Seduta del 15/7/1999


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La seduta comincia alle 13,45.

Audizione del vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia, Emanuele Marotta, sull'avvio operativo dell'attività di Europol.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera dei deputati, del vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia, Emanuele Marotta, sull'avvio operativo dell'attività di Europol.
Parlando di avvio dell'operatività di Europol avrei già esaurito la mia introduzione e potrei dare senz'altro la parola al dottor Marotta se non avessi curiosato, al pari di altri colleghi, sul programma di lavoro di Europol del quale abbiamo trovato traccia anche su Internet. Dalla lettura del documento è nata una serie di domande spontanee che desidero rivolgere al vicepresidente.
In seguito alla ratifica della convenzione da parte degli Stati membri si dice che l'Europol sarà operativo nel 1999. La data effettiva è il primo luglio perché gli Stati hanno completato la procedura di ratifica del protocollo sulle immunità e i privilegi del personale. Nel documento si legge: «ne possono conseguire numerosi sviluppi, ivi compreso un ampliamento delle competenze di Europol onde includere il terrorismo, la falsificazione di denaro e la pedopornografia», termine questo per me assolutamente nuovo. Ci interesserebbe sapere cosa significhi individuare come priorità «stabilire rapporti con paesi terzi e con le organizzazioni internazionali conformemente alle decisioni del consiglio GAI». Qualche giorno fa abbiamo avuto ospite in questa sede il sottosegretario Sinisi, al quale abbiamo chiesto delucidazioni sull'attività e sulle conclusioni del consiglio GAI di maggio, però non vi è stato un particolare riferimento all'attività di Europol. Poiché Europol è accessibile e si può coinvolgere ogni qual volta una minaccia interessi due o più Stati membri dell'Unione europea, cosa significa il riferimento a paesi terzi?
Si parla anche di rapporti tra primo e terzo pilastro dell'Unione europea, che dovranno essere chiariti a livello politico allo scopo di fissare competenze e responsabilità. A noi risulta che Europol ricade nell'attività del terzo pilastro, con metodo assolutamente intergovernativo. Ma cosa significa la modifica dello status giuridico di Europol che «influenzerà significativamente il tipo e la portata del suo lavoro, nonché i rapporti con le autorità competenti degli Stati membri»?
In questi mesi abbiamo prestato particolare attenzione a ciò che stava accadendo in ambito europeo con l'incorporazione dell'acquis di Schengen nel quadro dell'Unione europea. Qui si scrive «nel corso dell'anno, in stretta cooperazione nell'ambito degli accordi di Schengen» ed io mi chiedo quale sia il rapporto tra la banca dati di Europol e quella del SIS (Schengen information system) e tra questi due momenti e l'Interpol.
Potrei proseguire con una serie di domande, però desidero soffermarmi sull'esigenza che avvertiamo proprio in considerazione dell'interrelazione che viene identificata tra Schengen e Europol. Nel corso della visita delle unità nazionali a Roma, ma anche a l'Aia, ci è stato detto che la differenza sostanziale con le altre banche dati è che Europol non si limita ad archiviare dati ma soprattutto sviluppa


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analisi: che tipo di analisi? È possibile una esemplificazione? E soprattutto, da chi parte l'iniziativa di attivazione di Europol?
Ancora si legge: «proseguire la relazione 1997 sulle attività di organizzazioni criminali di etnia albanese e iugoslava che interessano l'Unione europea e realizzare i relativi progetti operativi». Questo è un fenomeno che ci interessa particolarmente perché anche Schengen, che è un accordo di cooperazione rinforzata di polizia giudiziaria, aveva fra i suoi obiettivi la lotta al traffico di esseri umani, di armi e di droga, i piloni portanti dell'attività di Europol.
Si parla anche di una relazione sulla situazione generale che Europol elaborerà: in che modo verrà predisposta? Con quale cadenza? Su quali argomenti? Che relazione ci sarà tra l'organismo che lei collabora a dirigere e il Comitato che oggi la ospita? Lei poco fa ci ha detto che vi è l'interesse anche di altri Parlamenti nazionali all'attività di Europol. Come si stabilirà questo rapporto?
Comunque, l'obiettivo vero e centrale di questa audizione - per la quale la ringraziamo come ringraziamo il capo della polizia per l'autorizzazione che ha voluto fornire - è capire cosa significhi concretamente «avvio operativo di Europol».
Si è parlato spesso di Europol giudiziaria: a che punto siamo? È ancora collocata nel campo delle astrazioni?
La ringrazio in anticipo per le risposte che vorrà fornirci.

EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia. È un onore per Europol e per me personalmente essere invitato da questo Comitato. È nel costume di Europol fornire ogni possibile indicazione alle autorità politiche dei paesi membri: è questa una linea che seguiamo da anni e ben volentieri il direttore di Europol, d'intesa con il capo della polizia, ha consentito la mia partecipazione a questa audizione.
Signor presidente, ho annotato le sue domande e tenterò di fornire delle risposte esaurienti. Desidero premettere alcune parole relative alla natura del programma di lavoro al quale ha fatto riferimento: si tratta di un documento che indica le linee sulle quali la direzione di Europol intende sviluppare l'attività annuale, sulla base delle indicazioni fornite dai direttori delle unità nazionali, dal consiglio di amministrazione (l'organo di governo di Europol) e, in definitiva dal Consiglio dei ministri GAI che hanno la responsabilità politica di Europol.
Il programma di lavoro costituisce l'alveo entro il quale, anno per anno si cerca di sviluppare un'attività concreta. Naturalmente esso è un documento per sua natura aperto e quindi è soggetto a modifiche. In relazione all'attuazione dei vari punti indicati nel programma, vi è una valutazione finale nella quale talvolta si confessa che non si è riusciti ad adempiere uno o più punti del programma per varie ragioni, come la mancata collaborazione degli Stati membri a fornire le informazioni necessarie per sviluppare determinati progetti operativi, oppure l'emergere di nuove priorità che fanno passare in secondo piano quelle che al momento della stesura del programma erano di primo grado. Lei ha citato il caso della criminalità albanese ed ora abbiamo l'esempio della criminalità kosovara che rappresenta un aspetto della criminalità organizzata che ha generato grandi preoccupazioni a livello dell'Unione europea e ha comportato la necessità di modificare questo particolare aspetto della lotta al crimine. Abbiamo modificato l'originario programma di lavoro incentrato sulla ricerca di informazioni e su una valutazione analitica delle attività degli albanesi all'estero nell'Unione europea, in primo luogo per quanto riguarda forme di sfruttamento della prostituzione e il traffico di droga, perché abbiamo visto che è un certo tipo di criminalità kosovaro-albanese che desta le maggiori preoccupazioni negli ultimi tempi.
Per quanto riguarda la priorità da dare, con l'entrata in vigore della convenzione e quindi con la piena operatività di Europol, ai rapporti con paesi terzi, bisogna


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considerare che Europol non può e non deve lavorare nel vuoto, nel senso che necessita da un lato di un sistema di relazioni con i paesi membri (le relazioni privilegiate sono quelle con le unità nazionali, attraverso le quali si svolgono i contatti con le autorità competenti) e dall'altro, proprio per una valutazione generale dei fenomeni e per l'acquisizione in particolare di informazioni, notizie e valutazioni della minaccia, di avere un contesto di rapporti di carattere internazionale, vuoi con paesi terzi, vuoi con altre organizzazioni parallele, per meglio evidenziare i fenomeni e conseguentemente per proporre migliori soluzioni operative alle autorità competenti dei paesi membri (mi riferisco in particolare alle organizzazioni internazionali e specificamente a Interpol). Tra l'altro è necessario stabilire da subito i criteri di cooperazione, al fine di evitare ogni duplicazione di attività, ogni pericolosissima deviazione dai canali di una corretta reciproca informazione, ancora una volta per quanto riguarda soprattutto l'utilizzo di dati di carattere personale. La convenzione è molto rigorosa su questo punto; noi abbiamo effettuato alcuni studi e abbiamo proposto al consiglio di amministrazione alcune linee che dovranno essere approvate dal Consiglio dei ministri di giustizia e affari interni. Lungo queste linee il direttore sarà vincolato a sviluppare contatti con paesi terzi ed organizzazioni internazionali al fine di stipulare formali accordi di cooperazione, in particolare per quanto riguarda lo scambio di dati a carattere personale, nel pieno rispetto della normativa degli Stati membri che in genere si riferisce alla Convenzione di Strasburgo del 1981 sulla protezione dei suddetti dati.
Debbo sottolineare che in conseguenza di altre priorità di carattere amministrativo relative alla messa in funzione del complesso macchinario di Europol questo aspetto dello sviluppo delle relazioni internazionali contenuto nel programma è piuttosto in ritardo. Soltanto nella prossima riunione del 7 settembre il consiglio di amministrazione di Europol comincerà a valutare con la dovuta attenzione il tema stesso. Per il momento un gruppo di esperti ha cominciato a considerare le nostre proposte - l'ultima riunione si è tenuta a Bruxelles il 9 luglio scorso - proprio per stabilire anzitutto i criteri di selezione dei paesi con cui entrare in contatto.
C'è unanimità di consensi nell'identificare come prima ondata di paesi con cui entrare in rapporto formale quelli che hanno chiesto di aderire all'Unione europea: in sostanza, tutto l'arco dei paesi dell'est europeo (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Romania, Bulgaria, Cipro). Altri paesi sono in discussione, soprattutto su richiesta della Commissione: faccio riferimento in particolare alla proposta della stessa Commissione di considerare nel lotto dei paesi con cui stipulare accordi di cooperazione Europol Malta (e fin qui non ci sono problemi particolari) e la Turchia, che sotto il profilo dello scambio di informazioni sulla criminalità organizzata è certamente un partner utile ed interessante, ma anche scomodo. Questo sarà un tema di discussione a livello politico non solo nel consiglio d'amministrazione ma, immagino, anche nel Consiglio dei ministri GAI.
Lei, presidente, mi ha chiesto elementi di informazione sui rapporti con il primo ed il terzo pilastro. Molto correttamente lei ha detto che Europol è una forma di cooperazione intergovernativa pura. Bisogna però considerare che ci sono alcune competenze della Commissione, sulla base dell'acquis comunitario, già incardinate in testa alla Commissione. Faccio riferimento ad alcuni aspetti del fenomeno droga - quelli socio-sanitari - in parte gestiti dall'osservatorio di Lisbona sulle droghe e le tossicodipendenze, nonché a determinate competenze della Commissione in materia di falsificazione dell'euro, che è uno dei nuovi campi di attività di Europol.
Ricordo al Comitato che con il 1o luglio le nostre competenze sono state ampliate, sulla base di due diverse decisioni dei ministri adottate in tempi diversi,


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all'attività antiterrorismo ed alla contraffazione dell'euro, o più correttamente, alla contraffazione di valuta ed altri mezzi di pagamento, con riferimento particolare all'euro. Ricordo anche, con l'occasione, che a far data dallo stesso 1o luglio è stato chiarito il mandato di Europol per quanto riguarda il traffico degli esseri umani, con una particolare considerazione per la pornografia infantile, quella che lei, sulla base di una pessima traduzione, chiamava pedopornografia. Ancora un inciso: sotto questo profilo le disparità linguistiche sono all'ordine del giorno. Per convenzione siamo obbligati ad utilizzare i servizi del centro europeo di traduzione del Lussemburgo, per i quali paghiamo un notevole contributo, anche se la qualità di tali servizi è molto lontana da quella che noi ed altri organismi europei vorremmo. Il perfezionamento linguistico dei nostri documenti è quindi materia di discussione.
La piena operatività di Europol porta quest'ultima a dover considerare con piena soggettività e responsabilità i suoi compiti ed incarichi in relazione a ciò che viene svolto in altri contesti dell'Unione europea. Ci sono direzioni generali della Commissione che da anni svolgono attività in materia di droga: cito, ad esempio, l'UCLAF, ora OLAF, cioè l'ufficio per la lotta antifrode, il quale, sulla base del quadro generale di tutela degli interessi fiscali delle Comunità europee, ritiene di poter interloquire sul fenomeno della contraffazione dell'euro perché dannoso all'economia generale dell'Unione e non solo dei paesi membri.
In questo stesso contesto si inquadra il discorso dei rapporti con Interpol. Finora abbiamo svolto a livello molto informale rapporti molto proficui con il Segretariato generale dell'Interpol per quanto concerne l'individuazione dei rispettivi campi d'attività, allo scopo principale di evitare che le due organizzazioni facciano le stesse cose, magari lasciando dei campi scoperti. Sotto questo profilo, nel corso degli anni il rapporto si è sempre più perfezionato in base ad una grande fiducia reciproca e ad una rilevante professionalità, escludendo ogni tipo di concorrenza sleale e trattando ogni problema con la piena considerazione delle rispettive condizioni. A livello di management ci riuniamo normalmente un paio di volte l'anno per discutere questioni comuni; è normale che osservatori di un'organizzazione partecipino alle riunioni più importanti dell'altra per fornire chiarimenti e, quando necessario, per sgombrare il campo da equivoci. Voglio solo sottolineare che dalla lettura di alcuni articoli di stampa qualche volta si è notato un atteggiamento di una certa insofferenza da parte del Segretario generale di Interpol di fronte alle nuove forme di cooperazione internazionale, ivi incluso Europol. È convinzione abbastanza comune che si tratti di opinioni di carattere personale di funzionari che hanno difficoltà a recepire il nuovo, soprattutto dal momento che Governi di paesi democratici liberamente hanno deciso di mettere insieme i loro sforzi di fronte a determinate situazioni per migliorare la cooperazione di polizia a livello internazionale.
Se nel passato c'è stato qualche problema di coordinamento con Interpol ciò è stato dovuto al fatto che in alcuni paesi membri non era chiaro come poter meglio utilizzare l'uno o l'altro canale per quanto riguarda richieste di informazioni o sviluppo di attività investigative od operative. In qualche caso, soprattutto all'inizio dell'attività di Europol, tutti e due i canali sono stati utilizzati: le due organizzazioni hanno lavorato in parallelo, ciascuna ignorando quello che faceva l'altra. Ciò ha portato ad una inutile duplicazione di attività ed in qualche caso a risultati contraddittori. La situazione è stata chiarita a livello nazionale anche sulla base di input forniti da uno studio condotto a suo tempo da Europol insieme ad alcuni paesi membri: un piccolo comitato ha lavorato elaborando proposte di linee guida poi recepite con sufficiente convinzione da parte delle diverse autorità nazionali.
Un criterio fra i principali - si tratta di un aspetto dell'azione italiana, nel caso specifico - è quello di affidare ad un coordinatore l'orientamento della scelta


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dei canali, siano essi Interpol, Europol o il SIRENE di Schengen. Questo suggerimento venuto da Europol ha consentito di minimizzare il rischio di danno.
A proposito di Schengen, c'è il problema dell'incorporazione. Da un paio d'anni abbiamo cominciato a lavorare insieme con il Segretariato di Schengen sull'elaborazione a fini di analisi di informazioni acquisite da Schengen che rimanevano depositate presso lo stesso Segretariato per la mancanza di strutture e l'incapacità di giungere a conclusioni informative ed operative. È stato chiesto il nostro aiuto e noi abbiamo fornito il nostro apporto di analisi per quanto riguarda, ad esempio, la valutazione di esercizi Schengen congiunti in materia di traffico di autovetture rubate, arrivando a determinate conclusioni comuni.
Ora, sulla base del trattato di Amsterdam, i Governi dovranno decidere secondo quali tempi e modalità il SIS di Schengen dovrà entrare nella grande architettura informatica di Europol, nel cosiddetto TECS. Per quanto riguarda i tempi, devo sottolineare, come già abbiamo avuto occasione di riferire al Comitato durante la sua visita ad Europol l'anno scorso, che il cosiddetto TECS (il sistema informatico di Europol) potrà essere pienamente attivo e quindi in grado di recepire il contributo di altre banche dati come il SIS, soltanto verso la fine del 2001. Questo perché abbiamo avuto grossi problemi di tipo legale su come impostare l'architettura del sistema informatico in relazione ai contenuti della Convenzione, su come garantire il pieno rispetto della protezione dei dati personali ed infine su come sistemare questo grande impianto informatico evitando possibilmente errori di carattere organizzativo che hanno contraddistinto l'inizio dell'attività del SIS di Schengen, nonché su come minimizzare i costi. Questa è stata una delle grandi preoccupazioni dei paesi membri e del consiglio d'amministrazione; vi è stato un certo ritardo nell'elaborazione tecnica del concetto, proprio per cercare - ripeto - di minimizzare le spese. Se avessimo speso d'emblée 30 miliardi, forse avremmo già un prodotto finito, ma probabilmente destinato a consumarsi rapidamente in relazione all'obsolescenza tipica di questo tipo di macchinari. Quindi abbiamo dovuto ritardare, nell'attesa della valutazione di nuove offerte da parte del mercato, per poter partire con il piede giusto, con un sistema che potesse durare il più possibile nel tempo. Questo fa sì, come ho detto, che il TECS potrà essere pienamente funzionante verso la fine del 2001.
Ciò non vuol dire, soprattutto a partire dalla data del 1o luglio, che non abbiamo la possibilità di trattare i dati e le informazioni in maniera informatizzata. Sulla base di un lavoro svolto con le nostre forze, cioè senza ricorrere a consulenze esterne di particolare rilievo economico, ma sfruttando essenzialmente le capacità interne del nostro personale tecnico, abbiamo messo in piedi un sistema provvisorio che consente, al momento, il trattamento informatizzato dei files di analisi criminale. Solo alla fine del 2001 avremo un'unica banca dati dove registrare tutti i criminali di interesse dell'Unione europea nelle aree del mandato, però i nostri analisti sono teoricamente in grado di svolgere le loro elaborazioni analitiche secondo le loro metodiche e sulla base di un sistema informatizzato sufficientemente sviluppato e valido. Dico «teoricamente» perché nella pratica i files di analisi non sono ancora operativi, ancora non possiamo aprire e lavorare sui files di analisi, secondo la convenzione, perché vi è stato un qualche ritardo nelle procedure di apertura dei files in relazione all'attività dell'autorità comune di controllo Europol, i cui esperti hanno preso del tempo per valutare tutti gli aspetti teorici e pratici dell'apertura dei files di analisi. Proprio negli ultimi giorni ci è arrivato un loro parere scritto in cui approvano il parere decisamente positivo, nonché l'inquadramento sistematico che abbiamo elaborato sotto il profilo di carattere generale.
Per quanto riguarda i primi, concreti files di analisi, relativi, per esempio, a bande di motociclisti organizzati nei paesi nordici, che nel nord-Europa gestiscono,


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in particolare, i traffici di droghe sintetiche (sto parlando di uno dei progetti che a Europol è stato richiesto di sviluppare da parte dei paesi nordici), l'autorità comune di controllo ha richiesto alcuni dettagli, non tanto per diffidenza, quanto per il fatto, come ha sottolineato la stessa autorità di controllo in questo documento, che, essendo questa una fase di primo approccio e di apprendimento reciproco degli stili di lavoro, in cui è meglio chiarire fin dall'inizio ogni ambiguità, ciò ha portato qualche ritardo nell'elaborazione del parere obbligatorio da parte dell'autorità comune di controllo. Quando vi sarà questo parere definitivo, il consiglio d'amministrazione potrà assumere le sue decisioni e, quindi, come cerchiamo di fare da anni, Europol potrà partire effettivamente con l'apertura dei primi, concreti files di analisi (prima ho citato quello relativo alla criminalità kosovara).
In una certa misura, credo che questo fornisca una risposta anche alla sua domanda, signor presidente, cioè da chi parta l'iniziativa per quanto riguarda l'operatività o la cosiddetta operatività di Europol: l'iniziativa parte fondamentalmente dagli Stati membri, dalle necessità, dalle valutazioni degli Stati membri.

PRESIDENTE. La questura di Napoli fa riferimento all'unità nazionale? Quando parla di singoli Stati, a quale livello si riferisce?

EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia. Innanzitutto deve trattarsi di attività che ricada nell'area del mandato, per esempio un caso di droga. Spetta all'unità nazionale stabilire se la richiesta dell'autorità locale di polizia - in questo caso della questura di Napoli - sia un caso meglio trattato dal canale Interpol o sia interessante per sviluppi a livello Europol. In questo caso l'unità nazionale richiede il suo intervento.
Sotto questo profilo, credo sia bene specificare che quando le autorità nazionali attuano le valutazioni bisogna domandarsi se ci si trovi di fronte ad una investigazione in atto, magari già con l'intervento del magistrato. In questo caso ciò che interessa è o l'acquisizione delle prove a fini processuali immediati, per cui è il caso di valutare se sia preferibile utilizzare il classico canale dell'Interpol, che consente, tra l'altro, anche l'inoltro di lettere e rogatorie, oppure se il risultato dell'investigazione a livello nazionale debba essere arricchito dall'acquisizione di altri elementi di informazione, che non sono in possesso dell'autorità nazionale (degli investigatori, nel caso specifico); in questo caso si fa richiesta a Europol di arricchire, attraverso un'attività di analisi, il patrimonio informativo ai fini di una migliore conoscenza del fenomeno, nel caso di analisi strategiche o di impostazioni di investigazione a carattere del tutto generale, oppure di analisi operative in relazione a particolari casi concreti. In questo contesto è evidente che, dove esiste, il coordinatore fa la sua scelta chiedendo a Interpol o a Europol.
Nel caso, invece, di valutazione di elementi di cosiddetta intelligence, cioè di quelle informazioni che sono ancora a uno stato piuttosto embrionale, che debbono essere messe in relazione ad altri elementi di informazione che si ritiene o si spera siano in possesso di altri paesi, l'attività di intelligence è squisitamente Europol, cui viene fatta direttamente la richiesta.
Aggiungo, proprio per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, che, mentre per l'attività di investigazione che già attiene all'azione di polizia giudiziaria, si pone il problema se scegliere Interpol o Europol, per quanto riguarda l'attività più squisitamente di intelligence, l'Europol è preferibile.
Vi sono stati così - credo di averne citato qualcuno nel corso della visita del Comitato a L'Aia - in cui, a fronte della ricchezza del rapporto di analisi fornito da Europol a investigazioni aventi già carattere di polizia giudiziaria, lo stesso magistrato ha acconsentito ad ulteriori sviluppi analitici da parte di Europol. Quindi, sulla base anche di indicazioni provenienti dal magistrato responsabile


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dell'indagine, abbiamo sviluppato una determinata attività a servizio delle autorità nazionali. In alcuni casi, proprio su input dei magistrati procedenti, abbiamo ospitato riunioni operative di magistrati o, comunque, di investigatori (la presenza o meno di magistrati dipende dalle diverse leggi di procedura nazionale) in cui i responsabili, giudici, pubblici ministeri o capi di squadre investigative, hanno preso i loro accordi e, al loro ritorno, hanno poi conseguentemente sviluppato un'azione investigativa ed operativa a livello nazionale. Direi che questo è stato uno dei maggiori punti di forza di certi risultati brillanti che, sia in fase propositiva, sia in fase esecutiva, hanno visto come protagoniste forze di polizia italiana.
Il presidente ha poi chiesto a che punto siamo con l'Europol giudiziaria. Come forze di polizia la nostra attività è a servizio delle autorità giudiziarie responsabili. Proprio sulla base dell'esperienza di Europol, i paesi membri hanno notato un'enorme differenza nello sviluppo della collaborazione a livello di polizia e di autorità giudiziaria. Ciò ha portato all'idea di sviluppare una rete europea di prosecutor, di pubblici ministeri, che, in parallelo all'esempio di ciò che l'Europol fa per la cooperazione di polizia, sviluppasse, secondo gli stessi criteri di efficienza, di rapidità e di concretezza anche la collaborazione a livello di autorità giudiziaria. Questo network di pubblici ministeri ha cominciato a funzionare: non sono in grado di fornire grandi dettagli perché la materia esula dalle strette competenze di Europol; so che il network per il momento è nella fase, che abbiamo sperimentato all'inizio, di individuare i referenti nazionali, di come collegarli in maniera rapida e sicura. Credo che sarà fatto uso di un particolare sistema criptato di posta elettronica, come accade per l'Europol, in modo da fornire ogni garanzia di sicurezza nello scambio di informazioni. Per quanto mi risulta, tuttavia, all'inizio si tratterà essenzialmente di uno scambio di esperienze operative, non di informazioni a fini processuali immediati e diretti. Ciò perché anche per i magistrati, come per le forze di polizia, esiste l'ostacolo delle discrasie nei codici di procedura criminale, il che non consente di partire con il pieno scambio di informazioni, come pure si vorrebbe.
Il presidente ha chiesto quale sia l'interesse degli altri Parlamenti per l'attività di Europol. Non ho un quadro specifico in proposito, ma se il Comitato ritiene opportuno acquisirlo, in seguito potrò fornire una mappa delle competenze degli altri Parlamenti nel caso specifico. Posso però sottolineare che abbiamo ricevuto numerose visite da parte di comitati parlamentari interessati a conoscere gli sviluppi di Europol e, in particolare, a controllare l'attività che gli ufficiali di collegamento nazionali svolgono presso Europol, sulla base delle legislazioni nazionali, come emanazione immediata dell'azione delle unità nazionali Europol, quelle sì sottoposte al controllo diretto.
Anzi, a questo riguardo ritengo che, in particolare in relazione all'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam e ai maggiori poteri che esso prevede per il controllo di Europol - non escludo che la convenzione di Europol debba essere modificata nell'arco di un paio di anni per stabilire le modalità di controllo e di intervento del Parlamento europeo - si debba esplorare, a livello delle autorità politiche competenti, la possibilità di una «forma congiunta» delle rispettive sovranità parlamentari (Parlamenti nazionali, Parlamento europeo) al fine di evitare che ci siano troppe attività concorrenti sullo stesso soggetto in tempi diversi e di consentire al Parlamento europeo di elaborare linee guida, richieste, proposte e decisioni a livello di Unione europea, tenendo conto delle esigenze nazionali.
Francamente non so se esista una base giuridica per un'ipotesi del genere, ma ritengo che, in termini di ingegneria costituzionale, essa vada verificata perché di fronte alla novità del sistema nuove soluzioni e nuove idee si impongono. Questo potrebbe essere un elemento di riflessione per il Comitato, se lei, signor presidente lo ritiene opportuno.


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Lei ha fatto riferimento ai rapporti di carattere generale e a quella che il programma di lavoro nella traduzione italiana menziona come relazione sulla situazione generale. Il riferimento specifico è al rapporto annuale sulla situazione della criminalità nell'Unione europea che l'Europol elabora allo scopo di mettere le autorità di governo dei paesi membri in grado di adottare le conseguenti decisioni in materia di politica criminale. Sulla base della convenzione una sintesi di questo rapporto viene fornita al Parlamento europeo.
Credo di avere esaurito la lista delle risposte, così come le avevo annotate, però avevo preso nota di alcuni temi che potrebbero essere sviluppati nel contesto di questa audizione. Comunque sono a disposizione.

ANTONIO CONTE. Ringrazio sinceramente il dottor Marotta per il vasto arco di informazioni e di tematiche aperte che ci ha presentato. L'insieme di queste tematiche è parte integrante dello scenario europeo in generale e, anche prese singolarmente, esse concorrono di fatto - lo vediamo in ogni momento del dibattito sovranazionale - a determinare la questione della sicurezza. Dico questo perché credo che le tante precarietà o comunque le caratterizzazioni di partenza emerse anche nella sua esposizione potranno trovare un'accelerazione obbligata in questo tipo di situazione, di cui fanno parte inevitabilmente lo scenario post-guerra che riguarda una parte del nostro continente e i tanti luoghi di crisi in cui le organizzazioni criminali e i fenomeni nuovi di questo tipo esistono e si costituiscono come variante non tranquillizzante da affrontare.
Considerando gli obiettivi per il 1999 che lei ha ripercorso e di cui ha formulato anche alcune esemplificazioni interessanti, mi chiedevo se sia argomento di valutazione e discussione tra le priorità che si porranno all'ordine del giorno dell'attività di Europol la criminalità ambientale. In alcuni punti si fa riferimento a questo aspetto: si parla, ad esempio, dell'elaborazione di un adeguato sistema di comunicazione relativamente ai sequestri di sostanze nucleari; vi è poi un cenno alle sostanze chimiche e comunque all'attività chimica. Considerato che i punti di avvio si collegano ad una prospettiva strategica, vi è un'attenzione per il futuro nei confronti di questa problematica? D'altro canto, si tratta di un problema in crescita (quando parliamo di criminalità ambientale dobbiamo riferirci al vasto mondo dei traffici di sostanze derivanti dall'attività produttiva ed in particolare ai rifiuti) nei confronti della quale l'attenzione non dovrebbe essere residuale.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Marotta per l'intervento conclusivo.

EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia. Ringrazio il senatore Conte per il suo quesito che mi fornisce la possibilità di ricordare che in teoria la criminalità ambientale rientra nelle future competenze di Europol, in quanto l'annesso all'articolo 2 prevede questa forma di criminalità come uno dei campi di intervento futuri di Europol se ed in quanto il Consiglio dei ministri lo riterrà opportuno e fornirà le necessarie adeguate risorse.
Nel concreto, la Danimarca ha in corso una proposta per estendere la competenza di Europol alla criminalità ambientale. Non credo che la proposta potrà avere molta fortuna nell'immediato, perché l'orientamento del consiglio GAI è quello di rafforzare per il momento la struttura di Europol e quindi tenere in conto come priorità lo sviluppo delle attuali competenze e riservare ulteriori ampliamenti del mandato soltanto ad una successiva valutazione, quando tutto il sistema sarà in grado di camminare su gambe robuste. Comunque, il tema della criminalità ambientale immagino che sarà tra le future priorità. Tenuto conto di quanto dicevo prima circa l'effettiva entrata in vigore del sistema informatico, che sarà il grande strumento che faciliterà i rapporti di cooperazione nel contesto di Europol, posso immaginare che ulteriori forme del


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mandato - a meno di clamorose novità - possano essere realizzate non prima di un paio d'anni.
Signor presidente, prendendo spunto da alcune annotazioni che mi ero preparato ed anche dal materiale informativo che posso mettere a disposizione della Presidenza, se lei lo ritiene opportuno (purtroppo è in lingua inglese: si tratta dello schema attuale dell'organizzazione di Europol, a partire dal 1o luglio)...

PRESIDENTE. A differenza di Europol, alla Camera c'è un buon servizio di traduzione.

EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia. La ringrazio, presidente.
Un aspetto sul quale volevo soffermarmi molto rapidamente, perché mi rendo conto che probabilmente non è questo il foro più adatto per trattarlo né io ho funzioni di carattere sindacale o para-sindacale, è il seguente. Con la piena operatività di Europol occorre fare qualche cenno alla situazione del personale di Europol e al personale italiano. Oggi come oggi gli italiani sono 13 su un organico di 165 persone (sarebbero 190 ma dobbiamo sottrarre 25 addetti alla sicurezza). La presenza italiana è decisamente di qualità. Voglio sottolineare che nell'ultima ondata di reclutamento su 22 posti 8 sono andati a personale italiano: questo per evidenziare la capacità professionale delle nostre forze di polizia, anche in un contesto internazionale dove i problemi linguistici, soprattutto per i paesi di cultura non anglosassone, sono del tutto particolari.
L'effettiva entrata in vigore di Europol e la conseguente offerta di contratti singoli al personale pongono il problema del coordinamento tra il complesso impianto normativo di Europol (in particolare la Convenzione ed il regolamento del personale) e le normative italiane di tipo legislativo o regolamentare. Di fronte alla novità bisognerà chiaramente adattare diversi strumenti a livello nazionale. Come personale italiano abbiamo sviluppato uno studio («Inquadramento del personale italiano con l'effettiva entrata in vigore del sistema normativo previsto dalla Convenzione Europol») che mi permetto di consegnare all'attenzione del Comitato per ogni possibile valutazione.
Si tratta di problemi di carattere normativo, di coordinamento delle carriere nazionali al rientro in patria rispetto alla valutazione del servizio reso presso Europol. Oggi come oggi a livello nazionale non esistono parametri per stabilire quale valutazione effettuare e da parte di chi sul nostro lavoro all'estero, per non parlare della perdita secca che rispetto all'attuale trattamento di missione di personale distaccato all'estero si determina sulla base dei salari Europol, decisamente inferiori rispetto a tale trattamento.

PRESIDENTE. Potrebbe fornirci qualche indicazione sulle modalità del reclutamento del personale, in Italia e non solo? Lei ha prima detto che su 22 posti 8 sono andati a personale italiano ed immagino che facesse riferimento ad un bando pubblico.

EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia. Ad un bando pubblico a livello europeo.

PATRIZIO PETRUCCI. Avrei voluto affrontare il tema del personale ma non sapevo se questa fosse la sede adatta. Noi sapevamo che l'unità nazionale, se non sbaglio, conta 14 persone, rispetto ad un programma di lavoro ed ad una prospettiva notevolmente ampliata se confrontata con la situazione che avevamo nel 1998. Stando a quanto abbiamo letto e a quello che lei ci ha detto, le prospettive di lavoro si ingrandiscono enormemente. Vorrei capire se è stata ipotizzata una dimensione ideale a livello europeo del personale necessario per fronteggiare questi nuovi impegni e conseguentemente quale potrebbe essere la nostra presenza.

EMANUELE MAROTTA, Vicedirettore dell'Ufficio europeo di polizia. È difficile fornire una stima delle dimensioni ideali in termini di personale perché essa varia


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in rapporto ai successivi ampliamenti del mandato che Europol potrà ricevere. Comunque esiste una valutazione che abbiamo compiuto un paio di anni fa: sull'arco di cinque anni dovremmo reclutare fino ad un massimo di 350 elementi, rispetto ai 190 attuali (mi riferisco alla sede centrale de L'Aia). Questo dovrebbe permettere al quartier generale di fornire risposte in tempi adeguati alle richieste delle unità nazionali.
Voglio sottolineare che, proprio in relazione a questo tema, abbiamo recentissimamente sviluppato una valutazione di carattere statistico sull'attività degli ufficiali di collegamento presso Europol perché, considerando i dati, abbiamo riscontrato un calo di resa di tali ufficiali. Ne abbiamo discusso a lungo nel corso di una riunione con i capi delle unità nazionali a L'Aia e devo dire che la loro risposta è stata tutto sommato tranquillizzante perché, a fronte del calo in termini quantitativi, c'è una valutazione di carattere generale favorevole circa l'incremento qualitativo dell'azione svolta dagli ufficiali di collegamento. Si tratta di una valutazione dei responsabili nazionali e non nostra che ci tranquillizza. È stato però sottolineato che tra i vari fattori che hanno condotto ad una diminuzione in termini numerici c'è proprio l'insufficiente disponibilità di manodopera a livello nazionale. È chiaro che, in questo processo continuo di adattamento, non solo Europol dovrà adeguarsi in termini numerici alle nuove richieste ma anche le unità nazionali dovranno essere dimensionate di conseguenza. Non ricordo i dati relativi all'unità nazionale italiana ma so che quella inglese si trova forse in condizioni peggiori: eppure l'Inghilterra è uno dei maggiori protagonisti dell'attività di Europol.
Tutto il processo di Europol è in corso d'opera e va valutato e rivisitato molto spesso, proprio per collocarlo al passo con le necessità. Sempre per documentazione del Comitato, credo che sia noto il rapporto sul processo di cooperazione di polizia nell'Unione europea che il Senato francese ha elaborato l'anno scorso su parte dei temi che oggi ho avuto il piacere di trattare. A suo tempo avevo preparato una sintesi di questo rapporto che - se lei lo ritiene opportuno, signor presidente - posso mettere a disposizione del Comitato. In essa sono riprodotti molti dei problemi con cui anche le autorità italiane si dovranno confrontare a proposito di Europol in generale e nel più ampio contesto della cooperazione europea di giustizia e di polizia. Ci sono molte considerazioni relative alla situazione francese che credo siano assolutamente valide anche per quella italiana: mi permetto di richiamare l'attenzione del Comitato su alcuni aspetti di questa sintesi che offro alla vostra considerazione consegnandovi il documento.

PRESIDENTE. Ringrazio il vicedirettore Marotta e gli intervenuti per il loro contributo.

La seduta termina alle 14,45.