PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE - C3013


Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge costituzionale intende codificare anche in Italia, con disciplina di rango costituzionale, il cosiddetto Statuto dell'Opposizione.
Come ricorda Sabino Cassese (Maggioranza e minoranza. Il problema della democrazia in Italia, Milano, Garzanti, 1995, p. 55 s.), «nel sistema costituzionale inglese uno Statuto dell'Opposizione si forma nel 1826, sviluppandosi poi lentamente. Nel 1937 un certo numero di membri dell'opposizione viene remunerato a carico del Tesoro. Il Leader dell'Opposizione diviene un personaggio ufficiale: è membro del Privy Council"; il martedì ed il giovedì apre le sedute parlamentari con interrogazioni al Primo ministro; ha accesso a documenti riservati; è informato e consultato in materia istituzionale, di politica estera e di difesa; ha una indennità di ammontare pari al 72 per cento di quella del Primo ministro; ha un'automobile e un autista che gli sono messi a disposizione dallo Stato. La Presidenza della House of Commons" e delle commissioni parlamentari di controllo è attribuita all'opposizione e questa dà il suo assenso al programma dei lavori parlamentari. Regole e prassi complicate disciplinano i viaggi all'estero di ministri e di membri dell'opposizione».
Il problema non si era finora posto in Italia perché il suo sistema politico poteva essere raffigurato - per usare l'immagine cara a Giovanni Sartori - dal triciclo anziché dalla bicicletta. All'eterna palude centrista si contrapponevano formazioni di sinistra e di destra, condannate all'opposizione in servizio permanente effettivo dalla conventio ad excludendum ben illustrata da Leopoldo Elia. Ora, tutto è cambiato. Le nuove leggi elettorali per la Camera dei deputati e per il Senato della Repubblica non sono integralmente maggioritarie, è vero, ma hanno imposto ai partiti di coalizzarsi in poli in gara per governare la Nazione. Così, il pluralismo polarizzato ha ceduto il passo a un sostanziale bipolarismo che non sarà perfetto e che, pur tuttavia, fa sì che il corpo elettorale determini - sia pure con una certa approssimazione - la maggioranza di governo e l'opposizione.
Non abbiamo più una proporzionale pura che si accoppia a un parlamentarismo allo sbando. Ciò nondimeno, i cittadini non sono ancora in grado di scegliersi direttamente, senza eccessive mediazioni parlamentari, chi li governerà. Tuttavia, il rafforzamento dei poteri di governo e la sua legittimazione popolare sono ancora avvertiti come un pericolo per la democrazia da una certa cultura passatista la quale, del tutto a sproposito, evoca i rischi di non ben specificate «derive plebiscitarie». Ora, è vero esattamente il contrario. Sono le democrazie imbelli - come la Storia non si stanca di insegnarci - che rappresentano il miglior concime delle dittature. Certo è che una Repubblica così come noi la concepiamo si fonda su tutto un giuoco di pesi e contrappesi. Una Repubblica la quale si sottragga al pericolo di una democrazia senza popolo, per usare espressioni care a Maurice Duverger e a Pietro Nenni, potrà prosperare solo grazie a tutta una serie di bilanciamenti. Da un lato il federalismo, che uscirà dal libro dei sogni quando esso sarà in grado di coniugarsi con un potere centrale forte e autorevole; dall'altro le prerogative parlamentari, che anche grazie allo Statuto dell'Opposizione potranno acquistare nuovo spessore.
La presente proposta di legge costituzionale fa tesoro soprattutto delle esperienze costituzionali inglese, francese e tedesca. Poiché in Italia abbiamo un bipolarismo tendenziale e non già il consolidato bipartitismo britannico, si è ritenuto opportuno tradurre il Leader dell'Opposizione d'oltre Manica, organo monocratico, nel Consiglio dell'Opposizione, organo collegiale formato dai leader delle formazioni politiche associate nella maggiore coalizione uscita sconfitta dalle elezioni politiche. L'articolo 1 stabilisce che il Presidente della Camera dei deputati è designato dal Consiglio dell'Opposizione. Difatti il leader dell'Opposizione è una figura che l'ordinamento britannico - come si diceva - conosce ormai da lungo tempo. E non a caso oggi è un'esponente dell'opposizione laburista, Betty Boothroyd, a presiedere la Camera dei Comuni. Già, ma come si concilia la designazione da parte del Consiglio dell'Opposizione con la successiva elezione ad opera dell'organo parlamentare? È chiaro che la designazione può in estrema ipotesi essere disattesa dalla Camera dei deputati. In tal caso il Consiglio dell'Opposizione fa una seconda designazione.
L'articolo 2 prevede, in analogia con l'ordinamento britannico, che il Consiglio dell'Opposizione riceve una indennità, stabilita per legge, per lo svolgimento delle sue funzioni. La figura del Leader dell'Opposizione - designato dal Consiglio dell'Opposizione - essendo speculare a quella del Presidente del Consiglio, rientra nella logica delle cose che egli nomini e revochi i ministri del «Governo ombra». Un «Governo ombra» che, ricalcato sul modello britannico, ormai è previsto in diversi ordinamenti costituzionali.
L'articolo 3 si uniforma alla legge costituzionale del 29 ottobre 1974, che modifica l'articolo 61, comma 2, della Costituzione francese del 1958. Esso stabiliva che «le leggi possono essere deferite al Consiglio costituzionale, prima della loro promulgazione, dal Presidente della Repubblica, dal Primo Ministro, dal Presidente dell'Assemblea Nazionale, dal Presidente del Senato». La legge costituzionale sopra citata ha aggiunto ai predetti soggetti 60 deputati o 60 senatori. Quali effetti ha avuto in concreto questa riforma? Tra il 1959 e il 1974 i ricorsi presentati dai soggetti legittimati sono stati appena una decina. Mentre, nel periodo immediatamente successivo alla riforma, sono saliti a dieci all'anno: sono stati 17 nel 1986 e appaiono in continua crescita. Dati recenti alla mano, Sabino Cassese ha potuto affermare che «delle 1.600 leggi votate dal Parlamento dal 1974 al 1994, 207 sono state portate al Consiglio costituzionale (ma il numero delle leggi impugnate è crescente nel tempo e, se si escludono le leggi di ratifica dei trattati internazionali ed altre leggi similari, si può dire che un numero oscillante tra un quarto e un terzo delle leggi è impugnato dall'opposizione e lo sono, di regola, i bilanci)». La nostra proposta di legge costituzionale eleva a 80 il numero dei componenti di una Camera legittimati al ricorso diretto alla Corte costituzionale onde evitare il pericolo di richieste scarsamente ponderate. Ma conferisce altresì detto potere al Consiglio dell'Opposizione. D'altra parte, il rischio di una repentina promulgazione della legge da parte del Capo dello Stato è più apparente che reale, in quanto i titolari del potere di ricorso si attiveranno immediatamente dopo la votazione finale della legge che si intende impugnare.
E veniamo agli ultimi tre articoli. L'articolo 4 ricalca l'articolo 44, comma 1, della Legge fondamentale della Repubblica federale tedesca del 23 maggio 1949, il quale stabilisce che il Bundestag ha il diritto e, su richiesta di un quarto dei suoi membri, l'obbligo di costituire una Commissione parlamentare d'inchiesta che raccolga le prove necessarie in seduta pubblica. Anche qui - oltre a 80 membri di una Camera - si è aggiunto, quale titolare della relativa richiesta, il Consiglio dell'Opposizione. Poiché le inchieste parlamentari rappresentano il capitolo più importante del sindacato ispettivo nei confronti del Governo, si è ritenuto opportuno conferire al Consiglio dell'Opposizione il potere di designare il Presidente delle Commissioni parlamentari d'inchiesta. In stretto collegamento con questo articolo, il successivo articolo 5 conferisce al Consiglio dell'Opposizione il potere di designare i presidenti delle Giunte parlamentari e delle Commissioni bicamerali. E questo in forza del principio che la presidenza delle Commissioni parlamentari di controllo spetti di norma a un rappresentante dell'opposizione. Infine l'articolo 6 non fa altro che dare dignità costituzionale a norme, prassi e convenzioni che si sono affermate ormai da lungo tempo oltre Manica, sia pure con gli adattamenti resi necessari dalla peculiarità del «caso italiano».
Nel periodo oscuro della cosiddetta «solidarietà nazionale», l'allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti affermò che l'Italia se si divide, non si divide in due ma si spacca in mille pezzi. Ora che tutto è cambiato, questa frase si può rovesciare come un guanto. Per non spaccarsi in mille pezzi, insomma per non andare in frantumi, l'Italia deve dividersi politicamente in due. Ma civilmente, non già tra guelfi e ghibellini. Questa proposta di legge costituzionale rappresenta un primo contributo in tale direzione.


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