti legislativi necessari per poter dar seguito a quanto disposto dal trattato di Amsterdam di cui al dibattito di cui ho parlato prima sulle squadre investigative comuni. Occorre inoltre dare riscontro alla possibilità data dal mandato del Consiglio di approvare accordi di cooperazione con le polizie degli Stati membri candidati. Quindi sono molto conscio del ruolo che deve svolgere Europol nella creazione dello spazio di libertà, giustizia e sicurezza. Ma ovviamente perché Europol possa svolgere questo ruolo occorre che disponga dei mezzi umani e finanziari. Occorre anche affrontare il problema del controllo giurisdizionale e democratico.
Sulla questione dell'unanimità ...
Vi sono poi aspetti pratici anche estremamente importanti, perché la cultura di cooperazione internazionale delle forze di polizia è soprattutto di tipo bilaterale, con i paesi vicini, ma la realtà della criminalità transnazionale non si limita ai soli vicini. Secondo aspetto pratico, legato al primo, è che è cambiata la natura di queste reti transnazionali di criminalità. Io credo che si può parlare di una
Da una parte abbiamo infatti un aumento delle responsabilità, che lei stesso ha definito come non adeguato alla capacità operativa dell'organismo, ma dall'altra vi è anche un problema di armonizzazione delle normative, con tutto ciò che questo comporta anche in termini di tempi necessariamente lunghi, mentre questo soggetto ha bisogno - ed è stato creato per questo - di tempi più veloci e di maggiore efficacia. Questo potrebbe essere un mezzo, ma forse non basterà. Si potrebbe ovviare attraverso un regolamento? E poi, come saranno formate queste squadre? Vi saranno membri di ogni paese? Le sarei grata se potesse darci qualche indicazione al riguardo.
Sulla convenzione di Dublino e Eurodac abbiamo elaborato un documento di lavoro sulla valutazione della convenzione di Dublino che è stato consegnato agli Stati membri due settimane fa. In questo documento si fa una valutazione di quelli che sono i punti che bloccano e delle difficoltà che ci sono nell'applicare la convenzione di Dublino e si fanno delle proposte per migliorare la convenzione stessa o per trovare un sistema, uno strumento alternativo. Inoltre, abbiamo distribuito agli Stati membri un questionario per avere un quadro comune di valutazione circa l'applicazione della convenzione di Dublino. Mi auguro che il dibattito sul documento e le risposte al questionario permettano a fine anno o all'inizio del prossimo anno alla Commissione di presentare una proposta di regolamento in sostituzione della convenzione di Dublino.
Su Eurodac c'è divergenza tra Commissione, Consiglio e Parlament; ognuno ha la propria posizione; su alcuni punti la Commissione è più vicina al Consiglio, soprattutto sull'età a cui occorre registrare le impronte digitali; siamo d'accordo con il Consiglio per dire che ciò deve avvenire a decorrere dai 14 anni; il Parlamento vuole 18 anni. Un altro punto su cui siamo d'accordo con il Consiglio, ma non con il Parlamento, sono le regole giuridiche per cancellare i dati. C'è però un punto sul quale siamo viceversa d'accordo con il Parlamento e non con il Consiglio; si tratta del potere di applicazione ed esecuzione del regolamento. Il Consiglio vuole riservare a sé questi poteri, mentre la Commissione ritiene che debba essere lei ad avere anche questa responsabilità, come anche il Parlamento. Dunque in questo momento il Consiglio ha fatto una riconsultazione del Parlamento europeo e le tre istituzioni sono in una posizione divergente. Io credo che la posizione della Commissione sia di equilibrio tra le altre due più estreme del Parlamento e del Consiglio, ma il Consiglio non ha apprezzato questo sforzo di convergenza e dunque stiamo dibattendo la questione.
Le domande riguardano la collaborazione giudiziaria in materia penale. Esiste un progetto di convenzione; sappiamo che ci sono problemi per le intercettazioni telefoniche, ma per il resto vi sono dei punti rilevanti? Infine, ruolo e funzioni della istituenda accademia europea di polizia. L'Italia a Tampere si era offerta di ospitare questa
Sull'accademia europea di polizia, la Commissione condivide appieno le posizioni del Governo italiano, oltre alla questione della sede, sulla quale non vogliamo interferire. A Tampere in realtà si è deciso di creare questa accademia di polizia in due tappe: la prima è la costruzione di una rete di tutte le scuole ed accademie di polizia degli Stati membri (una accademia virtuale) e la seconda sarebbe la vera e propria accademia di polizia, come istituzione a livello europeo. Cosa molto positiva, il Consiglio accetta già la prima tappa e per la seconda tappa la Commissione dice che bisogna incominciare a prepararla subito per arrivarci rapidamente. Infatti, secondo la Commissione, l'esistenza di questa accademia potrebbe svolgere un ruolo estremamente importante nella preparazione delle forze di polizia dei paesi candidati. Adesso solo l'accademia di Budapest si incarica della formazione delle polizie degli Stati candidati, ma quella accademia è molto legata agli Stati Uniti e noi crediamo sia importante tenere una dinamica europea basata sulle forze di polizia europee per includere nel lavoro di formazione le polizie dei paesi candidati, perché dobbiamo tenere in conto che la questione della formazione di una polizia che rispetta la legalità, non è corrotta ed è efficiente nella lotta contro la criminalità è uno degli elementi centrali non solo del processo di ampliamento ma anche per rendere credibile per l'opinione pubblica degli Stati membri che quello di ampliamento non è un processo che porta in sicurezza ma al suo interno le questioni della sicurezza sono state considerate prioritarie. Dunque non vi è bisogno di aspettare l'ampliamento, bisogna cominciare a lavorare prima per rendere credibile lo stesso processo di ampliamento.