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Seduta del 15/7/1998


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Audizione del presidente, del direttore generale e del consiglio di amministrazione della RAI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente, del direttore generale e del consiglio di amministrazione della RAI, nell'ambito dell'esame del piano per la nuova RAITRE, ai sensi dell'articolo 3, comma 9, della legge n. 249 del 1997, nonché dei piani aziendali coordinati, e discussione sullo stato di attuazione dell'articolo 37, comma 4, del contratto di servizio.
Do il benvenuto al presidente, Roberto Zaccaria, al direttore generale, Pierluigi Celli e ai consiglieri di amministrazione Stefano Balassone, Alberto Contri, Vittorio Emiliani e Gianpiero Gamaleri, nonché ai dottori Rizzo Nervo, Nava, Chiodi, Beretta, Vitalini Sacconi e al vicedirettore generale Cappon, che saluto.
Prima di cedere la parola al presidente Zaccaria, vorrei ricordare il lavoro svolto dalla Commissione sul piano per la nuova RAITRE e la divisionalizzazione dell'azienda.
La discussione in titolo è stata introdotta nella seduta dell'11 giugno 1998 da una relazione del senatore Antonio Falomi. La presenza nella seduta di oggi del presidente, del direttore generale e dei componenti il consiglio di amministrazione della RAI conclude un ciclo di audizioni che la Commissione ha voluto condurre al fine di acquisire il maggior numero di notizie e di opinioni sul piano per la nuova RAITRE, sul quale si accinge ad esprimere il proprio parere.
In particolare sono stati ascoltati i seguenti soggetti: i rappresentanti di associazioni che riuniscono emittenti private locali, i rappresentanti delle imprese di pubblicità, il presidente della SIPRA, il direttore dell'UPA, il direttore e il presidente dell'ASSAP, i rappresentanti dei sindacati della RAI e in particolare l'USIGRAI, il SINGRAI, lo SNATER, l'UGL, il Libersind, l'ADRAI, la CGIL, la CISL e la UIL. Nella seduta del 3 luglio è stato ascoltato il presidente del consiglio consultivo degli utenti, professor Ettore Gallo; nella seduta del 9 luglio sono stati ascoltati i rappresentanti della conferenza dei presidenti delle regioni, dell'ANCI e dell'UPI. In rappresentanza della RAI, sono stati sinora ascoltati, nella seduta del 2 luglio, il direttore generale e i direttori designati delle nuove strutture divisionali.
Ho voluto ricordare il lungo calendario che ci ha visti protagonisti, anche a testimonianza della serietà e dell'impegno con i quali la Commissione intende affrontare il tema in oggetto.
Do la parola al presidente della RAI.

ROBERTO ZACCARIA, Presidente della RAI. Signor presidente, signori commissari, in primo luogo desidero ringraziarvi per questa seconda opportunità di incontro che avete dato al consiglio di amministrazione della RAI, insediato il 2 febbraio di quest'anno. Siamo già stati ascoltati dalla Commissione parlamentare all'inizio del nostro mandato ed in quella occasione abbiamo declinato alcune risposte a domande relative alla nostra valutazione strategica su alcuni temi di rilevante importanza. Abbiamo detto che avevamo la necessità di mettere a punto, non individualmente ma collegialmente, una linea e soprattutto di confrontarci per arrivare a posizioni comuni sui principali temi oggetto del nostro mandato.
Abbiamo detto in quella occasione che avremmo svolto il nostro compito introduttivo entro il 30 aprile di quest'anno, intendendo dare a quella data due significati, uno esterno, cioè l'adempimento di un obbligo previsto da una legge, che forse avrebbe potuto anche essere disatteso, visto che ha avuto uno slittamento per quanto riguarda l'operatività di alcuni termini, e l'altro come vincolo verso noi stessi nel senso di affrontare, in termini rapidi di impostazione, il programma della nostra azione relativa al mandato del consiglio, che è biennale.


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Abbiamo rispettato la scadenza del 30 aprile e abbiamo presentato un documento, che è stato inviato alla Commissione, all'Autorità delle comunicazioni e ad una serie di altri soggetti. Quel documento per noi è molto importante perché rappresenta il tracciato e le linee che dovranno guidare la nostra azione durante il percorso biennale del nostro mandato. Naturalmente, in quel documento non ci sono tutte le cose delle quali ci occupiamo, considerato che l'azienda ha una serie di temi e di scadenze che la vedono impegnata con una certa continuità, per cui non vi è un preciso confine tra i nostri predecessori, noi e i nostri successori, però, abbiamo voluto rappresentare la filosofia dell'editore. Visto che nessuno ci dà un mandato nel momento in cui veniamo nominati, essendo la nomina assegnata ai Presidenti delle Camere, abbiamo trovato i termini essenziali del nostro mandato nelle leggi e nel contratto di servizio, oltre che negli obblighi previsti dallo statuto, perché la RAI è una società per azioni che vive nel mercato.
Dicevo che è stata rispettata la scadenza del 30 aprile, data alla quale abbiamo voluto presentare il documento che voi conoscete e che contiene le premesse editoriali di una serie di iniziative che abbiamo avuto il compito di realizzare dalle leggi e dal contratto di servizio. Porrei in capo a tutto la riorganizzazione, in questo biennio, dell'azienda, compito assai impegnativo che prevede una scansione a tappe, un processo fatto di varie fasi molto serrate che abbiamo cominciato ad affrontare a partire da quella premessa.
Nello stesso contesto era inserito il progetto relativo alla realizzazione di una nuova rete da destinare ad una caratteristica particolare nella programmazione della RAI (quella denominata, recentemente, nuova RAITRE), cioè una rete dalla quale toglieremo la pubblicità nel momento in cui ci verrà l'assenso dall'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni. Come ho già detto in altre occasioni, abbiamo però voluto trasformare un obbligo di legge in una opportunità aziendale, cioè inventare un nuovo tipo di rete, un nuovo prodotto editoriale preparandoci per tempo ad una scadenza che sarà assai impegnativa, considerato che causerà una riduzione di entrate derivanti dalla pubblicità, che per questa rete rappresenta un gettito valutabile attorno ai 200-250 miliardi. Questo disegno fa comunque parte di un progetto più ampio, nella logica della normativa antitrust, che il legislatore ha voluto porre con la legge n. 249.
Nel nostro piano sono contenute soltanto le premesse di competenza dell'editore; stante il nostro ruolo, infatti, siamo ben consapevoli che l'avvio di un processo richiede di percorrere diverse fasi concatenate tra loro e che, naturalmente, partono dalla prima fase, nella quale si impostano le caratteristiche del progetto complessivo. Le fasi successive, rimesse all'autonomia dei direttori, che abbiamo già individuato nelle settimane passate, riguarderanno i piani editoriali, per quanto riguarda le testate, i palinsesti, per ciò che attiene alle reti e, in una fase più avanzata del processo, i piani di assegnazione budgettari, che prevedono le risorse che si intendono investire in questi prodotti, nonché i piani economici finanziari che l'azienda sta allestendo anche sulla base del nuovo modello divisionale in corso di attuazione.
Credo sia importante, in questa sede, ribadire il processo di realizzazione di una riforma interna della RAI che prevede al suo interno la realizzazione di alcuni prodotti nuovi, in quanto nuovo non è solo il prodotto di RAITRE, ma anche altri prodotti avviati in questo periodo: mi riferisco ai canali tematici satellitari, a Radio Parlamento, iniziata nei mesi scorsi, a RAI International e a ciò che è collegato, in termini progettuali, alla piattaforma digitale, quindi all'offerta pay, che la RAI ha previsto nello scenario futuro ma che è legata ad accordi con altri partner, in particolare, per quanto riguarda la piattaforma digitale, all'accordo con TELECOM.
Questi obiettivi, che si inseriscono in una cornice molto precisa, quella del mantenimento dell'unitarietà aziendale, li abbiamo descritti il 30 aprile. Con ciò riteniamo concluso il compito dell'editore per


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quanto riguarda la nostra responsabilità. E poiché si tratta di processi caratterizzati da varie tappe, riteniamo altresì che vi saranno vari stati di avanzamento, che dipenderanno dagli uomini che abbiamo scelto all'interno di questo disegno.
Farò adesso qualche cenno alle scelte relative ai dirigenti. Abbiamo seguito una rigorosa tabella di marcia che non ci porterà ad occupare il mese di agosto, come le tradizioni passate avevano comportato, perché sappiamo bene come le nostre scadenze siano legate a questo processo di riorganizzazione. Abbiamo realizzato diverse modifiche nell'assetto organizzativo, a proposito delle quali le più rilevanti sono quelle maturate l'11 giugno, in quanto sono stati in parte rinnovati i vertici direzionali dell'azienda nei settori più vicini al prodotto. Non abbiamo attuato cambiamenti totali a 360 gradi, ma i cambiamenti necessari in relazione ai progetti che stiamo realizzando; in pratica, dove vi erano progetti in qualche modo nuovi, abbiamo ritenuto necessario aggiornare la nostra squadra. Riteniamo di aver compiuto una scelta molto importante, quella di dirigenti interni alla RAI. Questo è stato un tema molto discusso, ma a noi è parso che nel momento in cui si doveva realizzare un complesso progetto fatto di diversi capitoli fosse necessario disporre di persone già collaudate, con larga esperienza, in grado, quindi, di potersi inserire rapidamente in questo progetto. Aggiungo che l'osservazione del prodotto che realizziamo conferma, almeno in termini di prima valutazione, un andamento positivo, anche se siamo consapevoli che in un'azienda, quando si realizza o si imposta un progetto, quando si nominano persone e si indicano finalità d'azione, la risposta, in genere, è buona, per cui è giusto, prima di esprimere un giudizio, aspettare più a lungo. Se dovessimo fare una valutazione adesso, potremmo comunque dire di essere molto soddisfatti dell'attuale andamento.
In questo progetto abbiamo affrontato altri due argomenti che ci stanno a cuore. Il primo è relativo alle entrate della RAI. Nel documento che voi avete vi è un quadro panoramico che, in qualche modo, può dare la sensazione di un fabbisogno superiore rispetto a quello dell'azienda. Ciò perché in quel progetto si fa riferimento alle perdite di entrate collegate, per esempio, alla nuova RAITRE nel momento in cui staccherà la pubblicità, o ad altri adempimenti connessi ad obblighi internazionali - per esempio collegati al diritto d'autore - o ad altre questione ancora che hanno, evidentemente, un valore soltanto prospettico. Per l'immediato teniamo a ribadire un punto molto preciso: non chiediamo nuove risorse per realizzare questi piani; abbiamo solo registrato che in concomitanza con il nostro ingresso, per effetto di una modifica legislativa che ha trasformato il canone di abbonamento in una imposta diversa, una entrata della RAI, che al 1998 dava un gettito valutabile sui 280 miliardi, è stata sostituita da un contributo sul bilancio dello Stato di 210 miliardi, realizzato alla fine dell'anno passato. Ci siamo quindi trovati con un'entrata il cui valore è stato sostituito da un altro inferiore e non rivalutabile, stabilito dal bilancio dello Stato. Si è quindi registrata una perdita di circa 70 miliardi. Il cambiamento attuato ci preoccupa perché il meccanismo di finanziamento che veniva dal canone in linea di principio è compatibile con i principi comunitari, mentre il tipo di finanziamento che proviene dal bilancio dello Stato è assai meno sicuro da questo punto di vista. In ogni caso, a prescindere dalla tecnica di attribuzione delle entrate, abbiamo avuto una perdita di circa 70 miliardi. A tale perdita ne sommiamo un'altra, in termini finanziari, per effetto del ritardato pagamento delle quote canone.
Ragionando in termini riassuntivi potrei dire che la RAI non richiede nuovi finanziamenti, ma di avere, sostanzialmente, ciò che aveva come gettito del canone di abbonamento all'autoradio; chiede di averlo in termini tranquillizzanti e compatibili con i principi comunitari.
Ottenuto il ripristino della situazione precedente, la RAI è in grado di affrontare le prospettive collegate alla realizzazione della nuova rete e dei nuovi servizi,


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naturalmente con le valutazioni di evoluzione del canone, che saranno fisiologiche, in base al contratto di servizio, e con valutazioni che potranno essere fatte con riferimento al momento in cui si valuteranno gli indici di affollamento in relazione al disegno di legge n. 1138. Per noi quello sarà un appuntamento molto importante, che però va al di là della situazione attuale.
Vorrei ribadire, anche per chiarire eventuali dubbi, che non chiediamo soldi in più ma una situazione analoga a quella del 1997.
Accenno, per completezza di discorso, al quadro relativo alle entrate, anche se questa Commissione ha, per sua natura, particolare cura al problema relativo al servizio pubblico. Affronterò quindi solo incidentalmente il tema delle sponsorizzazioni, che è stato anche alla vostra attenzione. Quando abbiamo detto che ritenevamo possibile, nel momento in cui avremmo dovuto rinunciare alla pubblicità, continuare ad avvalerci di altri tipi di entrate (ovviamente quelle commerciali, ma anche le sponsorizzazioni), non abbiamo voluto fare una particolare forzatura, nel senso di chiedere qualcosa di vietato: abbiamo semplicemente preso atto del fatto che la legge impedisce la raccolta pubblicitaria; e sapendo bene che il legislatore è molto attento nelle definizioni che dà, soprattutto quando sono restrittive, abbiamo ritenuto che ciò che non fosse vietato fosse consentito (problema, questo, che abbiamo posto anche all'authority). Per una rete che ha anche una valenza culturale significativa, riteniamo che lasciare aperta la possibilità delle sponsorizzazioni culturali sia un'opportunità da non escludere.
Vorrei poi soffermarmi su due problemi che so essere stati all'attenzione della Commissione: quello delle emittenze locali e quello relativo ai contenuti della programmazione, un grande tema che qui vorrei solo ricordare per memoria.
In merito ai rapporti con le televisioni locali, dico subito che non crediamo, come RAI, di avere il compito di dettare regole o di intervenire in qualche modo nell'assetto del sistema radiotelevisivo più generale, se non indirettamente, nel senso che vi sono delle conseguenze alle nostre azioni. Crediamo che questo compito debba essere assegnato al legislatore, in particolare al disegno di legge n. 1138, attualmente in fase di discussione al Senato. Il progetto per la nuova terza rete non ha alcuna intenzione di occupare spazi che non siano quelli che già la RAI occupava con le reti precedenti. Naturalmente tutto ciò è legato alle scommesse imprenditoriali, ai nostri obiettivi d'ascolto, che su questa rete sono del 9-10 per cento. Non abbiamo intenzione di forzare oltre misura l'ascolto su questa rete. Ci auguriamo comunque, come ogni imprenditore, di avere un successo maggiore. Dunque, il nostro rapporto con il sistema locale mira a mantenere il territorio che abbiamo e a sviluppare un progetto autonomo, imprenditoriale, secondo la logica che la legge in qualche modo ci impone. Mi pare importante precisare che abbiamo l'idea di realizzare degli accordi di service a livello locale con emittenti private. Anche da questo punto di vista non abbiamo una particolare filosofia, se non quella di un imprenditore che cerca di realizzare accordi alle migliori condizioni possibili: non vogliamo espandere il nostro personale giornalistico perché abbiamo già giornalisti validi e in numero sufficiente, vogliamo però realizzare una maggiore capillarità della nostra informazione e accordi di questo tipo non possono fare altro che favorire uno sviluppo e una maggiore capillarità alle condizioni da noi giudicate più convenienti.
L'ultimo punto riguarda i contenuti. Non so se sia oggetto specificamente della riunione di oggi, ma voglio ricordare che quando siamo venuti in Commissione la volta scorsa avevamo precisato un'intenzione collegata all'attuazione delle direttive di questa Commissione su una serie di temi, a partire dal pluralismo. Vogliamo realizzare una sorta di testo unico delle direttive della Commissione parlamentare, del consiglio di amministrazione, della carta dei doveri riguardanti la programmazione, cito per tutte la materia della tutela dei minori.


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Abbiamo praticamente completato la prima fase del nostro lavoro, che è essenzialmente interna; abbiamo operato una ricognizione complessiva di queste direttive per poter trasmettere ai direttori delle testate e delle reti e ai responsabili del prodotto indicazioni omogenee al fine di consentirne un'attuazione significativa. Vi ho già detto che la mia impressione netta era che le direttive della Commissione in alcuni casi si fermassero nei cassetti nel consiglio di amministrazione; questo con noi non avverrà, perché trasmetteremo in maniera organica questo materiale. Se la Commissione è interessata, trasmetteremo questo materiale anche a voi, perché riteniamo giusto che possiate in qualche modo sorvegliare che da parte nostra non ci siano interpretazioni improprie di questi indirizzi. Riteniamo comunque importante trasmetterle ai direttori e sentire anche le loro osservazioni, perché possono esserci direttive o prescrizioni non facilmente realizzabili; in questo caso mi sembra molto meglio avere una dialettica piuttosto che far finta che tutti le conoscano e poi lasciarle inapplicate.
In questo disegno intendiamo dare molta importanza agli strumenti di controllo e di osservazione che riteniamo sia più logico collocare nell'ambito della responsabilità dell'authority piuttosto che nella responsabilità esclusiva della RAI che è solo uno dei protagonisti del sistema. Insieme al consiglio mi dichiaro disponibile ad affrontare questo problema in modo specifico ed a trasmettere alla Commissione i nostri materiali di lavoro.

PAOLO ROMANI. Credo che in questa sede sia difficile riuscire a fare un ragionamento approfondito, anche perché, considerato che la legge stabilisce la scadenza del 30 aprile era un passaggio obbligatorio avere un'idea di massima di un progetto e cominciare a discuterne. Immagino che poi l'azienda avrà le capacità ed i tempi per approfondirlo.
La prima domanda è di carattere economico. Leggendo la parte più voluminosa delle linee guida, a pagina 40 vedo una specie di cahier de doleances sulle sottrazioni di risorse che dovrebbero verificarsi, suppongo in base al disegno di legge n. 1138 in discussione al Senato. Ho l'impressione che sia difficile discutere partendo da questi dati, c'è infatti l'esigenza di un maggiore approfondimento su quello che potrebbe significare l'applicazione di questa nuova legge dopo aver verificato se all'interno delle strutture esistenti sia possibile un recupero di risorse. Sapete, per esempio, che in RAI l'occupazione di spazi pubblicitari è abitualmente del 75 per cento su tutte le fasce disponibili, mentre nel concorrente privato, trattandosi reti di commerciali, è dell'85 per cento. Può essere vero che, una volta che l'authority vi dovesse chiedere di rinunciare alla pubblicità sulla terza rete, la riduzione matematica sarebbe di quanto viene a mancare dalla terza rete, ma immagino che, con un maggiore e migliore sfruttamento degli spazi a disposizione, ci possa essere un recupero di risorse sulla prima e sulla seconda. Chiedo se sia possibile quindi rilevare non solo le differenze in negativo di risorse sottratte, ma anche i virtuali recuperi di risorse con una migliore utilizzazione di reti commerciali come la prima e la seconda.
Ho l'impressione che o facciamo un discorso molto generico oppure, per entrare nel merito, sarebbe opportuna una ricerca dell'azienda per verificare quale recupero possa esserci nel complessivo sistema del servizio pubblico al momento in cui la nuova legge dovesse essere applicata. Questo tra l'altro, a mio avviso, sarebbe un utile suggerimento per chi dovesse discutere analiticamente il disegno di legge n. 1138; l'esempio che vale per tutti è quello dell'applicazione della percentuale di affollamento su 17 ore invece che su 24. Ci sono sottrazioni oggettive, c'è la possibilità di riutilizzo di spazi oggi non utilizzati, c'è la possibilità di suggerimenti che consentirebbero alla RAI di non vedersi sottratti ben 450 miliardi, un esempio è l'abolizione del canone autoradio.
Il secondo argomento sono le sponsorizzazioni, sulle quali ho molti dubbi. Non so se su questo terreno il legislatore sia sempre stato preciso, perché nella


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legislazione vigente esistono molte ambiguità e contraddizioni, ma quando si parla di rete senza pubblicità ho l'impressione che si possa interpretarlo nel senso di pubblicità tabellare. Non ho idea di cosa possano essere esattamente le sponsorizzazioni culturali: se la Scala sponsorizza un programma è sicuramente culturale, ma se lo sponsorizza l'ENEL non sono sicuro che si possa dire altrettanto; immagino infatti che culturale non sia il soggetto che dà i soldi ma l'oggetto della trasmissione.
Se è così, è ovvio che qualsiasi utente pubblicitario ha interesse a sponsorizzare i programmi di qualità, quelli culturali; è un tipo di pubblicità molto intrigante ed efficace, che mi pare però difficile separare dalla pubblicità cosiddetta tabellare. Questo mi pare un punto molto critico del vostro piano che credo ci condurrebbe in un cul de sac: il legislatore è stato molto preciso perché ha parlato di rete senza pubblicità senza ulteriori specificazioni.
La terza questione è il rapporto con il territorio che ha due aspetti: quale territorio e con quali emittenti private locali. Non riesco a capire se nella filosofia, a mio avviso corretta, della ricerca di una quota d'ascolto che si aggira intorno al 10 per cento (facilitata dall'assenza di pubblicità perché quest'ultima non paga in termini di ascolto) l'utilizzazione delle reti locali come service possa dar vita a un meccanismo virtuoso di collaborazione. Tra l'altro per le reti locali questo significherebbe al massimo 50-60 milioni l'anno, che non è molto dati i loro bilanci. Altro sarebbe se non andaste a occupare il terreno tipico delle TV locali.
L'idea è di fare una nuova terza rete con programmi interessanti per il pubblico diversi e alternativi, da servizio pubblico, che raccolgono la residuità culturale e specifica locale oppure pensate ad una territorialità classica, cioè alla regionalizzazione della rete? Ho l'impressione che con un sistema politico che si evolve, in un paese in cui gli approfondimenti di carattere economico, sociale e politico sono tali da definire omogeneità territoriali nord-centro-sud si supererebbe l'eventuale contraddizione fra l'area tipica di competenza dell'emittenza locale e quella tipica di competenza della nuova terza rete. Su questo punto mi piacerebbe avere un maggiore chiarimento.

STEFANO SEMENZATO. Siamo partiti per una verifica sulla nuova terza rete su cui dobbiamo dare un parere all'autority e sull'applicazione del contratto di servizio in particolar modo per quello che riguarda la divisionalizzazione. Credo che l'ordine di servizio n.1 già presentato la settimana scorsa sia molto chiaro dal punto di vista della divisionalizzazione: c'è una chiarezza di struttura e mi pare che la fase operativa sia rimandata a gennaio.
Mi rimane invece poco chiara la modalità di divisione dei budget nei settori e l'interscambio economico tra essi; collegato a questo vorrei capire meglio quanto di servizio pubblico e quanto di mercato ci sia nella divisione 1, cioè nella Rete Uno e nella Rete Due. Poiché una delle finalità di queste strutture è quella di accertare e di rendere evidente e trasparente la diversità tra quello che viene pagato dal canone e quello che viene pagato dal mercato, credo sarebbe utile avere questi dati.
Quanto alla nuova RAITRE mi pare ci sia un accorpamento delle missioni di servizio pubblico delle varie strutture e, come diceva il presidente, una parte demandata ai direttori editoriali e di testata per piani editoriali e palinsesti su cui credo sarà necessario prevedere ulteriori audizioni per entrare nel merito. Credo comunque che il senso del parere che dobbiamo dare all'authority sia di valutare quanto il progetto risponda al carattere di servizio pubblico in rapporto a tre importanti elementi: il contratto di servizio, gli indirizzi della vigilanza, l'unitarietà del servizio stabilita dalla legge.
Dico questo per fare alcune considerazioni ed alcune domande. Ieri, dopo aver letto alcuni lanci Ansa, che anticipavano una intervista a Bettino Craxi, ho inviato una lettera al Presidente della Commissione per sollevare un problema di opportunità in relazione alla contemporaneità con il dibattito parlamentare. Non mi interessa riprendere la questione perché non


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voglio uscire dalla tematica all'ordine del giorno, ma quell'episodio porta in evidenza due aspetti.
Il primo è che non è chiaro perché servizi giornalistici così avanzati siano appaltati all'esterno. Vi chiedo cioè come funziona il «testo unico» annunciato più volte in corso di presentazione che in qualche modo fissa una diversità di comportamenti fra il giornalista Rai, che si deve attenere agli indirizzi, al pluralismo, eccetera, e il giornalista collocato su una testata indipendente, il quale giustamente forza una propria parzialità. La confusione di questi due ruoli mi sembra sia una confusione sulla funzione del servizio pubblico; non si capisce più se la singola testata del servizio pubblico svolga un'operazione parziale nella positività che, dal mio punto di vista, questo termine ha, nel senso di qualcuno che sostiene una tesi contro quella di altri, oppure se debba rappresentare una pluralità di posizioni.
Questo nesso rimanda poi a quello che ci è stato detto in una precedente audizione e cioè che l'appalto ai service era limitato all'utilizzo di immagini ed alla copertura del territorio, ma ci sarebbe sempre stato il filtro della redazione locale della RAI perché questo permetteva un livello di controllo sul funzionamento del servizio pubblico. Il nodo è rappresentato dal modo in cui i giornalisti RAI sono - consentitemi il termine - in qualche modo diversi, perché debbono rispondere ad una deontologia e a modalità di comportamento diverse da quelle di un giornalista che è fuori dal servizio pubblico. Come funziona questo meccanismo? Insomma, quella che viene chiamata la missione di servizio pubblico, cui devono attenersi i giornalisti della RAI, come funziona quando vi sono appalti all'esterno? Minzolini ha o meno degli obblighi particolari quando fa un'intervista a Craxi? Vorrei capire il funzionamento delle strutture RAI da questo punto di vista.
Il secondo aspetto è che vi è una forte sottolineatura, fatta in questa sede ed anche nel dibattito generale registratosi nell'ultimo periodo, degli aspetti economici della RAI. Ridotto all'osso ed estremizzando, si dice: da un lato abbiamo un budget che tende a ridursi in relazione alla vicenda del canone per l'autoradio, al comportamento del Ministero del tesoro e in prospettiva della pubblicità, eccetera, e dall'altro gli obblighi che derivano dal contratto di servizio e dalla legislazione approvata (vedi quote di produzione); di fronte a tutto questo vi è però l'esigenza di far quadrare i conti e quindi, se non arrivano nuove fonti di finanziamento, la RAI deve far quadrare i conti con quello che ha. Attenzione perché tutto questo comporta un calo di resa, di produzione; insomma da qualche parte i tagli vanno fatti.
Da questo punto di vista, in attesa di nuove entrate, cioè di come si risolverà con la finanziaria la questione del canone autoradio, il problema con il ministero e la questione degli affollamenti pubblicitari, tutti elementi non certi di cui è difficile determinare l'entità, credo però sia importante sapere quali sono le scelte della RAI. Faccio due esempi. Vorrei sapere cosa sta succedendo sul canale all news oppure sulla piattaforma digitale, visto che erano in parte obblighi, impegni ed investimenti in corso. Più in generale credo che dovremmo essere messi in grado di capire cosa, in che modo e in che direzione si taglia. È del tutto evidente che se questi problemi che vengono denunciati di carenza di fondi finiscono per incidere fortemente sulle reti 1 e 2 e quindi sulla produzione, anche se si offre una nuova terza rete perfetta, con un budget pieno, per me la qualità del servizio pubblico complessivo scade e quindi, da questo punto di vista, anche se il giudizio sulla nuova terza rete è in sé positivo, nel complesso si indebolisce l'unitarietà e la forza del servizio pubblico e nell'esprimere il nostro parere all'autorità dobbiamo segnalare il fatto che invece di andare ad un rafforzamento dello stesso servizio pubblico andiamo verso un suo indebolimento. Non solo, perché questo meccanismo rischia di risultare perverso e cioè che ci si infila in un imbuto in cui l'assenza di risorse porta poi a chiedere pezzi


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di privatizzazione, non essendovi altre alternative.
Credo si tratti di questioni rispetto alle quali vi è assoluto bisogno di avere dati certi. È difficile esprimere un parere su un bilancio o una distribuzione di risorse se non si capisce dove sarebbe eventualmente possibile, in caso di difficoltà, operare dei tagli. Non si capisce se le risorse servono per potenziare pezzi di servizio pubblico o di altre attività e quindi, ad esempio, io che non sono pregiudizialmente contrario ad un aumento del canone, credo però che chiunque decida in tal senso debba giustificare la decisione stessa con una più alta qualità del servizio pubblico. Da questo punto di vista, quindi, abbiamo bisogno, ripeto, di dati ed elementi certi.
Spero dunque, in conclusione, che oggi o nel prosieguo della discussione ci si metta in grado di disporre di questi dati certi perché solo in questo modo potremo esprimere un parere serio all'autorità.

ANTONIO FALOMI. Desidero innanzitutto porre la questione della legge n. 122 e del finanziamento delle quote di sostegno che la RAI deve dare all'attività di produzione audiovisiva e cinematografica europea. Nel piano presentato in Commissione vi è un riferimento a questo aspetto, almeno negli allegati, tutto dal lato delle risorse. È questo un aspetto sicuramente importante ma ho l'impressione che sia anche un po' riduttivo, non perché il problema delle risorse su questo terreno non esista, ma perché in realtà vi è un problema a monte che deve in qualche modo trovare una risposta. Sicuramente quello della legge n. 122 non è solo un obbligo che deriva dalle direttive europee, ma anche una specifica volontà del legislatore di rilegittimare il servizio pubblico radiotelevisivo in una precisa direzione, assegnandogli una funzione importante, significativa e per certi versi nuova, rispetto alla quale vanno sicuramente considerati tutti gli aspetti relativi alle risorse ma anche la specifica volontà della RAI di muoversi in quella direzione.
In questo senso, almeno dalla lettura che ho fatto del materiale che ci è stato dato, non riesco ad intravedere un segnale sotto il profilo dell'assetto organizzativo. La RAI come si attrezza a far fronte a quella che è una funzione chiave in una nuova idea di servizio pubblico radiotelevisivo? L'impressione è che nel processo di divisionalizzazione vi sia l'aspetto tradizionale che riguarda la produzione per sé stessa, per la televisione, mentre manca un elemento nuovo per quanto riguarda l'assetto organizzativo proposto. Pur dovendo quindi affrontare certamente tutte le questioni relative alle risorse, il problema è anche capire quale sia il modello organizzativo e, dalla lettura del testo, sembra che in fondo non si faccia altro che cambiare nome ad una struttura tradizionale già esistente. Questa è almeno la mia impressione, se sbaglio sarò contento di essere corretto.
Una seconda questione è quella già sollevata dal collega Semenzato relativamente alle all news. Anche questo diventa un pezzo importante del progetto presentato dalla RAI e dalla lettura dei giornali mi sembra che su questo terreno ci sia un dinamismo molto forte della concorrenza della RAI, mentre altrettanto non si verifica dall'altra parte. Vorrei allora capire a che punto sta questo progetto. Se va avanti e come va avanti, con quali condizioni, oppure se non va avanti.
Un'altra questione riguarda la piattaforma digitale. Sui giornali abbiamo letto di una situazione in cui ogni volta sembra che si stia per trovare ma poi non si trova mai una conclusione. Vorrei qualche informazione al riguardo, nei limiti possibili in questo campo, trattandosi di materia delicata ed oggetto di trattativa. Dall'esterno l'impressione è quella di una situazione un po' confusa, nella quale si percorrono determinate strade che poi però si rivelano impraticabili; allora se ne imboccano altre, ma anche queste risultano poi impraticabili. Non si riesce cioè a capire in quale direzione ci si stia muovendo.
Infine, sulla questione sollevata circa il rapporto con le televisioni locali, il service e così via, penso che il problema sia reale, anche se esso non può essere risolto dalla RAI. Lo deve risolvere il legislatore.


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Discuteremo il disegno di legge n. 1138; un capitolo importante attiene proprio alle radio ed alle televisioni locali e sicuramente diventerà quella la sede in cui si definirà un rapporto corretto circa la dimensione territoriale. Non dobbiamo far carico della questione alla RAI, la quale nella definizione del rapporto con le emittenti locali non può andare al di là delle logiche aziendali. Al riguardo volevo solo fare questa annotazione.

MARIO BORGHEZIO. Ho letto con molta attenzione i documenti che sono stati trasmessi alla Commissione e con altrettanta attenzione ho riletto le dettagliate risposte fornite dal direttore generale e da altri dirigenti nella seduta del 2 luglio scorso. Su varie questioni, però, mi rimangono alcune ombre. Mi scuso quindi con chi ha già sentito questi argomenti, ma ritengo necessario riproporne alcuni, cercando di focalizzarli meglio.
Partiamo da un tema generale, quello delle risorse, sul quale anche oggi il presidente è ritornato. La domanda è questa: a fronte di questo processo di modernizzazione e ristrutturazione della RAI, avente la finalità degli utili, come lascia intravedere anche l'intervista rilasciata dal direttore generale al Mondo e pubblicata nel numero in edicola; a fronte di questa dichiarazione di buoni intenti, come consiglio di amministrazione, non ritenete che sarebbe necessario far effettuare da un organismo esterno indipendente e di assoluta serietà un monitoraggio su quelle che sono le cause delle inefficienze, degli sprechi e delle zone di improduttività, laddove esistono, nella enorme, elefantiaca e superburocratica macchina RAI?
In particolare, vorrei sapere se il nuovo consiglio di amministrazione abbia in premessa adottato misure urgenti di risparmio, come il taglio delle spese inutili che caratterizzano il nostro parastato per tradizione (anche se è impreciso definire la RAI come parastato, la sua eredità è quella). Vorrei sapere, in sostanza, se abbiate provveduto a ridurre gli sprechi, come le auto blu.
Per quanto riguarda il tema oggetto della nostra audizione la mia domanda, che ho già proposto al direttore generale, è la seguente: non vi pare che sarebbe stato necessario, nell'individuare le ragioni e le metodologie di ristrutturazione e di invenzione della nuova NRT, intervenire da una prospettiva realmente policentrica (non uso il termine «federalista» per essere più chiaro)? Non vi pare che nel documento che ci è stato fatto pervenire venga riprodotta una struttura aziendale pensata, diretta, controllata sempre e soltanto da Roma? Laddove la ricchezza della RAI, anche dal punto di vista storico, è costituita dalle strutture periferiche, risorse queste che, come ci è stato detto da più parti nel corso delle audizioni, potrebbero essere valorizzate e utilizzate anche a fini di redditività (penso, ad esempio, alla ricchezza degli archivi).
Ad una domanda di questo genere, il direttore generale ha risposto dandomi le massime assicurazioni e dicendomi di non avere timori per quanto riguarda Torino e Milano, sedi da potenziare. Sono tornato in patria, cioè a Torino, sede storica della RAI, e ho riferito queste notizie. Mi è stato, però, confermato, quello che tutti sanno essere un processo in atto: rimangono a Torino alcune funzioni molto ridotte, senza alcuna attività direzionale e amministrativa che non sia svolta interamente a Roma. In pratica, niente è pensato e diretto a Torino.
Chiedo, quindi, al presidente un'affermazione impegnativa in questo senso, non in termini generici ma in modo chiaro. Si tratterà di una struttura policentrica o della solita vecchia struttura RAI centralizzata?
Infine, vorrei sapere quali saranno le garanzie che verranno date in ordine al rischio prevedibile che l'informazione della NRT-RAI locale possa essere condizionata dalla presenza e dalla forza delle strutture politiche e di partito, laddove l'esperienza insegna che i telegiornali regionali che siamo abituati ad ascoltare si traducono molto spesso in bollettini di partito.


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GIANCARLO LOMBARDI. Cercherò di non ripetere le cose già dette dai colleghi, se non quelle per le quali mi sembra importante esprimere l'opinione della mia parte politica.
Circa l'aspetto economico, mi sembra che molte delle osservazioni avanzate siano importanti, da quelle inizialmente sottolineate dal collega Romani che ha richiamato aspetti positivi possibili, come un maggior affollamento pubblicitario su RAIUNO e RAIDUE a fronte di una riduzione su RAITRE, alle ultime indicate da Borghezio. Personalmente non ho una conoscenza così raffinata della RAI, ma ritengo di poter affermare che vi sono sprechi assai rilevanti, non limitati alla auto blu cui ha fatto cenno il collega. Mi è sembrato di capire che i risparmi non sono facili, un po' come avviene per lo Stato, perché essi quasi sempre riguardano la presenza delle persone. Intendo dire che è probabile che nella RAI vi sia carenza di un certo tipo di professionalità e eccesso di altre. Credo però che il problema vada affrontato, soprattutto nel momento in cui è stato rappresentato, come ha fatto anche il presidente nel suo intervento.
È necessario non solo rivendicare altre possibilità di entrata o la legittimità di ricorrere a altre entrate, ma anche correlare il problema con l'aspetto del risparmio.
Personalmente sono favorevole alla possibilità di altre entrate e alle sponsorizzazioni culturali e non mi sembra che la legge attuale le escluda.
Vi è poi una questione che riguarda i contenuti, alla quale il presidente ha dedicato la parte finale del suo intervento, ancorché - e ciò è comprensibile - non ha potuto essere più preciso. Ritengo che questo sia il problema della RAI. È stato detto da questa Commissione in più occasioni che la giustificazione della presenza di una televisione nazionale e di un canone è legata alla qualità dei prodotti. Nella precedente audizione, il presidente ha assicurato a me e agli altri membri della Commissione che il problema non è limitabile alla terza rete.
Considero come fatto di qualità sia l'insieme dell'offerta delle reti televisive e radiofoniche, sia il pluralismo, tema questo che finora è stato solamente sfiorato.
Ringrazio il presidente per aver voluto giocare d'anticipo quando ha accennato al problema delle nomine. Egli ha sostanzialmente detto che le nomine corrispondono soltanto ad elementi di professionalità e preparazione. Personalmente ho più di un dubbio in proposito e ho l'impressione che vi sia stato soltanto un maggior bilanciamento rispetto a prima. Ciò non mi scandalizza, perché ritengo che la gestione del pluralismo passi anche attraverso questo fatto e perché, se alcune delle persone che già operano nell'azienda hanno delle «targhette», diventa difficile toglierle.
Il problema che mi pongo è relativo al controllo che si intende attuare in termini non censori ma di rispetto. Se continuiamo a fare bellissimi documenti che inneggiano al pluralismo ma poi, di fatto, non vi è alcuna verifica - che deve essere interna una volta che la RAI ha accettato questa ipotesi e si è data un codice apposito - non è sufficiente affermare che alcune responsabilità sono state demandate ad altri.
La questione diventa enormemente più delicata - desidero sottolinearlo in particolare al direttore generale - con l'incremento dell'importanza della terza rete. Condivido l'osservazione finale del collega Borghezio il quale ha affermato che ciò complica molto la conoscenza del modo in cui avviene l'informazione nelle varie sedi. Di solito, il potere di alcune delle persone che gestiscono i telegiornali locali è molto più forte di quello di coloro che operano a livello centrale, dove se non altro si cerca di fare qualche bilanciamento.
Ritengo che il consiglio di amministrazione, se, oltre ad avere garantito qualche pluralismo attraverso le persone collocati in vari ambiti, è interessato davvero al fatto che il pluralismo risponda sostanzialmente allo sforzo di obiettività dell'informazione e alla pluralità del commento sui dati di fatto e sugli avvenimenti, debba esplicitarlo in maniera chiara all'interno della gestione in termini non censori ma di


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garanzia rispetto a documenti esistenti e fatti propri. In caso contrario tali documenti altro non sono che carta che serve a fare la storia.
Ho già detto in altre occasioni che non credo sia possibile avere un miglioramento significativo in termini di qualità e obiettività senza uno sforzo di formazione che non è certo quella dei banchi di scuola. Vorrei sapere se il vertice RAI intenda intervenire in maniera specifica sul versante della formazione.
Sono interessato al tema della piattaforma digitale. Credo non sia competenza di questa Commissione, come ho ribadito in molte occasioni, affrontare aspetti organizzativi e di gestione che appartengono al vertice dell'azienda e possono avere carattere di riservatezza. Però, il tema della piattaforma ha una tale valenza che appare utile sapere in che modo si intende procedere.
Sono d'accordo con il collega Falomi sul fatto che la questione delle televisioni locali e, in senso lato, delle realtà locali debba essere sostanzialmente affidato alla legge n. 1138 e che perciò non si possa da parte nostra chiedere alla RAI la soluzione del problema, anche se ci interessa conoscere la vostra opinione in proposito.
Faccio mia l'ultima osservazione del collega Borghezio, in quanto anche a me risulta che siano state date se non assicurazioni quanto meno comunicazioni sui centri di Milano e Torino che hanno aperto degli orizzonti e sono state colte come prospettive non di policentrismo - come diceva il collega - che io non ritengo possibile in quanto credo che il centro non possa che essere quello attuale anche per motivi di risparmio. Però, un conto è avere presenze sostanzialmente poco significative, altro conto è un certo grado di decentramento anche volto al miglior utilizzo di strutture già esistenti. In questo modo si avrebbero anche maggiori garanzie rispetto a ciò che avviene in periferia.

MASSIMO BALDINI. Vorrei richiamarmi al principio del pluralismo che il presidente della RAI ha più volte evocato e che è stato oggetto di dibattito in questa Commissione.
Comprendo le difficoltà oggettive che si incontrano nel fare un telegiornale e cioè nel fornire informazioni in modo equilibrato e tenendo conto delle varie posizioni, e posso anche capire che il giornalista di turno sia portato a compiacere questo o quel potente tanto che spesso il servizio svolto ha un taglio fuorviante che non tiene certo conto del pluralismo. Però, rispetto a questo fenomeno che si riscontra anche oggi nei telegiornali della RAI, non riesco a spiegarmi perché, nonostante le difficoltà che ho prima sottolineato, si insista nell'inserire nel telegiornale il commento che naturalmente è di un personaggio di parte che esprime una valutazione politica di parte, che non tiene conto delle valutazioni e delle posizioni politiche degli altri e appesantisce e marca ulteriormente un tipo di informazione che va in un'unica direzione. Credo che una regola generale che impedisca al commentatore di apparire nel telegiornale sia il minimo che si possa fare per garantire effettivamente il principio del pluralismo. Vorrei assicurazioni sotto questo profilo, perché non si può continuare a dire che si è rispettosi del pluralismo e poi far finta di nulla se un commentatore, proprio perché tale, commenta i fatti in un determinato modo, secondo la propria visione dei problemi e anche secondo i propri interessi e le proprie tendenze politiche. Vorrei quindi intervenendo sull'ordine dei lavori, che vi fosse un impegno specifico, da parte del consiglio di amministrazione e del suo presidente, affinché le notizie del telegiornale non siano più commentate.

PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Mandiamo l'ANSA ...

MASSIMO BALDINI. Lo faccia, ma sulla verifica, per esempio, non può esservi un commentatore. Oppure, affidi il commento ad un giornalista di maggioranza e a uno di minoranza, di modo che tutte le posizioni vengano garantite nel telegiornale. Non può sostenere che altrimenti diamo una notizia ANSA, che, oltre tutto,


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potrebbe già essere accettabile, perché è più asettica rispetto a certi commenti assai discutibili sulle vicende dell'attualità politica.
Quindi, se non vogliamo riaprire fronti di scontro, direi che sarebbe molto opportuno e ragionevole accedere ad un'impostazione di questo tipo: se invece vogliamo continuare a creare elementi di scontro e di contrapposizione, noi non abbiamo alcuna difficoltà a fare il nostro mestiere rispetto ai commenti che vengono portati avanti nei telegiornali della RAI.
Il secondo problema attiene ai rapporti tra la terza rete e le realtà regionali. Abbiamo svolto una serie di audizioni anche con i rappresentanti delle province, delle regioni e dei comuni, che hanno più volte insistito sull'esigenza di dare visibilità alle realtà regionali, provinciali, comunali eccetera, affinché siano addirittura protagoniste nella ideazione, nella formulazione e nel contenuto stesso dei programmi televisivi. A proposito di questo problema lei ha affermato, presidente, che voi vi limitereste soltanto ad un accordo di service con le televisioni locali per le produzioni che riterrete opportuno mettere in cantiere; quindi, il vostro rapporto con queste realtà sarà solo di collaborazione su questo terreno e non su altri, mi è sembrato di capire. Dall'altra parte, invece, c'è l'aspettativa di una maggiore valorizzazione delle risorse locali e dei contenuti, di carattere politico, culturale, sociale, economico, eccetera, che riguardano le singole realtà locali.
Vorremmo capire se l'impostazione da lei data nella relazione introduttiva resti o se sia invece suscettibile di aggiustamenti, cioè se man mano che si articolerà la terza rete vi sarà una maggiore attenzione sulle problematiche poste. Lei ritiene, a proposito di queste ultime, che la RAI debba modificare una posizione che oggi a me sembra ancorata solo ad un accordo di servizio con alcune televisioni locali al fine di utilizzare i loro impianti e i loro mezzi per realizzare servizi che possano essere di utilità alla terza rete? Stando a quanto lei affermava, ho avuto l'impressione che quest'ultima resti ispirata ad un modello nazionale, per cui, pur tenendo conto anche delle realtà locali, non può rispondere alle richieste e alle sollecitazioni avanzate dalle realtà provinciali, regionali e comunali. Trattandosi di un argomento di grande rilevanza che coinvolge le esigenze di rispetto del pluralismo politico, a proposito del quale le sedi locali non hanno risposto compiutamente, vorremmo chiaramente intendere e capire dove si va a parare.
Ritengo, passando ad altro argomento, che le sponsorizzazioni rientrino senz'altro nel quadro della pubblicità, perché non si può fingere che le une siano una cosa e l'altra un'altra cosa. Secondo noi, aggirare la legge in questo modo è un percorso inaccessibile e non sostenibile, perché se è previsto espressamente che la terza rete non deve avere forme di pubblicità, non può nemmeno avere forme di sponsorizzazione, in quanto corrispondono, nella sostanza, a forme di pubblicità.
Approfitto dell'occasione per avere risposte precise su Radio Parlamento, che ha costituito oggetto di un forte dibattito tra le forze politiche. Rispetto alla discordanza delle cifre fornite sia dal precedente direttore generale sia dal nuovo responsabile di Radio Parlamento, quanto viene a costare quest'ultima? Qual è l'entità della struttura? Quali energie richiede per poter funzionare a pieno ritmo? Quante frequenze sono state acquistate, quali sono i soggetti che le hanno cedute alla RAI e a quale prezzo sono state acquistate? Quali dovranno essere le ulteriore frequenze e quale sarà il loro costo presumibile per avere una copertura nazionale della rete?
A proposito della produzione di fiction, vorremmo capire esattamente quali siano le modalità e le procedure per consentire ai soggetti interessati di accedere alla produzione. Quali meccanismi vengono rispettati e posti in movimento da parte della RAI? Vi è una rotazione per quanto riguarda la produzione di fiction? Vorremmo anche conoscere gli oneri complessivi a carico della RAI, in quanto questo settore ha grande rilevanza sotto il profilo sia economico sia strettamente politico.


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STEFANO PASSIGLI. La conoscevo come intollerante; invece, la sua tolleranza procedurale ha raggiunto limiti che non immaginavo: delle cinque domande del senatore Baldini, una sola mi sembrava attenere all'argomento. Vorrei quindi sapere se allarghiamo molto il campo, perché in questo caso la pregherei di prevedere un'ulteriore occasione di audizione del presidente, del direttore generale e del consiglio d' amministrazione della RAI, in quanto sono infinite le domande che ognuno di noi può voler porre a proposito dell'azienda nel suo complesso. Se invece ci atteniamo all'ordine del giorno, nulla quaestio.

PRESIDENTE. Grazie, senatore Passigli. Ognuno di noi dovrebbe saper fare il proprio mestiere. Purtroppo, lei è stato assente in queste ultime sedute ...

STEFANO PASSIGLI. La sua tolleranza è aumentata.

PRESIDENTE. Mi permetta di parlare, visto che devo regolare l'andamento dei lavori.
Ho consentito domande sulla piattaforma digitale e su tante altre questioni; quella su GR Parlamento, per esempio, sul cui merito non mi soffermo, riguarda anche le risorse, cioè una questione che è stata posta. Dunque, obiezione respinta, senatore Passigli.

STEFANO PASSIGLI. Allora estendiamo l'audizione.

PRESIDENTE. Ecco, formulata in un altro modo, la proposta può essere accolta. Ci vuole rispetto procedurale e personale.

ANTONIO FALOMI. Intervengo anch'io sull'ordine dei lavori, presidente, perché molti di noi devono partecipare, alle ore 15, ai lavori delle Commissioni. Siccome siamo tutti interessati a sentire le risposte del presidente, del direttore generale e dei componenti il consiglio d'amministrazione della RAI, sarebbe opportuno se completassimo adesso il giro delle domande, rinviando ad altra seduta le risposte. Ho già detto, però, che molti di noi fra poco dovranno lasciare la Commissione.

PRESIDENTE. Su tale richiamo darò la parola ad un rappresentante per ciascuno dei gruppi che dovessero richiederla, ai sensi del combinato disposto degli articoli 41 e 45 del regolamento della Camera. A questo punto, credo che dovremmo rinviare alla seduta di domani non solo le risposte ma anche gli interventi dei colleghi, dovendo ancora parlare gli onorevoli Ricciotti, Landolfi, Bianchi e Giulietti.

MARIO LANDOLFI. Non mi oppongo alla proposta di aggiornamento, però domani non potrò essere presente. Mi rendo conto, però, che la mia esigenza non può superare le obiezioni rappresentate dai colleghi. Vuol dire che rinuncerò a porre le mie domande.

ANTONIO FALOMI. Potrebbe rivolgerle adesso e domani leggere le risposte sul resoconto stenografico.

PAOLO RICCIOTTI. Neanche io mi oppongo alla proposta di aggiornamento.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Landolfi, dopo di che il seguito dell'audizione sarà rinviato alla seduta di domani.

MARIO LANDOLFI. Tornando al piano per la nuova RAITRE e alla divisionalizzazione dell'azienda, voglio manifestare alcune mie perplessità che ho già avuto modo di rappresentare durante l'audizione del direttore generale.
La presenza di una corporate, di cinque divisioni e di una rete che, in ossequio al contratto di servizio e ad una legge, viene privata della pubblicità, credo che debba costituire oggetto di un'approfondita riflessione da parte nostra.
La corporate diventa il governo e l'indirizzo strategico dell'azienda; le divisioni dovrebbero essere le braccia che consentono di realizzare ciò che il cervello, il governo dell'azienda, decide. La mia preoccupazione è motivata dal fatto, per esempio, che le divisioni hanno una


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responsabilità completa, un'autonomia organizzativa, gestionale e perfino di spesa - questo è ciò che si evince leggendo l'ordine di servizio -, il che lascia supporre che la loro responsabilità sia totale. Nel corso dell'audizione, ad una domanda del presidente Storace a proposito delle direzioni del personale, il direttore generale rispose: ci saranno una direzione centrale del personale e i responsabili dei responsabili delle divisioni; la gestione del personale non sarà più al centro; ogni divisione avrà la sua gestione del personale. Quindi, oltre al budget delle risorse finanziarie, vi sarà la possibilità di disporre anche di risorse umane. Ma non è questa la perplessità. Avremmo una rete senza pubblicità, che sarà finanziata in modo molto largo dal canone, e avremo due reti con la pubblicità. Non potrebbe essere questo il preludio alla privatizzazione di una delle reti RAI?
A ciò si aggiunge il problema delle entrate, che il direttore generale ha definito variabili esterne (canone autoradio, quote di produzione, canone di abbonamento). Il direttore generale ha già risposto, ma mi interessa conoscere il pensiero del presidente della RAI. Ad una mia domanda su questo argomento che ritengo centrale, il dottor Celli ha risposto che, se queste variabili esterne giocano tutte insieme, ci saranno molte difficoltà per la RAI nel senso che ci sono proiezioni dei bilanci fino al 2000 che destano preoccupazioni.
Non ritiene che quell'ordine di servizio e questo tipo di organizzazione aziendale possano preludere ad intaccare il principio di unitarietà del servizio pubblico? Possiamo avere una rete definita di servizio pubblico che rischia di diventare residuale rispetto al resto dell'azienda e due reti che vivono di pubblicità e che possono diventare molto appetibili sul mercato, considerando che in Italia le privatizzazioni si fanno con lo 06 per chi chiama da fuori Roma.
Vorrei che lei fugasse questo mio dubbio che, anche alla luce di altri adempimenti di legge che dovrebbero essere fatti (lancio su satellite di una rete), potrebbe prefigurare uno scenario in cui due reti vengono acquistate, due restano alla RAI e due al concorrente privato.
Un'altra domanda riguarda una sua affermazione nel corso di un convegno nel quale ha fatto riferimento ad alcune pagine bianche, che dovrebbero essere ancora scritte, del piano di nuova RAITRE. È stato già oggetto di discussione in Commissione ed io le chiedo a cosa si riferiscano queste pagine bianche. Lei ha sempre detto che non è un piano definitivo ma c'è una bella differenza tra immaginare inserimenti in progress e parlare di pagine bianche. Dal momento che dobbiamo esprimere un parere all'autorità, dobbiamo farlo su un piano in qualche modo definitivo: il fatto che contenga ancora pagine bianche mi sembra un elemento che rischia di vanificare il nostro lavoro. Le sarei quindi molto grato se potesse essere più preciso su questo punto.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti ed i colleghi intervenuti. Il seguito dell'audizione è rinviato a domani alle 13,30.

La seduta termina alle 15.

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