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Seduta del 30/11/2000


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Seguito dell'audizione dei direttori di rete della RAI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione dei direttori di rete della RAI. Saluto il dottor Beretta, il dottor Freccero, il dottor Cereda, il dottor Ruffini, il dottor Valzania, la dottoressa Carlotto, il dottor Magliaro, il dottor Parascandolo, che ha comunicato alla Commissione i motivi della sua assenza nella precedente occasione, il dottor Vitalini Sacconi e il dottor Malesani.
L'audizione odierna fa parte di un ciclo che abbiamo già avviato con i direttori dei TG sul tema specifico del pluralismo, informalmente riferito alla presenza della lista Bonino. In proposito abbiamo già ascoltato i direttori di rete. Naturalmente il tema è libero.

MASSIMO BALDINI. Più volte abbiamo incontrato i direttori di rete e di testata, il direttore generale e il consiglio d'amministrazione sul problema ricorrente del rispetto del pluralismo.
Tutte le volte che viene criticato un episodio di qualche consistenza politica che crea disparità e sviluppa un'impostazione che sbilancia la situazione in un senso piuttosto che nell'altro o che comunque non tiene conto dell'esigenza di mantenere fermo il principio della condizione di parità fra le forze politiche noi siamo fortemente sensibili. La Commissione, infatti, affronta questo tema in modo quasi periodico, perché purtroppo spesso si verificano episodi che non dovrebbero verificarsi.
Prendiamo atto di quanto ci è stato detto dai direttori di rete e di testata. Indubbiamente non c'è mai dolo in ciò


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che si verifica nei programmi televisivi per quanto attiene al rispetto del pluralismo, nel senso che siamo consapevoli che i direttori di rete e di testata intendono mantenere una posizione di grande equilibrio e rispetto delle diverse opinioni politiche espresse in Parlamento e fuori da esso. Però spesso le situazioni sfuggono di mano, perché la metodologia del lavoro all'interno della RAI segue un certo criterio, per cui in alcuni programmi i conduttori purtroppo non rispettano determinate impostazioni e regole e soprattutto contravvengono alle indicazioni e alle delibere più volte ribadite dalla Commissione di vigilanza.
Anche recentemente abbiamo sollevato diverse polemiche per come Santoro conduce la sua trasmissione, ma altrettante riserve abbiamo espresso per quanto riguarda il taglio che Biagi dà al suo programma.
Sulle trasmissioni di approfondimento e anche su programmi di evasione che vedono la presenza di soggetti politici, ribadiamo l'esigenza di porre maggiore attenzione, attraverso il dialogo continuo con i responsabili, per garantire che non vi siano sbavature o accentuazioni di una posizione politica in contrasto con un'altra e che quindi vi siano un maggiore equilibrio e un rispetto pressoché assoluto delle indicazioni della Commissione parlamentare di vigilanza.
Mi sembra che questo sia il richiamo che anche oggi dobbiamo ribadire, perché, nonostante la buona volontà, gli indirizzi, le circolari e le lettere, si verifica ancora ciò che non dovrebbe verificarsi. Qualche sera fa ho assistito alla trasmissione di Biagi sul pluralismo per quanto attiene ai libri di testo e quindi sulla polemica con Storace e debbo dire che il taglio è stato subito nel senso dell'antifascismo, per arrivare ad una certa conclusione, quando il problema è di tipo diverso e riguarda l'informazione che la scuola dà ai ragazzi sugli avvenimenti politici che hanno caratterizzato la vita del paese negli ultimi decenni. Invece si cerca subito di vedere il problema da un'angolazione diversa, legandolo a Storace, ad AN, ai fascisti, al controllo sull'informazione e sull'educazione dei ragazzi. Questo non è il modo di fare informazione corretta ed equilibrata.
Circa Santoro, più volte abbiamo fatto le nostre osservazioni sull'eccessiva partigianeria che spesso si evince da questi tipi di programmi così come vengono condotti. Richiamiamo quindi i responsabili ad un maggiore controllo e ad un più puntuale rispetto del pluralismo e del ruolo delle diverse forze politiche in campo, delle diverse opinioni e posizioni.

SALVATORE RAGNO. Tutte le volte che abbiamo incontrato i direttori di rete o di testata, con riferimento al rispetto o meno del pluralismo, abbiamo potuto rilevare che esso viene inteso da un punto di vista solo quantitativo, nel senso che si ritiene che sia sufficiente far intervenire due soggetti di due coalizioni o raggruppamenti diversi.
Io invece ritengo - come credo sia emerso dall'intervento del collega Baldini - che, oltre a questo, il pluralismo debba interessare i contenuti e i comportamenti di chi gestisce le trasmissioni. Non basta invitare un parlamentare del Polo ed uno dell'Ulivo per rispettare il pluralismo, se poi il giornalista, nel formulare le domande e nel bloccare le risposte, assume un comportamento teso a favorire l'uno piuttosto che l'altro.
Con questo intendo dire che non possiamo prenderci in giro e soprattutto che non dobbiamo rischiare di prendere in giro la Commissione parlamentare. Per questo invito i direttori a prestare molta più attenzione a ciò che avviene.
Mi rendo conto che le trasmissioni vengono affidate ai giornalisti ai quali non si può dire esattamente ciò che debbono fare, però occorre dare disposizioni che riguardino non solo il tipo di trasmissione e i soggetti che vi partecipano ma anche certi comportamenti che non devono ledere il principio del pluralismo. Oltretutto credo che un atteggiamento non corretto non giovi ad alcuno, perché oggi la gente è molto più consapevole di quanto lo fosse in passato.


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Con riferimento alla trasmissione Il raggio verde condotta da Santoro, il dottor Freccero ha osservato nel corso del nostro precedente incontro che i giornalisti hanno una loro autonomia. Però, non capisco come mai determinate trasmissioni non sollecitino neppure un atteggiamento di critica presso la presidenza, il consiglio di amministrazione e anche i direttori della RAI, mentre invece la gente tempesta la RAI di telefonate perché ritiene la trasmissione non opportuna sotto il profilo degli equilibri che si dovrebbero mantenere.
Vorrei quindi rivolgere un invito molto serio perché si provveda, soprattutto in prossimità della campagna elettorale, a concepire il pluralismo come un fatto che va oltre il calcolo quantitativo delle presenze o l'uguaglianza tra i soggetti dei diversi schieramenti che partecipano alle trasmissioni e che si traduca anche e soprattutto nell'atteggiamento del giornalista il quale ovviamente, se è intelligente, nel porre le domande ha tutto il modo per avvantaggiare l'uno o l'altro schieramento.

PAOLO ROMANI. Ho riletto il resoconto stenografico della audizione del 9 novembre scorso e mi sembra che il dottor Freccero debba ancora rispondere ad alcune domande. Ricordo che in quell'occasione alcuni colleghi avevano formulato domande precise: mi riferisco, in primo luogo, al fatto che sia stato chiesto il motivo per il quale, avendo l'onorevole Maroni telefonato in trasmissione, Santoro abbia deciso di non mandarlo in onda. In secondo luogo, si è chiesto per quale motivo fossero state trasmesse delle telefonate registrate nelle quali la risposta dell'interlocutore è stata: non intendo essere intervistato. Ci si riferì, insomma, ad alcuni accadimenti precisi che ebbero luogo nel corso della trasmissione su cui il dottor Freccero non ebbe opportunità di rispondere in quanto il presidente obiettò che non si poteva dar luogo ad un'audizione nell'audizione e per questo rimandò tali risposte alla seduta successiva, che immagino sia quella odierna.
Personalmente rivolsi alcune domande al dottor Freccero dal quale mi piacerebbe avere un parere; egli pronunciò un intervento alto, nel senso che cercò di chiarire quali fossero i rapporti tra la rete ed i telegiornali riguardo all'informazione, assumendo comunque su di sé tutta la responsabilità anche relativamente a ciò che accade nei programmi di approfondimento. Cercai di sollecitare, se si vuole di provocare anche il dottor Freccero dicendo che a noi interessa non un giornalismo genuflesso, ma un giornalismo intelligente, investigativo, corrosivo, urticante, ma non militante - furono queste le parole usate -, nel senso che la militanza si può intravedere in televisione attraverso due aspetti: il primo è quello della militanza dichiarata e palese, come è accaduto per esempio nel servizio su Bush in cui il giornalista ha dichiarato esplicitamente la propria militanza politica; per altro verso, la militanza la si può intravedere, intuire, ed ha efficacia molto maggiore, laddove non è palese il convincimento del conduttore ma lo si capisce chiaramente dall'atteggiamento, a volte molto duro ed aggressivo, nei confronti dei diversi interlocutori. Chiunque abbia visto quella puntata di Il raggio verde ha notato l'accanimento di Santoro sulla questione della Lega, ovviamente in senso negativo. È chiaro che si tratta di giudizi di carattere soggettivo, ma è altrettanto chiaro che, quando moltissime persone ricavano la stessa sensazione, il giudizio da soggettivo diventa quasi oggettivo. Questo è appunto il problema, nel senso che abbiamo già avuto occasione di assistere ad un forte giornalismo aggressivo, come quello di Gad Lerner, che fu ottimo ed eccellente nelle diverse edizioni di Milano, Italia, dove furono sollevati numerosi problemi che riguardavano il nord del paese e che fino ad allora non erano mai stati sollevati. Altro mi è sembrato l'atteggiamento di Santoro in quella trasmissione.
Chiedo quindi se su tali questioni vi sia un minimo di interfaccia tra ciò che decide di fare il conduttore e ciò che è di competenza del direttore della rete: nel momento in cui Freccero assume su di sé


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tutta la responsabilità, suppongo che assuma anche quella dei comportamenti dei conduttori. Tutti noi non possiamo non immaginare che un giornalista possa avere convincimenti propri, penso che ciò faccia parte della logica delle cose, ma questo nel servizio pubblico non può essere accettato nel momento in cui il convincimento è palese anche se non espresso con chiarezza.
A mio avviso, questo è il cuore del problema; quindi, lungi da noi chiedere una televisione paludata, ufficiale, una melassa addormentatrice del giornalismo; piuttosto, ci piacerebbe vedere un autentico giornalismo investigativo senza che però il conduttore scivoli dalla parte di chi si espone alla critica.
Sicuramente ho trovato stravagante e bizzarro il fatto che in una trasmissione in cui si parlava sostanzialmente del fenomeno Lega (giustamente Freccero ha definito Santoro un metereologo quanto a capacità di prevedere l'evoluzione delle situazioni) non vi fosse alcun rappresentante della Lega, e ciò anche al di là del fatto che Bossi non abbia accettato di partecipare, visto che la Lega non è fatta solo da Bossi, ci sono altri personaggi che avrebbero potuto tranquillamente partecipare, tant'è che uno di loro, l'onorevole Maroni, telefonò in diretta ma la telefonata non passò. È accaduta quindi una serie di piccoli fatti che non possono non sollecitare da parte nostra un giudizio che non vorrei definire negativo, perché la negatività o la positività di un giudizio quando si parla di giornalismo è sempre difficile; tutti noi abbiamo sempre ripetuto che l'obiettività non esiste come valore assoluto, ma è un valore verso il quale bisogna cercare di approssimarsi. Si tratta di far vedere in televisione tutti i diversi aspetti di un problema e lasciare poi al telespettatore la capacità di giudizio e di analisi.
Michele Santoro nel corso degli anni a mio giudizio ha subito una trasformazione, forse anche perché la provocazione in televisione può aumentare gli ascolti, nel senso che più si è aggressivi, petulanti e cattivi in televisione, più ascolti si fanno, ma non è un meccanismo obbligatorio dell'informazione, che comunque deve rimanere nei limiti della legittima cattiveria giornalistica, ma non deve mai oltrepassare il confine facendo apparire all'esterno i propri convincimenti. È un confine difficile da identificare, ma è un confine emotivo, che tutti noi possiamo condividere, che razionalmente ci è difficile descrivere ma che appartiene alla gran massa delle persone che guardano, tendenzialmente senza difesa, il servizio pubblico che propone un programma di informazione di questo tipo. Quella fu un'impostazione a nostro avviso sbagliata; non ho avuto modo di vedere le trasmissioni successive e quindi non ho oggi motivi da aggiungere ad una valutazione tendenzialmente negativa di quella trasmissione, vedendo la quale comunque mi resi conto che, se da un lato non amo il giornalismo appiattito sul potere, non amo neppure quello che fa chiaramente intravedere il proprio coinvolgimento anche se non palesemente espresso.
Su tutte le questioni poste sarebbe opportuno che ci venisse fornita una risposta.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai direttori presenti, vorrei porre anch'io talune questioni relative non al tema del pluralismo, ma che traggono origine dalle tematiche sollevate in queste ultime settimane anche internamente alla RAI ed alle segnalazioni che mi sono giunte in qualità di presidente della Commissione.
La prima questione riguarda le interruzioni pubblicitarie ed è stata sollevata da un consigliere d'amministrazione della RAI, il dottor Contri, circa un numero esorbitante di interruzioni pubblicitarie all'interno dei film, con ciò contravvenendo al disposto alla legge n. 122. In proposito la RAI ha emanato un comunicato ufficiale che, in maniera alquanto apodittica, si limitava ad asserire che non vi era stato un incremento di passaggi pubblicitari, senza però entrare nel merito della questione. Poiché sono arrivate molte lettere di protesta da parte di cittadini che lamentano la medesima circostanza


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sollevata dal consigliere Contri, chiedo ai direttori presenti se abbiano contezza di quella che si appalesa come una violazione di legge (ricordo che la legge n. 122 prevede un passaggio pubblicitario ogni 45 minuti) e se invece siano fondati i rilievi mossi dal consigliere Contri e le lettere che gli utenti hanno inviato alla Commissione parlamentare di vigilanza.
La seconda questione riguarda la qualità della programmazione. Il 12 novembre scorso il movimento italiano genitori ha sollevato polemiche a proposito di alcune trasmissioni, per esempio Domenica in, nelle quali sono state usate espressioni piuttosto spinte; si tratta di una trasmissione destinata ad un pubblico familiare, quindi di una trasmissione generalista per eccellenza, nella quale - cito testualmente - vi è stato un dibattito sulle zone erogene degli ospiti, sull'illuminazione preferita durante gli amplessi, e così via. Anche in questo caso mi pongo come portavoce dei cittadini che interessano la Commissione parlamentare di vigilanza su questioni che oggi trattiamo facilmente alla luce delle mutate abitudini comportamentali degli italiani, ma che evidentemente in alcuni settori della pubblica opinione suscitano ancora scalpore.
Un'ulteriore questione riguarda lo spostamento orario del Meteo dalle 19.50 alle 17; pongo la questione ovviamente in primo luogo al direttore Beretta, invitandolo a rilevare come i programmi della RAI siano seguiti dalla gente. Quello che ho detto è un aspetto che può apparire marginale, ma che in effetti segnala un attaccamento dell'utente alla concessionaria del servizio pubblico, attaccamento che giunge fino a chiedere al presidente della Commissione di vigilanza di segnalare all'azienda che lo spostamento di orario non è gradito, e addirittura qualcuno pone la questione sotto il profilo del contenuto del servizio pubblico. In effetti, le previsioni del tempo rappresentano uno dei modi attraverso i quali si estrinseca il servizio pubblico.
Al direttore Freccero vorrei porre la questione della trasmissione Rido, programma per i nuovi comici. Vorrei sapere quanto sia costato il contratto all'interno del quale vi era tale trasmissione, quale percentuale di ascolto esso abbia conseguito, se sia vero che le ultime quattro puntate non sono state trasmesse e se comunque saranno pagate; inoltre, vorrei sapere se sia vero - ma credo che lo sia perché l'ho letto su un giornale - che la trasmissione è stata realizzata non con i mezzi RAI ma all'esterno, forse anche con un notevole aggravio di spesa e, in caso di risposta positiva, ci piacerebbe conoscere perché non sia stata realizzata con i mezzi RAI.
A tutti i direttori presenti vorrei porre il tema della divisionalizzazione, che nacque per ottimizzare la gestione delle risorse e soprattutto per consentire alle reti di risparmiare. È un progetto che si doveva dispiegare entro un triennio ed io vorrei sapere se sia possibile tracciare un primo bilancio degli effetti della divisionalizzazione. Ad esempio, RAIUNO e RAIDUE, che fanno capo alla divisione 1, registrano un risparmio? RAITRE, che fa capo alla divisione 2, registra un risparmio, oppure si è andati incontro ad un aumento delle spese? Vorrei conoscere una vostra valutazione sugli effetti che la divisionalizzazione sta producendo nelle reti soprattutto televisive, ma anche per quanto riguarda la radio.
In merito ai palinsesti, vorrei sapere quali siano le tendenze dei costi.

MAURIZIO BERETTA, Direttore di RAIUNO. Ringrazio il presidente, i senatori e i deputati per questa rinnovata opportunità di incontro che ci consente di fare una riflessione sui problemi che ci troviamo ad affrontare tutti i giorni.
Ringrazio in particolare i senatori Baldini e Ragno e l'onorevole Romani per avere spostato l'attenzione dall'aspetto meramente quantitativo del pluralismo nell'informazione ad un aspetto che deve essere necessariamente quanti-qualitativo. In proposito devo dire che si tratta di un punto delicato perché il dato quantitativo ha una sua riconoscibilità oggettiva, mentre sul dato qualitativo - cioè gli aspetti


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impliciti nella comunicazione, nella semiologia che si possono riverberare anche nei comportamenti e nelle opinioni non espresse - è difficile trovare valutazioni univoche e meccanismi comportamentali oggettivi da raccomandare o da suggerire.
Per quanto riguarda RAIUNO - ma credo che sia una condizione estensibile a tutte le nostre situazioni - il meccanismo di fondo è quello in base al quale la responsabilità del direttore di rete e i contenuti del suo ingaggio sono strettamente legati ad una garanzia dinamica di interpretazione del pluralismo, che quindi tende ad inglobare non soltanto un'analisi strettamente quantitativa. Non c'è dubbio sul fatto che la direzione di rete ribadisca costantemente questo tipo di missione rispetto a tutti coloro che sono destinati in prima persona ad attuarla. È evidente che, seppure non mancano difficoltà dal punto di vista strumentale, è più agevole richiamare ad un monitoraggio sui dati quantitativi, perché sul dato qualitativo la discussione è molto articolata e spesso è difficile trovare pareri univoci.
Noi complessivamente pensiamo - parlo per RAIUNO - che nell'informazione della rete, in tutti gli spazi più o meno direttamente dedicati a questo genere e anche ad alcune situazioni che lambiscono gli spazi dedicati all'informazione e ne sono toccati o contaminati, occorra tenere presente un equilibrio complessivo. Faccio solo un ragionamento di puro bilanciamento dei rilievi critici che vengono dai diversi schieramenti, poiché in genere abbiamo qualche rilievo maggiore dal centrosinistra su Porta a porta e qualche rilievo maggiore dal centrodestra su Il fatto. In fondo, abbiamo scelto due personaggi di straordinario profilo, che sono probabilmente fra le prime firme del paese per quanto riguarda l'informazione politica, tanto da lasciarci ritenere che in un raggio di tempo medio il complesso dell'informazione fornita nei contenitori di rete possa portare ad un prodotto complessivo sufficientemente equilibrato.
Ad una versione più soft dell'informazione contribuiscono contenitori di missione più vasta, come Uno mattina o La vita in diretta, che portano ad un risultato finale che ritengo di grande equilibrio.
Detto questo non ritengo - lo dico in termini generali - che il pluralismo dell'informazione possa essere la somma algebrica di squilibri contrapposti e quindi stiamo cercando, con costanti discussioni e richiami, di produrre una somma di equilibri nei vari contenitori, per cui il risultato finale di un rispetto vero del pluralismo sia l'insieme di rispetti e non di parzialità. Confido che questo risultato possa essere raggiunto nel medio periodo, in modo da arrivare al momento della par condicio con un pregresso sostanzialmente in equilibrio.

PRESIDENTE. Aggiungo che vorremmo un dato quantitativo circa la presenza della lista Bonino nelle trasmissioni di rete, che è il motivo originario dell'audizione.

MAURIZIO BERETTA, Direttore di RAIUNO. Proprio nella ultime giornate vi sono state presenze significative di esponenti della lista Bonino, che hanno portato ad una condizione più accettabile il conteggio, anche perché si è dibattuto di temi da sempre legati all'esperienza politica di questa formazione.
Mi è stata rivolta una domanda sul Meteo che è stato spostato in via sperimentale dalle 19.50 alle 17. Evidentemente, chi è contento dello spostamento non parla: dico questo perché abbiamo verificato in una serie storica costante che, essendo inserito nella trasmissione preserale, l'ascolto in quel momento subiva una flessione. Lo spostamento alle 17 ha consentito di aumentare l'ascolto medio del preserale. Ci sembra di capire che i tifosi del Meteo a quell'ora siano meno dei tifosi della non interruzione del programma, perché finora l'esperimento ha dato risultati positivi, però siamo anche pronti a riconsiderare la questione se venissero posti elementi di dubbio. L'operazione del Meteo, come altre, è una pura technicality volta ad ottimizzare i flussi degli ascolti rispetto alle interruzioni.


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Circa i break pubblicitari, se i commissari mi consentono una battuta che ha un fondo di verità, direi che i loro primi nemici sono i direttori di rete, perché i break rappresentano degli «inciampi» nel flusso della programmazione, per cui, se dipendesse da noi, in termini astratti, probabilmente li elimineremmo tout court, nel senso che a nessun direttore di rete piace verificare che, per necessità complessive dell'azienda, bisogna trasmettere i break pubblicitari, nessuno dei quali evidentemente tiene l'ascolto del programma. Il loro inserimento e la loro diffusione sono stabiliti dagli uffici competenti d'intesa con la Sipra nel rispetto delle norme.

PRESIDENTE. Le risulta che ci sia un aumento dei break pubblicitari soprattutto all'interno dei film, in violazione della legge, al di là delle responsabilità? Questo è importante in particolare per la RAI.

MAURIZIO BERETTA, Direttore di RAIUNO. Non sono in grado di rispondere. Ritengo che complessivamente l'affollamento sia invariato, perché siamo, per quanto riguarda RAIUNO, a livelli vicini al massimo di utilizzo totale. Per il resto, all'interno di questo che rappresenta il punto più importante nel rispetto delle norme, vi è una distribuzione di break che deve tenere conto dell'affollamento orario e di alcune norme specifiche. Credo che gli uffici preposti non abbiano realmente alcuna spinta a violare norme universalmente conosciute e condivise. Insisto nel dire - ma non vuole essere uno scarico di responsabilità - che la domanda andrebbe rivolta...

PRESIDENTE. Volevo solo sapere se le risultasse ed eventualmente avere un'informativa più dettagliata anche se non da parte sua.

MAURIZIO BERETTA, Direttore di RAIUNO. Posso solo dire che vi è stato un riposizionamento.
Sul costo dei palinsesti, riflettiamo la tendenza ad una forte dinamica tendente alla crescita. Questo è un dato generalizzato comune in misure diversa a tutti i grandi macrogeneri: certamente lo è per i diritti sportivi, per le star e le produzioni che esse assicurano o nelle quali si esercitano e per i diritti cinematografici.
In termini generali probabilmente questa dinamica è più accentuata, per quanto riguarda la RAI, per la rete che ha responsabilità di obiettivi di share più impegnativi e quindi è alla ricerca di prodotti di eccellenza, che sono anche più rari sul mercato. Questo peraltro è assolutamente intuitivo: nel corso dell'anno le partite di calcio utili a RAIUNO sono poche, perché sono partite che, come condizione minima di partenza, devono avere uno share previsto superiore almeno al 20 per cento; per quest'anno abbiamo un obiettivo di rete sul prime time del 24 per cento; credo che l'anno prossimo sarà leggermente superiore, anche perché quest'anno comunque lo superiamo in maniera significativa, però ciò fa sì che i prodotti utili per conseguire questo tipo di obiettivo siano oggettivamente molto rari sul mercato. Ad esempio, non sono un tifoso di calcio, ma certamente sono tra i più colpiti dal risultato di ieri sera, anche perché esso ha totalmente vanificato l'interesse per la partita di ritorno.
Quanto alla divisionalizzazione, essa è ancora in una fase in cui sta andando a regime; finora è stata in qualche modo sostanzialmente interpretata come una divisione di responsabilità di carattere editoriale, che sono e restano tutte all'interno della rete, rispetto a responsabilità di ottimizzazione dei palinsesti delle reti amministrate che rappresenta una prima istanza superiore nei confronti di quella rappresentata dal marketing strategico della corporate, che quindi media anche l'offerta complessiva delle due divisioni. In termini funzionali questo ha l'obiettivo di coordinare l'offerta di palinsesto delle due reti a maggiore vocazione competitiva al proprio interno, in modo da dare un'offerta non sovrapposta, con ciò ponendo già un elemento di razionalizzazione e quindi di risparmio. Anche il fatto di poter acquisire pacchetti di prodotti che poi possono essere ripartiti all'interno di


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strutture più ampie e quindi utilizzati in modo più armonico su due reti, con organizzazione, target ed obiettivi di ascolto diversi, rappresenta un elemento sicuramente utile che ritengo possa rappresentare un apporto positivo dal punto di vista della razionalizzazione anche delle risorse.
Per quanto riguarda lo specifico delle risorse, si deve guardare al direttore di divisione, anche perché egli, essendo il custode del budget complessivo divisionale, è in grado di dire se la somma delle due reti armonizzate produca risultati apprezzabili. Andando ad una semplificazione forse eccessiva ma certamente ben approssimata, credo di poter dire che le reti restano i custodi e i titolari del progetto, del processo creativo, dei progetti di realizzazione e delle linee editoriali, mentre la divisione è titolare dell'armonizzazione dell'offerta di prodotti tra le reti appartenenti alla divisione e del rispetto dei budget in relazione agli obiettivi assegnati dalla corporate.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Signor presidente, onorevoli e senatori, devo farle i miei complimenti perché è riuscito a trasformare una riunione di routine in una riunione molto importante e sono veramente rammaricato per l'assenza dei rappresentanti delle forze del centrosinistra. Le faccio veramente i miei più vivi complimenti, perché ha preso spunto...

PRESIDENTE. Le faccio presente che quest'audizione è stata decisa dall'ufficio di presidenza della Commissione in cui erano presenti anche autorevoli esponenti del centrosinistra, che però oggi non ci sono, non saprei dirle il perché.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Le faccio comunque i miei più vivi complimenti perché ha trasformato una riunione di routine in qualcosa di estrema importanza e ciò anche grazie alle sue domande puntuali, interessanti, intelligenti, che sveleranno alcune circostanze che poi spiegheranno determinate confusioni che vi sono sulla RAI.
Innanzitutto mi permetta una analisi psicanalitica: lei ha detto che il pubblico si lamenta perché il Meteo è stato spostato di orario; io mi sarei aspettato, invece, che il pubblico si lamentasse del fatto che ancora la meteorologia italiana della RAI sia fatta da validissimi ed importantissimi militari, uomini di alto grado delle forze armate italiane. Forse lì si nasconde qualcosa, si pensa che la RAI debba essere militarizzata, cioè che la sua oggettività passi attraverso una divisa. Questo mi colpisce molto. Forse sarebbe più opportuno sperare qualcosa di diverso: è davvero singolare che le previsioni meteorologiche della RAI, per dimostrare che quest'ultima è obiettiva, siano fatte da validi ufficiali della marina, dell'aviazione e dell'esercito. Sono stupefatto, e più volte mi sono battuto perché questo assetto venga cambiato, anche perché credo che qualcosa sia accaduto in questi anni.
Cos'è cambiato in questi ultimi anni? È cambiato il ruolo del direttore di rete ed è cambiato per un motivo molto semplice; una volta le tre reti della RAI rappresentavano tre importanti punti di vista editoriali: RAIUNO rappresentava in qualche modo la tivù famiglia, la tivù cattolica, e così via, è inutile soffermarsi su qualcosa che tutti sappiamo bene; vi erano poi RAIDUE, la rete laica, e RAITRE, che rappresentava il punto di vista della sinistra; la situazione era molto semplice e naturalmente tanti discorsi sul pluralismo erano in qualche modo dissolti dal fatto che c'erano tre reti che rappresentavano tre punti di vista differenti. Oggi la RAI è notevolmente cambiata, si è razionalizzata e questa divisione è stata abolita: non vorrei affermare, in senso proustiano, com'erano belli quei tempi, in cui tutto era chiaro, netto e preciso, ma la RAI in qualche modo ha subito una trasformazione copernicana, si è trasformata in una azienda normale, come si suol dire, cioè in un'impresa e le divisioni sono nate per razionalizzare le risorse e quindi il progetto industriale ha in qualche modo frantumato, dissolto il progetto politico della RAI.


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SALVATORE RAGNO. Prima c'erano tre reti, adesso una sola!

PRESIDENTE. Direttore Freccero, lei sta facendo la sua esposizione e non deve interromperla perché un commissario fa un'osservazione. Prego, continui.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. È chiaro che, dopo l'introduzione delle divisioni, il ruolo del direttore di rete è cambiato notevolmente: egli lavora non più su un progetto editoriale che ha un punto di vista del mondo, ma deve avere una visione più manageriale e naturalmente il gioco di squadra in qualche modo si sovrappone al lavoro autorale che il direttore di rete svolgeva. Per quanto riguarda RAIDUE credo che chiunque abbia notato che numerosi programmi sono passati da una rete all'altra, cosa che rappresenta la dimostrazione del progetto che c'è, e che va oltre il progetto editoriale, sia pure secondo una logica. Ciò è avvenuto per la fiction, per programmi cosiddetti di utilità immediata, quali varietà e programmi di intrattenimento, nonché per altre tematiche quali per esempio i contratti, che vengono curati dalla divisione. Il direttore di rete propone un programma ma, se questo non ha la copertura finanziaria adeguata, il responsabile dei contratti nell'ambito della divisione lo annulla. Ciò spiega come alcune questioni relative ai costi dei programmi siano ormai in qualche modo condivise dal direttore di divisione.
Ma c'è di più: anche le missioni delle reti sono cambiate. Ad esempio, RAIDUE ha moltissime missioni, in primo luogo quella della sperimentazione, tendente a interessare un pubblico più giovane. Se mi è concesso, vorrei aprire un inciso per sostenere che, a mio avviso, la questione del pluralismo va affrontata anche attraverso un'ottica di marketing; sono dell'avviso che bisogna essere al servizio di tutti i pubblici, non solo del pubblico - si tratta di una questione teorica molto importante - per cui bisogna in qualche modo servire tutti i pubblici, anche quelli minoritari, ed ecco il motivo per il quale si vanno a cercare determinate nicchie di pubblico giovanile, così come il pubblico che ama il teatro. Voglio dire che, se RAIUNO in qualche modo ricerca la maggioranza, RAIDUE ha il compito di essere al servizio di tutti quei pubblici che la maggioranza non contempla.
Tra le varie missioni attribuite a RAIDUE vi era anche quella di decentrare le potenzialità produttive della RAI su Milano, ed ecco il caso di Rido, trasmissione nata come esperimento editoriale per mettere a frutto la nuova comicità milanese. La RAI tradizionalmente ha un ascolto più forte nel centro-sud, e l'onorevole Romani sa benissimo come la forza dirompente di Mediaset negli anni ottanta abbia sottratto alla RAI grandi fette di pubblico nel nord e quindi è chiaro che bisogna recuperare questo pubblico che negli ultimi anni si è allontanato dalla RAI. L'intento di Rido era quello di spostare il baricentro della produzione al nord. Come sapete RAIDUE produce a Milano molti programmi, tra cui quelli di Fazio, della Foschini, della Panicucci, ma a Milano non ci sono ancora le forze industriali necessarie per realizzare grandi programmi. Ecco perché la divisione ha deciso per una produzione esterna.
È chiaro che il programma è andato male - ne sono convinto - ma devo dire ha avuto una forte autonomia. Tutti i documenti sono disponibili perché detesto la non trasparenza; ci vuole chiarezza e tutto è a vostra disposizione, come credo sia giusto, anche perché l'esperienza passata di un grande paese come la Francia ci ha fatto capire che tutti gli atti che fa una televisione pubblica devono essere a disposizione dei commissari della vigilanza, nulla deve essere nascosto.
È interessante sottolineare che è stato nominato un vicedirettore con competenze specifiche in un settore nuovo come quello della comicità e con il compito di essere stabile a Milano. Dico questo per far comprendere che si trattava non solo di un programma ma di un progetto industriale il cui costo è di 700 milioni a puntata, ma è andato male. Credo che


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lasciando in onda un programma che va male si rischi di contaminare tutto il palinsesto, per cui è stato sospeso con la preoccupazione di rivedere tutto il materiale registrato, impaginarlo, rielaborarlo, per maggio, giugno e luglio, in modo da recuperare le spese sostenute. In quattro anni ho mandato in onda tutto quello che ho prodotto; non c'è un pezzo di fiction, di varietà, di programmi di intrattenimento che ho ordinato - c'è solo un TV movie che non ho ancora programmato - e che abbia lasciato in eredità, se non Rido. Sapete che solitamente questi prodotti si accantonano in magazzino, ma in questo caso non è così, perché è tutto a disposizione.
Sottolineo che il progetto era inserito in una strategia produttiva e in un disegno che va oltre la rete, oltre il lavoro editoriale, ma anche manageriale, tant'è vero che il prossimo anno si dovrà aumentare la produzione spostata a Milano e a Torino di un terzo. Praticamente siamo l'unica rete che fa lavorare Napoli, Milano e Torino con il teatro e con alcuni numeri zero che abbiamo approntato. Lo dico per indicare la complessità dell'operazione.

PRESIDENTE. Le puntate sospese di Rido sono state pagate?

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Non ancora. Devono essere programmate.

PRESIDENTE. Continuano ad andare in onda?

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Saranno programmate nei mesi di maggio e giugno.

PRESIDENTE. E saranno pagate.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Naturalmente. Faccio presente questo fatto per indicare come il ruolo del direttore debba essere contestualizzato nella divisione, per quello che si chiama «gioco di squadra», cioè per ottimizzare le risorse. RAIUNO ha una certa audience e RAIDUE un'altra ed ecco che nasce il problema di quella che qualcuno può chiamare «contaminazione» attraverso la pubblicità, cioè della razionalizzazione della RAI rispetto al mercato. Non mi meraviglierei se le forze del Polo avessero un brivido nel sentire la parola mercato, che però ormai è il nostro spazio-tempo kantiano, con un po' di nostalgia di tutto quello che fu.

PRESIDENTE. Mi spiace che concetti così alati e alti non trovino rispondenza all'interno della Commissione.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. La terza questione riguarda la pubblicità. La RAI rispetta assolutamente il tetto pubblicitario per un motivo molto semplice: se non lo facesse, giustamente farebbe scattare le rimostranze e le osservazioni della concorrenza che troverei motivate. Qualcosa è cambiato nei film: probabilmente lei, presidente, legge e studia troppo e frequenta poco le sale cinematografiche; se lei guardasse i film, saprebbe che la loro durata non è più di 90 minuti ma è aumentata negli ultimi vent'anni del 30 per cento. La legge stabilisce che in un film di 90 minuti vi sia un'interruzione pubblicitaria, se il film dura 110 minuti se ne possono fare due, se dura 160 minuti se ne fanno tre. Ma questo è nella legge.

PRESIDENTE. Una ogni 45 minuti.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Alcune leggi, come quella francese, presuppongono una sola interruzione anche se il film dura 4 ore. Invece noi, giustamente, abbiamo trovato un accordo con la concorrenza che interrompe i film ogni 25 minuti.
È chiaro però che oggi la RAI, proprio perché è nel mercato, utilizza tutti gli spazi pubblicitari per massimizzare gli introiti. Tra l'altro vi è un ascolto globale di quantità, ma vi è anche un ascolto pubblicitario importante. Sono tutti nuovi aspetti che sono stati somatizzati dal


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lavoro della RAI attraverso l'aggiornamento al mercato, la distruzione del ruolo del direttore di rete di una volta che ormai è più un manager che un autore. Credo, in questo senso, di essermi aggiornato a quella scuola manageriale, tant'è vero che ho perso molta della mia vis polemica e ho assunto uno sguardo maggiormente freddo e lucido sul nostro lavoro. Naturalmente poi vi è sempre un programma che accontenta il nostro narcisismo e allora ecco che in questo corpo a corpo tra realtà e immaginazione si fa un programma in cui ci si identifica e si esprime tutto ciò che si era una volta.
In questo contesto - che è una sorta di disegno a quadri - si inserisce il discorso di Santoro. Ringrazio l'onorevole Romani che ha fatto puntualizzazioni precise alle quali risponderò.
È chiaro che Santoro in un contesto come quello di RAITRE rappresentava la rete, per cui secondo me voi siete prevenuti per una proiezione che deriva da una lettura semiologica di un personaggio che non esiste più. Santoro fa un programma totalmente differente da quello che faceva su RAITRE, la cui matrice non è più il dibattito o il talk show, ma è il racconto - ecco perché vi è uno spostamento laterale rispetto al giornalismo - per immagini, sul quale si fanno reagire gli invitati, cioè i politici, ma non sempre. Nelle tre puntate trasmesse, infatti, vi è un racconto su ciò che vi è intorno alla Lega. Non potete negare che intorno alla Lega vi sono delle polemiche, come emerge dai giornali. La Lega è una cartina di tornasole e analizzare tutto ciò che vi gira intorno è molto interessante. La Lega spiega molto bene anche l'audience televisiva. Ritengo che non si possa sempre fare una televisione politicamente corretta.

PRESIDENTE. È come andare allo zoo.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Questo non l'ho detto.

PRESIDENTE. Il fatto che un movimento politico «tiri» perché non rientra nei canoni del politicamente corretto lo capisco dal punto di vista dell'impatto mediatico. Però, l'onorevole Romani ha fatto un'altra considerazione.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Vediamo le puntate trasmesse: hanno riguardato fondamentalmente non la Lega ma ciò che si agita sulle sponde della Lega. L'abusivismo edilizio, l'illegalismo di massa a Napoli; lo stesso titolo è la ricerca di un'Italia che non è quella del telegiornale ma è quella del disordine sociale che alcune volte si coagula in una forma di discorso ufficiale. Si tratta di uno sguardo laterale sull'Italia.
Ho colto due osservazioni: non abbiamo chiamato l'onorevole Maroni. Non è vero. Io stesso ho incaricato la redazione, onorevole Romani, di ricercare attraverso la batteria il numero telefonico dell'onorevole Maroni. Lo posso giurare!

PRESIDENTE. È inutile urlare. Lei è in una sede parlamentare.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Noi lo abbiamo cercato, ma l'onorevole Maroni non ha voluto partecipare. Ho le prove.

PAOLO ROMANI. Lo avete fatto prima.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. No, durante il programma.
Quanto al fatto di aver mandato in onda le telefonate...

PRESIDENTE. L'onorevole Romani diceva un'altra cosa e cioè che l'onorevole Maroni ha telefonato in trasmissione; la telefonata è stata preannunciata e poi non è stata raccolta. Il direttore non c'entra.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Mi hanno detto che l'onorevole Maroni voleva partecipare. È caduta la linea ed io, attraverso la batteria, ho ricercato il numero dell'onorevole Maroni, l'ho passato alla redazione ma egli non ha voluto partecipare. Tutto è successo durante il programma, tant'è vero che Santoro


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ha detto - e qui sono preciso - che, se voleva, l'onorevole Maroni poteva partecipare. Ho le prove: ha chiamato; la linea è caduta; ho dato l'incarico di cercarlo attraverso la batteria; è stato trovato il numero ma l'onorevole Maroni non ha voluto partecipare. Sono sicuro di questo fatto.

PAOLO ROMANI. Sarà stato informato male.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Ci sarebbe convenuto, anche a livello di struttura del programma, avere una voce polemica. In questa spiegazione sono preciso. Oltretutto sono venuto qui senza conoscere le domande, che solitamente, invece, in altri paesi devono pervenire prima.

PAOLO ROMANI. C'è il verbale della seduta precedente.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Non l'ho nemmeno letto e non mi è arrivato.

PRESIDENTE. Nel resoconto stenografico del 9 novembre scorso si legge la mia seguente dichiarazione: «Quindi, per il direttore Freccero non vi era la possibilità di conoscere l'esito dell'audizione di ieri. In ogni caso, il fatto di sospendere l'audizione per riprenderla la settimana prossima, gli consentirà di rispondere anche a questa domanda dell'onorevole Borghezio». Ovviamente il riferimento era anche a tutte le altre domande che in quella sede erano state poste.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Circa la presenza della Lega, noi abbiamo chiesto all'onorevole Bossi di partecipare, ma egli non ha accettato. In secondo luogo, credo che l'onorevole Tremonti, che era presente, abbia difeso egregiamente il Polo. In terzo luogo, la Lega era presente nei servizi. In quarto luogo, vi erano i telefoni ed il net aperti. Tuttavia, non mi sembra che il tema fosse la Lega: attenzione, vi invito a riflettere su questo aspetto, forse potrebbe essere utile vedere insieme programma, io sono pronto, «scortichiamo» il programma insieme. Lo dico con grande serietà perché credo che il pluralismo sia fondamentale proprio per essere in qualche modo autorevoli. Voi date del lavoro di Santoro una lettura quasi che fosse partigiano, ma partigiano di cosa? Partigiano di nulla, Santoro è partigiano solo del suo lavoro, della sua cifra autorale, è partigiano del fare televisione, ma assolutamente non ha idee preconcette. Quanto alla circostanza della telefonata, in effetti essa potrebbe essere criticata, ma apparteneva in qualche modo al racconto per dimostrare che noi abbiamo ricercato espressamente di chiedere l'opinione anche delle persone che in quel racconto avevano un ruolo. Occorre esaminare i servizi.
Naturalmente è chiaro che non esiste l'obiettività assoluta: come giustamente osservava Nietzsche, la prosa presuppone sempre un punto di vista ed infatti la storia si racconta in mille modi, come ha spiegato lo stesso Nietzsche in un saggio su cui si è basata tutta la storiografia moderna ed a cui ha fatto riferimento anche un autore come Michel Focault. Se leggete l'ultimo libro di Ginzburg, vi è sostenuta una tesi contraria, secondo la quale occorre attenersi ai fatti e lavorare sui documenti. Credo che il tentativo di fare un programma, nel quale chiaramente c'è ancora il retrogusto di Samarcanda, anche se il suo titolo, Il raggio verde, sta a significare la speranza, tenendo presente il passaggio attraverso Sciuscià, basato su documenti fa sì che poi il politico, il politologo, il giornalista debba reagire. Il problema che abbiamo oggi è che, di fronte ad una realtà così complessa, rischiamo di essere assaliti da profonda afasìa e di non capire più nulla. Ecco quindi l'esigenza di trovare un format differente da quello del talk show, che continua a ripetere giochi di ruoli, e che invece consenta di lavorare su un documento filmato, anche se è chiaro che un racconto potrà sempre essere letto in mille modi. Allora, a


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questo punto, cosa ci rimane? Il silenzio o solo le tribune politiche? Mi auguro che la poesia del raccontare ci sia ancora e ringrazio voi che proteggete questa possibilità. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, direttore Freccero, per il suo intervento che è stato davvero molto brillante.

GIUSEPPE CEREDA, Direttore di RAITRE. Mi pare che i miei colleghi abbiano già risposto a molte delle questioni che qui sono state poste in senso generale, oltre che a quelle che li riguardavano in particolare.
Di RAITRE negli interventi che si sono succeduti si è parlato poco, spero non perché essa venga considerata la Cenerentola del sistema RAI, ma proprio per la diversità e l'anomalia che da sempre ne costituiscono i caratteri specifici. Sul tema del pluralismo non ho molto da aggiungere, se non rivendicare da parte della rete da qualche anno e ancor più oggi un'attenzione problematica critica nei confronti della realtà, ovviamente nel rispetto dell'autonomia dell'informazione, peraltro più attenta alla storia ed alla cronaca socio-culturale che alla cronaca politica, almeno da parte della rete come tale e dei giornalisti della rete, da Cabanelli a Deaglio a Montanaro a Paolo Mieli a Marrazzo ad Anna La Rosa. In questi ultimi tempi non ci sono state polemiche, mi auguro che non ve ne siano neppure in futuro, anche se qualche volta il fatto che la Commissione parlamentare si occupi di qualcosa che riguarda l'azienda RAI è segno di vitalità e quindi, come uomo RAI e come dirigente di questa azienda, non mi disturba affatto.
Per quanto riguarda la pubblicità, non mi pare siano cambiate le regole all'interno dell'azienda, tanto meno all'interno della rete tre, quella destinata a diventare, se mai lo diventerà, una rete senza pubblicità. Sicuramente non è cambiato nulla in quantità, è cambiato qualcosa in qualità e probabilmente in reddito da parte della pubblicità, ma questo dipende dai buoni ascolti che vi sono stati negli ultimi tempi e dalla crescita di immagine di RAITRE, com'è testimoniato da ciò che leggiamo sulla stampa quotidiana e periodica.
Quanto alla qualità della programmazione, altro tema posto dal presidente, certamente è da mettere in conto qualche caduta di gusto sempre e ovunque quando si trasmette 24 ore su 24, però mi pare che il livello almeno di RAITRE sia relativamente alto, soprattutto nelle prime serate con i programmi di servizio. RAITRE è una rete che fa cinque serate su sette di produzione interna con programmi di grande nobiltà e dignità come Elisir, Mi manda RAITRE, produzione seriale fatta interamente al centro di produzione di Napoli, con l'indotto che si è creato in una città come Napoli che ha i problemi che conosciamo. Mi riferisco anche ad operazioni delle quali siamo tutti fieri, come il numero speciale di Ulisse dedicato agli etruschi, che, mandato in onda un sabato sera, ha ottenuto un risultato sorprendente, tenuto conto della concorrenza delle altre reti. Sono operazioni che vanno fatte con attenzione nel momento in cui ci sono degli eventi che possono far sì che il programma sia visto; non si può certo pensare ad una normale programmazione di questo genere perché si risolverebbe in una catastrofe.
Le seconde serate di RAITRE hanno un livello molto elevato, da Report la domenica sera al magazine di storia il giovedì, per passare attraverso programmi come C'era una volta e altri, sempre in seconda serata. La maggiore coerenza nella programmazione di rete ha prodotto come risultato che l'ascolto è aumentato, così come d'altronde - ed è paradossale per le polemiche che investono la RAI anche da questo punto di vista - è cresciuto l'ascolto di tutta l'azienda rispetto all'anno scorso. Quindi, qualche défaillance degli ultimi tempi va tenuta nel conto di stagioni che cambiano e che non sempre sono fortunatissime. Però, se si fa un conto generale di rete per quanto riguarda l'azienda, si deve ricordare, per l'appunto, che l'ascolto è cresciuto.


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L'ultimo problema posto dal presidente riguarda la divisionalizzazione. Per quanto riguarda la divisione 2, della quale faccio parte...

PRESIDENTE. In questo caso la divisione coincide con la rete?

GIUSEPPE CEREDA, Direttore di RAITRE. Assolutamente no, anzi, è la divisione più ricca di editori. Della divisione 2 fanno parte la terza rete, RAI news 24, RAI educational, RAI international. Sul canale 3, ad esempio, insistono quattro editori diversi. La nostra giornata televisiva comincia al mattino con Rai news 24, seguono RAI educational, la rete, il TG3, nuovamente la rete ed il TG3 per finire con RAI educational; vi è quindi il concorso di differenti editori al formarsi della proposta di canale, il che crea qualche problema di coerenza di programmazione. Stiamo affrontando tale problema e lo stiamo risolvendo con una certa brillantezza, anche se sarà faticoso il passaggio da RAITRE al TG3 nella tarda mattinata; lo stiamo affrontando con RAI educational per ciò che concerne il mattino. Però direi che il consuntivo dell'esperienza di divisionalizzazione per la divisione 2 è francamente positivo.

PRESIDENTE. Vista la peculiarità della divisione 2 e quindi della proposta di canale, mi interessa sapere se questo primo approssimativo bilancio della divisionalizzazione si traduca, per quello che riguarda la sua esperienza, anche in una ottimizzazione delle risorse ed in un risparmio. I direttori che l'hanno preceduta hanno fatto riferimento ad una dinamica dei costi di produzione tendenzialmente in aumento: vorrei sapere se lo stesso valga per la sua rete.

GIUSEPPE CEREDA, Direttore di RAITRE. Il fatto che esista un unico centro di gestione budgettaria dovrebbe favorire - come mi pare stia facendo...

PRESIDENTE. Quindi lei riscontra un risparmio?

GIUSEPPE CEREDA, Direttore di RAITRE. Credo di sì, nel senso che non ho il controllo del budget della divisione. So che devo rispettare rigorosamente il budget che la divisione assegna a RAITRE.

PRESIDENTE. Pongo queste domande per capire come il processo di divisionalizzazione impatti concretamente sulle reti. Quindi, su RAIUNO e RAIDUE, almeno fino a questo momento (parliamo sempre di un bilancio parziale, visto che deve dispiegarsi entro un triennio), esso non ha prodotto un risparmio.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Personalmente non posso rispondere a questa domanda poiché dovrebbe farlo il capo divisione, anzi il direttore generale. So che in questa distribuzione delle risorse ogni rete ha un compito ben preciso e che non si possono soddisfare tutti i progetti perché la progettualità è superiore alle reti. Anzi, il progetto industriale determina la messa a punto di ogni progetto editoriale evitando ogni spreco. Una volta, ad esempio, la prima e la seconda rete avevano la stessa missione e poteva accadere che vi fossero sovrapposizioni, nel senso che progetti analoghi potevano viaggiare sulle due reti. Adesso questo non succede più, in quanto la limitazione ha proprio il fine di evitare sovrapposizioni e di creare l'armonizzazione delle reti, scongiurando così uno spreco di risorse.

MAURIZIO BERETTA, Direttore di RAIUNO. Mi corre l'obbligo di intervenire su questo punto sul quale vorrei che non ci fossero equivoci. Registro certamente una dinamica sensibilmente crescente dei costi, che però non è collegata alla divisionalizzazione, ma dipende dal fatto che le nostre materie prime sul mercato hanno dinamiche molto sensibili e si stanno in parte rarefacendo. È chiaro che dovremmo ipotizzare il riflesso della dinamica della crescita dei costi senza la divisionalizzazione ed io ritengo che gli effetti sarebbero ancora più significativi. In questo concordo pienamente con


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quanto sottolineava Freccero, e cioè che il tentativo della divisionalizzazione è quello di razionalizzare all'origine gli investimenti e quindi lì si realizza un risparmio a monte, nel senso che si evitano duplicazioni, concorrenze interne, eccetera. Però, contestualmente, la situazione del mercato di questi anni porta ad una forte dinamica dei costi. Allora possiamo dire che abbiamo certamente un aumento dei costi, che possiamo quantificare in n, e che probabilmente l'effetto della divisionalizzazione è uguale a n-x, essendo la n assolutamente indipendente dalla divisionalizzazione e da qualsiasi altra forma organizzativa.

PRESIDENTE. Può fornirci i dati relativi alle presenze nei programmi di approfondimento?

MAURIZIO BERETTA, Direttore di RAIUNO. Nel complesso delle trasmissioni di RAIUNO, nel periodo 1o settembre-26 novembre, la presenza della lista Bonino è oggettivamente un poco sottostimata. Va però segnalato il fatto che negli ultimi giorni, che non sono inseriti nel conteggio, i rappresentanti di questa formazione hanno registrato più presenze. È difficile in questo momento fornire un dato preciso.

PRESIDENTE. Ritengo opportuno sollecitare di nuovo l'Osservatorio di Pavia a mandarci i dati su scala trimestrale, come faceva una volta, e non più settimanalmente perché il tempo non è congruo per definire il rispetto o meno delle indicazioni.

MAURIZIO BERETTA, Direttore di RAIUNO. Ritengo di essere in grado il 2 o 3 di dicembre di fornire il consuntivo del trimestre 1o settembre-30 novembre.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Per me è molto semplice perché ho solo il programma di Santoro.

PAOLO ROMANI. Ritengo che la prossima settimana i direttori saranno investiti di un problema e poiché penso che non si possa sentire la loro opinione nel momento in cui il fatto accadrà, se mi è consentito vorrei chiederla adesso. Mi riferisco allo spot del Governo. In proposito siamo tutti in attesa della sentenza dell'Autorità, che conosceremo la settimana prossima. L'Autorità ha di fronte diversi scenari: potrebbe sottrarsi alla richiesta dicendo di non essere competente al riguardo (la legge n. 150 sembra non darle questo tipo di competenza); oppure potrebbe dire che si tratta di uno spot - come noi sosteniamo - e che quindi contraddice la par conditio; oppure inventerà qualcos'altro. Al di là di qualsiasi cosa possa dire l'Autorità, la RAI ha un problema perché la legge n. 150 le attribuisce la facoltà di trasmettere o meno quello che il Governo legittimamente può chiedere di trasmettere come comunicazione di utilità sociale.
Poiché voi avete questa facoltà e poiché immagino che la decisione - che sarà complicata dal punto di vista politico - sarà oggetto di una riunione, di un board of directors, la domanda è la seguente: ritenete che lo spot (ve lo chiedo in qualità di esperti di comunicazione televisiva)...

PRESIDENTE. Penso che in questa veste lo possa chiedere.

PAOLO ROMANI. È una curiosità intellettuale, visto che Freccero ha avuto oggi un'occasione per manifestare se stesso (mi pare che abbia imparato un'altra cosa in RAI e cioè a non rispondere alle domande, nel senso che non sono e non mi dichiaro soddisfatto delle risposte che ha dato, ma anche questo fa parte delle regole del gioco).
Su questo punto però vorrei conoscere il vostro parere. Immagino che abbiate visto lo spot e vi siate posti il problema del quale comunque sarete investiti, visto che è una vostra facoltà trasmetterlo o non trasmetterlo.
La domanda è semplice: ritenete che questo sia uno spot che si allontana dai canoni della tradizionale comunicazione


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istituzionale di stretta utilità sociale e che le perplessità da noi sollevate siano sostanzialmente condivisibili perché trattasi di cosa diversa rispetto ai canoni della tradizionale comunicazione istituzionale? Se vi sentite di dare questa risposta, ma non sono sicuro che vi sentiate di darla, comunque come pensate di affrontare il problema della facoltà che vi è concessa, un problema che vi costringerà ad entrare nel merito, perché non vedo su cosa essa possa esercitarsi essendo una facoltà di decidere rispetto all'opportunità di trasmissione? Allora, per decidere se sia opportuno o meno trasmettere lo spot immagino che sia necessario entrare nel merito dello stesso e quindi un'analisi di questo comunicato dovrà essere fatta.
Se vogliamo lavorare con un minimo di trasparenza, che spesso è stata evocata dal direttore Freccero, penso che questa sia una buona occasione. Apriamo un confronto serio: io ho sostenuto, il presidente ha sostenuto, mentre altre parti politiche hanno sostenuto il contrario, che sia competenza anche di questa Commissione valutare se su questi aspetti che la legge lascia in un limbo, in un'area grigia, nell'ambiguità, sia opportuno dare delle indicazioni, anche se sicuramente, non avendo fino ad oggi dato indicazioni, nel caso di specie sarà solo un problema della RAI. Allora, prima che la politica in quanto tale si scateni sui pro e i contro, forse una valutazione oggettiva, serena da parte vostra sul problema che andrete ad affrontare la prossima settimana, dopo la decisione dell'Autorità, può risultare utile.

PRESIDENTE. Onorevole Romani, accolgo la sua domanda e, nel contempo, la invito a tener presenti un paio di circostanze. I direttori di rete posso esprimere un parere come esperti di comunicazione; trattandosi di materia, come lei giustamente ricordava, che è sub iudice, è normale che non possano dare una risposta entrando nel merito. Non so se la decisione in proposito dovrà essere assunta dei direttori di rete o se sarà determinata da loro insieme con altri soggetti che oggi non sono presenti all'audizione. Vedo che il direttore Malesani chiede di intervenire e gli do senz'altro la parola.

PIERLUIGI MALESANI, Direttore delle relazioni istituzionali della RAI. Secondo la prassi questa è una decisione che viene assunta non dai direttori di rete, ma dal direttore generale, tenuto anche conto che vi è una direzione che si occupa di palinsesto. Da quanto mi risulta, lo spot è arrivato soltanto nella giornata di oggi ed è una valutazione che le direzioni competenti stanno esercitando. In casi del genere per prassi le reti hanno soltanto un obbligo di esecuzione all'interno della programmazione.

CARLO FRECCERO, Direttore di RAIDUE. Sono molto dispiaciuto del fatto che l'onorevole Romani si sia dichiarato insoddisfatto delle mie risposte, non solo, ma che abbia detto anche che non ho risposto; lo dico perché oggi avrei potuto esibire un certificato medico: sono ammalato, ho la febbre a 38,5 per cui davvero questa cosa mi ha ferito profondamente. Lo dico francamente perché è vero: avrei potuto non venire presentando un certificato medico, mentre invece ho voluto partecipare ad ogni costo ed anche per questo sono rimasto veramente ferito da quelle affermazioni.
Per dimostrare quante cose ho detto, belle cose che forse voi ultimamente non avete ascoltato, vi dico una cosa molto importante: ormai la promozione delle reti spetta al marketing divisionale per cui personalmente, come direttore, non decido più la collocazione degli spot oltre che dei promo naturalmente, perché questa spetta al marketing divisionale.
Se poi vogliamo dirla tutta, personalmente ritengo che la scelta di Banfi per interpretare questo spot ponga un problema mediologico molto importante; voglio dire che è vero che attualmente Banfi non è in onda in RAI, ma è anche vero che egli è stato protagonista di una serie molto importante, Un medico in famiglia, il che mi sembra una forma di vampirismo mediologico che chiaramente crea


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qualche problema. È giusto che un personaggio che è nella memoria collettiva per una serie importante come Un medico in famiglia diventi in qualche modo testimonial di una comunicazione politica? Questa è una discussione molto forte ed importante che anticiperà alcuni temi di carattere mediologico che saranno presenti in entrambi gli schieramenti nel corso della prossima campagna elettorale. Quindi, l'osservazione svolta dall'onorevole Romani è a mio avviso molto importante, perché la televisione ha sempre dei riverberi e quindi la cosa è davvero difficilissima. Io non ho visto lo spot; comunque, se attualmente Banfi andasse in onda, utilizzarlo in questo spot sarebbe stata, a mio avviso, una scorrettezza incredibile e personalmente avrei detto di non essere d'accordo. Egli non è presente in questo momento nella programmazione della RAI e quindi l'unica domanda che ci si può rivolgere è se la memoria del personaggio sia così importante da giustificare uno spot con Banfi come testimonial.

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per chiedere se, alla luce della normativa vigente, cioè la legge n. 150, la RAI farà anche questo tipo di valutazione, quindi se valuterà l'autopromozione del Governo anche alla luce delle questioni, a mio avviso molto giuste, testè sollevate dal direttore Freccero e se vi sarà anche una discussione di merito sull'impatto mediologico dello spot oppure se la questione verrà trattata in modo burocratico.
Anche se chiaramente ragioniamo sempre in maniera molto informale, vorrei sapere se questo tipo di valutazioni sarà fatto anche da chi materialmente dovrà decidere.

PIERLUIGI MALESANI, Direttore delle relazioni istituzionali della RAI. A questa sua domanda non posso rispondere, presidente, so soltanto che di questo spot ci sono state due edizioni, la prima nella giornata di ieri e la seconda in quella odierna con una piccolissima modifica. Comunque, come ho detto, lo spot è arrivato oggi e la questione è oggetto di valutazione.

PRESIDENTE. Ringrazio i direttori per il contributo che hanno dato e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.20.

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