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Seduta del 28/9/2000


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Audizione del direttore generale della RAI e dei direttori del TG1 e del TG3.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale della RAI e dei direttori del TG1 e del TG3. Siamo tutti a conoscenza delle ragioni che hanno richiesto tale convocazione che non figurava nel calendario dei nostri lavori. Ho ricevuto in proposito sollecitazioni dai vari gruppi e mi è sembrato opportuno e doveroso, nel decidere di convocare oggi la Commissione, avvalermi delle prerogative che il regolamento interno attribuisce al presidente per i casi di straordinaria necessità ed urgenza. Mi è parso un adempimento di doverosa tutela non solo delle ragioni dei colleghi che hanno richiesto la convocazione - ragioni che sul piano personale condivido pienamente - ma anche e soprattutto del ruolo istituzionale che riveste questa Commissione parlamentare.
Do immediatamente la parola al direttore generale, dottor Celli, e successivamente al direttore del TG1, dottor Lerner, e al direttore del TG3, dottor Rizzo Nervo, seguiranno poi le domande dei commissari.

PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Ringrazio il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza per darmi l'occasione di intervenire rapidamente sulla questione che si è aperta; preferisco dire poche cose in apertura, poi naturalmente resto a disposizione insieme, ai direttori dei telegiornali di RAIUNO e di RAITRE, per rispondere a tutte le domande.
Ieri sera si è verificato un fatto che considero molto grave, poiché sono stati trasmessi sia su RAITRE sia su RAIUNO dei servizi con immagini che non sono degne di una televisione e di un servizio pubblico in particolare. Dalla ricostruzione che ne faranno i direttori conoscerete le modalità esatte dell'accaduto; è comunque in corso in questo momento un'indagine dell'audit interno, che sarà conclusa entro questa sera, per ricostruire l'esatta cronologia dei fatti e le modalità con cui si sono svolti, partendo dall'inchiesta svolta in Campania su materiali che i giornalisti della RAI hanno avuto evidentemente da chi stava lavorando a questa indagine che poi sono stati montati in servizio e trasmessi prima su RAITRE e poi su RAIUNO.
Questa mattina alle nove ho avuto un incontro con i direttori di tutti i telegiornali, ai quali ho comunicato la decisione di avviare un'indagine sulla dinamica dei fatti per poter procedere all'individuazione dei diversi livelli di responsabilità e avviare le procedure previste per i necessari procedimenti disciplinari. I direttori hanno riconosciuto il loro errore, che è un errore sul piano del controllo; hanno messo a disposizione del vertice aziendale il loro mandato, hanno illustrato i primi interventi adottati per evitare il ripetersi


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di episodi come questo ed hanno informato il direttore generale delle dimissioni presentate dai responsabili delle redazioni cronaca dei due telegiornali. Faccio presente che le persone che si sono occupate di queste indagini sono giornalisti di esperienza e di caratura morale assolutamente riconosciuta dall'azienda, e questo rende ancora più difficile capire come si possano essere svolti i fatti. Piero Damosso che era vice caporedattore della cronaca del TG1 e Sergio Criscuolo caporedattore del TG3, che erano di turno ieri sera, hanno dato le dimissioni riconoscendo l'errore e lo stesso ha fatto Davide Sassoli, conduttore dell'edizione delle 20 e autore del servizio.
Dopo l'incontro ho inviato ai direttori la comunicazione del provvedimento disciplinare emesso dall'azienda nei loro confronti e ho chiesto la convocazione urgente del consiglio di amministrazione per sottoporgli la questione. Così si sono svolti i fatti.
Resta il dolore per quello che è avvenuto, un fatto che non può essere giustificato in alcun modo e che obbliga la RAI a rivedere ampiamente i suoi impegni di servizio pubblico e la qualità delle cose che fa. Ci tengo peraltro a precisare che si tratta di un episodio singolo, che non può essere generalizzato: un errore o una scivolata possono capitare: di solito è più controvertibile che capiti nei settori della politica o dell'economia, invece in questo caso è capitato nel settore della cronaca, toccando così nervi più scoperti nella percezione e nella sensibilità degli spettatori. Credo che su questo vada fatta una riflessione seria, che abbiamo già avviato e rispetto alla quale pensiamo di fornire tutte le indicazioni anche in ordine ai correttivi che dovremo mettere in atto.

GAD LERNER, Direttore del TG1. Naturalmente io non posso nascondervi un sentimento di umiliazione come giornalista e, se permettete, anche come padre, per le immagini che il mio telegiornale ha trasmesso ieri sera dopo un'intera giornata di attenzione interna per seguire la notizia scabrosa e impressionante dell'inchiesta sui pedofili in termini accettabili per le famiglie dei nostri utenti; un'attenzione pubblicamente rinnovata nel corso delle nostre attività che, come è evidente, non ha dato l'esito desiderato ma, paradossalmente, ha dato l'esito opposto. Nell'assumermi pienamente, come direttore della redazione del TG1, la responsabilità dell'accaduto, una responsabilità che si può tecnicamente definire di omesso controllo, ci tengo a sottolineare che si è trattato di un episodio che nulla ha a che fare con la storia professionale e con il patrimonio d'identità del telegiornale che dirigo. Quei due servizi erano corpi estranei rispetto alla tradizione del TG1, all'interno del quale - lo posso garantire per il periodo breve della mia direzione ma anche per quelli precedenti - l'attenzione alla tutela dei soggetti deboli e il rispetto dell'identità e della dignità della persona sono indicazioni professionali, deontologiche e culturali ribadite e sottolineate, tanto che non credo si possano riconoscere altri servizi rispetto ai quali quelli di cui stiamo parlando oggi possano definirsi in continuità.
Si è trattato di un grave incidente che contraddice profondamente la storia e l'identità del TG1 e - se me lo consentite - anche quella mia personale e professionale. Voglio precisare che non c'è alcuna indicazione alla redazione del TG1 di inseguire la cronaca scabrosa per fare audience, semmai c'è stata l'indicazione contraria, quindi quello che è accaduto contraddice profondamente la nostra linea. Me ne assumo in pieno la responsabilità nella consapevolezza di avere a che fare con una redazione e con un telegiornale che possono e debbono svolgere ancora una funzione di informazione importante ed equilibrata anche nella tutela dei soggetti deboli e nell'esercizio del diritto di cronaca.
Ieri sera (come già sapete, perché la cosa è stata ben visibile), non appena mi sono reso conto che un incredibile concatenazione di mancati controlli ha mandato in onda proprio le immagini che non dovevano andare in onda - come era stato ulteriormente precisato dopo che


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purtroppo le avevamo viste, messe per sbaglio, nel telegiornale delle 19 - mi sono precipitato personalmente in studio (chi di voi conosce Saxa Rubra sa che la stanza del direttore è assai distante dallo studio); mi sono prima fermato a dettare un comunicato di scuse da far leggere al conduttore di turno, ma poi mi sono reso conto che sarebbe stato troppo debole ed insufficiente e ho pensato che dovevo metterci la mia faccia e garantire ai telespettatori che avremmo preso provvedimenti affinché episodi del genere non si verifichino mai più.
Subito dopo il telegiornale e questa pubblica richiesta di scuse in diretta, ho avuto i colloqui con il direttore generale e con il presidente, ai quali ho immediatamente dichiarato la mia intenzione di mettere a loro disposizione il mio mandato perché, al di là delle responsabilità interne che naturalmente abbiamo individuato ed alle quali intendiamo porre rimedio con la formulazione di più efficaci modalità di controllo sui pezzi che vanno in onda, ritenevo ieri sera e continuo a ritenere oggi che sono responsabile di questo TG1, di tutto quello che va in onda, compresi i gravi errori quando si mandano in onda gravi errori. Però, se permettete, pur nell'umiliazione umana e professionale di quanto è accaduto ieri, resto orgoglioso di questo TG1, del suo patrimonio, della sua tradizione ed anche del suo futuro che credo non vada in alcun modo dilapidato.

GIUSEPPE RIZZO NERVO, Direttore del TG3. Credo che a questo punto ci sia poco da aggiungere a quanto detto dal collega Lerner e credo che in occasioni come questa nemmeno espressioni come «indignazione» e «umiliazione» riescano a descrivere lo stato d'animo di un direttore di giornale. Io non chiedo giustificazioni, credo che vi sia un livello di responsabilità oggettiva da parte dei direttori di testata che sono responsabili di tutto quello che va in onda, indipendentemente dal fatto che quel giorno abbiano avuto o meno la possibilità di controllarlo. Questo è quanto ho detto sin da ieri sera al direttore generale, dando la mia disponibilità, prima verbale e poi scritta, alla rimessione del mandato, che è una piccola cosa rispetto alla gravità di ciò che è successo.
L'incomprensibilità di quanto è successo deriva dal fatto che è stata una cosa non voluta. Non basta dirlo, però va chiarito: non è stata una scelta editoriale della testata mandare in onda quelle immagini. Ancora oggi non riesco a comprendere come colleghi stimati professionalmente e moralmente siano potuti incorrere, secondo me in modo colposo, in un errore di questo genere, perché sono state violate norme elementari da tutti conosciute. Non vi è stata dunque nella trasmissione di quelle immagini alcuna intenzione di suscitare clamore, alcuna intenzione di guardare l'audience mentre si trattano argomenti di questa delicatezza e di questa scabrosità; è stato un errore di cui anch'io, per quella responsabilità oggettiva di cui parlavo all'inizio, mi ritengo responsabile.
Francamente trovo poco rilevante anche quello che si è subito messo in moto (quello che ho detto io stesso nell'edizione successiva delle 22,45, l'iniziativa dei procedimenti disciplinari), perché non riesce a sanare l'errore del servizio pubblico. Quando dico che non è stata una scelta editoriale della testata voglio dire che questa testata non avrebbe potuto compiere quella scelta perché non è nel suo cuore e nel suo animo. Anch'io, come il collega Lerner, sono direttore del TG3 da pochi mesi ma in questo momento sto guardando ad un episodio che non può ferire fortemente la storia professionale e individuale, un episodio che ancora non riesco a capire come possa essere successo ma che è totalmente estraneo non solo alla mia storia professionale ma alla storia professionale del TG3 di questi anni.
Quello che oggi mi interessa, per questo considero irrilevanti le dimissioni da me presentate al consiglio di amministrazione, è che un episodio pur grave, intollerabile, che ci umilia, possa azzerare anni di impegno dell'informazione nel servizio


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pubblico dei colleghi della testata che io oggi dirigo. Da parte mia mi assumo le mie responsabilità, quelle tecnicamente definite come omesso controllo; è inutile dirvi che il primo balzo sulla sedia è stato il mio quando, nel corso di una riunione, ho visto scorrere quelle immagini. Ripeto che non vi è stata intenzionalità, del resto non vi era la possibilità di prevedere che quelle immagini sarebbero state poi montate; tutti, compreso il TG1, ci eravamo occupati di quell'inchiesta sin dai giornali del mattino (noi nei telegiornali delle 12 e delle 14) ed i servizi erano ineccepibili rispetto a quanto il servizio pubblico deve trasmettere.
Non vorrei però che questo episodio - di cui mi assumo la responsabilità - possa essere preso a pretesto per buttare al macero la profonda convinzione di operare nel servizio pubblico radiotelevisivo da parte di tutti noi del TG3.

PRESIDENTE. Diversamente da come facciamo normalmente, in questa occasione sarei dell'avviso di non procedere a blocchi di tre domande, ma di ascoltare tutti i commissari e poi dare la parola ai direttori.

GIANCARLO LOMBARDI. Innanzitutto dichiaro che credo senza alcuna fatica alle testimonianze portate dal direttore generale e dai due direttori di rete per tante ragioni; un po' perché li conosco ma soprattutto perché li ritengo tre persone intelligenti e credo sarebbe stato un gesto troppo stupido perché potessero commetterlo, anche se lo avessero fatto per motivo ai miei occhi deteriori quali quello di inseguire l'audience. Mi sembra importante la coscienza chiarissima della gravità di quanto è accaduto, perché non è un episodio che può essere minimizzato come un inconveniente che può capitare: questo non doveva capitare e in ciò sta la gravità. Credo anche al direttore generale quando afferma che la RAI è oggi obbligata a rivedere alcuni aspetti, questo è ciò che mi interessa per quel che riguarda il futuro.
Non ho capito invece - non me ne vogliano Rizzo Nervo e Lerner - che cosa sia accaduto. Abbiamo un meraviglioso TG1 formato da gente sensibilissima sul piano morale e bravissima sul piano tecnico, il cui DNA è assolutamente estraneo a cose del genere; abbiamo un eccellente TG3 formato da gente bravissima, assolutamente estranea per cultura, formazione, scelte ideali a fatti come questi; per tutta una giornata ci si è lavorato sopra, non si tratta quindi di un filmato trasmesso per sbaglio all'ultimo momento, eppure è stato trasmesso. Allora o c'è un sabotatore, cioè un mascalzone che si è intrufolato in modo surrettizio ed ha determinato questo incidente (e questo assolve completamente i direttori e pone un problema di vigilanza per capire come questa persona sia potuta entrare a Saxa Rubra, ma non mi sembra che questo sia stato denunciato) oppure non si capisce come possa essere accaduto.
I direttori ci hanno pensato, hanno pienamente compreso la delicatezza della materia in discussione, hanno detto che non si doveva fare, poi è stato fatto. È successo in una rete, è intervenuto il direttore generale che ha invitato a raddoppiare l'attenzione, e un'ora dopo è accaduto di nuovo. Si tratta di un giallo interessante e ribadisco che non ho capito cosa è accaduto.
Credo che le dimissioni dei redattori siano prima di ogni altra cosa una questione di stile, perché quando accade un fatto del genere i responsabili ne devono assumere dichiaratamente la responsabilità, ma questo pone un grosso problema al direttore generale. Quello che è accaduto è grave e determina un danno. Io non mi associo alla possibile strumentalizzazione dell'episodio che già è stata fatta e ancor più sarà fatta (in politica è legittimo), mi associo invece integralmente alla richiesta di capire cosa sia accaduto. Ho infatti un dubbio: ancorché sia certo che questa scelta non è stata fatta volutamente per inseguire l'audience o altro, temo che anche nel servizio pubblico si diffonda una mentalità di abbassamento della sensibilità per il discorso qualitativo in relazione a quanto avviene nella società.


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Questa è la risposta che mi potrebbe essere data: la televisione rispecchia la società, dove si registra un declassamento qualitativo molto forte morale e dei costumi. Ma questa non mi sembra che sia una strada accettata e da questo punto di vista vi è il lavoro della Commissione di vigilanza che ha dato delle indicazioni. In questa stessa stanza con il presidente e il direttore generale qualche volta abbiamo richiamato l'attenzione sul problema della formazione delle persone. Ritengo che esistano delle responsabilità politiche e che l'eccesso di interferenza politica nei confronti delle persone sia un fatto negativo. Non penso che ciò riguardi i direttori qui presenti e cioè che essi si facciano condizionare da questo fatto, però non v'è dubbio che nell'insieme del sistema radiotelevisivo nazionale esso esista.
Se non vogliamo che oggi si svolga una grande discussione e poi l'episodio sia chiuso, nel senso che escono due direttori e se ne fanno altri due, ciò che sarebbe molto mortificante per loro, per noi e per tutti, dobbiamo capire che il vero problema sta nelle conseguenze che avranno le parole che ha detto il direttore generale e cioè che la RAI ha capito che occorre rivedere la situazione.

LUIGI PERUZZOTTI. Avrei voluto vedere in questa sede oltre al dottor Celli, al dottor Lerner e al dottor Rizzo Nervo, anche il dottor Clemente Mimun, direttore del TG2, perché qualcuno ci deve spiegare come mai il TG2 quel servizio non l'ha mandato in onda. Ed entro nel merito, dottor Celli.
Lei sa che in episodi come questo le voci si accavallano, si susseguono ed alcune di queste dicono che qualcuno, e nella fattispecie lei - le chiedo di smentire o di confermare - alle 19,15 di ieri, dopo che il fattaccio era avvenuto sul TG3, ha avuto una riunione con i direttori del TG1 e del TG2, il quale ultimo le ha detto che non ne voleva sapere, mentre poi è successo quello che è successo. Le chiedo di smentire subito, così sgombriamo il campo da ogni dubbio.

PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Smentisco. Il direttore del TG2 era a letto malato.

LUIGI PERUZZOTTI. Ci sono anche queste voci ed è bene appurarle.
A questo punto bisogna capire una cosa, dottor Celli. Quello che è successo è estremamente grave; i due direttori hanno rassegnato le dimissioni che mi è parso di capire da qualche scampolo di discorso che ho sentito - poi interverranno gli altri colleghi - si farà di tutto per respingere, dimissioni che non ho inteso come irrevocabili, perché ho sentito che sono state rassegnate nelle mani del presidente o del direttore generale ma non si è parlato di dimissioni irrevocabili, per cui potrebbero rientrare.
La stima per i due direttori è immensa, però ritengo opportuno che essi diano la garanzia dell'irrevocabilità delle proprie dimissioni.
A questo punto chiedo l'intervento del presidente perché qui facciamo un bel dibattito, sono entrati i giornalisti e le televisioni, per due o tre giorni si parlerà della vicenda sui giornali e poi tutto finirà nel dimenticatoio. Ma i bambini, anche in tenera età hanno visto quelle immagini, perché la trasmissione è avvenuta in un'ora in cui le famiglie italiane, padane, del centro, del sud e delle isole stanno a tavola. Allora è opportuno che la Commissione di vigilanza, dopo il bel dibattito e la passerella, predisponga un documento, rediga almeno un ordine del giorno e soprattutto che si vada a fondo nella ricerca delle responsabilità. Come diceva l'onorevole Lombardi, non penso che a Saxa Rubra vi siano extraterrestri che possono fare manipolazioni o inserire filmati, per cui le responsabilità, oltre che nelle persone dei due direttori, sono da individuare anche, dottor Celli, nei vertici della RAI.
Chiedo quindi a lei e a tutti i colleghi di appoggiare la richiesta di dimissioni del presidente e del vertice del consiglio di amministrazione della RAI perché sono responsabili di uno stato di cose che ha gettato discredito a livello non soltanto


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nazionale ma anche mondiale. All'estero si ride di noi - e lei lo sa, dottor Celli - quando succedono queste cose, che magari avvengono anche in altri paesi. Comunque quando si tratta di denigrare l'Italia e soprattutto la televisione di Stato si trova sempre qualche alleato in più.
Ci si deve spiegare il perché e si devono chiarire le responsabilità.
Accomuniamo alle dimissioni dei due direttori quelle del vertice della RAI e per concludere sottolineiamo che gli stessi filmati erano a disposizione di Mediaset e il dottor Mentana ancora una volta ha dato una lezione di stile a qualcuno che magari pensa di saperne una più del diavolo.

PRESIDENTE. Prego i colleghi di contenere gli interventi entro un limite massimo di cinque minuti, anche se ciò non è previsto dal nostro regolamento.

GIOVANNA BIANCHI CLERICI. I direttori del TG1 e del TG3 ci hanno detto pochi istanti fa che l'episodio avvenuto ieri sera è stato causato da un'incredibile concatenazione di eventi non controllabili e hanno escluso assolutamente che si sia trattato di una scelta editoriale precisa. Sono abbastanza convinta che le cose siano andate in questo modo, perché riterrei fuori da ogni immaginazione pensare che due canali così importanti, che oltretutto hanno compiti di servizio pubblico, scelgano il sensazionalismo su un argomento così delicato e coinvolgente come quello della tutela fisica e psichica dei bambini. Ciò non toglie che responsabilità grosse vi siano state, perché sembra un po' troppo che fior di professionisti con anni di esperienza alle spalle incappino in questa sequela di errori senza che nessuno sia in grado di mettervi freno. Forse però possiamo ricordare - non come scusante -, perché è stato reso pubblico dal TG1 di mezzanotte che ho avuto l'occasione di vedere, che ieri per il TG3 è stata una giornata di presentazione alla stampa dei nuovi programmi, gli stessi cui ha accennato ieri il dottor Celli in questa Commissione. Immagino quindi che l'attenzione fosse focalizzata più sull'autopropaganda che non su quello che poi è andato in onda al TG. Ciò non toglie che la cosa sia assolutamente grave.
Il senatore Peruzzotti l'ha detto poco fa e noi abbiamo chiesto durante il dibattito in aula questa mattina le dimissioni di tutti i vertici della RAI, stante la gravità dell'episodio.
Ciò posto, dottor Celli, vorrei tornare su un fatto che - guarda caso - ho accennato proprio ieri durante l'audizione: nei pochi mesi dai quali faccio parte della Commissione ho avuto l'impressione che la RAI stia scadendo in una logica di competizione, di asservimento al mercato, nella rincorsa a Mediaset che è pericolosissima non solo perché la RAI è un servizio pubblico, non solo perché vive anche dei proventi del canone, ma soprattutto perché c'è un Parlamento che in questi anni, bene o male, ha cercato di produrre una serie di atti a tutela della qualità. La Commissione infanzia ha lavorato su questi aspetti e ha prodotto un documento sul rapporto minori-televisione; le Commissioni cultura di Camera e Senato hanno spesso agito nello stesso senso.

PRESIDENTE. C'è anche il codice penale.

GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Ovviamente. Però quando abbiamo proposto emendamenti al contratto di servizio che avevano il senso di dire: «Pazienza, sarete meno competitivi di Mediaset, perché compito della RAI è anche quello di tenere alta la soglia finché siano gli altri a rincorrerla sulla qualità e non viceversa»...
Dottor Celli, non è solo il caso del TG di ieri, perché sono mesi, anni che la RAI trasmette a tutte le ore e in tutti i programmi film, fiction e documentari violenti e che danno immagini sessuali molto esplicite. Non si tratta di essere bacchettoni, però molti di noi che hanno figli piccoli si sono sentiti in imbarazzo. Stiamo crescendo una generazione che non ha più neppure bisogno di essere


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istruita, perché vede tutto esplicitamente in televisione ad ogni ora del giorno. Del famoso dibattito sull'educazione sessuale, che ha coinvolto anche la mia generazione, in cui si diceva che la scuola deve fornire questo tipo di istruzione, non si parla neanche più perché ormai è tutto esplicito e per il genitore diventa difficile intervenire con le parole giuste su questi aspetti.
Concludo dicendo che l'aspetto veramente grave è la scarsa attenzione alla qualità che è invece il dovere primo di un servizio pubblico.

MAURO PAISSAN. I colleghi deputati sono reduci dal dibattito che si è svolto in aula dove la vicenda è stata già giudicata. I giudizi di merito e politici sono stati espressi lì e mi pare non sia il caso di riprenderli qui. Tutti hanno sottolineato che si è trattato di un errore grave per la violenza ulteriore inflitta a quei minori e per l'offesa al pubblico. Un aspetto sul quale si dovrebbe riflettere è quello di mettere in secondo piano la vicenda giudiziaria: oggi il TG1 ha aperto non sulla pedofilia, ma sullo scandalo del TG. Questo è un fatto negativo, perché quell'inchiesta e quei risultati avevano ed hanno una rilevanza ben maggiore rispetto al fatto pur serio e grave che stiamo discutendo.
Vi sono poi le questioni sollevate adesso dalla collega Bianchi Clerici relative all'ulteriore anche se minuscolo messaggio di violenza che si inserisce in un messaggio complessivo non tanto della RAI ma dell'insieme della televisione che spessissimo è di violenza, di banalizzazione del sesso, che è cosa diversa da una sua rappresentazione che può essere anche delicata ed efficace.
Qui però si tratta non tanto di tornare su questi giudizi ma di chiedere alcune informazioni e spiegazioni per trarne qualche indicazione, partendo dall'osservazione del dottor Celli - che sottoscrivo a piene mani - secondo cui questa deve essere l'occasione per rivedere ampiamente i compiti di servizio pubblico della RAI e riprendere una riflessione su come la RAI svolge la sua funzione.
Non vorrei che da questo episodio si traesse la conclusione che non vi è una chiave positiva per parlare di queste cose; non vorrei che da questo episodio si passasse alla rimozione del problema, perché c'è modo e modo di fare informazione anche su argomenti delicati. Questa mattina il collega Romani in aula - sottoscrivo questa parte del suo intervento - ha citato l'esempio della guerra, quando furono trasmesse immagini molto crude e per certi versi rivoltanti di corpi straziati, presentate però in un contesto e con un intento dichiarato e forse anche con l'obiettivo riuscito di creare maggiore sensibilità sul tema della guerra e della violenza bellica. Anche sul tema della pedofilia c'è un modo emotivamente forte ma non raccapricciante, non scabroso di informare per creare ulteriore conoscenza, attenzione, sensibilità.
Sull'episodio a me sfuggono alcuni dati di fatto sui quali chiedo al direttore di intervenire. Innanzitutto non ho capito quale sia la fonte della cassetta. Da una mezza frase del direttore generale mi è sembrato di capire che i fornitori siano gli inquirenti. Noi dobbiamo sollevare anche questo aspetto, perché quando il giornalista riceve una cassetta o la foto segnaletica di un arrestato, è implicita la richiesta di pubblicazione. Così fanno gli inquirenti per diffondere le fotografie degli arrestati. Tuttavia non penso sia compito dell'inquirente diffondere questo materiale; ovviamente è obbligo dei giornalisti vagliarlo ulteriormente, anche se vi è quasi un'indicazione di trasmissione e di pubblicazione che va puntualizzata a chi di dovere, si tratti di magistrati, del Ministero di grazia e giustizia, di poliziotti, del Ministero dell'interno o del Ministero delle poste.
Vorrei poi che il direttore Lerner chiarisse un passaggio: ha detto di aver dato indicazioni ripetute alla sua redazione di non trasmettere quelle immagini. Se il direttore dà un'indicazione così precisa e poi succede quel che è successo,


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vuol dire che vi è un problema di funzionamento delle redazioni, della cosiddetta linea di comando interna delle redazioni, un problema enorme, perché se nemmeno il direttore del TG1 riesce ad ottenere il rifacimento di un servizio o la sua modifica vi è da una parte l'attenuazione evidente della responsabilità personale di questo direttore e dall'altra l'emersione di un problema che riguarda tutta l'azienda e anche il direttore generale.
Penso che sulle responsabilità personali ci si debba attenere ai fatti e chiedo al dottor Celli di comunicare presto alla Commissione di vigilanza la ricostruzione effettiva della vicenda. Non aderisco alla richiesta di dimissioni dei direttori che questa mattina è venuta da altri esponenti politici, perché non conosco ancora la responsabilità personale dei due direttori sullo svolgimento della vicenda. Se siamo di fronte ad una sorta di insubordinazione di un quadro intermedio della redazione, ovviamente il mio giudizio diventa diverso.
Concludo sottolineando il rischio che su questa vicenda si inneschi una strumentalizzazione di ordine duplice, da una parte quella plateale, evidente, perfino legittima, comprensibile e giustificabile del centro-destra che chiede le dimissioni dei direttori, del direttore generale che li ha proposti, del consiglio di amministrazione che ha votato la loro nomina, dei Presidenti di Camera e Senato che hanno eletto il consiglio di amministrazione, del ministro Visco depositario delle azioni...

PRESIDENTE. Era un'enfatizzazione dell'onorevole Lombardi.

MAURO PAISSAN. ..., del Parlamento che ha eletto quei Presidenti e del Presidente Ciampi che è stato eletto da questo Parlamento. Tutto ciò fa parte della normale dialettica politica.
Ma vi è un'altra strumentalizzazione più trasversale che riguarda la natura delle ultime nomine della RAI, nomine notoriamente fatte in autonomia dal consiglio di amministrazione, non concordate con Botteghe Oscure né con piazza del Gesù, né con via dell'Anima, né con via Salandra, né con via della Scrofa, eccetera; sono le nomine più autonome nella storia recente della RAI che hanno dato fastidio a varie parti dello schieramento politico di maggioranza e di opposizione. Mi auguro che l'incidente non venga utilizzato per sanare quella che è stata considerata da molti una ferita nella gestione partitocratica della RAI.

MARCO FOLLINI. Apprezzo il gesto di Lerner e di Rizzo Nervo e aggiungo che le parole che hanno detto qui oggi - lo dico senza retorica - rendono loro onore; esse sono l'espressione di un sentimento professionale e civile molto forte, che desidero riconoscere.
Il punto che abbiamo di fronte e che interseca il dibattito in corso nella Commissione riguarda le conseguenze della situazione, di ciò che con una singolare sintonia di aggettivi l'onorevole Berlusconi e l'onorevole Mussi hanno definito un errore imperdonabile.
Andando all'osso della questione e della domanda che desidero rivolgere al direttore generale, credo che tra dimissioni accettate e respinte passi il discrimine che divide la coraggiosa assunzione di responsabilità da quella che definirei un'operazione tartufesca. Chiedo al direttore generale se la sua proposta al consiglio di amministrazione sarà - come penso - quella di accettare le dimissioni oppure no.

ALESSIO BUTTI. Di fatto non abbiamo domande da porre oltre a quelle che sono state lecitamente poste dai colleghi, perché tutto è assai chiaro anche per l'esposizione - condivido quanto diceva il collega Follini - che fa onore ai direttori del TG1 e del TG3, ma che non sposta di una virgola il problema.
Abbiamo appreso che le dimissioni sono state rassegnate nelle mani del direttore generale Celli e, come gruppo di Alleanza nazionale, ci auguriamo che vengano accettate senza alcun indugio, precisando che non vi è in queste parole e nella nostra posizione alcun intento persecutorio, non vi è la volontà di umiliare


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professionisti dei quali non condivido minimamente l'impostazione ma che ammiro per le capacità finora dimostrate e dei quali apprezzo il gesto delle dimissioni volontarie.
Tranquillizziamo anche il collega Lombardi: nessuno di noi intende strumentalizzare le vittime di questa incredibile vicenda che poi sono i bambini e nemmeno intendiamo accusare il Governo di inerzia rispetto al problema della pedofilia, perché abbiamo appena votato, con il concorso di tutti i gruppi politici presenti in Parlamento, un'importante legge sul tema, legge nella quale è definito reato la circolazione di immagini ai fini dell'adescamento.
Non diciamo che la RAI ha commesso un reato, diciamo che la RAI, anziché garantire il servizio pubblico, si è fatta trascinare sull'onda dell'Auditel, del sensazionalismo. Qui è stato commesso un doppio errore grave, il primo ai danni dei bambini sui quali è stata perpetrata un'inaudita violenza e il secondo sui loro coetanei che alle 19 e alle 20 hanno guardato quelle immagini trasmesse - questo è il fatto grave - con la stessa naturalezza con la quale si trasmettono cartoni animati o documentari. Un tempo si diceva: «Dopo Carosello tutti a nanna» e Carosello veniva trasmesso intorno alle 20,30. In questo caso la trasmissione è avvenuta alle 19 e alle 20.
Mussi ha detto che tutelare i bambini è un imperativo categorico e noi condividiamo e aggiungiamo: tutti i bambini al di là e al di qua del video.
Abbiamo scritto come gruppo una lettera al presidente dell'Authority per le comunicazioni Cheli per chiedere un suo intervento, poiché dalle 19,30 alle 20,30 vi è la cosiddetta fascia protetta a tutela dei minori che in questo caso hanno subìto una violenza visiva di inaudita gravità (la cassetta ha scosso tutti i colleghi che l'hanno visionata pochi minuti fa). Si tratta di servizi giornalistici con titoli in apertura senza alcun opportuno preavviso per tutelare gli spettatori, immagini senza alcun commento o giudizio critico.
E allora perché non devono esservi indugi nell'accettare le dimissioni rassegnate dai direttori del TG1 e del TG3? Il TG3 ha trasmesso il servizio alle 19 e riporta la Repubblica, un quotidiano che di tutto può essere accusato tranne che di comunanza editoriale con il Polo, che il direttore Celli, dopo essersi messo le mani nei capelli, ha chiamato il direttore Lerner per evitare la ripetizione dell'imperdonabile errore, ottenendo dallo stesso direttore la certezza dell'occultamento delle scene più ripugnanti. Ciò è riportato in un'intervista che non mi sembra sia stata smentita. Ebbene, il servizio trasmesso dal TG1 è stato addirittura più scellerato di quello trasmesso dal TG3 e ha avuto due aggravanti: l'amplificazione e l'ascolto raddoppiato o triplicato. Questo è un segno che in quell'azienda troppo spesso la libertà concessa viene fraintesa da qualcuno e interpretata come una licenza sfrenata. Questo è il primo motivo per il quale le dimissioni devono essere accettate.
Il direttore Lerner chiede scusa agli italiani scaricando di fatto buona parte delle «responsabilità di direttore» sull'autore del servizio incriminato e su altri redattori, minando così di fatto la fiducia indispensabile nei rapporti tra la redazione e il direttore di testata; dico questo perché, direttore Lerner, nel suo intervento di ieri non ci è parso di rilevare quell'assunzione di responsabilità che da parte sua vi è stata questa mattina. Questo è il secondo motivo.
Mi rifiuto di guardare la cosiddetta «TV serratura», quella de Il grande fratello, ma ho letto divertito alcune dichiarazioni del dottor Celli sugli incontri sessuali dispensati da Canale 5 solo per amor di share. Quanto meno, però, Canale 5 racconta cose certamente stucchevoli, ma artificiali, mentre la RAI ieri ha trasmesso immagini che purtroppo di finto non avevano assolutamente nulla. Quindi, si tratta di un'azienda senza controllo - altro che sabotatore, come ha detto qualcuno! - e forse occorrerebbe veramente un grande fratello per la supervisione di quanto viene prodotto e


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trasmesso. I direttori dei telegiornali dovrebbero essere i grandi fratelli che dovrebbero vigilare e che non hanno vigilato, perché un certo tipo di notizie deve essere filtrato da un codice etico che rientra non solo nelle «responsabilità di direttore», ma anche e soprattutto in quelle del servizio pubblico; e questo era il terzo motivo.

ADOLFO URSO. Vorrei porre delle domande specifiche perché la ricostruzione dei fatti che qui è stata presentata mi appare lacunosa, in tal modo mettendo in rilievo ancora di più la gravità di quanto è accaduto. Sia il direttore Rizzo Nervo sia il direttore Lerner hanno detto che per un'intera giornata è stata prestata attenzione a questo fatto: dopo un'intera giornata di attenzione, sono andati in onda due filmati, uno al TG3 e uno al TG1, non al TG2. In un'intervista il direttore Celli - non il giornalista - ha affermato ieri a caldo di aver chiamato Gad Lerner per avvisarlo di ciò che era accaduto al TG3 aggiungendo che Lerner lo ha assicurato di aver dato indicazioni di sfumare l'immagine; lei oggi ha detto un'altra cosa, direttore Lerner: poco fa ha detto di aver dato indicazioni riguardo al fatto che quelle immagini non andavano trasmesse nel telegiornale, mentre il direttore Celli dice ieri sera, a caldo, che lei gli aveva dato assicurazioni di sfumare le immagini, che è altra cosa rispetto a cancellarle; peraltro, credo che le immagini siano state sfumate, male ma lo siano state, il che quindi confermerebbe la prima versione dei fatti.
Successivamente si è precipitato a mettere in video il suo volto per chiedere scusa (lei si precipita un po' troppo spesso a mettere il suo volto, direttore Lerner) invece di precipitarsi a cancellare le immagini, dando indicazioni perché fossero sfumate. Ad un certo punto il giornalista chiede del comportamento del direttore del TG2 e il direttore Celli dice che questi, che era a casa ammalato, ha fatto in tempo a controllare tutto. Ciò vuol dire che un direttore che è a casa ammalato fa in tempo a controllare tutto, mentre gli altri direttori, che sono in redazione, non fanno in tempo.
D'altra parte, sia il direttore Lerner sia il direttore Rizzo Nervo hanno detto di aver già manifestato ieri sera l'intenzione di rimettere il mandato; si tratta di una formula piuttosto ambigua, mi associo a quanto in proposito diceva prima il collega Follini, anche perché in questa sede si è detto che le dimissioni potrebbero essere accolte o respinte, quasi che già si avanzasse l'ipotesi di respingerle. Lascia perplessi il fatto stesso che quest'ipotesi sia stata avanzata nel momento in cui non ieri sera, ma questa mattina, ancora una volta in diretta sul TG1 il direttore Lerner e prima ancora sul TG3 il direttore Rizzo Nervo hanno rassegnato le proprie dimissioni, dopo aver letto sui giornali di questa mattina un editoriale dell'ex Presidente del Consiglio Massimo D'Alema che nel titolo si riferiva sostanzialmente a chi coltiva la pedofilia ed accusava la sinistra di ambiguità nel trasmettere queste immagini sottintendendo evidentemente un'ambiguità morale di fondo della sinistra. Solo dopo la pubblicazione di questo editoriale dell'ex Presidente del Consiglio Massimo D'Alema su chi coltiva la pedofilia e sull'ambiguità del linguaggio politico che sostanzialmente, di fatto, questo permette, sono state rassegnate le dimissioni dei due direttori.
Dimissioni che peraltro - mi rivolgo al direttore Celli - vedo minimizzare al massimo dal presidente della RAI Zaccaria, il quale parla di cose che avvengono tutti i giorni; sono forse rischi che si corrono tutti i giorni quelli di vedere, dopo una giornata di controlli, due telegiornali - e non il terzo - proporre certe immagini? Questa minimizzazione da parte del presidente della RAI mi è sembrata davvero poco opportuna per il presidente di un'azienda di servizio pubblico, che peraltro alcuni giorni fa insieme a lei, direttore Celli, quando io stesso evidenziavo come fosse sbagliato rincorrere continuamente il concorrente cercando di uguagliarne l'ascolto, mi ha


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risposto che purtroppo sono incidenti che in un'organizzazione complessa possono capitare.
Credo sia doveroso, anche per il rispetto della professionalità dei giornalisti che lavorano nella RAI e di coloro che hanno un forte sentimento del servizio pubblico, che queste dimissioni siano almeno esse serie e che non siano state precostituite, magari in una riunione avvenuta alle 12 di oggi, come modo per affrontare questa Commissione, perché questo sarebbe davvero un fatto grave, altrettanto grave di ciò che è accaduto ieri sera. Credo che proprio la storia professionale dei giornalisti e la sua storia personale, direttore Celli, in questo caso confermino quello che io sottolineo come auspicio, cioè che sia stato effettivamente un incidente, che vi sia la consapevolezza della gravità di tale incidente, che vi sia stata in qualche modo un'ammissione di responsabilità anche rispetto al fatto che ancora ieri sera e questa mattina tale incidente è stato pesantemente minimizzato dal presidente della RAI e che proprio per questo tale assunzione di responsabilità vada fino in fondo, altrimenti anche la lettura di quanto accaduto assumerebbe un'altra veste, una veste moralmente ancora più grave nei confronti di chi sia deceduto in conseguenza di quelle violenze, visto che la riproduzione di quelle immagini è stata dettata solo dal bisogno di fare audience.

PRESIDENTE. Accogliendo la richiesta dei senatori, che hanno un impegno d'aula alle 16, avverto che darò la parola per primi ai colleghi del Senato.

MASSIMO BALDINI. In primo luogo, non intendo mettere assolutamente in dubbio i sentimenti che hanno animato nella loro attività i direttori del TG1 e del TG3.

ALDO MASULLO. Presidente, credo di essere stato tra i primi ad iscriversi a parlare, ma, non essendo ancor stato chiamato ad intervenire, mi vedo costretto ad allontanarmi per partecipare ai lavori del Senato.

PRESIDENTE. Senatore Masullo, lei è iscritto subito dopo il senatore Baldini.

ALDO MASULLO. Comunque, presidente, come principio generale sarebbe opportuno che si annunciasse l'elenco degli iscritti.

PRESIDENTE. L'ho fatto, ma adesso abbiamo cambiato le cose per dare la possibilità ai senatori di votare.

MASSIMO BALDINI. Dicevo di non aver alcun dubbio, relativamente all'attività professionale dei direttori Lerner e Rizzo Nervo, sui sentimenti, la cultura, i principi, i valori che costantemente li hanno guidati nella conduzione del telegiornale, quegli stessi che hanno manifestato anche nel corso di questa audizione.
Ciò che non riesco a comprendere è come un fatto di questa gravità sia potuto accadere, anche perché ho notato - e più volte me ne sono lamentato anche in questa sede - che il nuovo direttore del TG1 è molto attento agli avvenimenti, anche su argomenti specifici come quello in oggetto, tanto che più volte si è speso entrando direttamente in video e spesso facendo apparire se stesso come la notizia principale e quest'ultima come un accessorio della sua posizione.
Desidero ricordare in proposito che, quando il giornale Libero pubblicò la lista dei condannati in via definitiva per pedofilia, lei, direttore Lerner, entrò immediatamente in video per denunciare il fatto che il direttore di un giornale avesse ritenuto opportuno pubblicare i nomi di coloro - lo ripeto - che avevano subìto una condanna definitiva per questo specifico reato. In quell'occasione lei si dimostrò addirittura indignato, condannò in modo aperto la decisione del suo collega e a noi obiettivamente quella posizione apparve inopportuna, eccessiva e direi poco elegante nei confronti di un collega. Debbo dire che quest'atteggiamento si è ripetuto in molti telegiornali: quando vi è una notizia, la notizia è il direttore del TG1, non colui che viene intervistato ed anche le modalità dell'intervista sono tutte


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funzionali a mettere in evidenza il direttore del telegiornale, non l'intervistato e neppure la notizia.
Voglio sottolineare questo aspetto perché, così come si presta una particolare attenzione a promuovere la propria immagine sul mezzo televisivo, credo che altrettanta se non maggiore attenzione dovrebbe prestarsi nel momento della confezione del telegiornale. Comprendo tutte le difficoltà che potete trovarvi di fronte essendo impegnati in moltissime altre attività, però mi sembra che un telegiornale abbia una durata estremamente limitata - circa mezz'ora - e che le notizie più importanti durino 10-15 minuti al massimo. Allora, il direttore che non guarda in modo oculato ed attento il telegiornale stesso prima che vada in video, che non si garantisce in tutti i suoi aspetti e non controlla nei minimi particolari il prodotto che deve andare in onda, quale effettiva attività svolge in qualità di direttore di testate così importanti? Sinceramente non riesco a comprendere quale attività venga svolta per provvedere a trasmettere un prodotto di qualità e che non comporti cadute di stile o di contenuto, così come è avvenuto ieri sera.
Quindi, sotto questo profilo, quando si dice che la responsabilità è piena e viene assunta, non possiamo fare a meno di sottolineare come si tratti di un'assunzione di responsabilità meramente formale; lo dico perché si capisce chiaramente come andranno a finire le cose. Queste dichiarazioni di responsabilità e il fatto che, in relazione ad esse, vengano rassegnate le dimissioni nelle mani del direttore generale credo costituiscano a loro volta un atteggiamento solo formale che di sostanziale non avrà assolutamente niente.
Allora, siccome vogliamo essere garantiti e non desideriamo assolutamente arrivare a provvedimenti definitivi prima di aver conosciuto bene come siano andate le cose, vorrei raccomandare che questa conclusione, che è nell'aria, non arrivasse subito a compimento. C'è un'indagine in corso: si faccia un'indagine rigorosa fino in fondo; c'è una richiesta di convocazione del consiglio di amministrazione da parte del direttore generale: si faccia una discussione seria ed approfondita in tale sede. Tuttavia, prima di adottare qualunque decisione in relazione agli avvenimenti ed anche alle dimissioni rassegnate, è opportuno che la Commissione di vigilanza venga nuovamente investita delle conclusioni dell'indagine disposta ed anche delle riflessioni che verranno svolte dal consiglio di amministrazione della RAI.

ALDO MASULLO. Mi si consenta in questo brevissimo intervento di non essere affezionato né ad una pura e semplice processualità giudiziaria né, d'altra parte, ad un rito liberatorio in quanto sacrificale, perché ciò non mi interessa. Prendo la parola semplicemente per cogliere l'occasione di dire che dobbiamo tentare con ogni mezzo (il futuro mi interessa più del passato e del presente) di far sì che il servizio pubblico sia produttore soprattutto di una sanità ambientale. Come ha detto poco fa la collega Bianchi Clerici, in effetti è l'intero quadro della televisione, di Stato e non (ma a noi interessa quella di Stato), che riempie le serate di spettacoli certamente diseducativi. L'altra sera mi sono trovato per caso a vedere un film nel quale il tempo passava soltanto perché i due contendenti non riuscivano ad ammazzarsi, il che non mi pare sia molto educativo.
Dovremmo inoltre guardare all'obiettivo che ci vogliamo prefiggere: perché condanniamo questo episodio? Qual è l'offesa al valore che questo episodio ha prodotto? Credo che l'offesa al valore sia duplice: in primo luogo, l'offesa al valore dell'integrità del minorenne, del bambino, del giovane, ma c'è anche un altro valore che è stato offeso, quello della non istigazione. In fondo, quello della pedofilia è un problema singolare che si accosta ad altri problemi di perversione che una volta erano casi più o meno sporadici e che oggi, viceversa, stanno diventando atteggiamenti diffusi e, per così dire, più o meno istituzionalizzati nel costume.


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Allora, è proprio questo l'obiettivo al quale credo che tutte le forze intellettuali e morali della nostra società debbano concorrere, e innanzitutto il servizio pubblico radiotelevisivo. La domanda che rivolgo al direttore generale della RAI è se egli non intenda dare uno sguardo all'intero complesso della cultura che nell'ambiente della trasmissione radiofonica e televisiva viene costruito. Abbiamo assistito poco fa, mentre stavano iniziando i lavori della Commissione, all'invasione delle telecamere e dei teleoperatori; quindi, noi stessi siamo coinvolti nel cannibalismo della rappresentazione, della spettacolarità. Si tratta di un enorme potenziale che accresce la forza di corruzione e di istigazione al tempo stesso.
Penso che la RAI, tra l'altro, potrebbe affrontare questi problemi in termini garbati, di analisi, di critica ed in questo modo si farebbe un servizio educativo forte, non di carattere meramente repressivo, inibitorio, ma viceversa di liberazione delle coscienze. Credo che questo sia oggi il compito di una società veramente civile e, in particolare, di uno strumento così potente qual è la RAI.

STEFANO SEMENZATO. Apprezzo per senso di responsabilità e per stile i direttori per le dimissioni offerte, ma contemporaneamente mi auguro che vengano respinte perché credo che questa non sia la soluzione del problema che abbiamo di fronte, e non solo per il fatto che bisogna chiarire per quale motivo non funzioni la griglia di controllo interna ai telegiornali, ma perché la penso diversamente da quanto diceva all'inizio del suo intervento il direttore del TG1 difendendo la storia e la cultura di tutta la redazione.
Credo che nei fatti avvenuti ieri sera vi sia chiaramente un elemento di discontinuità, ma penso che una simile notazione assomigli a quella per la quale sull'incidenza degli incidenti stradali vale la sottovalutazione culturale dei limiti di velocità per cui, finché la gente continuerà a correre, ci sarà un certo numero di incidenti. Non possiamo non porci il problema che abbiamo, per esempio, un codice di autoregolamentazione nel rapporto TV e minori firmato da molti e rispettato da nessuno, compresa la RAI. Vi è un elemento su pubblicità, telepromozioni, garanzia dei minori che, sia pure in diverse forme, registra una certa continuità e, quando si inseriscono i bambini come merce nei circuiti televisivi, c'è una sorta di legittimazione sociale e si finisce per abbassare i livelli di guardia. Credo che sia una sorta di retroterra che fa sì che i singoli giornalisti tendano ad andare in questa direzione.
Leggevo poco fa che, in relazione ad una discussione svolta presso la Commissione bicamerale per l'infanzia proprio sulla questione TV e minori, vi è una dichiarazione del Polo di estensione all'insegna della tesi delle due morali: la RAI deve essere puritana e bigotta, Mediaset può essere permissiva e libertina. Quando si arriva a dire che c'è un mondo, un pezzo di televisione che deve e può muoversi con libertà anche di contenuti dal punto di vista dei minori e poi si chiede alla RAI un comportamento totalmente anomalo, c'è qualcosa che non funziona nel sistema del rapporto televisione-minori. Dopo di che vi è una responsabilità specifica della RAI sul fatto di farsi probabilmente travolgere dalla concorrenza, dai meccanismi commerciali e quindi di perdere alcuni dei freni inibitori.
Credo, insomma, che quando dilaga una certa cultura si creino i presupposti per incidenti come quelli avvenuti ieri. In questa Commissione ho numerose volte posto il problema della formazione dei giornalisti, del rispetto della carta dei doveri, della necessità di rivedere le strutture dei telegiornali; lo dicevo in relazione ad alcune vicende ambientali per le quali vi è una minore protesta collettiva, c'è solo quella dei Verdi. Credo, tuttavia, che i meccanismi del modo in cui si formano le notizie, i servizi dentro i telegiornali siano meccanismi analoghi.
Per questo - e concludo - non mi interessano le dimissioni dei direttori, con il rischio poi di aspettare il prossimo infortunio su questo o su un altro terreno.


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Vorrei, invece, che il direttore generale ed eventualmente i direttori dei telegiornali tornassero in Commissione e ci dicessero cosa concretamente sia stato fatto per evitare il ripetersi di simili fatti e per formare un diverso tipo di cultura del servizio pubblico, cultura che evidentemente in questa occasione, ma non solo in questa, ha dimostrato di essere bassa, di essere molto distante dalla carta dei doveri del giornalista del servizio pubblico che pure i vertici aziendali hanno portato in questa Commissione in quel momento giustamente orgogliosi, ma che adesso segnala un baratro tra ciò che l'azienda si è posta come missione e un fatto concreto che a volte accade.

FRANCESCO BOSI. Ciò che inquieta - ritengo - l'opinione pubblica, sicuramente noi componenti della Commissione di vigilanza (altrimenti non si capirebbe cosa dovremmo vigilare) è che in questa sede stia quasi passando una sorta di rassegnazione all'ineluttabile sulla base delle formule «possono capitare, può succedere». Se passasse questa tesi, come potremmo legittimare il servizio pubblico? Che senso avrebbero le leggi di tutela dei minori in rapporto alla TV che sono state approvate o sono in corso di approvazione e che sono inserite come esigenza forte nel contratto di servizio? Che senso ha lo stesso contratto di servizio se si dà per scontato che simili cose possono succedere?
Credo che sia difficile immaginare un episodio più grave di questo. Qui è stata posta una domanda al direttore generale per sapere cosa pensi di queste dimissioni e che parere esprimerà in relazione ad esse. Non sono un giustizialista che crede che attraverso il taglio delle teste si possano risolvere i problemi, ma è certo che una decisione forte deve essere adottata proprio per rompere la spirale dell'ineluttabilità che di fatto fa della RAI e del servizio pubblico un'auto impazzita che in qualunque momento può esplodere o produrre eventi incontrollabili.
Credo quindi che qualche cosa debba essere fatto dal momento che, allo stato, non è intervenuta un'analisi approfondita che dica che questi episodi si possono evitare; infatti, o si dice che si possono evitare e che non si verificheranno mai più, altrimenti bisogna capire che, quando vengono commessi simili errori, si paga, qualcuno paga, altrimenti resta la rassegnazione e, di fatto, l'inutilità delle leggi, della Commissione di vigilanza, del contratto di servizio, dello stesso servizio pubblico radiotelevisivo.

EMIDDIO NOVI. Vorrei chiedere al direttore Lerner se sia a conoscenza di un fatto verificatosi qualche giorno fa. Un suo inviato si è recato a Napoli in casa dell'olimpionico Rummolo e, dopo 4 ore dall'affermazione a Sidney di questo atleta, ha chiesto a sua madre di ripetere, come se si trattasse di una soap opera, la scena della sua gioia. Sostanzialmente l'inviato è giunto a Napoli da Roma, il cameraman ha chiesto alla mamma di Rummolo di inserire la cassetta contenente la registrazione dell'affermazione olimpica del figlio e, quando è arrivato il punto in cui il figlio coglieva questo successo sportivo, la mamma dell'atleta ha ripetuto e reiterato la sua gioia, tutti si sono abbracciati e il TG1 ha portato sul video lo scoop della gioia in casa Rummolo. C'è traccia di una protesta della redazione napoletana della RAI e penso che il direttore Celli ne sia a conoscenza. Perché parto da questo episodio, che può significare poco o tanto e che può anche spiegare le ragioni dei refusi televisivi che si sono ripetuti nell'arco di un'ora, prima al TG3 e poi al TG1? In questo paese avviene di tutto, anche che secondo la Corte di cassazione, la suprema Corte, come si diceva una volta, se il pedofilo è un viados non è punibile a norma di legge, perché il viados che cerca di sollecitare un ragazzino di 14 anni (che poi è anche uno zingarello, quindi figuriamoci un poco) non commette alcun reato di pedofilia. I giornali oggi hanno riportato la notizia. Chiedo allora se questo refuso televisivo non sia figlio di quella cultura, sì, dell'informazione che ha portato un suo inviato a fornirle uno scoop televisivo fondato sul


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nulla, cioè su una recita complessiva. E per caso, come è stato già affermato, questi refusi televisivi - che a questo punto non sono refusi televisivi - non derivano semmai da un tipo di concorrenzialità con altre reti televisive? Chi conosce la vita dei giornali sa benissimo che a volte si innescano meccanismi che portano all'eterogenesi dei crimini, cioè si vuole raggiungere uno scopo e se ne raggiunge un altro. Ma in questo caso, ritiene davvero che ci sia stata eterogenesi dei fini e invece della gloria della redazione vi sia stata semmai questa negatività dell'immagine della redazione? Lei non ritiene per caso che questa vicenda sia figlia di quell'impostazione del lavoro che ha portato qualche giorno fa il suo telegiornale ad incorrere in quella vicenda, in quell'incidente giornalistico?

PAOLO ROMANI. Mi piacerebbe far finta di essere in una Commissione americana, dove si fa poca filosofia, poca teologia e si cerca di capire con esattezza come siano accaduti i fatti. Non faccio fatica, come diceva prima il collega Lombardi, a credere all'onestà ed anche al coraggio intellettuale dei due direttori: andare a chiedere scusa davanti al TG1, di fronte a 10 milioni di spettatori, non è facile. Do quindi atto al direttore Lerner di aver compiuto un'azione di onestà e di coraggio intellettuale. Tuttavia non sono d'accordo sulle definizioni che sono state date dal direttore Celli: errore o scivolata. E non sono d'accordo nemmeno più con me stesso, quando stamattina alla Camera ho parlato di leggerezza e superficialità.
Cerchiamo di ricostruire la giornata di ieri. Voi avevate davanti tre fatti grossi: il traghetto che si è incagliato ed è affondato, la visita di Berlusconi a Chirac e Rutelli a Sidney, la rete dei pedofili; questi erano i tre fatti del giorno. Ma sulla rete dei pedofili avevate in mano un materiale scottante, che come mi è sembrato di capire vi è pervenuto anche in maniera irrituale; avevate un materiale dove c'erano delle scene di un certo tipo. Quindi un direttore in condizioni normali svolge, secondo la routine quotidiana, l'evento tragico del traghetto, cerca un bilancio - suppongo, immagino - fra la notizia parigina e quella australiana, e quindi presumo si ponga il problema di che fare di un materiale scottante che gli arriva in redazione. Questo penso fosse il problema e la scaletta delle priorità che avevate ieri sulla vostra scrivania. L'unica domanda che doveva essere posta in termini giornalistici era che cosa fare di questo materiale scottante. La notizia era una notizia, qualsiasi bravo giornalista era nelle condizioni di poterla dare: il problema era che utilizzo fare di questo materiale. La redazione del TG3 (e qui voi stessi avete parlato di omissione di controllo, di omissione di vigilanza) l'ha trattato in un certo modo. Immediatamente dopo è scoppiato l'inferno: ha chiamato il direttore generale, ai centralini sono giunte migliaia di telefonate, lo stesso direttore Lerner è intervenuto sulla sua redazione dicendo «guardate che questo materiale scottante va trattato in un certo modo». In redazione che cosa succede? Non solo si ha coscienza diretta del materiale e del problema che questo materiale potrebbe porre, ma si rielabora il materiale stesso. Quello che abbiamo visionato non è un materiale che è andato in onda tout court come è pervenuto, ma è stato rielaborato. Ciò significa che chi ha lavorato su questo materiale, il giornalista che lo ha messo in onda ci ha anche pensato, non l'ha messo in onda con leggerezza. Questo è molto grave; questo vuol dire che nel lavoro giornalistico delle vostre redazioni esiste un meccanismo di mancanza di controlli che è inquietante, ed è questo che mi preoccupa.
Caro collega Semenzato, certo che mi interessa sapere come fare per evitare che questi fatti accadano nel futuro, ma voglio conoscere quello che è successo esattamente ieri, perché ieri alle 19 il direttore Rizzo Nervo, probabilmente con ciò che possiamo definire superficialità, omissione di controllo, mancanza di tempo, non è riuscito ad intervenire con durezza sulla propria redazione perché il materiale venisse trattato in un certo modo; ma


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Lerner era in tutte le condizioni, e nonostante questo la sua redazione ha fatto in modo che il materiale uscisse nel peggiore dei modi.
Mi voglio sottrarre a tutte le strumentalizzazioni, non mi interessano le strumentalizzazioni politiche; mi voglio sottrarre anche alla rincorsa dell'audience: non penso che sia nei vostri pensieri rincorrere l'audience del Grande fratello con materiale morboso sui pedofili, lo trovo inimmaginabile. Il problema vero che pongo è che le vostre redazioni funzionano male; questo è il problema di fondo. E i direttori Lerner e Rizzo Nervo, preso atto del cattivo funzionamento delle proprie redazioni, avendone loro la responsabilità, giustamente e legittimamente si sono dimessi. Caro direttore Celli, ho l'impressione che lei non abbia alternative al riguardo: deve accogliere le dimissioni, ma come fatto politico, come rappresentazione plastica di un cattivo funzionamento di una redazione che era perfettamente consapevole di quello che stava facendo.
Non cerchiamo di scivolare sulle inconsapevolezze e sulla superficialità, perché non penso che ci fossero dei marziani che non avevano capito di che materiale stessero parlando. Vi è stata quindi piena consapevolezza di quello che si faceva ed è stato commesso un errore clamoroso, che è in totale dissintonia con quelle che sono le regole non del servizio pubblico, ma del decente giornalismo televisivo. Questo è il problema.
Pertanto, come ho già osservato in aula e come ribadisco rivolgendomi al direttore generale, ho l'impressione che non vi siano alternative: dovete accettare le dimissioni dei due direttori, non perché io ce l'abbia personalmente con essi (avendo riconosciuto loro tutta l'onesta intellettuale di cui ho parlato in premessa), ma perché esiste un cattivo funzionamento delle redazioni che dirigono e delle quali, purtroppo per loro, hanno la piena responsabilità.

MARCO RIZZO. Siamo qui a commentare un fatto odioso, perché la visione di quelle immagini alla televisione nelle ore di massimo ascolto indubbiamente ha provocato una situazione estremamente contestabile. Credo però che si debba capire anche dal punto di vista politico (perché questa è una Commissione di vigilanza, ma è anche una Commissione di un Parlamento e quindi si occupa di politica) in quale contesto ciò avvenga. Come ho osservato in aula, credo che questo sia un contesto anche culturale, che vede la totale mancanza, o per lo meno la tendenziale mancanza di attenzione alle vicende concrete della vita sociale, economica, politica e vede invece come faro principale quello di un contesto in cui la massimizzazione del profitto, l'attenzione all'immagine e quindi all'aumento dell'audience fanno premio su tutto.
Questo lo dico indipendentemente dal fatto che vi siano reti private o reti pubbliche. È chiaro che per quanto concerne il settore pubblico esiste un dovere in più, c'è un canone che viene pagato e c'è una cultura del servizio pubblico che viene completamente disattesa. Credo che questo non sia solo un episodio, ma sia una tendenza che ormai ha preso piede in tutti i mezzi di comunicazione di massa, sia nella carta stampata sia nella comunicazione televisiva.
In proposito dovremmo riflettere tutti, e dovremmo farlo anche quando parliamo della cosiddetta privatizzazione della RAI: dobbiamo appunto riflettere su come vogliamo cambiare in meglio, per renderlo più efficace ed efficiente, il servizio pubblico, senza però andare in una direzione che vedrebbe il servizio pubblico totalmente in mano ad un mercato libero e selvaggio che punti solo all'audience e non ad un concreto servizio pubblico efficace ed efficiente ma che abbia delle regole.
L'episodio in sé è grave. Credo che non spetti né alla Commissione di vigilanza né al Parlamento chiedere dimissioni; però il Parlamento e la Commissione di vigilanza hanno un ruolo politico ed in questo ruolo politico non possiamo esimerci dall'esprimere una valutazione sull'episodio. Francamente risulta difficile procedere ad


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un'analisi, ad una disamina dell'episodio, anche dalle indicazioni, dai racconti che sono stati fatti sia dal direttore generale sia dai due direttori, perché non si riesce a capire come mai materiale di quel genere possa essere sfuggito. Vi è stata una rielaborazione di questo materiale, che viene operata anche da professionisti validi; i telegiornali hanno dei direttori validi, però evidentemente o si verifica un sabotaggio di una o due persone - ma non mi pare che sia questo il caso - oppure esiste un clima che consente di fare queste cose, di elaborare un prodotto in quei termini.
Ribadisco che non spetta a noi né difendere né accusare le redazioni e i direttori, però è chiaro che ci deve essere un atto di responsabilità; e quando vi sono atti di responsabilità occorre un'assunzione piena, non parziale, delle responsabilità, anche per l'omesso controllo. Ovviamente la valutazione spetterà al consiglio di amministrazione della RAI, però se parliamo in termini politici (il Parlamento è un organo politico) non possiamo non vedere che se esiste una responsabilità questa necessita di un'assunzione piena. Pertanto non è pensabile a mio avviso scaricare ai livelli intermedi: se esistono responsabilità, queste devono essere chiare e le responsabilità chiare, quando si è su una nave, sono del capitano della nave; in questo caso i capitani erano i direttori del TG1 e del TG3.

GIUSEPPE GIULIETTI. Ho apprezzato molto i toni pacati usati dagli onorevoli Follini e Romani; io poi dissento da alcune loro conclusioni, ma mi pare che si debba ragionare su quello che è accaduto, anche per evitare la farsa che è già avvenuta in questo paese ogni volta che si è discusso di TV e minori, TV e infanzia, carta stampata e infanzia (è un dibattito che dura da qualche anno): vi sono degli sdegni momentanei, in genere accompagnati da risse tra destra e sinistra, che si consumano in pochi secondi e poi il tema vero, che è quello della televisione, del rapporto con l'infanzia, di una cultura non violenta, di alcune regole che non vengono rispettate, scompare; e talvolta perché scompaia basta fare la voce grossa qualche ora e poi magari proseguire nuovamente.
Confesso una difficoltà (lo dico apertamente in quanto non amo uno stile laterale) perché io conosco e stimo i direttori dei giornali, i redattori che hanno realizzato questi servizi. Lo dico perché in queste ore, per guadagnare un facile consenso a destra come a sinistra, è molto facile far finta di non sapere, buttare tutto; questo è un tema dove ciò è semplice (più difficile è ragionare), è un tema che entra nelle famiglie, che bisogna trattare con grande delicatezza. Per questo ho apprezzato lo stile. Chiedo soprattutto - e mi rivolgo al direttore generale - che si apra da ora un supplemento di riflessione all'interno della RAI, nelle forme e nei modi che stasera il consiglio di amministrazione deciderà, che non sono quelli disciplinari, ma sono quelli di una riflessione sul ruolo e sulla funzione del servizio pubblico, sulle modalità di applicazione delle carte e dei contratti, sulle modalità delle sanzioni nei confronti di un'idea killer della comunicazione, che non sta solo nei giornali, ma che talvolta sta anche nei contenitori.
Dico questo perché le persone coinvolte sono persone serie, capaci, con grandi sensibilità, sono persone che hanno alle spalle grandi battaglie sul tema della pedofilia. Io non ci sto a prendere in un fascio questi direttori e questi redattori, perché i giornalisti hanno delle biografie e qui abbiamo davanti persone che hanno una storia fatta di servizi, di attenzione, di campagne sul tema della pedofilia. Ecco perché dico che occorre una grandissima attenzione, altrimenti diventerebbe rischioso.
Non ho mai condiviso né condividerò un'idea disciplinare della professione giornalistica, nel pubblico e nel privato. Non credo che spetti né al Parlamento né al Governo (criterio sempre pericolosissimo) decidere se sfiduciare o meno i direttori. C'è un editore, che si è riunito, ha annunciato (questo ha detto Celli, al quale


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mi rivolgo), c'è una riunione del consiglio di amministrazione e credo che quest'ultimo debba valutare quanto è accaduto, debba valutare dove vi è stato un elemento che io ritengo soprattutto di omesso controllo, debba capire dove si sia determinato, perché questo è preoccupante: qui è stato smentito, ma la cosa che mi preoccupa di più è l'idea che ci possa essere un prevalere della velocità sulla riflessione, cioè che ormai il problema della competizione diventi tale per cui l'esigenza di arrivare primi è prevalente rispetto all'elemento della riflessione e dell'attenzione. Se questo non è, meglio; ma a me preoccupa più questo che altro.
Penso che si debba procedere ad una ricostruzione seria e rigorosa, che occorra capire alcuni passaggi. Ormanni dichiara che la cassetta non fa parte del suo fascicolo processuale; è uscita una dichiarazione: «Non so nulla di questa cassetta». In generale ho paura del circolo mediatico-giudiziario; ne ho più paura se manca una forte attenzione alla provenienza di materiale non verificato. Non so come sia andata, non ne ho idea; questo è un punto che ha posto il collega Paissan e che mi interessa. Vorrei capire cosa sia accaduto. Credo che questo l'editore debba comunicare alla Commissione di vigilanza: capire come sia accaduto e come non si debba più rideterminare.
Se dovessi dire una banalità (chiedo scusa), mi piacerebbe vedere il consiglio di amministrazione o un suo delegato che va in onda, che spiega quello che è accaduto ed apre un momento di riflessione sul tema non solo della pedofilia, ma anche del rapporto fra televisione e infanzia. Come ha ben osservato la collega Bianchi Clerici, anche noi non possiamo chiamarci fuori. La Commissione talvolta si appassiona agli spazi dei partiti, ma quando ci siamo posti il tema della tutela dei minori a volte siamo stati più preoccupati dagli indici di affollamento pubblicitario nei cartoni animati che non dalla questione di un rapporto corretto fra l'infanzia e la televisione, più dalle ragioni delle proprietà che non dalle ragioni dell'etica. Su questo dovremmo tutti riflettere. Il Parlamento americano decide di affidare alle principali università un monitoraggio sul tema della pedofilia, del rapporto fra televisione e violenza, nonché di consegnare le risoluzioni al Parlamento perché diventino punto di orientamento per tutti gli operatori. Non è dunque solo un problema disciplinare, è un problema di intervenire su una vicenda che è del tutto evidente.
La cosa che ieri ha colpito di più non è, a mio avviso, il problema se l'immagine vada o meno in onda; è che se lei, direttore, annuncia un contenitore nel quale c'è anche un'immagine molto cruda, in cui per due ore si discute di un tema contestualizzato, io so che andrà in onda quell'immagine, discutono diverse competenze; ma nel TG sessanta secondi così rischiano di essere un colpo mortale, pesantissimo. Questo è vero. Credo sia questo il punto su cui dobbiamo interrogarci per capire come sia accaduto e come ciò non accada.
L'ultima questione che intendo porre riguarda un'ipocrisia di cui dobbiamo liberarci (poi analizzeremo i fatti, ci saranno forniti i dati). Spero che in questa vicenda non rimangano zone d'ombra, ma ciò a tutela di chi deve lavorare, che non sono tre o quattro persone, sono migliaia di persone il cui rapporto di fiducia con i cittadini ieri si è incrinato. Non si tratta di un problema di sorti individuali, è un problema di chi crede nell'esistenza di un'agenzia pubblica forte e credibile; lo si risolve affrontando apertamente, anche attraverso i mezzi di comunicazione, questa discussione, non con qualche grida manzoniana o due giorni di sospensione. Esiste però un punto e lo dico a me stesso e ai colleghi; so di avere scarsa fortuna. Non vorrei che confondessimo due argomenti. Qui c'è il tema della pedofilia: affrontiamolo, su quello confrontiamoci, su quello vediamo le responsabilità, su quello intervenga l'azienda, su quello si sia duri; ma non aggiungiamo poi la riflessione sul fatto che un servizio pubblico debba essere una piccola azienda pedagogica che non si pone il problema di competere, di esistere, di fare comunicazione.


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Quello è un altro terreno. E voi sapete quanto me che finché i competitori restano due esiste una responsabilità oggettiva di questa situazione, che si risolve non con appelli solo soggettivi ma rompendo una situazione chiusa, bloccata. Questo è del tutto dirimente, perché altrimenti, quando un po' ipocritamente si dice che il servizio pubblico deve rinunciare ad esistere in taluni settori, deve decidere di scomparire dal mercato e, poiché il competitore è uno, deve farsi acquistare dal competitore, questa ipocrisia non è praticabile; risolviamola in modo strutturale.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Borghezio; si intende che abbia rinunciato ad intervenire.

SERGIO ROGNA MANASSERO di COSTIGLIOLE. Questa mattina in aula abbiamo svolto analisi politiche; mi piace l'idea che la Commissione riesca ad essere concreta e a giungere alla radice degli avvenimenti. Vi è una questione che continua a sfuggirmi. Io credo a quanto ci hanno esposto i direttori, cioè ritengo che effettivamente il fatto sia avvenuto contro la loro volontà; però evidentemente questo ci pone un altro problema, il grave problema di come possiamo chiedere che nel servizio pubblico ci siano degli anticorpi contro qualunque deviazione, che questo non sia il livello dei direttori. Questo non è un problema di direttori. Francamente qualcuno sembra appagato dall'idea che le dimissioni possano essere accolte. Questo potrebbe essere anche negativo, visto che stimiamo questi direttori e che possiamo chiedere loro di cambiare una situazione che invece ci pare assolutamente patologica. Non è possibile che in una redazione televisiva (non una redazione di un giornale qualunque), nella redazione del maggiore giornale televisivo non ci sia un'immediata reazione, con la quale questo materiale venga chiaramente classificato come da non mettere in onda. Mi pare che questo sia il problema; ma questo è il problema di chi lo vede per primo, dell'autore del servizio. Non so quanto collegiali siano questi compiti in quella specifica redazione, ma sicuramente dobbiamo e possiamo pretendere dal servizio pubblico che l'idea alta di che cosa passa attraverso lo schermo sia effettivamente un patrimonio comune di tutta la redazione. I direttori hanno cercato un po' di coprirla (e ciò è abbastanza nobile), di dire «siamo noi, mirate al petto». Non è così, signori. Quello che chiediamo a questo punto è perché non vi sia stata una reazione immediata al livello della prima linea, del fronte, di chi ogni giorno seleziona centinaia di storie.
Non condivido l'esultanza di coloro i quali ritengono di risolvere il problema insistendo affinché le dimissioni vengano accettate. Noi crediamo che vi sia qualcosa di vero nel fatto che dobbiamo dare al servizio pubblico la capacità di funzionare senza preoccuparsi troppo degli ascolti. È una questione sulla quale abbiamo lungamente insistito e che ancora una volta ci sembra emergere. Dobbiamo avere nella funzione di servizio pubblico la capacità di essere totalmente indipendente; e l'indipendenza si misura anche dal fatto di non soggiacere ad alcuna forma, che non è - attenzione - il lasciar perdere la competizione (che sappiamo bene esistere nell'attuale sistema), ma il sapere che non si usano alcuni mezzi. Credo che ciò non sia stato in alcun modo favorito da parte dei direttori ed è per questo che non ritengo vi sia spazio perché la questione venga risolta semplicemente con un'accettazione di dimissioni che poi lascerebbe le cose invariate. Chiedo invece che con questa Commissione il servizio pubblico venga veramente analizzato e si arrivi effettivamente a questo punto, perché dobbiamo aspettarci che nulla di simile possa più verificarsi. Ciò significa che la Carta di Treviso la conoscono davvero tutti: i redattori, i giornalisti di prima linea, i montatori delle immagini. Da questo punto di vista, credo che come Commissione di indirizzo e di vigilanza possiamo chiedere che ci siano resi noti gli ulteriori aspetti di


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questa vicenda e soprattutto che ci venga detto come fare affinché ciò non si verifichi mai più.

SALVATORE RAGNO. Sarò molto breve perché intendo solo fare riferimento al fatto, prescindendo dalle questioni più generiche che parecchi commissari hanno posto e che riguardano la qualità dei servizi, le attenzioni a certi settori particolarmente delicati. Desidero esprimere la mia valutazione del fatto senza lasciarmi condizionare da una certa professionalità: io sono avvocato, faccio il penalista, non voglio essere né la parte civile né il difensore, intendo semplicemente attenermi al fatto. Esprimo questa valutazione, con riferimento a quanto hanno affermato in questa sede i direttori del TG1 e del TG3, perché mi sembra molto riduttivo ritenere il comportamento dei due direttori come un fatto di semplice leggerezza, di disattenzione. È stato fatto riferimento ad interventi, ad incontri, a discussioni svoltesi in ordine a questo tema e soprattutto in ordine alla trasmissione della famosa cassetta. Avrei potuto comprendere un fatto di leggerezza se l'episodio fosse stato limitato semplicemente alla trasmissione del TG3, diretto dal dottor Rizzo Nervo; ma poiché questo si è ripetuto successivamente con il TG1, quando di questa trasmissione e di queste immagini si era già avuta conoscenza visiva, si tratta di un fatto che allontana il discorso dell'errore, della leggerezza o di qualcos'altro.
Ho apprezzato anch'io il gesto del dottor Lerner di porre nelle mani del direttore generale il proprio mandato; tuttavia egli faceva riferimento ad una responsabilità di carattere obiettivo, cioè configurantesi soltanto nel fatto che, essendo egli il direttore del TG1 e quindi avendo la competenza del controllo sulle trasmissioni, questo non sarebbe avvenuto (non so perché, non so per quale motivo) ed in tal senso doveva intendersi la sua responsabilità obiettiva. Ma la responsabilità obiettiva presuppone che vi sia una responsabilità diretta, di cui noi non siamo a conoscenza: noi non sappiamo ancora chi sia il responsabile diretto.
Voglio far riferimento anche alle parole del dottor Celli allorché è intervenuto per offuscare l'estrema drammaticità delle immagini contenute nella cassetta. A tutto questo evidentemente non c'è stata risposta. Dico questo per dissentire da tutti coloro che hanno ritenuto che si sia trattato di un semplice errore o di una semplice superficialità. Ciò poteva essere vero soltanto nei confronti della trasmissione del TG3, per la quale si sarebbe potuto parlare veramente di un momento di disattenzione o di mancato controllo. Ma il ripetersi della trasmissione e l'intervento del dottor Celli fanno pensare che ci si sia intrattenuti su questo tema e sulla trasmissione della cassetta e si sia ritenuto - non tocca a me stabilire quali ne siano stati i motivi - di mandarla in onda.
Tutto ciò testimonia che è accaduto un fatto grave, che deve certamente portare all'individuazione dei responsabili, non solo di quelli obiettivi, ma anche di quelli diretti, in modo che il consiglio d'amministrazione della RAI possa non limitarsi - come ha fatto in occasione della trasmissione di Santoro relativa al Gay pride - ad una semplice censura, ma intervenga pesantemente. Non è che io metta in discussione la capacità e la professionalità dei direttori del TG1 e del TG3, per carità, me ne guarderei bene. Ripeto, ho apprezzato il loro gesto di rimettere il mandato. Però è bene che nella RAI un atteggiamento sanzionatorio possa evitare che si ripetano in futuro fatti analoghi. Dopodiché la Commissione avrà tutto il tempo, nelle sue sedute, per discutere dei problemi più generali che traggono spunto anche da questo fatto e proporre risoluzioni che mettano in condizione di adottare una regolamentazione più seria e concreta dei compiti del servizio pubblico.

MAURIZIO BERTUCCI. Vorrei premettere che mi trovo molto a disagio, perché sono un giornalista della RAI, del TG1 e appartengo, direttore Lerner, a quel passato di cui ha detto di ritenere di essere orgoglioso. Ho avuto la fortuna di lavorare


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con due grandi direttori, Nuccio Fava e Bruno Vespa.
Sono molto preoccupato per quello che sta succedendo. In RAI abbiamo combattuto grandi battaglie, che sicuramente il direttore Rizzo Nervo e il collega Giulietti ricorderanno; si è trattato di scontri politici importanti in momenti cruciali e delicati.
Ho apprezzato moltissimo il suo coraggio di andare in onda ieri sera nel telegiornale delle 20 per chiedere scusa agli italiani. So benissimo che cosa vuol dire, anche perché ho lavorato tanti anni e spero di lavorarne tanti ancora nel servizio pubblico, ma in un servizio pubblico diverso da quello di oggi, in un servizio pubblico che guardi con attenzione agli interessi reali degli italiani.
Vorrei chiederle alcune cose. La cassetta quando è arrivata in RAI? Chi ha visto le immagini? Chi ha deciso di mandarle in onda? Chi le ha montate? E soprattutto, da chi è stato fatto il servizio? Il servizio non è stato fatto da un praticante, ma da un importante conduttore del TG delle 20, esperto di cronaca, che ha fatto servizi di cronaca, che entra ogni sera nelle case di milioni di spettatori. Ebbene, rivolgo una domanda a me stesso, direttore: c'è stata una criminale leggerezza, una grande superficialità, una incapacità professionale, o forse in RAI negli ultimi anni si bada sempre più alle tessere di partito piuttosto che alla professionalità?
Vorrei concludere che non mi auguro che nel servizio pubblico non esistano più regole e valori; al contrario, bisogna battersi per quelle regole e per quei valori che il servizio pubblico deve affermare ogni giorno.

PRESIDENTE. Vorrei porre anch'io alcune domande, non senza aver prima manifestato apprezzamento per il gesto di rimettere il mandato nelle mani del consiglio d'amministrazione da parte sia del direttore Rizzo Nervo sia del direttore Lerner. Vorrei comunque puntualizzare - come ha fatto poco fa il senatore Follini - che la sostanziale differenza tra il rassegnare le dimissioni e il considerarle revocabili è la stessa che passa tra un gesto risoluto e una messa in scena.
Ci sono aspetti che vanno sicuramente chiariti. Il direttore generale ha chiesto e ottenuto la convocazione del consiglio d'amministrazione della RAI per fare piena luce su questo episodio, ma ci sono fatti che meritano di essere spiegati anche all'interno di questa Commissione. Non perché noi abbiamo il potere di chiedere dimissioni; questo è stato fatto altrove, nel dibattito politico, ma la politica ha la sua autonomia, mentre qui ci troviamo in una sede politica ma anche istituzionale, perché rappresentiamo la vigilanza sugli indirizzi che noi formuliamo alla concessionaria del servizio pubblico.
Direttore Lerner, il TG3 trasmette quelle immagini; alle 19,37 esce la prima agenzia che annuncia una iniziativa parlamentare da parte di tre senatori membri di questa Commissione in merito all'accaduto; alle 19,47 il senatore De Luca, esponente di altro schieramento politico, critica ferocemente la decisione di trasmettere quelle immagini sul TG3; alle 20,10 vi è la prima agenzia con l'annuncio da parte del direttore Celli di voler prendere provvedimenti disciplinari nei confronti del TG3, quindi è comprensibile che tale dichiarazione sia stata dettata alle agenzie prima dell'inizio del TG1. Come è stato possibile che in concomitanza di tutti questi eventi pubblici, cioè riportati da agenzie di stampa e quindi facilmente riscontrabili, il TG1 abbia trasmesso non solo le stesse immagini ma addirittura immagini più dure? Aggravate peraltro dalle questioni che ricordava l'onorevole Butti, cioè dalla maggiore diffusione e dal fatto che il telegiornale è andato in onda un'ora dopo. Come è stato possibile che lei non si sia accorto della gravità del caso, nonostante la presa di posizione di esponenti parlamentari di tutti gli schieramenti e nonostante la ferma presa di posizione del direttore generale della RAI che addirittura annunciava provvedimenti disciplinari contro un suo collega della testata che aveva già trasmesso quelle immagini?


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Vorrei anzitutto sapere: ci sono delle cassette che sono arrivate in RAI o, come dice il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, quelle cassette non sono mai state trasmesse alla RAI? Infatti, nel TG della Campania, come dice il giornalista Ravel, immagini del genere non sono apparse. Il sostituto procuratore di Torre Annunziata addirittura ipotizza che siano stati ripescate o messe in onda immagini tratte da volgarissimi film pornografici. Quindi non si tratta di materiale acquisito giornalisticamente, ma di materiale trovato chissà come o di materiale che era stipato in qualche magazzino e che è stato tirato fuori per l'occasione. La mia non è un'affermazione ma una richiesta di chiarimenti.
Occorre capire innanzitutto da dove arriva quel materiale. Inoltre, se è arrivato, a che ora è arrivato? Quanto tempo è passato dalla trasmissione eventuale di questo materiale alla messa in onda? Perché non è stato effettuato il controllo nonostante si sapesse che era accaduto qualcosa di grave?
Io distinguo in qualche modo la posizione del TG3 da quella del TG1, proprio perché il direttore del TG1 aveva la possibilità, grazie a tutto quello che si era mosso in quel lasso di tempo, di avere contezza della gravità dell'accaduto. Invece tutto questo non c'è stato. Quindi lei si è fidato della circostanza che a fare il servizio era una delle firme più autorevoli del TG, il conduttore delle 20, ma tale presunzione di fiducia è risultata invece infondata perché, nonostante l'autorevolezza del redattore, le immagini che sono state trasmesse sono forse tratte - lo possiamo solo immaginare - da un filmino pornografico. Mi chiedo come sia potuto accadere tutto questo. Qualcuno ha anche adombrato qualche ipotesi di complotto, ma io non penso ai complotti; penso che vi sia una omessa vigilanza da parte del direttore, resa ancor più grave da quello che era accaduto nel lasso di tempo che separa l'edizione del TG3 da quella del TG1.
Il direttore Celli nell'intervista pubblicata questa mattina su la Repubblica fa anche riferimento alla questione di Mimun. È vero che c'è un lasso di tempo perché il TG2 va in onda alle 20,30, però il direttore Celli ha dichiarato che Mimun che era a casa ammalato ha fatto in tempo a controllare, lasciando capire che invece non era a casa ammalato... (Commenti del direttore generale della RAI, Pierluigi Celli). Lo deduco io.

PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Deduce male.

PRESIDENTE. Poi c'è un'altra domanda importante che richiede una risposta altrettanto importante. Dice il giornalista: «È come se, nel settore cruciale dell'informazione, avesse funzionato un pilota automatico». Risponde il direttore generale: «Nessun pilota automatico. Sull'informazione non possiamo permetterci automatismi. Ci vuole una persona in carne e ossa, con la sua responsabilità e la sua esperienza, che abbia presenti i limiti di un'informazione scrupolosa». Esattamente quello che non ha fatto il direttore del TG1, che è persona in carne e ossa ma che non ha osservato attentamente i limiti di una informazione scrupolosa.
Questa è la situazione data oggi, alla luce di quello che è nel possesso delle nostre conoscenze, questo è quello che noi possiamo dire alla luce delle pubbliche dichiarazioni rese dai massimi dirigenti della RAI. Allora, non vorrei che l'Italia appaia sempre come il paese in cui le dimissioni si minacciano, si rassegnano ma non si danno mai: non possiamo dare questa impressione, anche per rispetto del lavoro della nostra Commissione. Oggi su questo argomento sono intervenuti tutti, persino la suprema magistratura dello Stato, persino il Presidente della Repubblica, oltre ai vertici aziendali. Ovviamente non possiamo entrare in decisioni che spettano agli organi di autogoverno della concessionaria, ma sarebbe sbagliato se al termine dell'indagine interna che è stata aperta tutto si risolvesse in un accomodamento generale, in una semplice sospensione, in una individuazione di livelli


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intermedi, per poi defilarci lungo la scorciatoia del dibattito sui massimi sistemi, del dire che forse non sono stati formulati gli indirizzi sul rapporto tra TV e infanzia, cosa che è nel calendario dei nostri lavori, cosa che non è indispensabile ai fini dell'argomento di cui trattiamo perché esistono montagne di carte, anche più cogenti e impegnative dei nostri indirizzi: c'è la Carta di Treviso e forse esistono documenti delle Nazioni Unite che mettono al primo punto la salvaguardia dei diritti del minore, della dignità del bambino. Queste sono disposizioni che esistono, sono scritte, e che non sono state rispettate. Sarebbe il caso di evitare di evocare l'assenza di indirizzi da parte di questa Commissione sul problema delicatissimo, nevralgico, importantissimo, fondamentale, del rapporto tra TV e infanzia, tra TV e minori. Poi potremmo parlare anche del servizio pubblico, dei limiti, del ruolo, della missione, del suo rapporto con l'emittenza privata e commerciale, ma tutto questo appartiene alla discussione sui massimi sistemi. Noi oggi dobbiamo contribuire ad accertare delle responsabilità gravissime che, ripeto, hanno mobilitato e hanno fatto esporre tutti, persino il Presidente della Repubblica.
Su questo argomento inviterei dunque il direttore generale, per quanto rientra nella sua competenza, e, attraverso il direttore generale, il consiglio d'amministrazione a fare tutto quanto è nel loro potere per far sì che i responsabili vengano individuati. Neppure io ho un'idea disciplinare del giornalismo del servizio pubblico, ma ho un profondo rispetto del cittadino che guarda la TV e soprattutto del cittadino che paga il canone. Anche per rispetto di queste persone che contribuiscono alla tenuta del servizio pubblico radiotelevisivo invitiamo il direttore generale e per suo tramite il consiglio d'amministrazione ad accertare completamente le responsabilità di ciascuno e a prendere, se del caso, i provvedimenti che ne deriveranno.
Do ora la parola al direttore generale della RAI per la replica.

PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Tenterò di dare una risposta molto sintetica e generale. Credo che non si debba arrivare ad accomodamenti ma non si possa fare giudizi universali. Era una cosa inconcepibile che avvenisse e quando le cose sono inconcepibili è anche difficile prevederle; sono avvenute e bisogna dare un giudizio per quello che sono: un errore gravissimo, che comporta gravi responsabilità, ma che va inquadrato nel contesto in cui è avvenuto. Però da questo a risalire a tutta una catena per cui l'intera RAI è da buttare credo sia un giudizio, oltre che ingeneroso, molto approssimativo ed anche molto interessato. La RAI non è peggiore di nessuno dei servizi pubblici dell'Europa. Vi invito ad andare a vedere i servizi pubblici degli altri paesi: vi renderete conto che il servizio pubblico reso dalla RAI è qualitativamente e quantitativamente superiore a tutti gli altri.
Dico questo perché è sbagliato ancora una volta fare di una circostanza un caso esemplare, che invoca giudizi più o meno divini sul servizio pubblico. Il servizio pubblico per eccellenza, che è la BBC, trasmette talvolta, anche in prima serata, immagini estremamente scioccanti. Con questo non voglio dire che noi abbiamo fatto bene. Ho detto che abbiamo sbagliato e che ci assumiamo la responsabilità di quello che abbiamo fatto e che non dovevamo fare. Ma la circostanza va giudicata all'interno dell'organo di giudizio, che è il consiglio di amministrazione, quando avrà tutti gli elementi compreso l'audit che sta effettuandosi.
Non entro nel merito delle dichiarazioni del procuratore, ma so da dove vengono i CD-rom perché il mio audit, che è assicurato da persona che fa questo mestiere da anni in aziende neanche comparabili con la RAI in termini di dimensioni e di problemi che hanno avuto. Quindi una persona estremamente preparata mi ha detto che per quanto riguarda il TG1 il CD-rom proviene dalla polizia postale di Napoli su indicazione di un sostituto procuratore (finché non sono definite le cose preferisco non fare nomi)


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e per quanto riguarda il TG3 proviene dal dipartimento di polizia di telecomunicazioni di Roma. Sono tutte circostanze che verificheremo e che vi trasmetto per come mi sono state comunicate, perché cominciano a girare una quantità impressionante di corvi su questa vicenda. Allora le cose vanno rimesse in ordine. I TG della RAI non sono un covo di persone che non hanno dignità, morale e valori: hanno dignità, morale e valori. Infelicemente da anni hanno una logica per cui l'attenzione esasperata viene concentrata sulle notizie di tipo politico e la griglia di lettura della politica in genere deforma le griglie di lettura di tutto il resto. La società civile, la società economica, il resto della vita, non si riconducono per intero alla politica, ma il fatto che molta informazione della RAI sia concentrata su questo elemento è molto meno responsabilità di chi la fa di quanto non sia responsabilità di chi la pretende.

PRESIDENTE. Direttore, sta dicendo che il dibattito in Commissione è viziato da un pregiudizio politico?

PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Assolutamente no. Però devo rilevare che c'è oggettivamente una connotazione di questo tipo che deriva da anni, per cui sull'informazione politica e sull'attenzione agli equilibri e al minutaggio ci si spacca la testa. Non a caso veniamo da mesi di esasperazione: considerate che la primavera scorsa abbiamo passato quasi tutto il nostro tempo a calibrare tutte queste cose. Può essere che un'attenzione concentrata sempre all'equilibrio su questo tipo di informazione renda meno avvertiti i problemi che pone una cronaca che invece va a colpire l'immaginazione dello spettatore molto più dell'equilibrio politico.
Quindi c'è oggettivamente un problema di recupero e di formazione del giornalista RAI - e non solo RAI perché le altre televisioni e la carta stampata hanno probabilmente gli stessi problemi - che lo faccia concentrare più sull'etica complessiva e sui valori che vengono trasmessi. Vorrei dire al senatore Semenzato che è da più di un anno che stiamo lavorando su questi temi con i giornalisti della RAI, attraverso incontri con i giornalisti su tutti i temi caldi, che non sono semplicemente quelli politici, ma vanno dalla genetica alla bioetica e così via; si tratta di incontri che non si svolgono solo a Roma ma vengono organizzati in giro per l'Italia nelle sedi delle redazioni giornalistiche. Stiamo facendo tutto questo, però la realtà dei fatti è che siamo in presenza di una mentalità, che in qualche modo è stata esasperata su questi temi anche in termini di sopravvivenza, perché poi non smetto di dire che il turnover continuo che ha in qualche modo interessato la RAI ha messo molto sulla difensiva tutti i suoi dipendenti, che si devono difendere dai cambiamenti successivi. Quindi anche le libertà individuali sono meno libere da questo punto di vista.
Voglio evitare di fare di un caso singolo, sia pure gravissimo, l'archetipo per giudicare uomini, cose, situazioni, eccetera. Abbiamo due direttori che sono fior di professionisti, non solo in termini professionali, ma anche in termini etici complessivi. Si tratta di due direttori di cui mi onoro di aver presentato la proposta di nomina alla direzione. Tenuto conto di questo non emetto giudizi sommari prima di aver capito come sono andate le cose. Il consiglio di amministrazione avrà tutti gli elementi che chiariscono il quadro e, poiché il consiglio di amministrazione è responsabile della nomina dei direttori, in quella sede andrà discusso l'eventuale accoglimento delle dimissioni che molto responsabilmente hanno rassegnato, sapendo benissimo come sono andate le cose.
Ieri sera mi sono comportato in questo modo, proprio per essere esplicito. Quando ho visto le immagini del TG3, che mi sono passate davanti mentre partecipavo ad una riunione, ho capito che stava succedendo qualcosa, dopodiché il direttore del TG3, che anch'egli ha visto in onda le immagini, è intervenuto (egli stesso poi spiegherà come). Quando è cominciato il TG1 mi sono preoccupato di


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chiamare Lerner il quale si è dimostrato tranquillo perché mi ha detto che aveva dato disposizioni perché quelle immagini non venissero messe in onda in quel modo. Dopodiché vedo che invece sul TG1 appaiono certe immagini. Ho richiamato due volte Lerner il quale mi ha detto che era anche lui incazzato nero - scusate l'espressione - perché era stato fatto esattamente quello che aveva detto di non fare e stava correndo per vedere se in qualche modo era possibile fare correzioni. Poi ho chiamato Mimun a casa per dirgli come erano andate le cose e per chiedergli di fare una verifica. Mimun ha fatto la verifica e mi ha tranquillizzato con l'assicurazione che non sarebbe successo niente. Questo è quanto si è svolto ieri sera, nell'ordine cronologico in cui si è svolto.
Quindi, se da questo punto di vista ci sono responsabilità, vanno inquadrate nel contesto che ho descritto. Torno a ripetere che è difficile prevedere e governare ciò che è inconcepibile. Non ci sono mai stati casi di questo genere ed è difficile che si possano ripetere. Proprio per questo, se ci sono smagliature nella macchina, vanno curate, ma fare di una circostanza del genere una questione generale e condannare tutto il sistema credo che sia un errore.
A me hanno fatto un piacere enorme le parole di una persona che è assolutamente fuori dalla mischia e dal baraccone. Mi riferisco alle dichiarazioni che Navarro ha reso, dimostrando ancora una volta che c'è una Chiesa saggia e laica da cui è bene prendere ispirazione, soprattutto quelli che come me si dicono cattolici. Le riporto testualmente: «La messa in onda delle immagini investe direttamente la questione della deontologia e della coscienza morale. Il fatto è tanto più grave in quanto strumentalizza bambini indifesi. Mi è sembrato dignitoso e tempestivo l'intervento in diretta del direttore del TG1 che si è scusato con i telespettatori ed ha promesso di accertare le responsabilità. Ritengo comunque che in questa circostanza si debbano evitare strumentalizzazioni politiche che fanno passare il vero problema in secondo piano». Credo che questa sia un'espressione di saggezza alla quale io penso di potermi rifare.

PRESIDENTE. Do ora la parola al direttore del TG1 per la replica.

GAD LERNER, Direttore del TG1. Vi ringrazio delle vostre domande che sono tutte legittime, ma lasciatemi premettere, con tutta la volontà di rispondere nel dettaglio, anche se rapidamente, che ci sono cose per me molto più importanti della direzione del TG1 alla quale sono arrivato da non più di tre mesi, e che sono la mia onorabilità personale, la mia famiglia e il mio bagaglio culturale. Queste cose vengono prima e quello che non posso accettare in alcun modo è che corra tra le righe l'insinuazione di una ricostruzione lacunosa di quanto è avvenuto ieri sera, e quanto è avvenuto ieri sera è profondamente illogico altrimenti i casi sono due: non sarebbero andate in onda quelle immagini oppure ci sarebbe stata da parte mia una difesa della scelta professionale di metterle in onda. Se però qualcuno insinuasse che per fini di concorrenza o per chissà quale malintesa concezione della professione giornalistica io avrei finto di rammaricarmi della messa in onda di quelle immagini e addirittura la mia richiesta di scuse successiva sarebbe stata semplicemente una manifestazione di protagonismo dopo avere surrettiziamente prima provocato e offeso i cittadini mandandole in onda, ebbene questo per me sarebbe molto più importante del ruolo che ricopro al TG1 perché offenderebbe la mia persona e in secondo luogo offenderebbe proprio il TG1.
Ho contato diciannove interventi di membri della Commissione parlamentare. In diciannove interventi non a caso nessuno di voi ha potuto fare riferimento a episodi precedenti in qualche modo analoghi quanto a trasmissione di immagini improprie e violazioni in materia di pedofilia e comunque in materia di tutela dell'infanzia. È costume da sempre - già


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da prima che ci arrivassi - nel TG1 di schermare qualsiasi immagine di minori, quand'anche si tratti di minori ripresi casualmente per la strada ad illustrare un servizio di cronaca bianca, lontano quindi da episodi di criminalità o simili. Il riflesso è talmente condizionato che - come qualcuno di voi ha notato - perfino i colleghi che ieri hanno commesso questo terribile ed imperdonabile errore si ritenevano tranquilli di avere mandato in onda quelle immagini semplicemente perché le avevano un poco schermate.
Nessuno ha potuto fare riferimento ad una continuità di episodi di questo tipo. Questa per me è la cosa più importante, perché per me sono importanti soprattutto il TG1 e il suo futuro. Quando risponderò alla domande pressanti che mi avete posto sulle mie dimissioni, lo farò in questa chiave.
Mi piacerebbe molto, come potete capire, potervi dire che si è trattato di sabotaggio o di complotto. Mi assumerei ugualmente la responsabilità dell'accaduto, perché anche qualora fossi stato sabotato o beffato da qualcuno, ugualmente considererei che il direttore responsabile deve pagare per l'accaduto. Questo lo penso a tutela del principio gerarchico che regola un telegiornale.
Invece, non è andata così, non abbiamo avuto a che fare né con sabotaggi né con complotti. Abbiamo avuto a che fare con imperizia, con leggerezza, con problemi di scarsa sensibilità culturale della categoria. Credo lo si debba dire, perché è un problema generale del quale siamo consapevoli di doverci farci carico e lo eravamo già da prima che questo episodio si verificasse.
Dunque, rispondendo alle vostre domande se non me ne fossi accorto della gravità del caso, da dove arrivasse il materiale, a che ora fosse arrivato, se avessimo parlato in redazione di questa notizia, che era arrivata sin dal mattino, posso confermarvi nel dettaglio che fin dalla prima riunione dei capi redattori del mattino, che si svolge alle 10, in riferimento a questa inchiesta è stata da me sottolineata la necessità di trattare con molta cura i toni, le parole e le immagini. Se permettete, questa raccomandazione l'ho fatta anche per una mia esperienza personale, perché questa estate mio figlio Davide, di otto anni, per alcune notti ha dormito male per il semplice fatto di aver sentito al telegiornale il resoconto sulla vicenda di Andria, dove immagini crude non se ne erano mostrate. È dunque anche una sensibilità familiare, oltre che personale, che mi ha spinto in tutta la vicenda.
Esiste oggettivamente un problema più generale di modalità di informazione, di approccio a comportamenti sociali impressionanti che sono ahimè più diffusi che nel passato nel nostro paese, o quanto meno che vengono alla luce di più. Quindi, il problema di trattare con delicatezza questo tipo di notizie ce lo poniamo giorno per giorno all'interno del telegiornale, che è visto da famiglie e da minori. Quasi tutti i giorni arrivano al TG1 immagini non trasmettibili: solo ieri sono andate in onda. Comunque, entrerò ora nel merito delle domande che legittimamente avete posto.
È stato chiesto cosa sia accaduto. Ebbene, fin dal mattino ho dato queste indicazioni. Quando abbiamo saputo dell'esistenza di queste nuove immagini? Molto tardi, per quanto mi riguarda guardando il TG3. Nel corso della giornata, nelle due riunioni che normalmente faccio con i capiredattori, alle 10 ed alle 16, quando ho rinnovato la mia raccomandazione sul tono e le immagini, l'ho fatto in generale, assolutamente non essendo al corrente, come nessuno di quelli che partecipavano alle riunioni, dell'esistenza di nuove immagini scabrose; ma siccome già molte in repertorio ne esistono, mi riferivo alla necessità di stare attenti al materiale da usare.
Soltanto guardando il TG3 mi sono reso conto che passavano immagini orrende e che quindi evidentemente quelle immagini erano andate in circuito, cioè nel vidigrafo che trasmette a Saxa Rubra immagini provenienti, in questo caso, dalla sede di Napoli. Mi sono detto: stiamo attenti, sono entrate in circuito


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immagini nuove e, quando arrivano immagini nuove che possono sostituire il repertorio, di solito i colleghi, che sono afflitti da un eccesso di materiale di repertorio, le utilizzano. Per scrupolo ho rinnovato la mia indicazione a non usare le immagini che avevamo visto sul TG3. Ho detto che al massimo si poteva far vedere, per pochi secondi, un portale Internet completamente schermato, tanto che, quando mi ha chiamato il direttore generale poco dopo, lo ho tranquillizzato dicendo che già avevo provveduto. Questo accadeva tra le 19,10 e le 20.
Si tratta di quell'ora - alcuni di voi che hanno lavorato nei telegiornali lo sanno - in cui affluiscono i servizi da fuori e vengono ultimati i montaggi dei servizi fatti in redazione. Qui è subentrato l'elemento dell'omissione di controllo, che implica una catena di controllo, anche per una sistemazione logistica.
Vi posso raccontare un aneddoto che in questo caso è davvero uno scherzo infelice e che mi riguarda. Essendo molto lontana la zona della direzione del TG1 dalla saletta di montaggio e dagli studi, ho chiesto due o tre settimane fa all'azienda di predisporre una linea cavo per consentirci di seguire le lavorazioni e il montaggio anche dalla stanza della direzione, il tutto con una spesa minima. Questo servizio entrerà in funzione alla fine della settimana prossima ed è un qualcosa che non esisteva e che ho ritenuto opportuno avere, rendendomi conto che per la mole di lavoro che schiaccia i direttori di settore, molto spesso a quell'ora costoro sono impegnati a fare brevi testi di raccordo dei telegiornali e delegano alla visione dei servizi persone che non sempre possono avere la qualifica professionale adatta. Quindi, il problema era stato già posto.
Ieri una particolare esilità di presenze di responsabili in redazione ha fatto sì che in quel particolare orario in cui si stringono i tempi, arrivano i servizi e contemporaneamente il coordinamento, cioè il direttore e il vicedirettore si occupano di fare i titoli, controllano sui monitor e le agenzie le ultime notizie e predispongono eventuali variazioni di scaletta, dunque in quel particolare orario in cui la presenza fisica del direttore più è necessaria nella zona di direzione, è avvenuto l'increscioso passaggio di queste immagini, che sono andate in onda. Questo è ciò che è accaduto ieri e non credo di aver dimenticato nulla rispetto alle domande che mi avete posto.
Sono arrivate tardi queste immagini? Ne sono arrivate una parte già confezionata e montata nel servizio della nostra inviata a Napoli, Adriana Pannitteri, e un'altra parte riversata attraverso il vidigrafo, tutta a Saxa Rubra, e a quella ha attinto Davide Sassoli per montare il proprio servizio. Così è andata, in questo consiste nel dettaglio una omissione di controllo mia, che va considerata oggettiva o soggettiva: decidete voi.
Non mi interessa l'oggettività o la soggettività, ma riconoscere che la responsabilità è mia in primo luogo, come direttore responsabile, e me la sono assunta. Mi spiace che non sia presente l'onorevole Butti, ma vorrei dire che ci sono questioni di onorabilità personale che prevalgono su tutto il resto. A differenza di quanto egli ha detto, per fortuna ci sono circa otto milioni di telespettatori che possono testimoniare e c'è il testo scritto di quello che ho improvvisato in diretta, neanche avendo davanti quel foglietto che di solito mi scrivo: mi sono assunto in prima persona la responsabilità dell'omesso controllo, usando le stesse parole che uso qui con voi. A questo, se permettete, tengo molto.
Non ci sono state furbizie nelle telefonate con Celli, né sulle disposizioni a sfumare o meno le immagini. È andata come le ho detto. Devo aggiungere soltanto un'ultima questione, della quale si parla in un documento molto ufficiale della mia breve direzione al TG1, cioè il piano editoriale approvato a larga maggioranza dalla mia redazione. In quel piano c'era scritto che prevedevo in autunno una forte probabilità di sorpasso della concorrenza rispetto al TG1, a seguito della controprogrammazione su Canale 5 di Il grande fratello, dalle 19,45 alle


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20 e poi di Striscia la notizia. Trovavo ragionevole attrezzarsi psicologicamente e professionalmente anche all'eventualità di un sorpasso - sappiamo quanta notizia abbia fatto in passato questa eventualità - ritenendo che l'unica arma che avevamo, di fronte all'ipotesi che si poneva oggettivamente per motivi di palinsesto, fosse quella di fare un telegiornale con i fiocchi dal punto di vista dell'autorevolezza e della indiscutibilità della gerarchia delle notizie che proponeva, evitando l'inseguimento della cronaca dai facili ascolti. Chi guarda le nostre scalette sa che a volte abbiamo sacrificato notizie suggestive di cronaca, perché ritenevamo prioritaria una notizia di politica estera ovvero di politica economica, che doverosamente doveva stare al primo posto del TG1.
Anche se in una situazione di amarezza, come quella di oggi, sono orgoglioso di poter dire che questa autorevolezza è stata preservata e rafforzata e che ha avuto un riflesso sugli ascolti, visto che si è allargata la forbice che ci distanzia dal concorrente, anziché verificarsi un sorpasso. L'errore di ieri ci danneggia, ma sono certo che il TG1 ha tutte le risorse per riconfermare la sua autorevolezza e credibilità.
Quanto alle mie dimissioni, che sono vere e non finte, mi permetto di far notare quanto segue. Innanzitutto, se permettete un'ultima notazione personale, soltanto quattro mesi fa non mi sognavo neppure di diventare direttore del TG1; non apparteneva ai miei orizzonti di vita. È stata una designazione del tutto inaspettata, della quale ho apprezzato non solo la fiducia che mi si dava, ma anche il metodo con la quale veniva compiuta: molte persone abituate a sapere in anticipo chi sarebbe diventato direttore del TG1, questa volta non l'hanno saputo, nell'una né nell'altra parte dello schieramento politico.
Potrei dire sprezzantemente, e non voglio assolutamente usare questo tono, che un lavoro fuori dal TG1 lo trovo. Non ho il problema di restare aggrappato a questa poltrona e posso seguire altri miei interessi di vita, che stavo sviluppando e percorrendo prima di questa sorpresa. Vorrei dire però che il criterio che adotterò nei prossimi giorni, finché starò su quella poltrona, sarà uno ed uno soltanto: agire nell'interesse del TG1 e di questa redazione, che se lo merita e che io difendo. Questa redazione merita infatti di essere difesa, soprattutto oggi.
Di conseguenza, non considerate una scortesia se vi dico che la questione da voi posta circa le mie dimissioni ritengo vada affrontata con il mio editore e con questa redazione, che intendo potenziare e rafforzare fino all'ultimo giorno che sarò direttore.

ANTONINO RIZZO NERVO, Direttore del TG3. Desidero dare soprattutto risposta ai quesiti posti dai membri della Commissione parlamentare di vigilanza, non tornando su questioni generali su cui mi ero soffermato in apertura della riunione.
Sulla scia di quanto detto da Celli, non per fare una facile battuta, vorrei dire anch'io che una cosa imprevedibile proprio in quanto non può essere prevista. Quello che posso dire e che oggi ho detto al responsabile del nostro audit interno - l'azienda ha fatto un audit che ha coinvolto anche il direttore di testata - è semplicissimo e non lo dico per dare minore importanza alla mia assunzione di responsabilità rispetto a quella che avevo definito responsabilità oggettiva ovvero all'omesso controllo, come è stato detto.
Desidero partire da quanto è avvenuto ieri sera per rispondere alle domande poste, in particolare agli interrogativi posti dall'onorevole Romani, che è esperto del mestiere. Né nelle riunioni di sommario - che anche da noi si svolgono alle 10 e alle 16 - né successivamente, la direzione di testata e in particolare il direttore di testata erano stati avvertiti che erano pervenute quelle immagini. Del resto, a parte il fatto che purtroppo negli ultimi mesi ci siamo dovuto occupare di frequente di questa problematica, le raccomandazioni di prudenza, l'invito a quello che ho sempre definito un supplemento di professionalità e di consapevolezza in più


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quando si trattano di argomenti legati ai minori, quanto alle immagini, ai testi ed alle interviste, sono state rinnovate anche ieri mattina e ieri pomeriggio.
Non vi sfuggirà il fatto che quelli del telegiornale della sera, alle 19,20, non erano i primi servizi con cui l'informazione RAI ricordava quanto era successo. Già il TG3 delle 12, prodotto da Milano, e quello delle 14,20 avevano realizzato servizi sul caso, che meritava questa dimensione all'interno del telegiornale. I servizi già trasmessi non potevano far prevedere al direttore di testata o alla direzione di testata - come è stato ricordato, ieri ero impegnato per la presentazione del nuovo palinsesto - che materiale diverso potesse essere trasmesso nell'edizione della sera. Evidentemente si è verificato l'imprevedibile ed ho appreso del materiale vedendolo in onda.
Le telefonate tra me e Celli si sono incrociate: mentre io lo cercavo tramite segretaria, lui mi ha chiamato sul cellulare. Ho ritenuto di farlo proprio per capire cosa non avesse funzionato e cosa fosse successo. La mia prima dichiarazione alle agenzie e quanto poi ho detto al telegiornale delle 22,45, relativamente all'avvio di una indagine conoscitiva, non era una mossa propagandistica ma proprio un atto dettato dalla necessità di comprendere come potessero essere andate in onda immagini di cui né il direttore né la direzione di testata (in particolare, il vicedirettore che su mia delega quella sera seguiva la trasmissione) sapeva l'esistenza. Questo il punto vero, che attiene all'imprevedibilità del fatto e che subito ci ha portato ad avviare un'indagine conoscitiva, che non tendeva ad individuare le responsabilità per i conseguenti provvedimenti disciplinari. Avevamo la forte necessità di sapere come potesse essere successo tutto ciò.
Circa i risultati delle indagini, seguite dalla direzione generale che nelle prossime ore informerà il consiglio, non spetta a me parlare. Mi interessa, evitando di ripetere quanto già detto da me e da Lerner, affermare che nei confronti degli autori dei servizi o dei colleghi che potrebbero - dico «potrebbero» perché l'indagine è in corso - avere avuto un atteggiamento superficiale nell'affrontare l'ultima parte organizzativa della messa in onda del telegiornale, non ho rabbia: ho incredulità. Questa è la dimensione del fatto e proprio per questo forse è difficile trovare una spiegazione sul perché sia stato compiuto questo errore gravissimo. La mia incredulità viene dalla storia professionale di quei colleghi ed anche - forse il termine è roboante - dalla storia del TG3.
Siamo stati protagonisti di campagne su questi temi, anche in passato, per una forte sensibilizzazione ed abbiamo sempre cercato di usare toni estranei alla spettacolarizzazione. Abbiamo rinunciato spesso agli scoop in tema di minori e di vicende che li riguardavano.
Concludo sulle dimissioni, che non sono una finzione ma sono vere rispetto a quegli elementi di responsabilità oggettiva di cui ho parlato. Sono vere anche a tutela della professionalità della redazione. Preferisco che venga crocifisso il direttore invece dei singoli colleghi, dopo di che dico, come Lerner, che il rapporto è tra direttore di testata ed editore; poi è un fatto di coscienza personale, sul quale in questo momento, senza conoscere i risultati definitivi dell'indagine conoscitiva e quanto verrà deciso dal consiglio di amministrazione, non mi sento di anticipare una decisione.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione del direttore generale della RAI e dei direttori del TG1 e del TG3.

La seduta termina alle 18.05.

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