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Audizione del direttore generale della RAI e dei responsabili designati delle nuove divisioni.
PRESIDENTE. Ricordo che nelle sedute del 19, 25, 30 giugno e 1o luglio hanno avuto luogo le precedenti audizioni riferite all'argomento in titolo.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Penso di dover parlare del processo di divisionalizzazione dell'azienda, così come realizzato finora in conformità alle indicazioni del contratto di servizio, che recita testualmente: «ai fini di garantire la necessaria trasparenza della allocazione nella gestione delle risorse la concessionaria è tenuta a presentare entro il 31 dicembre 1997 un progetto di ridisegno della propria macrostruttura organizzativa e del connesso sistema di contabilità industriale sulla base di uno schema divisionale. Il progetto dovrà inoltre contenere la tempistica dei principali interventi che dovranno comunque essere realizzati nel periodo di vigenza del presente contratto».
divisa in una corporate centrale con funzioni di indirizzo, strategia e controllo, dove restano le strutture di governo della finanza, in cinque divisioni operative ed in una serie di strutture di servizio trasversali che funzionano a disposizione delle divisioni e per le attività di supporto ad esse.
PRESIDENTE. Mi scusi, direttore, forse c'è bisogno di una seconda battuta. Noi abbiamo chiesto l'audizione dei responsabili delle divisioni; l'ufficio di presidenza si era espresso in questo senso. Le chiedo quindi se, in qualità di responsabile della prima divisione, intenda affrontare già in questa sede il futuro sviluppo della divisione stessa.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Credo che in questa fase, in cui si sta lavorando alla definizione delle divisioni e all'attribuzione delle risorse, sia abbastanza prematuro entrare nel merito dell'assetto delle singole divisioni.
PRESIDENTE. Non le ho posto un quesito sull'assetto, che è compito vostro. Il problema è cosa faranno le divisioni.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Le divisioni sono strutture che operano per unità di business, quindi sono state definite per focalizzare l'attività della RAI attorno a business di tipo unitario. Quindi la specificità della divisione 1, che comprende la rete 1 e la rete 2, rispetto alla specificità della divisione 2, che comprende la rete 3, è rappresentata dal fatto che mentre la rete 3 è o sarà prevalentemente finanziata da canone, le reti 1 e 2 comprendono in gran parte il finanziamento attraverso la pubblicità, anche se poi quote di canone saranno certamente destinate a finanziare alcuni programmi, soprattutto quelli di servizio pubblico che saranno anche nelle reti 1 e 2. Questa differenza sul tipo di risorse che vengono allocate rispetto ai programmi ed alle linee editoriali specifica la differenza tra la divisione 1, che comprende le reti 1 e 2, e la divisione 2, che comprende la rete 3 e le offerte collegate prevalentemente di servizio pubblico.
soprattutto derivanti dalla connessione tra gli obiettivi che la divisione si pone, gli impegni che i direttori delle singole reti assumono nei confronti della trasmissione di fiction e la realizzazione della stessa, onde evitare fenomeni distorsivi di produzione di fiction che magari poi non trova spazio nei palinsesti e quindi resta in magazzino. Vi è quindi un fenomeno interno di razionalizzazione anche nel settore della produzione, legando quest'ultima soprattutto alla programmazione dei palinsesti di rete 1 e rete 2.
PRESIDENTE. La ringrazio, direttore. Il dottor Tantillo intende intervenire sulla sua divisione?
GIOVANNI TANTILLO, Direttore divisione TV canale 3 e offerte collegate RAI. Desidero anzitutto salutare il presidente e gli onorevoli membri della Commissione.
PRESIDENTE. La ringrazio.
GIOVANNI TANTILLO, Direttore divisione TV canale 3 e offerte collegate RAI. Come ha detto il direttore generale, ho assunto l'incarico due settimane fa (la prima riunione è avvenuta ieri sera con gli esperti del processo in atto) per cui in questo momento non ho elementi nuovi da portare a conoscenza della Commissione. Ho il compito di lavorare su un comparto che riguarda RAITRE, TG3, TGR e tutto ciò che è collegato come offerta di servizio pubblico, che va da RAI educational a RAI international alle tribune elettorali e ad altro ancora. Si tratta di un settore dove devono essere perseguite le finalità di razionalizzazione e di accorpamento e dove va meglio finalizzato il prodotto alla missione stessa.
ALDO MATERIA, Direttore divisione Radio RAI. Una specificità del segmento radiofonico è rappresentata, dal punto di vista organizzativo, dalla coesistenza della parte editoriale e della parte produttiva, mentre per quanto riguarda l'alimentazione dell'ideazione televisiva esiste un'apposita direzione dedicata alla produzione. Qui, invece, sono assemblate ed aggregate in un unico comparto le testate giornalistiche, la direzione programmi radio, nonché lo stabilimento e le sedi dedicate alla produzione radiofonica.
BRUNO D'ASTE STELLA, Direttore divisione produzione TV RAI. Credo di poter aggiungere poco sulla tempistica e sulla parte missione, in quanto già state illustrate dal direttore generale. Ritengo che vada sottolineato che la divisione alla quale sono stato designato ha un carattere squisitamente tecnico-operativo; non ha, quindi, responsabilità di natura editoriale, in quanto si tratta, sostanzialmente, di una divisione che deve fornire servizi a tutte le testate, le reti dell'azienda; deve
organizzarsi per fornire servizi nel modo più efficiente ed economico possibile. Diciamo che la sfida è di arrivare a stare sul mercato, al limite fornendo servizi anche all'esterno. Per fare questo siamo articolati in centri di produzione e sedi regionali (a Roma vi è la base per quanto riguarda i telegiornali), quindi lo sforzo è di cercare di professionalizzare insieme tutte le risorse, di fare investimenti che guardino a quello che sarà il business da qui a qualche anno e, soprattutto, di renderci competitivi sul mercato, che oggi, come tutti sanno, avanza in modo velocissimo a livello sia tecnologico sia organizzativo.
STEFANO CICCOTTI, Direttore divisione trasmissione e diffusione RAI. Sarò ancora più breve, perché la mia divisione è la cenerentola delle divisioni RAI. Ho un vantaggio: siccome l'impianto base della divisione è, sostanzialmente, la direzione tecnica, per cui ho un business ben definito, il progetto di organizzazione della divisione è normalmente facilitato da questo punto di vista. Naturalmente, verranno aggiunte le funzioni necessarie per trasformarla in una divisione.
GIUSEPPE GIULIETTI. Credo sia bene utilizzare il tempo per porre domande raccogliendo elementi. Quindi elimino tutta la parte descrittiva e critica.
PRESIDENTE. Non è obbligatorio eliminarla.
GIUSEPPE GIULIETTI. No, io la elimino, perché è al termine delle audizioni che ciascuno si forma un'opinione. Adesso è necessario avere dei dati, altrimenti è impossibile formarsi le opinioni. Dicevo, dunque, che mi limiterò a porre delle domande.
PRESIDENTE. Diciamo comunque che non siamo un tribunale.
GIUSEPPE GIULIETTI. Mi fa piacere questa affermazione. La condivido. Su questo c'è ampia convergenza con il presidente.
PRESIDENTE. L'argomentazione è utile.
GIUSEPPE GIULIETTI. Siccome c'è il tema della piattaforma digitale cui non più tardi di un anno fa questo Parlamento si appassionò e non so perché, in una lunga discussione, sostenendo che si trattava di una delle questioni strategiche delle prossime settimane, ma poi non se ne è più parlato; può darsi per mia scarsa conoscenza, ma vorrei sapere se si sia o meno chiuso un accordo e, se non si è chiuso, quale sia lo stato del rapporto con Telecom, che oggi non è più un'azienda pubblica; è interessante capire che tipi di intrecci si realizzeranno o se questi non ci saranno.
interessante, non perché sia essa sola il servizio pubblico ma proprio per l'elemento di innovazione e lo sforzo che vedo anche il gruppo dirigente sta facendo. Se ho capito bene vi è una forte proiezione internazionale e dovrebbe esservi anche una forte proiezione regionale. Chiedo: contemporaneamente è prevista anche una forte presenza di nuovi autori e nuovi soggetti? Cosa voglio dire? So che il direttore Celli ha anche l'interim per fiction: è prevista una ristrutturazione di questo settore, un potenziamento, è previsto che questa rete, oltre ad essere quella dell'informazione, sia anche quella dei nuovi autori e del nuovo prodotto?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda la RAI sta facendo tutto...
GIUSEPPE GIULIETTI. Infatti ho parlato della politica. Se voglio criticare la RAI, la critico, perché non è ancora un elemento dogmatico nel paese. Anche il Papa è messo in discussione, figuriamoci... come si critica la politica, si può criticare la RAI, ma parlavo - ripeto - della politica. Mi riferivo al legislatore, cioè ai parlamentari eletti. Ognuno fa il suo mestiere.
PRESIDENTE. L'onorevole Giulietti ha posto molte questioni, mi chiedo se non sia preferibile ascoltare la risposta dei nostri interlocutori prima di procedere con ulteriori domande.
ANTONIO FALOMI. Presidente, preferirei che fossero poste tutte le domande, per ascoltare poi le risposte.
PRESIDENTE. Lo dicevo per assicurare maggiore celerità.
ANTONIO FALOMI. Sì, presidente, ma l'unico problema è quello dei tempi.
PRESIDENTE. Non sono previsti lavori parlamentari.
ANTONIO FALOMI. Abbiamo un impegno di partito previsto per le 15.
PRESIDENTE. Arriverà in tempo.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Cercherò di rispondere, sia pure sinteticamente, a tutte le domande, arrogandomi la responsabilità di rispondere io non dando deleghe perché i direttori di divisione non hanno ancora cominciato a lavorare e quindi...
PRESIDENTE. Consentirà comunque al presidente di dare la parola a chi la chiede.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Certamente, presidente.
PRESIDENTE. Perché la definisce una minaccia?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. È una minaccia nel senso che, se non anticipata in maniera corretta, con allocazioni precise del canone, può portare ad avere una procedura di sussidio incrociato. Da questo punto di vista, la divisionalizzazione che stiamo operando - per fortuna abbiamo corso sui tempi - aiuta molto perché definisce chiaramente e con trasparenza l'allocazione delle risorse sia del canone sia della pubblicità e quindi le rispettive entrate. Tuttavia esiste sullo sfondo, se non una minaccia, certamente un problema di non semplice definizione; esso riguarda la RAI per l'Italia, ma riguarda anche i servizi pubblici di tutti gli altri paesi europei.
della quale deve operare, e collocando acquisto di cinema e fiction, produzione cinema e commercializzazione dei diritti in un'unica struttura che tendenzialmente può diventare una struttura societaria, anche perché in essa, se vi sono componenti esterne che vogliono entrare o vogliono contribuire in termini finanziari, è possibile fare delle sinergie senza intaccare la sostanza del nostro core business. È questo l'orientamento rispetto alla fiction.
GIOVANNI TANTILLO, Direttore divisione TV canale 3 e offerte collegate RAI. I problemi posti dall'onorevole Giulietti sono molti, per cui cercherò di rispondere partendo dalle domande fondamentali che sottintendono il lavoro della divisione. Quest'ultima avrà delle aree di offerte ben precise; anzitutto l'informazione, che deve ritrovare tutta la diversità culturale del paese entrando in relazione stretta con il territorio, il che significa due cose: trasferire, dove è possibile e dove è conveniente, la produzione nelle nostre sedi produttive; rivedere il palinsesto - è un lavoro che abbiamo iniziato a fare solo stamattina con la testata e con la rete - in relazione ai nuovi appuntamenti che nella giornata caratterizzeranno l'informazione nazionale e territoriale del canale. Si tratterà quindi di un'informazione che si baserà sulle sedi regionali. Il cosiddetto tema della macroregione in questo momento non interessa. Mi interessa invece relazionare diverse sedi attorno a dei trend interessanti di carattere culturale e socio-economico, unificando su tali trend le attività delle nostre sedi la mattina, il primo pomeriggio e, probabilmente anche la sera tarda. Ciò vuol dire riformare profondamente il palinsesto, tenendo sempre conto sia degli oneri economici che l'operazione può comportare, sia del fatto che la razionalizzazione è resa necessaria dal palinsesto di RAITRE, caratterizzato da presenze multiple, a iniziare da quella di RAI educational che ritengo impropria all'interno di una broadcasting nazionale e con la presenza pomeridiana di sport minori, che non danno identità alla rete stessa, che ha bisogno di raggiungere, come missione, il 9-10 per cento di share. Significa anche lavorare, di mattina, con le sedi regionali su fasce particolari e su situazioni che possono avere il valore di iniziative campione. Stiamo cominciando ad immaginarne una interessante, con l'aiuto delle sedi di Trieste, Bolzano, Trento e Venezia, che dovrebbe riguardare tutta l'area del nord-est e che dovrebbe occupare nella prima mattina una fascia di informazione e di programmazione; si tratta di un'iniziativa che dovrebbe fungere da campione per capire come muoverci in questo settore.
STEFANO SEMENZATO. Dopo le cose dette dal direttore Celli, vorrei partire da una considerazione generale. A noi è stato consegnato un piano, per esprimere il parere anche all'autorità garante, che partiva da una serie di obiettivi politico-editoriali della RAI di applicazione del contratto di servizio, sul quale venivano applicati dei costi che, non a caso, risultavano superiori al budget attuale della RAI di svariate centinaia di miliardi. Ciò poneva problemi più volte sottolineati: per esempio il recupero dei fondi legati al canone dell'autoradio e l'avvio trimestrale del passaggio dei soldi del Tesoro. Restando comunque ai soldi da reperire, questo era uno degli elementi che, a mio avviso, poneva interrogativi sulla necessità o meno della privatizzazione e sul reperimento delle risorse. Il direttore generale ci ha detto che la RAI sta procedendo in maniera esattamente opposta, nel senso che si sta partendo dagli attuali limiti di bilancio della RAI per ridimensionare e ricostruire i singoli progetti. Ma se è così il piano che ci è stato fornito non regge più, in quanto cambiano almeno i budget dei singoli settori. Mi chiedo, quindi, se la RAI non ritenga di fornirci un piano aggiornato, in cui ai singoli progetti corrisponda ciò che intende effettivamente spendere. Questo ci consentirebbe di capire come vengono dislocate effettivamente le risorse. Da parte della RAI si è detto che queste quote erano penalizzanti e che determinavano un aggravio dei costi. Questo rimanda ad un problema più generale: se il settore della produzione può essere considerato in RAI come un fattore che produce business, nel senso che riesce a stare sul mercato e ad avere alcune caratteristiche e quindi a diventare nel medio e lungo periodo un elemento non penalizzante; se questo è legato al tipo di produzione fatta, vincoli legislativi (home video o altro) che vanno risolti per la RAI; se così è, vorrei capire come si possa uscire dalla contraddizione che quando la RAI fa produzione televisiva di fiction o cinema, eccetera, sostanzialmente va in conto perdite, mentre per altre aziende internazionali queste voci vanno in conto profitti. Vorrei quindi capire cosa ostacola il passaggio dalle perdite ai profitti.
di contabilità, ma anche di operatività reale.
MARIO BORGHEZIO. Vorrei premettere, ad alcune domande ed osservazioni più specifiche e puntuali sul tema alla nostra attenzione, una riflessione ed un commento che chiedo al direttore generale della RAI in ordine ad un dato agghiacciante che l'osservatorio dell'Università di Pavia ci ha fatto pervenire in merito all'informazione parlamentare e specificatamente al dato nullo della presenza del movimento lega nord per l'indipendenza della Padania in detto settore.
PRESIDENTE. È un po' più nota.
MARIO BORGHEZIO. Per concludere e per riassumere le mie opinioni al riguardo, vi chiedo come pensiate di conciliare tutta questa affermata attenzione al business, alle regole del mercato, con un clima, con una situazione che secondo noi, che vediamo le cose dalla Padania (tra l'altro, in tutto l'arco alpino sono numerosi i ripetitori della RAI, che vedo sempre più traballanti, nel senso che c'è il vento del nord che spira, che scuote) vede invece la RAI, la vostra informazione e perfino i talk show proni, direi ossequiosi alle forze politiche governative dominanti e addirittura discriminanti nella maniera più vergognosa nei confronti di forze largamente rappresentate in Parlamento.
EMIDDIO NOVI. In realtà in questa parte dell'audizione, più che la definizione della nuova organizzazione della RAI - la cosiddetta divisionalizzazione -, è stata tracciata una nebulosa: non vi è nulla di ben definito davanti a questa Commissione.
minimo di autonomia professionale, questa non potrebbe essere certamente rivendicata da un service o da un appalto esterno.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Non deve prendersela con noi; c'è un legge!
EMIDDIO NOVI. Sia chiaro che questa legge non era stata osservata dai suoi predecessori. Sappiamo anche che, per quanto riguarda il mondo dell'informazione e l'area dei giornalisti italiani, esistono una maggioranza per quanto riguarda la Federazione nazionale della stampa ed una maggioranza alternativa per quanto riguarda l'ordine dei giornalisti. Mentre l'ordine dei giornalisti osserva il pluralismo, la Federazione nazionale della stampa nel suo gruppo dirigente ha comportamenti analoghi a quelli degli anni settanta, che portarono alle tragedie che tutti quanti ricordiamo, perché poi dall'intolleranza nascono quei tipi di comportamento. Per quale motivo, quindi, è stata interrotta questa consuetudine, visto che anche nel diritto vanno in genere osservate e seguite le consuetudini che vengono a crearsi? Esiste un diritto consuetudinario, derivato da comportamenti e da opzioni ripetute nel tempo, che, probabilmente, il nuovo vertice della RAI non intende osservare. Questa è una questione, non solo politica ma di agibilità democratica all'interno della RAI, che la Commissione dovrà porre con forza in tutte le sedi.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Inizierò dalle domande del senatore Semenzato.
razionalizzazione delle strutture e dalle attività che svolgeremo. Da questo punto di vista, non dovrebbero esserci sorprese evidenti, perché con le stesse risorse svolgiamo un certo numero di attività ridisegnate, ridistribuite e in qualche modo riaccorpate. Non so se da domani potremmo non avere più la pubblicità sulla nuova Retetre, ma credo che il pronunciamento spetti all'autorità garante di questo tipo di servizio, la quale dovrà interpretare se la legge deve essere intesa in un modo o in un altro rispetto alla contestualità o contemporaneità dell'invio di Retequattro sul satellite. Ma è un problema che in questo momento non ci tocca, in quanto dobbiamo ridisegnare una rete in maniera tale che sia di servizio pubblico, che sia fatta in un certo modo e che inglobi tutte le attività ridisegnandole; quindi una rete che non comporti oneri aggiuntivi, se non minimi e recuperabili tramite una razionalizzazione spinta delle attività.
STEFANO SEMENZATO. Tenuto conto dell'indice di audience della Retetre e del fatto che ogni punto costa 40 miliardi in più, ciò che lei sta dicendo significa che si rinuncia ad aumentare i punti di audience previsti?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Sostanzialmente è prevista un audience del 9-10 per cento, che è quella attuale di Retetre. Certo, se vogliamo in qualche modo rafforzare - 30-40 miliardi ogni punto di audience - dobbiamo recuperare le spese aggiuntive attraverso la razionalizzazione della attività e delle strutture. Ma recuperare dai 30, ai 60, agli 80 miliardi attraverso una razionalizzazione delle attività e delle strutture è un'operazione che, credo, può essere facilmente compiuta da un'azienda che fattura 4.500 miliardi se governata in un certo modo. È questo ciò che intendevo dire.
PRESIDENTE. Il problema c'è o no?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Il problema c'è se non si dà attuazione all'ordine del giorno recepito dal Governo, che tende ad attuare il cosiddetto carry over di tutto ciò che è stato prodotto in più nel 1997 e nel 1998, che ci consente, in qualche modo, di ammortizzare l'impatto. Se ciò avviene è un conto, altrimenti vi saranno dei problemi. Però l'abbiamo dichiarato prima, perché questa legge comporta non solo l'aggravio suddetto, ma anche il fatto che dopo un certo numero di anni i diritti ritornano ai produttori. Ciò va definito, perché se questi ultimi producono su appalto del committente, non si vede perché dopo un certo numero di anni debbano tornare in possesso di diritti che, a loro volta, possono commercializzare in proprio. Un altro
problema è relativo alla definizione, molto ambigua, di produttore indipendente. In definitiva, vi sono problemi che abbiamo evidenziato e sottolineato, per cui, adesso che la legge è stata fatta, essendo rispettosi della stessa cercheremo di interpretarla in maniera tale che sia compatibile con ciò che riusciamo a fare.
MARIO LANDOLFI. Per questo c'è un accordo con la Telecom.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Di qui il nostro tentativo di fare un accordo con la Telecom che ha una rete commerciale e customer center già sviluppati, cosa che noi non abbiamo. Altrimenti non ci sarebbero problemi a farsi in proprio queste cose.
MARIO BORGHEZIO. Prendo atto e la ringrazio, vorrei solo precisare che mi riferivo alle scuse verso gli elettori.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Io chiedo scusa agli abbonati, anche se so che la vostra politica è quella di diminuirli.
MARIO BORGHEZIO. Ai cittadini, perché non è obbligatorio essere abbonati.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Lo so ma io ho dei doveri anche verso gli abbonati.
MARIO BORGHEZIO. Ci richiameremo anche al WWF perché gli abbonati sono una razza in via di estinzione.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Questa è una sua valutazione. Vedremo poi. Da un punto di vista lei si augura che siano in estinzione, ma poi dall'altra parte ci rimprovera per non riempire le nostre strutture, i nostri centri di produzione e le nostre attività periferiche, di non aumentare la nostra presenza territoriale. Credo che anche lei debba trovare un accordo con se stesso rispetto alle due domande.
MARIO BORGHEZIO. Basta evitare sprechi e fare informazione seria per acquisire ascolti.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Se ha delle obiezioni specifiche sugli sprechi e sull'informazione seria, le accetto...
PRESIDENTE. Mi scusi, direttore, lei risponderebbe in Commissione sugli sprechi?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Sì, molto volentieri.
MARIO BORGHEZIO. È un invito a nozze!
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda l'utilizzo dei centri di produzione, credo che per quello di Milano, per il quale stiamo preparando per l'autunno un vero rilancio in grande stile, anche con specifico riferimento alla sede, abbiamo attività programmate per l'autunno che sono ampiamente abbondanti; mentre sul centro di Torino sta partendo in questi giorni tutta una nuova programmazione di attività di serialità lunga che credo possa in qualche modo risolvere i problemi dello studio uno che è effettivamente uno dei più grandi della RAI e che era sottoutilizzato.
MARIO BORGHEZIO. Sì, quella delle lingue minoritarie. Vi è un ordine del giorno votato a larghissima maggioranza, non ricordo se all'unanimità, dalla Camera dei deputati che impegna la RAI in questo senso.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. So che devo lavorare per tutelare le minoranze linguistiche per le quali stiamo facendo programmi di tutto rispetto: sono quelli che in genere svolgiamo nelle zone transfrontaliere per le quali abbiamo precisi obblighi di legge che osserviamo. A quelli mi attengo. Se altri verranno, mi atterrò anche a quelli. In questo momento, però, non ne conosco.
impresa, la prego di voler valutare esattamente la documentazione che abbiamo dato. Lei ha detto che il documento è nebuloso; io non sono abituato ad essere nebuloso, credo di essere stato molto preciso. Abbiamo diviso l'azienda in un certo modo, secondo determinati obiettivi e termini. Nebuloso è veramente un termine ...
PRESIDENTE. Non è una parolaccia.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Se le parole hanno un senso, nebuloso significa che non si capisce: un ordine di servizio è fatto per essere capito e questo è assolutamente comprensibile; è fatto per essere capito da tutti in azienda, dai vertici come alla base; in esso si dice esattamente come viene divisa l'azienda, quali sono le responsabilità, i compiti ed i tempi. Per la prima volta vi sono tempi precisi entro i quali le cose debbono accadere; se questo è nebuloso, vorrei sapere cosa sia invece chiaro.
EMIDDIO NOVI. Per lei è chiaro, per me rimane nebuloso.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Lei può fare tutte le valutazioni che crede, ma mi deve dimostrare cosa c'è di nebuloso.
EMIDDIO NOVI. Ad esempio, qual è la funzione dei quotidiani locali? E questi continueranno a dare questo tipo di informazione.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Si rende conto che questo non ha niente a che fare con la ristrutturazione dell'azienda che abbiamo esplicitato? Sono due problemi assolutamente diversi.
PRESIDENTE. Avete idee diverse.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. No, presidente, mi scusi, lui parla di una cosa io di un'altra. Io ho idee chiarissime (Commenti del senatore Emiddio Novi).
PRESIDENTE. Collega Novi, la prego di lasciar concludere il direttore generale della RAI. Potrà eventualmente intervenire più avanti.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. La RAI è un'azienda e ogni azienda vive anche di ordini di servizio. L'ordine di servizio non stabilisce quello che fa il singolo personaggio quando va davanti alla telecamera (Interruzione del senatore Emiddio Novi).
PRESIDENTE. Collega Novi, la prego nuovamente di lasciar continuare il direttore generale della RAI.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Credo quindi che lei possa trovare tutto quello che le serve per capire. Quello che non vuole capire non lo troverà, mi dispiace.
pubblicità. Noi chiediamo di poter avere le sponsorizzazioni per quanto riguarda la terza rete, pronti ad obbedire se l'authority ci dirà che le sponsorizzazioni sono assimilabili alla pubblicità. Poiché tuttavia la legge parla di pubblicità e non di sponsorizzazioni, anche noi in qualche modo tentiamo di portare a casa qualcosa, viste le risorse. Quando lei parla di pluralismo ha totalmente ragione: credo che sia un bene di questo paese e vada perseguito. Ritengo che la RAI, con tutti i suoi difetti, assicuri più pluralismo di quanto non ci sarebbe se non esistesse la RAI.
BRUNO D'ASTE STELLA, Direttore divisione produzione TV RAI. Chiedo scusa al presidente di essermi intromesso, ma vorrei fornire una precisazione in relazione ad un quesito posto dall'onorevole Borghezio. Sostanzialmente, è vero che a Torino in questo momento c'è lo studio più grande impegnato per l'informazione, ma solo per due motivi: altri studi sono in fase di rifacimento per problemi di amianto e stiamo rendendo digitali alcune apparecchiature. Evidentemente in un'organizzazione aziendale bisogna guardare al traguardo finale e non ai singoli, specifici momenti. Come diceva il direttore generale, in questi giorni abbiamo allocato su Torino un programma seriale che impegnerà lo studio 1 di Torino per tutto l'anno prossimo. Su Milano l'anno scorso sono coesistiti ben 23 programmi contemporaneamente e credo che anche questo sia un record. Naturalmente anche su Milano lo studio della Fiera necessita di un totale rifacimento, per cui quest'anno, terminati i programmi in corso, avrà un periodo di sospensione. Su Napoli non ci siamo soffermati, ma è sotto gli occhi di tutti il discorso della soap opera e di altre trasmissioni. Stiamo dunque cercando di saturare completamente le potenzialità produttive dei centri di produzione rivolgendoci ai centri di produzione decentrati, non solamente romani.
GIORGIO COSTA. Direttore, lei deve comprendere che la portata dell'ordine di servizio datato 26 giugno ...
PRESIDENTE. ...è arrivato solo oggi in Commissione.
GIORGIO COSTA. No, è di tale spessore... (Commenti del senatore Novi). Dicevo che la dimensione della materia...
EMIDDIO NOVI. Ieri abbiamo parlato in generale, ma anche i giornalisti della RAI sapevano cosa fosse questa divisionalizzazione.
PRESIDENTE. Lo chiederemo puntualmente al direttore (Commenti del senatore Novi). Ora diventa un dialogo tra me e lei; facciamo parlare il senatore Costa.
GIORGIO COSTA. La dimensione e la portata della materia trattata da questo ordine di servizio sono tali che lei comprenderà quanto i senatori ed i deputati si muovano con difficoltà in costanza di un impegno notevole. Per quanto mi riguarda, io l'ho metabolizzato; e debbo darle atto che con questo ordine di servizio va nella direzione giusta in considerazione delle istanze, delle aspettative del Parlamento rispetto alla qualità e quantità di servizio che dalla RAI ci si attende. Quantità e costo sono certamente ben sottoposti a vigilanza e controllo dalla soluzione delle divisioni operative delle strutture di servizio, alle quali con l'ordine di servizio lei assegna autonomia gestionale e patrimoniale.
MARIO LANDOLFI. Direttore, lei rispondendo all'onorevole Giulietti ha affermato che questo consiglio di amministrazione e questa direzione generale hanno avuto il mandato non a privatizzare la RAI ma a trasformarla e a divisionalizzarla (per quanto sia brutto questo termine). Tuttavia da altre sue successive parole mi è sembrato di cogliere un fastidio giusto, legittimo nella sua qualità di direttore generale, rispetto a quelle che lei ha definito variabili esterne, che sono le leggi. Faccio riferimento a tre questioni in particolare: al canone autoradio; alla mancata corresponsione, da parte del Tesoro, delle rate del canone; alla recente legge approvata dal Parlamento, ma di iniziativa governativa - come quasi sempre accade -, relativa alle quote di produzione. Quanto elencato, assieme ad altre cose, va in una direzione che può risultare esiziale per gli interessi aziendali. Prefigurando uno scenario futuro non troppo lontano, quando in base ad una legge dello Stato avremo una terza rete - che l'autorità deciderà, sulla base del congruo sviluppo tecnologico, di lasciare senza pubblicità - in parallelo ad una rete del concorrente privato, che andrà sul satellite, ci troveremo con due reti molto appetibili dal punto di vista della produzione, in quanto saranno ricche di pubblicità, e con una rete, destinata esclusivamente al servizio pubblico, che può apparire come residuale. Vorrei quindi sapere come lei valuti le variabili esterne rispetto a questo scenario.
definita piattaforma unica. Ci fu spiegato che doveva essere tale per esigenze di mercato, perché, come lei stesso ha detto, quest'ultimo è incerto, tutto da scoprire. Si tratta di un mercato che in Germania a qualche imprenditore del settore è costato cifre addirittura inimmaginabili.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. 1.500 miliardi!
MARIO LANDOLFI. Vi era quindi la necessità di creare una piattaforma digitale, poi ribattezzata comune, che doveva servire a far convergere gli interessi di più soggetti del settore, proprio perché vi erano - e credo vi siano - difficoltà oggettive inerenti a questo segmento del mercato. Oggi mi sembra che la piattaforma comune sia diventata a due, tra RAI e Telecom. Che fine hanno fatto gli altri soggetti che dovevano farne parte (Cecchi Gori Communication, Canalplus, Mediaset)? In Italia ci saranno più piattaforme digitali o si tenterà un recupero dell'idea originaria? Possiamo conoscere lo stato dell'arte rispetto al problema della piattaforma digitale?
PRESIDENTE. Pongo qualche domanda anch'io, augurandomi che vengano delle risposte; spero che dalla RAI si riesca finalmente ad ottenere qualche elemento di novità anche nel rapporto con questa Commissione, a proposito del quale mi si consenta di dire che non c'è bisogna di nervosismi, in quanto basta rispondere alla questioni poste.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. No.
PRESIDENTE. Risponderà successivamente, perché quando si parla di assetti a me pare di capire che vi saranno modificazioni sostanziali. Ciò si collega ad una domanda, che le porrò più avanti, alla quale non vi è bisogno di rispondere seccamente, perché basta ragionare e cercare di comprendere. Vi è infatti chi lamenta assenza di pluralismo anche interno all'azienda. In proposito, riprenderò l'argomentazione del senatori Novi, perché presiedendo questa Commissione sono costretto - ma lo faccio volentieri - a seguire tutte le audizioni, per poi riferire e riportare le valutazioni ascoltate. Ma prima vi è un'altra questione: mi riferisco all'eccesso di burocratismo che si può intravedere in questa divisionalizzazione, che oggi può sembrare un po' più chiara nei suoi termini perché vi è un ordine di servizio; finora, infatti, ci siamo mossi
solamente sulla base della stringata previsione del contratto di servizio (quattro righe che, francamente, dicevano pochissimo, per cui non si capiva dove si andasse a parare). Oggi si comincia a comprendere di più la macchina della divisionalizzazione, però restano gli interrogativi posti dal senatore Novi nel suo intervento, per esempio a proposito dell'informazione giornalistica appaltata. Al riguardo, lei ha detto una cosa molto importante relativa alla cessione di immagini, non di servizi da parte di emittenti che dovessero vendere prodotti all'azienda di servizio pubblico. Mi chiedo, quando si parla di immagini e non di servizi, se si intenda anche la domanda rivolta all'esponente politico locale, scritta dalla redazione e non elaborata anche dalla emittente locale in questione. Quando una personalità viene intervistata da un'emittente locale, quest'ultima rivolge la domanda che vuole o è scritta dalla redazione della RAI? Se si parla di politicizzazione questo è un aspetto che non le sfuggirà. Tra l'altro, a proposito di questo tema nell'audizione di ieri c'è stato anche riferito - mi sembra dall'USIGRAI - un particolare, cioè che allo stato attuale una testata giornalistica regionale può telefonare ad una redazione giornalistica perché le inviino un servizio. Domani dovranno esserci dei timbri, dei bolli, delle autorizzazioni? Altrimenti non capirei cosa deve fare il direttore di divisione quando vi è una richiesta di servizi che deve entrare nei bilanci della divisione. Vi è il rischio di una lievitazione dei costi interni? Non vi è il rischio consequenziale di perdita di professionalità delle sedi regionali, se i costi delle emittenti locali saranno inferiori rispetto alle risorse interne della RAI? Ci è stato riferito - ma vorremmo una risposta precisa - che vi è la possibilità che il servizio non venga più dato dalla RAI. E se il caporedattore o il direttore sono coloro che vengono accusati di essere politicamente schierati, possiamo immaginare cosa può accadere quando viene fatta la commessa all'ente locale.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Non è la RAI.
PRESIDENTE. Ma la federazione della stampa ha avuto lo stesso atteggiamento anche per gli altri quattro anni; è la sua direzione generale che ha cambiato. Comunque, quello che vorrei capire è il motivo di tanto accanimento nei confronti di una organizzazione che è sicuramente minoritaria, ma che ha diritto ad esistere. Vorrei capire se invece non si vuole in questo modo impedire anche l'organizzazione di un dissenso, che spero venga considerato legittimo da una azienda che dovrebbe essere improntata anche al rispetto di regole democratiche. Su questo attendo delle risposte e le attendo anche su altre due questioni. La prima riguarda lo share previsto per la terza rete. Mi perdoni la franchezza, ma come si fa a credere che questa rete sia il fiore all'occhiello del servizio pubblico e poi l'obiettivo è del 9-10 per cento e quindi come fare a non credere alla volontà di privatizzazione delle altre reti?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Cercherò di rispondere a tutte le domande poste, iniziando da quelle dell'onorevole Landolfi. Le variabili esterne che influenzano sono quelle che lei ha ricordato. Mi permetto di ricordarne un'altra, che rappresenta un altro nervo scoperto su cui si è questionato lungamente; mi riferisco al fatto di far partire la RAI su una rete parlamentare con poi tutto quello che è successo e che ha comportato certamente delle spese non irrilevanti. La partenza era legata al contratto di servizio.
sui propri bilanci che destano qualche preoccupazione.
MARIO LANDOLFI. Potrebbe quantificare questo aspetto?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Stiamo lavorando in termini di piano triennale e saremo pronti solo ad agosto o a settembre. A quel punto, su richiesta della Commissione, potremmo essere precisissimi. Credo comunque che preoccupazioni possano derivare a partire dal 2000 e in modo serio se, ripeto, si dovessero infilare.
MARIO LANDOLFI. Volendo fare un riferimento quantitativo, si potrebbe pensare che il danno per la RAI potrebbe risultare equivalente al prezzo di una rete?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. È molto difficile, qual è il prezzo di una rete? Io non lo so. Bisognerebbe quantificare il valore della RAI e dividerlo per un certo numero di reti; poi c'è la radio, eccetera; il tutto andrebbe comparato con il valore di borsa di Mediaset; sono calcoli difficili, ma certamente no. Credo che una rete RAI valga abbastanza di più. So che una delle preoccupazioni che girano è che ci sia qualcuno che opera in maniera tale da ridurre le entrate in misura significativa, per cui ad un certo punto la RAI si troverà costretta a mettere sul mercato ... Questa è una preoccupazione che anch'io ho dichiarato molto spesso, quindi mi trovo a condividerla pienamente. È una preoccupazione possibile, non dico realistica, ma certamente vanno in quella direzione tutta una serie di operazioni che tendono ad indebolire il versante delle entrate.
MARIO LANDOLFI. Noi ufficialmente non abbiamo ricevuto alcun monito da Bruxelles?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Sì, alcuni mesi fa abbiamo ricevuto una lettera molto precisa di Van Miert, che ci diceva di fare attenzione. Gli economics sono molto brutti, tanto per essere espliciti. Creare una piattaforma alternativa partendo da zero è un problema reale. Ci stiamo provando in tutti i modi, ma economicamente, finanziariamente è un fatto molto pesante.
PRESIDENTE. E non bastano?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. No, io credo che bastino, però c'è ampia disponibilità per occupare tutte le posizioni che si liberano, anche perché alcune strutture centrali si svuotano di
grosso significato. Prendiamo la direzione del personale: a livello di corporate, alla direzione del personale resteranno le politiche generali del personale, i criteri di assunzione, le trattative sindacali per il contratto di lavoro e poi la formazione, il presidio delle figure chiave dirigenziali, in maniera tale che ogni divisione non gestisca in proprio le sue figure dirigenziali chiave senza metterle a disposizione delle altre.
PRESIDENTE. Ci saranno più direzioni del personale?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Una direzione centrale del personale e poi i responsabili del personale delle divisioni. La gestione del personale non sarà più al centro: ogni divisione avrà la sua gestione del personale.
PRESIDENTE. Quindi le assunzioni le determineranno questi responsabili?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Nei budget che all'inizio dell'anno verranno dati alle singole divisioni ci sarà un budget di risorse economiche ed anche un budget di risorse umane. Da questo punto di vista, se loro avranno bisogno di prendere o dovranno invece ricollocare, è un problema sotto il profilo gestionale delle divisioni, non è un problema del centro. Ci sarà una migrazione di risorse dalla direzione del personale ...
PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Le suggerirei di prendere nota degli indirizzi sul pluralismo di questa Commissione, in cui si chiedeva, al punto 4, l'adozione di criteri certi per le assunzioni. Pertanto, prima di procedere sarebbe forse opportuno un passaggio in Commissione per chiedere se sui criteri che verranno determinati, e che a tutt'oggi ancora non conosciamo, ci sia da parte del Parlamento una corrispondenza.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. I criteri di assunzione non cambiano da una parte all'altra, vengono fissati dalla direzione centrale.
PRESIDENTE. Bisognerebbe conoscerli prima.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. I criteri di assunzione relativi ai giornalisti sono ampiamente noti e comunicati anche a questa Commissione.
PRESIDENTE. Sono immaginati, direttore, non sono noti; non abbiamo mai avuto comunicazione in tal senso. Ciò ovviamente non attiene alla sua responsabilità.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda le assunzioni delle altre figure professionali, credo che il criterio sia quello della selezione o del concorso. Comunque li preciseremo e li invieremo, in maniera tale che siano abbastanza trasparenti.
fine, in maniera tale che ogni interfaccia alla RAI rispetto ad un determinato problema, in questo lasso di tempo che va dall'inizio alla fine e che è quantificato mediamente in quindici giorni, sappia esattamente dov'è il suo contratto. Intendiamo completare questa operazione anche per tutti gli altri processi che regolano le altre divisioni.
PRESIDENTE. Si è sbagliato allora o si è sbagliato oggi?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Il problema non è quello. Il problema è che un sindacato viene riconosciuto quando è firmatario di contratto. Vi sono regole che non dipendono dall'azienda. Io non ho dato nessun mandato; ho anzi preteso...
PRESIDENTE. Secondo lei il sindacato che non firma il contratto non ha trattenute sulla busta paga?
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Non ha diritto ad avere trattenute sulla busta paga; non ha neanche diritto ad avere un luogo suo ed una bacheca sua, cosa che invece mi sono premurato che venisse conservata. Quindi il SINGRAI ha un suo posto, un suo locale all'interno dell'azienda dove riunirsi e una sua bacheca sindacale.
PRESIDENTE. Qui però ci è stato detto di no.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. A meno che non l'abbiano tolta recentemente, non lo so...
PRESIDENTE. È lei che l'avrà tolta, è lei il direttore generale.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Non ho dato nessuna disposizione in tal senso, comunque questa cosa la verificherò.
PRESIDENTE. Domani le manderò il verbale della nostra audizione.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Un sindacato firmatario di contratto è un sindacato riconosciuto; finché non è firmatario di contratto, non è riconosciuto. Io non ci posso fare niente. Il riconoscimento non passa dall'azienda, passa dalla Federazione nazionale della stampa.
PRESIDENTE. Ma il contratto l'ha firmato la Federazione nazionale della stampa, non l'ha firmato l'USIGRAI: firma gli integrativi, è un'altra cosa.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. Firma gli integrativi, che certificano. Poi c'è il riconoscimento ufficiale. Non vorrei essere messo in mezzo rispetto a cose che non sono di mia pertinenza; dopo di che voi mi potrete dire che questo discrimina le persone all'interno dell'azienda. All'interno dell'azienda vi sono un sacco di altri movimenti, magari non paragonabili al SINGRAI perché non sono del settore giornalistico ma sono del settore impiegatizio, tecnico e così via; se dovessi operare allo stesso modo, dovrei riconoscerli tutti. Io invece riconosco i sindacati firmatari di contratto, che sono CGIL, CISL, UIL, SNATER, Libersind e UGL. Gli altri non sono firmatari di contratto e non posso riconoscerli. Questo o vale per tutti o non vale per nessuno.
PRESIDENTE. Quindi per quattro anni è stata violata la legge, secondo il suo pensiero.
PIERLUIGI CELLI, Direttore generale della RAI. No, non so che cosa abbiano fatto...
PRESIDENTE. Le trattenute sulle buste paga dei giornalisti del SINGRAI ci sono state per quattro anni. Se lei dice che si viola la legge, la informo che per quattro anni questo è avvenuto in RAI. C'è una prassi anche nei rapporti sindacali.
Do il benvenuto in Commissione al direttore generale della RAI, dottor Pierluigi Celli e ai responsabili designati delle nuove divisioni, che sono il dottor Stefano Ciccotti, direttore divisione trasmissione e diffusione RAI, il dottor Bruno D'Aste, direttore divisione produzione TV RAI, il dottor Aldo Materia, direttore divisione Radio RAI e il dottor Giovanni Tantillo, direttore divisione TV canale 3 e offerte collegate RAI; sono presenti anche il dottor Maurizio Beretta, direttore di relazioni istituzionali ed il dottor Vittorio Vitalini Sacconi, dirigente di relazioni istituzionali.
Ricordo che il direttore generale è anche direttore ad interim della prima delle divisioni. Cedo subito a lui la parola; se poi i direttori delle altre divisioni vorranno rendere anche loro delle dichiarazioni, le ascolteremo, per passare poi alle domande dei commissari.
Rispetto a queste indicazioni il consiglio di amministrazione della RAI aveva presentato contemporaneamente alle linee guida del nuovo progetto relativo alla terza rete, o rete senza pubblicità, anche le indicazioni sul riassetto generale dell'azienda in termini di strutture divisionali. È uscito oggi l'ordine di servizio n. 1, che ho già consegnato e che prego di distribuire ai commissari, relativo al nuovo assetto organizzativo e linee guida per il processo di riorganizzazione così come deliberato dal consiglio di amministrazione del 26 giugno 1998, che definisce per ciascuna delle divisioni, per ciascuna delle direzioni della corporate e per ciascuna delle strutture di servizio del nuovo assetto della RAI quelle che sono le missioni ed i tempi di realizzazione della ristrutturazione di ciascuno di questi contenitori.
Come sapete e come era espresso nelle linee guida, tra l'altro esplicitato nell'ultima parte dell'ordine di servizio dove si trova un organigramma abbastanza evidente della nuova struttura, la RAI viene
Per quanto riguarda le cinque divisioni, tre di esse attengono al core business dell'azienda, quindi sono divisioni tipicamente editoriali: la divisione 1, in cui confluiscono i canali 1 e 2, la divisione2 in cui confluiscono il canale 3 e le offerte collegate; vi sono poi la divisione radiofonia, la divisione produzione TV e la divisione diffusione e trasmissione.
Circa i compiti che vengono assegnati ai direttori di divisione, questi ultimi, a partire dall'entrata in funzione operativa delle divisioni - il che avverrà il 1o gennaio 1999 - saranno responsabili del conto economico della divisione e quindi dovranno operare in regime di trasparenza contabile totale, ed anche gli scambi all'interno dell'azienda avverranno sulla base di contratti di servizio interni, per rendere trasparenti tutti i meccanismi operativi e l'allocazione delle risorse.
Da qui all'entrata in funzione operativa delle divisioni vi sono una serie di compiti che vengono specificati nell'ordine di servizio. È previsto che entro il 15 settembre per alcune divisioni ed entro il 15 ottobre per altre il responsabile della divisione designato provvederà a presentare una proposta di organizzazione interna in coerenza con gli obiettivi del nuovo modello divisionale definito ed in stretto coordinamento con la direzione organizzazione sistemi e processi che segue tutta la vicenda e con il vicedirettore generale Claudio Cappon per gli aspetti di competenza, che sono quelli di programmazione, controllo e finanza. Inoltre, in coerenza con il nuovo modello divisionale, con gli orientamenti strategici espressi dal vertice aziendale e con le risorse previste dal piano pluriennale, si dovrà definire il budget del 1999 sulla base degli obiettivi e dei compiti affidati e delle risorse che nel frattempo saranno state assegnate alle diverse divisioni.
Il processo prevede quindi in autunno una migrazione di risorse in genere dalle strutture centrali, quindi dalla struttura della corporate, verso le strutture divisionali, ognuna delle quali sarà dotata di specifiche funzioni di governo ed in particolare di una funzione personale, di una funzione amministrazione e controllo, di una funzione acquisti ed appalti, oltre che, per quanto riguarda le divisioni di tipo editoriale, di funzioni di coordinamento palinsesti.
Questo è l'impianto generale del sistema che, essendo stato varato, è già praticamente in movimento; da ieri sono in attività gruppi specifici di lavoro che, funzione per funzione e divisione per divisione, stanno cercando di ridefinire tutti i processi che legano le divisioni alle strutture centrali e alle strutture dei servizi. I processi vanno rivisti completamente, nel senso che l'autonomia che viene data alle divisioni richiede capacità di delega e di decisione che invece attualmente, per i meccanismi interni alla RAI, sono tutte annidate al centro, in particolare nella direzione generale.
L'attività più rilevante da oggi alla fine dell'anno, oltre che l'attribuzione di tutti gli asset a ciascuna delle divisioni, è quella della ridefinizione dei processi e dell'attribuzione dei sistemi di governo in maniera autonoma, come previsto, per chi deve poi rendere conto del risultato economico delle singole divisioni.
Esiste un problema che è stato affrontato ed in qualche modo risolto, quello relativo al ruolo del responsabile della divisione nelle strutture editoriali, in maniera tale che resti impregiudicato quanto la legge prevede, cioè la responsabilità del direttore generale e del consiglio di amministrazione per quanto riguarda le linee editoriali delle testate giornalistiche, quindi i piani editoriali delle testate giornalistiche.
Questo è, in prima battuta, quanto è stato realizzato finora e quello che è in atto da questo momento in poi.
La divisione 3, che è quella della radiofonia, presidia un business largamente diverso da quello della televisione, che quindi va presidiato con modalità e strutture largamente autonome, proprio perché il business è assolutamente diverso ed anche le forme di finanziamento restano miste, canone più pubblicità.
La divisione della produzione è quella che presidia tutte le attività di produzione a supporto della trasmissione dei programmi e della realizzazione dei programmi, quindi è una divisione eminentemente tecnico-operativa, a cui faranno capo certamente tutti i centri di produzione, le risorse produttive e i mezzi di produzione per quanto riguarda sia le reti sia le testate; reti e testate che nell'approvvigionarsi dei servizi della direzione produzione opereranno sulla base dei contratti di servizio e di prestiti di trasferimento, progressivamente confrontabili con quelli esterni all'azienda e quindi con quelli rilevabili sul mercato.
Altrettanto specifica è la divisione trasmissione e diffusione, nella quale confluiscono tutti gli impianti di trasmissione e diffusione della RAI, che quindi hanno una competenza particolare e definiscono un business assolutamente specifico.
Le cinque divisioni presidiano business altrettanto specifici e tendono a massimizzare e a razionalizzare l'utilizzo delle risorse per svolgere compiti che sono di loro competenza nella maniera più efficiente possibile e con il raggiungimento di livelli di soddisfazione per quanto riguarda i conti aziendali, oltre che per i risultati. Da questo punto di vista ogni divisione, avendo un suo business, ha un suo obiettivo, ma l'obiettivo di tutte le divisioni è quello di razionalizzare l'uso delle risorse attualmente disponibili all'interno della RAI, risorse che come ognuno sa, essendo decrescenti, richiedono attenzioni particolari in termini di razionalizzazione e di efficienza specifica.
Per quanto riguarda in particolare la divisione 1, quella che in qualche modo fa capo, per quanto riguarda l'interim, alla mia persona, in essa confluiscono rete 1 e rete 2, TG1 e TG2 nonché la produzione di fiction destinata prevalentemente all'uso dei palinsesti di rete 1 e rete 2. La produzione di fiction, che prima era esterna alle reti, viene riportata all'interno della divisione in quanto le efficienze realizzabili in termini di produzione di fiction sono
In questo momento non posso aggiungere altro, presidente.
In questo momento il mercato dell'ascolto della pubblicità televisiva è in grande fermento. La RAI ha uno share del 20 per cento circa, con una concorrenza molto forte perché cominciano ad avere dimensioni industriali molte emittenti private. Vi è poi, come la Commissione sa, una vasta consistenza di piccole emittenti locali, circa 4 mila, che pongono problemi di interferenze, sul piano del segnale, che necessitano di un'attenzione nuova.
Il volume dei costi si aggira sui 400 miliardi, quindi il 7-8 per cento del totale del fatturato aziendale. Si tratta quindi, tra gli altri obiettivi, di aggiornare l'offerta per rispondere meglio alle esigenze dell'utenza e per garantire anche un congruo intervento sul lato dei costi. Il fatturato da canone, per esempio, è stato ridimensionato con i provvedimenti riferiti all'autoradio, che l'anno scorso determinavano un'entrata di circa 260 miliardi e che oggi sono invece rappresentati da uno stanziamento unitario di 210 miliardi. Bisogna dunque conciliare le diverse esigenze, rispettando sempre il ruolo del servizio pubblico, che anche nei contenuti deve avere livelli qualitativi delle offerte che rispondano ad una platea più vasta. Come diceva il collega Tantillo, siamo ai primi passaggi di una rivoluzione interna di cui non è possibile, in questa sede, offrire specifiche più articolate.
Cercheremo di organizzarci perché credo che i tempi ci impongano di farlo per primi, considerato che siamo sì molto articolati, ma anche molto omogenei. La nostra attività è fornire produzione televisiva sia alle testate sia alle reti, che rispondono ad esigenze diverse in termini di qualità, di velocità dei tempi, eccetera. Credo, però, che in un arco di tempo ragionevolmente breve potremo iniziare sperimentalmente la nostra attività. Ritengo di non poter aggiungere altro.
Ciò che posso garantire qui è che il processo sarà rapido e non avrà impatto sulla fornitura di servizi che siamo già deputati a fornire all'azienda. Non ci sarà, quindi, nessun impatto dal punto di vista operativo. Per il resto, stando ai primi incontri - mi sono insediato ieri -, ho già avuto il massimo della collaborazione da tutti i miei colleghi e collaboratori. Reputo, quindi, che non vi saranno problemi di sorta per giungere rapidamente alla definizione della divisione.
Visto che sento porre spesso il tema, che peraltro ho posto anch'io, delle risorse, che non è affatto astratto rispetto al tema della divisionalizzazione, perché è inutile ipotizzare nuove strutture organizzative o societarie se poi vi è il problema delle risorse, che riguarda il legislatore, non solo l'azienda, vorrei capire se quest'ultima abbia effettuato una quantificazione del divario esistente - il direttore generale Celli ha fornito altre volte dei dati, ma vorrei capire lo stato attuale - tra i nuovi progetti assegnati all'azienda, che essa dovrà rispettare in modo integrale, a cominciare dalle quote cinematografiche - sarebbe grave se così non fosse - e alcuni elementi che sono stati definiti. Si è parlato di rete mediterranea: vorremmo capire se sia prevista. Vi è poi tutta la partita legata alla piattaforma digitale, oltre alle cose dette dal direttore Celli. Vorrei capire se vi è una quantificazione del divario tra le nuove missioni editoriali e le risorse. Vorrei conoscere questo dato che interessa la Commissione perché il nostro non è solo un tribunale dell'inquisizione sulle attività della RAI, ma anche un tribunale che deve tenere presenti le dimensioni, altrimenti...
Credo, dicevo, che dovrebbe essere fatta questa verifica e lo chiedo all'azienda perché i processi di privatizzazione possono marciare in vari modi, attraverso la scelta legislativa o attraverso una sottrazione di risorse. Mi interesserebbe capire a questo proposito - so benissimo che questo non è legato al tema della divisione e chiedo scusa se non è materia...
Vado rapidamente alle altre questioni. Sul progetti di divisionalizzazione ho sentito; ricordo che se ne parlò nella prima audizione. Mi pare di comprendere che, così com'è impostato, il progetto di divisionalizzazione - su questo vorrei una conferma - prevede una unitarietà dell'azienda di servizio pubblico; è tutto servizio pubblico, la radio come la divisione di cui ha l'interim Celli, come la nuova rete; se ho compreso bene il canone resta su entrambe; non c'è una separazione, perché questo sarebbe l'avvio di un altro tipo di operazione; questo punto viene confermato e ciò mi pare importante che sia chiarito. Se questo è - mi rivolgo a Celli ma in particolare anche al direttore di divisione Tantillo perché comunque penso che di questo se ne sia parlato - per quanto riguarda la nuova divisione, vorrei capire come procede l'integrazione fra la parte nazionale e quella regionale.
In questa Commissione, non solo per domande poste dai colleghi della lega ma di tutti gli schieramenti... si parlò addirittura di rete federale; non ho detto l'azienda, ho detto che se ne parlò a livello politico visto che ogni tanto anche la politica discute. Vorrei sapere cosa sarà conservato di questa impostazione. Per esempio, ogni tanto c'è qualche consigliere di amministrazione che fa giustamente interviste o assemblee nelle sedi e delinea il futuro palinsesto di questa rete. Chiedo al direttore: avete stabilito il nuovo palinsesto di questa rete, c'è già un palinsesto, siete in grado di quantificare le produzioni che verranno fatte nei centri di Napoli, Milano e Torino o no? Se non c'è, meglio. È una scelta aziendale, voglio solo sapere se le notizie che appaiono sono libere congetture teoriche o scelte già concordate dall'azienda.
Siccome è sulla nuova rete territoriale, non una parte politica ma il Parlamento ha investito - fu una legge votata a larga maggioranza - è importante capire se si va verso un decentramento reale oppure no, se vi è già una previsione di palinsesto o no. Vedo che è presente anche il direttore Materia per la radiofonia e chiedo quindi se siano previste forme di decentramento della radiofonia o della televisione nei centri di produzione e cioè un potenziamento su Milano, Torino e Napoli o una contrazione della produzione. Lo chiedo perché non lo so. È interessante saperlo perché credo occorra grande equilibrio tra una grande rete sperimentale di innovazione a produzione internazionale - immagino, e lo chiedo, che con RAI International si affaccerà su questa rete; chiedo se sia prevista una sinergia con RAI International e quindi una finestra internazionale insieme al potenziamento. Lo dico perché non ho compreso se nell'accordo TG3-TGR esiste ancora TGR; cioè, ad esempio, quest'ultima avrà sede sul territorio o a Roma, ma diventerà una struttura nazionale, o sarà frutto di diverse integrazioni interregionali. È un tema importante per il rapporto che apre con il consiglio e con le giunte regionali, non per la politica, per l'idea che si ha di questa rete.
Vengo alle ultime due questioni, che riguardano forse questa che è la rete più
Pongo tali questioni perché di un altro progetto innovativo che era stato portato da questo consiglio nella prima audizione, non ne ho più sentito parlare. Mi riferisco al progetto di all news; chiedo di sapere se esso sia stato formalizzato, se ci sono tempi di partenza ed in quali modi. Se non si può rispondere in questa occasione, ne riparleremo in un'altra, ma comunque avanzo la richiesta. C'è nel contratto di servizio, lo so, ma c'era anche la radio del Parlamento; ormai c'è una nuova costituzione materiale, per la quale alcune cose non si fanno ed altre sì. Ma questo riguarda anche la politica. Lo chiedo per sapere se il progetto c'è.
L'ultima questione di cui si sta discutendo anche in Francia: la riforma dell'audiovisivo pubblico in rapporto con la scuola e la formazione. Chiedo: siccome la RAI ha una lunga tradizione per quanto riguarda il rapporto con l'università e la formazione, per quanto riguarda i progetti di alfabetizzazione telematica, è previsto il mantenimento della struttura che si occupa del problema della formazione, del rapporto con la scuola? È previsto che questo sia ospitato nella nuova divisione? C'è un progetto di rafforzamento con le convenzioni con il Ministero della pubblica istruzione e dell'università? Questo è uno dei grandi elementi che caratterizzano i diversi paesi europei: l'utilizzo dell'università a distanza e l'utilizzo della televisione in questa funzione. Vorrei sapere se su questo c'è qualche previsione. Grazie.
La prima questione riguarda il divario tra risorse e progetti. Partiamo da un contratto di servizio, che abbiamo ereditato, rispetto al quale in questi mesi, come è noto a tutti, le obbligazioni previste si sono andate via via affievolendosi su un dato versante, mentre sono rimaste intatte quelle della RAI. Rispetto a questo, vi è una riduzione oggettiva di risorse disponibili, il che in qualche modo richiede alla RAI di operare su due versanti: il primo è quello della la razionalizzazione dei suoi costi, visto che le entrate non aumentano; la razionalizzazione di costi credo sia in questo senso un percorso obbligato, cosa che stiamo facendo anche attraverso il processo di divisionalizzazione, che responsabilizzando maggiormente le unità produttive, ottiene o dovrebbe ottenere in qualche modo un significativo risultato sul piano della riduzione dei costi. Il secondo è il ridimensionamento dei progetti. Non è detto che, a fronte di una riduzione delle risorse, si sia vincolati a fare tutto quello che ci eravamo proposti. Stiamo rivedendo alcuni progetti; stiamo verificando come razionalizzare, ad esempio, i canali tematici free, per i quali, sulla base del canone, abbiamo corrisposto credo una quarantina di miliardi, a fronte dei quali la spesa dell'azienda è più che doppia. Non avendo risorse una razionalizzazione del settore dovrà essere fatta. Stiamo analizzando con molta attenzione quello che succede nel settore della pay tv e quindi della piattaforma digitale. Quello della piattaforma digitale non è un problema di natura teologica, ma squisitamente economico-finanziaria. Abbiamo negoziato lunghissimamente con Telecom; avevamo un'opzione che scadeva il 31 maggio. Abbiamo proseguito nella negoziazione per tutto il mese di giugno perché loro avevano problemi evidenti, che sono noti a tutti, ed abbiamo lasciato loro il tempo necessario per sistemare le cose. Il business plan per una piattaforma digitale è molto pesante e su di esso dobbiamo riflettere, perché le risorse che impegna sono molto elevate. Da questo punto di vista direi che le decisioni non sono affatto prese. D'altra parte, rispetto ad una piattaforma digitale tutta italiana l'alternativa è quella di andare sulla piattaforma di Telepiù, che implica altri problemi non indifferenti soprattutto per quanto riguarda le politiche nei canali premium, in questo momento segnatamente il calcio, in cui i diritti stanno schizzando verso l'alto in maniera assolutamente irragionevole rispetto alle nostre prospettive.
Pertanto sulla base delle risorse di cui disponiamo stiamo dimensionando i progetti. I rapporti con Telecom sono alla verifica ultima di un business plan che stiamo rifacendo in maniera tale da verificare l'esistenza delle compatibilità economiche per procedere.
Credo che in questo momento mescolare privatizzazione e piattaforma tecnologica non giovi ad alcuno, nel senso che la privatizzazione è un mandato che noi non abbiamo avuto dal nostro azionista, quindi è un mandato che non ci poniamo in assoluto. Abbiamo avuto il mandato di divisionalizzare l'azienda e quello intendiamo perseguire. La privatizzazione esula dai compiti che ci sono stati assegnati. Credo che mettere una cosa assieme all'altra sia suggestivo ma dal punto di vista gestionale dell'azienda non sia assolutamente praticabile.
Sul problema dell'unitarietà del servizio pubblico e dell'uso del canone, prevediamo che il canone andrà prevalentemente a finanziare la nuova rete 3 e le offerte collegate, perché lì si concentrerà, anche sulla base delle indicazioni di legge, la maggior parte delle attività di servizio pubblico; è previsto però che quote significative del canone vadano a finanziare programmi di servizio pubblico su tutte le altre reti e per la radio complessivamente. Ciò avendo tuttavia ben presente che sullo sfondo esiste una minaccia proveniente da Bruxelles: sta per essere inviata una lettera, di cui abbiamo avuto conoscenza anticipata, in cui si chiede con molta chiarezza al Governo italiano l'uso del canone da parte della RAI, l'allocazione precisa del canone e quindi la trasparenza dei conti.
Sul problema dell'integrazione nazionale e regionale per quanto concerne la nuova testata unica nazionale all'interno della divisione 3 (il dottor Tantillo potrà poi integrare per quanto è di sua competenza ed illustrare i lavori che stanno facendo), l'operazione di unificazione delle testate è all'ordine del giorno del consiglio di amministrazione di oggi pomeriggio. Credo che il direttore designato della testata unica nazionale stia lavorando alla preparazione di un piano editoriale che dovrà essere presentato, confrontato ed approvato; sulla base del piano e delle sue articolazioni verrà espresso un giudizio sia in consiglio di amministrazione sia, successivamente, dai giornalisti che saranno interessati. Ritengo che in questo settore, che è il più nuovo tra quelli che stiamo affrontando, sia utile a tutti procedere con un po' di cautela e di flessibilità, perché il voler definire a priori tutti i percorsi obbligati probabilmente ci conduce a rigidità che invece vorremmo evitare. È quindi nostra intenzione compiere piano piano il nostro percorso, cercare di trovare tutte le sinergie tra nazionale, locale ed internazionale e, prima di spenderci in progetti o in nuovi palinsesti, consolidare quello che abbiamo ed arricchirlo progressivamente.
Fa quindi testo in questo settore, al di là delle dichiarazioni, delle interviste o delle assemblee, quello che definisce il consiglio di amministrazione, che fino a questo punto si è mosso con molta cautela e con molta calma su questo terreno. Per il resto, si tratta di iniziative individuali di cui ognuno porta la responsabilità, ma non sono iniziative del consiglio di amministrazione della RAI.
Delle sinergie all'interno della divisione che comprende la rete 3 e le offerte collegate potrà parlare il dottor Tantillo, perché credo che ormai le abbia individuate. Certamente esiste un problema di all news ed anche in proposito voglio essere molto chiaro per non dare luogo a fraintendimenti di sorta. L'all news non solo è un nostro obbligo da contratto di servizio: questo sarebbe il meno, nel senso che è uno degli impegni che abbiamo assunto, l'abbiamo deliberato anche recentemente, intendiamo realizzarlo, però con la compatibilità dei costi e delle risorse di cui disponiamo. Vogliamo incardinarlo in una testata, segnatamente nella nuova testata unica nazionale; quindi come un by product, anche se arricchito e rinforzato da tutta l'autorità informativa che si svolge a livello regionale, nazionale ed internazionale, deve essere qualcosa che completa l'offerta della RAI e non un progetto sul quale si spendono impropriamente destini o fortune. Credo che il primo incontro operativo sia fissato per il giorno 8. Partiamo con le risorse di cui disponiamo; non possiamo permetterci, in questo contesto, risorse aggiuntive, assunzioni aggiuntive. Pensiamo di poterlo far bene con quello che abbiamo.
Per quanto riguarda i problemi della fiction, quest'ultima rispetto alla situazione precedente viene suddivisa secondo specificità di emissioni dei singoli settori. Una cosa è la fiction destinata prevalentemente alle reti nazionali, altra cosa è l'acquisto di cinema e fiction sui mercati internazionali, in qualche modo strettamente connesso con la vendita dei nostri diritti sui mercati internazionali, altra cosa è la produzione cinematografica, così come fra l'altro ci viene richiesta o imposta dalla nuova legge, la n. 122. Abbiamo quindi «spacchettato» quella che era inizialmente la struttura di cinema e fiction, legando la semplice produzione di fiction per le reti 1 e 2 alla divisione 1, all'interno
Vi è invece un problema a proposito di RAI educational, che è all'interno della divisione 2 e che contiene tutte le attività di servizio prevalentemente pubblico; sappiamo che opera con costi molto elevati e che dobbiamo razionalizzarla per le stesse ragioni che ho già detto; sappiamo anche che un canale satellitare di RAI educational e il canale free, cultura e spettacolo, possono essere unificati per sinergie che sono oggettive e per non produrre più volte gli stessi programmi con consunzione di budget rilevanti. Stiamo andando verso questa direzione e nel consiglio d'amministrazione della prossima settimana sarà esaminata la situazione di RAI educational per assumere le conseguenti decisioni. Premesso che nessuno vuole abbandonare missioni tipiche del servizio pubblico nel settore della formazione e dell'università, faccio presente che qui è possibile ipotizzare, ragionevolmente, molte economie di scala, non duplicando strutture, risorse e impegni di spesa rilevanti.
All news è una realtà che dobbiamo perseguire in tempi rapidi, ma reputiamo importante realizzarla all'interno della testata, misurando i progetti esistenti e quelli che potranno essere realizzati con le forze disponibili.
Per quanto riguarda RAI educational, bisogna mettere a fuoco il progetto e la missione, che per ora è troppo ricca di proposte. Dobbiamo quindi tornare a riflettere sui tipici obiettivi del servizio pubblico (la formazione, l'educazione permanente e il rapporto con il territorio) giovandoci soprattutto di altri mezzi tecnologici, quali il satellite.
A proposito della cosiddetta rete mediterranea, sono venuto a conoscenza solo ieri dello stato delle cose, dopo l'incontro con il responsabile di RAI international. Vi è un accordo tra venticinque paesi, stipulato a Palermo e ribadito in occasioni successive, che prevede un'iniziativa euromediterranea. Credo che si tratti di un accordo importante, per cui potrà costituire la base di una discussione, perché su questo terreno il servizio pubblico deve portare avanti, a mio avviso, iniziative che facciano capire la sua intenzione, anziché attendere accordi che a volte sono difficilissimi da raggiungere fra tanti paesi.
La seconda domanda, emersa anche nel dibattito svolto ieri con le organizzazioni sindacali, è la seguente: andiamo verso una situazione di divisione economica delle divisioni e in questa autonomia vi sarà suppongo anche uno scambio di servizi contabilizzati; un problema particolare si pone per la terza rete, nel senso che nei conteggi che la RAI ci ha fornito e che portano ad un calcolo di circa 1400 miliardi di uscite vengono messe soltanto uscite; non vi è un conto entrate. È però ragionevole presupporre che, quando le sedi regionali forniscono servizi al TG1 o TG2 o i centri di produzione fanno servizi per le altre reti, siano ricompensati e che quindi vi debba essere anche una voce di entrata nel meccanismo. Questo anche perché, in assenza di tale precisazione, emerge il quesito se la RAI intende mantenere i rapporti economici al proprio interno oppure affidarsi ad altri meccanismi di mercato. Molto concretamente veniva ieri sollevato il rischio che la RAI, dopo aver affidato tutta una serie di strutture come quelle dei cineoperatori a service esterni, possa ritenere di appaltare anche all'esterno, ad esempio verso le televisioni locali, i servizi giornalistici, creando in tal modo un problema di entrate ed uscite e di collocazione diversa rispetto alla terza rete sugli ambiti di mercato.
Anche su questo sarebbe utile avere chiarimenti su come funzionano i rapporti economici fra le varie divisioni in termini
L'ultima questione che desidero porre è di natura politica più generale; si tratta della partita piattaforma digitale o nuove tecnologie. Mi interessa acquisire un parere da parte degli esponenti della RAI su questo perché vi è un dibattito sul fatto che le nuove tecnologie siano in qualche modo un compito di servizio pubblico (cioè che la RAI debba lavorare anche con passività su questo terreno - piattaforma digitale, canali satellitari, eccetera - per fare da traino al sistema generale) oppure che questo debba essere un settore, una divisione che lavora con termini di propria autonomia e quindi al limite di compatibilità. Evidentemente questo discorso ha un aspetto generale molto forte sull'assetto legislativo, nel senso che se viene poi unanimemente riconosciuto che è un ruolo di servizio pubblico e che quindi va finanziato anche in perdita per funzionare da traino al sistema - questa è una delle grandi novità del ruolo del servizio pubblico dopo il pluralismo politico-culturale e quant'altro - si può andare in una direzione; se invece da questo punto di vista ci si muove strettamente dentro logiche di parità di bilancio e di conti, è evidente che questo è un altro tipo di dinamica - lo dico perché mi sembra che il direttore vi abbia accennato - di voler abbandonare in parte o comunque limitare la parte libera e quindi, suppongo, puntare di più sui settori a pagamento, tipo pay TV eccetera. Vorrei capire in modo più preciso quale politica la RAI intende portare avanti in questo settore.
Vorrei sapere se il direttore generale, vista l'autorevolezza della fonte che costituisce, a mio avviso, già una oggettiva denuncia di violazione di norme addirittura di rilievo costituzionale in ordine alla par condicio delle forze rappresentate in Parlamento, abbia già ritenuto di disporre una inchiesta amministrativa interna per individuare le responsabilità personali di questa grave violazione e se non ritenga di cogliere questa o eventualmente altre occasioni per chiedere scusa a nome della RAI ai quattro milioni di elettori, persone oneste e civili, che hanno votato quel movimento politico rappresentato in Parlamento e che si sono viste privare di un diritto costituzionalmente previsto.
Vorrei in secondo luogo un commento del direttore generale in ordine ad una notizia estratta dal bilancio 1997 della RAI e pubblicata dal quotidiano MF, secondo cui a fronte di 210.810 nuovi sottoscrittori del canone se ne sono volati via 253.426 con un saldo negativo di 42.700 unità per la prima volta in 43 anni di vita della RAI. Vorrei sapere come valuta questo dato e se vi sia già uno studio, una analisi con lo scorporo dei dati per regione e provincia; se esistesse già, vorrei pregare di trasmetterlo cortesemente alla Commissione.
Venendo poi al tema sul quale tradizionalmente il nostro gruppo pone la sua attenzione in questa Commissione, vorrei sapere qualcosa di più preciso, a fronte delle parole estremamente generiche contenute nei documenti che finora ci sono pervenuti ed anche quelle ascoltate questa mattina dai dirigenti della RAI, in ordine al problema delle sedi locali, al futuro di queste sede e dei centri di produzione. Vorrei sapere con esattezza a cosa veramente andiamo incontro. A livello parlamentare ma anche in tutte le occasioni in cui le forze locali intavolano questo tipo di colloquio con la dirigenza centrale della RAI ci sentiamo suonare sempre la stessa melodia da decenni; si continua a dire che le sedi locali verranno difese e non smantellate, ma poi la realtà è esattamente l'opposto. Ieri questo fatto c'è stato confermato, come se ce ne fosse bisogno, dall'audizione dei sindacati.
Vogliamo sapere esattamente qual è la strategia della dirigenza RAI pro tempore in ordine a questo aspetto, che noi riteniamo fondamentale. I centri di produzione rimarranno tali? È vero o non è vero che, ad esempio, come c'è stato detto ieri, a Milano sono spariti i fotocineoperatori? Non è stato rimpiazzato neanche quello che è venuto a mancare. È vero non è vero che a Torino il 100 per cento della dirigenza è stato richiamato a Roma? È vero o non è vero che vi sono studi come lo studio 1 di Torino, il più grande d'Italia, che vengono utilizzati unicamente per far leggere ad un giornalista dietro la scrivania le notizie? Vorrei conoscere in concreto il contenuto dei vostri programmi, sapere quali mezzi verranno impiegati, anche perché l'impressione è che si stia innescando uno strano meccanismo sui costi industriali, cioè che su quelle poche produzioni che vengono ormai relegate nelle lontane province dell'impero vadano attribuiti i cosiddetti costi industriali della gestione delle sedi, del numero non indifferente di giornalisti presenti (sono stati licenziati, allontanati, prepensionati) e che quindi si voglia far risultare come antieconomica una struttura che in realtà non è mai stata utilizzata e valorizzata, con una penalizzazione assolutamente antieconomica delle professionalità, delle esperienze, delle stesse strutture. Noi abbiamo (Torino e Milano - ma sicuramente anche altri centri - insegnano) strutture importanti che sono state penalizzate. Ieri abbiamo avuto una denuncia specifica sull'assenza territoriale della RAI: 35 province del nostro paese, non sedi regionali, non hanno una sede RAI. Mi sembra un dato incredibile.
Inoltre, vorrei sapere come mai, a fronte di una società politica italiana che trova tutto sommato un accordo abbastanza generale sulla difesa e valorizzazione delle lingue minoritarie, da decenni vengano espulsi dalla RAI il teatro e la cultura espressi in lingua veneta, ligure, piemontese, milanese, mentre non vi siete mai dimenticati della cultura napoletana.
Mi pongo alcuni interrogativi, in primo luogo quello relativo al rapporto tra le singole divisioni, tenendo conto dell'esigenza dell'unitarietà del servizio pubblico e di un determinato fine.
Un'altra domanda riguarda il rapporto che si viene a creare tra la divisione relativa ai canali 1 e 2 e la divisione relativa al canale 3 e alle offerte collegate; sostanzialmente sarà un rapporto da cliente interno. Vorrei che mi fosse chiarito, nell'ambito di questo rapporto, se i servizi richiesti dal committente per la divisione TV canali 1 e 2 saranno previsti in un determinato budget che dovrà corrispondere al canale 3.
E ancora, è previsto l'utilizzo dei service, degli appalti esterni? Formulo questa domanda perché sappiamo che il rapporto del service o degli appalti esterni è di totale subalternità nei confronti della committenza, subalternità che nel campo dell'informazione diventa totale subalternità ed acquiescenza politica nei confronti della committenza. Infatti, se un giornalista RAI dovesse comunque rivendicare un
Di conseguenza, per quanto riguarda RAI 3 vorrei capire il ruolo ydelle sponsorizzazioni, perché esse in realtà sono una forma di pubblicità molto insidiosa e condizionante. La pubblicità non sponsorizzante è pluralista per sua natura; le sponsorizzazioni invece non sono affatto pluraliste, di conseguenza condizionano anche il prodotto, il lavoro. Mi chiedo se queste sponsorizzazioni non finiranno per condizionare una divisione che dovrà soprattutto fornire informazione, perché a carico di questa divisione ci saranno un migliaio di giornalisti.
Il pluralismo in questa RAI è garantito? Intendo riferirmi al pluralismo di identità di cultura. Oppure esiste una visione dialettal-giacobina, centralizzatrice, egemonica, e questo tipo di approccio sarà ulteriormente rafforzato da questo tipo di organizzazione? In realtà il decentramento fa sì che la funzione di controllo politico sia ancora più accentuata, perché quello che può sfuggire in una struttura centralizzata non sfugge invece in una struttura decentrata.
Ieri abbiamo ascoltato i sindacati RAI. Nel caso di un sindacato di minoranza, ci siamo trovati di fronte secondo me ad un intollerabile comportamento da parte del nuovo consiglio di amministrazione, il quale sostanzialmente nega l'agibilità sindacale al SINGRAI, che rappresenta il 10 per cento dei giornalisti RAI; comunque non può essere riservato a quest'area un tentativo di pulizia etnica, perché qui non siamo in Serbia ma siamo, per fortuna, in Italia e la pulizia etnica non è consentita a nessuno. Se persisterà questo atteggiamento della RAI verso questa minoranza di giornalisti, sarà aperta una vertenza nei confronti dei vertici della RAI.
Gli allegati correlati alla proposta Nuova Retetre e offerte collegate non erano relativi ai budget della nuova rete, in quanto vi erano elencate tutte le proposte che sarebbero venute a mancare se fossero successe alcune cose. Certo, se si toglie di colpo la pubblicità alla Terza rete, bisogna ricordare che vale, grosso modo, 250-260 miliardi, per cui a tanto ammonta il danno conseguente. Contemporaneamente, avremo tutta una serie di minori entrate, alcune delle quali, essendosi già verificate (pagamento delle rate del canone autoradio) rappresentano perdite secche, mancanza di introiti già definiti. Di per sé la realizzazione della nuova Retetre, con la rivisitazione del palinsesto e l'unificazione delle testate, comporterà certamente alcuni costi compensati dalla
Per quanto riguarda la produzione, le quote penalizzanti, eccetera, abbiamo sempre sostenuto che se vi era un contratto di servizio che prevedeva quote di produzione fatte in un certo modo era improprio anticipare la scadenza degli impegni, in maniera tale da mettere improvvisamente a carico della RAI, dal 1999, quote di produzione che avrebbero scombussolato non tanto la RAI stessa quanto il mercato italiano di questo tipo di produzione. Negli altri paesi a questi livelli sono arrivati in 10, 15 anni. Certo, sono partiti prima di noi e sono arrivati prima di noi. Ma volendolo fare in un colpo solo, rischiamo di drogare il mercato impropriamente, tant'è vero che i costi delle produzioni stanno aumentando sensibilmente, in quanto non vi sono le risorse (registi, produttori, scenografi, costumisti, eccetera) per tutta la massa di produzione che si riversa sul mercato. Bisogna anche far sì che i palinsesti siano in grado di assorbire questo tipo di produzione nazionale, che alcune volte va, altre no. Siccome non è che il pubblico italiano all'improvviso voglia vedere solo produzioni nazionali e non più film stranieri, il gusto va cambiato progressivamente. Chiedevamo quindi una gradualità in maniera tale da arrivare a certe percentuali di produzione che consentissero al mercato della produzione di adeguarsi. Ma soltanto un ordine del giorno allegato alla legge approvata faceva riferimento al contratto di servizio. Vedremo quindi come realizzare ...
Ai 1.450 miliardi per la Retetre si arriva mettendo insieme ciò che attualmente costa tutto quello che è compreso nella divisione 3; quindi i 1.450 miliardi di quota di canone sono ciò che attualmente costano tutte le attività ed i servizi compresi all'interno della divisione Retetre e offerte collegate.
In merito al problema del rapporto con i service locali, va detto che noi presiediamo i capoluoghi di provincia, non avendo risorse tali da poter presiedere i capoluoghi di regione. Quindi, dove arriviamo arriviamo, altrimenti, così come fanno anche gli altri, dobbiamo convenzionarci con service locali che ci forniscono le immagini, non i servizi giornalistici. Abbiamo già alcuni rapporti con i service locali, (ce ne serviamo per esempio in Campania), mentre altri li stiamo attuando, in quanto non vorremmo trovarci nella condizione di far fronte ad emergenze in un posto in cui non possiamo arrivare. Ci rimproverano del fatto che la RAI non ha immagini, ma delle due l'una: o occupiamo tutto il territorio con risorse interne nostre, il che è impossibile perché non ne disponiamo a sufficienza, oppure dobbiamo fare ciò che fanno tutte le altre aziende, cioè stipulare accordi con altre aziende per comprare attività che non è oggettivamente remunerativo svolgere in proprio, posto che i nostri bilanci vogliamo conservarli in nero e non in rosso. Dobbiamo comportarci come una società. Ciò che è straordinario è che la RAI venga considerata una azienda con determinati obblighi e al tempo stesso una Spa e come tale soggetta al codice civile, il che significa che gli amministratori possono essere chiamati in tribunale se riducono il valore dell'azienda. La RAI è però un'azienda in cui molto del suo valore può essere determinato da variabili esterne: una legge; un decreto, o qualche altra cosa che intacca il valore dell'azienda. È molto problematico governare un'azienda di cui non si hanno in mano molte delle leve. Questo è il vero problema.
Per quanto riguarda la piattaforma, non è che noi vogliamo aumentare il pay rispetto al free, il free lo facciamo nell'ambito di ciò che ci è riconosciuto dal canone; mi pare che le quote canone destinate alla sperimentazione del free siano pari a 40 miliardi o qualcosa di simile; quello vogliamo spendere. Vorremmo però tentare di fare anche del pay, visto che lo possiamo fare. Dico tentare perché produrre un canale non è difficoltoso, la RAI lo sa fare molto bene, il problema è dove collocarlo e su quale piattaforma. A questo proposito vorrei dare un chiarimento. La piattaforma tecnologica di tecnologico ha molto poco. La piattaforma non è un problema di tecnologia, ma commerciale perché i costi veri della piattaforma sono la rete commerciale di vendita o di affitto, la rete di riscossione e il cast bill system, che è uno dei costi maggiori insieme al credit collection. Dal punto di vista tecnologico una piattaforma non ha nulla di complicato: è un decoder, una scatola che non fabbrichiamo noi ma una azienda in Italia, poche aziende in Europa; non ha comunque niente di particolare. Il satellite è tranquillamente accessibile; i costi stanno scendendo, non è quello il problema, ma l'organizzazione territoriale, commerciale, di vendita e riscossione degli abbonamenti e di assistenza ai clienti. Più o meno è paragonabile a quello che avviene nelle società di telefonia mobile, in cui più del 50 per cento del personale è dedicato al servizio del cliente.
Rispondo ora all'onorevole Borghezio. I dati relativi alla lega nord li sto facendo analizzare; nel caso siano come lei ha detto, come faccio sempre in questi casi, chiamerò i miei e gli dirò che le cose non possono funzionare in questo modo, la gente deve essere rappresentata secondo principi di pluralismo, eccetera; se sarà necessario, chiederò anche scusa. Se verifico che è come lei ha detto, le chiederò scusa.
Non ricordo se l'onorevole Borghezio abbia posto altre questioni.
Rispondo ora al senatore Novi. Con riferimento all'ordine di servizio n.1, lei ha parlato di documento nebuloso, ma se lo legge si renderà conto che di nebuloso non c'è proprio nulla. Allora, prima di giudicare nebulosa la rappresentazione che facciamo di una struttura organizzativa e di
Per quanto riguarda gli altri quesiti che lei ha formulato, attinenti più al discorso della nebulosa che non all'ordine di servizio, credo che l'unitarietà del servizio pubblico sia confermata dal fatto che c'è una corporate unica che governa in termini di strategie, di controllo e di finanza; la finanza sta solo nella corporate, e in genere dove c'è la cassa della borsa c'è l'unitarietà dell'azienda. Ritengo che questo sia esplicitato in maniera assolutamente chiara.
Per quanto riguarda i service e gli appalti esterni, ripeto quanto ho detto al senatore Semenzato: nessuno di noi ha intenzione di appaltare all'esterno attività che sono tipiche della RAI, ma certamente abbiamo bisogno di appoggiarci a service locali laddove non arriviamo, in maniera tale da poter avere le immagini in tempo reale quando deraglia un Pendolino e noi non ci siamo, siamo dall'altra parte della città e vorremmo non rubare le immagini (perché giustamente quando le rubiamo facciamo male e voi ce lo dite). Dovete quindi consentirci di organizzarci in maniera tale da fornire un servizio che sia quello che voi chiedete quando noi non lo facciamo.
Le sponsorizzazioni hanno un trattamento giuridico diverso rispetto alla
Per quanto riguarda le sedi regionali, il fatto che noi non stiamo smantellando è dimostrato da due circostanze: ad Aosta stiamo definendo un progetto, in fase di avanzata redazione, per una nuova sede, mentre a Potenza il consiglio di amministrazione ha deliberato l'affitto in leasing per un lungo periodo di un immobile che viene costruito su nostre specificità. In tutte le sedi regionali tra il 1998 ed il 1999 saranno dati dei mezzi in grado di riprendere e trasmettere via satellite, per garantire una presenza capillare il più possibile estesa sul territorio, che consenta anche alla terza rete e al telegiornale di corrispondere a questa vocazione territoriale. Ciò è stato fatto ancor prima che si procedesse alla divisionalizzazione; diciamo che è nel piano investimenti e le prime consegne, per le prime dieci sedi, di dieci mezzi attrezzati in grado di trasmettere via satellite avverranno entro il 1998 e, a seguire, nei primi mesi del 1999.
Questo fa capire chiaramente che il trend non è quello di smantellare, ma semmai quello di potenziare. Naturalmente queste decisioni vanno assunte su base logica; se intendiamo potenziare solamente il numero degli addetti, il discorso è un altro. Noi cerchiamo di potenziare la produttività, utilizzando ovviamente le tecnologie che il mercato offre, senza diminuire sostanzialmente il numero degli addetti, ma certamente non potenziando la forza lavoro.
In definitiva, va nella direzione quanto si sta facendo nel settore sanitario: la responsabilizzazione degli ambiti operativi, vale a dire evitare che alla fine il consiglio di amministrazione e la direzione generale debbano rispondere di una gestione che di fatto è demandata agli applicatori della spesa ed agli erogatori del servizio. Questo certamente gioverà alla responsabilizzazione di chi ha l'onore della gestione. E se è vero che gli oneri vanno con gli onori, è giusto che si faccia quello che lei ha postulato.
Benissimo anche questa sorta di osservatorio rappresentato dalla corporate, che è l'ambito in cui vi saranno il governo, le strategie ed il controllo.
Le faccio soltanto un augurio: che questo documento che modifica sensibilmente l'essere della RAI possa trovare comprensione ed accoglimento in tutto il personale che è di livelli diversi, a volte di livelli altissimi, che sono quelli che mal si piegano ad ogni eventuale novità. Per quello che mi riguarda, le rivolgo l'augurio che questo documento possa essere accolto da tutti coloro ai quali è diretto, perché è evidente che la sua generosa disponibilità e la sua vocazione a riconsiderare l'apparato organizzativo di un'azienda così complessa potranno avere successo soltanto se al suo generoso sforzo si addizionerà quello di coloro che a cascata vengono dopo di lei.
Ciò premesso, voglio rivolgerle delle domande forse irrituali, se vogliamo politiche: lei ritiene che queste variabili esterne possano in qualche modo preludere ad una privatizzazione strisciante dell'azienda? Stante lo scenario che poco fa ho delineato, può quantificare il danno economico della RAI conseguente a queste variabili esterne?
A proposito della piattaforma digitale, ricordo che quando il Parlamento era impegnato nell'approvazione della legge sul garante per le telecomunicazioni, il Governo presentò un emendamento, diventato poi parte integrante della legge stessa, sulla piattaforma digitale, che venne
È vero, direttore, che l'azienda che lei dirige è una società per azioni, ma c'è sempre la stella polare rappresentata dai 2.500 miliardi di canone versati dai cittadini e sui quali, forse, qualche riflessione andrebbe fatta. Trovo interessante ciò che lei ha detto, in risposta all'onorevole Borghezio, a proposito del problema del pluralismo e della sua volontà di tutelare le minoranze etniche. Ma forse sarebbe opportuno cominciare anche da quelle politiche, perché se i dati dell'Osservatorio di Pavia dovessero rispondere al vero, mi chiedo perché la stessa cosa non sia accaduta quando mi è capitato di denunciare la questione Pannella: ho avuto in risposta, non da lei ma dal presidente della sua azienda, considerazioni che eufemisticamente potrei definire polemiche. Vorrei quindi capire se vi sia un clima nuovo.
Non condivido l'aggettivo «nebuloso» riferito a questo ordine di servizio, in cui trovo molta della generosità enunciata dal senatore Costa a proposito di una serie di scadenze che riguardano la divisione che lei dirige ad interim: è detto, infatti, che entro ottobre 1998 la divisione provvederà a presentare alla direzione generale una proposta di ristrutturazione organizzativa interna; mentre per altre divisioni ho letto che entro settembre 1998 è prevista una proposta di ristrutturazione organizzativa interna e che entro la stessa data vi sarà una proposta di ristrutturazione organizzativa interna per quanto riguarda la divisione trasmissione e diffusione, analogamente per quella delle comunicazioni e relazioni esterne. Considerando anche una serie incredibile di altre date, mi chiedo quindi se siamo alla vigilia di una valanga di nomine.
Ma questo è un aspetto. A me interessa un'altra questione che non è stata affrontata dai colleghi, se non, in parte, dal senatore Novi, e sulla quale la prego di rispondere: mi riferisco al rapporto con i sindacati interni, perché mi è sembrato di capire, dai rappresentanti dell'USIGRAI, che è stato aperto un tavolo di trattativa con i sindacati su questo piano di divisionalizzazione. L'USIGRAI ha fatto delle affermazioni abbastanza interessanti perché oggi il direttore ci ha detto - lo notava l'onorevole Landolfi, «noi non abbiamo avuto il mandato a privatizzare» ma il fatto che da parte sindacale si tenda sempre a ribadire la necessità di garantire l'unitarietà del servizio pubblico, secondo lei da cosa deriva?
Non voglio arrivare a dar credito a chi dice che la direzione ad interim da parte del direttore generale è fuori dalla realtà, nel senso che magari si poteva intravedere un dirigente della RAI che potesse sobbarcarsi di questo onere che non è facile - il direttore generale ha già tanti altri compiti -; non voglio neppure stare appresso alla polemica di chi dice che nel piano editoriale riguardante la nuova rete 3 questa viene definita come un fiore all'occhiello, per cui non si capisce perché il direttore generale assuma l'interim della prima e non della seconda divisione. Ma queste sono polemiche che potrebbero essere definite volgari.Io mi chiedo nella trattativa con i sindacati, se è stata aperta, almeno a quanto ci ha riferito l'USIGRAI, quali siano gli elementi che possono determinare la preoccupazione del sindacato. Per quanto riguarda il SINGRAI, non conosco la legge che vieta alla RAI di riconoscere il SINGRAI, so solamente da quattro anni, sotto la presidenza Moratti e Siciliano a questo sindacato è stata riconosciuta piena agibilità; non è stato costretto a dover fare la questua tra i dipendenti perché viene proibita la trattenuta sulla busta paga improvvisamente, tra l'altro mi trovo in una situazione un po' imbarazzante perché la Commissione ha deciso di ascoltare le rappresentanze sindacali e ieri abbiamo scoperto che ci siamo sbagliati perché la RAI riconosce solo una organizzazione.
Lo share della rete di prevalente servizio pubblico, non so come altro definirla, è basso; questo vuol dire che in sostanza si va contro la ratio del provvedimento legislativo, quella di garantire che ci sia una rete votata esclusivamente alle ragioni del servizio pubblico. Vuol dire ammettere l'impossibilità, probabilmente non per sua colpa ma per colpa di chi l'ha preceduto, di reperire in RAI risorse professionali in grado di garantire indici di ascolto più alti. Poi la polemica sui miliardi che costa ogni punto share francamente la lascerei da parte perché compito del servizio pubblico, anche per questo ha il canone, è di garantire i livelli di servizio pubblico anche se costano di più. Ricordo una tesi suggestiva esposta qui dall'onorevole Lombardi, capogruppo dei popolari, che andava in questa direzione.
L'ultima questione che desidero porre alla sua cortese attenzione è quella delle sponsorizzazioni. Oggi ci ha detto che la RAI non vuole, chiede di poter fare; un atteggiamento molto diverso che riscontro positivamente rispetto a quanto abbiamo letto in dichiarazioni, agenzie di stampa e convegni da parte del presidente della RAI, che ha pensato di poter agire con assoluta tranquillità e convinzione di stare dalla parte della ragione nella vicenda delle sponsorizzazioni. In questa sede, nel corso di lunghe audizioni che vi mostrano la serietà con cui la Commissione sta lavorando sulla questione - ascolteremo tantissimi soggetti, proprio per dare un parere meditato sulla questione che riguarda poi il responso che sarà dell'authority - abbiamo ascoltato pareri molto differenti da quelli espressi pubblicamente dall'azienda sulle sponsorizzazioni, che vengono definite, con una frase un po' sloganistica ma sicuramente efficace, la forma più moderna di pubblicità.
Dire che nella legge non c'è scritto «sponsorizzazioni» ma «pubblicità» francamente significa ignorare le ragioni delle preoccupazioni. Le ricordo che è vero che l'authority dovrà decidere in materia, ma le sarei grato di un parere un po' più ampio anche perché non penso che il nostro parere possa essere considerato ininfluente anche da parte della stessa authority.
Rispetto a questo scenario futuro, come giocano le variabili esterne? Io credo che se giocano tutte insieme sarà parecchio rischioso per la RAI nel senso che, occorre un po' di casualità perché giochino tutte insieme ma se l'ordine di marcia è questo e siccome attualmente vengono infilate una dietro l'altra è anche pensabile che qualcosa di altro ci possa capitare. Certo, se giocassero tutte insieme, la RAI si troverebbe in nettissima difficoltà, con proiezioni almeno al 2000
Sul versante delle uscite, non si possano fare molte più operazioni, perché nel momento in cui si accollano alla RAI tutta una serie di obblighi che il contratto di servizio prevede, non possiamo intaccare il numero delle risorse che abbiamo. La RAI viene da anni di dimagrimento continuo dal punto di vista delle risorse; intaccarle ulteriormente diventa veramente rischioso, anzi abbiamo aree in cui vi è una scopertura di risorse, soprattutto di quelle ideative e progettuali, tanto è vero che ci si appoggia prevalentemente sull'esterno. Abbiamo invece una massa di risorse tecniche da una parte e tecnico-amministrative dall'altra. Credo quindi che questa sia una preoccupazione reale.
Avere una piattaforma digitale unica su cui come in una autostrada, possa entrare qualunque veicolo sarebbe l'ideale, vi è però rispetto a questo tipo di impostazione un problema fondato e fondante: l'obiezione di Bruxelles che recentemente ha affondato la piattaforma unica in Germania. Questa è l'unica vera preoccupazione che si ha.
Cercherò ora di rispondere al presidente in una maniera la più completa possibile. Per quanto riguarda l'ipotizzata valanga di nomine, in realtà la ristrutturazione comporta una riallocazione delle risorse all'interno delle divisioni, cioè molte delle risorse che stanno al centro dovranno necessariamente migrare verso le divisioni. L'azienda non ha un numero di dirigenti in esubero, nel senso che questo numero ormai si è molto ridimensionato. Credo che fossero 360 i dirigenti della RAI, in diminuzione con l'ultima incentivazione.
Quanto all'eventuale assunzione di dirigenti, ciò attiene ad una responsabilità manageriale in un'azienda come questa che credo sia abbastanza ragionevole conservare, anche perché tra l'altro essi sono molto pochi.
Sul problema del burocratismo legato alla divisionalizzazione, ritengo che sia un pericolo reale quello di voler burocratizzare, tenendo presente che però è molto burocratico l'assetto attuale della RAI, per cui è molto difficile assegnare o trovare responsabilità o sapere chi decida effettivamente. La divisionalizzazione consente se non altro di attribuire responsabilità precise e di sapere chi abbia la responsabilità. L'operazione che si sta facendo è quella di semplificare al massimo gli iter procedurali, sia quelli che vanno verso il centro sia quelli che dal centro vanno verso le divisioni sia quelli che regolano i rapporti tra le varie divisioni, in maniera tale che le procedure siano assolutamente semplificate e certe nei tempi. Per esempio, un'operazione che abbiamo compiuto e che andrà in funzione da settembre è la razionalizzazione dell'iter procedurale che regola gli acquisti appalti nei settori della fiction e del cinema. Abbiamo rivisto e standardizzato tutta la contrattualistica ed abbiamo dato tempi certi di inizio e di
Affronto ora un tema un po' più spinoso, che riguarda i sindacati interni. Mi dispiace che se ne sia andato il senatore Novi: parlare di pulizia etnica a me è come parlare di corda in casa dell'impiccato, quindi egli non avrebbe dovuto permetterselo se non conosceva le cose. Il SINGRAI è nato quando io ero direttore del personale e credo che nessuno possa dire che io non l'abbia in qualche modo protetto. Potete chiederlo...