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Audizione degli onorevoli Marco Pannella e Paolo Vigevano, circa la presenza della «Lista Pannella» nella programmazione radiotelevisiva, e l'affidamento del servizio del canale radiofonico dedicato ai lavori parlamentari.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione degli onorevoli Marco Pannella e Paolo Vigevano sulla presenza della «Lista Pannella» nella programmazione radiotelevisiva, e l'affidamento del servizio del canale radiofonico dedicato ai lavori parlamentari. È presente altresì il dottore Carmelo Palma.
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. Insieme all'onorevole Pannella tratterò i due temi all'ordine del giorno sia nel mio intervento introduttivo, sia successivamente nella fase di approfondimento del dibattito.
marzo, maggio e dicembre 1997. Sono stati poi presentati, ma non ancora discussi, atti di indirizzo nel gennaio 1998, con i quali sistematicamente e costantemente il Parlamento ha chiesto che venisse preso in considerazione quanto realizzato per obbligo di legge e di fatto, in questi anni, nell'ambito delle trasmissioni radiofoniche delle sedute parlamentari, chiedendo che il cosiddetto decreto-legge salva-RAI per gli anni 1994-1997 costituisse la base per la prosecuzione del suddetto servizio. Il Parlamento ha chiesto che non vi fossero soluzioni di continuità nella prestazione del servizio fino alla completa realizzazione da parte della RAI (articolo 24, comma 1, della legge Mammì). Tali richieste, ulteriormente perfezionate in atti di indirizzo sottoscritti dalla maggioranza parlamentare, sia alla Camera sia al Senato, al fine di assicurare la prosecuzione del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, consistevano nella proroga della convenzione in atto e soprattutto nell'indizione di una vera e propria gara di appalto per la realizzazione del suddetto servizio.
della rete radiofonica parlamentare. Il ministro lo ha escluso, ma poi ha fornito alcune cifre. Preciso che il ministro ha escluso che nel canone di abbonamento 1998 fosse ricompreso un incremento determinato dalla realizzazione della suddetta rete, ma ha aggiunto poi, citando dati forniti dalla RAI, che nell'onere di 71 miliardi, cui veniva applicato il fattore K o W (non so esattamente) di riduzione per la determinazione dell'incremento del canone, erano ricomprese le spese d'investimento e tra esse figurava la somma di 2 miliardi per il miglioramento della qualità del servizio, in particolare del segnale radiofonico, e l'importo di 18 miliardi per l'avviamento della rete stessa.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Testualmente ci era stato detto: «se non in minima parte», non prevalentemente.
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. Se non in minima parte erano da attribuire a tale circostanza. In un comunicato successivo, la presa di posizione viene modificata in questi termini: «prioritariamente e prevalentemente dedicate al miglioramento della qualità del servizio». Nei fatti abbiamo visto che sono state acquistate frequenze...
PRESIDENTE. Sapete quali?
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. L'elenco completo, contenente quelle di cui siamo a conoscenza, è a disposizione. Tra l'altro il documento è stato già trasmesso all'autorità garante per la concorrenza.
PRESIDENTE. Da voi?
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. Da noi ed è in corso la fase d'indagine; siamo in attesa della formalizzazione dell'istruttoria.
PRESIDENTE. La prego di chiarire bene questo passaggio: lei ritiene che la RAI abbia leso il mercato?
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. Ci arriverò, ma su questo non c'è dubbio!
produzione per la prosecuzione delle trasmissioni parlamentari al 21 novembre. Come sapete, uno degli argomenti utilizzati ieri in Commissione dallo stesso ministro Maccanico per giustificare un mese di ritardo è stato quello della difficoltà di individuare una copertura di 8 miliardi; vi sono state, tra l'altro, voci riferite al Presidente della Repubblica che lo hanno costretto a dichiarare di aver ricevuto il disegno di legge il 28 gennaio e di averlo restituito lo stesso giorno, per cui in quest'occasione non si può minimamente attribuire al Presidente della Repubblica il prolungamento dell'elaborazione del disegno di legge da parte del Ministero delle poste. Ricordo che 2 miliardi erano stati già accantonati nella finanziaria con l'emendamento presentato dal Governo, per cui la voce in bilancio c'era; bisognava trovarne altri 9 e mezzo per assicurare la copertura...
PRESIDENTE. Quanti per la precisione: 8 o 9 e mezzo?
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. La copertura inizialmente prevedeva 11 miliardi e mezzo: 2 erano stati già individuati a dicembre in finanziaria, con l'emendamento del Governo, e se ne dovevano trovare 9 e mezzo; il disegno di legge è stato così trattenuto per un mese senza riuscire a trovare i 9 miliardi e mezzo ed infatti alla fine li hanno dovuti ridurre ad 8 da aggiungere ai 2, operando lo sconto in danno dell'attuale concessionaria del servizio. Quindi, si abbrevia la proroga della convenzione al 21 novembre ed in tal modo si recupera sull'eserci4zio 1998 un minor costo di 2 miliardi.
PRESIDENTE. Mi sembra che l'abbia detto Giulietti, non Nappi.
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. Nappi ha posto la questione in termini problematici, Giulietti in termini specifici chiedendo l'esame da parte dell'Osservatorio di Pavia sul merito delle trasmissioni; d'altra parte, si darebbe così attuazione al comma che prevede che non possano essere comunque effettuate trasmissioni tali da compromettere l'imparziale gestione dell'attività in concessione. Mi pare che il comportamento dell'onorevole Nappi sia quindi coerente con il tenore di questa previsione.
sospensione che di per sé non ha senso se riferita al 31 dicembre 1998. Infatti, cosa succede dopo? O vi è un regime di gara, oppure l'articolo 14, il quale è quanto di più aberrante vi sia nella nostra normativa in materia di emittenza radiotelevisiva. L'articolo 14 è la diretta derivazione dell'articolo 24, comma 1, della legge Mammì, ma vi è un piccolo particolare: ne è una diretta derivazione a distanza di otto anni, nel corso dei quali non è che non sia accaduto nulla, perché la normativa in materia, sia quella generale sia quella specifica, ha subito modificazioni e concrete applicazioni che rendono quell'articolo assolutamente inapplicabile e, sotto diversi aspetti, anche illegittimo.
riguardo sono state avviate iniziative giudiziarie che mirano appunto ad un giudizio di illegittimità costituzionale di questo articolo.
PRESIDENTE. Questo è chiaro, la prego di passare alla seconda parte.
PAOLO VIGEVANO, Editore di Radio radicale. Volevo puntualizzare che l'articolo 14 del contratto di servizio determina una lesione non solo per quanto riguarda le trasmissioni parlamentari per il fatto che in questo contesto il ministero consenta che vengano acquistate frequenze da parte della RAI per una rete abusiva, tra l'altro in contrasto con lo stesso articolo 14 che prevede l'autorizzazione e la concessione. La RAI infatti ha avuto la concessione in base all'atto del 1994 attraverso la convenzione, il contratto di servizio non è un atto sostitutivo, quindi non può consentire la concessione di questa rete, che è una rete realizzata abusivamente in danno delle altre emittenti.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Mi consenta, presidente, una breve premessa. In questo momento ci sono 304 cittadini che esplicitamente continuano iniziative non violente e democratiche di sostegno della legalità costituzionale e degli atti e delle attività parlamentari ufficiali contro un'impresa a sabotare le leggi vigenti e le istituzioni, ivi compresi non solo il Parlamento ma anche il Governo. Essere costretti a dare corpo, il proprio corpo, alla legalità negata ed a porsi fuori legge è attività costosa fisicamente quanto quella che in genere viene attribuita ad altre forme di lotta, non solo ludiche ma belliche, sia pure con ritmi diversi di costo e di costo fisico.
faccio parte di quei 303 perché mi si dice - e non ho molti motivi per contestare quest'opinione scientifica - che non appena mi aggiungerò agli altri mi troverò nelle condizioni di chi parte per il fronte per un'operazione nella quale le possibilità di privata e individuale sopravvivenza sono praticamente quasi nulle. Giocherò da non violento sul «quasi», ma ho un confronto con degli assassini, con i Dumini. Questo è un momento nel quale i Dumini sono scatenati; può apparire incredibile come appariva incredibile nel 1940-41-42 - avevo dieci anni, ma la particolare situazione familiare mi consente ricordi non solo ufficiali e conformisti - ...Erano anni nei quali chiunque dicesse che il regime non poteva che negare la speranza e distruggere con la sua politica la realtà storica del paese era considerato pazzo, scemo, magari buono. Riscontro la stessa incredulità, l'ho riscontrata anche ieri vedendo il Presidente del Consiglio: «italiani brava gente», spesso assassini.
PRESIDENTE. Dai Presidenti della Corte costituzionale?
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Di quelli ne abbiamo addirittura nove su dieci, nonché da 555 vostri colleghi.
questo contratto di servizio con l'articolo 14. Questa è la cogente vigenza legislativa che viene invocata dal ministro e in genere dalle chiacchiere che si sentono; dall'altra parte abbiamo un atto formale del Senato di indirizzo al Governo accettato a maggio, abbiamo poi - sei giorni dopo l'entrata in vigore del contratto - un ordine del giorno della Camera dei deputati, con il quale si chiede molto di più di quanto noi chiediamo in relazione al quale il rappresentante del partito della messa a morte dei radicali e dell'informazione, il sottosegretario Vita, prova ad alzarsi e dichiara che lo accetta compatibilmente con le norme vigenti. A quel punto si è alzato il presentatore e ad alta voce ha ribadito che l'ordine del giorno invitava a mutare le norme vigenti. Questo è l'ordine del giorno della Camera, sei giorni dopo la «normetta» del contratto di servizio.
PRESIDENTE. Questa è un'altra questione.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Sì, è vero, ma il senatore Leone non aveva motivi particolari di
gratitudine nei nostri confronti, il senatore Cossiga - mi pare - nemmeno e neanche i senatori a vita, così come nemmeno i 553 vostri colleghi che su questo, come posizione ufficiale, hanno chiesto in realtà la proroga non per un anno ma per tre. Ci si chiede perché non lo abbiano fatto con uno strumento parlamentare. Perché è noto che i tempi degli atti legislativi non erano tali da consentire loro di intervenire nei quattro giorni necessari perché vi era la sessione di bilancio.
PRESIDENTE. Posso testimoniare di aver informato l'onorevole Pannella del comunicato.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Allora per quale altro motivo? Ascoltate il ragioniere Monorchio. Non so se sia vero che non potevano presentare il martedì
C'erano mille modi per recuperare questi miliardi, per esempio con qualche connessione con i canoni della RAI, o con il canone Mediaset, l'abbassamento, la concessione.
o non si ottempera: «Vada al fronte». «No, generale, io mi fermo a metà fra il fronte e la sussistenza». Cosa significa? Si dice «in parte», ma poi come misuriamo? In centimetri o con il sistema britannico? Comunque, è falso.
PRESIDENTE. La mia nota pigrizia...!
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. La sua nota pigrizia.
PRESIDENTE. Leggeranno lo stenografico o ascolteranno Radio radicale.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Passiamo alle osservazioni di metodo. Viene detto che forse rispetto al criterio della lista Pannella è meglio quello dell'Osservatorio di Pavia: invece del numero di comparse, il tempo e la durata. Senatore Falomi, perché non ha fatto il conto? Facendo quel conto come dice lei, si riduce ulteriormente il tempo. Poiché la vedo un tantino scettica, le fornisco le cifre, così io rispondo di quelle cifre e lei risponde del suo scetticismo. Dal 19 novembre al 5 gennaio le interviste degli esponenti della lista Pannella sono state lo 0,53 del totale se considerate per occorrenza e lo 0,47 se considerate per durata (allora facciamolo secondo il criterio Falomi: 0,47 invece di 0,53), a fronte di uno 0,99 e di uno 0,95 nei semestri precedenti.
ricoverato. Anche nel regime sovietico, quando impazziva, tra virgolette, un compagno dissidente, si dava la notizia che era impazzito. E questo sta accadendo adesso, in regime di scioperi della fame, di venute di D'Alema, Berlusconi e Prodi da noi; sta accadendo in questo momento. Il Consiglio dei ministri adotta quella decisione, che era la vittoria di Cossiga, Leone e nostra. La adotta, la vede, una sorpresa, il partito RAI e il partito comunista (comunista PDS, comunista rifondazione, comunista comunisti unitari, comunisti occhettiani o comunisti d'altro genere) così ben rappresentato con le assunzioni di responsabilità di Vita e del senatore Falomi; è veramente massacro, è il decreto di chiusura non solo del soggetto radicale, che è già chiuso e se ne distrugge l'immagine. Quando Tortora dice «mi avete distrutto l'immagine, ma in realtà sappiamo ora abbastanza dalla scienza che mi avete anche ammazzato», perché quando l'immagine è distrutta in un certo modo l'immunologia significa alcune cose, lei crede, presidente, che questi non ci ammazzano dopo dieci o venti anni in cui dobbiamo fare questo, in nome magari della nuova democrazia italiana? Se ne va via l'immagine, ma inoltre si stabilisce per legge, in risposta a Cossiga e a Leone: «sì, avete ragione, è chiusa Radio radicale perché non potete nel modo più assoluto concorrere a dare questo servizio».
pacifisti, non violenti sono tutti contro l'America e tutti favore del Papa o dell'Iraq o di non so che cosa. Questo deve passare; e passa. Complimenti!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Pannella. Ha chiesto ora d'intervenire il relatore.
ANTONIO FALOMI, Relatore. Dico subito che in questa sede non intendo entrare nel merito della discussione sul disegno di legge, incardinata davanti ad una Commissione parlamentare del Senato. Forse mi sarei aspettato che il presidente richiamasse questo fatto, perché non mi sembra corretto istituzionalmente...
PRESIDENTE. Le dirò poi il perché. Ho pensato a questo.
ANTONIO FALOMI, Relatore. Mi riferisco al fatto che in una sede impropria si entra nel merito di un disegno di legge in questo momento in discussione in Parlamento. Lo dico non per eludere le questioni sollevate, anzi farò richiesta al presidente dell'VIII Commissione del Senato, il senatore Petruccioli, di procedere ad un'audizione, come quella che qui si è svolta, dell'onorevole Vigevano e dell'onorevole Pannella, affinché tutta una serie di considerazioni svolte in questa sede nel merito di quella legge sia posta all'attenzione dell'VIII Commissione del Senato. Ritengo che questa non sia la sede propria per svolgere una discussione di merito.
ribadito che il disegno di legge non definiva un'esclusiva per Radio radicale, anzi ha detto «chiunque vuole fare questo servizio, lo svolga». Fra l'altro, non riesco ancora a capire, in una fase di transizione della gara, perché da parte di Radio radicale vi sia questo timore sul fatto che anche la RAI possa svolgere il servizio. Oltre tutto, siccome è stato detto che la RAI lo farà peggio, questo servirebbe a chiarire se poi, effettivamente, sarà così o no.
PRESIDENTE. L'ha detto la RAI in Commissione che lo avrebbe fatto peggio.
ANTONIO FALOMI, Relatore. Ha detto che avrebbe avuto un livello di copertura inferiore...
PRESIDENTE. Un'insufficienza del servizio...
ANTONIO FALOMI, Relatore. Ho capito, ma serve vedere sul campo, al di là di chi l'ha detto.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, senatore Falomi. Non è questione di spavento: il fatto è che la RAI ha ammesso che avrebbe svolto peggio questo servizio, e in più con i soldi dei cittadini (25 miliardi). È un problema, questo.
ANTONIO FALOMI, Relatore. Non è esattamente in questi termini.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Nei termini a quo...
ANTONIO FALOMI, Relatore. Era un criterio. Quindi, utilizzandolo a me sembra che non si possa parlare di assenza della lista Pannella nella comunicazione politica, nei notiziari, nei telegiornali. Anzi, ho anche ricordato, facendo un confronto astratto, come altre formazioni politiche, che sicuramente hanno più rappresentanti in Parlamento della lista Pannella, in quello stesso periodo siano state penalizzate.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Gli altri sono peggio!
ANTONIO FALOMI, Relatore. Sono anche peggio, però per valutare se una cosa fa notizia o meno evidentemente vi sono criteri che hanno una certa omogeneità, anche se credo anch'io che la RAI fornisca una maggiore attenzione, per così dire. Naturalmente, si può discutere sulla qualità, perché vi sono periodi, che riguardano non soltanto la lista Pannella, in cui, anche in rapporto al momento politico, le forze politiche hanno un'evidenza, una rilevanza, in termini di presenza, molto più elevate della loro forza concreta. Per esempio, durante la crisi di Governo, la presenza di rifondazione comunista nella comunicazione politica, sia pubblica sia privata, è stata assai rilevante rispetto alla sua capacità e al suo consenso reale nel paese.
CARMELO PALMA, Rappresentante della lista Pannella. Cosa si intende per presenza diretta?
ANTONIO FALOMI, Relatore. Presenza diretta vuol dire in voce. Cito i dati dell'Osservatorio di Pavia.
PRESIDENTE. Riferiti a quale periodo?
ANTONIO FALOMI, Relatore. Dal 13 al 19 dicembre. Dal 20 al 31 dicembre la presenza è del 2,4 per cento, mentre dall'1 al 9 gennaio è dell'1,4 per cento e dal 10 al 16 gennaio è del 6,9 per cento. Quindi, come ho ricordato nella mia relazione, tra il 29 novembre e il 12 dicembre vi è stata una fase di assenza totale di comunicazione riguardante la lista Pannella, che poi è stata recuperata (parlo dei telegiornali, non delle trasmissioni di dibattito e di confronto).
stato fatto, che mi sembra equilibrato, cioè che, in effetti, la RAI ha impiegato un po' a mettersi in moto e sicuramente hanno anche influito altre vicende - lo ricordava il presidente Storace nel corso della precedente discussione -, nel senso che, per esempio, la presa di posizione di Galli Fonseca ha senz'altro determinato lo scatenarsi di un dibattito, sui giornali, alla radio e alla televisione, che ha attivato il confronto, però non possiamo dire che non vi sia stata nessuna forma di attuazione o che vi sia stato l'azzeramento totale o l'annullamento della legalità. Questo è un giudizio che non condivido, pur rispettando l'opinione e la lotta che il movimento dei club Pannella sta portando avanti per difendere il suo punto di vista.
PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Falomi.
ANTONIO FALOMI, Relatore. «Visti i dati» non vuol dire dare un giudizio sugli stessi.
PRESIDENTE. Però si entra in un altro ambito. Si entra nell'ambito del trattamento riservato ad una forza politica, questo è indubitabile. Noi siamo partiti dalla denuncia di un'assenza di informazione; altrimenti non ci saremmo avventurati nella conoscenza dei dati sulla comunicazione politica. Avremmo fatto una premessa che teneva presenti solo i temi. Invece abbiamo parlato dei temi e delle presenze.
ANTONIO FALOMI, Relatore. Questa è una sua interpretazione. «Visti i dati» non configura un giudizio.
PRESIDENTE. Comunque, non si sarebbe trovata unanimità se non ci fosse stato anche questo tipo di interpretazione; mi pare corretto doverlo ribadire. Lei ha correttamente esposto la sua opinione, consentirà che anch'io esponga la mia, ribadendo un concetto. Ho molto riflettuto, nei giorni scorsi, su quanto avevo detto sperando di trovare nel relatore accoglienza ai fini del dibattito e della risoluzione finale ed auspico che ancora vi possa essere la possibilità di un percorso finale unitario. È sacrosanto il riferimento di Falomi al periodo di tre mesi, onorevole Pannella, perché io devo difendere - e lo faccio con convinzione - le regole che questa Commissione ha deciso di dare alla RAI per quanto riguarda la programmazione. Quindi, il termine di tre mesi per noi è fondamentale; però, senatore Falomi, questi tre mesi non possono riguardare soltanto un telegiornale o un pezzo di programmazione, poiché abbiamo sempre parlato del complesso della programmazione. Quando lei cita il 3 per cento nei telegiornali RAI nel trimestre - come ha
fatto nella sua relazione di apertura - dimenticando quello che è avvenuto nelle altre ventiquattro ore di programmazione su ognuna delle tre reti, diventa difficile sostenere che la RAI abbia fatto il suo dovere, o lo abbia fatto almeno parzialmente. Il riferimento alle altre formazioni politiche è esatto ed io lo condivido: ci sono altre formazioni politiche che lamentano discriminazioni; però nessuna è in grado di scatenare nel paese un dibattito provocato da centinaia di persone che fanno lo sciopero della fame, se non della sete. Questo è un fatto politico e sociale che la nostra Commissione non può ignorare. Il giorno in cui rinnovamento italiano, che giustamente lamenta discriminazioni, farà fare lo sciopero della fame ai suoi militanti, avremo un altro tipo di problema.
ANTONIO FALOMI, Relatore. Non è che abbiamo una buona stampa, in Italia!
PRESIDENTE. Se ci fosse un giornalismo serio, per la portata delle denunce che sono state formulate in una sede istituzionale, la seduta di oggi, anche per le assenze ma non solo per queste, sarebbe da prima pagina. Oggi, infatti, l'onorevole Pannella denuncia una serie di questioni; Vigevano ha parlato di truffe riguardo alla vicenda di Radio radicale e si lamenta una sorta di genocidio, per quanto riguarda
l'informazione sulla lista Pannella. Tale denuncia è rafforzata dall'annuncio di un nuovo sciopero della fame: avviene nella stessa sede in cui era stata annunciata la rinuncia allo sciopero della sete, in una sede istituzionale. Cos'altro bisogna fare, in questo paese, per far capire che c'è questa partenza? Il problema prescinde, secondo me, dagli schieramenti. Notoriamente, chi parla non fa parte dello schieramento dell'onorevole Pannella, però questa questione prescinde dagli schieramenti.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Presidente, ancora una volta in omaggio al Parlamento ed accettando la simulazione o la finzione o la realtà che lei abbia titoli per rappresentarlo, dichiaro qui di mutare i miei programmi, lasciando e delegando quello che non è delegabile nella non violenza ai 300, 400, 500 cittadini che stanno dando corpo - dico: dando corpo - alla legalità con lo sciopero della fame. Aspetterò la decisione della Commissione, che sarà presa martedì, per quello che ho compreso.
PRESIDENTE. Sì, martedì l'ufficio di presidenza calendarizzerà...
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Se intercorrerà in tempo utile...
PRESIDENTE. Cercheremo di abbreviare.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. A questo proposito vorrei ringraziarla, ma vorrei anche dire, presidente, che io appartengo alla tradizione politica che, molto probabilmente, discende ed è pronta più ad incarnare la continuità con Gladstone, che lascia morire un sindaco scozzese scioperante della fame, perché con quello sciopero quel sindaco chiedeva al Governo di fare un'eccezione alla legalità. Ancora adesso, qualsiasi iniziativa non violenta che rivolga al potere la richiesta, la supplica o la pretesa di fare eccezione alla propria legalità per noi, non violenti, gandhiani, radicali è un legittimo ricatto sul piano del confronto politico, ma è un ricatto ed è totalmente estraneo alla nostra pratica, oltre che alla nostra teoria politica. La ringrazio, comunque, di avere sottolineato la consistenza quanto meno civile del fatto che centinaia e centinaia di cittadini in Italia stiano non mangiando per molte decine e, a volte, centinaia di giorni durante l'anno, senza nessun segno di fanatismo per chi sente Radio radicale e con un senso di speranza rispetto all'interlocutore, anche se lo sta ammazzando (cioè l'interlocutore sta ammazzando chi fa lo sciopero).
mezz'ora dopo, durante non si devono dare delle altre cose -, è fatica. La convenzione, tranne alcune cosettine inutili, è frutto del know how conseguente alla nostra operazione, per sedici anni, di servizio gratuito. Mentre la RAI, con il regime dell'articolo 14, governerà questo come governa tutto il resto.
ANTONIO FALOMI, Relatore. L'ho detto nella mia relazione.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. È quello che sto notando: la proposizione c'è. Sto dicendo che il mio senso di incredulità o di sdegno è dovuto non al fatto che lei non se ne è accorto, tant'è vero che lo dice, ma alle conseguenze che ne trae. È vero, sì: di politica istituzionale, di politica internazionale, di politica economica, di attualità politica; mai nulla se non una cosa. Vogliamo vedere quante volte siamo stati chiamati? La mia salute fa conto nelle sue percentuali: sette volte è sulla salute (Pannella sta bene o sta male), certo anche con simpatia, magari dirà l'Osservatorio; uno che si preoccupa della salute...
PRESIDENTE. Un caso clinico!
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Un caso clinico! L'ho detto, è da dissidenza!
politica (e pure sentono, firmano, chiedono conto), ebbene su questo l'Italia non sa nulla? L'Italia dà delle pagine di nobiltà - l'ho già detto l'altra volta - che il servizio pubblico, la stampa, i partiti, hanno il terrore che si conoscano. Ma è possibile che in uno dei tanti Porta a porta, «finestra e finestra» - adesso c'è quell'altro che è venuto fuori nuovamente su RAIDUE anziché su RAIUNO - quella sera non si convocano i due ex Presidenti della Repubblica per chiedere: come mai firmate la mozione politica per la prima volta in tutta la vostra carriera di ex Presidenti, come mai voi senatori a vita per la prima volta, firmate una mozione? Come mai? Non ci sono stati due minuti su questo.
PRESIDENTE. Infatti, questo si ricava dal fatto che siete presenti in qualche telegiornale e mai nelle trasmissione di rete.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Poi c'è l'esempio evocato. So che l'onorevole Taradash ha un po' difeso, ma ho portato un documento che le rimetto, presidente, riguardante la lettera di Bruno Vespa rispetto alla quale io poi rinuncio. È noto che Porta a porta normalmente viene registrata una o due ore prima nel giorno stesso in cui va in onda. Mi pare che in una trasmissione di Costanzo Bruno Vespa ebbe occasione di dire: «Quando sono entrato per contratto in RAI» - negli anni cinquanta o sessanta, quand'era - «c'era un dogma, Pannella non poteva andare in diretta». Si continua, anche questo mettiamolo in conto;
Vespa lo ha detto uno o due mesi fa, è stato un po' imprudente. «Caro Pannella, abbiamo deciso di dedicare una puntata (...). È prevista la partecipazione di due politici favorevoli alla liberalizzazione» - hai voglia a dire legalizzazione! - «(oltre a te, Luigi Manconi) e di due politici contrari (Rosa Russo Iervolino e Rocco Buttiglione)». Già è un dibattito, non è, semmai, un'intervista sulla nostra posizione, che per anni è stata ignorata. Ho sempre detto che queste trasmissioni nelle quali c'è un personaggio televisivo che fa da mediatore, da arbitro tra tanti politici non mi paiono essere la formula migliore.
PRESIDENTE. Questo però la RAI lo può decidere.
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Infatti; io posso anche decidere di non andare. Poi mi comunica: «Interverrà inoltre in studio Andrea Muccioli della comunità di San Patrignano» - e facciamo tre e due in studio su settanta minuti di trasmissione - «Sono previsti, inoltre, cinque collegamenti: con un gruppo di sostenitori della liberalizzazione, indicato dal tuo movimento, la comunità di don Mazzi, con San Patrignano, il cardinale Tonini dalla sede di Milano e forse lo psichiatra Vittorino Andreoli», che è notoriamente sulla stessa linea.
PRESIDENTE. Dopo la sua lettera, niente?
MARCO PANNELLA, Presidente della lista Pannella. Dopo la lettera cambia la struttura della trasmissione (io l'avrei accettata), perché, se non ci sono io, non c'è bisogno di questa disuguaglianza di forze. Chiama Taradash al posto mio, non chiama Muccioli, i collegamenti sono equilibrati come posizione (due e due). Cambia completamente la struttura, ma non è che me lo comunica, non dice: «Vuoi venire a queste condizioni?». No, perché, se ci sono io, ristabilisce le condizioni precedenti.
contratto, di tutte le vigenze parlamentari e legislative «a favore di» è risolta dal Consiglio. Non c'è mai un dibattito su un'iniziativa.
scritta ma anche altre, di incontrare di nuovo il leader della maggioranza - che non è il Presidente Prodi, ma Massimo D'Alema - per porgli il problema del fino a quando il PDS sia rappresentato dalle posizioni che qui vengono portate avanti dal suo rappresentante e da quello nel Ministero delle comunicazioni e nel partito RAI.
PRESIDENTE. Molte grazie.
La seduta termina alle 12,15.
Do la parola all'onorevole Vigevano.
Vorrei cominciare da quanto dichiarato ieri in questa Commissione dal ministro Maccanico, in particolare da un'affermazione che ha ripetuto più volte. Il ministro ha utilizzato il termine «pressioni», parlando delle iniziative assunte nel recente periodo in relazione alla vicenda della predisposizione del disegno di legge per l'attivazione di un canale radiofonico per la trasmissione di sedute parlamentari ed al problema legato all'articolo 14 del contratto di servizio.
L'uso del termine «pressioni» da parte del ministro Maccanico è quanto meno improprio, poiché durante quel periodo (non mi riferisco soltanto al breve termine, cioè agli ultimi tre mesi), cioè da circa un anno a questa parte, non vi sono state pressioni, ma atti d'indirizzo del Parlamento. Tali atti hanno avuto l'obiettivo di fissare chiaramente la volontà del Parlamento su questa materia, volontà sistematicamente elusa o disattesa dal ministro delle poste e da chi lo rappresentava nelle sedi parlamentari; una volontà peraltro che ha ottenuto il supporto di iniziative politiche, pubbliche e trasparenti per recuperare quel valore di indirizzo al Governo, che altrimenti non avrebbero avuto.
Mi preme sottolineare questo punto, perché dalle comunicazioni del ministro Maccanico sembra che egli sia stato sottoposto a pressioni non chiare, mentre si tratta esclusivamente del rispetto di atti di indirizzo del Parlamento. Mi riferisco, in particolare, agli ordini del giorno approvati in sede parlamentare nei mesi di
Cos'è accaduto in realtà? Ancora ieri, in questa Commissione, da parte del presidente è stata formulata la seguente precisa domanda: se nel periodo intercorrente tra il 17 gennaio ed il 10 febbraio 1998, se cioè in quest'arco di tempo ben determinato, quello intercorrente tra l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge sull'attivazione della rete radiofonica parlamentare e la data del 10 febbraio, fosse stata rilasciata un'ulteriore autorizzazione alla RAI per dare attuazione a tale rete.
Il ministro ha risposto, eludendo la domanda, facendo riferimento alle autorizzazioni precedentemente rilasciate alla RAI. Il ministro da una parte ha - ripeto - eluso la domanda posta e dall'altra ha fornito una risposta relativamente al periodo precedente quanto meno imprecisa.
Durante tale periodo, cioè tra il 17 gennaio ed il 10 febbraio 1998, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri di fatto è diventato un desaparecido. Sono trapelate alcune notizie ed effettuati interventi pubblici, in particolare da rappresentanti del ministro, come il sottosegretario Vita, che ha rilasciato interviste (in verità non solo lui) nelle quali ha chiarito che durante tale arco di tempo la RAI si era rivolta espressamente al ministero per sapere se, nell'ambito del disegno di legge in fase di predisposizione, fosse prevista una sospensione dell'articolo 14 della convenzione tra il Ministero delle poste e la RAI.
La risposta del ministro non è nota documentalmente, ma sono noti i fatti. A seguito di tale risposta, infatti, il 6 febbraio la RAI annuncia l'inizio delle trasmissioni radiofoniche sul nuovo canale parlamentare ed il 9 viene inaugurata. Queste date sono estremamente importanti, perché coincidenti una con l'altra: il 9 febbraio la RAI inaugura tale canale ed il 10 febbraio il disegno di legge viene presentato in Parlamento. In incontri ufficiali con il ministro delle poste, i rappresentanti del ministero (nella persona del sottosegretario Vita), della RAI (il direttore generale e due vicedirettori generali in carica l'8 gennaio) e del centro di produzione della lista Pannella, i responsabili dell'azienda si erano formalmente impegnati a che in presenza di un eventuale disegno di legge che sospendesse l'efficacia dell'articolo 14 della citata convenzione, la RAI non avrebbe proceduto alla realizzazione della rete. Tale impegno è stato ribadito in altri incontri ufficiali dallo stesso ministro Maccanico. Peraltro non c'è da stupirsi di un impegno del genere, che normalmente la pubblica amministrazione assume per prudenza di fronte ad una modifica dell'assetto legislativo che può incidere sulla propria attività e sui propri comportamenti. Abbiamo assistito invece ad un procedimento esattamente opposto: il disegno di legge «sparisce» per il tempo necessario a che la RAI avvii la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari.
Vi è un ulteriore elemento che voglio sottolineare sempre con riferimento alle dichiarazioni rese ieri in questa sede dal ministro Maccanico. Alcuni commissari hanno chiesto se sull'incremento del canone RAI abbia inciso la realizzazione
Questo è il comportamento classico di un'azienda che si permette di non tenere una contabilità industriale e di non fornire elementi di bilancio trasparenti per poter giocare sulle cifre in modo truffaldino con la controparte, il Ministero delle poste, rispetto alla Commissione di vigilanza ed al Parlamento, che ha il diritto per legge di essere messo a conoscenza dei dati riguardanti il bilancio della RAI.
Negli incontri avuti con i responsabili dell'azienda, con l'allora direttore Iseppi, ci era stato detto che le acquisizioni di frequenze non erano in alcun modo legate alla realizzazione della rete parlamentare, ma erano prevalentemente dedicate al miglioramento della rete.
Vorrei precisare che, mentre la RAI rilascia tali comunicazioni, dichiara anche che servono le frequenze, le iscrive in bilancio e le comunica al Ministero delle poste per il potenziamento del servizio e l'ampliamento della rete, poi stipula contratti con emittenti private di cui posso fornire anche ora copia. In base a tali contratti acquista impianti, ribadendo la formula che essi possono essere utilizzati per il potenziamento sia delle tre reti, sia di quella parlamentare, ma di fatto vengono impiegati per la rete parlamentare. Quindi, di quei 20 miliardi una quota parte è già da attribuire alla rete per la trasmissione delle sedute parlamentari. Non solo: di fatto, l'onere più significativo relativo alla realizzazione in corso della rete parlamentare finirà sul canone 1999, perché, in base al contratto di servizi, gli investimenti vanno a gravare, in termini di aumento del canone, sull'anno successivo a quello in cui sono stati realizzati. Quindi, a meno di modifiche legislative e proseguendo l'acquisizione degli impianti da parte della RAI, in base all'articolo 14 della convenzione gli investimenti andranno ad incrementare l'importo del canone a carico dei cittadini.
Passando al disegno di legge che è stato predisposto e presentato alle Camere, ieri è stato presentato dal Governo un emendamento che prevede di abbreviare la proroga per la convenzione con il centro di
Quanto al disegno di legge, le mozioni parlamentari richiedevano che si potesse introdurre all'interno della normativa una vera e propria gara, in assicurazione della continuità del servizio (questo è l'elemento costantemente richiesto dal Parlamento) e che quindi la proroga arrivasse fino alla data di decorrenza della nuova convenzione. Si chiedevano inoltre condizioni di trasparenza, di parità, di garanzia sui punti di partenza per i concessionari che debbano concorrere all'assegnazione del servizio. In realtà, il testo che è emerso in questo mese di elaborazioni e coordinamenti mira esclusivamente a tutelare la concessionaria pubblica nei confronti del soggetto che finora ha esercitato l'attività.
In particolare, rilevo che al comma 1 l'ultimo periodo prevede che il concessionario che dovrà svolgere il servizio non può essere organo di partito o di movimento politico: questa è un'esclusione specificamente indirizzata nei confronti dell'attuale titolare del servizio (cioè di chi l'ha svolto in tutti questi anni), il quale, utilizzando i contributi per l'editoria in quanto organo di partito, ha potuto realizzare un'offerta di 8 miliardi netti in questi anni, a fronte di un servizio il cui costo in proprio la RAI ha stimato in questa sede (né l'ha mai smentito pubblicamente) in 25 miliardi l'anno.
Ci troviamo quindi di fronte ad un'esclusione a priori dell'attuale soggetto ed abbiamo una norma che prevede un potere di sindacato, peraltro non si comprende come esercitabile. Ieri ho sentito i deputati Giulietti e Nappi che ipotizzavano un controllo della Commissione di vigilanza sulle trasmissioni: non di quelle in convenzione, ma in generale di quelle del concessionario che divenisse titolare del servizio...
Un altro aspetto di estrema importanza è che questo disegno di legge sospende l'efficacia dell'articolo 14 della convenzione,
Devo ricordare che nel 1990 il Parlamento approva la legge Mammì, che introduce l'articolo 24, comma 1, il quale prevede che alla RAI, con l'atto di concessione di cui all'articolo 3 della legge n. 103 del 1975, possano essere consentite tre reti televisive e tre reti radiofoniche, oltre che, ove richiesto dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, una rete radiofonica riservata esclusivamente alle trasmissioni dedicate ai lavori parlamentari. Quindi, con l'atto di concessione, la RAI può avere tre reti radiofoniche più, ove richiesto dai Presidenti delle Camere, una quarta rete. Nel 1991, i Presidenti delle Camere avanzano la richiesta al ministro delle poste ma il Ministero non è in condizione di ottenere dalla RAI il consenso a realizzare questa rete e, per quanto lo riguarda, di assegnare le frequenze non se ne fa nulla. Nel 1991, quindi, Radio radicale continua a svolgere il servizio senza alcun corrispettivo e gratuitamente per quanto riguarda lo Stato.
Nel 1993, a seguito dei lavori preparatori della Commissione Napolitano sull'informazione parlamentare, constatato che la RAI non è in condizione di svolgere il servizio, per iniziativa del Parlamento, con l'approvazione di un ordine del giorno all'unanimità, interpellanze ed interrogazioni presentate da tutti i presidenti dei gruppi di allora, i Presidenti delle Camere chiedono l'attuazione dell'articolo 24, comma 1, ed in subordine la realizzazione di una convenzione, chiarendo esplicitamente «a partire da Radio radicale». Nelle due delibere degli Uffici di Presidenza di Camera e Senato, è esplicito che ci si rivolge al Governo in tal senso; il Governo Ciampi emana un decreto alla fine del 1993 che nemmeno prevede la gara, perché stabilisce che il servizio, stante una chiara volontà del Parlamento, venga realizzato da un'emittente che abbia determinate caratteristiche ed esplicitamente, di fatto, viene scelta Radio radicale.
Solo successivamente verrà introdotta la gara, nella seconda reiterazione del decreto. Entra quindi in vigore una norma che sostanzialmente modifica quanto previsto dalla legge Mammì, norma a cui viene data attuazione con soddisfazione del Parlamento: basta verificare la documentazione per rendersi conto che in tutti questi anni non vi è mai stata una protesta da parte di un parlamentare, o di un Presidente delle Camere, sulla qualità del servizio o per un episodio di trasmissione non corretta delle sedute parlamentari. Quindi, si tratta di un tasso di gradimento del servizio elevatissimo.
A questo punto, il 21 novembre 1997 la convenzione scade ed il 10 dicembre 1997 entra in vigore l'articolo 14, che cancella la storia degli ultimi anni. L'articolo 14 e la convenzione vengono discussi in questa sede ed il 2 luglio viene dato il parere definitivo; il 31 luglio il Parlamento approva la legge n. 249, l'ultima normativa sull'authority (abbiamo quindi uno sfasamento di date). La legge n. 249 sancisce ormai in modo definitivo il superamento della riserva allo Stato dell'attività radiotelevisiva, che era andata deperendo di norma in norma, dalla legge n. 103 in poi, attraverso la legge Mammì e così via. Quindi, con l'authority, si istituisce un regime in cui pubblico e privato vengono considerati sullo stesso piano. A questo punto, entra invece in vigore l'articolo 14 che fa marcia indietro ed ignora totalmente l'evoluzione normativa degli ultimi anni: entra quindi in vigore recuperando l'articolo 24, comma 1, della legge Mammì, che risulta di fatto superato e probabilmente anche costituzionalmente non legittimo. Al
Ci troviamo quindi in una situazione in cui il Governo (in particolare il Ministero delle poste e chi lo rappresenta) opera su questo specifico problema ignorando totalmente l'evoluzione normativa e le prese di posizione formali del Parlamento, con l'introduzione di una norma (quella dell'articolo 14 come derivazione dell'articolo 24 della legge Mammì) che di fatto consente un gravissimo incremento della posizione dominante della RAI nello specifico settore dell'emittenza radiofonica.
È bene ricordare che la RAI nella radiofonia non è come nella televisone, in cui c'è la Fininvest che le ha fatto il piacere di garantirle una concorrenza che ha prodotto quel che ha prodotto, consentendo alla RAI di allontanarsi sempre più dai propri scopi di servizio pubblico, per confrontarsi con il privato attestandosi ai più bassi livelli; la RAI non ha mai considerato la radiofonia un settore strategico, non ha mai mirato a fare servizio pubblico, ha lasciato deperire dolosamente il proprio patrimonio tecnico e di frequenze, occupando comunque una posizione dominante.
Il problema che il Parlamento si deve porre è quello dell'abrogazione dell'articolo 14, ma soprattutto dell'articolo 24 della legge Mammì, altrimenti le condizioni di trasparenza e di concorrenzialità effettiva tra i diversi soggetti nella gara per realizzare questo servizio risulteranno inevitabilmente falsate.
Contrariamente a quanto è stato detto, io non faccio parte di quei 303 i quali nel 1998, per dar corpo alla legalità e difendere anche le posizioni del Parlamento, cioè di questa Commissione di vigilanza, non hanno toccato cibo fino alla fine del mese e hanno colto l'occasione di un suo atto formale, ma anche personale, per dimostrare che un non violento non è un tollerante e sa fare tesoro di ogni gesto che gli consenta di rimettere in causa la sua decisione definitiva di lotta ad oltranza. Il tempo purtroppo ha dimostrato che in questo momento, molto peggio dei periodi nei quali la legalità dello Stato italiano era totalitaria e la legalità impediva l'opposizione e in modo molto più perfetto che sotto il fascismo, l'opposizione diventa dissidenza e la verità viene negata. Vorrei ricordare che per i ghandiani satyahagra non significa non violenza, ma amore della verità.
Oggi abbiamo un confronto con la menzogna di Stato, anzi con la menzogna contro lo Stato di un potere occulto che è un potere manifesto. Come dicevo, non
Ciò premesso, grazie ad alcune forze politiche, per esempio al partito democratico della sinistra, che ha la sua politica posseduta o delegata alle operazioni e al grande potere del sottosegretario Vita e del senatore Falomi, se c'è una questione morale oltre che una questione giuridica, che si porrà se vi saranno delle piccole Norimberga nella realtà italiana, noi faremo comunque immediatamente ricorso ad arbitrati internazionali come si fa forse a torto per il Chiapas. Forse è ora di farlo anche per l'Italia, come dimostrano le 300 condanne ricevute dal nostro paese nella giurisdizione europea, che somma da solo più della metà delle condanne complessive.
Quindi è possibile che ci si trovi ad una riunione nella quale posso accomiatarmi da delle forme di impegno e lo farò, anche perché questo commiato è ogni giorno, per una parte della loro vita, la condanna che i non violenti e i radicali hanno da questo regime; chi fa lo sciopero della fame rinuncia ad una quota non solo di libertà, per crearla per tutti, ma anche ad una quota della sua esistenza fisica e materiale. Mai in 25 anni il servizio pubblico ha fatto un dibattito sulla non violenza ghandiana, sulla storia in Italia di decine di migliaia di cittadini; mai un solo dibattito nemmeno su l'Unità, il Popolo, la Voce repubblicana, dimostrando quanta autonomia ci sia in questa attività. Storia, in queste settimane, di negazione della legalità e di menzogne.
Ha già notato Vigevano che ieri qui si è parlato di pressioni. C'è un ordine del giorno del Senato di maggio, un atto di indirizzo al Governo costituzionalmente rilevante, un atto formale accettato che andava molto oltre le nostre richieste, perché parlava della conferma per un triennio a Radio radicale con le procedure normali, coerente con il plebiscito di certificati di eccellenza che ci è sempre venuto da tutti i Capi di Stato, i Presidenti del Consiglio, i Presidenti delle Camere, tranne l'ultimo - anzi no, perché ufficialmente non ha detto mai nulla.
Contemporaneamente qualche «topo nel formaggio» riusciva ad operare per inventare una diversa legalità, quindi è vero che c'è l'operazione «articolo 14». Si parla di leggi vigenti ed è una cosa che è stata discussa all'interno di un contratto di servizio - di un contratto di servizio, di un contratto di servizio - che acquista questa forza di contratto il 10 dicembre 1997 e ha come presupposto la finzione della vigenza dell'articolo 24 della Mammì, vigenza manifestamente non esistente. Il presupposto è una non vigenza, con una norma che è contro tutti gli indirizzi del Governo e del Parlamento volti ad assicurare ai servizi al pubblico alcune caratteristiche. Tranne rifondazione nessuno li ha contestati e Vigevano ha ricordato un atto di luglio nel quale c'è questo divorzio ufficiale.
È vero quindi che tra le 240 mila norme italiane a un certo punto è subentrato anche
Tutto il partito detto abusivamente RAI, perché ha anche altre caratteristiche, composto da quaranta-cinquantenni di una certa estrazione culturale, che un tempo volevano il potere tutto subito, adesso male e tutto, purché tutto anche con i contratti di servizio... Il Presidente della Camera, udita la dichiarazione del presentatore che ha detto al Governo: «No, no. Se lo accogliete è per mutare...» Lì il problema era l'articolo 14 di sei giorni prima. Il sottosegretario dinanzi a questo è un po' interdetto e il Presidente dice: «Ma allora il Governo... accoglie, viste le dichiarazioni». Questa è la posizione del Governo.
Qual è la situazione della legalità? Due ordini del giorno. C'è un'altra cosa scandalosa da Dumini delle situazioni, della messa a morte delle piccole verità di cose pseudoclericali, doppie verità staliniste: miseria. Poi vengono ripetute da chi oggi ha titolo per fare il potente, ministro o oppositore, non importa, ha corso per i giornali perché dà garanzie di non capire nulla o di non poter avere individuali volontà e convinzioni.
Si dice che l'articolo 14 propone dei termini e degli obblighi. E tutta la questione sui «perentori e ordinatori»? È falso che l'articolo 14 chiedesse e imponesse subito alla RAI di cominciare, perché si trattava di termini ordinatori, tant'è vero che, senza bisogno di alcun atto, il 31 dicembre e il 1o gennaio la RAI non trasmette, perché non può. Anche adesso non può; sta trasmettendo come sta trasmettendo, dunque non può. Quindi, l'articolo 14 contiene termini ordinatori e non perentori e, nel corso di riunioni ufficiali con la RAI, essa dinanzi al ministro e al sottosegretario a domanda ha risposto chiaramente: «È evidente che anche se l'approvazione del disegno di legge da parte del Governo non ha cogenza giuridica formale immediata, noi della RAI riterremo che si tratta di un atto chiaro di indicazione, per cui non procederemo all'inizio delle trasmissioni». Questa è una dichiarazione formale e non contestata di Iseppi e degli altri.
Arriviamo, quindi, alla posizione del ministro delle comunicazioni, espressione di quel partito antiradicale e antilegale (lo è oggettivamente), che, contro la posizione, da noi resa pubblica, del Presidente del Consiglio, propone il 31 marzo (così a questi si dà qualche spicciolo) e poi subentra l'articolo 14. Questa è la posizione del Ministero delle comunicazioni. Se non vi fossero stati continuamente i militanti, con i loro scioperi della fame ogni giorno, se non vi fosse stato l'editore Grauso che ci ha pagato quella pagina su Il Corriere della Sera per informare la gente di un evento unico nella storia parlamentare... Mai hanno presentato una mozione, perché poi c'è la mozione in corso - non è un appello - firmata dai due ex Presidenti della Repubblica, Cossiga e Leone, da senatori a vita come Bobbio e Agnelli, con i quali notoriamente i nostri rapporti sono quasi feroci: li dobbiamo ringraziare ancora di più, così come il Presidente Leone in gran parte sembra dovere a noi le sue dimissioni, mentre in realtà le deve alla viltà dei partiti dell'unità nazionale.
Dinanzi a una chiara volontà, il ministro delle comunicazioni propone il 31 marzo. Il Consiglio dei ministri dice «no» e indica il 31 dicembre, cioè la nostra tesi: il regime non è l'articolo 14. Perciò parlo di difesa della legalità. Tutti i comunicati ufficiali dicono - su questo prego la Commissione di essere attenta alla testualità di quello che dico - che il Consiglio dei ministri ha adottato un disegno di legge in proposito, lo ha approvato. Vi sono due punti, la sospensione dell'articolo 14 e - serbando il regime nuovo della gara e della convenzione - la conferma della proroga a Radio radicale. L'indomani potevano mandarlo al Presidente della Repubblica, perché sappiamo che Monorchio e gli altri in poche ore potevano trovare il denaro.
Ciò è stato detto in Consiglio dei ministri, il quale ne ha discusso; dopodiché è scomparso il partito dell'articolo 14, della RAI-TV, il partito che ha sempre creato la «zeppetta», ma che poi non è mai uscito allo scoperto, nemmeno nei propri gruppi, nemmeno nei propri partiti. Quel partito, a questo punto, fa scomparire... I ministri non se ne accorgono, il Presidente del Consiglio ha altro di cui occuparsi e si ricomincia con lo sciopero della fame. L'unica persona nelle istituzioni che mostra di accorgersi della cosa è il presidente della Commissione di vigilanza. Si dice in giro dappertutto che il Presidente della Repubblica per motivi ignobili sta bloccando la cosa a tal punto da provocare l'iniziativa della Segreteria generale del Presidente della Repubblica, senza richiesta da parte di nessuno: «Il Presidente della Repubblica il giorno 28 a mezzogiorno ha ricevuto il disegno di legge e dopo tre ore - considerato che vi erano altre cose documentate da fare - lo ha preso e lo ha ridato con fretta...»
Hanno addirittura depositato il DDL al Senato l'ultimo minuto utile (fatto senza precedenti), ma lo hanno presentato in modo così manifestamente imperfetto da non consentire al Presidente del Senato di proporre immediatamente l'assegnazione alla Commissione in sede legislativa, proprio perché vi erano delle imperfezioni: mancava la firma del Ragioniere generale, mancava la copertura.
Il disegno è chiaro. I ministri e il Consiglio dei ministri erano convinti, ma ci hanno messo tempo e hanno inserito che cosa? È questa la realtà per la quale mi aggiungerò agli altri nello sciopero della fame: l'unica cosa che viene scritta è che un solo soggetto radiofonico è eliminato e si chiama Radio radicale. Proroga a parte, si adotta il regime della gara e l'unico che non può parteciparvi è Radio radicale, perché non esistono soggetti radiofonici di partito tranne Radio radicale, per cui viene detto che non può partecipare.
Questa è l'operazione. Quindi, quando Rita Berardini e altri trecento fanno lo sciopero, difendono anche il Consiglio dei ministri, difendono anche l'ordine del giorno della Camera dei deputati e - ora veniamo ad altro - difendono la decisione della Commissione di vigilanza e quindi difendiamo noi la Commissione di vigilanza. Ciò è costoso, perché noi documentiamo che è assolutamente falso che vi sia stata anche una parziale... Che significa? Si adempie o non si adempie; si ottempera
Cominciamo, quindi, col dire che c'è una lunga istigazione a delinquere della RAI-TV. L'ho denunciata per vent'anni e i partiti l'hanno imposta e rappresentata per venticinque anni attraverso questa Commissione. È indubbio che qualcosa attualmente è accaduto di nuovo, magari per il fatto che vi è un presidente che assume le responsabilità che ritiene di dover assumere. Io non posso certo ignorarlo, così come non ignoriamo che questa mattina, a parte il relatore, non vi è un solo altro membro ad assistere il presidente, non un solo deputato o senatore in questa preannunciata audizione. Per noi questa è una considerazione da fare.
Intanto c'è stato un piccolo giochetto sulle date: 3 febbraio, 30 gennaio, cose che non meritano polemiche. Abbiamo delle date e se si cita qualcosa che va dal 1o novembre al 31 dicembre e la vostra delibera è successiva al 1o novembre vi è l'obbligo di adempimento, secondo i termini richiesti. Voi avevate detto alla RAI di fare subito le cose, ma poi la RAI ha chiesto: «Fatemele fare fino al 31 dicembre» e voi lo avete consentito. Dopodiché uno prende dal 19 novembre: no, si piglia dal 1o novembre e dal 1o al 19 novembre c'è stato anche qualche spazietto obbligato per noi relativo alle elezioni amministrative. Quindi, si prevedono ventuno giorni che non c'entrano, più tutto gennaio mentre noi facevamo lo sciopero della fame dicendo: non ottemperate alle indicazioni della Commissione. Allora credo che il presidente chiedeva conto. Vogliamo considerare che queste sono cose fatte dalla RAI-TV in totale flagrante inottemperanza, fino al 31 dicembre, di quanto richiesto dalla Commissione di vigilanza, al punto che già dieci giorni dopo alcuni vostri colleghi che non vedo, il vicepresidente Paissan e il senatore Semenzato, dicevano: «Stiamo attenti, abbiamo detto una cosa molto grave e la RAI la deve ottemperare. Pannella non ha fatto lo sciopero della sete - lo ha dichiarato - in omaggio al nostro impegno, alle nostre decisioni». Dieci giorni dopo sembrava quasi che il presidente Storace stesse dormendo; ciò suonava un po' come critica alla sua pigrizia.
Mi dispiace rivolgermi indirettamente a degli assenti, ma non sono colpevole almeno di quest'assenza.
Allora, di che cosa stiamo discutendo? Ma il problema vero è che in quello 0,47 Falomi e 0,53 Pannella c'è distruzione dell'immagine e non notizia, non informazione. Quando 17 volte su 32 Pannella ha protestato contro la RAI («Pannella digiuna» e via dicendo) questa è una distorsione del dibattito, in assenza della spiegazione del contenzioso, costantemente.
In un paese fascista lei crede che le cose siano meno gravi? Lì almeno c'è il divieto legale. Qui appare non la «tesi di»; appare che il dissidente ha dato un nuovo segno di follia ed è stato di nuovo
Qual era l'anomalia italiana? Ma qual era l'anomalia politica? È che un partito trovava nelle sue ragioni, nella sua vita la ragione di avere una radio che fosse la radio fascista, comunista, Parlamento... Questa anomalia è insopportabile, è vero, è l'unica, è vietata. Il fatto che 39 o 38 membri della Commissione questa mattina siano impegnati altrove piuttosto che qui dimostra che questa è divenuta ormai una cosa vieta, perché è vietata. Allora la notizia della messa a morte della legalità del Consiglio dei ministri, delle leggi vigenti, cioè degli ordini del giorno della Camera e del Senato, e della delibera della Commissione di vigilanza... funziona il mandato alla RAI-TV; non siete fuori legalità, vero senatore? A metà. È un po' esagerato dire, ma a metà.
Poi viene fuori che non c'è un solo tema politico di attualità sul quale in questi tre mesi - molto più perfettamente che negli anni trenta, dove la legalità aiutava l'EIAR - siamo stati sentiti una volta. La politica internazionale: noi siamo dei gandhiani, parrebbe che non facciamo finta. Noi siamo interventisti, scandalosamente interventisti, per quel che riguarda l'America e l'Iraq; sarà la notizia di un uomo che morde un cane. Sono otto giorni che lo diciamo; c'è Manconi, Bertinotti fino all'una e Gianni Riotta dall'altra parte (altro noto americano). Ma noi la nozione scandalosa di un traditore delinquente gandhiano che si schiera con i guerrafondai americani... Negli anni cinquanta almeno eravamo attaccati, denigrati. Adesso la cosa è semplice: non esistiamo. Non esistiamo per le riforme istituzionali; il dibattito c'è, qualche interesse l'abbiamo. Abbiamo depositato 43 richieste di referendum; non rivendico nessun obbligo. Però inserito nel dibattito sulle leggi elettorali, qualcosa mi pare che abbia significato.
Noi siamo già morti e sepolti per la politica a cui è serbata libertà, libertà di esistere. A fronte di 140 prese di posizione politiche nel periodo dato, su nessuna è stata data informazione. Prendo atto che il relatore ritiene che tutto questo sia una spiacevole non ottemperanza. Per me - sono molto chiaro - questo è il mandato a delinquere che viene consegnato alla RAI-TV, perché continua e persiste. Questo significa che c'è il dovere di eliminarci e che si vada avanti, perché dare valore di notizia alle non notizie, dare valore di adempimento alle esigenze di legge della Commissione, a quello che è stato fatto, vuol dire legittimare e proclamare che è doveroso per la RAI-TV ottemperare a quello che voi volete e negare totalmente al paese il diritto di sapere, come nel 1940 non si doveva sapere e c'era qualcuno che diceva che se c'era la guerra era la fine. Allora li mettevano in campo di concentramento. Qui non ce n'è più bisogno, perché anzi passa, deve passare la notizia che i
La ringrazio, presidente. Avrei una marea di dati che suffragano tutto questo, fin quando non si chiuderà anche il centro d'ascolto, presidente. Ormai la cosa è in marcia e devo dire a Massimo D'Alema che ci stia attento. Ho l'impressione che o aumenta, e non lo credo, o altrimenti anche lui è passato; le esigenze della rivoluzione sono maggiori e un po' più radicali rispetto al diritto e alla libertà.
Credo tuttavia che si debba esprimere una considerazione politica. Francamente non ritengo che siamo di fronte ad una sorta di complotto del Governo, o comunque di qualcuno, per svuotare atti di indirizzo del Parlamento ai danni di Radio radicale. Al contrario, credo che il Governo, con il disegno di legge presentato al Parlamento, abbia adempiuto a quegli atti di indirizzo che sono stati proposti. Atti di indirizzo che sono stati accolti dal Governo nella forma di ordini del giorno di Camera e Senato e nei quali venivano sottolineati due elementi importanti: da un lato, l'esigenza di non interrompere questo tipo di servizio (ed anch'io mi associo al giudizio secondo il quale esso è stato reso con qualità e correttezza complessiva da parte di Radio radicale), quindi di garantire la continuità del servizio; nel contempo, come recita l'ordine del giorno approvato dalla Camera, ma anche quello approvato dal Senato, individuare le vie economicamente meno onerose per la realizzazione di tali obiettivi, prima fra tutte quella del ricorso ad una convenzione con un concessionario radiofonico, incluso quello pubblico, da scegliersi a seguito di modalità aperte e trasparenti.
Mi pare che, dal punto di vista degli obiettivi che questo ordine del giorno si poneva, il Governo abbia dato corso a ciò con il disegno di legge all'attenzione del Parlamento. Non posso quindi condividere i giudizi espressi sul modo in cui il Governo ha operato in questa situazione. A me sembra, appunto, un modo rispettoso dell'atto di indirizzo approvato dal Parlamento.
Tra l'altro, qui è sorta la questione (su cui la Commissione di vigilanza è competente) se anche in presenza di questo disegno di legge, con la famosa sospensione dell'efficacia dell'articolo 14 del contratto di servizio, la RAI potesse o non potesse attivare, come ha fatto, la rete GR Parlamento. Nel corso di un'audizione del ministro Maccanico presso l'VIII Commissione del Senato è stato posto il quesito se fosse compatibile con la richiesta della sospensione dell'articolo 14 il fatto che da qui alla gara fosse possibile per la RAI espletare comunque il servizio; in sostanza, se fosse possibile una condizione di espletamento del servizio, da qui alla gara, contemporaneamente da parte della RAI e di Radio radicale. Il ministro (è a verbale dell'VIII Commissione del Senato) ha
Comunque, considerato che anche nell'ordine del giorno non è che si dicesse che la RAI era esclusa per principio, perché spaventarsi del fatto che vi sia una fase in cui...
Nel merito del disegno di legge sono pronto, nella sede dell'ottava Commissione del Senato, ad una discussione approfondita anche con gli esponenti della lista Pannella e con i rappresentanti di Radio radicale, perché credo che sia sempre utile questo tipo di approfondimento.
Passo alle questioni di più diretta competenza della Commissione, perché credo che sulle stesse si debba dire qualcosa. Anzitutto, su quella da me proposta in merito al giudizio da dare sul modo in cui la RAI ha ottemperato o meno alla risoluzione della Commissione di vigilanza del 18 novembre scorso.
Non ho mai avuto difficoltà a riconoscere che temi, problemi e questioni di grandissima rilevanza, sollevati dal movimento dei club Pannella e dal suo leader, non hanno trovato ascolto all'interno del servizio pubblico radiotelevisivo. Quindi, vi era il problema di recuperare questa situazione di assenza di ascolto su determinati temi e questioni. Riconosco che, nel corso della storia dei tanti anni trascorsi, il movimento dei club Pannella con la sua iniziativa politica ha proposto all'attenzione del paese, attraverso iniziative referendarie, temi di grandissimo rilievo e di enorme importanza. Rispetto profondamente anche il modo in cui il movimento combatte la sua battaglia, che, come veniva ricordato, oltre tutto è costosa, non facile. Ciò detto non posso, però, non riprendere il ragionamento che ho fatto nella mia relazione. Dico questo perché non condivido affatto le valutazioni sull'analisi dei dati che qui sono stati proposti, in particolare dall'onorevole Pannella. Da quest'analisi, infatti, ricavo il giudizio che ho espresso nella mia relazione, cioè di attuazione parziale della delibera della Commissione di vigilanza, che proponeva, su determinati temi, l'attivazione di confronti e dibattiti, senza esprimere valutazioni sul modo complessivo in cui la comunicazione politica trattava la lista Pannella; se si legge con attenzione quella risoluzione, si capisce che partiva dal riconoscimento che su determinati temi e questioni vi era, effettivamente, un silenzio che non poteva essere accettato.
Rispetto ai dati che ho citato mi viene rimproverato di riferirmi a un periodo di tre mesi. Ricordo, allora, che questo è il criterio che abbiamo stabilito, in un indirizzo della Commissione di vigilanza, per valutare, su un periodo né troppo lungo né troppo breve, come la RAI affronti la comunicazione politica in rapporto alle persone, ai leader politici e ai soggetti politici. Quindi, l'aver adoperato quel criterio era un modo per...
Evidentemente, poi, la valutazione della rilevanza giornalistica di una notizia è rimessa ai direttori dei telegiornali, alla loro autonomia professionale. Guardando i dati pubblici e i dati privati, osservo anche come, in realtà, vi sia una certa sintonia tra gli stessi, il che testimonia...
Si potrebbe anche discutere sulla base dei dati dell'Osservatorio di Pavia, che fornisce non soltanto elementi di quantità ma anche elementi di qualità, sia pure con indicatori e parametri che possono essere un po' meccanici, circa l'atteggiamento favorevole o sfavorevole riservato, nella comunicazione politica, a questa o a quella formazione. Ebbene, anche da quei dati, non mi sembra di ricavare quel giudizio di distruzione dell'immagine che qui ha dato l'onorevole Pannella, al quale voglio inoltre ricordare, a proposito dei telegiornali, che nella mia relazione ho evidenziato che vi è stato un periodo in cui vi è stata assenza di comunicazione politica sulla lista Pannella. Ripeto, questo l'ho indicato nella mia relazione, per cui si tratta di un aspetto che non ho nascosto.
Nel periodo che va dal 28 novembre al 5 dicembre la comunicazione politica diretta - non l'attenzione - è stata zero, così come lo è stata nel periodo dal 6 al 12 dicembre. Però, dal 13 dicembre al 31 dicembre e al 16 gennaio non possiamo dire che sia avvenuto lo stesso. Infatti, i dati che ci sono stati forniti dall'Osservatorio di Pavia dimostrano che nel periodo che va dal 13 dicembre al 19 dicembre la presenza diretta della lista Pannella nei telegiornali è stata del 12,6 per cento...
Francamente, quindi, da questa situazione non mi sento di condividere il giudizio che ne ricava l'onorevole Pannella. La stessa cosa la vediamo se guardiamo l'insieme della comunicazione politica. Ribadisco, pertanto, il ragionamento che è
Queste erano le considerazioni che mi premeva svolgere per ciò che riguarda la mia relazione.
Vorrei entrare nel merito delle questioni sollevate dall'onorevole Vigevano sul disegno di legge, ma mi riservo di farlo òquando, come mi auguro, questa stessa audizione si svolgerà presso la VIII Commissione del Senato.
In un'audizione bisognerebbe porre delle questioni ai soggetti che si ascoltano, per cui mi ero preparato una lunga lista di domande. Seguirò, invece, il percorso intrapreso dal relatore, per cui rinuncio a porle per svolgere anch'io delle considerazioni prima di dare la parola per la replica ai nostri ospiti.
Anzitutto vorrei dire, senatore Falomi, che non è vero che la delibera della Commissione di vigilanza parla solo dei temi, anche se importanti. Se così fosse, in premessa non avremmo scritto: «Visti i dati relativi alla comunicazione politica elaborati dall'Osservatorio di Pavia (...)», perché con i temi i dati non c'entrano nulla, anche se sono pertinenti al problema della presenza della lista Pannella. Né avremmo scritto quanto segue nella premessa dell'atto adottato dalla Commissione: «Ribadito l'atto di indirizzo approvato il 13 febbraio 1997, che prevede, in caso di costanti disequilibri non giustificati da oggettive esigenze informative, l'intervento della direzione generale, può richiedere alla testata interessata la correzione della linea informativa». Anche questo non riguarda i temi.
Non possiamo ignorare la realtà delle questioni e non possiamo nemmeno ignorare - mi scuso se lo ribadisco, ma è necessario - che la lista Pannella, anche in questi tre mesi, non è stata considerata soggetto politico. Io non conoscevo la presa di posizione interventista qui ricordata e richiamata dall'onorevole Pannella e se non la conosco io, che, bene o male, sono un addetto ai lavori, mi riesce difficile immaginare che la conosca il cittadino comune. È o no un diritto dei cittadini sapere chi è a favore o contro la guerra, per intenderci (lo dico in maniera brutale)?
Io le ho dato atto, relatore, di non aver preso per buona la lettera dell'ex presidente della RAI Siciliano alla Commissione, lettera con la quale ricordava le trasmissioni con le quali la RAI avrebbe fatto il suo dovere; infatti, lei non ha richiamato alcune delle trasmissioni improvvidamente citate, come quella da San Patrignano o quella per la giornata mondiale dei diritti umani, citate da Siciliano a sostegno della tesi di aver compiuto il proprio dovere. Non era vero, tant'è che neanche lei le ha ricordate ed io gliene ho dato atto.
Ci sarebbero delle domande da porre sulle questioni sollevate a proposito di Radio radicale e vorrei intervenire anche sul merito del disegno di legge. Mentre parlava l'onorevole Vigevano, ho riflettuto sull'opportunità di invitarlo a restare in tema o di consentirgli di continuare la sua esposizione; poi ho deciso di farlo continuare, e me ne assumo la responsabilità, perché non sapevo della sua iniziativa, che la ringrazio di aver annunciato in questa sede. Comunque, invierò il resoconto stenografico dell'odierna audizione al presidente Petruccioli, affinché metta la Commissione lavori pubblici del Senato in condizione di sapere prima di deliberare ed anche per accelerare i lavori, poiché non so quanto tempo potrebbe passare prima che un'audizione in quella sede sia posta in calendario.
Però, mi preme soprattutto fare una considerazione fondamentale. Lei ha posto la questione centrale del che cosa faccia notizia, riferendosi a RAI, Mediaset e via dicendo. È vero che si tratta di una questione centrale, ma essa a sua volta ne introduce un'altra: quella della libertà di fare giornalismo nel nostro paese. Perché non è vero che, se tutti danno poco, quel poco non fa notizia. Ieri - non ricordo se era presente - ci siamo appassionati ad una lettera, di cui ho dato notizia, della Corte dei conti, la quale sostiene che la RAI si sottrae - mi esprimo anche in questo caso in maniera un po' brutale - al controllo della normativa italiana e comunitaria in materia di appalti. È una notizia da prima pagina, ma provi a cercare sulle prime pagine di oggi, nel paese che ha vissuto Tangentopoli, che è uscito da Tangentopoli e, magari, per qualcuno ci sta ancora, questa notizia.
Allora, oltre ad auspicare che l'odierna audizione abbia vasta eco sui giornali, spero che la risoluzione alla quale si arriverà registri assoluta insoddisfazione sul trattamento riservato alla lista Pannella. Ci si potrebbe spingere anche oltre, ma mi limito a sperare che registri almeno assoluta insoddisfazione ed indichi un percorso che si allinei agli ordini del giorno approvati per quanto ri8guarda Radio radicale. Dobbiamo rivolgere un invito, un suggerimento agli altri organi del Parlamento e continuare a fare il nostro dovere, così come abbiamo fatto fino ad ora. Chiedo al senatore Falomi di farci pervenire la proposta di risoluzione entro le 17 di lunedì prossimo e preannuncio sin d'ora che martedì, al termine dell'audizione del consiglio d'amministrazione della RAI, convocherò l'ufficio di presidenza per calendarizzare la discussione sulla risoluzione Falomi.
La parola all'onorevole Pannella.
Ma, ma, ma, certo, questi che stanno facendo lo sciopero della fame - lo ripeto - lo hanno fatto: sono stati gli unici che hanno costretto qualcuno a prendere atto che il Presidente del Consiglio ed il Governo erano per il regime di gara e di convenzione, mentre passava l'articolo 14, che è la negazione della convenzione. E quando si parla di sospensione dell'attuazione dell'articolo 14 fino al 31 dicembre, siccome quest'articolo toglie le caratteristiche della gara e della convenzione ed assegna al servizio pubblico, senza regole, il servizio.. La convenzione ha dei capitolati, ha dei canoni - si deve dare almeno il 60 o il 70 per cento; mezz'ora prima,
Lo so che, oggi, voi siete sostenitori accaniti della sostanza del comportamento storico del servizio pubblico, antidemocratico ed illegittimo, poiché avete una cultura politica che è legittima, è la cultura politica machiavellica e basta: quello che serve al partito e alle sue idee, quello è buono. Faceva parte della cultura giacobina anche interna al mio mondo, per carità! Ma qui non si scherza più.
Io spero che la Commissione acquisisca i dati che lei cita, perché non li abbiamo; ma quei dati, per noi, sono sicuramente - per dirlo eufemisticamente - sbagliati, perché sappiamo, ad esempio, che negli otto giorni da lei evocati non c'è stato un solo intervento in voce da parte nostra. Andremo a vedere, controlleremo, ma non c'è.
Comunque il problema è un altro, è già nel linguaggio, nel ritmo. Un mese di cancellazione di una forza politica è un mese, un anno è un anno, dieci anni sono dieci anni e arriva un punto nel quale la cancellazione è avvenuta. E quando, dopo tanti anni, perché così è stata trattata la cosa, qualcuno parla di «insoddisfacente comportamento» ...forse, il termine può essere un po' meno appartenente alla psicologia... Ma, vedete, il senatore Falomi dice «ascolto inadeguato, insufficiente da parte...»: no, loro ascoltano e ascoltano tanto bene da impedire l'ascolto al paese.
Nemmeno per negarle lei usa le parole «censura» o «ostracismo», nemmeno per negarle. Ma in tutto il mondo politico e in tutte le culture politiche quando si opera il non ascolto, secondo il linguaggio di una forza politica, è censura: punto e basta. Se dura di più, è ostracismo: punto e basta. Quando queste parole non si scomodano per mantenerne delle altre sul piano dell'eleganza - «non sono molto bravi, non fanno zelo nell'udirci» - è killeraggio, di fatto, da parte loro, nel senso che il mandato che gli date è di continuare pur tranquilli, di essere un po' più astuti nel fare le cose.
Quando viene detto dal relatore che su tutti i temi di attualità politica - tutti - e poi su quelli delle istituzioni e su quelli economici e internazionali... cosa resta d'altro? Noi interveniamo sui temi economici (impresa, lavoro, liberalismo, golden share e quant'altro): zero, zero. Sui temi istituzionali (siamo caratterizzati da questo nella nostra vita politica: legge elettorale): zero, zero.
Ma soprattutto, è tollerabile vivere in un paese in cui dinanzi al fatto che due ex presidenti della Repubblica, i vostri massimi pontefici, Bobbio, Agnelli scendono in campo, che a loro sussidio si aggiungono otto dei Presidenti emeriti della Corte costituzionale - rispetto a sette dei quali abbiamo fatto accuse da vilipendio costante, e le confermiamo - 553 vostri colleghi che nella stragrande maggioranza sono veramente delle persone e firmano perché sono delle persone, perché per altro verso non condividono nulla della mia posizione
Allora, che significato vuole che abbiano le notizie che noi stiamo scioperando sulla delibera del Consiglio dei ministri, su cui non si è fatto neanche un dibattito. La delibera del Consiglio dei ministri stabilisce la fine dell'articolo 14 e dell'articolo 24 della legge Mammì. Mi pare chiaro, senatore: il regime della convenzione della gara è il seppellimento definitivo dell'articolo 24 della Mammì e dell'articolo 14 del contratto di servizio; è incompatibile!
Se dovessimo parlare d'altro, Dio santo, c'è Radio radicale, Radio Parlamento. La RAI, dicendo che è un guaio perché non ha le frequenze e il know how, non ha tentato di prendersi nemmeno un redattore da Radio radicale. L'unica cosa che ha comunicato, senza nostra richiesta, è che se facciamo un accordo l'unica cosa esclusa è l'assunzione di qualcuno di Radio radicale. Vogliamo andare a vedere quanti sono gli ex de l'Unità, Paese Sera, L'Ora, Il Popolo e via dicendo? Quanti sono di Radio Radicale o di qualsiasi giornale radicale (non uno)? Questi sono toni di eleganza, e non esiste una messa a morte? Non è in corso un duminaggio (da Dumini, del periodo di Matteotti)? Siamo fanatici, se dico che mi devo accomiatare, non volendo? Come quando si va e si accetta di andare al fronte, nemmeno da volontario, su una cosa rispetto alla quale è quasi impossibile farcela perché te lo dicono gli esperti (non importa se esperti di medicina invece di esperti militari).
Una cosa sia chiara: io che ho denunciato l'inaccettabilità del ricatto dello sciopero della fame da parte di chi pretende a suo favore..., uno sciopero della fame sul quale si cade perché si pretende l'adempimento della legalità... l'assassinio c'è, oltre ad essere assassinio di legalità. Visto che poche sono le cose a memoria futura, gli assassinii degli antifascisti tra il 1923 e il 1925 (Matteotti e via dicendo), per trent'anni nessuno sapeva che c'erano; poi si è saputo, i loro figli, perlomeno, l'hanno saputo. Penso agli altri trecento, che saranno probabilmente cinquecento stasera o domani.
Allora, contesto i dati che vengono forniti. Non contesto, presidente, il criterio dei tre mesi; ho detto che se i tre mesi debbono essere assunti nel contesto di questo problema, è evidente che il termine a quo deve essere il 21 novembre e non il 1o novembre; se non se ne dispone, si fa un piccolo lavoretto, si depennano i diciannove giorni arbitrariamente messi. Se poi si viene a dire che in quei sette giorni in realtà sei andato in televisione perché si è detto che tu sei stato ricoverato in manicomio o ormai sei vecchio, morto e distrutto, anche questo va messo.
Allora, che cosa mi si propone? Un Porta a porta che viene registrato giovedì 8 gennaio per andare in onda lunedì 19 gennaio; intanto undici giorni, poi nel frattempo Galli Fonseca, tutto quanto avviene. Però, siccome è Pannella - lui ce l'ha per dogma - non va mai in diretta; undici giorni vanno meglio.
Gli rispondo che a queste condizioni non vengo, siamo tre e due, a parlare di che? Di droga? No, di tossicodipendenza, perché Muccioli viene a questo titolo e noi abbiamo detto che c'è il problema dell'ordine pubblico, il problema economico, legislativo... Nei settanta minuti - sono sessanta, tolta la sigla - sono compresi cinque collegamenti liberi. Sappiamo come avvengono. Sua sponte il conduttore ti interrompe, dice «Un momento, adesso vediamo lì». Quattro su cinque interruzioni sono di contrari, mentre siete già tre su due in studio; e il tema in realtà non è la droga ma la tossicodipendenza; si parla della liberalizzazione, contro la quale io notoriamente sono, e non della legalizzazione. Con questi presupposti, significa che mentre stai parlando il conduttore dice: «Cardinale, eminenza...». Poi, se la cosa si accalora, si sdrammatizza un po'.
Quando scrivo di non accettare, non mi si dice: «Allora, facciamo invece di tre e due, due e due; invece di cinque o sei collegamenti, ne facciamo tre, parliamone; invece di liberalizzazione parliamo di legalizzazione e comunque tratteremo anche un momento dell'aspetto giuridico» (perché questo ha detto la Commissione di integrare).
Sulla droga in Italia c'è sempre stato un numero enorme di dibattiti. Sulla fattispecie non è l'articolo 14 che ha importanza; venendo dopo la vostra delibera, bisognava far meglio comprendere che cosa abbiamo fatto in questi vent'anni. Bisognava farci parlare, così come si fa all'estero: quattro giornalisti che ti spellano, ma intervieni sulla tua posizione (un giornalista sa farlo meglio di un altro politico, del quale si sa che...).
Dopo di che, che cosa succede negli ultimi quindici giorni? Una notizia clamorosa: il Consiglio dei ministri stabilisce di dare ragione alla Camera e al Senato. La contraddizione di un articolo 14 di un
Allora, lei mi dia atto che se al suo partito, quale esso fosse, non venisse attribuito - attenzione - un secondo di politica economica... Attenzione: di politica economica. Su Telecom, sulle altre cose, noi siamo molto presenti, molto attivi, abbiamo detto la nostra, abbiamo organizzato a suo tempo i referendum sulle golden share e sul resto. Nulla sulla nostra politica internazionale, siamo per altro verso l'unico partito transnazionale, abbiamo il convegno; la politica estera italiana sui tribunali internazionali ed altro risente della nostra pressione politica; rappresentiamo su alcuni temi internazionali un momento
, abbiamo facilitato sulla pena di morte un momento di unità di tutto lo schieramento politico, armandolo un po' della forza dei militanti (prestando questo). Zero, zero, zero. Questa non è censura? Questa non è violazione di legge?
Lei crede che durante il fascismo tutti dicevano «bravo, bravo»? Bastava leggere Bottai, ma anche Farinacci; un po' di critiche, di insoddisfazioni, sì che erano espresse! Ma, nel momento in cui il tono è questo, nessuna drammaticità. Sì, si riconosce. Si riconosce cosa? Che ci ammazzano?
La non notizia: Pannella farà lo sciopero della fame da dopodomani. È una non notizia; se non hai fatto nessun dibattito sulla situazione legislativa, se insomma... Cossiga deve sapere, i Presidenti della Repubblica, la maggioranza assoluta dei parlamentari... Ecco come si spiegano le assenze in questa sede! Adesso si sa che, quando si prende posizione su qualcosa che ci riguarda, se è contro un po' viene fuori, se è a favore si viene censurati. Lo sa Cossiga, lo sa Leone, lo sa Bobbio, lo sa Agnelli, lo sanno gli altri.
Quella sera le reti dovevano farsi concorrenza per sentire come mai su una fesseria si muovono tutti. È ignoto, non si sa! Quando si dice «pressioni», quella era la pressione! La mattina si trovano, non grazie all'informazione pubblica, che non c'è stata, una pagina a pagamento sul Corriere della Sera in cui c'è l'elenco (Cossiga, Leone...); sul tavolo del Consiglio dei ministri viene quello, il «partito della congiura»; il partito di potere - il potere che esprime lei, senatore Falomi, e Vita - decide la messa a morte. Poi dopo si discute: questi devono essere messi a morte, non ci stanno più. Sì, va bene: è spiacevole; però, sa, se bevono un bicchiere, si è detto che lo bevono. Che poi politica internazionale, politica interna, politica della difesa, politica economica, politica legislativa (i referendum): zero... È sciolto: quello è un decreto di scioglimento, che lei conferma.
Mi auguro che la Commissione si chieda in termini istituzionali se quello che è detto a tavola con i parenti o con gli amici (è uno schifo, no, va bene, è soddisfacente, non lo è), è possibile, o se non si tratti di stabilire se c'è il persistere e l'aggravarsi dell'ostracismo. Confermiamo i nostri dati e ve ne daremo degli altri. Nel periodo da lei indicato è addirittura dimezzato l'azzeramento: si passa dallo 0,99 del semestre precedente (o 0,84) allo 0,47, ma è uno 0,47 che include il «poveretto sta male, ha avuto un colpo alla testa e un colpo al cuore».
Certo, ora nelle statistiche verrà fuori che nei tre giorni in cui la commissaria europea Bonino è stata lì (cosa che rappresentava uno scoop mondiale, perché non era mai successo prima) siamo stati presenti per l'1,5 per cento. Poi chi le dirà che, come lei può constatare, chi ha visto il TG1 per un giorno e mezzo ha visto la faccia della Bonino, ma non il cartello che portava perché altrimenti non era solo protesta? Gli operatori, quando vengono da noi, sanno ormai come devono riprendere.
Per quanto mi riguarda, presidente, deciderò circa il raggiungere i miei compagni e le mie compagne in quest'estrema difesa della legalità e di darle corpo, non appena voi, come Commissione, avrete adottato - spero martedì o mercoledì - una decisione. Chiederò poi ufficialmente, visto che siamo in regime partitocratico, in cui la latitudine del Parlamento non è quella
La Commissione è convocata per martedì prossimo con all'ordine del giorno l'audizione del consiglio d'amministrazione della RAI.