XIII LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 393




        Onorevoli Colleghi! - La propaganda di prodotti o servizi in commercio non aveva normativa giuridica uniforme ed unitaria sino a quando con il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74 si è provveduto a recepire nell'ordinamento italiano la direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole.
        Varie disposizioni erano disperse nel codice civile, nel codice penale e in leggi speciali. Un cenno particolare meritano le norme sulla concorrenza sleale - articolo 2598 del codice civile - che tuttora trovano notevole applicazione nel settore pubblicitario. Nell'ambito dell'applicazione di tale articolo la giurisprudenza ha ritenuto illecita la pubblicità comparativa, in quanto essa si risolverebbe in un implicito discredito del prodotto del concorrente. Per "pubblicità comparativa" tradizionalmente si intende quel particolare tipo di pubblicità commerciale nella quale al prodotto pubblicizzato vengono confrontati uno o più prodotti concorrenti, al fine di far risaltare la superiorità o la maggior convenienza dell'uno rispetto agli altri. Si avrà pubblicità comparativa diretta quando il confronto è effettuato con un concorrente nominato o identificabile in modo non equivoco, mentre si avrà pubblicità comparativa indiretta quando il confronto è con tutti i prodotti di un determinato settore.
        Da più parti si è però cominciato a considerare il divieto di fare pubblicità comparativa come una limitazione che appartiene ad una logica imprenditoriale di tipo protezionistico ormai superata. Un sistema economico fondato sul libero mercato deve consentire all'imprenditore di organizzare la propria attività e di utilizzare le varie forme di pubblicità come ritiene più opportuno. Del resto la comparazione è frutto del naturale meccanismo di confronto di esperienze e di dati di cui ogni persona è normalmente dotata. Quando, relativamente ad un settore, non si abbiano specifiche conoscenze sufficientemente approfondite, pare utile se non inevitabile il ricorso ad una guida esterna. Tale guida esterna potrà ben essere una corretta pubblicità comparativa che offrirà utili informazioni al consumatore.
        La pubblicità comparativa, oltre che prezioso strumento di informazione per il consumatore, potrà altresì essere di stimolo per le imprese che saranno indotte ad offrire prodotti e servizi maggiormente competitivi sia nella qualità che nel prezzo. Tale strumento potrà anche venire utilizzato per irrompere in un nuovo mercato o punzecchiare "un gigante" ben consolidato nell'immaginario collettivo ed abituato ad operare in una sorta di regime monopolistico di fatto.
        Sarà poi comunque necessario non solo tutelare il consumatore, ma anche il prodotto o i prodotti comparati e le imprese interessate. Il messaggio dovrà essere consentito solo qualora sia contemperata tale duplice esigenza. Va comunque detto che negli Stati Uniti, dove la pubblicità comparativa è totalmente libera, dove non vi è alcun obbligo di utilizzare dati verificabili ed essenziali, solo l'1 per cento di tale pubblicità dà luogo a contenziosi giudiziari.
        Posizioni diverse e variamente articolate hanno altri Paesi. Al pari di quanto avviene oggi in Italia, la pubblicità comparativa è da sempre vietata in Germania sulla base dell'elaborazione giurisprudenziale dell'articolo 1 della legge contro la concorrenza sleale del 7 giugno 1909; la giurisprudenza tedesca ha sempre considerato vietate anche le comparazioni veritiere, escludendo tuttavia dal divieto quelle illustrazioni comparative di procedimenti tecnici differenti che risultano necessarie per pubblicizzare un prodotto, purché non sia nominativamente indicato il concorrente. In Spagna, la pubblicità comparativa è considerate sleale, ma non è vietata qualora si attenga e sia riferita esclusivamente alle caratteristiche essenziali dei prodotti, servizi o attività promossi che siano oggettivamente dimostrabili. Essa è invece vietata quando faccia riferimento a prodotti, servizi o attività di terzi non assimilabili ovvero sconosciuti o che abbiano una partecipazione limitata sul mercato.
        In Danimarca, la pubblicità comparativa viene considerata con favore per il consumatore, ed è quindi consentita nel rispetto di princìpi, oltre che di correttezza di pertinenza e di lealtà. La Francia, infine, è l'unico Paese della Comunità europea ad aver adottato una specifica legge che consente e regola la pubblicità comparativa: la legge 18 gennaio 1992, n. 60, che anticipa la disciplina comunitaria, consente questo tipo di pubblicità quando sia leale, veritiera e non possa trarre in inganno il consumatore. La comparazione deve inoltre basarsi su caratteristiche essenziali, significative, verificabili, pertinenti e su dati omogenei.
        All'interno di un diffuso spirito europeista si ritiene opportuno, con la presente proposta di legge, recepire i princìpi contenuti in una proposta di direttiva comunitaria che intende, entro determinati limiti, consentire la pubblicità comparativa.
        Per "pubblicità comparativa" si intende qualsiasi pubblicità che individui in modo esplicito o implicito, a scopo di raffronto, un soggetto diverso dal committente del messaggio pubblicitario che esercita un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale o le cose o i servizi offerti da tale soggetto (articolo 2).
        La pubblicità comparativa è consentita purché non sia ingannevole, non generi rischi di confusione sul mercato, non causi ingiustificato discredito o denigrazione, non tragga indebitamente profitto dalla notorietà di altri marchi o ditte, avvenga con un prodotto già commercializzato, non si basi su opinioni o apprezzamenti. La menzione o la riproduzione nella pubblicità dei risultati delle prove comparative sarà consentita solamente quando non comporti interpretazioni diverse o distorsive rispetto agli esiti complessivi della prova comparativa riprodotta integralmente. In ogni caso, l'operatore pubblicitario si assumerà la responsabilità della prova comparativa come se questa fosse stata eseguita da lui stesso.
        Chi vorrà avvalersi dei risultati delle analisi svolte da laboratori pubblici o privati dovrà comunicarlo preventivamente all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, indicando il laboratorio in cui sono state effettuate le analisi (articolo 3).
        L'Autorità garante della concorrenza e del mercato valuterà la correttezza della pubblicità comparativa, eventualmente vietando gli atti che eccedano i limiti previsti dalla presente legge. L'operatore pubblicitario potrà essere chiamato a fornire prove sull'esattezza dei dati di fatto contenuti nella pubblicità stessa e l'Autorità potrà verificare che la prova sia effettuata in laboratori che non abbiano legami di qualsivoglia natura con l'operatore economico committente e potrà incaricare uno o più laboratori pubblici o privati di ripetere la prova. Se la pubblicità dovesse eccedere i limiti previsti, l'Autorità potrà vietare i messaggi non ancora portati a conoscenza del pubblico o la continuazione di quelli già iniziati (articolo 4). Le parti interessate potranno rivolgersi ad organismi volontari e autonomi di autodisciplina per chiedere che sia inibita la continuazione degli atti di pubblicità comparativa; le imprese potranno altresì chiedere agli organismi di autodisciplina un parere preventivo sulla esattezza e la correttezza della propria pubblicità. Tale parere potrà essere menzionato nella pubblicità, ma non sarà tuttavia vincolante per l'Autorità (articolo 5).
        Per quanto concerne l'aspetto giurisdizionale e sanzionatorio, si è ritenuto opportuno un richiamo all'impianto previsto dal legislatore per i casi di pubblicità ingannevole. Tale impianto è stato comunque modificato in alcuni punti al fine di garantire una più efficace tutela degli interessi dei consumatori e delle imprese.




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