SEDUTA DI GIOVEDÌ 22 MAGGIO 1997
Presidenza del Presidente G. TATARELLA.
La seduta comincia alle 10,20.
Il senatore Cesare SALVI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), relatore, fa presente che, tenendo conto delle indicazioni emerse nel dibattito svoltosi nel corso della seduta del 13 maggio scorso, ha predisposto due ulteriori schemi di discussione (vedi allegati) riferiti rispettivamente all'ipotesi del governo del primo ministro e all'ipotesi del semipresidenzialismo, cercando di venire incontro alle istanze e alle preoccupazioni provenienti da più parti e riferite all'una e all'altra ipotesi. In particolare per quanto riguarda l'ipotesi del semipresidenzialismo, lo schema da lui elaborato esclude alcuni caratteri del modello francese non adattabili alla realtà italiana e va incontro alla esigenza di valorizzare il Parlamento, senza tuttavia snaturare il sistema semipresidenziale. Passando, quindi, ad illustrare in particolare l'ipotesi del semipresidenzialismo, sottolinea che al punto A) dello schema da lui predisposto si prevede che il mandato del Presidente della Repubblica sia di cinque anni; si fa, inoltre, rinvio alla legge per quanto riguarda la disciplina delle modalità di presentazione delle candidature; al punto B) dello schema si indicano i caratteri fondamentali del Capo dello Stato. Alla lettera C) si indicano i poteri del Presidente della Repubblica: al primo punto si stabilisce che egli presiede il Consiglio dei Ministri o delega a presiederlo il Primo ministro; si valuterà in seguito se prevedere una delega permanente o per certe materie. Il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro, tenendo conto dell'indirizzo politico espresso dall'elettorato e della conseguente composizione del Parlamento; come nel sistema francese inoltre, il Capo dello Stato, su proposta del Primo ministro, nomina e revoca i ministri; indice il referendum nei casi previsti dalla Costituzione; inoltre si prevede che al potere di inviare messaggi al Parlamento, faccia riscontro la possibilità per il Parlamento di aprire il dibattito su tali messaggi. Il Capo dello Stato presiede il Consiglio Superiore della Magistratura, come nel sistema francese e nomina, nei casi stabiliti dalla legge, i funzionari dello Stato: sul punto occorre una riflessione al fine di distinguere tra le nomine riconducibili alla competenza dell'Esecutivo, sulle quali il controllo dell'opposizione avverrà sui criteri adottati nella scelta, da quelle da attribuire al Capo dello Stato perchè sottratte ad una logica di maggioranza. Al punto D) si prevede che il Capo dello Stato possa sciogliere il Parlamento, sentito il Primo ministro e il Presidente del Parlamento. In merito gli oppositori del modello semipresidenziale hanno paventato una rischiosa convivenza tra Presidente della Repubblica e Parlamento. Ha quindi predisposto tre ipotesi contenute in proposte di legge rispettivamente a firma Barbera, Passigli e D'Amico. Il punto E) dello schema ha ad oggetto il problema della controfirma degli atti presidenziali, su cui occorre distinguere tra atti per i quali la controfirma è necessaria perché vi è un concorso sostanziale nella decisione del proponente ed atti che invece sono propriamente riconducibili ai poteri presidenziali. Al punto F) si disciplina la composizione del Governo, indicando un numero massimo di ministri; all'ultimo comma si fa rinvio alla legge per la determinazione delle incompatibilità tra cariche di governo e titolarità o svolgimento di attività private. Al punto G) si prevede che entro 10 giorni dalla formazione del Governo, un quarto dei parlamentari possa presentare una mozione di sfiducia che è approvata a maggioranza assoluta dei componenti del Parlamento. Al punto H) si indicano le competenze del Governo. Al punto I) si prevede un quorum più elevato, rispetto a quello indicato alla lettera G), per presentare la mozione di sfiducia nei confronti del Governo già in carica. La norma prevista alla lettera L) evitando l'eccessiva rigidità del sistema francese, prevede che il Primo ministro possa chiedere che un disegno di legge del Governo sia votato entro una data determinata. La lettera M) riguarda la potestà regolamentare del Governo; al fine di superare le obiezioni di coloro che temono una eccessiva compressione del Parlamento, ha inserito la norma del secondo comma della stessa lettera M). La lettera N) si riferisce alla elezione del «Capo dell'opposizione», espressione che non ritiene felice e che quindi dovrebbe essere sostituita; la norma si propone di incentivare il bipolarismo anche durante la vita della legislatura; si può riflettere per valutare l'opportunità di introdurre ulteriori ipotesi in cui il «Capo dell'opposizione» debba essere sentito dal Presidente della Repubblica e dal Primo ministro; il regolamento dovrebbe poi dettare norme sui poteri del Capo dell'opposizione. Alla lettera O) si prevede che il Parlamento, su richiesta della maggioranza dei suoi componenti e con una maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, possa deliberare la decadenza del Presidente della Repubblica quando ritenga che atti o comportamenti dello stesso siano incompatibili con i suoi doveri costituzionali. Quanto allo schema sul governo del Primo ministro, fa presente che la lettera A) è di contenuto identico alla lettera F) dello schema sul presidenzialismo. La lettera B) prevede la costituzionalizzazione del principio per cui la candidatura alla carica di Primo ministro avviene mediante dichiarazione di collegamento con i candidati all'elezione del Parlamento; si prevede inoltre, che sia assicurata la pubblicità del collegamento tra premier e maggioranza sulla scheda elettorale. Il secondo comma della lettera B) deve essere oggetto di particolare riflessione, in quanto l'espressione «elezioni primarie» è generica e allude a meccanismi molto diversi; nello stesso comma si prevede un rinvio alla legge ordinaria per la disciplina delle campagne elettorali e per la disciplina della partecipazione alle trasmissioni televisive al fine di garantire parità di condizioni tra candidati; il terzo comma della stessa lettera prevede che il Presidente della Repubblica nomini Primo ministro il candidato a tale carica cui è collegata la maggioranza - anche relativa - dei parlamentari eletti. Alla lettera C) si prevede che il Primo ministro nomini e revochi i ministri. Alla lettera D) si prevede che, entro dieci giorni dalla formazione del Governo, un quarto dei parlamentari possa presentare una mozione di sfiducia; in caso di approvazione il Presidente della Repubblica scioglie il Parlamento e indice nuove elezioni, mentre, nell'ipotesi in cui la mozione di sfiducia venga approvata nel corso della legislatura, il Primo ministro può sciogliere il Parlamento. Alcuni hanno sostenuto che il potere di scioglimento del premier è eccessivo, altri invece che sia connaturale al sistema. Per parte sua ritiene che il premier debba avere una possibilità di scelta e che il cambiamento del premier sia possibile, ma deve essere eccezionale e accompagnato da adeguate garanzie. Molte sono state le obiezioni mosse al meccanismo della sfiducia costruttiva, ma ritiene che tale meccanismo sia essenziale per evitare la rigidità del sistema. Il potere di scioglimento d'altra parte non deve essere enfatizzato: in fondo comporta un ritorno alle urne e quindi alla decisione degli elettori. Alla lettera F) si prevede, inoltre, che il Primo ministro dimissionario non possa far parte del nuovo Governo, nè candidarsi alla carica di Primo ministro nella legislatura successiva. Alla lettera G) vengono indicate i poteri del Primo ministro; alla lettera H) si riconosce il diritto del Governo ad avere certezza sulla data del voto su un disegno di legge presentato dalla stesso Governo; alla lettera I) si prevede una riserva di regolamento; alla lettera L) si disciplina l'elezione del «Capo dell'opposizione»; alla lettera M) si prevede che il Presidente della Repubblica sia eletto per sette anni e non sia rieleggibile; quanto alle modalità della sua elezione, alla lettera N) si prevede, accogliendo un'esigenza emersa nel corso del dibattito, un collegio elettorale ampio con ballottaggio tra i due candidati più votati dopo il terzo scrutinio. Alla lettera O) si indicano i poteri del Presidente della Repubblica, prevedendo che questi abbia il potere di veto alla presentazione al Parlamento di disegni di legge governativi che presentino manifesti vizi di legittimità costituzionale; la norma non fa riferimento ai decreti legge, in quanto questi, a suo avviso, dovrebbero scomparire dal sistema, ma se si ritiene che sussista l'esigenza di far ricorso a tal strumento, allora il potere di veto dovrebbe essere esteso anche ai provvedimenti di urgenza. Si prevede, inoltre, che il Capo dello Stato possa con messaggio motivato chiedere il riesame di leggi e regolamenti. Alla lettera Q) si prevede un meccanismo di rimozione del Capo dello Stato attraverso la messa in stato di accusa da parte del Parlamento a maggioranza assoluta dei componenti. Conclude osservando che occorre scegliere un modello che abbia una sua logica interna. Per parte sua sottolinea di essere contrario ad una elezione diretta e separata del Capo del Governo: in tale ipotesi la previsione di un potere di scioglimento delle Camere da parte del premier non sarebbe conforme al modello democratico.
Il deputato Achille OCCHETTO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) dopo essersi complimentato con il relatore per il lavoro svolto, osserva che negli schemi per la discussione oggi presentati, mentre l'ipotesi del semipresidenzialismo risulta migliorata perché resa più flessibile, cioè più democratica rispetto al modello francese, quella del governo del Primo ministro risulta più confusa rispetto alle precedenti. A suo avviso o il premier viene eletto separatamente oppure - se si ritiene che l'elezione separata del premier sia antidemocratica - il premierato è «continuazione» del sistema elettorale e allora occorre affrontare subito il problema del sistema elettorale, altrimenti la proposta sul premierato non è discutibile, non è votabile, per cui tanto vale passare al semipresidenzialismo. Ritiene che qualora si giunga ad una riforma dello Stato in senso federale - che nella realtà italiana rappresenterebbe una rottura rispetto al passato - sarebbe essenziale riprodurre un momento di unità nazionale attraverso l'elezione diretta del Capo dello Stato. Il sistema federale è convincente ma, non è assolutamente condivisibile l'ipotesi di prevedere una camera delle garanzie eletta con un diverso sistema elettorale. Conclude, quindi, sottolineando di essersi sempre dichiarato a favore del premierato, ma se dovesse passare l'ipotesi delineata dal relatore, si schiererebbe a favore del semipresidenzialismo.
Cesare SALVI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) relatore, precisa di non aver mai affermato che l'elezione diretta e separata del premier sia antidemocratica, ma che è antidemocratico un sistema in cui il premier eletto direttamente e separatamente abbia il potere di scioglimento del Parlamento.
Il deputato Giuseppe CALDERISI (gruppo forza Italia), in ordine allo schema predisposto dal relatore sull'ipotesi del governo del premier, osserva che tale ipotesi si regge sulla norma contenuta dal terzo comma del punto B): tale norma, qualora non si prevedesse nello stesso testo costituzionale un'indicazione sul sistema elettorale, potrebbe portare ad esiti paradossali. Se infatti il sistema elettorale fosse di tipo proporzionale si potrebbe verificare l'ipotesi di un premier cui sia collegato il venti per cento dei parlamentari eletti e che, tuttavia, ha il potere di scioglimento del Parlamento. Ciò rende necessario indicare nel testo costituzionale alcuni principi relativi al sistema elettorale. Inoltre, nello schema predisposto dal relatore il premier è prigioniero della maggioranza, non si assicura la coincidenza tra premiership e leadership, anzi vi è il rischio di favorire la logica opposta, cioè quella che non porta alla candidatura del leader di un determinato schieramento. L'ipotesi del governo del Primo ministro predisposta dal relatore presenta, inoltre, delle lacune: si pensi, ad esempio, al caso di una maggioranza che impedisce di fatto al premier di governare, senza tuttavia presentare la mozione di sfiducia, ipotesi che condurrebbe alla paralisi del sistema. In realtà il premierato presenta difficoltà di scrittura insormontabili per chiunque si cimenti a tradurlo in norme scritte. Al contrario l'ipotesi del semipresidenzialismo, presentata oggi dal relatore, rappresenta un buon punto di equilibrio. In proposito fa presente che tra le alternative indicate alla lettera D) dello schema preferisce l'ipotesi a); sarebbe opportuno tuttavia aggiungere, infine, le parole «e comunque vale fino all'elezione del nuovo Presidente».
Il senatore Leopoldo ELIA (gruppo partito popolare italiano) ritiene che sia difficile tradurre in norme scritte sia il sistema del premierato che quello del semipresidenzialismo. Infatti le costituzioni viventi sono formate anche da convenzioni non scritte che tuttavia costituiscono elementi fondamentali del sistema costituzionale. Nel sistema semipresidenzialista il Capo dello Stato nomina il Primo ministro, ma in proposito occorre tener presente che nel sistema francese egli ha anche il potere di revoca: il Primo ministro in tale sistema è soprattutto responsabile verso il Presidente della Repubblica che può revocarlo quando lo ritenga opportuno. È inutile quindi rimproverare la poca chiarezza dell'ipotesi di premierato delineata dal relatore. Osserva, quindi, che opportunamente il relatore ha scelto di non fare riferimento al sistema elettorale e che giustamente il Presidente D'Alema ha affermato che il premierato sarebbe compatibile anche con il sistema elettorale vigente; è sufficiente che vi sia un sistema elettorale che abbia capacità aggregative. Occorre, quindi, non farsi vincere dalla difficoltà di scrivere le convenzioni. Con riferimento all'intervento del deputato Occhetto, non ritiene condivisibile il rilievo per cui in un sistema federalista sarebbe opportuno scegliere il semipresidenzialismo. Tale legame è smentito dall'esperienza storica di vari paesi e non è un caso che in Francia, dove vige il sistema semipresidenziale, non vi è traccia di federalismo.
Il deputato Armando COSSUTTA (gruppo rifondazione comunista-progressisti) osserva che gli schemi oggi presentati dal relatore confermano le preoccupazioni da lui espresse precedentemente. La preoccupazione più grave si riferisce al potere di scioglimento delle Camere attribuito al premier che, a suo avviso, rende l'ipotesi del premierato ancora più pericolosa di quella semipresidenziale. Fa presente, quindi, che il suo gruppo potrebbe decidere di presentare emendamenti sia all'una che all'altra ipotesi di articolato oppure decidere di proporre una terza ipotesi non improntata alla cultura semipresidenzialista che invece informa entrambi gli schemi elaborati dal relatore. Aggiunge che è impossibile discutere tali schemi se essi non sono accompagnati da un'indicazione sul sistema elettorale. Di fronte ad una profonda modificazione della forma di stato, ritiene necessario garantire un'alta quota proporzionale, che assicuri nel Parlamento la presenza delle componenti della società, con una garanzia di stabilità. A questo proposito rileva che nè il premierato, nè il semipresidenzialismo sono idonei a garantire la maggioranza e quindi la stabilità. Conclusivamente ribadisce che il suo gruppo valuterà se presentare emendamenti oppure uno schema alternativo a quello elaborato dal relatore, secondo le modalità che verranno indicate dall'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi. Chiede inoltre che si decida in ordine alla opportunità di discutere sul sistema elettorale.
Il senatore Domenico FISICHELLA (gruppo alleanza nazionale) preliminarmente osserva che sono comprensibili le preoccupazioni sottese all'ipotesi di una elezione separata del premier, non tanto per le obiezioni sul potere di scioglimento attribuito allo stesso premier, ma per la necessità di un nesso tra il premier e il suo polo al fine di costruire il bipolarismo. Con riferimento allo schema predisposto dal relatore sull'ipotesi del governo del Primo ministro, ritiene che, la norma sulla sua elezione dovrebbe essere sostituita, in modo da prevedere che il Primo ministro sia eletto a suffragio universale diretto e che debbano essere i candidati all'elezione al Parlamento a collegarsi al candidato alla carica di Primo ministro: in sostanza deve essere chiaro che la freccia del collegamento deve andare dal premier alla maggioranza, altrimenti diviene più difficile sostenere l'ipotesi del premierato. In tale sistema occorrerebbe anche prevedere un'indicazione generale sul sistema elettorale che dovrebbe essere quello maggioritario con collegi uninominali. In ordine all'elezioni primarie previste al secondo comma del punto B), osserva che a suo avviso tale meccanismo non consente affatto, come spesso si sostiene, ai cittadini di esprimersi autonomamente sulle candidature e se così fosse vi sarebbero migliaia di candidati. Non condivide inoltre l'ultimo comma del punto B): il limite delle due legislature appare eccessivo. Le norme previste ai punti D) ed E), così come proposte dal relatore, fanno pensare ad una surrettizia introduzione della necessità di un voto di fiducia subito dopo la formazione del Governo; in realtà la norma dettata alla lettera E) è di per sé sufficiente, nel senso che assorbe quella contenuta alla lettera D).
Con riferimento alle osservazione espresse dal deputato Occhetto sul federalismo, rileva che se il federalismo viene portato oltre certi limiti, allora un premier o un Presidente della Repubblica direttamente eletto non avrebbero comunque la forza di reggere tendenze centrifughe. Ritiene condivisibile il secondo comma del punto F) sul primo ministro dimissionario. Condivide, altresì, la disciplina prevista alla lettera O), mentre per quanto riguarda l'elezione del Presidente della Repubblica, ritiene che il numero dei parlamentari nazionali debba essere in numero superiore rispetto alle altre categorie rappresentate nel collegio elettorale che lo elegge.
Il deputato Valdo SPINI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che l'analisi dei due schemi predisposti dal relatore tra loro comparati non lascia dubbi: si è in un vicolo cieco a causa di coloro che si oppongono ad un elezione diretta del Capo dello Stato. L'ipotesi del Governo del Primo ministro è inaccettabile: in proposito ritiene fondamentale la norma dell'articolo 67 della Costituzione, secondo la quale ogni parlamentare esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato, per cui è contrario al sistema del collegamento nella lista elettorale previsto al punto B) dello schema del relatore sul premierato. Peraltro in tale sistema il premier diventerebbe arbitro della vita parlamentare avendo il potere di scioglimento. Il premier poi verrebbe eletto con un sistema a suo avviso ambiguo e la sua candidatura non si sa come verrebbe espressa.
Il senatore Cesare SALVI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), relatore, precisa che i meccanismi previsti nell'ipotesi di premierato da lui elaborata esistono in altre democrazie. La scelta di eleggere insieme un premier ed una coalizione corrisponde al modello Westeminster.
Il deputato Valdo SPINI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che l'ipotesi del premierato sia pericolosa e che, così come delineata dallo schema del relatore, disincentivi le dimissioni del Primo ministro, prevedendosi che il Primo ministro dimissionario non possa far parte del nuovo Governo, né candidarsi alla carica di Primo ministro nella legislatura successiva.
Il deputato Rocco BUTTIGLIONE (gruppo misto-CDU) osserva che il modello Westminster richiederebbe la funzione riequilibratrice della monarchia.
Il deputato Valdo SPINI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che nell'ipotesi di premierato delineata dal relatore il premier viene espresso con un tipo di elezione ambigua: non si saprebbe infatti se nella scelta dell'elettore ha avuto la prevalenza l'intento di votare per il Primo ministro oppure per il candidato all'elezione del Parlamento. Eppure questo premier avrebbe il potere di sciogliere le Camere. A suo avviso si può partire dall'ipotesi semipresidenzialista per giungere ad una soluzione di equilibrio, mentre se si parte dall'ipotesi del premierato si è costretti ad un progressivo irrigidimento e ad un sistema che pone il Parlamento in una posizione difficile. Nel sistema semipresidenzialista se è vero che il Capo dello Stato verrebbe eletto da una maggioranza, è anche vero che la leadership della maggioranza viene poi assunta dal Primo ministro e il Presidente della Repubblica diviene il garante dell'unità nazionale. Se si giunge alla riforma in senso federale dello Stato, è poi importante un Presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo come momento di affermazione di unità nazionale. Dal dibattito sembra emergere la prevalenza dell'idea del semipresidenzialismo e tuttavia non si comprende la ragione per cui si insiste sul premierato. Infine osserva che sono comprensibili i rilievi di coloro che sottolineano la necessità di affrontare la questione del sistema elettorale.
Il deputato Domenico NANIA (gruppo alleanza nazionale) osserva che i due schemi per la discussione, oggi presentati dal relatore, rappresentano un progresso sulla strada della chiarezza. Per quanto riguarda l'ipotesi del semipresidenzialismo, osserva che continuando a riflettere e a lavorare sul potere di scioglimento del Capo dello Stato e sul potere di nomina del Primo ministro, molti problemi potrebbero essere superati. Infatti in un sistema in cui il Presidente della Repubblica venga eletto dai cittadini e il Governo sia dello stesso colore della maggioranza che ha espresso il Presidente della Repubblica, si avrebbe un primo ministro nominato dal Presidente della Repubblica, ma che ha la fiducia della maggioranza parlamentare; se la maggioranza non c'è si cambia il Primo ministro. Spesso si obietta che nel sistema presidenziale vi sarebbe uno svilimento del Parlamento; ma si omette di valutare che nelle esperienze concrete di tale sistema lo svilimento del Parlamento non gioca a favore del Presidente della Repubblica, ma a favore del Primo ministro, come avviene in Francia. Allora occorre riflettere ancora sul potere di scioglimento e di nomina del Primo ministro: si potrebbe pensare ad un'ipotesi in cui il Presidente della Repubblica sia vincolato a nominare Primo ministro il leader della maggioranza espressa dagli elettori, in una ipotesi di collegamento maggioranza-premier. Ritiene fondamentale una chiara indicazione sul sistema elettorale. Comunque entrambi gli schemi proposti dal relatore sono da valutarsi positivamente. Con riferimento all'ipotesi del governo del premier, ritiene non comprensibile la norma prevista al punto D), in quanto allorché si costituzionalizza il principio per cui vi deve essere un collegamento tra premier e maggioranza che emerga dalla scheda elettorale, non vi è dubbio che la scelta degli elettori rappresenti un vincolo politico: non si comprende allora come sia possibile venir meno a tale vincolo presentando entro dieci dalla formazione del Governo una mozione di sfiducia. Tale possibilità non è compatibile con un meccanismo di elezione diretta del premier. Peraltro è facile immaginare che la mozione di sfiducia verrebbe presentata quando il premier non abbia calibrato in modo soddisfacente la composizione del Governo. Sulle dimissioni del premier condivide l'osservazione espressa dal senatore Fisichella. Quanto alle elezioni primarie previste nel punto B) ritiene che tale meccanismo rappresenti un significativo passo avanti, in quanto qualunque tipo di collegamento con il candidato premier se non passa attraverso elezioni primarie, non garantisce il bipolarismo; pertanto al secondo comma del punto B) sarebbe preferibile prevedere «La legge stabilisce - invece che «può stabilire» - lo svolgimento di elezioni primarie per la scelta dei candidati alla carica di Primo ministro». Infine sottolinea di ritenere importante, nell'ipotesi di riforma in senso federalista dello Stato, ritrovare un forte momento di unità attraverso l'elezione diretta del Presidente della Repubblica.
Il senatore Stefano PASSIGLI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritenere che gli schemi elaborati dal relatore esprimano in modo molto corretto le ipotesi del semipresidenzialismo e del premierato. Ribadisce, quindi, di essere favorevole all'ipotesi del semipresidenzialismo. Comunque si sta discutendo di forme mediane rispetto agli archetipi del governo semipresidenzialista e del governo parlamentare, in quanto le rispettive lacune sono note, per cui la riforma deve tendere a superarle. Il premierato ha un grande punto di forza: quello di garantire il Governo di legislatura, ma ha due punti deboli riferiti alle modalità di presentazione delle candidature e all'attribuzione del potere di scioglimento delle Camere al premier. Quanto alle modalità di presentazione di candidature osserva che le elezioni primarie - che vengono presentate come strumento di trasparenza e di massima garanzia del potere di scelta dell'elettorato - in realtà rappresentano un modo per dare il massimo potere ai partiti; inoltre le elezioni primarie sollevano problemi di identificazione del corpo elettorale. Quanto alle osservazioni espresse dal senatore Fisichella sul primo comma del punto B), secondo le quali deve essere il premier a «trascinare» i candidati all'elezione del Parlamento per evitare il rischio di candidati esterni al sistema istituzionale, ritiene che per evitare tale rischio occorre invece un sistema esattamente opposto a quello proposto dal senatore Fisichella. Inoltre se si pensa a candidati a Primo ministro nazionali in cui si riconoscono i candidati dei collegi, allora si giunge a delineare un premier che sia demiurgo della maggioranza con il potere di scioglimento delle Camere e quindi con una forza tale da spostare l'ipotesi del premierato decisamente verso il semipresidenzialismo. Tale ipotesi non ammetterebbe alternative e, nei casi di crisi nella maggioranza - crisi che può essere dovuta non soltanto ad un «ribaltone» ma anche a semplici aggiustamenti - vi sarebbe o un frequente ricorso alle urne o, più probabilmente un Governo ingessato, privo della capacità di governare e molto debole. L'attribuzione del potere di scioglimento delle Camere al premier non sarebbe grave in un sistema elettorale - al quale a suo avviso occorre fare riferimento - tale da determinare grandi aggregazioni, nel senso di coalizioni omogenee e questo sarebbe possibile prevedendo un doppio turno; in tal caso le crisi della maggioranza sarebbero rare. Quanto al sistema semipresidenziale, rileva che esso consente maggiore flessibilità al premierato. In proposito si è osservato che tale sistema non risolverebbe il problema del «governo diviso»: a suo avviso tale problema, che si porrebbe soltanto nell'ipotesi di «coabitazione», potrebbe essere superato garantendo che il Capo del Governo rimanga a tutti i titoli capo della maggioranza, una maggioranza diversa da quella di cui è espressione il Presidente della Repubblica. Se il Governo gode della fiducia del Parlamento, il Presidente della Repubblica non potrà revocarlo. In ordine al tema del federalismo e al suo collegamento con il presidenzialismo, ritiene che la riforma in senso federale dello Stato richieda un rafforzamento dell'Esecutivo o attraverso l'elezione diretta del premier o attraverso l'elezione diretta del Capo dello Stato. Ritiene, inoltre, che nel testo costituzionale dovrebbe farsi riferimento ai decreti legge: è probabile, anche tenendo presente la recente sentenza della Corte costituzionale sulla materia, che il ricorso al decreto legge si ridimensioni, e se ciò avverrà, allora il provvedimento di urgenza ritornerà alla sua originaria natura di strumento eccezionale cui fa ricorso solo in presenza di circostanze eccezionali.
Il senatore Maurizio PIERONI (gruppo verdi-l'Ulivo) osserva che il dibattito svoltosi non ha condotto a progressi, in quanto in entrambi gli schemi predisposti dal relatore sono presenti due difetti strutturali derivanti dall'impostazione che la discussione ha avuto fin dall'inizio. Nell'ipotesi del semipresidenzialismo rimane il difetto strutturale del rischio della «coabitazione». Invece in quella del premierato vi è il rischio del governo di minoranza. Nel semipresidenzialismo il difetto non è superabile; nel premierato invece il difetto indicato si può risolvere affrontando coraggiosamente la questione del sistema elettorale con l'inserimento nella Costituzione di una norma che demandi alla legge ordinaria il compito di stabilire le vie per giungere ad una maggioranza certa; a suo avviso non è condivisibile l'affermazione per cui il maggioritario darebbe più garanzie del proporzionale. Inoltre i problemi dovrebbero essere gestiti con strumenti flessibili e non immaginando elementi di irrigidimento. Rileva altresì che l'idea per cui sarebbe connaturale un legame tra federalismo e presidenzialismo contrasta con la realtà dei fatti: i paesi che hanno scelto il federalismo hanno un sistema di governo del premier. La coesione dello Stato si ottiene, infatti, con l'alta rappresentatività dei livelli istituzionali. Concludendo, quindi osserva che se si ritiene che la realtà italiana possa sopportare il rischio di un governo «diviso», allora si può accedere all'ipotesi semipresidenzialista; quanto al premierato, occorre garantire la certezza della maggioranza che sostiene il premier.
Il deputato Giorgio REBUFFA (gruppo forza Italia) osserva che mentre il sistema semipresidenzialista rappresenta una forma di governo chiara, quella del premier presenta problemi irrisolubili, il primo dei quali - già sollevato dal deputato Calderisi - scaturisce dalla norma prevista al terzo comma del punto B) dello schema elaborato dal relatore: occorre, quindi, in proposito un'indicazione sul sistema elettorale.
Il senatore Cesare SALVI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che la norma prevista al terzo comma del punto B) dello schema relativo al premierato da lui elaborato non è compatibile con un sistema proporzionale; tuttavia dal punto di vista logico appare opportuno pronunciarsi preliminarmente sulla scelta del sistema di governo per poi discutere della riforma elettorale.
Il deputato Giorgio REBUFFA (gruppo forza Italia) osserva che un premier che abbia il potere di scioglimento delle Camere richiede una legittimazione popolare; ciò lo induce a preferire l'ipotesi del semipresidenzialismo che assicura maggiormente la tenuta democratica. Quanto alla necessità di assicurare il bipolarsimo, ricorda che in più occasioni il deputato De Mita ha sostenuto che il sistema bipolare è stato già sperimentato in Italia, ma era talmente fragile che è scivolato lentamente verso la confusione; è necessario allora un meccanismo per cui la disciplina della maggioranza è garantita dall'elezione diretta del relativo leader. Osserva altresì che in Italia la struttura amministrativa non è in grado di reggere a eventuali tendenze scissionistiche. È necessario allora un forte momento di unità nazionale, e un'unità monocratica dell'indirizzo politico. Esorta, quindi, i membri della Commissione a riflettere sulla necessità di evitare una riforma che non sia veramente tale.
Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che si è affermato, nel corso del dibattito, che il sistema semipresidenzialista sarebbe più flessibile rispetto al sistema del governo del primo ministro: in realtà si prevede di risolvere nel «premierato» una serie di conflitti che con riferimento al sistema semipresidenziale si ignorano. Ma anche in quest'ultimo sistema tali problemi si pongono con la stessa gravità, anzi è possibile un conflitto strutturale che non è eliminabile neppure introducendo meccanismi rigidi. Il conflitto tra Presidente della Repubblica e Parlamento rispettivamente espressioni di maggioranza diverse può tradursi da una parte nel potere del Capo dello Stato di sciogliere il Parlamento che gli è ostile e dall'altra nel potere del Parlamento di deliberare la decadenza del Presidente della Repubblica. Vi sono poi altri problemi che sono stati sollevati con riferimento al «premierato», ma che si pongono identicamente anche nel semipresidenzialismo. Nello schema predisposto dal relatore sull'ipotesi semipresidenzialista, infatti, il Presidente della Repubblica, nomina il Primo ministro tenendo conto dell'indirizzo politico espresso dall'elettorato; in merito osserva che il Parlamento potrebbe essere diviso al suo interno, cioè potrebbe non esservi una maggioranza, per cui il Primo ministro potrebbe non avere la fiducia. Anche nel sistema semipresidenzialista inoltre potrebbero verificarsi i «ribaltoni». Posto ciò non si comprende la ragione per cui mentre nel sistema semipresidenzialista si intende introdurre aspetti di flessibilità, in quello del premierato si mantiene la rigidità. Aggiunge di avere molti dubbi sull'assunto per cui rispetto ad una riforma federalista dello Stato, sarebbe opportuno prevedere l'elezione diretta del Capo dello Stato, ritenendo che, al contrario, un Presidente della Repubblica elettivo, che è comunque espressione di una maggioranza, ed è eletto dopo uno scontro politico, sarebbe meno adatto ad assicurare l'unità nazionale rispetto ad un Presidente eletto dal Parlamento integrato dalle espressioni delle autonomie con funzioni di mera garanzia. Quanto allo schema predisposto dal relatore sul governo del Primo ministro - ipotesi verso la quale propende - non condivide la norma prevista al terzo comma del punto B), secondo la quale il Presidente della Repubblica nomina Primo ministro il candidato a tale carica al quale è collegata la maggioranza, anche relativa, dei parlamentari eletti; ritiene infatti che la nomina dovrebbe essere legata solo alla maggioranza assoluta. Se tuttavia si optasse per la soluzione prospettata dal relatore sarebbe giustificato introdurre la possibilità di presentare la mozione di sfiducia entro dieci giorni dalla formazione del Governo, come previsto dallo schema del relatore alla lettera D), ma in caso di approvazione, non dovrebbe, a suo avviso, scaturire l'automatico scioglimento del Parlamento, bensì la sostituzione del Primo ministro; dovrebbe quindi essere una sfiducia costruttiva. Ribadisce inoltre le riserve, già espresse nella seduta del 13 maggio scorso, sull'attribuzione di un potere di scioglimento al premier che porrebbe il Parlamento in una condizione di soggezione rispetto al Primo ministro; tale potere si potrebbe attribuire al Capo dello Stato su proposta del Primo ministro. Sottolinea conclusivamente di essere favorevole ad un sistema di governo del Primo ministro, ma meno rigido di quello delineato dal relatore e con un premier che non abbia il potere di scioglimento del Parlamento.
Il deputato Rocco BUTTIGLIONE (gruppo misto-CDU) osserva che nel delineare lo schema relativo al semipresidenzialismo il relatore ha dimostrato una notevole sapienza istituzionale, avendo elaborato un modello che ricalca quello francese adattandolo alla realtà italiana, nel senso di una valorizzazione del Parlamento, mentre nel delineare l'ipotesi del premierato il relatore ha dimostrato notevole capacità politica. I due schemi non sono comparabili. Per quanto riguarda l'ipotesi del premierato si pone il problema di rendere autonomo l'Esecutivo, cioè di garantire una legittimazione autonoma dell'Esecutivo; se, invece, s'intende creare un Esecutivo forte, ma con una legittimazione parlamentare, allora si aprono problemi insolubili. Il relatore Salvi nel predisporre il suo schema relativo al premierato, ha cercato di venir incontro alle varie esigenze politiche rappresentate nel corso del dibattito; se ciascuno resta fermo sulle sue posizioni di bandiera originarie, allora il modello di premierato proposto dal relatore si presenta come una soluzione di grande equilibrio e tuttavia al tempo stesso sotto il profilo istituzionale solleva molti problemi. Il modello Westminster si costruisce con convenzioni non scritte e una classe politica forte ed ha avuto nella storia molti adattamenti. Rivolge, quindi, un invito agli oppositori del semipresidenzialismo invitandoli a riflettere: potrebbero convincersi, infatti, che la necessità di attribuire al premier poteri straordinari, indispensabili per garantire la stabilità, rende l'ipotesi del premierato una soluzione più rischiosa di quella del semipresidenzialismo; tali poteri straordinari sono indispensabili per garantire la stabilità. È necessario, quindi, superare il nodo della scelta della forma di governo: il paese chiede, infatti fortemente una decisione che deve essere tempestiva per evitare che si vada verso lo sfascio.
Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che il modello semipresidenzialista appare più chiaro e più semplice, ma non è detto che esso dia certezza e soluzioni univoche. Infatti alla stabilità e continuità del Governo, non è detto che corrisponda una reale capacità dell'Esecutivo stesso di governare processi complessi. L'analisi esposta del deputato Occhetto appare in parte sommaria, in parte errata. Se si guarda anche ai processi politici in atto, emergono con chiarezza i limiti dell'uno e dell'altro sistema. Per quanto riguarda il premierato i limiti consistono nel rischio di un governo di minoranza e di attribuire un potere forte, come quello dello scioglimento ad un premier che non ha la maggioranza parlamentare. Quanto al semipresidenzialismo, esso non assicura la certezza di una maggioranza e pone la questione elettorale negli stessi termini del premierato. Non è quindi un sistema perfetto, in quanto il rapporto tra Governo e Parlamento solleva gli stessi problemi di quelli sollevati dal premierato, anzi li pone in modo più grave. Si è anche obiettato che nel sistema del premierato proposto dal relatore si attribuisce un potere di scioglimento ad un premier che non ha una legittimazione popolare; in merito osserva che al contrario, in quella ipotesi il premier non è privo di una legittimazione popolare bensì ha una legittimazione congiunta a quella della maggioranza a lui collegata. In realtà il cuore della democrazia consiste nell'affidare al cittadino anche il diritto di scegliere i suoi governanti, oltre a quello di scegliere i suoi rappresentanti. Il collegamento proposto nello schema del relatore riferito al premierato tra il candidato premier e i candidati all'elezione del Parlamento garantisce la trasparenza di un patto. I timori espressi sul potere di scioglimento del premier sono a suo avviso infondati. Ricorda in proposito che nel corso delle audizioni svolte è stato affermato più volte che il potere di scioglimento in concreto ha avuto un ruolo deterrente, di equilibrio e comunque tale potere si riferisce all'ipotesi in cui si apra un conflitto. Non si possono affrontare i problemi solo sul versante patologico. Quanto al rischio della paralisi del sistema del premierato, ritiene che esso possa essere evitato con un sistema elettorale a doppio turno con collegi uninominali. Ritiene non convincente inoltre il collegamento sostenuto da molti tra federalismo e semipresidenzialismo: in tale sistema il Presidente della Repubblica sarebbe comunque eletto da una maggioranza. Inoltre rileva che proprio per tale ragione il Presidente della Repubblica non potrebbe presiedere il CSM. Non condivide, infine, la proposta del deputato Nania di innestare nel sistema semipresidenzialista elementi di flessibilità, in quanto delinea un sistema «a doppio motore» non convincente.
Il deputato Natale D'AMICO (gruppo rinnovamento italiano) ritiene opportuno lasciare il grado effettivo di semipresidenzialismo che un sistema può avere alla scelta degli elettori: saranno gli elettori a decidere con il loro voto se determinare o meno una «coabitazione». Gli schemi predisposti dal relatore rappresentano un passo avanti. In quello relativo al premierato, il potere di scioglimento del premier rappresenta un contrappeso necessario; opportuna appare anche la previsione di elezioni primarie per le quali, tuttavia, vi è una difficoltà di delineare una disciplina. Infatti il modello Westminster si fonda soprattutto su convenzioni che non sono traducibili in norme scritte; proprio per tali ragioni tale modello può presentare notevoli lacune, per cui appare preferibile il sistema del semipresidenzialismo.
Il senatore Ettore Antonio ROTELLI (gruppo forza Italia) osserva che il relatore potrebbe anche presentare un terzo modello, oltre ai due già elaborati. Passando in particolare all'esame delle norme contenute in tali schemi, rileva, per quanto riguarda quello relativo al premierato - ma l'osservazione vale anche per quello relativo al semipersidenzialismo - che non si prevede per i vice ministri un numero massimo come per i ministri, per cui vi è il rischio che a diciotto ministri corrispondano trentasei vice ministri. Inoltre, non si prevede l'incompatibilità tra cariche di governo e l'appartenenza al Parlamento. Quanto alle elezioni primarie sottolinea la complessità di elezioni che si riferiscono a candidati a Primo ministro da eleggere insieme ad una maggioranza. Non condivide il collegamento con una maggioranza anche relativa previsto al terzo comma del punto B): in un sistema di elezione diretta del premier deve essere nominato Primo ministro il candidato cui sia collegata la maggioranza assoluta degli eletti. Quanto allo schema relativo al semipresidenzialismo, ritiene che al quarto comma del punto A), al primo periodo le parole «dei votanti» dovrebbero essere sostituite dalle parole: «dei voti validamente espressi». Inoltre, al primo comma del medesimo punto A) ritiene che sia opportuno prevedere un mandato presidenziale di quattro anni, invece di cinque. Al punto C) rileva l'incongruenza di un Presidente della Repubblica che presiede il Consiglio dei ministri senza farne parte; inoltre, a suo avviso è necessario vincolare il potere di nomina del Primo ministro, spettante al Presidente della Repubblica, all'indicazione politica espressa dall'elettorato; sempre al punto C) sarebbe opportuno prevedere che il Capo dello Stato indica le elezioni del Parlamento nella domenica successiva di cui al quarto comma del punto A). Non condivide la norma che attribuisce al Capo dello Stato la presidenza del CSM, in quanto, egli partecipa della funzione di governo. Al punto H) rileva una contraddizione tra il primo e il secondo comma. Al punto I) si prevede che il Primo ministro presenti le dimissioni in caso di sfiducia, per cui si può pensare che gli altri componenti del Governo possano in tal caso restare in carica. A suo avviso il premierato annulla la dialettica tra Governo e Parlamento delineandosi come un sistema autoritario: un regime è parlamentare, infatti, quando il Parlamento può far cadere il Governo. Quindi si dichiara favorevole al semipresidenzialismo con i correttivi da lui proposti.
Il senatore Cesare SALVI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), relatore, osserva che si è discusso molto sul potere di scioglimento che per alcuni è espressione di autoritarismo, per altri è essenziale per evitare la debolezza del premier, nonchè sulle modalità del collegamento tra premier e maggioranza, per cui occorre un'ulteriore riflessione come, del resto, sull'ipotesi del semipresidenzialismo. Ritiene comunque che il dibattito gli abbia fornito tutte le indicazioni utili per formulare delle conclusioni.
Giuseppe TATARELLA, Presidente, ritiene di affidare alla valutazione del relatore l'opportunità di una nuova convocazione del Comitato, nel caso ricorrano fatti nuovi rispetto alla situazione odierna.
La seduta termina alle 14,40.