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Seduta del 4/5/1999


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Audizione dei rappresentanti del Coordinamento dei giornalisti precari delle reti RAI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Coordinamento dei giornalisti precari delle reti RAI.
Saluto la dottoressa Laura Trovellesi, il dottor Amedeo Ricucci e la dottoressa Paola Nappi del Coordinamento giornalisti precari della RAI.
Come la legge prevede, siamo impegnati nella verifica della relazione semestrale che il Ministero competente predispone per quanto riguarda i controlli di sua competenza nei riguardi della RAI per l'attuazione del contratto di servizio, cosa che serve a fare il punto della situazione all'interno dell'azienda anche sotto il profilo del conto economico. Il relatore, senatore Semenzato, ed altri membri della Commissione, hanno chiesto di poter ascoltare alcuni soggetti ritenuti importanti ai fini di questa discussione e tra questi ci siete anche voi. Vi chiedo se vogliate procedere ad un'introduzione.

LAURA TROVELLESI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. Vorrei solo specificare meglio chi siamo, sia pure con una premessa: per un ulteriore contributo di conoscenza, abbiamo predisposto un documento che, se il presidente lo consente, vorremmo lasciarvi come strumento in più agli atti della Commissione.
Siamo un coordinamento di giornalisti professionisti che lavorano nei programmi di informazione delle reti RAI, ma poiché il nostro apporto lavorativo insiste in un'area che è quella delle reti, e quindi non siamo testata, veniamo contrattualizzati con un contratto riferente ai lavoratori dello spettacolo, cioè con un contratto da programmista regista benché, ripeto, siamo giornalisti professionisti e benché lavoriamo su programmi di informazione, con un rapporto, è importante sottolinearlo, di un interno a dieci esterni; così è la forza lavoro su cui si basa la produzione dei programmi d'informazione.
Noi lavoriamo in questi programmi come giornalisti e siamo richiesti per lavorare in essi proprio perché siamo giornalisti; nel corso del tempo l'ordine dei giornalisti ha anche riconosciuto l'attività svolta, riconoscendo il praticantato a tutti quei colleghi che lavorano nei programmi di informazione delle reti. Nonostante questo per l'azienda non esistiamo, non esiste informazione nelle reti. Non solo non esiste informazione nelle reti, ma


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non esistiamo come figure professionali determinanti, anche se in questo momento ci sono colleghi che fanno dirette dai Balcani. Potrete oggi vedere dalle 17 su Raidue un nostro collega, che doveva essere qui con noi, che farà un collegamento in diretta dai Balcani ....

PRESIDENTE. E non è spettacolo ....!

LAURA TROVELLESI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. Non è certamente spettacolo. È un giornalista professionista. Ci domandiamo quale differenza possa esserci fra lui e un collega del TG2 o TG3 che faccia lo stesso lavoro. L'azienda nega che vi sia informazione nelle reti quando i programmi di informazione nelle reti sono invece sempre più presenti, quando all'interno delle reti ci sono capi struttura dirigenti destinati a occuparsi di informazione; nella maggior parte del casi sono giornalisti professionisti dirigenti distaccati per questa mansione dalle testate alle reti. Per fare solo qualche esempio, come non dire che programmi come Porta a porta, La vita in diretta, Maastricht Italia ed altre rubriche, anche parlamentari, come Telecamere, eccetera, siano di natura giornalistica? Ciò anche perché tutti questi programmi, come ben sa la Commissione, non solo vengono monitorati dall'Osservatorio di Pavia, ma debbono osservare le norme che regolano la par condicio durante i periodi elettorali, e in questi periodi vengono ricondotti alla responsabilità del direttore di testata. È come dire che la specificità dei programmi di informazione delle reti non copra quella necessità di approfondimento che connota la diretta e completa informazione del servizio pubblico.
Nonostante tutto questo, noi per l'azienda non esistiamo, siamo assimilati solo ad un nutrito gruppo di persone, benché siamo molto visibili. Voglio dire questo perché questa peculiarità interessa non un numero esagerato, come spesso viene detto, ma un numero ristretto di persone che noi abbiamo identificato in 50. L'ispezione dell'INPGI ha ravvisato e dato identità a questo fenomeno. Andando indietro di soli cinque anni, ha verificato che giornalisti professionisti sono stati impiegati (dall'anno scorso fino ai cinque anni precedenti) per 9-10 mesi l'anno su programmi di informazione; da questo si evidenzia un gruppo, un nucleo di persone che viene sempre utilizzato.
Dopo l'ispezione dell'INPGI dalla direzione del personale è partito, diretto ai nostri capi una sorta di invito formale a sottoscrivere un documento nel quale si invitava a dire che noi non facevamo attività giornalistica. Questo è abbastanza grave e viola anche la privacy; si trattava di un modello prestampato con nome e cognome dell'interessato; debbo anche dire che molti dei nostri capi hanno detto quello che facevamo, che risulta tra l'altro evidente dalla messa in onda dei contributi, dei servizi e delle dirette che curiamo. Questo, dicevo, per segnalare l'atteggiamento dell'azienda che, d'altro canto, non solo nega tutto questo ma anche il fatto che vi sia un bacino di professionalità che vengono costantemente utilizzate per svolgere questo tipo di mansioni.
È questa la prima volta che si affronta in una sede istituzionale questo problema, benché del precariato RAI se ne sia parlato; per questa specificità, però, è la prima volta. Chiediamo quindi con forza che se, come noi crediamo e come riteniamo sia emerso anche nell'ispezione dell'INPGI, determinate ragioni sussistono, questa situazione sia in qualche modo sanata.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri interlocutori. Passiamo alle domande dei colleghi, alle quali vorrei premettere una sola riflessione da parte mia. Quanto ci ha detto la dottoressa Trovellesi, infatti, mi ha incuriosito. Direi anzi che ci sia, nei dati che riceviamo, qualcosa di assimilabile ad una prova documentale, perché è la RAI che ci invia i dati dell'Osservatorio di Pavia che classifica come trasmissioni di informazione e informazioni parlamentari le varie trasmissioni: Il fatto, Porta a porta, Giorni d'Europa, Oggi al Parlamento


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e Question time per la prima rete, Pinocchio, Diretta dal Senato e Oggi al Parlamento per la seconda, Italia Maastricht, Mille e una Italia, Telecamere e Diretta dal Senato per la terza. C'è quindi materia su cui discutere ed è indubbio che può avere valore documentale - su questo sarà bene attivare l'invio all'INPGI del relativo materiale - la nota che ad ogni campagna elettorale ci viene inviata sulla riconducibilità delle trasmissioni delle reti a quelle delle testate. Se sono informazione, l'informazione la fanno i giornalisti; questo è un dato certo ed acclarato.
Mi sembra dunque che stiano emergendo elementi utili ed interessanti. Tra l'altro - lo dico per informazione dei nostri interlocutori - nella audizione testé svolta del vertice dell'INPGI - è emerso che inizierà adesso anche un'azione ispettiva sulle transazioni che sappiamo quanto abbiano travagliato la vita dei vostri colleghi. Anche da questo deriveranno forse nuovi elementi interessanti.

STEFANO SEMENZATO. La situazione mi pare abbastanza chiara, per cui vorrei chiedere solo alcune specificazioni, che sono le seguenti. La prima riguarda il fatto se siano pressoché sempre gli stessi giornalisti che vengono periodicamente riassunti e se quindi si possa configurare di fatto un'area nominativa e non solo un fenomeno di carattere generico.
La seconda riguarda il fatto se tutti quelli di cui si parla siano inseriti nella categoria delle trasmissioni come quelle che abbiamo ricordato: Porta a porta, La vita in diretta, Pinocchio, eccetera; tutte quelle trasmissioni delle reti che consideriamo di carattere informativo. Questo anche perché con i primi articoli dei contratti di servizio vi sono degli obblighi rispetto alla parte informativa, in cui in genere queste trasmissioni vengono considerate come trasmissioni informative ai fini della qualità del servizio pubblico. È quindi importante capire quali siano le trasmissioni in cui si collocano questi giornalisti e averne, se possibile, un elenco preciso. Ciò anche in riferimento a quanto veniva detto - e su cui chiederei una spiegazione più precisa - sul rapporto uno a dieci. Se ben capisco, vi è un assunto RAI con l'articolo 1 e 10 giornalisti contrattualizzati in maniera diversa. Questo dato ci darebbe un quadro effettivo della parte che riguarda le trasmissioni di rete che a sua volta ci consentirebbe di ricostruire un quadro d'insieme su cui chiedere poi spiegazioni alla RAI e al ministero in modo più preciso.

PRESIDENTE. Fra l'altro, collega Semenzato, sulla questione da lei posta, già altri rappresentanti dei precari ci hanno parlato di questo rapporto di uno a dieci, che determina la strana situazione per cui per quell'uno lo stipendio scorre, mentre loro, per riguadagnarsi il contratto, lavoreranno un po' di più. Anche questo è un dato interessante.

MASSIMO BALDINI. Abbiamo già chiarito con l'INPGI l'aspetto contrattuale che vi riguarda, quello di programmisti registi; in realtà dovrebbe essere come giornalisti, dovreste essere inquadrati in un modo diverso ed avere un diverso tipo di contratto. Mi sembra che questo sia emerso chiaramente anche dalla relazione che ora abbiamo ascoltato. Io vorrei capire un'altra cosa, approfittando di questa opportunità e ritornando su un argomento che il presidente ha prima affrontato: voi avete anche un rapporto di lavoro a tempo determinato, che però poi si trasforma in un altro rapporto anch'esso a tempo determinato in modo continuativo, per cui nella sostanza avete un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, mentre nella realtà e formalmente voi sottoscrivete contratti a tempo determinato. Io vorrei capire esattamente quali siano le motivazioni che inducono la RAI a tenere questo comportamento nei vostri confronti e soprattutto se da parte della RAI, nel momento in cui si risolve il rapporto di lavoro a tempo determinato, vi venga fatta firmare o sottoscrivere una documentazione aggiuntiva di rinunzia a vostri eventuali diritti, svolgendo così in qualche modo un'azione »intimidatoria» per eventuali azioni rivendicative dei vostri


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diritti. Vorrei capire questi passaggi, questi meccanismi, e quali strumenti ponga in essere la RAI per arrivare ai suoi obiettivi, non tutelando le vostre posizioni.

ANTONIO FALOMI. Vorrei sapere quanti dei 50 giornalisti inquadrati come lavoratori dello spettacolo, anziché come giornalisti, sono anche iscritti all'ordine dei giornalisti.

LAURA TROVELLESI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. Sono tutti professionisti.

PRESIDENTE. Però ce ne sono un'altra quarantina che ....

ANTONIO FALOMI. Sì, questo è emerso anche dall'audizione dell'INPGI. Un altro chiarimento riguarda quali siano per i nostri interlocutori in concreto gli svantaggi dell'essere inquadrati come lavoratori dello spettacolo, anziché come giornalisti. Nell'audizione dei rappresentanti dell'INPGI è emerso che in termini contributivi non vi sono significative differenze contrattuali fra lavoratori dello spettacolo e giornalisti, ma non ci è stato detto null'altro. Mi piacerebbe capire cosa significhi questo per voi in concreto.

PRESIDENTE. Il presidente dell'INPGI, però, ha specificato che lei ha ragione per quanto riguarda i contributi, mentre vi è differenza per la retribuzione.

ANTONIO FALOMI. Sì, ma si tratta soltanto dell'aspetto retributivo? Riterrei utile questo elemento di conoscenza, come ogni altro riguardante i punti di differenziazione tra i due contratti, proprio per capire poi quale sia la dinamica che porta a questa scelta.

MARIA CHIARA ACCIARINI. Vorrei sapere innanzitutto dai nostri interlocutori - non so se lo abbiano già fatto, può darsi che io non lo abbia colto; in questo caso me ne scuso - se percepiscono indennità di fine rapporto. La lettera di rinunzia ad alcuni diritti, è stata qui indicata come qualcosa di periodico; coincide con i rinnovi contrattuali o no? Questo punto non mi è del tutto chiaro dalla lettura del testo consegnato.

AMEDEO RICUCCI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. Il senatore Semenzato vuole sapere se i giornalisti che lavorano in queste trasmissioni siano sempre gli stessi. Ebbene, per quanto riguarda l'elenco delle trasmissioni, ne parlerà poi più ampiamente la mia collega; effettuiamo anche noi un monitoraggio: le trasmissioni in questione sono una ventina. Il numero dei colleghi da noi individuato è pari a 45, che poi sono quelli che compongono il coordinamento: sono giornalisti professionisti che lavorano quasi sempre nelle stesse trasmissioni. Posso fare anche degli esempi concreti. Io ho lavorato a Mixer per cinque anni; ho sempre avuto il rinnovo contrattuale per quella trasmissione. Tenete presente che i contratti hanno la durata di dieci mesi, per le trasmissioni più importanti (più importanti, tra virgolette); molto spesso il rinnovo contrattuale avviene prima della scadenza del contratto in essere: io a giugno firmavo il nuovo contratto che sarebbe partito a settembre. La sosta tra un contratto e l'altro riguarda i mesi di luglio e agosto, che sono i cosiddetti mesi morti per la RAI, dal momento che le trasmissioni di questo genere non vanno in onda in quel periodo. Molto spesso, peraltro, l'azienda, in quel periodo, ci faceva lavorare in appalto; io praticamente lavoravo 12 mesi all'anno: per dieci mesi lavoravo in redazione a Mixer e per i due mesi estivi partivo per fare dei reportage; quindi comunque lavoravo, anche se formalmente c'era un appalto. Questo vale per tutti i 45 colleghi compresi nella lista. Tenga presente, senatore Semenzato, che vi sono colleghi che possono vantare 10 anni di contratti, sempre con questo sistema: contratto di 10 mesi, pausa di uno o due mesi, rinnovo del contratto, molto spesso garantito fin dall'inizio anche se il rinnovo, ogni tre anni (rispondo così all'onorevole Acciarini), era


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subordinato alla firma di quella benedetta transazione: per ottenere il rinnovo del contratto io dovevo firmare contestualmente una lettera in cui rinunciavo ai diritti pregressi e mi impegnavo a non fare causa all'azienda. A quel punto, una volta firmata questa dichiarazione, mi veniva sottoposto l'altro foglio, quello del contratto. Quando si parla quindi di manovra intimidatoria, non ho dubbi a definirla veramente tale.
Devo fare un'ulteriore precisazione rispetto al rapporto fra interni ed esterni. Mi richiamo ancora a dei casi concreti. Nella redazione di Mixer eravamo generalmente 15-20 persone; di queste 15, 10 erano giornalisti professionisti, altri 2 o 3 non erano giornalisti professionisti ma facevano il nostro stesso lavoro, mentre non c'era nessun interno: Mixer (ma vi sono altri casi analoghi) si reggeva sul lavoro dei giornalisti precari, il lavoro non era svolto da giornalisti interni. La stessa situazione si riscontra più o meno nelle altre trasmissioni.

PAOLA NAPPI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. La RAI fa i suoi conti, io dico quello che risulta a me: io ho lavorato 1.736 giorni, continuativamente, a partire dal 1991, come programmista regista, sempre nella stessa trasmissione. Qual è stato l'inghippo? L'inghippo è stato che negli anni la trasmissione ha cambiato nome, anche se è sempre rimasto il nucleo con cui era cominciata la trasmissione, nucleo che poi piano piano si è arricchito. Nel 1991 la trasmissione si chiamava Detto tra noi. Poiché non si può stare nella stessa trasmissione per più di tre anni, la trasmissione ha cambiato nome ed è diventata Italia in diretta. Successivamente ha cambiato nuovamente nome ed è diventata Cronaca in diretta, per poi tornare di nuovo, per due anni, a chiamarsi Italia in diretta. Cosa è successo? Per tre anni siamo passati inosservati. Fino al sesto, settimo anno io sono passata inosservata con riferimento al controllo effettuato dall'azienda per evitare che persone come me diventino interne. Alla fine, io e altre persone siamo state individuate e ci è stata fatta firmare la famosa transazione; siamo stati tenuti un anno ed ora siamo dovuti emigrare. Italia in diretta è diventata di nuovo Cronaca in diretta e adesso la trasmissione si chiama La vita in diretta.

PRESIDENTE. Ma anche quando si cambia nome restano le impronte digitali!

PAOLA NAPPI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. La scorsa estate, io sono passata al TG2, in cronaca, e adesso sono al TG1. Sono entrata nel 1991 come pubblicista, nel 1993 ho sostenuto l'esame e sono diventata professionista; ho sempre dichiarato all'azienda di essere giornalista professionista e ho sempre chiesto un contratto giornalistico, ma mi è sempre stato risposto che non era possibile farlo in rete. In questi anni, l'informazione in RAI è cambiata moltissimo. Tanti anni fa le trasmissioni andavano in onda dalle 5 in poi. Nel tempo sono nate le trasmissioni mattutine, quelle che vanno in onda prima dell'alba, dopo il tramonto, dopo la mezzanotte: la fascia si è talmente allargata che l'informazione, appunto, non è più limitata ai telegiornali ma adesso si svolge molto anche nelle reti.
È stato chiesto se le persone che lavorano in queste condizioni siano sempre le stesse. Sì, per la maggior parte si tratta sempre delle stesse persone: se la trasmissione va bene e funziona, il gruppo di quelli che vi lavorano si arricchisce magari negli anni di altre persone.
È stato anche chiesto quali siano gli strumenti con cui vengono aggirati i vincoli imposti dall'azienda. Sono gli autori che mettono in pratica questi escamotage, magari cambiando il nome, cambiando un articolo, cambiando comunque qualcosa, visto che nella RAI non si può comunque rimanere per più di tre anni nella stessa trasmissione; ma molti di noi hanno lavorato nella stessa trasmissione per 10 o 20 anni.
Vorrei dire un'altra cosa molto importante. Quali sono gli svantaggi di avere un


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contratto da programmista? Ebbene, come giornalista e redattore ordinario, io al TG2 guadagnavo il doppio di quello che guadagnavo da professionista, ma non voglio fare un discorso economico, perché non è questa la sede più idonea. Vorrei sottolineare che io ho iniziato a lavorare nel 1991: sono giornalista, ho sempre fatto l'inviato di cronaca e ho sempre lavorato impegnandomi moltissimo. Per un discorso di trasparenza che l'azienda vuole portare avanti, la RAI ha sempre assunto i giornalisti dai precari delle liste delle testate. Ebbene, non avendo mai fatto parte di una testata, nessuno ha mai riconosciuto il nostro precariato. Quindi, noi non siamo precari per nessuno, i precari sono gli altri: noi non abbiamo neppure avuto, in questi anni, il riconoscimento del precariato! Vengono assunti sempre quelli delle testate e noi, se la situazione continuerà ad essere questa, rimarremo i figli di nessuno. Attualmente, per esempio, io sono in gravidanza; ebbene, non so cosa mi potrà succedere in futuro: ora si cominciano a buttare le basi per settembre; io a settembre sarò ancora in gravidanza e avrò perso il giro, non so neppure se riuscirò a rientrare nell'azienda, perché ogni anno è come ricominciare da capo.

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, dottoressa Nappi. Paradossalmente, da parte della RAI, potrebbe essere considerata abusiva anche la vostra audizione, visto quello che ci ha detto.

LAURA TROVELLESI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. Sì.

PAOLA NAPPI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. Non so che dirle al riguardo. Certo, i coordinamenti di precari della RAI riguardano i giornalisti delle testate; noi non apparteniamo a testate, apparteniamo alla rete.
Il precariato diventa purtroppo il centro della vita: in questi dieci anni, tutta la mia vita è diventata precaria attorno al precariato determinato dall'azienda. All'azienda io chiedo trasparenza, chiedo cioè alla RAI di mantenere e sanare tutte le situazioni che si sono create in questi anni, prima di fare concorsi e di aprire le porte ad altri giornalisti.

AMEDEO RICUCCI, Rappresentante del coordinamento giornalisti precari delle reti RAI. Vorrei fare una precisazione, che mi sembra importante, sul piano industriale dell'azienda. Ovviamente l'ispezione dell'INPGI ha fatto emergere la situazione reale e a noi fa piacere. L'INPGI ha rilevato un'anomalia contrattuale sul piano previdenziale. Noi qui stiamo cercando di allargare il discorso per farvi capire che vi è un'anomalia che va al di là dell'aspetto relativo al versamento dei contributi previdenziali all'ENPALS piuttosto che all'INPGI. Rispetto a questo discorso noi infatti chiediamo che venga applicata una sanatoria. È un discorso che ci risulta difficile fare in azienda, anche perché in RAI, ogni volta che da parte nostra si parla di sanatoria (le poche volte che riusciamo a fare questi discorsi, perché comunque in genere non si toccano simili argomenti) ci viene sbandierato comunque il famoso numero di 1.650 giornalisti che rappresenta un tetto invalicabile. Potremmo anche essere d'accordo su questo, però poi l'azienda, che come sempre predica bene ma razzola male, da un lato, continua comunque ad assorbire i nuovi assunti dalle liste dei precari stabilite assieme al sindacato interno, cioè all'USIGRAI (si tratta appunto di liste che sono ad assorbimento e che riguardano solo i precari delle testate: noi non rientriamo assolutamente in queste liste), dall'altra, continua comunque a rispettare i suoi impegni con la scuola di Perugia, per cui vengono assunti giornalisti alle prime armi, anche se spesso sono bravissimi, mentre noi comunque abbiamo a volte dieci o quindici


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anni di esperienza all'interno dell'azienda. Per di più, ultimamente circola un discorso su nuove selezioni che l'azienda vuole fare, in nome della trasparenza: a noi questo discorso va benissimo, ma non si capisce perché sia la trasparenza sia il famoso tetto dei 1.650 giornalisti debbano sempre essere fatti valere contro di noi. Si parla di trasparenza solo quando noi accampiamo diritti che ci sembrano ormai riconosciuti da più parti!

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per la loro disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.
La Commissione è convocata per domani alle ore 14 per l'audizione del direttore generale della RAI, dottor Celli.

La seduta termina alle 14.35.

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