PROGETTO DI LEGGE - N. 5034




        Onorevoli Colleghi! - L'introduzione nel nostro ordinamento dell'istituto del contratto di area costituisce una delle più significative novità per quanto concerne gli interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico e la creazione di nuova occupazione nelle aree economicamente svantaggiate.
        Il contratto d'area è stato istituito con le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 203 e 209, della legge n. 662 del 1996 (collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1997), nell'ambito di un ampio riordino degli strumenti di contrattazione programmata. Ai sensi della lettera f) del citato comma 203 dell'articolo 2, il contratto d'area è lo strumento operativo, concordato tra le amministrazioni, ivi comprese quelle locali, le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati, per la realizzazione di azioni dirette alle finalità cui si è fatto riferimento in precedenza. In sostanza, mediante il ricorso al contratto d'area si dovrebbe in primo luogo "velocizzare" le procedure connesse alla realizzazione di interventi di carattere produttivo. Ciò vale, in particolare, per le procedure relative alla individuazione e alla disponibilità di aree attrezzate per gli insediamenti produttivi. Più in generale, trattandosi di un accordo di programma-quadro, il contratto d'area consente di ridurre gli adempimenti connessi all'adozione dei progetti e ai tempi della loro realizzazione. Infatti, i contratti, così come gli atti convenzionali ad essi conseguenti, hanno valore di atti conclusivi di conferenze di servizi o di accordi di programma, comportano la modificazione di strumenti urbanistici e possono derogare alle procedure ordinarie anche per quanto concerne i controlli da effettuare. In altri termini, il coinvolgimento dei diversi soggetti interessati permette di superare gli ostacoli e le difficoltà cui altrimenti si dovrebbe far fronte per l'attivazione dei nuovi investimenti.
        La medesima legge n. 662 del 1996, peraltro, rimette al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) la determinazione delle risorse da riservare ai contratti d'area, avvalendosi delle disponibilità finanziarie relative agli interventi per lo sviluppo delle aree depresse.
        Per quanto concerne l'attuazione delle citate disposizioni, alla data del 15 giugno 1998, risultavano sottoscritti sette contratti d'area, riguardanti, rispettivamente, i comuni di Crotone, Manfredonia, Torre del Greco-Castellammare, Sassari-Alghero-Porto Torres, Ottana, Gela e Terni-Narni-Spoleto. Ciascuno dei contratti d'area richiamati individua, conformemente alle disposizioni di legge, oltre che un responsabile unico, appartenente alla pubblica amministrazione, e molto spesso all'ente locale, una società di promozione, e coinvolge diverse iniziative per un ammontare di investimenti che varia dai circa 19 miliardi di lire del contratto d'area di Gela agli 87 miliardi di lire del contratto d'area relativo al territorio torrese-stabiese. A fronte dell'entità complessiva degli investimenti è prevista l'erogazione di contributi a carico della finanza pubblica per un ammontare che oscilla tra i circa 11 miliardi di lire riferiti al contratto d'area di Terni-Narni-Spoleto ai 58,8 miliardi di lire previsti per il contratto dell'area torrese-stabiese. Infine ciascuno dei contratti d'area richiamati prevede un aumento considerevole di lavoratori occupati a regime; a titolo di esempio, il contratto d'area di Manfredonia prospetta l'occupazione di 373 persone.
        Si può quindi ritenere che, sia pure con qualche incertezza nella fase iniziale, lo strumento del contratto d'area è decollato e si sta dimostrando utile per il perseguimento degli obiettivi che il legislatore aveva indicato. Tuttavia, non si possono trascurare alcuni problemi derivanti dall'attuale assetto normativo dell'istituto. In particolare, non sembra convincente la soluzione adottata dalla citata legge n. 662 del 1996 che rimette alla discrezionalità del CIPE, sia pure entro i limiti costituiti dalle risorse a disposizione, la determinazione delle agevolazioni da corrispondere per favorire la conclusione dei contratti d'area. Infatti, ciò comporta un eccessivo margine di incertezza, nonché il rischio di determinare disparità di trattamento tra soggetti che si trovino in condizioni sostanzialmente identiche. Il problema, peraltro, non è stato risolto neanche dalle disposizioni di cui all'articolo 7 della legge n. 449 del 1997, che ha previsto il riconoscimento di un credito d'imposta, commisurato agli investimenti effettuati, ai soggetti titolari di reddito di impresa partecipanti ai contratti d'area stipulati entro il 31 dicembre 1999. Al riguardo occorre precisare che non si intende mettere in discussione l'efficacia dello strumento rappresentato dal credito d'imposta a fini agevolativi; piuttosto, occorre considerare se la misura indicata, pari, al massimo, al 30 per cento del reddito imponibile, sia sufficiente a produrre i risultati sperati.
        L'entità dell'impegno finanziario richiesto agli imprenditori che promuovono la realizzazione di nuove iniziative produttive e l'obiettivo prioritario di far fronte all'emergenza occupazione, che nelle aree più svantaggiate del Paese, e in particolare nel Mezzogiorno, ha assunto dimensioni drammatiche, inducono a ritenere che un ulteriore sforzo debba essere compiuto per utilizzare al meglio la leva fiscale. Secondo un giudizio unanimemente condiviso, infatti, il regime tributario costituisce una delle variabili più importanti per l'allocazione degli investimenti. Per questo motivo, nella presente proposta di legge si prospetta una parziale riformulazione della normativa vigente in tema di contratti d'area che si riferisce specificamente al regime tributario. Si tratta, in primo luogo, di definire l'entità e le caratteristiche dell'agevolazione fiscale, fermo restando che verrebbe comunque mantenuta la competenza del CIPE per l'individuazione dell'ambito territoriale di applicazione delle misure agevolative. E' inoltre rimessa alla discrezionalità del CIPE la decisione di ridurre, per gli anni successivi al primo, l'entità dell'agevolazione fiscale, comunque entro il limite di un quinto.
        Quanto al merito, si prevede che l'agevolazione consista nell'abbattimento della metà dell'imposizione sui redditi derivanti dalle nuove iniziative produttive realizzate in base ai contratti d'area. L'agevolazione spetterebbe sia alle società che alle imprese individuali, traducendosi, nel primo caso, nella riduzione del 50 per cento dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e, nel secondo, nella riduzione nella stessa misura dei redditi di impresa da calcolare per la determinazione dei redditi complessivi ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). L'agevolazione spetterebbe per dieci periodi di imposta a decorrere da quello in corso alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, si stabilisce un ampliamento del regime agevolato già previsto dal decreto legislativo n. 446 del 1997, istitutivo dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per le nuove iniziative produttive.
        Il complesso delle disposizioni previste nella presente proposta di legge è ispirato all'obiettivo di favorire la permanenza degli investimenti, oltre che il loro avvio, onde evitare la realizzazione di iniziative che non abbiano una sufficiente credibilità e durata. Per questo motivo, è auspicabile che la presente proposta di legge sia approvata in modo da pervenire ad un assetto normativo dei contratti d'area che sia adeguato alle finalità che il legislatore intendeva perseguire con la loro istituzione e che corrisponda alle reali esigenze delle aree interessate e del sistema produttivo.




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