SEDUTA DI MARTEDÌ 22 APRILE 1997
Presidenza del Presidente Giuliano URBANI.
La seduta comincia alle 10,40.
Il Comitato prosegue il dibattito sui temi riguardanti la disciplina costituzionale della magistratura.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ricorda che nella seduta del 18 aprile ha illustrato le sue osservazioni riguardo alle proposte di modifica dell'articolo 100 della Costituzione.
Riguardo all'ultimo comma dell'articolo 101 dell'ipotesi di modifica presentata dal relatore il 15 aprile scorso rileva che esso sancisce la parità fra le parti in ogni fase del procedimento giurisdizionale. Tale parità, a suo giudizio, deve essere intesa nel senso che entrambe le parti debbono essere equidistanti rispetto al giudice. Ciò comporta, da un lato, che nel testo del nuovo articolo 101 si faccia esplicita menzione della difesa e del pubblico ministero e, dall'altro, che la magistratura venga distinta in giudicante e requirente. Ove quest'ultima distinzione non venisse operata infatti non sarebbe possibile parlare di effettiva parità fra le parti del processo, poiché giudice e pubblico ministero apparterrebbero al medesimo ordine. Propone pertanto di far seguire al comma 1 del nuovo articolo 101 un ulteriore comma che reciti: "La magistratura è distinta in magistratura giudicante e magistratura requirente".
Si dichiara poi d'accordo sul principio secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge, rilevando che presenterebbe inconvenienti il riferirlo anche alla magistratura requirente. Accanto all'autonomia e all'indipendenza dei magistrati infatti vi è anche l'esigenza di individuare i responsabili della politica giudiziaria e di contrasto alla criminalità, per evitare la polverizzazione delle funzioni dei pubblici ministeri e l'eccesso di protagonismo di alcuni soggetti. Occorre pertanto prevedere che i magistrati requirenti siano soggetti alla legge ma anche alle necessarie forme di coordinamento all'interno del singolo ufficio del pubblico ministero e fra i vari uffici del pubblico ministero stesso.
Tornando all'ultimo comma dell'articolo 101 nella stesura proposta dal relatore, osserva che esso detta un principio che ha senso solo in riferimento al giudizio penale e allora tanto vale esplicitarlo. Riguardo alle garanzie da riconoscere alla parte privata ritiene che la proposta del senatore Russo sia troppo analitica. Sottolinea inoltre l'opportunità che la prima sezione sia titolata "ordinamento giudiziario" anziché "ordinamento giurisdizionale", poiché essa riguarda non solo la magistratura giudicante, ma anche quella requirente.
Giudica poi che l'articolo 102 debba essere modificato in relazione a quanto da lui proposto in riferimento all'articolo 101, prevedendo che la funzione giurisdizionale è esercitata dai giudici, al fine di chiarire in modo inequivoco che il pubblico ministero non esercita alcuna funzione giurisdizionale, il che rappresenta un presupposto essenziale perché si possa parlare di parità fra le parti nel processo penale.
Circa l'articolo 104 condivide la scelta del relatore di precisare che la magistratura non è un potere, bensì un ordine. Quanto all'organo di autogoverno, la distinzione tra magistratura giudicante e requirente comporta che si istituiscano due distinti Consigli superiori della Magistratura, ovvero che si preveda almeno un CSM articolato in due sezioni, come fa il quarto comma della prima ipotesi di modifica del relatore. Ricorda che coloro i quali sostengono la necessità di assicurare una maggioranza numerica ai membri togati all'interno del CSM sottolineano che il Consiglio è l'organo di autogoverno della magistratura. Pertanto, da tale argomentazione si potrebbe addirittura dedurre l'opportunità di sopprimere del tutto la presenza di membri laici all'interno del CSM, mentre la funzione di questi ultimi è, a suo giudizio, quella di collegare la funzione di autogoverno con i poteri democratici dello Stato. Proprio in vista del pieno conseguimento di questo obiettivo ritiene perfettamente ragionevole un'ipotesi di partecipazione in misura uguale di membri togati e laici.
È stato poi osservato che nell'ambito della magistratura vi è una sproporzione numerica fra i magistrati che hanno funzioni giudicanti rispetto a quelli con funzioni requirenti. Per venire incontro a tale osservazione si potrebbe prevedere che, ferme restando le quote proporzionali, la prima sezione - competente per la magistratura giudicante - sia composta da un numero di membri superiore a quello della seconda sezione, competente per la magistratura requirente.
Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva che nelle sezioni riunite del CSM vi sarebbe ugualmente uno squilibrio fra magistratura giudicante e requirente.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia), osserva che tale squilibrio non farebbe altro che rappresentare nel CSM il rapporto fra magistrati esistente nella realtà. Ritiene piuttosto che deve essere evitata ogni commistione fra elettorato passivo ed elettorato attivo, modificando il quinto comma dell'articolo 104 del testo del relatore nel senso di precisare che i componenti togati della sezione competente in materia di magistratura giudicante sono eletti dai magistrati giudicanti e, reciprocamente, che i componenti della seconda sezione sono eletti dai magistrati requirenti.
Circa l'esigenza di sciogliere il CSM dai vincoli politici osserva che in proposito si possono percorrere due strade: la prima passa per una modifica del sistema elettorale del CSM; la seconda comporta l'estensione della durata in carica dei membri del Consiglio in modo da evitare che la loro scadenza coincida con il termine delle legislature.
È d'accordo poi sulla riserva di legge in materia di disciplina delle funzioni e delle competenze delle sezioni riunite del CSM.
Riguardo all'articolo 105 rileva che la funzione di autogoverno attribuita al CSM può significare, in un ordinamento democratico, solo autoamministrazione che si sostanzia nelle competenze in materia di assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari: competenze indicate nel primo comma del testo del relatore. Tale elenco a suo giudizio è esaustivo e pertanto giudica inutile il secondo comma previsto dal relatore che contiene il divieto di adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico. Qualora invece si ritenesse necessario esplicitare tale divieto sarebbe favorevole ad estenderlo anche alle attività di interpretazione della legge.
Riguardo l'articolo 106 nella formulazione proposta dal relatore, osserva che se la magistratura giudicante è separata da quella inquirente non può esservi un unico concorso per l'accesso alle rispettive funzioni e ciò anche volendo rendere omaggio alla cosiddetta "cultura della giurisdizione", che pone l'accento sul patrimonio culturale che dovrebbe essere comune a tutti i magistrati, pur nella diversità delle funzioni. Si chiede piuttosto se sia sufficiente prevedere, quale momento di valutazione di professionalità del magistrato, il solo concorso. La risposta non può che essere negativa, poiché è condivisa da tutti la necessità di prevedere periodici momenti di formazione ed è anche emersa l'esigenza di procedere alla valutazione di specifiche idoneità del singolo magistrato.
Ritiene poi che il passaggio da una funzione all'altra debba essere consentito ma sulla base della disposizione del primo comma dell'articolo 106 e cioè solo mediante il medesimo concorso previsto per il reclutamento, senza - peraltro - limiti di tempo.
Rileva quindi che il comma quarto del testo del relatore, identico al testo vigente della Costituzione, consente la nomina di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Il fatto che tale disposizione si riferisca ai "giudici" comporta a suo giudizio l'illegittimità della nomina, pur disposta nei fatti, di sostituti procuratori onorari che giudici non sono.
Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) si domanda se abbia ancora una ragione d'essere la limitazione della nomina di magistrati onorari per le sole funzioni attribuite a giudici singoli, soprattutto se si tiene conto del provvedimento, già approvato dal Senato e in corso di esame alla Camera, sul giudice unico di primo grado. In proposito riterrebbe preferibile una formulazione che privilegi la determinatezza e la temporaneità delle funzioni, anche se esercitate nell'ambito di un Collegio. Propone pertanto di sostituire, all'articolo 106, quarto comma, del testo del relatore, le parole "per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli" con le seguenti: "per funzioni e per un tempo determinati".
Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) concorda con le osservazioni del senatore Russo, tanto più che il citato provvedimento sul giudice unico di primo grado prevede una composizione talora monocratica e talora collegiale dell'organo chiamato a giudicare.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia), osserva quindi, con riferimento all'ultimo comma dell'articolo 107 come formulato dal relatore, che la formulazione del secondo e del terzo periodo appaiono pleonastiche, alla luce della disposizione di carattere generale contenuta nel primo periodo. Inoltre, si deve valutare se la norma sulla partecipazione alle competizioni elettorali non debba essere inserita nell'articolo 98.
Passando poi al tema dell'obbligatorietà dell'azione penale, si dichiara favorevole a prevedere il superamento del monopolio del pubblico ministero, consentendo che l'azione penale possa essere esercitata in via sussidiaria anche da altri soggetti.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) rileva che l'azione penale sussidiaria è incompatibile con il principio di obbligatorietà dell'azione penale stessa.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ritiene che obbligatorietà dell'azione penale non significhi necessariamente che essa debba venir esercitata dal solo pubblico ministero. Considera che possa essere consentito alla stessa parte privata di richiedere direttamente al magistrato giudicante la celebrazione del processo.
Riguardo all'articolo 112 del testo del relatore, giudica preferibile la versione del secondo comma che prevede che il ministro della giustizia riferisca al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine, senza fare mezione di un obbligo di sentire il procuratore generale presso la Corte di cassazione.
Quanto poi all'articolo 111 si dichiara favorevole a prevedere una sorta di filtro rispetto ai ricorsi per cassazione, ma non ritiene che possa a tal fine impiegarsi un criterio che faccia riferimento alla gravità dei reati.
Non ha nulla da osservare all'articolo 113 del testo del relatore, mentre ritiene che sia opportuno sopprimere l'aggettivo "perentorio" contenuto nella disposizione transitoria del medesimo testo e sostituire le parole "degli organi di giurisdizione attualmente esistenti" con le seguenti: "dell'ordinamento giudiziario".
Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, condividendo le ultime osservazioni del senatore Pera, rileva che la previsione di un termine perentorio per la revisione degli organi di giurisdizione rischia di porre la Corte costituzionale, decorso inutilmente tale termine, nell'obbligo di caducare tutte le disposizioni incompatibili con le nuove norme della Costituzione.
Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) ricorda di aver suggerito di sopprimere, nel secondo comma dell'articolo 111 del testo del relatore, il riferimento alle sentenze, inserendo invece quello alle libertà fondamentali del cittadino.
Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) preannuncia che intende presentare una serie di concrete proposte in riferimento agli articoli da 100 a 113 della Costituzione.
Riguardo all'articolo 100 ritiene preferibile mantenere il testo vigente con alcune limitate modifiche che riguardano il Consiglio di Stato, che è opportuno definire come organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela nell'amministrazione, che può essere chiamato anche ad esprimere un parere sui disegni di legge e sugli atti normativi di competenza del Governo e delle singole amministrazioni nei casi determinati dalla legge.
Riguardo all'articolo 101 ritiene da condividere il testo vigente, nella parte in cui afferma il principio che la giustizia è amministrata in nome del popolo e che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Ritenendo tuttavia indispensabile una distinzione funzionale fra i magistrati, propone di inserire un secondo comma nel quale, affermato che anche i magistrati titolari degli uffici del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge, si preveda che essi coordinano l'attività degli altri magistrati assegnati al medesimo ufficio. Nel medesimo articolo, inoltre, giudica necessario riaffermare la necessità di un giusto processo penale condotto in tempi ragionevoli e nel rispetto dell'imparzialità del giudice, della parità dei diritti delle parti, del contraddittorio e della oralità e pubblicità del dibattimento.
Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene che il problema di assicurare la parità fra le parti si ponga anche nei giudizi civili e amministrativi.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ricorda che sul punto dispongono i commi primo e secondo dell'articolo 111 proposto dal senatore Russo.
Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) si dichiara favorevole a recepire nella riformulazione da lui proposta dell'articolo 101 i commi primo e secondo dell'articolo 111 proposti dal senatore Russo.
Circa l'articolo 102 giudica opportuno conservare il testo vigente, aggiungendovi tuttavia un comma che preveda l'integrazione del collegio penale con un magistrato amministrativo nei casi di procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione: come è evidente tale disposizione consentirebbe di acquisire al procedimento penale una specifica competenza amministrativa.
Riguardo alla giurisdizione amministrativa (articolo 103), propone di affidare alle regioni l'istituzione di tribunali amministrativi di prima e di seconda istanza, riservando al Consiglio di Stato una funzione analoga a quella svolta dalla Corte di cassazione e una competenza esclusiva per le controversie su atti delle autorità alla cui nomina concorra un organo del Parlamento. Rispetto al testo vigente dell'articolo 103 nulla verrebbe mutato in materia di Corte dei conti e di tribunali militari, non sentendosi di condividere l'ipotesi di soppressione di questi ultimi per il tempo di pace.
A suo giudizio l'articolo 104 deve essere modificato nel senso di prevedere un CSM ordinaria articolato in tre sezioni, ciascuna delle quali composta da dieci membri: la prima per i giudici della Corte di cassazione o equiparati, la seconda per i giudici di merito e la terza per i magistrati del pubblico ministero. Il Consiglio sarebbe presieduto dal Presidente della Repubblica, cui verrebbe attribuito il potere di formarne l'ordine del giorno. Della prima e della seconda sezione farebbe parte di diritto il primo presidente della Corte di cassazione, della terza il procuratore generale presso tale Corte. I restanti membri delle sezioni sarebbero per metà togati e per metà laici.
I magistrati della prima sezione verrebbero eletti dai giudici di cassazione, quelli della seconda sezione dagli altri giudici ordinari e quelli della terza sezione dai pubblici ministeri. I membri elettivi del Collegio durerebbero in carica sei anni, per evitare che la loro scadenza coincida con la fine della legislatura.
Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene che all'esigenza sottesa a quest'ultima previsione si possa far fronte anche prevedendo un rinnovo parziale del Consiglio.
Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) ritiene che presso ognuna delle sezioni del Consiglio debba essere istituita una sezione disciplinare composta da quattro membri, per metà laici e per metà togati, presieduta da uno dei componenti designati dal Parlamento.
Condivide poi il suggerimento del relatore di prevedere un nuovo articolo 104-bis, dedicato al Consiglio superiore della magistratura amministrativa. A suo giudizio, tuttavia, il Consiglio dovrebbe essere presieduto dal Presidente del Consiglio di Stato e articolarsi in due sezioni, la prima per i giudici del Consiglio di Stato e la seconda per i giudici amministrativi di prima e di seconda istanza. Anche in questo caso vi dovrebbe essere una identica proporzione fra membri togati e laici, con l'avvertenza che questi ultimi dovrebbero essere eletti dalle regioni per quanto riguarda la sezione dei giudici di prima e di seconda istanza.
Riguardo all'articolo 105 ritiene di poter condividere la formulazione proposta dal relatore, mentre all'articolo 106 propone di aggiungere che i concorsi per le funzioni di consigliere di cassazione e di consigliere di Stato abbiano luogo per titoli ed esami. I magistrati, a suo modo di vedere, debbono essere distinti per funzioni giudicanti e funzioni requirenti, ma la scelta della funzione deve avvenire solo dopo il termine del periodo di tirocinio (quattro anni) e deve avere carattere di definitività. Ritiene che tale meccanismo presenti indubbi vantaggi, poiché mantiene l'unicità delle modalità di accesso in magistratura e al tempo stesso assicura una specializzazione che deve essere riguardata con favore.
Sempre con riferimento all'articolo 106 condivide la disposizione, contenuta nel testo del relatore, secondo cui la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materia giuridica nei gradi di giurisdizione diversi da quello di consigliere di cassazione. Ciò, infatti, consente di colmare i rilevanti vuoti nell'organico di magistratura con personale qualificato, venendo anche incontro alle legittime esigenze dell'avvocatura.
Riguardo all'articolo 107, concorda con il testo del relatore e in particolare condivide la scelta di dare rilievo costituzionale ai valori di correttezza e di riservatezza senza attribuire a tale previsione alcun intento polemico. L'unica modifica che propone al testo del relatore consiste nella previsione dell'obbligo per il magistrato che partecipi alle competizioni elettorali di candidarsi fuori dal distretto in cui abbia svolto le sue funzioni prima delle dimissioni.
Non ha osservazione da svolgere sull'articolo 108, mentre propende per mantenere il testo vigente dell'articolo 109 della Costituzione.
Non ha osservazioni da svolgere neppure sull'articolo 110, mentre richiede la modifica dell'articolo 111 proposto dal relatore solo nel senso di aggiungere, al terzo comma, dopo le parole "tribunale militare" le seguenti: "in tempo di guerra"; tale modifica è correlata al mantenimento della competenza dei tribunali militari anche in tempo di pace, da lui suggerito in precedenza.
Ove fossero accolte le sue proposte in materia di organi di giustizia amministrativa, il riferimento alla Corte di giustizia amministrativa, andrebbe inoltre sostituito col riferimento al Consiglio di Stato.
Infine concorda sostanzialmente con il relatore tanto riguardo all'articolo 112 quanto all'articolo 113.
Ritiene che dal suo intervento emergano con chiarezza i punti fermi della posizione della sua parte politica ma anche le aperture verso i suggerimenti formulati da altri gruppi.
Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) chiede al relatore quando sarà possibile discutere la ulteriore ipotesi di testo che il relatore medesimo si è impegnato a presentare nella seduta del 29 aprile prossimo.
Intervengono quindi sull'ordine dei lavori il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) e il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), nonché il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, il quale propone - ed il Comitato consente - che nella prossima settimana le sedute si svolgano martedì 29 aprile alle ore 9.30 e alle ore 20.30 e mercoledì 30 aprile alle ore 15, lasciando altresì aperta la possibilità di una ulteriore convocazione per venerdì 2 maggio, qualora non si riuscisse a concludere il dibattito nelle precedenti riunioni.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), dichiara preliminarmente di far proprie le formulazioni presentate dal senatore Russo con riferimento agli articoli da 100 a 103, sia pure con qualche precisazione. In particolare, all'articolo 102 quarto comma, ritiene opportuno sopprimere l'aggettivo "limitate" riferito alle materie per le quali possono essere istituiti giudici speciali: appare infatti sufficiente prevedere che tali materie siano determinate. Giudica poi necessario che nella medesima disposizione si preveda espressamente che la competenza del giudice speciale è limitata al primo grado di giudizio, per i successivi gradi riespandendosi la competenza del giudice ordinario.
La proposta del relatore invece appare al tempo stesso troppo restrittiva e troppo lacunosa in materia di giudici speciali: troppo restrittiva laddove consente l'istituzione di giudici speciali per la sola materia civile e troppo lacunosa laddove non limita la competenza del giudice speciale al solo primo grado di giudizio.
Ricorda di aver già osservato che esistono numerose materie nelle quali potrebbe utilmente operare un tipo di giudice caratterizzato da una competenza specifica e in grado di apportare una considerevole riduzione del carico di lavoro gravante sul giudice ordinario: pensa, ad esempio, alla materia delle locazioni, all'infortunistica stradale, alle cause condominiali, ecc.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), ritiene inconciliabili le funzioni di arbitrato attribuite ad un siffatto giudice speciale con la previsione della ricorribilità in appello avverso le sue decisioni.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), ritiene che il giudice speciale debba decidere secondo diritto e non secondo equità. Ricorda che in alcuni ordinamenti stranieri è già stata sperimentata con successo la soluzione che egli propone e rileva che se tutto passa attraverso l'imbuto della giurisdizione ordinaria l'esito non può essere altro che quello della crescita esponenziale dei procedimenti pendenti e dell'arretrato. Aggiunge poi che, con distinta previsione, anche le cosiddette autorità indipendenti potrebbero essere configurate come giudici speciali di primo grado, le decisioni dei quali sarebbero ricorribili per Cassazione.
Quanto alla giurisdizione tributaria, suggerisce di mantenerla nel suo attuale assetto, premettendo al quarto comma dell'articolo 102 nel testo proposto dal senatore Russo, le parole: "Ad eccezione della giurisdizione tributaria".
Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, domanda quale sia l'opinione del senatore Senese riguardo alle ipotesi di sezioni specializzate tributarie.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) si dichiara contrario a tale ipotesi che imporrebbe di fatto lo smantellamento degli attuali organi di giurisdizione tributaria, i quali al contrario stanno dando buona prova di sè.
Non condivide l'ipotesi del senatore Lisi di demandare alle Regioni l'istituzione di tribunali amministrativi, mentre sull'ipotesi formulata dal senatore Russo di istituire due Consigli Superiori della magistratura, l'uno per la magistratura ordinaria e l'altro per quella amministrativa, rileva che nessuno ha sinora precisato quale debba essere il regime di impugnazione dei provvedimenti adottati da tali consigli. Sviluppando alcune osservazioni del senatore Pellegrino, suggerisce di consentire l'impugnazione dei provvedimenti di un Consiglio presso l'altro ovvero l'impugnazione presso la Corte di Cassazione dei provvedimenti adottati dal Consiglio Superiore della magistratura amministrativa e l'impugnazione dei provvedimenti adottati dal Consiglio della magistratura ordinaria presso il Consiglio di stato.
Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) chiede se il ricorso cui si riferisce il senatore Senese debba intendersi limitato ai soli motivi di legittimità ovvero esteso anche al merito.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che debba trattarsi di un ricorso di legittimità.
Propone che i tribunali militari possano essere istituiti "per" e non "in" tempo di guerra, con ciò chiarendo che l'istituzione di tali tribunali deve precedere e non seguire la dichiarazione dello stato di guerra. La competenza di tali tribunali, inoltre, potrebbe essere estesa anche ai fatti avvenuti in caso di impiego delle Forze Armate all'estero in adempimento di obblighi internazionali assunti in conformità della Carta delle nazioni unite.
Riguardo poi al secondo comma dell'articolo 101, giudica necessario inserirvi una disposizione secondo cui le norme dell'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno e l'unitarietà dei singoli uffici del pubblico ministero.
Affermare che la magistratura requirente è soggetta soltanto alla legge non deve significare che esiste un pubblico ministero precostituito per legge, ma che una volta investito di un determinato procedimento il sostituto procuratore non può essere sottoposto ad interferenze di sorta.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che il principio enunciato da ultimo dal senatore Senese si limiti a costituzionalizzare la situazione esistente. Se il capo dell'ufficio del pubblico ministero non può legittimamente assumersi la responsabilità di avocare un determinato procedimento, si rischia di provocare una situazione caotica nella quale ciascun sostituto procuratore è libero di seguire gli indirizzi di politica giudiziaria che più gli aggradano.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) precisa di non voler affatto escludere la revocabilità dell'assegnazione dei procedimenti, bensì di aver affermato che ciò debba avvenire sulla base di motivazioni trasparenti, come pure chiari e conoscibili debbono essere i criteri seguiti nell'assegnazione dei fascicoli.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) invita il senatore Senese a predisporre una formulazione del secondo comma dell'articolo 101 che eviti ogni possibilità di contrasto interpretativo fra il primo periodo, secondo cui i magistrati sono soggetti soltanto alla legge, e il secondo periodo, che afferma l'esigenza di uniformare l'azione dei pubblici ministeri in virtù del criterio del coordinamento.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) giudica eccessive le preoccupazioni manifestate dal senatore Pera, ma, ove esse fossero condivise dal Comitato, dichiara di non aver difficoltà a convergere sulla prima ipotesi formulata dal relatore, sia pure con limitate modifiche. Ricorda che in passato sono stati valutati negativamente i penetranti poteri riconosciuti ai procuratori generali: anche oggi peraltro la tendenza a concentrare gli uffici del pubblico ministero rischia di attribuire a pochi individui un potere rilevantissimo; l'unico contrappeso concepibile è quindi quello di assicurare la pluralità degli uffici del pubblico ministero.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) si domanda se le disposizioni sulla Procura nazionale antimafia siano compatibili con la previsione che il coordinamento è possibile solo all'interno del singolo ufficio del pubblico ministero.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che le funzioni della Procura antimafia siano del tutto compatibili con il quadro che ha appena delineato; si dichiara comunque disponibile a prevedere una specifica disposizione in proposito.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) rileva che si tratta di garantire l'unitarietà su tutto il territorio nazionale degli uffici del pubblico ministero e l'uniformità nell'esercizio dell'azione penale, poiché ciò è condizione indispensabile per assicurare l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Riterrebbe poi del tutto incongruo un riferimento alla Procura nazionale antimafia contenuto nella Costituzione.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che la sua proposta consente di mantenere l'unitarietà del singolo ufficio del pubblico ministero. Prevedere invece forme generalizzate di coordinamento a livello nazionale comporterebbe il rischio di attribuire ad un numero ristretto di soggetti o addirittura ad un solo soggetto un potere enorme e pericolosissimo. L'elaborazione dottrinale che da secoli si sviluppa su questi temi ha posto in evidenza che non vi può essere unitarietà del pubblico ministero senza l'attribuzione di responsabilità politica a chi è chiamato ad assicurarla.
Si può invece immaginare di aggregare insieme più uffici del pubblico ministero fino a raggiungere una dimensione considerata ottimale, fermo restando che la relazione annuale al Parlamento da parte del Ministro di grazia e giustizia rappresenta l'occasione ideale per segnalare eventuali discrasie fra una zona e l'altra, affinché siano adottati i necessari provvedimenti legislativi.
Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, propone - e il Comitato consente - di sospendere la seduta fino alle ore 15.
La seduta sospesa alle 13.45 riprende alle 15.15.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) raccogliendo le osservazioni formulate nel dibattito propone la seguente aggiunta all'articolo 101, secondo comma, del testo del relatore: "Le norme dell'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno e l'unitarietà dei singoli uffici del pubblico ministero ovvero, qualora preminenti esigenze nazionali lo esigano, anche dei vari uffici del pubblico ministero per determinate materie."
Circa gli articoli 104 e 105, sottolinea che la dizione secondo cui la magistratura è un ordine autonomo ed indipendente rispetto ad ogni altro potere ha, sulla base di un'interpretazione ormai pacifica, anche il significato di attribuire a ciascun organo giudiziario la legittimazione a ricorrere alla Corte costituzionale in sede di conflitto fra poteri dello Stato.
Riguardo la composizione del CSM condivide le proposte del senatore Russo. Sottolinea, inoltre, che tutte le proposte sull'argomento evidenziano l'autonomia della magistratura come momento strumentale per la sua indipendenza. Storicamente, tuttavia, si è posto il problema di come risolvere l'indipendenza di una magistratura composta da funzionari dello Stato. È da rilevare che l'esperienza italiana in tal senso ha fatto scuola in numerosi ordinamenti dell'Europa continentale e latino-americani. L'autonomia, d'altro canto è in sé un contrappeso cui si aggiungono altri tre meccanismi di riequilibrio fra ordine giudiziario e potere politico: la presenza minoritaria di componenti laici nel CSM, la vice presidenza attribuita ad un membro laico e dotata di penetranti poteri e, infine, la presidenza del Consiglio attribuita al Capo dello Stato. Non appare pertanto razionale la proposta di aumentare il .numero dei componenti laici nel CSM.
Un discorso a parte meriterebbe invece la sezione disciplinare, accusata da più parti di avere un inclinazione alla indulgenza: questo sospetto (che pur ritiene poco fondato) non deve trovare alcuno spazio. Si dichiara perciò favorevole ad un aumento della presenza dei componenti laici nella sola sezione disciplinare, ma congegnato in modo tale da fugare ogni ombra di interferenza del potere politico attuata attraverso lo strumento disciplinare.
In generale, pertanto, è favorevole all'elezione dei membri laici del CSM da parte di una Camera di garanzia o da parte del Parlamento con voto limitato. In definitiva i membri laici non devono in alcun modo apparire come il prodotto di una mera maggioranza parlamentare.
Per la sezione disciplinare viceversa ritiene preferibile una elezione di secondo grado e una chiara affermazione della competenza limitata alla materia disciplinare. Propone quindi che nell'articolo 105 sia inserita la seguente disposizione: "Il Consiglio elegge nel proprio seno la sezione disciplinare, i cui componenti durano in carica quattro anni e non possono partecipare ad alcun'altra attività del Consiglio stesso".
Si dichiara inoltre contrario ad attribuire esclusivamente al Presidente della Repubblica il potere di formare l'ordine del giorno del CSM, poiché la dottrina costituzionale ha chiaramente precisato che ciò sarebbe indice di una sovraordinazione del Presidente rispetto al Consiglio.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) obietta che l'attribuzione della presidenza del CSM al Capo dello Stato rappresenta uno dei contrappesi cui si riferiva il senatore Senese e che, quindi, il privare il Presidente del potere di formare l'ordine del giorno rischia di depotenziare il contrappeso.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ricorda che già nell'attuale ordinamento l'ordine del giorno del CSM viene fissato di concerto con il Presidente della Repubblica. Rispetto alle ipotesi che il CSM travalichi le sue competenze, il Presidente della Repubblica rappresenta un elemento di moderazione preventivo e un filtro successivo, applicato alle delibere del Consiglio. Da questo punto di vista il divieto di assumere atti di indirizzo politico è incongruo, poiché la presenza del Capo dello Stato dovrebbe rappresentare una garanzia sufficiente. Riguardo poi alla elencazione delle attribuzioni del Consiglio ritiene necessario che venga inserito anche il tema dell'aggiornamento professionale, nonché una disposizione che consenta di liberare il CSM da una serie infinita di minuti adempimenti. Quest'ultima disposizione, collocata alla fine dell'articolo 105, potrebbe essere così concepita: "La legge può delegare ad organi periferici ausiliari del Consiglio alcune categorie di provvedimenti di cui al comma precedente, esclusi i provvedimenti disciplinari, salvo sempre il ricorso del Ministro o dell'interessato al Consiglio Superiore della Magistratura". Si avrebbe così un decentramento di funzioni senza incidere sul sistema delle garanzie.
Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) ritiene che anche altre materie debbano essere escluse dalla delega cui si riferiva il senatore Senese.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) propone di aggiungere al primo comma dell'articolo 106, dopo le parole "per concorso" le seguenti: "per esami". È contrario ad ogni ipotesi di separazione delle carriere dei magistrati perché ciò potrebbe risultare pericoloso per le garanzie dei cittadini proprio mentre l'esigenza della imparzialità del pubblico ministero si fa strada in numerosi ordinamenti ispirati ad altri principi. In proposito suggerisce una impostazione completamente diversa, secondo cui: "L'assegnazione dei magistrati a funzioni requirenti è consentita solo dopo un periodo di esercizio delle funzioni giudicanti in organi collegiali. Gli ulteriori passaggi dall'una all'altra funzione sono consentiti solo a seguito di una valutazione di effettiva idoneità dopo un periodo stabilito dalla legge e con destinazione ad altra sede. La legge stabilisce la temporaneità degli uffici direttivi e delle funzioni requirenti e può stabilire la temporaneità anche di altre funzioni".
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) chiede se nell'ipotesi del senatore Senese vi sia un limite all'esercizio delle funzioni requirenti. Si domanda altresì cosa accada qualora un magistrato, che non abbia superato la prova di idoneità, venga "condannato" a svolgere una funzione per cui non risulta tagliato.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che il meccanismo di aggiornamento professionale da lui proposto è destinato proprio a far emergere delle specifiche inidoneità con riferimento a determinate funzioni. Ove poi le valutazioni risultassero particolarmente severe oppure l'inidoneità avesse carattere generale (come avverrebbe se, alla scadenza del periodo di permanenza massima nelle funzioni requirenti, il magistrato si rivelasse inidoneo persino alle funzioni di giudice collegiale esercitate all'inizio di carriera) si verificherebbero i presupposti per una dispensa dal servizio. Evidenzia che è necessario un sistema che attivi un controllo continuo sulla professionalità del magistrato.
Reputa non convincente il terzo comma dell'articolo 107 del testo del relatore. Giudica più opportuno modificare il testo vigente dell'articolo 107 prevedendo che la rimozione del magistrato sia possibile solo per i motivi stabiliti dall'ordinamento giudiziario e sentito l'interessato o con il suo consenso.
Riguardo all'articolo 108 ritiene che l'avverbio "esclusivamente" impedisca, in modo del tutto incomprensibile, al CSM di poter emanare regolamenti sulle materie ad esso demandate. È poi contrario a riservare l'azione disciplinare esclusivamente al Ministro e a tale scopo propone di inserire nell'articolo 110 la seguente disposizione: "La legge indica gli altri titolari dell'azione disciplinare".
Riguarda all'articolo 111 rileva che il principio della obbligatorietà dell'azione penale non è attuato e per renderlo effettivo occorre superare ostacoli derivanti dalla iperproduzione legislativa, dalla mancanza di una seria opera di depenalizzazione e dal monopolio attribuito al pubblico ministero. Propone pertanto di inserire nell'articolo 111 la seguente disposizione: "La legge determina i casi nei quali l'azione penale è attribuita in via concorrente e sussidiaria anche ad altri soggetti". Le altre proposte che sono state formulate sul punto appaiono peggiori del male cui intendono porre rimedio.
Per individuare, infine, un valido criterio cui ancorare le scelte circa l'esercizio dell'azione penale illustra la seguente disposizione: "In caso di difetto di effettiva offensività del fatto, il pubblico ministero richiede al giudice di dichiarare l'improcedibilità dell'azione penale". Una analoga disposizione peraltro è già prevista nell'attuale giudizio minorile.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che la disposizione testè illustrata dal senatore Senese impedisca alla persona offesa dal reato di chiedere che si proceda nonostante la richiesta di "archiviazione" presentata dal pubblico ministero. Ritiene poi preferibile che si subordini l'esercizio dell'azione penale alla presenza di un interesse pubblico.
Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che il giudice potrà dichiarare la improcedibilità non solo sulla base degli elementi addotti dal pubblico ministero ma anche sulla base delle considerazioni formulate dalla parte offesa.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) non condivide l'interpretazione della norma da lui proposta indicata dal deputato Parenti e ritiene che la dizione "interesse pubblico" sia troppo generica, mentre il concetto di offensività ha ormai una sua chiara connotazione nella dottrina giuridica.
Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ritiene che l'offensività in questione debba riguardare la lesione di un interesse pubblico e non di un interesse privato: il che equivale a dire che l'esercizio dell'azione penale è subordinato alla presenza di un interesse pubblico in tal senso.
Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che il concetto di offensività ha un chiaro significato giuridico che lo fa preferire a quello di interesse pubblico. Per il resto accoglie il contenuto dell'articolo 111 proposto dal senatore Russo, rilevando che esso dovrebbe assumere un'altra numerazione, poiché nello schema del relatore l'articolo 111 disciplina il ricorso per cassazione. A quest'ultimo proposito accoglie il suggerimento del senatore Pera volto a sopprimere il riferimento alla ricorribilità necessaria delle sentenze, poiché in ogni caso il ricorso che deve essere sempre garantito è solo quello contro i provvedimenti che limitano la libertà personale.
Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) intende soffermarsi soprattutto sulle parti dell'ipotesi di lavoro presentate dal relatore non approfondite nell'intervento svolto nella seduta dell'8 aprile. Ribadisce che, a suo avviso, gran parte dei problemi della giustizia italiana possono trovare efficace soluzione con modifiche anche profonde che possono essere introdotte con legge ordinaria. Anzitutto, seguendo l'ordine della bozza presentata dal relatore e tenuto conto dello stato della discussione, ritiene che non vi siano le condizioni per una soluzione radicale di superamento di tutte le attuali giurisdizioni (del Consiglio di Stato, degli organi della giustizia amministrativa e della Corte dei conti); ritiene comunque che possa realizzare un'apprezzabile riforma l'ipotesi di modifica n. 2 dell'articolo 102: si tratta di stabilire che la funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da magistrati ordinari e amministrativi. La legge dovrebbe determinare le competenze della magistratura amministrativa sulla base di materie tassativamente indicate. Al giudice amministrativo dovrebbe essere affidata "una tutela piena ed efficace nei confronti di tutti gli atti ed anche delle omissioni della pubblica amministrazione, che comprende il risarcimento della lesione arrecata", come indicato da molti studiosi.
Potrebbe essere estesa, come suggerito dal presidente del Consiglio di Stato, l'esperienza del Trentino-Alto Adige e della Sicilia, regioni nelle quali è prevista la partecipazione di membri laici designati, rispettivamente dalle province di Trento e Bolzano e dalla Regione Sicilia, all'amministrazione della giustizia amministrativa.
Per la funzione consultiva attualmente svolta dal Consiglio di Stato potrebbero essere istituiti appositi organi previsti dalla legge, come indicato nell'ipotesi di modifica n. 2 dell'articolo 100.
A suo giudizio è stata di grande interesse l'audizione delle associazioni svoltasi presso il Comitato, poiché dalla stessa è emersa, in particolare, una situazione insostenibile esistente fra i giudici amministrativi, connotata da assenza di una vera democrazia; c'è un Consiglio di presidenza nel quale i rappresentanti dei magistrati dei TAR sono in minoranza pur essendo circa 300, mentre i consiglieri di Stato sono 100. Questi ultimi, inoltre, si segnalano per la molteplicità delle loro attività non propriamente giurisdizionali: la loro specializzazione è la ricerca, sempre fortunata, di incarichi governativi. Sessanta su cento hanno incarichi governativi. L'articolo 100, ultimo comma della Costituzione non ha avuto attuazione né per il Consiglio di Stato né per la Corte dei conti. Si tratta di realizzare una riforma costituzionale che dia finalmente all'Italia una figura di giudice amministrativo dotato della stessa autonomia e indipendenza, dello stesso status del magistrato ordinario. Un giudice terzo e non una sorta di "giudice interno all'amministrazione, evoluzione del funzionario consulente", come è stato criticamente detto dal presidente dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi. Ritiene necessaria la costituzione di un Consiglio della magistratura amministrativa con composizione analoga a quella dell'attuale Consiglio superiore della magistratura, che potrebbe assumere la denominazione di "Consiglio superiore della magistratura ordinaria".
Concorda pienamente con la proposta di soppressione del secondo comma dell'articolo 103 relativo alla giurisdizione della Corte dei conti e con la proposta di eliminazione dei tribunali militari in tempo di pace.
Non ravvisa poi alcuna ragione per modificare il comma 1 dell'articolo 101, mentre ritiene giusto modificare il comma 2 dello stesso articolo per estendere ai magistrati del pubblico ministero la norma che attualmente è riferita soltanto ai giudici. Fra le proposte avanzate dal relatore condivide le seguenti: "I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge"; "I magistrati che svolgono funzione giudicante e i magistrati che svolgono funzione requirente sono soggetti soltanto alla legge". Si potrebbe, però, in conseguenza della proposta avanzata per un rinnovamento della figura del giudice amministrativo, al quale vanno attribuite le stesse garanzie del giudice ordinario, inserire la seguente formulazione: "I magistrati ordinari e i magistrati amministrativi sono soggetti soltanto alla legge". Ugualmente si dovrebbe prevedere, inserendo la norma al primo comma dell'articolo 104 - come già detto dal collega Russo - che "la magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono, ciascuna, un ordine autonomo e indipendente da ogni potere".
Ricorda quindi che il relatore propone, inoltre, di inserire all'articolo 101 alcuni principi: la ragionevole durata dei processi, la parità delle parti nel processo o del processo. In proposito ritiene che si intenda far riferimento all'intero procedimento. Concorda pienamente sulla "ragionevole durata", mentre sulla "parità delle parti" esprime una convinta condivisione "ideale", ritenendo che il concetto vada affermato in Costituzione in termini di "finalità" e con la consapevolezza che la "parte pubblica", il pubblico minmistero, nella fase delle indagini preliminari, dovrà conservare taluni poteri non attribuibili alle parti private.
In riferimento alla proposta del collega Russo di stabilire il principio del giusto processo in materia civile, penale e amministrativa e lo svolgimento di ogni processo nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice imparziale, esprime il proprio accordo, se non si riesce ad individuare una formulazione convincente del principio della parità delle parti in ogni stato e grado dei procedimenti; con l'esclusione, probabilmente non evitabile, di fasi iniziali. Su tale aspetto rimane in attesa della formulazione che il relatore vorrà presentare. Potrebbe risultare non auspicabile andare oltre la proposta del collega Russo per il comma 3 dell'articolo 111.
Inoltre, pur condividendo il principio della parità fra le parti, ancora una volta avverte soprattutto l'esigenza dell'attuazione delle norme costituzionali esistenti: in particolare, del terzo comma dell'articolo 24. Auspica che siano realizzate strutture idonee a rendere effettiva per tutti i cittadini la possibilità di agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
Oggi anche per il cittadino che non sia propriamente "non abbiente" non è possibile sopportare i costi della giustizia italiana. Sono questi mali antichi della giustizia italiana, che molti non hanno mai considerato.
Ritiene poi che vada affermata, in generale, la partecipazione alla funzione giurisdizionale dei cittadini estranei alla magistratura, rimettendo alla legge ordinaria la individuazione delle modalità di tale partecipazione, e coinvolgendo anche le istituzioni elettive. La scelta - sicuramente centrale - del giudice professionale non contrasta con un indirizzo di più largo coinvolgimento di laici anche quando non si tratti di "sezioni specializzate per determinate materie" e anche al di fuori della previsione dell'ultimo comma dell'ipotesi di modifica n. 2 dell'articolo 102.
In riferimento al CSM, intende aggiungere qualche considerazione a quanto già espresso nell'intervento dell'8 aprile, tenendo conto del dibattito che si è svolto nel Comitato e anche di alcuni contributi dei consiglieri laici, inviati dal vicepresidente del CSM. Al riguardo, ritiene che la legge del 1958 debba, comunque, essere rivista. Basti pensare ai poteri amplissimi del Comitato di presidenza, che non è eletto, ma è istituito dalla legge ed è costituito dal vicepresidente, dal primo presidente della cassazione e dal procuratore generale della stessa Corte.
Si è avanzata l'ipotesi di "costituzionalizzare" la sezione disciplinare del CSM anche nel senso di creare un organo separato con funzioni disciplinari. Alla fine rimane sempre da risolvere il problema della composizione, ma non c'è dubbio che se si trattasse di un nuovo organo non derivato dal CSM si avrebbe una situazione profondamente modificata per quanto riguarda le funzioni complessive del CSM. Esprime perplessità sulla funzionalità di una simile soluzione. Si potrebbe ipotizzare una sezione disciplinare del CSM composta da cinque membri, dei quali tre togati e due laici, da rinnovarsi annualmente (nel periodo nel quale fanno parte della sezione disciplinare i componenti non possono partecipare alle altre attività del Consiglio).
I compiti del CSM sono esclusivamente quelli indicati negli articoli 105, 106 terzo comma, 107 primo comma. Si potrebbe riformulare l'articolo 105 come segue: "salvo quanto previsto dall'articolo 106, terzo comma, e dagli articoli 105 e 107, primo comma, al CSM spettano, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le funzioni relative alle assunzioni, alle assegnazioni ed ai trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati". Ciò allo scopo di indicare l'esigenza che il CSM mantenga il proprio intervento in limiti precisi. A suo avviso, quindi, non sarebbe da introdurre la norma del divieto proposto dal relatore, pur condividendo la finalità che lo ha ispirato.
In merito all'articolo 106, ribadisce il suo giudizio favorevole a norme che individuino criteri precisi per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa. Tutti i magistrati dovrebbero inizialmente svolgere funzioni giudicanti presso organi collegiali. Il passaggio da una funzione all'altra dovrebbe essere consentito dopo alcuni anni di esercizio della funzione; al riguardo, ritiene preferibile un periodo di tempo di tre-quattro anni, considerando eccessivi i 10 anni proposti. La nuova funzione, inoltre, dovrebbe essere svolta in altro distretto. Ritiene poi interessante la proposta del senatore Senese per una limitazione temporale nell'esercizio delle stesse funzioni (ad esempio dieci anni).
Condivide inoltre che si stabilisca l'incompatibilità dell'ufficio di magistrato ordinario o amministrativo con qualunque altro ufficio, incarico e professione, e che non possano far parte di collegi arbitrali né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni.
Invece, la partecipazione alle competizioni elettorali non può, a suo giudizio, essere subordinata alle dimissioni dalla magistratura: ciò contrasta con l'articolo 51, se non addirittura con l'articolo 3, come ha osservato l'onorevole Folena. Ribadisce il proprio avviso favorevole alla relazione annuale del Parlamento da parte del ministro della giustizia sullo stato della giustizia, che tuttavia dovrebbe trovare una collocazione diversa, ad esempio fra i compiti del ministro di grazia e giustizia, di cui all'articolo 110.
Infine, auspica che il relatore verifichi, nel formulare la prossima bozza, se qualche proposta sulla quale si sta discutendo non riguardi la prima parte della Costituzione.
In conclusione, esprime ancora una volta la convinzione che per la giustizia italiana c'è soprattutto la necessità di interventi organici del legislatore ordinario anche per rimuovere la disastrosa situazione dei procedimento civili, ai quali si presta scarsa attenzione, mentre tutti i mass-media e il mondo politico sono concentrati soltanto sul penale.
Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) intende sottolineare, in via preliminare, come, a suo giudizio, si debba rivendicare l'opportunità della Costituzione della Commissione; ciò in considerazione del fatto che la Costituzione del 1948, da un lato, fu concepita come Costituzione che avrebbe dovuto operare in presenza di sistemi elettorali proporzionali e, dall'altro, per quanto riguarda la procedura penale, che fu scritta facendo riferimento al codice inquisitorio allora vigente. Pertanto, il 1993 e il 1988, anni che hanno segnato la riforma, rispettivamente, del sistema elettorale e del codice di procedura penale, impongono modifiche alla Carta costituzionale vigente. Per quanto riguarda più in particolare i temi oggetto del dibattito, si sofferma, in primo luogo, su un aspetto che potrebbe apparire solo terminologico, e cioè quello se i magistrati della pubblica accusa debbano denominarsi magistrati requirenti o inquirenti. In proposito ricorda che i magistrati si chiamavano requirenti quando c'era la figura del giudice istruttore, al quale, a conclusione dell'istruttoria formale, il pubblico ministero formulava le sue richieste. Allo stato attuale riterrebbe più corretto parlare di magistrato inquirente, poiché l'altra definizione potrebbe suscitare equivoci.
Relativamente al tema della separazione delle carriere, ritiene che con gli interventi dei senatori Senese e Marchetti si sia fatto un passo indietro rispetto all'orientamento favorevole al principio della separazione, che, a suo avviso, è necessario per assicurare la terzietà del giudice. In materia una linea di compromesso potrebbe essere quella di attestarsi sul concetto della separazione delle funzioni, purché però sia attuato seriamente e non si riduca solo ad un escamotage per mantenere la situazione attuale. Ritiene, inoltre, che, qualora si riconosca la possibilità di passare da una funzione all'altra, tale passaggio debba essere assai limitato; in particolare, per quanto riguarda l'incompatibilità territoriale e quindi il cambiamento di sede, come sostenuto dal senatore Senese, sarebbe più opportuno prevedere almeno il cambiamento di distretto.
Per quanto riguarda poi le disposizioni sul Consiglio di Stato e sulla Corte dei conti, allo stato attuale non ritiene opportuno apportarvi modifiche sostanziali; tuttavia, manifesta la sua disponibilità ad accogliere le proposte del senatore Pellegrino relativamente alla unificazione della magistratura amministrativa e contabile, anche alla luce della necessità che sia espletata una funzione di vigilanza sulla gestione del pubblico denaro. Ritiene inoltre che non sia da sottovalutare la proposta del collega Lisi, favorevole alla presenza di rappresentanti dei Consigli regionali nei TAR: tale ipotesi contribuirebbe, peraltro, a scongiurare eventuali impulsi secessionisti. Concorda altresì con l'ipotesi di separare le funzioni amministrative da quelle giurisdizionali, per quanto riguarda sia il Consiglio di Stato che la Corte dei conti. Infine, ritiene debba essere la facoltà del Governo di nominare i componenti di tali organi debba essere esclusa per quelli che esercitano funzioni giurisdizionali.
Relativamente al Consiglio superiore della magistratura, osserva che sta emergendo un orientamento convergente in ordine alla autonomia della sezione disciplinare; a suo giudizio, la sezione disciplinare per poter essere veramente autonoma dovrebbe essere composta in maggior parte da membri laici. Inoltre, la componente laica - che complessivamente dovrebbe essere numericamente pari a quella togata - andrebbe espressa non dal Parlamento, bensì dalle categorie. Ricorda a tale proposito la proposta formula dall'Associazione italiana dei giovani avvocati.
Per quanto concerne il tema dei poteri spettanti al ministro di grazia e giustizia, concorda sull'opportunità che il medesimo riferisca annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia nel suo complesso. In tal modo sarebbe consentito al Parlamento dibattere con cadenza annuale sui temi della giustizia, eventualmente anche approvando atti d'indirizzo. Inoltre, non ritiene giusto guardare con sospetto alla figura del ministro, il quale, invece, rappresenta l'unica componente democraticamente controllabile; al riguardo, ritiene che il ruolo del ministro vada recuperato soprattutto perché rappresenta l'anello di congiunzione tra la magistratura e il sistema democratico. Dovrebbe pertanto essergli attribuita la titolarità esclusiva dell'azione disciplinare e dovrebbe inoltre prevedersi che egli faccia parte del CSM.
Quanto al tema della inamovibilità dei magistrati, pur ritenendo che dovrebbe essere inamovibile solo il giudice che è precostituito per legge, tuttavia è opportuno estendere l'inamovibilità anche al pubblico ministero, atteso che si sta procedendo verso una sorta di inamovibilità astratta. Alla luce di ciò, è più opportuno sancire l'inamovibilità per tutti, anche al fine di scongiurare disegni precostituiti di mobilità.
Sulla obbligatorietà dell'azione penale, dissente dalla proposta del senatore Senese, secondo cui tale principio dovrebbe essere pertanto dalla archiviazione dei fatti di cui si riconosce l'inoffensività. Al riguardo, ritiene invece che l'obbligatorietà vada mantenuta per evitare il diffondersi della arbitrarietà e della discrezionalità, pur giudicando con favore la previsione secondo cui le modalità dovrebbero essere stabilite dalla legge.
Infine, per quanto attiene ai limiti alla possibilità per i magistrati di partecipare alle competizioni elettorali, di cui alle ipotesi di modifica dell'articolo 107, concorda con chi sostiene la necessità che l'obbligo di dimettersi previamente dalla Costituzione; sul punto, è opportuno che si trovi una soluzione che, senza violare l'articolo 51, dia sufficienti garanzie ai cittadini circa la la terzietà del magistrato.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che l'ampiezza del dibattito in corso mostra come i problemi della giustizia non possano essere limitati alla legislazione ordinaria ma richiedano anche un intervento di revisione costituzionale.
In primo luogo si dichiara convinto del fatto che ci si debba impegnare per eliminare quelle deroghe, presenti nell'attuale Costituzione, che hanno sostanzialmente vanificato il principio della unicità della giurisdizione a cui il Costituente si è ispirato.
Per quanto riguarda l'articolo 101 della Costituzione ritiene che possa essere adottata, con alcuni adattamenti, la formulazione del senatore Russo in riferimento all'articolo 111, il cui primo comma dovrebbe prevedere che la tutela giurisdizionale si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. In tal modo verrebbe introdotto un richiamo generalizzato alla tutela giurisdizionale, senza che il riferimento alle singole giurisdizioni possa ingenerare inopportune esclusioni nell'applicazione del principio del giusto processo.
Condivide poi quanto suggerito dal senatore Russo in ordine al principio del contraddittorio tra le parti, contenuto nel secondo comma dell'articolo 111. Ritiene peraltro che il terzo comma di tale articolo debba essere modificato in modo da prevedere che la persona accusata di un reato deve avere la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa "e di ottenere l'acquisizione di ogni mezzo di prova in suo favore". In tal modo si verrebbe a riequilibrare la disparità di poteri tra accusa e difesa.
Inoltre, all'ultimo comma dell'articolo 111 nel testo del senatore Russo, concernente l'esercizio del diritto di difesa, si dovrebbe fare richiamo complessivo al "processo" anziché al giudizio civile, penale e amministrativo. Il principio della ragionevolezza dei tempi del processo dovrà costituire una autonoma disposizione, e sarà necessario richiamarsi al processo e non al procedimento, in modo tale da ricomprendere tutte le diverse fasi.
Giuliano URBANI, Presidente, ritiene che vi sia accordo sulla sostanza, vale a dire sulla esigenza di fare riferimento alle diverse fasi; tuttavia non sembra esservi accordo sulla terminologia da adottare per esprimere quel principio.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva che la previsione di un principio costituzionale che sancisca la ragionevole durata del processo potrebbe determinare qualche perplessità in ordine alla congruità della durata massima prevista dal vigente codice di rito per le indagini preliminari. È dunque importante che il principio della ragionevolezza dei tempi sia riferibile anche a quella specifica fase.
Per quanto riguarda l'articolo 102 della Costituzione, concernente la funzione giurisdizionale, osserva che deve essere specificato che tale funzione è esercitata dai giudici, posto che essa non spetta certo al pubblico ministero. È altresì evidente che la disposizione sulla funzione giurisdizionale è collegata con l'articolo 104, di cui auspica una riformulazione. In base ad essa, l'ordine giudiziario, costituito dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero, è indipendente ed autonomo da ogni altro potere dello Stato.
Giuliano URBANI, Presidente, ribadisce che dovrà essere risolta la questione terminologica relativa all'utilizzazione del termine "processo" ovvero "procedimento".
Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ricorda che il presidente dell'Unione delle camere penali, avvocato Pecorella, nell'audizione dinanzi alla Commissione aveva rilevato che la parità delle parti si realizza nel momento in cui esse si presentano dinanzi al giudice.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che i due principi del contraddittorio tra le parti e della ragionevolezza dei tempi debbono essere distinti in relazione alle diverse fasi. La durata ragionevole del processo costituisce un principio già presente nell'ordinamento italiano, dal momento che è stata recepita la Convenzione europea dei diritti dell'uomo; tuttavia sembra necessario elevare adesso tale principio al rango costituzionale, in relazione a tutte le fasi del processo e, quindi, fino dalle indagini preliminari nel giudizio penale.
La parità tra le parti attiene in particolare al rapporto tra provvedimenti limitativi della libertà personale ed autorità giudiziaria. Nell'attuale codice di procedura penale sono previsti provvedimenti limitativi della libertà personale non adottati dal giudice, basti pensare ad esempio ai sequestri, all'accompagnamento coattivo, alle intercettazioni urgenti. Sarà dunque necessario affermare il principio costituzionale in base a cui i provvedimenti limitativi della libertà della persona possono essere adottati esclusivamente dai giudici, con atto motivato, nei soli casi e modi stabiliti dalla legge. Dovrà inoltre essere previsto che, fatti salvi i casi eccezionali di necessità e di urgenza, tassativamente indicati dalla legge, i provvedimenti che limitano i diritti e le libertà della persona sono adottati in contraddittorio delle parti. Il principio potrebbe essere inserito nell'articolo 109 della Costituzione.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che sia necessario anticipare l'applicazione del principio del contraddittorio a tutte le fasi processuali.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che nel processo accusatorio il contraddittorio riguarda la valutazione della prova, che si deve formare dinanzi al giudice. Quella fase deve essere distinta dalla ricerca della prova medesima, rispetto alla quale vi dovrà essere contraddittorio solamente se vi è limitazione della libertà personale.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ribadisce che potrebbe rivelarsi inutile il contraddittorio tra le parti che intervenga a distanza di molto tempo rispetto alla acquisizione dei mezzi di prova.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), dopo avere ribadito la formulazione da lui già auspicata in riferimento al primo comma dell'articolo 104, osserva che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura si risolvono nell'autogoverno, che non può tollerare una maggioranza della componente laica. Al tempo stesso risulta opportuno un rafforzamento della componente che sia espressione della società civile, ovverosia che sia eletta dal Parlamento. Pertanto è favorevole ad una presenza per tre quinti di componenti togati e per due quindi di componenti eletti dal Parlamento. Spetterà poi al CSM eleggere fra i suoi componenti la Corte di giustizia dei magistrati, composta paritariamente da membri eletti da magistrati e da membri eletti dal Parlamento. In questo contesto dovrebbe essere inserita la norma sull'incompatibilità suggerita dal senatore Senese. La previsione di una Corte di giustizia dei magistrati consentirebbe di distinguere tra la funzione giurisdizionale e quella di alta amministrazione. La Corte, infatti, sarebbe giudice dell'azione disciplinare e per i ricorsi avverso i provvedimenti del CSM. Avverso le decisioni della Corte di giustizia dei magistrati dovrebbe essere ammesso ricorso alle sezioni unite della cassazione; dovrebbe poi essere coordinato conseguentemente il contenuto dell'articolo 111 della Costituzione.
Ritiene che in questa sede debba essere prevista la pluralità dei soggetti titolari dell'azione disciplinare: il Ministro di grazia e giustizia, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, il difensore civico nazionale, quale autorità indipendente di garanzia. Di conseguenza dovrebbe essere soppressa la disposizione prevista dall'articolo 105, sulle competenze disciplinari del CSM.
Per quanto concerne le nomine dei magistrati, non vorrebbe che, introducendo disposizioni, anche analitiche, sulle loro funzioni e su forme di passaggio dall'una all'altra funzione, si finisca con il costituzionalizzare l'unicità delle carriere, che attualmente non è espressa da alcuna disposizione costituzionale. Si tratta di materia che il legislatore ordinario dovrebbe valutare, come evidenziato dallo stesso ex-Presidente della Corte costituzionale Ferri al recente convegno dell'Associazione nazionale magistrati.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che l'unicità delle carriere rappresenta un principio comunque ricavabile dall'attuale testo costituzionale.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) propone che, all'articolo 106, dopo la disposizione relativa alla nomina per concorso, venga previsto che la legge prevede i requisiti e le forme per l'assegnazione delle funzioni giudicanti e requirenti e per il tramutamento dell'esercizio delle funzioni.
Per quanto poi riguarda l'articolo 111, prospetta una disposizione in base a cui la Corte di cassazione, a sezioni unite, garantisce l'uniforme applicazione del diritto in tutto il territorio dello Stato e che presso ogni regione sono istituite una o più sezioni della Corte di cassazione. Infatti, se verrà adottata una forma di Stato ispirata ad un federalismo competitivo, che determini il rovesciamento del sistema delle competenze regionali previsto dall'articolo 117, risulterà tanto più necessaria l'unità di orientamento nell'applicazione del diritto e nella conoscenza delle leggi regionali. In questa prospettiva si collocherebbe l'istituzione di sezione regionali della Corte di cassazione. Ritiene inoltre che debba essere la legge a prevedere i casi e le forme per il ricorso alle sezioni unite della cassazione o alle sezioni regionali.
Ricorda che questa mattina si è svolto un dibattito concernente le cosiddette azioni penali sussidiarie. A suo avviso si dovrebbe piuttosto parlare di rottura del monopolio dell'azione penale da parte del pubblico ministero e, quindi, dovrebbe essere accolto il suggerimento formulato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, il quale ha richiamato il sistema inglese in cui, a fianco del servizio nazionale per l'azione penale di recente istituzione, permane la possibilità di esercizio dell'azione penale da parte dei cittadini o della polizia. La conseguenza sarebbe che l'esercizio dell'azione penale risulterebbe distribuito sul territorio tra vari soggetti. Il principio costituzionale sarebbe pertanto quello per cui la legge prevede i casi e le forme per l'esercizio diretto dell'azione penale a cura della polizia e della persona offesa dal reato. In questo modo verrebbe assicurato uno strumento per addire direttamente il giudice.
Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che, secondo la soluzione indicata dal deputato Soda si arriverebbe al processo senza alcun filtro preventivo e si determinerebbe, pertanto, un effetto inflattivo dei procedimenti dinanzi al giudice.
Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene preferibile lasciare la legislatore la facoltà di prevedere l'esercizio diretto dell'azione penale da parte della polizia e della persona offesa dal reato.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) evidenzia l'effetto inflattivo dei procedimenti dinanzi al giudice per le indagini preliminari.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che la soluzione da lui prospettata porterebbe comunque ad evitare le numerose fasi processuali attualmente previste, come pure a deflazionare il carico di lavoro delle procure. Non solo, ma in tal modo verrebbe a riequilibrarsi il rapporto tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari. Non si può dimenticare che in altri ordinamenti la polizia è titolare della funzione di accusa ma non raccoglie le prove bensì le ricerca e le sottopone al giudice. Se non si adottasse una soluzione del genere viene da chiedersi come posa reggere un sistema di tipo accusatorio, fondato sul principio del contraddittorio, con una miriade di passaggi procedurali. In questo senso deve essere intesa la relazione svolta dal procuratore generale presso la Corte di cassazione che ha invitato a recepire i principio del sistema accusatorio.
Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che la soluzione prospettata dal deputato Soda potrebbe funzionare se non vi fosse l'obbligatorietà dell'azione penale.
Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica - l'Ulivo) rileva che sta emergendo nell'ambito del Comitato la volontà di cercare un terreno d'intesa. Occorre pertanto abbandonare le posizioni che si sono rivelate minoritarie ed altresì evitare di inserire nel dibattito elementi di assoluta novità. A questo proposito osserva che il Comitato ha finora lavorato sull'assunto di escludere per il sistema delle garanzie soluzioni di tipo federalistico o regionalistico, le quali vanno perciò per il momento accantonate.
Ricorda che aveva manifestato una opzione a favore di un unico CSM articolato in tre sezioni, riguardanti rispettivamente i giudici ordinari, i giudici amministrativi ed i magistrati del pubblico ministero. Prende atto che questa posizione è rimasta minoritaria nel dibattito, in quanto è prevalsa l'ipotesi di dare vita a due Consigli superiori, uno per la magistratura ordinaria ed uno per quella amministrativa. In effetti, i tempi non sono ancora maturi per alcune riforme di particolare incisività, le quali richiederebbero inoltre più lunghi tempi di attuazione.
Ciò premesso, osserva che la conservazione in capo al Consiglio di Stato delle attuali funzioni consultive sarebbe ovviamente del tutto inaccettabile qualora si desse vita ad un unico CSM; se - come detto- si fa strada invece l'ipotesi di creare due CSM, le suddette funzioni debbono essere comunque nettamente separate da quelle di natura giurisdizionale. Suscita inoltre perplessità l'ipotesi di estendere le funzioni consultive anche agli atti normativi.
Osserva quindi che non sembra consigliabile attribuire al giudice ordinario le funzioni giurisdizionali attualmente svolte dalla Corte dei conti. Appare preferibile attribuire tali funzioni ad un unico giudice amministrativo, sezioni del quale saranno competenti in materia di responsabilità patrimoniale e contabile. L'azione di responsabilità contabile deve essere attribuita ad un titolare pubblico: in proposito, si pone la scelta se dare copertura costituzionale ad un apposito pubblico ministero presso il giudice amministrativo ovvero se attribuire l'esercizio della suddetta azione al pubblico ministero ordinario, il quale potrebbe di volta in volta scegliere se esercitare l'azione penale dinanzi al giudice ordinario ovvero quella di responsabilità contabile dinanzi al giudice amministrativo. Ritiene per parte sua preferibile la seconda soluzione delineata, la quale non necessita tra l'altro di apposite previsioni costituzionali.
Quanto alla struttura del CSM, occorre scegliere se configurarlo come organo collegiale oppure come organo complesso, prevedendo in questo secondo caso una apposita sezione per i magistrati del pubblico ministero. L'esistenza di tale apposita sezione sarebbe in effetti una necessità nell'ipotesi di unico CSM; accedendo invece alla previsione di due Consigli superiori per le magistrature ordinaria ed amministrativa, potrebbe essere utilmente adottata l'ipotesi di mediazione formulata dal deputato Folena, che ha prospettato una elezione separata dei rappresentanti dei giudici e dei pubblici ministeri in modo da rappresentare proporzionalmente tali due categorie nell'ambito di un organo collegiale.
Altra questione è quella della impugnazione dei provvedimenti del CSM. Sono emerse in proposito possibilità di accordo su soluzioni che contemplino impugnazioni incrociate degli atti dei due Consigli superiori (quelli del CSM ordinario dinanzi al Consiglio di Stato e quelli del CSM amministrativo dinanzi alla Corte di cassazione) ovvero reclami incrociati (in virtù dei quali gli atti del CSM ordinario sarebbero reclamabili dinanzi a quello amministrativo e viceversa).
Vi è poi il problema della composizione del CSM, in ordina al quale rileva che le posizioni rimangono ancora divaricate, in quanto il suo gruppo intende comunque garantire la prevalenza dei membri togati. Una ipotesi di mediazione è stata al riguardo anticipata dal deputato Soda, il quale ha prospettato una soluzione che varrebbe a risolvere anche i problemi relativi alle impugnazioni ed ai giudizi disciplinari. Per parte sua, intende ulteriormente integrare ed articolare tale ipotesi di mediazione, rilevando in primo luogo che potrebbe essere opportuno dare rappresentanza nel Consiglio superiore della magistratura ordinaria anche ai magistrati onorari, che sono in numero più o meno pari a quello dei magistrati ordinari, ed ai quali si potrebbe riservare una quota di un decimo dei componenti del suddetto CSM. Ma soprattutto - al fine di risolvere il problema del giudizio disciplinare anche nei confronti dei magistrati amministrativi - potrebbe prevedersi la creazione di una Alta Commissione per la giustizia, cui affidare i procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i magistrati ed i giudizi sui reclami proposti avverso i provvedimenti di entrambi i Consigli superiori. Tale Commissione dovrebbe essere composta da nove membri, tre dei quali (due togati ed uno laico) eletti dal Consiglio superiore della magistratura amministrativa e sei (quattro togati e due laici) eletti dal Consiglio superiore della magistratura ordinaria. La presidenza dovrebbe essere riservata ad uno dei membri laici. I provvedimenti in materia disciplinare dovrebbero essere ricorribili per cassazione; quelli sui reclami sarebbero invece definitivi. Rileva che in tal modo nessuna componente togata avrebbe da sola la maggioranza, per cui i membri laici risulterebbero determinanti e si creerebbe una effettiva dialettica fra le diverse componenti. Non si inciderebbe inoltre sul principio dell'autogoverno, nè si darebbe adito a sospetti di voler introdurre un controllo politico sulla magistratura. Gli stessi magistrati dovrebbero a loro volta preferire questa soluzione sia rispetto alla soluzione attuale (nella quale sui provvedimenti riguardanti assegnazioni, promozioni o trasferimenti decide in ultima istanza il Consiglio di Stato), sia rispetto all'ipotesi delle impugnazioni o dei reclami incrociati.
Quanto ai temi concernenti l'azione penale, fa presente di condividere la proposta formulata dal senatore Senese di consentire al pubblico ministero di richiedere il proscioglimento o l'archiviazione qualora ravvisi la inoffensività del fatto. Si tratterebbe, nella sostanza, di un limite al principio della obbligatorietà della azione penale, ma di un limite trasparente e sottoposto al controllo del giudice. Per esigenze di bilanciamento, tale previsione dovrebbe altresì essere accompagnata dall'inserimento di un principio che richiami quello di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, precisando che le norme incriminatrici, in quanto di stretta interpretazione, escludono non solo l'applicazione analogica, ma anche quella estensiva.
Relativamente, infine, alla problematica concernente la separazione delle carriere o delle funzioni tra giudici e pubblici ministeri, rileva che l'avviso più saggio, al fine di pervenire all'individuazione di una ipotesi di mediazione, è quello testè espresso dal senatore Maceratini, il quale si è pronunciato per una separazione delle funzioni, che sia però effettiva e rigida, in modo da funzionare quasi come una separazione delle carriere.
Il deputato Marco BOATO (gruppo misto - verdi - l'Ulivo), relatore, fa presente che nella seduta prevista per domani alle ore 9.30 svolgerà la sua relazione sui temi concernenti la Corte costituzionale; il relativo dibattito si aprirà immediatamente dopo e dovrà concludersi entro la seduta pomeridiana che avrà inizio alle ore 14. Nella seduta che sarà convocata per martedì 29 aprile alle ore 9.30 presenterà, alla luce del dibattito svoltosi e di quello che avrà luogo sulla Corte costituzionale, la riformulazione delle ipotesi di testo riguardanti la magistratura, nonchè le ipotesi di testo riguardanti la Corte costituzionale medesima. Presenterà altresì un articolo riguardante le autorità indipendenti ed il difensore civico; e ciò malgrado il relativo dibattito non sia stato svolto, in quanto non vi sarebbe altrimenti il tempo per esaminare in Comitato tale disposizione. Invita pertanto i colleghi a fargli pervenire proprie formulazioni riferite a tale argomento. Ricorda infine che il dibattito proseguirà nella stessa seduta del 29 aprile alle ore 9.30, nonchè in quelle successive delle ore 20.30 dello stesso giorno e di mercoledì 30 aprile alle ore 15, con eventuale ulteriore prosecuzione venerdì 2 maggio, qualora dovesse rendersi necessario.
La seduta termina alle 19.05.