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1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO - NORMATIVA PATTIZIA
1.1. Introduzione. Il Trattato di Washington del 4 aprile 1949.
Com'è noto, l'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (d'ora in poi NATO) nasce nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale. Scopo fondamentale della NATO era quello di costituire un'alleanza militare di tipo difensivo fra gli Stati Uniti d'America, il Canada e tutti quei Paesi dell'Europa occidentale che si riconoscevano nei tradizionali sistemi di governo democratico di stampo liberista. Il perseguimento di fini militari non era infatti disgiunto dall'obiettivo di rafforzare i vincoli politici ed economici fra gli Stati parti. Alla base della creazione della NATO erano dunque non soltanto scopi militari ma anche l'idea di creare un'unione di Stati antagonista al sistema economico di tipo collettivista proprio dell'Unione Sovietica e degli Stati che avrebbero poi costituito il Patto di Varsavia.
La genesi della NATO è dunque da ricondurre a ragioni sia strategiche che economico-politiche che muovevano dalla cosiddetta dottrina Truman, dal nome del Presidente degli Stati Uniti il quale riteneva indispensabile sottrarre con qualsiasi mezzo gli Stati europei ai tentativi di espansione dell'Unione Sovietica al di là dei limiti geografici sanciti dal secondo conflitto mondiale.
Tali esigenze erano peraltro vive anche in Europa. É del 17 marzo 1948 la sottoscrizione del Trattato di Bruxelles, concluso fra Belgio, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo e Paesi Bassi, istitutivo dell'Unione europea occidentale (UEO). Parti originarie del Trattato di Washington furono, oltre agli Stati Uniti ed agli Stati già parti del Trattato di Bruxelles, il Canada, la Danimarca, l'Irlanda, l'Italia, la Norvegia e il Portogallo. Nel 1951 si verificò il primo allargamento della NATO con l'ingresso di Grecia e Turchia. Nel 1954 ha aderito alla NATO anche la Repubblica Federale di Germania mentre nel 1981 è stata la volta della Spagna. Nel 1999 sono infine state ammesse Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, già facenti parte del Blocco ex-sovietico. Una serie di organismi di consultazione sono stati creati a partire dai primi anni '90 al fine di instaurare un rapporto permanente fra la NATO, gli Stati dell'Europa centro-orientale e gli Stati nati dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica (North Atlantic Co-operation Council, Euro-Atlantic Partnership Council, Partnership for Peace).
La base giuridica del Trattato di Washington è da ricercarsi nell'articolo 5 del Trattato, laddove si fa riferimento al diritto naturale di legittima difesa contro un attacco armato.
Le finalità enunciate nel Trattato istitutivo della NATO sono facilmente comprensibili alla luce degli eventi storici dell'epoca in cui
il Trattato fu stipulato. L'irrealizzabilità dell'idea di concentrare nelle Nazioni Unite il governo della comunità internazionale e l'esistenza di blocchi di Stati ideologicamente contrapposti e facenti capo agli Stati Uniti e all'Unione Sovietica fece sì che venissero attribuite alla NATO finalità molto precise. La finalità principale del Trattato di Washington è quella di garantire il mantenimento della pace e della sicurezza degli Stati membri mediante la creazione di un sistema di sicurezza che operi in via sussidiaria rispetto a quello dell'ONU (articolo 5). Si tratta di un sistema che, pur lasciando libero ciascuno Stato membro che sia stato oggetto di un attacco armato di reagire individualmente, permette il ricorso alla legittima difesa collettiva in attesa che il Consiglio di sicurezza adotti le misure volte a fare cessare l'attacco armato. La creazione della NATO obbedisce dunque primariamente all'esigenza di costituire un sistema di autodifesa collettiva secondo il quale l'attacco armato contro uno dei suoi Stati membri costituisce attacco contro tutti gli altri, i quali sono dunque legittimati ad intervenire per fare cessare l'attacco e ristabilire la pace e la sicurezza, purché ricorrano le condizioni previste dalla Carta delle Nazioni Unite (richiesta dello Stato aggredito).
Quanto all'ambito geografico di operatività dei meccanismi predisposti dal Trattato di Washington, l'articolo 6 limiterebbe l'applicazione dei meccanismi di autodifesa collettiva ai territori degli Stati membri, sebbene recentemente questo ambito sia stato certamente ampliato, non solo dal punto di vista geografico ma anche dal punto di vista qualitativo. L'operatività dei suddetti meccanismi è infatti oggi estesa fino a ricomprendere i territori di Stati non membri della NATO e interventi di tipo economico, sociale, umanitario, volti a prevenire i conflitti piuttosto che intervenire militarmente, nell'ottica della cosiddetta «soft security».
Fin dai primi anni della sua esistenza, la NATO si è dotata di una struttura militare integrata al cui vertice è posto un Comitato militare composto dai Capi di Stato Maggiore degli Stati parti. Il Comitato ha il compito di coordinare le attività militari in tempo di pace e di predisporre i progetti per la difesa integrata da sottoporre al Consiglio o al Comitato di pianificazione della difesa. Il Consiglio e il Comitato di pianificazione decidono come utilizzare le forze armate a disposizione. L'ipotesi di situazioni di emergenza che richiedano una risposta militare immediata ha condotto all'elaborazione di procedure prestabilite di risposta militare ad attacchi provenienti dall'esterno, nell'ambito più ampio delle cosiddette «dottrine strategiche» adottate dall'Alleanza.
La redazione delle dottrine strategiche, cioè di quel complesso di regole che descrivono le modalità operative dell'intervento militare delle forze NATO riguardo ad attacchi provenienti dall'esterno, è di competenza del Comitato militare. Nelle dottrine strategiche si esprime l'indirizzo politico-militare dell'Alleanza. Lo studio delle dottrine strategiche permette di comprendere l'evoluzione della NATO. Punto cruciale della dottrina strategica di Roma del 1991 è, ad esempio, l'idea della gestione delle crisi locali, una volta tramontata l'ipotesi di uno scontro nucleare con l'Unione Sovietica e con il Blocco di Varsavia e di un'utilizzazione delle forze NATO nell'ambito di missioni ONU. Nel
1999, in occasione del cinquantesimo anniversario della costituzione della NATO è stata varata una nuova dottrina strategica che segna il distacco definitivo dalle Nazioni Unite ed afferma la possibilità di porre in essere operazioni gestite autonomamente dalla NATO, al di fuori di una previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza. La nuova dottrina strategica introduce la possibilità di interventi «fuori area» legati ad un concetto particolarmente ampio di sicurezza che va ben al di là della classica nozione di attacco armato contro uno degli Stati membri, secondo quanto previsto dall'articolo 5 del Trattato di Washington, e può ben concretizzarsi, come ricordato in precedenza, in interventi di «soft security» volti a prevenire i conflitti o a permettere la riabilitazione post-conflittuale. Nella dottrina strategica del 1999 si ribadisce come una minaccia per gli Stati dell'Alleanza tale da giustificare un loro intervento potrebbe derivare soprattutto da crisi locali, quali, ad esempio, le crisi originate da controversie territoriali, da fenomeni di dissoluzione di Stati, dall'esistenza di situazioni di gravi violazioni dei diritti dell'uomo o di flussi massicci di profughi.
Nel sistema NATO il Trattato istitutivo pone soltanto alcuni obblighi ben determinati nel loro contenuto. Gran parte degli obblighi derivanti dall'appartenere all'Organizzazione richiedono un'attività di attuazione da parte degli Stati membri. In altre parole, il Trattato istitutivo è una sorta di accordo-quadro poiché costituisce il fondamento giuridico di una serie di attività finalizzate ad attuare quanto previsto nel Trattato. Tale fenomeno è assai comune nell'ambito del diritto dei trattati, soprattutto nel contesto di organizzazioni internazionali, laddove si preferisce manifestare un consenso di principio sui punti generali di un accordo, mentre si rinvia ad atti successivi l'attuazione dei suddetti princìpi. Tale modo di procedere permette una grande flessibilità nella determinazione di diritti ed obblighi per gli Stati membri e nella scelta degli strumenti con i quali fare fronte a particolari situazioni, man mano che esse si presentano.
1.2. La normativa internazionale.
Nel corso dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta si è frequentemente fatto riferimento, fra l'altro, alla normativa internazionale tanto consuetudinaria quanto convenzionale riguardante numerosi aspetti della cooperazione fra Stati nel quadro dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord e, più specificamente, nell'ambito dei rapporti bilaterali e multilaterali fra i Paesi alleati.
Com'è noto, i trattati internazionali in materia sono di diverso tenore: da un lato, alcune convenzioni multilaterali, quali il già citato Trattato di Washington del 4 aprile 1949, che istituisce l'Alleanza Atlantica, o il Trattato di Londra del 19 giugno 1951, sullo status delle forze armate dislocate negli Stati parti dell'Alleanza, pongono dei princìpi generali che disciplinano - facendo a volte anche riferimento a norme di diritto internazionale consuetudinario - fattispecie di fondamentale importanza nei rapporti fra Stati membri dell'Alleanza; dall'altro, una panoplia di accordi, convenzioni, intese - solitamente
conclusi dagli esecutivi su base bilaterale - hanno lo scopo di dare attuazione alle convenzioni di carattere generale o di regolamentare aspetti tecnici delle convenzioni stesse (12).
Di particolare rilievo ai fini dei lavori della Commissione sono risultati, da un lato, il citato Trattato di Londra, che regolamenta lo status delle forze armate alleate, nonché il Protocollo di Parigi del 28 agosto 1952, sullo Statuto dei quartieri militari generali internazionali istituiti in base al Trattato di Washington. Dall'altro, numerosi accordi bilaterali quali: il «Basic Infrastructure Agreement» (BIA) del 20 ottobre 1954, concluso fra Italia e Stati Uniti, ed avente ad oggetto la disciplina dell'utilizzazione delle installazioni ubicate in territorio italiano; l'Accordo tecnico Italia-USA del 30 giugno 1954; il Memorandum sulle installazioni dell'aeroporto di Aviano del 14 maggio 1956; il Memorandum del 30 novembre 1993 sull'uso della base di Aviano con il relativo Accordo tecnico dell'11 aprile 1994; il Memorandum d'intesa (detto «Shell Agreement») su installazioni-infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia, concluso il 2 febbraio 1995 fra il Ministero della difesa italiano e il Dipartimento della difesa USA. Quest'ultimo Memorandum è particolarmente interessante poiché stabilisce le modalità alle quali attenersi per la stesura o l'aggiornamento degli accordi tecnici relativi a ciascuna installazione concessa con il BIA alle forze statunitensi.
Oltre agli accordi intercorsi fra Italia e Stati Uniti, risulta rilevante anche il «Memorandum d'intesa tra il Ministro della Difesa della Repubblica Italiana e il Comando Supremo delle Forze Alleate in Europa (SHAPE) riguardante la fornitura di supporto logistico alle forze esterne in transito o temporaneamente stanziate sul territorio italiano in applicazione del piano 1045 "Joint endeavour" di SACEUR», sottoscritto il 14 e il 15 dicembre 1995. A partire da tale Memorandum avrebbero dovuto essere elaborati tre ulteriori accordi per l'esercito, la marina e l'aeronautica (solo i primi due sono stati sottoscritti, secondo quanto dichiarato nel corso delle audizioni).
Come ricordato, il Trattato di Londra, concluso nell'immediato dopoguerra, regolamenta lo status delle forze armate degli Stati membri dell'Alleanza atlantica. In esso vengono disciplinati, fra l'altro, alcuni aspetti fondamentali dei rapporti fra Stati alleati come la ripartizione della giurisdizione fra Stato territoriale e Stato di appartenenza dei componenti di forze armate alleate che si rendano autori di reati. In proposito, come si dirà più ampiamente, rileva che il Trattato di Londra preveda, sulla base di una norma internazionale di carattere consuetudinario, l'esenzione dalla giurisdizione dello Stato territoriale per reati realizzati nello svolgimento di mansioni ufficiali (articolo VII, par. 3; tale fattispecie è altresì disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 2 dicembre 1956, n. 1666, contenente il regolamento relativo all'applicazione dell'articolo VII del Trattato di
Londra). Com'è noto, siffatta norma tende a garantire che i membri del personale militare che pongano in essere reati nello svolgimento delle loro funzioni siano giudicati dallo Stato di appartenenza e non dallo Stato in cui il reato è stato posto in essere. Lo stesso Trattato prevede peraltro che lo Stato territoriale possa richiedere allo Stato di appartenenza dell'autore del reato di rinunciare all'esercizio della giurisdizione (articolo VII, par. 3, lett. c). Il Trattato di Londra contiene inoltre un'importante disposizione in merito alla ripartizione fra Stato di soggiorno e Stato d'invio degli oneri che costituiscano risarcimento di un danno provocato nello svolgimento delle funzioni (articolo VIII). Come si vedrà più diffusamente in seguito, tutti questi aspetti sono emersi nella vicenda del Cermis.
Occorre ricordare che in occasione della tragedia del Cermis e, soprattutto, dopo le decisioni della Corte marziale degli Stati Uniti che hanno assolto i responsabili della tragedia, si sono registrate forti critiche sia in Italia che nei Paesi di appartenenza di alcune delle vittime, alla disciplina prevista dal Trattato di Londra, e in particolare al principio dell'esenzione dalla giurisdizione. In altri termini, è stato sostenuto che in determinati contesti il principio dell'immunità dalla giurisdizione potrebbe indebitamente trasformarsi in garanzia della immunità dalla responsabilità (anche su questo argomento si ritornerà, infra, par. 2.1 di questa parte).
Quanto agli accordi che danno attuazione alle convenzioni di carattere generale, si è ricordato come essi siano numerosi e siano stati per lo più conclusi dagli esecutivi su base bilaterale. Si tratta di accordi dal contenuto estremamente tecnico riguardanti l'utilizzazione delle installazioni e delle infrastrutture ubicate in Paesi alleati. Ai fini dei lavori della Commissione rilevano ovviamente soprattutto gli accordi conclusi fra l'Italia e gli Stati Uniti. La tragedia del Cermis ha impresso un'accelerazione al processo negoziale volto alla revisione e all'aggiornamento di siffatti accordi bilaterali con gli Stati Uniti, fino al rapporto della Commissione bilaterale Tricarico-Prueher del 1999 (v. infra, par. 6.1 di questa parte).
Gli argomenti oggetto dei trattati internazionali in parola sono dunque di vario tipo. Ai fini dei lavori della Commissione sono apparse particolarmente rilevanti le informazioni riguardanti: l'assetto, l'organizzazione e l'utilizzazione delle basi e delle installazioni militari degli Stati membri della NATO (infra, paragrafo successivo); le questioni riguardanti la giurisdizione civile e penale sugli appartenenti alle forze armate di Paesi alleati e, più in generale, lo status delle forze armate stanziate e operanti in territorio straniero nonché la responsabilità sul piano internazionale degli Stati di soggiorno e degli Stati di invio delle truppe. Le pertinenti disposizioni del Trattato di Londra sono state altresì esaminate al fine di pervenire alla determinazione del danno, delle modalità relative alla sua liquidazione e del soggetto al riguardo responsabile (infra, paragrafi 2.1 e 2.2 di questa parte). Notevole attenzione è stata infine riservata alla revisione e ai progetti di revisione degli accordi nelle suddette materie (infra, capitolo 6 di questa parte e parte VI).
1.3. L'assetto, l'organizzazione e l'utilizzazione delle basi e delle installazioni militari degli Stati membri della NATO.
La Commissione ha avuto modo di indagare a fondo la natura e il ruolo degli accordi internazionali in materia di organizzazione e utilizzazione delle basi e delle installazioni militari degli Stati membri della NATO quali risultano, in particolare, dagli accordi bilaterali conclusi fra Italia e Stati Uniti. Di notevole ausilio sono state le informazioni ricevute sia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (che nel corso delle indagini svolte dalla procura di Trento, come già si è detto, ha reso pubblici alcuni atti in precedenza riservati, quali parti del BIA del 1954), sia dalle autorità militari sentite.
Dalle informazioni raccolte emerge un quadro normativo complesso, estremamente tecnico, frutto per lo più di intese fra gli organi militari, che ha trovato in passato attuazione anche in assenza di formali procedure di adattamento degli ordinamenti interni. Nella prassi dei rapporti tra Stati parti di un'alleanza militare vengono infatti frequentemente conclusi accordi in esecuzione di altri accordi precedentemente conclusi nei quali si faceva esplicito riferimento ad un'ulteriore normativa internazionale di dettaglio o tecnica. La normativa di dettaglio o tecnica è quasi sempre sottratta alle formali procedure di adattamento per ragioni che potremmo definire di praticità dei rapporti internazionali. La circostanza che nell'accordo concluso anteriormente le Parti siano concordi nell'affidare alle competenti autorità statali la facoltà di concludere ulteriori accordi riguardanti per lo più aspetti tecnici o di dettaglio o di attuazione di quanto stabilito nel primo accordo, fa sì che gli accordi conclusi successivamente possano ben essere conclusi in forma semplificata. Com'è noto, gli accordi in forma semplificata sono accordi che, contrariamente a quelli conclusi in forma solenne e che necessitano della ratifica del Capo dello Stato e quando occorra l'autorizzazione delle Camere (Artt. 80 e 87 Cost.), entrano in vigore grazie alla sola sottoscrizione del testo da parte dei plenipotenziari. Né in contrario può opporsi che gli accordi in forma semplificata non godano della necessaria pubblicità dal momento che, fin dal 1984, tutti gli accordi conclusi dal nostro Paese (e quindi anche quelli in forma semplificata) devono essere pubblicati in Gazzetta Ufficiale.
In tale contesto particolare rilievo ha assunto nel corso delle audizioni il Memorandum concluso il 2 febbraio 1995 concernente le installazioni/infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia. Nel Memorandum si riconosce «l'opportunità di uniformare la stesura degli accordi tecnici che stabiliscono le procedure di applicazione del BIA per ogni installazione e/o infrastruttura e la necessità di definire le modalità per la restituzione delle infrastrutture...». A tal fine le Parti s'impegnano a negoziare nel quadro dei principali accordi esistenti, accordi tecnici per ciascuna installazione o infrastruttura (i modelli di tali accordi sono allegati al Memorandum e ne formano parte integrante).
I modelli degli accordi tecnici in parola confermano che le basi militari utilizzate dagli Stati Uniti nel nostro Paese sono finora state soggette a una duplice forma di controllo operata dalle autorità
militari statunitensi e italiane. I comandanti delle basi sono militari italiani ma essi non hanno poteri di controllo sostanziale sulle attività poste in essere dagli Stati Uniti, poiché si limitano a decidere in materia di numero dei voli, orari dei voli, responsabilità di assistenza al traffico aereo. Il controllo di carattere militare sul personale, l'equipaggiamento, i tipi di attività che vengono posti in essere dagli Stati Uniti ricadono nella competenza del comandante statunitense. Quanto al trattamento del personale delle basi, gli schemi di accordi tecnici rinviano alle disposizioni contenute nel Trattato di Londra.
Per meglio comprendere qual è la ripartizione dei compiti fra il Comandante italiano e il Comandante USA delle basi risulta altresì di particolare interesse quanto previsto dal Memorandum concluso fra l'Italia e la NATO il 14-15 dicembre 1995, già ricordato. Vi si dispone che «le Forze delle SN (Sending Nation) si atterranno alle leggi della HN (Host Nation, ovvero, in questo caso, alle leggi italiane)» e che tali Forze armate ospitate «rispetteranno la legislazione italiana in materia di diritto penale e civile nonché di sicurezza pubblica», mentre nell'Annesso I-D, parte integrante del Memorandum, dopo aver definito il «Comandante italiano» come «Comandante della Installazione/Base Aerea dell'AM» che «mantiene la propria autorità su tutta l'installazione/Base Aerea e rappresenta l'AM a livello locale», specifica fra l'altro che: «L'installazione e/o la Base Aerea è posta sotto comando italiano», mentre «il Comandante del Reparto ospitato esercita il comando pieno sul personale, sull'equipaggiamento e sulle operazioni del Reparto ospitato. Coordina con il Comandante italiano tutte le attività di rilievo ...». «Il Comandante italiano tiene informato il Comandante del Reparto ospitato su tutte le attività nazionali di rilievo. Nel caso ritenga che le attività del Reparto ospitato non rispettino le leggi italiane vigenti, il Comandante italiano informerà il Comandante del Reparto ospitato e si rivolgerà immediatamente alle Superiori Autorità italiane per un parere»; «il Comandante italiano, al fine di assolvere i suoi compiti, ha libero accesso senza alcuna restrizione a tutte le aree dell'installazione. Il Comandante italiano interverrà affinché il Comandante del Reparto ospitato interrompa, con effetto immediato, le attività che sono manifestamente in contrasto con la normativa vigente», «il Comandante italiano è il rappresentante ufficiale della installazione o della Base Aerea ed assolve tutte le funzioni di collegamento con le autorità e gli Enti militari e civili esterni locali». Lo stesso Annesso I-D, all'articolo 17, dispone infine che: «La pianificazione e l'esecuzione di tutte le attività addestrative/operative devono svolgersi ... nel rispetto della normativa civile e militare della nazione ospitante in vigore nello specifico settore».
In seguito alla tragedia di Cavalese, le autorità italiane e quelle statunitensi hanno adottato e attuato alcune misure operative di sicurezza dei voli, prima di dare il via al negoziato che ha condotto al Rapporto Tricarico-Prueher. Tali misure comprendono: nuove restrizioni sulle quote minime di sorvolo, collegamenti radio con i controllori del traffico aereo in territorio italiano, riunioni informative gestite dal controllo del traffico italiano e l'uso delle mappe italiane per la pianificazione dei voli. Anche su tali misure si ritornerà infra, paragrafo 6.2 di questa parte della relazione.
2. IL PROBLEMA DELLA RISERVA DI GIURISDIZIONE
2.1. Quadro normativo di riferimento.
Fino alla seconda guerra mondiale esisteva un'importante corrente di pensiero, accreditata da una parte della giurisprudenza maturata al riguardo dello status giuridico delle truppe armate su territorio di Stato estero, in virtù della quale «any public armed force, whether on land or sea, which enters the territory of another nation with the latter's permission enjoys extraterritorial status». Tale impostazione, rivolta a legittimare una sorta di immunità assoluta dei militari e dello Stato di loro appartenenza dalla giurisdizione dello Stato territoriale, è stata superata nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Infatti, il sistema normativo del Trattato di Londra del 1951, allorché si propose di «codificare» una disciplina coerente con le esigenze degli interessi dei vari Stati coinvolti e con la pratica sino ad allora intervenuta, non ebbe esitazione nel determinare, come risulta chiaramente anche dai lavori preparatori, che:
a) la immunità assoluta dei militari stranieri non è riconosciuta da alcuna norma di diritto internazionale consuetudinario;
b) anche i militari stranieri sono tenuti a rispettare la legge, e le specifiche norme rilevanti per l'esercizio della loro attività militare, dello Stato straniero di accoglienza: pertanto anch'essi sono «subject to local laws». Rileva in proposito che anche nella legislazione statunitense, e in particolare all'articolo 134 dell'Uniform Code of Military Justice (UCMJ), sia previsto che la violazione delle norme dello Stato di accoglienza sia considerata violazione delle norme interne dello Stato d'invio, con la conseguenza che la violazione delle norme interne dello Stato di accoglienza è ritenuta violazione anche delle norme interne dello Stato d'invio (13);
c) allo Stato territoriale spetta l'esercizio della giurisdizione sui comportamenti tenuti dai militari stranieri nel suo ambito, allorché violino le sue norme. Tale esercizio peraltro, abitualmente soffre limiti e preclusioni significativi allorché anche lo Stato di appartenenza dei militari parimenti sanziona gli stessi comportamenti e ci si trova in presenza di alcune circostanze previste nel Trattato di Londra e a volte ulteriormente precisate dagli Stati negli accordi in virtù dei quali lo
Stato territoriale acconsente la presenza delle truppe straniere nel proprio ambito;
d) è comunque legittimo l'esercizio della giurisdizione esclusiva dello Stato di appartenenza per i reati compiuti dai suoi militari nel territorio dello Stato ospite, ma soltanto per la tutela dei valori dello Stato di appartenenza non direttamente rilevanti per lo Stato territoriale (tradimento, sabotaggio, violazione di segreti di Stato) (14).
Da tali princìpi e da una oggettiva valutazione dei rispettivi interessi degli Stati operata secondo il criterio in virtù del quale «non si deve richiedere il riconoscimento di diritti a favore dei propri militari che non si è disposti a concedere a favore dei militari di altro Stato che operano sul proprio territorio» (principio di reciprocità), si è addivenuti ad una dettagliata e complessa regolamentazione convenzionale della situazione descritta sub (c) al fine di escludere un esercizio conflittuale e contemporaneo della giurisdizione dello Stato di origine e dello Stato territoriale.
Tale regolamentazione, adottata secondo parametri standardizzati, è rivolta a riconoscere la «priorità di esercizio della giurisdizione» da parte dello Stato di appartenenza dei militari o da parte dello Stato territoriale in funzione dei valori che si assume essere stati, volta a volta, lesi oppure del tipo di attività (relativa o meno al compimento di «official duties») nell'ambito della quale il comportamento illecito è stato tenuto. È un sistema, quindi, che introduce nella materia in esame criteri di esercizio della giurisdizione rivolti sia ad escludere conflitti di giurisdizione sia a rendere operativo il principio del ne bis in idem.
Tale sistema normativo si pone come derogatorio rispetto al principio generale previsto nell'articolo 6 cod. pen., secondo il quale «chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana...». Ai fini che interessano in questa sede si deve rilevare che la deroga al principio di territorialità e la conseguente «priorità della giurisdizione dello Stato di origine» ad esclusione dell'esercizio della giurisdizione dello Stato territoriale (salvo rinuncia da parte dello Stato di origine) è espressamente prevista con riferimento ai comportamenti illeciti «accomplis dans l'exécution du service» o «committed in the performance of an official duty». Si tratta di una situazione la quale, pur destinata ad essere concretamente operativa solamente a seguito di un'attenta valutazione delle diverse caratteristiche di ogni caso di specie, sembra formulata secondo criteri che consentono un ragionevole ed equilibrato contemperamento dei diversi interessi in gioco relativi all'esercizio della giurisdizione dello Stato territoriale rispetto a quello di origine in coerenza con principi risalenti al diritto internazionale consuetudinario relativi all'analoga materia delle immunità riconosciute agli organi di Stati esteri presenti
nel territorio di uno Stato ospite. Si tratta di un criterio consolidato nella pratica internazionale che razionalmente prende in considerazione un parametro di riferimento idoneo a valutare i disparati interessi rilevanti ai fini dell'esercizio della giurisdizione.
Tale criterio può anche essere non del tutto condivisibile e si può, pertanto, preferire l'adozione di un altro criterio più ampio, o più ristretto o più preciso, come meglio precisato in appresso. Ciò che non sembra lecito affermare è che tale criterio adottato nelle norme che interessano il presente caso ed applicato ad esso sia privo di razionalità e incoerente con i dati emergenti dalla pratica internazionale. Tanto più che le nuove forme di internazionalizzazione delle attività degli Stati suggeriscono l'abbandono di impostazioni di stampo esclusivamente territorialistico a favore di impostazioni assai più flessibili di carattere «funzionale», con l'attribuzione della giurisdizione allo Stato a cui è riconducibile la funzione nell'esercizio della quale si è verificato l'evento. L'impostazione di carattere funzionale risulterebbe preferibile poiché da essa deriva la responsabilità internazionale dello Stato di origine del pubblico ufficiale (con le ovvie ricadute in merito alla «solvibilità» dell'autore dell'illecito e, dunque, al risarcimento del danno). Un'impostazione di carattere rigidamente territoriale potrebbe sì favorire l'esercizio della giurisdizione dello Stato territoriale ma limiterebbe la responsabilità dello Stato di origine permettendogli di sottrarsi alla responsabilità internazionale.
Si tratta ora di valutare se l'attività svolta dai militari impegnati nell'operazione del Cermis fosse da considerare nell'esercizio del servizio in funzione del quale è prevista la priorità di esercizio della giurisdizione da parte dello Stato di origine secondo i criteri innanzi esposti.
Come è noto, nel caso di specie, la posizione assunta dal Governo americano è stata quella di far rientrare l'attività di cui all'operazione del Cermis dell'aereo EA6B Prowler denominata Easy 01 del 3 febbraio 1998 nell'ambito dell'esercizio del servizio coperto dalla «priorità di esercizio della giurisdizione» a favore dello Stato di origine nonostante: (a) il volo in questione fosse contrario alle specifiche disposizioni nazionali e a quelle allora in vigore sulla base del Memorandum del 1993 e del Technical Agreement del 1994 e (b) il volo sia stato indebitamente «infilato» - secondo quanto osservato nel corso dei lavori della Commissione - in un piano che riguardava un reparto stanziale che, per le sue stesse caratteristiche di stanzialità, conosce compiutamente le caratteristiche del territorio su cui opera.
Di tale situazione era ben consapevole il Governo italiano che, pur in presenza di tali circostanze, non ha avuto esitazione ad ammettere al riguardo la «priorità» dell'esercizio della giurisdizione statunitense di cui, peraltro, ha chiesto senza successo la rinuncia a favore della giurisdizione italiana.
La circostanza che il Governo italiano abbia riconosciuto che l'illecito si è verificato nell'esecuzione di un «official duty» di per sé non sembra decisiva rispetto alla valutazione che al riguardo deve operare l'organo giurisdizionale dello Stato italiano ai fini di valutare
l'esclusione della giurisdizione italiana a favore di quella degli Stati Uniti. Infatti, allorché si tratti di interpretare espressioni di trattati relativi all'esercizio della giurisdizione, debbano essere i tribunali nazionali (e non già gli organi di governo) ad avere il definitivo potere decisionale al riguardo. Tanto che anche nell'ordinamento statunitense, ove pure le determinazioni governative in tema di rapporti internazionali sono vincolanti per i giudici, si riconosce (al par. 326.2 del Restatement of the Law Third sulle «foreign relations») che in merito ai profili interpretativi ora indicati la «final authority» spetti ai giudici interni anche se questi ultimi dovranno «give great weight to an interpretation made by the Executive Branch».
Nel caso di specie, peraltro, non sembra dubbio che si trattasse di un «official duty» coperto dalla priorità di giurisdizione a favore dello Stato di origine. In tal senso è già rilevante che come tale sia stata definita l'operazione in occasione della quale è occorso l'incidente da parte dello Stato di origine. Tale definizione e riconoscimento, infatti, sono considerati quanto meno rilevanti dalla maggior parte degli ordinamenti statali partecipi del sistema NATO: ad esempio, in Inghilterra il certificato nel quale si specifica che l'attività è stata svolta nell'esercizio di un «official duty» costituisce «sufficient evidence» di tale circostanza, a meno che il contrario sia inequivocabilmente provato. Analogamente in Germania i tribunali devono prendere atto dei contenuti di tale certificato e solo eccezionalmente può esserne disconosciuta l'efficacia probatoria dopo un confronto sulle circostanze che depongono in tal senso con i rappresentanti del governo e con la rappresentanza diplomatica dello Stato di origine. In altri casi il certificato (o il riconoscimento) da parte dello Stato di origine di cui innanzi assume un valore anche maggiore: ad esempio, la Turchia considera il certificato emesso al riguardo dallo Stato di origine «determinative» e la Francia (in virtù di una circolare emessa dal Ministero della Giustizia) riconosce identici effetti al documento al riguardo adottato dallo Stato di origine se reso e sottoscritto (anche) da uno «staff judge advocate or legal officer».
Comunque (al di là del valore probatorio che si vuole assegnare al riconoscimento da parte degli Stati Uniti dell'operazione in esame quale «service rendered in the performance of an official duty»), gli elementi emersi dallo svolgimento dell'operazione sembrano confermare che si trattasse effettivamente di un'operazione eseguita nell'ambito di un «official duty». Nonostante le incerte indicazioni emergenti dai lavori preparatori e le specifiche posizioni assunte al riguardo da parte della delegazione italiana (rivolte a restringere la portata dei casi in cui si può riscontrare la presenza di un servizio reso nella esecuzione di un «official duty»), si può ragionevolmente osservare che specifiche circostanze obiettive chiaramente emerse durante varie audizioni sembrano indicare che l'operazione del volo sul Cermis fosse eseguita nell'ambito di un «official duty». In realtà, i mezzi impiegati, le loro caratteristiche, l'autorizzazione al loro impiego e la stessa specifica identificazione ufficiale del volo indicano in modo certo la presenza di un'esecuzione di un «official duty» anche se in occasione di tale esecuzione l'operazione venne compiuta «outside of
the authorized time and space limits» e violando le disposizioni richiamate all'inizio di questo paragrafo (15).
Anche la specifica giurisprudenza comparata relativa al Trattato NATO sembra confortare tale valutazione. Ed altrettanto di conforto a tale soluzione è la giurisprudenza che si è formata al riguardo di altre situazioni in cui rilevano identiche o analoghe nozioni rispetto a quelle impiegate nel Trattato NATO. Si ritiene, infatti, irrilevante, rispetto alla riconducibilità di un atto alla funzione pubblica esercitata da un organo statale, la circostanza che «l'organo abbia ecceduto la sua competenza o contravvenuto alle istruzioni relative alla sua attività». Tale riconducibilità alla funzione pubblica può essere, infatti, evitata solamente se il comportamento degli organi stranieri risulta essere «per sua natura ... del tutto estraneo alle funzioni specifiche dell'organo o, anche per altro verso, l'incompetenza dell'organo fosse manifesta». Circostanze, quest'ultime, che sicuramente non ricorrono nel caso di specie.
Si può, quindi, ritenere che, nonostante alcuni elementi in senso contrario, le specifiche circostanze del caso di specie abbiano evidenziato la presenza di elementi oggettivi tali da considerare l'atto compiuto da militari statunitensi nell'ambito di un «official duty» con tutti gli effetti conseguenti ai sensi delle rilevanti disposizioni del Trattato di Londra.
Ciò che, peraltro, si segnala è l'esigenza - da soddisfare de jure condendo - di meglio precisare le circostanze in presenza delle quali ci si trova di fronte ad un illecito «committed in the performance of an official duty». E tale precisazione dovrebbe auspicabilmente avvenire in modo unitario da parte di tutti gli Stati membri dell'U.E. in un negoziato congiunto da condurre con gli Stati Uniti. Tanto più in presenza dell'allargamento delle competenze dell'U.E. in materia di difesa e sicurezza e della acquisita comunitarizzazione del c.d. terzo pilastro quanto meno relativamente all'esercizio della giurisdizione civile (articolo 65 Trattato CE) che, per quanto in appresso indicato, è strettamente dipendente dalla stessa qualificazione dell'attività rilevante come «official duty» (16).
2.2. La determinazione del danno, delle modalità relative alla sua liquidazione e del soggetto al riguardo responsabile.
La circostanza che, nel caso di specie, si trattasse di un'operazione eseguita nell'esecuzione di un «official duty» secondo quanto precisato innanzi, rileva anche ai fini della determinazione del danno, delle modalità relative alla sua liquidazione e del soggetto al riguardo responsabile.
Come è noto, in proposito, il Trattato di Londra prevede specifiche indicazioni in merito ai diritti dei terzi danneggiati a seguito di operazioni realizzate nell'ambito di un «official duty». É peraltro noto che spesso queste indicazioni normative non sono espressamente seguite a favore di altre modalità più semplificate, come si è appunto verificato nel caso del Cermis.
Per quanto specificamente riguarda l'esercizio della giurisdizione civile, è opinione comune che, in presenza delle circostanze innanzi indicate, lo Stato di origine e, pertanto, l'organo di esso che ha commesso l'illecito nell'ambito dell'esecuzione di un «official duty», possano avvalersi delle «immunità dalla giurisdizione». Tale posizione è stata espressamente confermata anche dalla Corte di Cassazione a proposito del caso in esame (Cass., sez. un. civili, 3 agosto 2000, n. 530, Pres. Vela, Est. Olla, Presidenza del Consiglio dei Ministri c. Federazione Italiana Lavoratori Trasporti - C.G.I.L.). Ed è proprio sulla scorta di tale assunto che il Trattato di Londra ha ritenuto necessario prevedere in tal caso alcune specifiche disposizioni (all'articolo VIII, spec. par. 5) per individuare, appunto, come innanzi accennato, modalità e criteri di liquidazione del danno subito da qualsiasi soggetto (e di qualsiasi nazionalità) sul territorio dello Stato ospite proprio al fine di evitare che, in virtù dell'operatività delle accennate immunità, restassero insoddisfatte le pretese risarcitorie.
Il meccanismo di liquidazione del danno subito da terzi è tale da essere portato a buon fine nei tempi più rapidi e con modalità tali da evitare che la relativa controversia possa pregiudicare la cooperazione nella difesa ed i conseguenti effetti siano ridotti nella massima misura possibile per evitare che possano incidere sugli aspetti politici. É in tale prospettiva che, anzitutto, entrambi gli Stati conducono autonome indagini relativamente all'incidente occorso e si scambiano reciproche informazioni. Si tratta, infatti, di stabilire, anche a fini civilistici, se la responsabilità per l'incidente possa essere imputata esclusivamente allo Stato di appartenenza dei militari oppure no. Evidentemente in un caso o nell'altro diversi sono i criteri di accollo dell'onere economico conseguente alla liquidazione del danno.
Nel caso di specie, comunque, proprio nell'ambito ed a seguito della cooperazione intercorsa nella conduzione delle indagini sulle responsabilità e sulle cause, gli Stati Uniti non ebbero incertezze a riconoscere apertamente e pubblicamente la propria esclusiva responsabilità al riguardo oltreché la aperta violazione da parte dei propri militari delle disposizioni vigenti per i voli a bassa quota e delle normali regole di prudenza da adottarsi in casi del genere. Proprio sulla base di tali ammissioni la stessa stampa statunitense e l'opinione pubblica fecero pressioni per un tempestivo intervento del Governo degli Stati Uniti rivolto a fornire un adeguato indennizzo a coloro che a vario titolo avevano subito un danno. Tanto che in tal senso venne presentata al Senato degli Stati Uniti (Sen. Robb) una specifica iniziativa parlamentare rivolta ad anticipare ed integrare gli importi da riconoscere come dovuti dagli Stati Uniti secondo le modalità ed i tempi previsti dal Trattato di Londra. Tale somma avrebbe dovuto essere corrisposta direttamente, integralmente ed immediatamente dal
Governo statunitense alle famiglie delle vittime. Risulta assai significativo che si sia in proposito autorevolmente parlato in dottrina di «strategic compensation» (17).
É ben vero che tale proposta non è stata definitivamente approvata. Ma è altrettanto vero che essa ha trovato positivi riscontri nella maggior parte degli altri Stati facenti parte della NATO. Ed è altrettanto vero che tale proposta, insieme al consenso che ha generato all'interno ed all'esterno dell'ordinamento statunitense, ha sicuramente favorito una rapida e soddisfacente soluzione economica degli indennizzi da pagare ai famigliari delle vittime, secondo le modalità previste dal Trattato di Londra e la ripartizione 75% a carico dello Stato di appartenenza e 25% a carico dello Stato di soggiorno, prevista dall'articolo VIII, par. 5 del Trattato di Londra, ma con impiego di parametri di liquidazione del danno diversi e notevolmente superiori a quelli liquidati in analoghi casi in Italia (con ovvie, pesanti critiche in relazione all'ammontare, solitamente esiguo, degli indennizzi corrisposti in occasione di incidenti aventi caratteristiche analoghe a quelle della tragedia del Cermis).
Pare possa sostenersi che l'iniziativa ora ricordata sia assai significativa nell'indicare quale via seguire per migliorare l'attuale regime giuridico del Trattato di Londra. Nei casi più gravi, e soprattutto nei casi in cui i militari stranieri hanno operato, nell'esercizio di un loro «official duty», in contrasto con le norme locali, con le procedure concordate e le raccomandazioni adottate per il loro rispetto - oppure con le regole di normale professionalità - la responsabilità dello Stato di appartenenza nel pagamento dell'indennizzo dovrebbe essere integrale (senza partecipazione per il 25% da parte dello Stato ospite). Ma non soltanto. In tal caso il pagamento dell'indennità dovrebbe avvenire secondo i criteri più favorevoli al danneggiato tra quelli impiegati nell'ordinamento dello Stato ospite e nell'ordinamento dello Stato di appartenenza dei militari. Ovviamente nella situazione ora indicata il ruolo dello Stato ospite dovrà essere quello (a) di garantire comunque il pagamento dell'indennizzo secondi i criteri ora indicati; (b) di favorire la composizione delle varie controversie nei riguardi delle famiglie delle vittime e degli altri danneggiati e (c) di indagare ed accertare le eventuali responsabilità dello Stato di appartenenza dei militari nella misura più aggravata innanzi indicata.
In merito a quanto da ultimo indicato il danneggiato dovrebbe potersi rivolgere direttamente, tramite gli appositi organi ad hoc di conciliazione (già previsti nel sistema NATO) e secondo procedure che potranno essere ulteriormente perfezionate, alle autorità militari straniere.
3. IL PROBLEMA DELL'ADEGUAMENTO DELLA DISCIPLINA NAZIONALE CIVILE E PENALE
Accanto alle questioni che coinvolgono la normativa internazionale, la Commissione si è posta il problema di valutare l'opportunità
di alcune modifiche alla normativa interna, civile e penale, tali da garantire una più soddisfacente tutela verso fatti analoghi a quelli della triste vicenda oggetto della nostra inchiesta.
Ad avviso della Commissione si potrebbero prospettare alcuni interventi normativi, brevemente esposti nei successivi paragrafi.
3.1. Interventi sull'articolo 589 c.p. o istituzione dell'articolo 589 bis.
L'articolo 589 c.p., che al primo comma prevede come penalmente rilevante l'omicidio colposo, prevede al comma secondo una circostanza aggravante nel caso in cui detto omicidio venga realizzato attraverso la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Infatti, seppur in passato si è pensato che il secondo comma dell'articolo 589 c.p. potesse ritenersi una fattispecie autonoma del reato, è evidente come ormai da più di vent'anni la Suprema Corte di Cassazione ritenga il secondo comma dell'articolo 589 c.p. una aggravante del reato di omicidio colposo (18). È quindi evidente che per aggravare il comportamento lesivo previsto dall'articolo 589, allorquando si realizzi attraverso la violazione di norme sulla disciplina della circolazione aerea, basterà prevederlo espressamente al comma secondo dell'articolo 589 c.p., affianco a quanto già previsto in tema di circolazione stradale ed infortunistica sul lavoro.
Altrettanto agevole potrà essere l'eventuale aggiunta di un comma autonomo riguardante una circostanza aggravante rispetto all'ipotesi base del primo comma dell'articolo 589 c.p., da inserirsi tra il secondo ed il terzo comma del detto articolo di legge, e che individui espressamente il comportamento che venga a cagionare colposamente la morte di una persona attraverso la violazione di norme sulla disciplina della conduzione di velivoli.
È evidente che la detta circostanza aggravante potrebbe tecnicamente essere introdotta come reato autonomo all'articolo 589 bis c.p., pur non cambiando rispetto a quanto innanzi asserito nelle modalità di previsione del comportamento illecito.
Ancora più efficace, di sicura maggiore risposta sociale, e particolarmente incisiva potrebbe essere l'introduzione di una autonoma fattispecie di reato di omicidio colposo, da potersi introdurre sempre come articolo 589 bis c.p. e che possa riguardare non l'omicidio colposo realizzato attraverso la violazione di norme sulla circolazione aerea, ma l'omicidio colposo realizzato attraverso la conduzione di velivoli. In questo caso si potrebbe accertare esclusivamente l'esistenza della colpa sul piano comportamentale (anche, quindi, la colpa generica) e per il sol fatto che si venga a realizzare attraverso una conduzione di velivoli, senza doversi accertare, per l'applicazione dell'articolo 589 bis c.p., che il fatto si venga a realizzare attraverso una violazione della disciplina della circolazione aerea (colpa specifica). Questa formulazione dell'eventuale articolo 589 bis c.p., del resto, eviterebbe le problematiche sorte anche in ordine al comma secondo
dell'articolo 589 c.p. che la giurisprudenza ha dovuto risolvere, accertando che perché esista l'omicidio colposo ex articolo 589 comma secondo c.p. non è necessario che venga violata una norma di comportamento contenuta nel codice della strada, ma una qualunque norma comportamentale prevista per la circolazione stradale (19) o venga omessa idonea misura a protezione del lavoratore, e non solo quando venga specificamente violata una norma sugli infortuni (20).
3.2. Interventi sull'articolo 590 c.p. o istituzione dell'articolo 590 bis.
Con le medesime modalità e possibilità di modifica legislativa dell'articolo 589 c.p. od istituzione dell'articolo 589 bis c.p., si potrebbe operare in relazione all'articolo 590 c.p.
L'articolo 590 c.p., infatti, che al primo comma prevede come penalmente rilevante le lesioni personali colpose, prevede al terzo comma una circostanza aggravante nel caso in cui dette lesioni si vengano a realizzare attraverso la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. È quindi evidente che per aggravare il comportamento lesivo preveduto dall'articolo 590 c.p., allorquando si realizzi attraverso la violazione di norme sulla disciplina della circolazione aerea, basterà prevederlo espressamente al comma terzo dell'articolo 590 c.p., affianco a quanto già previsto in tema di circolazione stradale ed infortunistica sul lavoro.
Altrettanto agevole potrà essere l'eventuale aggiunta di un comma autonomo riguardante una circostanza aggravante rispetto all'ipotesi base del primo comma dell'articolo 590 c.p., da inserirsi tra il terzo ed il quarto comma del detto articolo di legge, che individui espressamente il comportamento che venga a cagionare colposamente la lesione di una persona attraverso la violazione di norme sulla disciplina della conduzione di velivoli.
È evidente che la detta circostanza aggravante potrebbe tecnicamente essere introdotta come reato autonomo all'articolo 590 bis c.p., pur non cambiando rispetto a quanto innanzi asserito nelle modalità di previsione del comportamento illecito.
Particolarmente incisiva potrebbe essere, poi, l'introduzione di una autonoma fattispecie di reato di lesioni personali colpose, da potersi introdurre sempre come articolo 590 bis c.p. e che riguardi le lesioni personali colpose realizzate attraverso la conduzione di velivoli.
3.3. L'ipotesi della responsabilità civile per il danno commesso da attività di volo, come forma sanzionatoria alternativa alla punibilità del fatto indipendente dall'accertamento della responsabilità penale.
Senza volersi dilungare su questa ipotesi, varrà brevemente rilevare come, in ogni caso, ed indipendentemente dalle eventuali modificazioni
della normativa penale, è evidente che strettamente connessa alla lesione di un bene giuridico vi sia la necessità del risarcimento patrimoniale del danno subito. In tal senso, quindi, è facile poter ipotizzare l'introduzione di una normativa civilistica che preveda la necessità del risarcimento del danno nel caso in cui si realizzi la lesione di un bene giuridico tutelato in occasione della conduzione dei velivoli.
Questa soluzione, che potrebbe a nostro avviso facilmente inquadrarsi tra quelle relative allo svolgimento di attività pericolose o della responsabilità del datore di lavoro per i danni arrecati dai propri dipendenti nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti, sarebbe da ritenersi una espressa forma di «responsabilità oggettiva»: «chi trae vantaggio da una situazione risponde anche degli svantaggi: ubi commoda, ibi incommoda. Si potrebbe anche parlare, per utilizzare le parole del Trabucchi, di »responsabilità da accadimento, in contrapposizione a responsabilità da condotta«.
La detta forma di responsabilità oggettiva per attività di volo, che non troverebbe nel campo civilistico le preclusioni che una previsione normativa siffatta incontrerebbe nell'ambito della disciplina penalistica, permetterebbe l'attribuibilità di addebito, e la conseguente richiesta di risarcimento del danno, in linea diretta in capo al responsabile del volo causativo del danno. Sicchè, nel caso in cui a causare la lesione di un bene giuridico per azione di volo fosse un velivolo battente bandiera diversa da quella italiana, sarebbe evidente la possibilità di proporre una azione volta al risarcimento civilistico del danno subito direttamente in capo allo Stato di appartenenza del velivolo, senza dover attendere eventuali atti di generosità e magnanimità, magari dettati da opportunità politiche mutevoli nel tempo.
E ciò senza alcuna necessità di riscontrare una responsabilità in relazione alla conduzione del velivolo, ma per la sola circostanza dell'attività pericolosa connessa ed insita nel volo stesso. Così potendosi ipotizzare una risarcibilità del danno anche nell'ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, laddove lo si ritenesse necessario.
In questo modo, si sarebbe comunque tutelati da eventuali difetti di giurisdizione e si potrebbe comunque giuridicamente arrivare in ogni caso ad una sanzionabilità di un fatto compiuto nel territorio dello Stato italiano, anche se da soggetti di appartenenza differente e che possano eccepire l'esercizio della giurisdizione prioritaria da parte dello Stato di appartenenza.
Infatti, laddove si ipotizzi una responsabilità oggettiva che sanzioni civilisticamente e nei termini innanzi riferiti il danno arrecato attraverso l'esercizio dell'attività di volo, per la sola considerazione della stessa quale attività pericolosa, ci si verrebbe a trovare, in caso di incidente aereo, in due possibili ipotesi:
a) l'esercizio del volo era attività riconducibile ad un «official duty»;
b) l'esercizio del volo non era riconducibile ad un «official duty».
Nel primo caso sarà tenuto al risarcimento del danno civile arrecato direttamente lo stato di appartenenza del soggetto agente, e
ciò indipendentemente da qualunque tipo di responsabilità personale dell'appartenente allo Stato di origine; nel secondo caso vi sarebbe esclusiva giurisdizione italiana in sede penale per l'accertamento delle responsabilità stabilite dall'articolo27 Cost. comma primo, oltre che la possibilità di rivalersi direttamente sull'agente per la richiesta di risarcimento del danno in sede civile.
In ognuno dei due casi, pertanto, che a questo punto potrebbero essere rimessi anche alla sola dichiarazione di parte dello Stato di appartenenza del soggetto agente, vi sarebbe la possibilità diretta da parte dello Stato italiano della applicazione del proprio diritto.
4. LA DISCIPLINA DEI VOLI
4.1. Generalità.
Quest'argomento, il cui titolo sottintende il riferimento ai voli nella fascia delle basse e bassissime quote, per la molteplicità degli aspetti che lo caratterizzano si presta ad essere visto ed esaminato sotto varie ottiche. Qui, in particolare, viene affrontato sotto il profilo del quadro normativo e delle procedure di pianificazione e di controllo.
In via preliminare appare opportuno richiamare brevemente alcune nozioni inerenti al traffico aereo in generale ed al traffico aereo operativo, nel cui ambito rientrano i voli in esame. Ciò tenuto pure conto del fatto che in questa materia, sono intervenuti nel tempo progressivi adeguamenti, modifiche ed anche riassetti organizzativi. I predetti voli, come quelli di altro tipo, sono fondamentalmente sottoposti a precise regole che ne disciplinano lo svolgimento, anche mediante apposite strutture organizzativo-operative.
Per quanto concerne la circolazione nello spazio aereo del nostro Paese, in base alla legislazione vigente sono ammessi due tipi di traffico: il primo, denominato «traffico aereo generale» (GAT), riguarda l'attività di tutti i velivoli civili e alcuni voli di aerei militari, che seguono regole generali comuni; il secondo, denominato «traffico aereo operativo» (OAT), interessa solo velivoli militari, che sono obbligati a rispettare altre e ben definite regole. La coesistenza di entrambi i tipi di traffico, resa possibile dall'esistenza e dalla scrupolosa osservanza di queste regole, è assicurata dal loro coordinamento sistematico molto stretto, rivolto sia a soddisfare i requisiti imprescindibili della sicurezza del volo per tutti gli aeromobili indistintamente, sia ad armonizzare le finalità e le esigenze peculiari di tipi così diversi di traffico come quello civile e quello militare. Tale coordinamento viene assicurato ininterrottamente per l'intero arco giorno-notte grazie all'azione svolta da organismi civili costituiti a livello regionale (Enti dell'ATS, servizio di controllo del traffico) presso cui opera personale dell'A.M. (SCC/AM - servizio di controllo e coordinamento dell'A.M.). Va tuttavia osservato che il continuo processo di contemperamento di necessità differenti non sempre conciliabili, a fronte del crescente sviluppo dei voli civili, soprattutto di tipo
commerciale, ha via via comportato inevitabilmente la creazione di nuovi corridoi, rotte assistite e spazi regolamentati o soggetti a vincoli restrittivi, concorrendo così a ridurre sensibilmente le aree agibili per le missioni aeree militari.
Il GAT, regolamentato da una normativa avente forza di legge e raccolta in una serie di documenti dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (OACI) denominati «Annessi», si avvale da tempo di propri servizi di assistenza al volo e dei relativi mezzi (tra i quali i servizi di controllo e di coordinamento a vari livelli, fino al controllo di torre; i sistemi delle reti radar e delle telecomunicazioni, ecc.) che sono gestiti da un'Agenzia (ENAV) facente capo al Ministero dei trasporti. Sotto il profilo dei volumi di traffico, lo stesso GAT è prevalentemente costituito dall'attività degli aeromobili civili ma, come si è prima accennato, interessa anche i velivoli militari. Con questi ultimi, infatti, si possono condurre missioni di volo come «GAT», naturalmente a condizione di seguirne e osservarne le rispettive regole. Ciò ogni qualvolta ritenuto necessario e compatibilmente con lo scopo del volo (ad esempio, per le missioni di trasporto, di collegamento e di addestramento alla navigazione in genere, in un ampio spettro di quote, prevalentemente dalle basse a quelle medio-alte).
Il traffico OAT, per ragioni militari e tecniche, non segue le regole e raccomandazioni OACI finora accennate, ma si attiene ad altre norme e procedure pure molto precise, stabilite e specificate dagli organi militari competenti, le quali sono finalizzate al raggiungimento degli scopi delle missioni e degli obiettivi operativi dei reparti dell'A.M.. In tutto lo spazio aereo nazionale, la gestione dei servizi di controllo e assistenza per l'OAT e dei mezzi corrispondenti (fra i quali, i servizi di controllo e coordinamento di vario livello e delle torri di controllo; i servizi di avvicinamento, di ricerca e soccorso e di meteorologia, unitamente ai sistemi radar della catena della difesa aerea e ai mezzi di collegamento TLC) rientra nelle competenze e responsabilità dell'A.M.. In particolare ai ROC (Comandi operativi di Regione; 1o ROC - Monte Venda/Padova e 3o ROC - Martina Franca/Taranto) esistenti prima dell'incidente del Cermis, era devoluta l'autorità di ordinare (limitatamente ai velivoli ed elicotteri sotto il comando della stessa A.M.) e di autorizzare (per i velivoli ed elicotteri non sotto il comando e controllo dell'A.M.) missioni OAT in tutto lo spazio aereo di competenza italiana.
Giova precisare che le attribuzioni specifiche dei ROC, dopo la loro disattivazione e relativamente agli aspetti d'interesse trattati, sono confluite inizialmente, per un periodo transitorio, nel COA-COM (Centro operativo alternato/mobile) di Martina Franca e, successivamente, sono state trasferite in via definitiva al COFA-CO (Comando forze aeree-Centro operativo) di Poggio Renatico/Ferrara, dove vengono attualmente esercitate.
4.2. Norme e procedure dei voli militari. Voli a BBQ. Restrizioni.
Passando dal quadro generale appena delineato alle normative attinenti più segnatamente alla disciplina dei voli militari, un riferimento
basilare e fondamentale in materia di regole e procedure per i voli OAT è rappresentato da una pubblicazione dello Stato Maggiore dell'Aeronautica, la SMA-7, dal titolo «Procedure per la programmazione ed esecuzione delle missioni del traffico aereo operativo», edita nel 1982, che ha tratto origine da pubblicazioni preesistenti e che è stata aggiornata al 21 febbraio 1996 per gli aspetti che ci interessano.
Con tale direttiva, sono stati definiti:
le agenzie del sistema di controllo (aerotattico) dell'A.M. incaricate della programmazione, del coordinamento e del controllo delle missioni OAT, ed i relativi mezzi di supporto;
i compiti e le responsabilità dei comandi e dei comandanti interessati;
le modalità di programmazione, coordinamento, controllo ed esecuzione dell'OAT.
Nel suddetto documento è stato altresì specificato l'obbligo di:
applicare e osservare le regole da parte di tutti gli equipaggi militari italiani ed alleati presenti nel territorio nazionale ed interessati a svolgere missioni OAT nello spazio aereo italiano;
inserire nella programmazione giornaliera dei voli (PVG), da parte di ciascun reparto, tutte le missioni OAT ritenute dai comandanti fattibili e necessarie per il conseguimento degli obiettivi addestrativi ed operativi;
tenere conto, in ogni caso, nella valutazione dei comandanti dei reparti, della compatibilità tra il grado di qualificazione relativo alla «prontezza all'impiego e al combattimento» degli equipaggi e le caratteristiche delle missioni da svolgere.
Nella stessa direttiva SMA-7 sono stabiliti i livelli operativi preposti a presiedere le attività e l'iter di programmazione, coordinamento e controllo del traffico OAT. Tra questi sono indicati gli uffici operazioni di reparto/stormo ed i centri operativi a livello di base (BOC) o di Gruppo (SOR), riconosciuti quali enti programmatori, titolati a preparare il programma di volo giornaliero (PVG) valido per il giorno successivo e a trasmetterlo al ROC competente per area. Nell'ambito del ROC, e precisamente a cura della dipendente agenzia ATCC (Centro di controllo del traffico aereo), vengono passati al vaglio i programmi «PVG» dei vari reparti. Attraverso tale esame, l'ATCC provvede a mettere in sequenza tutte le missioni OAT proposte ed a verificarne la fattibilità sotto l'aspetto del controllo del traffico aereo, della difesa aerea, della sicurezza del volo e della compatibilità reciproca. In seguito a tale azione di verifica, che si riassume nel termine «deconflittare», viene notificata da parte del ROC-ATCC (ora COFA-CO) al reparto originatore, l'assegnazione delle missioni, mediante l'emissione dei messaggi «ASMIX» (assigned mission) con i quali, in sostanza, si autorizzano i voli richiesti.
Infine, sempre nella SMA-7, vengono fornite indicazioni ed istruzioni di dettaglio: modalità di compilazione dei messaggi; codificazione
delle missioni e del carattere del singolo volo (ad esempio BOAT, per significare una missione OAT a bassissima quota, BBQ).
Un altro riferimento normativo e procedurale di significativa rilevanza è il documento SMA 73, intitolato «Direttiva di addestramento - Navigazione a bassissima quota», edito nel settembre 1992, fondamentale per tutti i voli BBQ e molto importante per le disposizioni che contiene per i reparti e per gli equipaggi. In essa, attraverso la delineazione dei limiti di impiego delle diverse specialità operative, vengono individuate le responsabilità dei comandi e degli enti interessati, e vengono regolamentate le attività BBQ degli equipaggi chiamati a svolgere l'attività addestrativa BBQ propedeutica all'impiego operativo. Al riguardo, vengono evidenziate le finalità dei voli BBQ con le relative caratteristiche e modalità di condotta. Tale tipo di volo, infatti, sfruttando sia le capacità e le prestazioni degli aerei sia il mascheramento del terreno anche in ambiente fortemente influenzato da disturbi elettronici e all'infrarosso, consente agli stessi vettori aerei di penetrare ad altissima velocità in determinate aree, in modo idoneo e vantaggioso, contribuendo notevolmente sia a minimizzare il tempo di esposizione ai rilevamenti radar, sia a ridurre la probabilità di acquisizione da parte degli intercettori, rendendo così meno efficaci i mezzi di reazione (contraerea convenzionale e sistemi missilistici superficie-aria).
Con la direttiva SMA 73 vengono fissate, in particolare, le definizioni e le condizioni relative: alla «distanza minima di separazione» (DMS), intesa come separazione minima dal terreno e/o dalla superficie dell'acqua, da rispettare nello svolgimento di attività ad una altezza uguale o inferiore ai 2000 piedi sul terreno (AGL) o sul mare (ASL); alla «bassissima quota» (BBQ), riferita ai velivoli ad ala fissa quando volano ad una DMS uguale o inferiore a 2000 piedi e alla «bassissima quota operativa» BBQ/o, riguardante la navigazione condotta ad una DMS (per velivoli ad ala fissa) inferiore a 500 piedi di giorno e a 1000 piedi di notte. Prima dell'incidente la DMS minima era stata fissata a 500 piedi sul terreno.
Inoltre, sono riportate disposizioni di carattere generale, incluse le limitazioni meteorologiche (nel presupposto che i voli BBQ debbano essere condotti fuori dalle nubi ed in costante, diretto contatto visivo con il terreno), unitamente a disposizioni particolari, con l'intento di rispondere pienamente ai requisiti della normativa nazionale in materia di addestramento degli equipaggi di volo. Fra queste sono da considerare le istruzioni relative alla condotta di voli addestrativi del tipo pre-operativo in determinate aree dedicate e tattiche, sottoposte a speciali vincoli e limitazioni.
Sono poi precisati i compiti, con le pertinenti responsabilità, dei comandi ai vari livelli (dallo Stato Maggiore, alle Grandi unità, ai reparti-stormo). In particolare, ai comandanti dei reparti di volo è specificatamente richiesto di:
seguire l'addestramento dei propri equipaggi con speciale riguardo alla sicurezza volo;
definire le DMS per ogni singolo equipaggio, in funzione del livello addestrativo raggiunto, da applicare nell'esecuzione dei voli BBQ;
far osservare le disposizioni specifiche per le varie linee di velivoli.
Infine, la direttiva raccomanda la più accurata attenzione rivolta ad evitare qualsiasi disturbo alla popolazione, quando non strettamente necessario per il conseguimento dell'obiettivo addestrativo prefissato, prevedendo opportunamente rotte alternative a DMS superiori a quella minima.
Ad integrazione delle regole generali enunciate nella SMA-73, si pone il Manuale BOAT, edito nell'ottobre 1992, aggiornato al 31 ottobre 1997 (del quale è stata a suo tempo fornita copia al comando reparto USAF di Aviano). Il manuale rientra in effetti nella serie di norme emanate dall'A.M. con l'intento di raggiungere un giusto compromesso tra l'esigenza di mettere gli equipaggi nella condizione di conseguire il necessario livello addestrativo ed il rispetto dei requisiti della sicurezza del volo, arrecando il minimo disturbo alla popolazione, qualora non fosse possibile evitarlo del tutto. Detto manuale BOAT, al quale tutto il traffico militare e civile soggetto alla regolamentazione (OAT) deve strettamente attenersi, contiene tutte le informazioni in possesso dell'A.M. o a questa fornite, indispensabili per tutti gli equipaggi che svolgono attività OAT a BBQ, sia in fase di pianificazione che di esecuzione. Nel contempo, il manuale è una guida per una rapida consultazione delle caratteristiche del volo BBQ in Italia, oltre ad essere idoneo ed utile riferimento affinché le stesse missioni BBQ possano essere responsabilmente pianificate ed eseguite in assoluta sicurezza.
Circa l'applicabilità delle norme e disposizioni emanate con il manuale, viene riportato testualmente che esse «si applicano a tutti gli aeromobili nazionali ed ai velivoli militari delle aviazioni alleate che sono autorizzati a svolgere, in qualità di traffico operativo (OAT), attività BBQ sul territorio e sulle acque territoriali italiane, in condizioni VMC (Visual Meteorological Conditions). I velivoli delle aviazioni alleate possono svolgere attività BBQ sul territorio italiano previa autorizzazione preventiva dello Stato Maggiore dell'Aeronautica (SMA), rilasciata con la concessione annuale delle »Diplomatic Clearances« per il sorvolo e lo scalo negli aeroporti italiani. Detta procedura non si può applicare né per i velivoli alleati che effettuano missioni BBQ nell'ambito di esercitazioni prepianificate ovvero nel corso di attività congiunta con i reparti dell'A.M., né per i reparti alleati stanziali in Italia, che, comunque, devono comunicare annualmente allo SMA le loro esigenze addestrative BBQ.
Nel manuale è previsto altresì che - fermo restando che ogni singola missione BBQ prima di essere eseguita deve essere sottoposta alla valutazione del competente Centro Operativo di Regione (ROC, attualmente COFA-CO) per l'approvazione del percorso - i velivoli alleati autorizzati a svolgere attività BOAT debbano attenersi alla vigente normativa nazionale e che gli equipaggi di altre nazioni non
possano volare missioni BOAT fintantoché non abbiano ricevuto un «briefing» sulle procedure BBQ. È precipua responsabilità dell'ente/comando organizzatore dell'attività (ovvero di esercitazioni internazionali) assicurare che gli equipaggi di volo stranieri coinvolti ricevano un «briefing» completo su tutti gli aspetti del volo in Italia, dando particolare enfasi alle misure da adottare per minimizzare i disturbi causati dal rumore, per evitare le aree proibite e sensibili e, infine, per rispettare le restrizioni e le disposizioni emesse con i NOTAMs. Agli enti organizzatori spetta, inoltre, l'obbligo di accertarsi che gli equipaggi stranieri siano forniti dei più recenti aggiornamenti delle disposizioni nazionali emanate in materia di BBQ. Al riguardo si può osservare che nel caso della missione «EASY 01» spettava al 31o Stormo F.W., quale Comando organizzatore dell'attività di volo BOAT, che comprendeva quella del Gruppo VMAQ-2, provvedere per il «briefing» e per gli aggiornamenti prima menzionati.
Continuando in materia di disciplina dei voli, si evidenzia che lo spazio aereo utilizzabile per il traffico BOAT è suddiviso in zone cosiddette BOAT, al di sopra di superfici terrestri e marine nelle quali vengono normalmente autorizzati ed eseguiti i voli BOAT. All'interno di dette zone sono disegnati: corridoi di flusso, percorribili nei due sensi (con la specificazione del senso di percorrenza a seconda dei giorni, dispari o pari); corridoi di transito, per il trasferimento da zona a zona e per l'attraversamento di spazi aerei controllati; punti di ingresso e di uscita dalle zone e dai corridoi, per i quali sono previste le comunicazioni terra-bordo-terra (TBT) con gli enti di controllo del traffico (SCC/AM) per il riporto delle posizioni.
Per ciascuna delle zone BOAT sono definite le quote minime di volo, le condizioni meteorologiche (visibilità minima 5 chilometri) e la velocità massima, pari a 450 nodi. Per la velocità, è prevista qualche eccezione che consente il superamento del valore di 450 nodi per determinate missioni autorizzate, come quando, per scopo addestrativo e limitatamente a brevissimi tratti di una rotta, viene seguito il profilo di avvicinamento ad un punto prestabilito al suolo per simulare un attacco ad un obiettivo, pure simulato. Tale punto-obiettivo, da raggiungere ad una quota di sicurezza, va scelto ad una distanza sicura da luoghi abitati o comunque sensibili a quel tipo di sorvoli che, nella fattispecie, sono comunque da evitare. In proposito, viene precisato che non si possono sorvolare le aree urbane segnalate sulla carta geografica dell'Italia 1: 500.000 AMI-CNA edita dal CIGA e quella OACI-CAI (21).
È raccomandata, nel contempo, la massima cura nella pianificazione dei voli per evitare i sorvoli di aree montane, pure riportate nel manuale BOAT, per il pericolo di slavine. Nello stesso manuale sono fissati gli orari di attività nella settimana (da lunedì a venerdì ed esclusi altri giorni festivi) e vengono indicate le aree assolutamente proibite, quelle riservate regolamentate o soggette a limitazioni o restrizioni, rese note attraverso i NOTAMs. In particolare, vengono riportate le aree denominate «dedicate» e «tattiche» opportunamente selezionate,
a bassa concentrazione abitativa e attivate di volta in volta, previe indispensabili precauzioni, esclusivamente per esercitazioni e per talune forme di addestramento avanzato (come ad esempio quelle a BBQ operative). Prima dell'incidente del Cermis, le quote minime di volo per lo svolgimento di tali peculiari forme di volo variavano da 250 piedi (pari ad 80 metri circa) nelle aree «tattiche» a 500 piedi (pari a 160 metri) sul restante territorio nazionale, con l'eccezione di alcune aree nelle quali il limite minimo era di 750 piedi (240 metri circa), mentre per gli elicotteri i valori delle quote minime erano più bassi.
Sono, altresì, riportati i luoghi e le aree da evitare, in quanto soggetti a restrizioni o particolarmente sensibili, come i complessi ospedalieri, gli insediamenti industriali, le carceri, le aree destinate ad attività di alianti e mezzi ultraleggeri, i parchi nazionali e le riserve naturali. Similmente sono specificati tutti gli ostacoli, verticali e lineari, elettrodotti, funivie e teleferiche conosciute. In definitiva il manuale BOAT è un compendio di notizie significative da utilizzare e consultare congiuntamente ad altre pubblicazioni pertinenti. Tutta la parte dei dati in esso inseriti, relativa agli avvisi permanenti ed alle procedure da seguire, viene aggiornata periodicamente, con varianti semestrali e a mezzo NOTAMs.
Un'altra pubblicazione da considerare, pure molto importante, è la POS ADD-01, dal titolo «Norme per la pianificazione, la programmazione e l'esecuzione dell'attività di volo dei Reparti dell'A.M. e dei velivoli alleati rischierati in Italia», edita dal COA-COM di Martina Franca in data 1o gennaio 1998, che dal 5 gennaio 1998 ha abrogato e sostituito la POS del 1o ROC ADD25 del gennaio 1996. Questo documento costituisce una sorta di «testo unico» che discende dalle direttive emanate a livello centrale e che compendia le norme e le procedure per la pianificazione dei percorsi da realizzare, la pubblicazione degli stessi percorsi (a cura del COA/COM), la programmazione e l'esecuzione dell'attività di volo. In tale POS viene specificato chiaramente che per la pianificazione dei percorsi sussiste l'obbligo di utilizzare le carte geografiche italiane CNA-AM scala 1:500.000, prodotte dal CIGA, che i percorsi medesimi devono essere distribuiti geograficamente in tutte le direzioni e che le rotte devono essere conformi ai corridoi di flusso indicati nel manuale BOAT. Inoltre, viene rammentato: che tutta l'attività GAT ed OAT deve essere inserita nel PVG (contenente un programma principale «Alfa» ed uno alternato «Bravo») da trasmettere al COA/COM entro un determinato orario del giorno precedente; che tutte le missioni contenute nel PVG devono essere vagliate dall'ATCC/AM, cui compete l'emissione (entro le ore 20) del messaggio di assegnazione/autorizzazione (ASMIX), mentre è responsabilità dell'ente originatore (ufficio operazioni di stormo o BOC) comunicare tempestivamente all'ATCC/AM la conferma del PVG con almeno 30 minuti di anticipo rispetto al tempo stimato di decollo (ETD).
Su tutte le pubblicazioni fin qui menzionate si è soffermato il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, gen. Andrea Fornasiero nell'audizione del 30 marzo 2000. Egli in quella circostanza ha rimarcato che il volo BBQ, componente essenziale dell'addestramento e del bagaglio professionale degli equipaggi abilitati a fronteggiare operazioni reali
(prontezza al combattimento), costituisce un'attività tutt'altro che facile, specialmente se unita alle elevate velocità necessarie, e quindi da affrontare con metodo ed attenzione da parte di tutti (degli equipaggi come dei responsabili della gestione e del controllo di tali voli), con riguardo sia alla sicurezza sotto ogni aspetto, sia al controllo del territorio sottostante, al fine di ridurre quanto più possibile il disagio della popolazione. Da qui la necessità di disposizioni dettagliate a tutti i livelli della catena di comando circa la disciplina di questa particolare condotta di volo, disposizioni che, come quelle illustrate, riguardano tutti gli equipaggi militari sia italiani sia alleati che svolgono attività sul territorio nazionale.
Tra le pubblicazioni di interesse si annovera anche la SOP-ADD 8 nell'edizione aggiornata del 15 luglio 1991, contenente la raccolta di rotte di volo standard approvate, e comprendente anche quelle previste per la base di Aviano, fra le quali il percorso AV047 della missione «EASY 01» che ha provocato la tragedia del Cermis.
Resta da aggiungere, come peraltro rappresentato dal gen. Fornasiero nella ricordata audizione, una serie di ulteriori restrizioni a carattere temporaneo, relative all'attività addestrativa degli aeromobili stranieri nel nostro Paese, e provvedimenti limitativi transitori, di carattere locale, emessi dai comandi delle Regioni aeree interessate (come, ad esempio, le limitazioni di sorvolo dell'area alpina nei periodi di maggior pericolo di distacco delle slavine). Tra i provvedimenti restrittivi si rammentano quelli riportati:
nel messaggio TR1-151/4464771-4 del Comando 1 Regione aerea, in data 12 dicembre 1990, relativi alla disposizione con cui viene fissato il limite di 1000 piedi (AGL) come quota minima per tutti i voli nel periodo dal 1o novembre al 30 aprile sulle zone montane o quando in presenza di neve. Tale disposizione è stata inclusa nel manuale Pilot Aid Handbook del 31o Stormo F.W.;
nel messaggio del 1o ROC-Monte Venda, riguardante l'assegnazione ASMIX del 16 agosto 1997, con il quale viene richiamata l'attenzione (con le note di avvertimento RMKS, Remarks) circa il divieto di volo a quote inferiori ai 2000 piedi nelle zone alpine della regione Trentino Alto Adige. Tale restrizione è risultata poi recepita nel documento FCIF 97-16 del 31o Stormo F.W. del 29 agosto 1997.
Il quadro informativo sulle quote minime viene completato con un breve riferimento all'attività addestrativa dei reparti stranieri impegnati in Italia, come forze NATO/UEO a seguito della crisi nei Balcani. Con l'avvio delle operazioni aeree sulla ex Iugoslavia, e più precisamente con l'operazione «Deny Flight» nello spazio aereo della Bosnia-Erzegovina, iniziata nel primo semestre 1993, come anche asserito dal Capo di SMA nella sua audizione, si è reso necessario definire una specifica normativa che disciplinasse l'attività addestrativa dei reparti alleati schierati in Italia, o comunque operanti sul territorio nazionale, la maggior parte dei quali aveva una familiarità scarsa o addirittura nulla con tale ambiente.
Nell'ambito di quelle operazioni, sono aumentate progressivamente e si sono intensificate via via in stretta connessione fra loro, sia
le attività addestrative sia quelle operative vere e proprie. Circa la portata dell'impegno che è stato richiesto alle forze aeree dell'Alleanza sin dal 1993, vale rammentare, come riferito dal Capo di Stato Maggiore della Difesa nella sua audizione), che ci sono stati fino a 600 velivoli schierati in Italia e che, nei momenti più caldi, sono stati coinvolti 21 aeroporti italiani, dai quali sono state condotte circa 200 mila missioni. Periodicamente, poi, in concomitanza con gli avvicendamenti delle unità rischierate, mentre in parallelo continuavano a svolgersi ininterrottamente le operazioni reali, si è registrato un aumento delle attività addestrative e, quindi, dell'attività complessiva che, come inevitabile ricaduta, ha comportato un effetto più sensibile in termini di impatto ambientale.
Pertanto, lo Stato Maggiore dell'Aeronautica, anche con riguardo alla problematica dell'impatto ambientale che tale aumento di attività ha comportato, ha posto ulteriori limitazioni su: orari di effettuazione dell'attività; numero dei voli autorizzati; quote, che dovevano essere non inferiori ai 500 piedi di giorno e 1000 piedi di notte. Successivamente, dopo l'incidente del Cermis, sono state imposte nuove restrizioni, confermate dal rapporto della Commissione bilaterale Tricarico-Pruher, di cui si tratterà nel paragrafo 6.2.
Inoltre, si deve anche ricordare che dalla seconda metà del 1999, con la fine della campagna aerea nel Kosovo e con la significativa riduzione del numero dei velivoli alleati presenti nelle basi italiane, le attività di volo sono diminuite fino a livelli globalmente non rilevanti.
Nel frattempo, però, soprattutto a causa delle limitazioni di quota rese più restrittive, si è ridotta la possibilità di soddisfare appieno le peculiari esigenze dei reparti dell'A.M. nel settore dell'addestramento a BBQ. In alternativa, sono state ricercate intese con le Forze aeree di altri Paesi (Canada, Egitto) per effettuare sui loro aeroporti e territori una parte di tale tipo di addestramento che non è consentito in Italia. Ciò a fronte di oneri economici indubbiamente non trascurabili e ferma restando la necessità per gli stessi reparti di svolgere comunque in Italia un'altra parte, sebbene limitata, di addestramento similare, dovendo gli equipaggi interessati completare i rispettivi programmi e conservare almeno un grado sufficiente di confidenza con l'ambiente orografico nazionale, in aree e su percorsi caratterizzati da un contenuto addestrativo adeguatamente valido.
Infine, si deve ricordare il messaggio SMA/322/00175/639/SFOR del 21 aprile 1997, preso in esame dalle varie inchieste giudiziarie relative alla sciagura e più volte analizzato nella presente relazione, osservando che sono emerse perplessità circa l'opportunità di includerlo tra i riferimenti documentali di sicuro interesse. In sostanza, tale messaggio non è sembrato fornire elementi certi e inequivocabili ai fini dell'effettiva applicabilità di restrizioni specifiche. In esso lo Stato Maggiore dell'Aeronautica ha comunicato agli alti Comandi della catena NATO gli esiti di una riunione su vari argomenti, riguardanti le unità alleate schierate sulle basi aeree italiane per la «Deliberate Guard», prospettando le possibili soluzioni/opzioni individuate. Fra queste, è stato rappresentato l'intendimento, apparentemente o plausibilmente interpretabile come proposta di direttiva, di ridurre l'impatto socio-ambientale ricorrendo alla misura di non autorizzare
l'attività addestrativa a BBQ dei reparti alleati schierati per la «D.G.» sul territorio e sulle acque nazionali. Sulla precettività o meno di detta misura, come noto, sono emerse diverse interpretazioni ed opinioni. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa ed ex Capo di SMA, gen. Mario Arpino, si è autorevolmente pronunciato nel merito, nell'audizione del 31 maggio 2000. Ricordando che la questione è sorta non per motivi di sicurezza del volo ma per problemi di inquinamento acustico, al fine di rispondere alle attese delle popolazioni, ha precisato che il messaggio andava considerato «non come un ordine ma come una richiesta e quindi non aveva alcuna natura precettiva nei confronti delle autorità NATO cui era indirizzato né, a maggior ragione, degli Enti nazionali cui era stato esteso solo per informazione». Il gen. Arpino, dichiarando di essere a conoscenza del messaggio, essendo stato lui stesso ad aver dato istruzioni al suo Stato Maggiore per convocare la riunione da cui il messaggio era scaturito, ha aggiunto per maggior chiarezza: «Questo è il punto, non c'era il divieto, non è mai stato espresso. Chiedevamo che il divieto venisse espresso, ma non è mai stato fatto espressamente» e in un altro punto del suo intervento durante l'audizione: «Era stato chiesto di non autorizzare più missioni di quel tipo, ma nessuno aveva detto che non dovevano essere autorizzate».
D'altra parte, per quanto concerne il versante USA, come è già stato segnalato sopra, non risulta che il suddetto messaggio sia stato menzionato nella relazione della Commissione d'inchiesta amministrativa americana (presieduta dal gen. DeLong), o che detta Commissione abbia riferito di esserne stata a conoscenza.
Inoltre, sempre riguardo allo stesso messaggio, non sono emersi finora alcun segno, traccia o una qualche indicazione della sua esistenza nell'ambito dei Comandi USA in Italia, né presso il 31o Stormo F.W. né presso i Gruppi dei Marines VMAQ nella base di Aviano. Da ciò è apparso verosimile che lo stesso messaggio non sia mai pervenuto ai suddetti reparti in quanto mai trasmesso dai rispettivi Comandi sovraordinati (qualora questi ne fossero stati in possesso), né attraverso la linea nazionale USA né lungo la catena NATO.
4.3. Pianificazione, esecuzione e controllo dell'attività di volo.
L'insieme delle normative prima descritte fornisce gli elementi di guida basilari per una corretta pianificazione. L'attività di volo di un reparto, come ha anche ricordato il Capo di SMA, gen. Fornasiero, può essere generata da esigenze prettamente addestrative degli equipaggi di volo, per il conseguimento o mantenimento delle qualifiche previste per la «prontezza al combattimento», oppure per esigenze di impiego operativo reale o di addestramento all'impiego operativo.
Ogni reparto propone le proprie le esigenze specificatamente addestrative all'ente deputato al coordinamento dell'attività di volo. Essendo la struttura della Forza Armata in fase di trasformazione, all'epoca dell'incidente le competenze e le attività di comando e controllo affidate in precedenza ai ROC della 1 e 3 Regione aerea,
come già accennato, sono state concentrate nel solo 3o ROC di Martina Franca, in attesa che subentrasse il COFA-CO di Poggio Renatico a prendere il controllo totale dell'attività di volo. Circa l'iter procedurale autorizzativo, l'attività di volo proposta era riportata nel programma di volo giornaliero (PVG), elaborato dai singoli reparti, sia nazionali che stranieri presenti in Italia, se autorizzati. A questa procedura si è conformato in passato e continuava ad attenersi, all'epoca dell'incidente, anche il 31o Stormo F.W. per i voli dei Gruppi direttamente dipendenti. La stessa procedura è stata seguita in occasione dell'inserimento, nel PVG originato da detto reparto delle richieste di voli addestrativi a carattere nazionale dei Gruppi VMAQ dei Marines, rischierati ad Aviano per la «D.G.» ed ospiti dello Stormo medesimo.
La verifica degli aspetti del traffico aereo e della difesa aerea, al fine di evitare eventuali conflitti o interferenze nel complesso dei percorsi pianificati da tutti i reparti, era ed è effettuata dall'ente preposto, allora il ROC di Martina Franca ed attualmente il COFA-CO di Poggio Renatico. Al termine di tale fase, quest'ultimo Comando provvede ad emettere il messaggio autorizzativo ASMIX che viene riportato agli enti originatori delle missioni richieste, secondo il modello previsto, con gli elementi salienti che identificano e caratterizzano ogni singolo volo: nominativo; percorso; tipo di aereo; orari stimati di decollo e di atterraggio.
Per quanto concerne lo svolgimento dell'attività operativa reale, occorre distinguere tra esigenze nazionali e NATO.
Le missioni relative all'attività operativa reale e a quella operativo-addestrativa per esigenze prettamente nazionali sono state gestite in precedenza dai ROC, per il tramite dei centri ATCC/AM, dalle agenzie COA/COM di pianificazione e controllo, poi. Tali funzioni, dopo le trasformazioni organizzative della Forza Armata, sono state espletate dal COFA-CO di Poggio Renatico sopra menzionato, che le svolge tuttora.
Diversamente, per le esigenze NATO e segnatamente per quelle dell'operazione in Bosnia anche di addestramento operativo, la gestione delle relative missioni rientrava ed è rimasta di competenza del Comando V ATAF, deputato ad esercitare le azioni di pianificazione e controllo tramite il CAOC (Combined Air Operation Center). L'attività richiesta ed individuata indipendentemente dall'ente che l'ha originata, ma sempre a carattere NATO, viene ordinata mediante l'emissione di un apposito ordine (Air Task) che si traduce in un messaggio contenente gli elementi informativi occorrenti per la pianificazione e la condotta della missione. Tutta l'attività generata o gestita dal predetto CAOC è anch'essa comunicata all'ente preposto al controllo nella catena nazionale (COA/COM in passato; COFA-CO di Poggio Renatico attualmente), interessato ad averne conoscenza.
Relativamente alla sua esecuzione, l'ordine di missione viene controllato dall'ente originatore, che si avvale della propria catena di comando e controllo, nazionale o NATO. In ambito NATO, anche e non solo con riguardo alle operazioni in Bosnia, l'impiego delle forze aeree è stato gestito sotto l'aspetto del «controllo tattico» dal Comando V ATAF tramite il citato CAOC, con l'ausilio di tutti i mezzi disponibili, tra cui i sistemi radar, di avvistamento e controllo a terra, i sistemi
in volo AWACS ed i collegamenti satellitari. Alla V ATAF spettava il compito di ordinare giornalmente, e quindi gestirene l'esecuzione ed il controllo, le attività di volo dei reparti interessati. Queste potevano riguardare sia missioni operative reali nell'area di operazioni sia missioni addestrative specifiche, propedeutiche alle operazioni reali in Bosnia. Tutte queste attività avevano la comune caratteristica della connotazione NATO. A questo punto può essere utile osservare che la V ATAF non aveva la competenza di gestire missioni addestrative non «D.G.». La stessa V ATAF infatti non aveva il compito di ricevere o valutare richieste di missioni di quel tipo né quindi aveva titolo a decidere per il rilascio delle autorizzazioni nel merito. Ciò a prescindere dal fatto che il CAOC-V ATAF si era predisposto a non accettare richieste di voli addestrativi mediante l'inibizione automatica del proprio sistema informatico.
Sempre nella fase esecutiva, e più precisamente nel corso del volo, la missione stabilisce e normalmente mantiene il contatto radio con gli enti del controllo per l'area di competenza. Relativamente al controllo radar, dopo l'identificazione iniziale, che consente di associare la traccia della missione a quella rilevata e riconosciuta come «traccia amica», generalmente il velivolo prosegue secondo le rotte previste senza che venga necessariamente mantenuto con l'operatore radar un controllo continuo positivo. In tali evenienze, il radar continua a registrare la traccia del velivolo in modo automatico, tranne che nelle zone montane, le cui caratteristiche orografiche spesso non consentono una regolare e sicura acquisizione radar oltre i rilievi. Le zone montane d'altra parte, oltre a rappresentare in genere un vero e proprio ostacolo e quindi un limite per tutti i sistemi radar dislocati a terra, creano talvolta difficoltà anche per l'eventuale impiego del sistema AWACS. Non sempre, infatti, può essere assicurato un controllo costante e preciso della quota dell'aereo rilevato dal radar aeroportato, a meno che questo non sia posizionato a controllo dell'area di interesse.
4.4. Considerazioni.
Ad una valutazione complessiva, la normativa esaminata risulta singolarmente accurata, chiara ed esauriente. I suoi contenuti, all'occorrenza molto precisi e dettagliati, sono da ritenere sostanzialmente validi e rispondenti alle necessità in fatto di procedure e regole afferenti alla disciplina dei voli in generale ed ai suoi vari e peculiari aspetti. Tale normativa costituisce, nel suo organico insieme, un sistema di misure idonee ed appropriatamente finalizzate a pianificare, programmare, eseguire e controllare le missioni di volo, con preminente riguardo a quelle addestrative a BBQ, soddisfacendo, nel contempo, ai requisiti fondamentali ed indispensabili della sicurezza, sotto tutti i punti di vista.
Si rileva, inoltre, l'adeguatezza dei vari parametri fissati dalle autorità competenti in relazione alle tipologie degli aeromobili, alle aree da sorvolare e ad altri fattori. In particolare, le specifiche restrizioni ed i parametri relativi ai limiti di quota sono da ritenere
adeguati sotto il profilo della sicurezza, a tutela di tutti, a cominciare dagli equipaggi e dai rispettivi mezzi, e tali da scongiurare gli eventuali pericoli e rischi a danno delle persone e delle cose nell'ambiente esterno circostante.
Le limitazioni di quota poste prima dell'incidente del Cermis potevano già essere considerate come una soluzione idonea, in quanto basata su un equo ed accettabile compromesso tra le esigenze di addestramento degli equipaggi, da un lato, e le esigenze di sicura salvaguardia delle popolazioni dagli effetti dell'impatto ambientale, dall'altro. In merito agli aumenti dei limiti di quota in determinate aree, si è potuto constatare che essi sono stati dettati non da motivi di sicurezza, già ampiamente garantita, bensì proprio ed esclusivamente da ragioni di inquinamento acustico, apparso talvolta eccessivo, o comunque riconducibili all'impatto socio-ambientale. In effetti le decisioni di tali innalzamenti dei livelli minimi di quota, ove attuati, sono state sollecitate e adottate essenzialmente con l'intento di andar incontro alle aspettative della popolazione.
Sempre dall'esame della vigente normativa, la cui validità è, peraltro, suffragata anche dagli elementi di chiarimento acquisiti durante le audizioni, si è pure potuto rilevare che tutti gli equipaggi, italiani ed alleati, potevano disporre di tutti i dati necessari ed utili per pianificare e svolgere in piena sicurezza le rispettive missioni di volo del tipo considerato. In particolare, il 31o Stormo F.W. disponeva del Manuale BOAT, della POS ADD 1 e di altra documentazione pertinente, ovvero di tutto il materiale informativo occorrente ai fini del preventivo ed indispensabile indottrinamento dei Gruppi dipendenti e di quelli rischierati VMAQ dei Marines. Atteso comunque, per questi ultimi, l'obbligo di documentarsi sulla materia, debitamente premurandosi di assumere l'iniziativa nel richiedere per tempo ogni possibile assistenza.
In merito alla fase autorizzativa dei voli, sono apparsi lineari e chiari i procedimenti stabiliti per la richiesta delle missioni, per la prospettazione dei programmi giornalieri e, quindi, per l'iter di approvazione e di autorizzazione delle attività addestrative ed operative, sia sulla catena nazionale che su quella NATO. Similmente, sono risultate definite le competenze delle strutture e degli organi preposti alla generazione delle richieste, al loro inoltro, al successivo vaglio per la verifica della fattibilità, fino all'assegnazione ed alla conferma delle singole missioni. Pure lineari, oltre che molto semplici, sono apparse le procedure per il controllo dei voli durante la loro esecuzione. Naturalmente l'adeguatezza delle procedure in questo settore del controllo dipende molto dai mezzi disponibili e dalle relative capacità. Queste sono soddisfacenti, anche ai fini della sicurezza in generale, se si fa riferimento al controllo cosiddetto «procedurale», effettuato, cioè, mediante lo scambio di comunicazioni terra-bordo-terra per il riporto di punti significativi del percorso da parte degli equipaggi, per la notifica di informazioni urgenti, utili o importanti, e per ogni eventuale assistenza in caso di bisogno.
In sostanza, le procedure sono certamente valide; tuttavia non è sufficiente o manca la capacità di controllare con continuità la condotta dei voli nel rispetto delle regole vigenti, a motivo della
carenza dei mezzi, per lo più inadeguati o, addirittura, inesistenti. Del resto, durante il volo, a parte i brevi collegamenti previsti via radio con gli enti di controllo del traffico aereo, per il riporto di posizione o per altre evenienze, o con gli enti della difesa aerea (per l'eventuale conferma dell'identificazione, quando possibile) non esistono altri sistemi di controllo in tempo reale, né mezzi sicuramente idonei, tra quelli attualmente disponibili, al fine di conoscere costantemente la posizione e la quota del velivolo, oppure di ricostruire, dopo ogni volo, il tracciato ed i relativi parametri seguiti durante il suo svolgimento.
Nell'Aeronautica Militare, come dichiarato dal citato Capo di Stato Maggiore, soltanto alcuni velivoli della linea aerotattica possono impiegare, in un tempo limitato, apparati che registrano i dati salienti del volo, a solo scopo didattico, per il loro riesame in sede di analisi post-missione.
La rete di avvistamento radar della difesa aerea ha le proprie limitazioni nella fascia delle BBQ (e anche al di sopra di essa), in quanto non riesce a coprire le zone montane. L'analogo sistema radar dell'aviazione civile, che ha diverse caratteristiche ed anche propri limiti, è preposto al controllo dello spazio aereo per altre specifiche finalità. Gli stessi radar aeroportati AWACS non si prestano facilmente al tipo di controllo come quello richiesto, a meno che, come già accennato, non siano impiegati appositamente per controllare un'area predeterminata di preminente interesse. Questo tipo di impiego però non è perseguibile dal momento che gli aerei AWACS esistenti costituiscono la flotta NATO e non possono essere resi disponibili per soddisfare un'esigenza specifica nazionale, completamente differente da quella della missione primaria, a carattere tipicamente NATO. D'altra parte, la realizzazione di un programma per l'acquisizione di una capacità AWACS nazionale, pur essendo una delle priorità dell'A.M. (come appreso durante l'audizione del Capo di SMA), non sembra prevedersi a breve termine, a motivo della mancanza di fondi.
Perdurando l'attuale situazione, un'ipotesi di soluzione di costo contenuto, per consentire una prima concreta forma di controllo sui voli in questione sufficientemente idonea, potrebbe essere rappresentata da un equipaggiamento da installare a bordo dei velivoli, basato e realizzabile sul principio del GPS (Global Positioning System), simile al sistema antifurto satellitare usato sugli automezzi. La formulazione e la valutazione di una simile ipotesi spettano, ovviamente, alle autorità ed agli organi governativi competenti.
Ritornando alla disciplina dei voli, si deve sottolineare come non sia sufficiente provvedere alla messa a punto del migliore dispositivo di norme e procedure per regolare i voli a BBQ, assicurandone la piena conoscenza e ribadendo l'obbligatorietà della loro osservanza. Occorre, infatti, prestare la dovuta attenzione alla disciplina dei comportamenti, e quindi, ai fattori riconducibili alla persona. In sostanza, la necessaria opera di regolamentazione deve essere completata con l'opera di assimilazione di una cultura fondata sulla qualità di valori, e che tocca la sfera della professionalità del personale che, in vari modi, tratta e gestisce la delicata materia della sicurezza; personale in genere altamente qualificato, dagli equipaggi ai comandanti responsabili nei diversi livelli.
La tragedia di Cavalese ha evidenziato che con il complesso dispositivo delle regole che disciplinano i voli a BBQ in Italia nulla ha avuto a che vedere la missione «EASY 01» del 3 febbraio 1998 che - come ha ricordato il Capo di SMA nella sua audizione - in un'unica azione ha violato più norme. In proposito sarebbe oltremodo difficile, se non impossibile, ipotizzare un sistema di norme diverso da quello esistente capace di restare inviolabile ed impermeabile di fronte ad una condotta come quella del velivolo statunitense, che è stata eccezionalmente anomala, nel senso più trasgressivo e negativo che si possa immaginare.
Nella classificazione degli incidenti che si attribuiscono al fattore umano è netta la demarcazione tra l'errore di valutazione nella condotta dell'aeromobile, lo stato di necessità e l'indisciplina di volo. Secondo i pareri espressi dalle Autorità al vertice dell'A.M. nelle loro audizioni, e che si condividono, la selezione del personale, l'addestramento, la complessità delle macchine, che alle sempre elevate prestazioni uniscono anche una maggiore affidabilità intrinseca, la molteplicità delle operazioni che non lasciano in volo alcuno spazio ad «altro», in fatto di distrazioni o diversivi estemporanei, hanno reso ormai molto raro il caso dell'indisciplina di volo legata al rapporto di causalità con un evento di danno o di pericolo. Infatti gli incidenti causati dal fattore umano sono essenzialmente riconducibili ad errori di valutazione nell'impiego del mezzo, determinati proprio dalle particolari condizioni psicofisiche del pilota o dell'equipaggio in volo e/o dalle specifiche condizioni ambientali. Raramente, nella pur vasta casistica, gli stessi incidenti ascrivibili al fattore umano si possono collegare ad atteggiamenti individualistici, fini a se stessi e contrari, quindi, ad ogni forma di addestramento. Atteggiamenti questi espressivi di indisciplina di volo, in netta antitesi con l'addestramento ricevuto.
Nella vicenda del Cermis è emersa in tutta chiarezza e, purtroppo, nella sua estrema, disastrosa gravità, una indisciplina di volo, non solo in stridente contrasto con il bagaglio addestrativo acquisito dall'equipaggio coinvolto, ma anche incurante di qualsiasi principio che si richiami all'etica del volo e, quindi, ben distante dal complesso di doti di equilibrio, di serietà, di correttezza e di capacità di autocontrollo e di autodisciplina che, unitamente ad una qualificata preparazione, caratterizzano la figura di qualunque vero professionista «aeronavigante» in ambito sia militare che civile.
Un tipo di indisciplina, quella commessa dalla missione «EASY 01», che ha riguardato quell'equipaggio, quel determinato pilota, pur idoneo e preparato, che era, nel contempo, comandante responsabile - aspetto questo singolare ed aggravante - di un team di uomini, anche loro qualificati adeguatamente. Quando si tratta di equipaggi, di piloti impegnati in addestramento a BBQ ci si riferisce, infatti, a personale aeronavigante che ha superato varie e severe prove selettive, e che è stato sottoposto e continua ad essere soggetto a rigorosi esami e controlli, per verificare la progressione ed il livello di apprendimento, il profitto sotto il profilo tecnico-professionale, ed anche altre importanti qualità, quali, in particolare, la tenuta psico-fisiologica e l'assetto comportamentale.
Tutto ciò vale per la totalità dei piloti e degli equipaggi delle forze aeree moderne, in particolar modo quando si fa riferimento ad equipaggi qualificati «pronti al combattimento», cioè a professionisti che hanno raggiunto un elevato profilo di preparazione ed un grado di maturità tali da non lasciar un benché minimo dubbio sulla loro affidabilità e credibilità. D'altra parte in quelle stesse forze aeree non può esserci posto né tolleranza per chi deroghi dalla corretta linea della professionalità per deviare verso protagonismi o prove di temerarietà fini a se stessi ed assolutamente ingiustificabili.
Sempre in tema di disciplina dei voli, mentre non sembrano essersi ravvisati specifici punti o aspetti carenti nella struttura organizzativa italiana, in particolare nelle funzioni degli enti interessati a tale materia e con particolare riferimento al volo «EASY 01», la Commissione USA che ha effettuato l'indagine dopo l'incidente, ha invece rilevato, come noto, una carenza di supervisione da parte statunitense nella preparazione del tragico volo.
In effetti, questo è stato considerato un punto debole nella catena di comando americana. Si è posta quindi l'esigenza di meglio strutturare l'importante funzione di supervisione mediante l'istituzione della figura di un responsabile ad alto livello, come è stato rimarcato dal generale Tricarico nella sua audizione. Tale punto è stato infatti preso in esame nel rapporto Tricarico-Pruher. In proposito lo stesso generale Tricarico si è espresso nei termini che si riportano di seguito e che riscuotono pieno consenso: «Se, infatti, l'indottrinamento, la conoscenza delle norme, la durata di permanenza in Italia sono tutti fattori essenziali per poter correttamente pianificare ed eseguire una missione di volo, nondimeno l'individuo o l'equipaggio devono essere »aiutati« a non sbagliare, e a questo fine risulta essenziale una continua attività di supervisione, un sistema di supervisione a più livelli che garantisca in modo chiaro e documentato l'effettivo trasferimento delle informazioni agli equipaggi e ai responsabili dei vari settori operativi, un'attività, insomma, che intervenendo tra la pianificazione individuale e l'esecuzione altrettanto individuale, sia il frutto delle conoscenze, dell'esperienza e del senso di responsabilità di un'intera organizzazione.
Se è vero che nulla e nessuno possono offrire totale salvaguardia dal comportamento sconsiderato di un singolo pilota in volo, è pur vero che l'informazione e la supervisione potenziate da una diretta assunzione di responsabilità da parte del comandante, offrono le migliori garanzie possibili in termini di prevenzione».
Dalle audizioni si è anche preso atto dell'impegno profuso in ambito nazionale da parte dell'Aeronautica militare per organizzare meglio e potenziare l'Ispettorato Sicurezza volo, preposto alla trattazione delle varie problematiche attinenti la sicurezza voli per tutte le Forze Armate e per tutti gli aeromobili dello Stato. Al riguardo si è anche appreso dell'attività che si sta svolgendo nel campo delle indagini, delle inchieste relative alle segnalazioni di possibili incidenti ed in quello della prevenzione. In particolare si segnala il lavoro svolto in modo capillare presso i reparti di volo allo scopo di affinare e controllare continuamente tale azione di prevenzione, come testimoniato dai numerosi sopralluoghi e visite «lampo», senza preavviso.
Sotto questo aspetto, accanto all'opera della sicurezza volo, dalla quale non può essere disgiunta, si colloca l'azione di comando che riveste sempre un ruolo di fondamentale importanza. Tale azione, per sua natura vigile, oculata e rigorosa, risulterà tanto più efficace e proficua quanto più sarà esercitata in modo attento, scrupoloso ed incisivo già nella fase della prevenzione verso ogni prevedibile rischio. E ciò attraverso l'azione di educazione, di supervisione e controllo, nonché mediante appropriate e tempestive misure volte ad assicurare «standard» sempre più elevati di autentica professionalità in tutti i servizi dell'organizzazione, dedicando ogni possibile attenzione alla sistematica, puntuale ed effettiva osservanza delle varie normative esistenti: da quelle dell'area tecnico- logistica, a quelle riguardanti la disciplina dei voli nei campo operativo ed in quello addestrativo.
In sintesi, per quanto concerne l'Italia e, quindi, l'Aeronautica militare, gli aspetti prima considerati, concernenti sia la sicurezza dei voli sia la necessità di un'attenta azione di comando, supervisione e controllo sulla condotta degli equipaggi, in ordine all'osservanza delle norme relative alla disciplina dei voli, sono state oggetto di speciale attenzione da parte dei Comandi preposti nei confronti dei reparti aerei dipendenti. Ciò è risultato dalle audizioni delle autorità militari interessate ed ha trovato riscontro nella documentazione rilasciata dal gen. Fornasiero, nella sua audizione in data 30 marzo 2000.
In particolare, si fa riferimento alle lettere-direttive emanate dai Capi di Stato Maggiore sulla «prevenzione degli incidenti attraverso la qualità dell'azione di comando» ed alle analoghe raccomandazioni rivolte dallo SMA agli stessi reparti, che vengono periodicamente richiamati alla scrupolosa osservanza delle disposizioni in vigore sullo svolgimento dell'attività di volo militare e sull'inquinamento acustico, con particolare attenzione agli esposti ed alle proteste sia di cittadini sia degli organi di amministrazioni locali.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la componente americana della commissione bilaterale Italia-USA si è ispirata alle stesse considerazioni in fatto di prevenzione, supervisione ed azione di comando, avendone recepito l'essenza e le finalità per meglio definire le misure poi adottate congiuntamente nel rapporto Tricarico-Pruher, costituendo i presupposti fondamentali di più solide garanzie in punto di sicurezza e correttezza per le attività di volo nel nostro territorio.
5. IL FENOMENO DEI VOLI A BASSA QUOTA
5.1. Il fenomeno dei voli a bassa quota e l'impatto sulle popolazioni.
Il fenomeno dei voli a bassa quota interessa notevolmente il settore nord-orientale del nostro Paese ed in particolare le rotte che attraversano la regione del Trentino Alto Adige, coinvolgendo sia le zone montane che le località delle valli.
In questa sede interessa, in particolare, circoscrivere il campo di osservazione a quei voli militari d'addestramento a BQ, effettuati da
equipaggi nazionali e alleati, che hanno da sempre destato allarme per l'opinione pubblica.
Le attività addestrative compiute da velivoli militari, a differenza delle manifestazioni proprie delle pattuglie acrobatiche, infatti, non essendo connotate da motivazioni spettacolari, vengono accettate e tollerate con maggiore diffidenza ed hanno suscitato nel tempo viva preoccupazione fra le popolazioni civili coinvolte e diverse reazioni da parte delle amministrazioni locali interessate.
In materia d'incidenti e situazioni di pericolo, le statistiche annoverano, infatti, innumerevoli casi che hanno riguardato una ampia gamma di elicotteri e velivoli ad ala fissa, militari e non, di prestazioni e caratteristiche mediamente limitate, e che sono state oggetto di diverse segnalazioni.
La maggior parte delle cause di tali eventi sono risultate in seguito attribuibili a vari fattori, tecnici, meteorologici, ambientali, senza tralasciare, tra i fattori umani, quelli, per fortuna più rari, ascrivibili a comportamenti intenzionali, ad aggressività e spericolatezza.
La discussione sull'impatto dei voli a bassa quota sulla popolazione civile non è comunque né recentissima, né esclusivamente italiana. Tra il 1987 e il 1989, a causa delle contingenze politiche, l'aumento dei voli a bassa quota tra Germania Ovest e Germania Est ha provocato un centinaio d'incidenti, tanto che nel 1990 la Repubblica tedesca, riunificata, ha deciso di portare da 150 a 300 metri il limite di sorvolo degli aerei della NATO. Nello stesso anno anche il Belgio, per contenere l'eccessivo rumore, ha provveduto a vietare i voli a BQ ai velivoli NATO, lasciando invariata la quota di 80 metri per gli aerei militari nazionali. Anche a livello europeo, dunque, si sono posti e si pongono problemi di sicurezza e ambientali.
Il Trentino Alto Adige è stato purtroppo luogo di altri eventi dannosi oltre alla tragedia del Cermis. Per quel che riguarda la sicurezza dei civili, ricordiamo in particolare due incidenti simili.
Il primo risale al 30 agosto 1961 quando un aereo militare francese, tranciando il cavo trainante della cabinovia del Monte Bianco- Aguille du Midi- Punta Hellbronner, ha fatto precipitare 3 cabine causando 6 morti. Gli occupanti delle altre cabine hanno atteso in bilico nel vuoto per un'intera notte i soccorsi. Nel secondo incidente, più volte citato nei lavori della Commissione, non ci sono state vittime. Il 27 luglio 1987 un aereo militare italiano ha tranciato i cavi della funivia del Falzarego, mentre le cabine erano ferme alle rispettive stazioni. I due militari si sono salvati paracadutandosi nel greto del torrente Cellina. Le proteste, così come l'attenzione dell'opinione pubblica, sono state limitate. Bisognerà infatti arrivare alla tragedia di Ramstein (26/8/88) e a quella di Casalecchio del Reno (6/12/90) per registrare prese di posizione più diffuse ed energiche contro la pratica del volo acrobatico o, in generale, dei voli d'addestramento.
Sul fronte ambientale, e in particolare per quel che riguarda l'area alpina, dagli archivi stampa, in data 13 febbraio 1995, emerge una denuncia del CIPRA (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) che accusa d'inquinamento acustico i due/ tre milioni annui di sorvoli dell'arco alpino, includendo i voli ad alta quota, quelli a
bassa quota, deltaplani, parapendii ed elicotteri. Secondo il CIPRA il rumore andrebbe a detrimento in primo luogo della fauna.
La tragedia del Cermis ha segnato uno spartiacque tra un periodo caratterizzato da proteste e preoccupazioni isolate o limitate all'onda di indignazione causata dalle tragedie di Ramstein e Casalecchio e da una fase successiva alla tragedia in cui sono aumentate le richieste di sicurezza e di rispetto per l'ambiente.
I lavori della Commissione hanno tenuto presente l'importante impatto, non solo emozionale, del dramma consumato a Cavalese sugli italiani ed in generale del fenomeno dei voli a bassa quota.
Il quadro disegnato dalle deposizioni raccolte racconta la vita di vallate fortemente disturbate dal continuo passaggio di aerei militari a bassa e bassissima quota, ma anche di una popolazione fondamentalmente fiduciosa nelle istituzioni, garanti della sicurezza e della salute dei cittadini. In particolare i Carabinieri, cui pervenivano le segnalazioni e le denunce inoltrate, sono stati indicati come punto di riferimento per amministratori e popolazione. Secondo l'ex sindaco di Cavalese, Giorgio Fontana- anche lui testimone oculare nell'ottobre del 1981 di un passaggio aereo sotto i cavi della funivia e autore di due denunce, una ignorata e una smentita, a suo tempo, dai Comandi militari «...il difetto principale era a monte, perché vi è stata una totale indifferenza da parte di chi poteva segnalare ed intervenire prima che accadesse il disastro'. Fontana ha ricordato che la comunità locale, in particolare la popolazione a fondo valle, la più esposta ai passaggi, temeva il bang supersonico e che dal '98 i sorvoli si erano incrementati. Ha precisato che la risposta negativa (non figuravano aerei in sorvolo su Cavalese) alla sua seconda protesta 'ci ha costernato, ci ha fatto passare tutti da stupidi».
Emerge purtroppo una tendenza a sottovalutare il fenomeno e uno scollamento progressivo tra istituzioni, militari prima, civili poi e popolazione, come sottolineato dall'audizione di Werner Pichler, rappresentante del Comitato 3 febbraio della giustizia di Cavalese: «In risposta all'interrogazione del consigliere Sergio Vanzo, l'amministrazione dichiara che è a conoscenza del fatto che gli aerei passano anche sotto i cavi della funivia, ma purtroppo avendo già una volta elevato protesta formale e non avendo ottenuto risposta, la giunta è perplessa nell'elevare ulteriori proteste. Questa è stata la risposta dell'amministrazione comunale». Portavoce della disillusione delle istituzioni locali, si è fatto il sindaco di Cavalese, Mauro Gilmozzi. Ricordando che «le tragedie annunciate non sono solo quelle dei voli a bassa quota, sono tutte quelle che si verificano quando il costo del risarcimento è inferiore al valore dell'attività di prevenzione che rispetto a quell'incidente si sarebbe potuto porre in essere», Gilmozzi ha sostenuto che «i voli che si sono ripetuti più e più volte, quasi sempre nei tre mesi estivi (difficilmente in inverno, erano sempre in estate quelli più fastidiosi), erano voli soprattutto nazionali, legali, autorizzati, entro le quote stabilite, per i quali non era possibile procedere con denunce perché non serviva a niente». «Gli appelli contro i voli che a queste quote erano comunque a metà della valle - ha ricordato -, con grande fragore e dando un senso d'insicurezza, incertezza e paura negli abitanti, trovavano sempre risposte di questo tipo: «È tutto regolare;
c'è da considerare la tutela dello Stato a fronte del po' di paura degli abitanti che forse gridano per niente». «Nella nostra zona - ha ricordato comunque Gilmozzi - volare tra i 300 e i 600 metri di quota vuol dire passare a metà della valle, svegliare bambini, far tremare vetri e spaventare la gente che vi abita».
Dalle deposizioni a Camp Lejeune dei quattordici testimoni oculari italiani è stato possibile ricostruire anche le emozioni di chi, inconsapevole di quanto sarebbe accaduto, assiste a un volo a bassissima quota. Barbara Demattio il 3 febbraio era a Castel di Fiemme, come baby sitter. Il Prowler è passato talmente vicino al terrazzino fuori dalla finestra che non è neppure riuscita a vedere l'ala per intero. «I vetri hanno tremato e il bimbo si è immediatamente svegliato e messo a gridare». La Demattio ha dichiarato di essere riuscita a vedere il resto del volo e persino la cabina della funivia che oscillava dopo l'impatto. «Non ho visto l'impatto perché la sagoma dell'aereo militare copriva la vista, ma mi sono subito resa conto che mancava uno dei tre cavi della funivia». Marco Vanzo, deltaplinasta ha ricordato che era con un amico 'vicino al campo sportivo di Cavalese quando vidi un aereo militare che ci veniva addosso. Per evitare il poggiolo su cui ci trovavamo, conosciuto come il colle delle Streghe, l'aereo ha dovuto virare verso destra e mettersi a 90 gradi perpendicolare al terreno. Abbiamo avuto molta paura di essere travolti'. Testimoniano anche il sedicenne Andrea Mover (che si trovava nella sua casa a San Michele d'Adige), Mario Bleggi (alla periferia di Ciago), quattro sciatori sulle piste di Lusan, Giuseppe Ciresa che era a Salorno e Moreno Vanzo, che lavorava sul tetto di una casa a Capriano. Tutti hanno manifestato grande spavento. Siglinde Dejaco, col figlio sulla pista del Lusan, ad esempio, si è talmente spaventata dal boato dell'aereo che si è istintivamente piegata sulla neve come per evitare di venir travolta. Anche Patrizia Pichler si è vista così in pericolo, mentre l'aereo sorvolava la pista di sci, che si è ricurvata su se stessa, temendo poi che il Prowler travolgesse la chiesetta del paese. Alfred Oberhauser, ventiseienne di Lusan, ha visto l'aereo sorvolare a bassa quota il centro del paese «Per un attimo ho temuto che si schiantasse». E a riconfermare che il volo è avvenuto sopra i centri abitati c'è la testimonianza di Giuseppe Ciresa che ha visto l'aereo perpendicolare alla sua testa mentre era fermo a un semaforo a Salorno. Moreno Vanzo ha dichiarato: «L'aereo militare mi passò sopra la testa nel centro del paese e per un attimo ebbi l'impressione che sarebbe finito nel lago di Stramentizzo».
A dimostrare che non si è trattato di un episodio isolato, oltre alle testimonianze raccolte dalla Commissione, ci sono le segnalazioni seguite alla tragedia. Costituitasi nel luglio '98, l'Associazione dei parenti delle vittime ha denunciato, come primo atto, nuove violazioni da parte di jet militari successive al 3 febbraio e confermate da carabinieri e vigili urbani. Da tutto il Trentino e dall'Alto Adige sono fioccate segnalazioni di sorvoli passati e recenti: aerei a Margone di Vezzano in direzione Dolomiti del Brenta, sulla Val di Non, sopra Rovereto, sopra il lago di Garda... L'ultima denuncia per un volo a BQ su Cavalese risale all'ottobre '98 e ad esso segue la reazione dei parlamentari trentini On. Detomas, Olivieri e Schmidt. Delle preoccupazioni delle popolazioni si sono fatte portavoce le amministrazioni
locali, inclusa quella dell'Alto Adige, non nuova alle proteste in materia (la prima risale al 27 giugno '92). Dopo la tragedia del Cermis, il 27 marzo '98, è stato lo stesso presidente della Provincia di Bolzano, Luis Durnwalder, a invitare il Ministro della Difesa Beniamino Andreatta ad estendere all'Alto Adige il divieto di sorvolo per gli aerei militari.
Il 4 febbraio, il giorno successivo alla tragedia, il Consiglio provinciale di Trento ha approvato la mozione n.139 in cui viene chiesto al Governo italiano di vietare a tutte le forze militari presenti sul territorio il sorvolo a BQ e dei centri abitati. Il 5 febbraio '98 la Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome ha sottolineato che «le ragioni delle politiche di sicurezza non devono calpestare i diritti delle comunità locali». Il 9 febbraio il Presidente della Provincia di Trento, Carlo Andreotti, ha sollecitato il Presidente del Consiglio Prodi e il Ministro Andreatta a rendere noti tutti i provvedimenti che disciplinano i voli militari, «a qualsiasi Potenza appartengano», e le iniziative da intraprendere, riservandosi «la facoltà di promuovere specifici incontri di verifica sullo stato di attuazione delle misure assunte». In data 13 marzo il Ministro degli Esteri Andreatta ha comunicato alla Provincia di Trento di aver fatto sopprimere i voli in Val di Fiemme e di aver imposto il raddoppio delle quote minime di sicurezza. La zona interdetta ha al suo centro Cavalese e tocca al suo estremo superiore Bolzano. Sull'Arco Alpino, inoltre la quota minima è di 2.000 metri, mentre sul resto del territorio nazionale rimane fissata a 1.000 piedi.
Ciò nonostante i sorvoli non sono cessati: la prima denuncia di voli a BQ su Margone di Vezzano e Folgaria, del 25 marzo 1998, si è rivelata infondata, trattandosi di voli avvenuti a quote regolari (come da verifica dello Stato Maggiore dell'Aeronautica). Ai primi di luglio sono stati segnalati voli su Torbole, poi sull'Alto Garda e le proteste delle popolazioni sono state inoltrate al Ministero della Difesa. Il Presidente Andreotti ha segnalato al Ministro della Difesa il sorvolo di aerei a bassa quota sull'abitato di Fondo, in alta Val di Non, il 1o ottobre '98. Il dispaccio della Prefettura di Trento, per la precisione, ha parlato di tre aviogetti sopra Fondo, di 4 aerei su Molina di Ledro e di 2 aerei su Cavalese. Ha raccontato alla stampa la signora Dora Zanna: «Stavo dando da mangiare al bambino- io abito al secondo piano di una casa del centro di Fondo, in una mansarda- quando tutto ha iniziato a tremare. Ho pensato a un terremoto, quando di colpo i vetri si sono messi a vibrare paurosamente. Dalla finestra ho visto questi aerei neri che puntavano proprio contro casa mia, sembrava che ci venissero addosso. Credo abbiano sfiorato il tetto di poco. È successo in due tornate, è stato pazzesco. E guardi che ci eravamo abituati, anche l'anno scorso sono passati. Ma non erano mai scesi sopra le case». Altri testimoni hanno segnalato poi di scie di fumo lasciate dal passaggio degli aviogetti. Le denunce, sebbene in tono minore, sono proseguite. Le ultime hanno riguardato un caccia in volo il 7 aprile sull'abitato di Mattarello, frazione di Trento e due F-16 o Tornado a BQ su Ceole il 27 settembre del '99.
Dai lavori compiuti dalla Commissione e dalle indagini svolte dalla Procura di Trento è emerso che le numerose segnalazioni inoltrate in passato sono state considerate spesso non tempestive e soprattutto
imprecise da parte dell'Aereonautica militare, rendendone quindi molto arduo il lavoro investigativo. L'Aeronautica ha ritenuto di non potersi basare su riscontri e prove oggettive e ha dovuto vagliare altresì l'attendibilità delle denunce presentate. Appare allora evidente la necessità di rendere attento e puntuale il controllo sulle attività di volo dei velivoli militari italiani e stranieri sul territorio italiano, attraverso una capillare e costante azione di comando che si accompagni ad una opera educativa mirata alla prevenzione degli incidenti. Occorre altresì valutare l'adeguatezza delle norme e delle regole relative alla disciplina dei voli di addestramento non solo per garantire la sicurezza del volo ma anche per preservare il benessere delle comunità locali, riducendo al minimo l'inquinamento acustico e l'impatto ambientale.
Sulla necessità dei voli addestrativi a bassa quota si sono pronunciati sia il Capo di Stato Maggiore che il Ministro della Difesa pro tempore, On. Andreatta: «Quella a bassa quota è una attività riconosciuta a tutti i livelli come indispensabile per l'addestramento ed è strettamente connessa a salvaguardare la sicurezza del volo. È inconfutabile che in qualsiasi mestiere l'addestramento è sinonimo di sicurezza, soprattutto in una professione di alta specializzazione quale è il pilotaggio di un velivolo da combattimento. Questa cultura è condivisa e ad essa si informa l'attività di volo di tutte le nazioni della NATO ed anche di quelle non partecipanti all'Alleanza».
Ciò non di meno, appare necessario che per soddisfare le specifiche esigenze di sicurezza dei voli militari e la tutela delle popolazioni civili siano garantiti una stretto controllo dell'osservanza delle norme e delle procedure e la volontà e capacità di perseguire i trasgressori.
6. ANALISI DEGLI INTERVENTI SUCCESSIVI AL DISASTRO: MISURE «CONCORDATE» E RAPPORTO TRICARICO-PRUEHER
Circa la revisione di norme e procedure inerenti le attività di volo in Italia, si tratterà qui di seguito delle misure introdotte subito dopo l'incidente e di quelle, pure adottate successivamente, derivanti dalle conclusioni e raccomandazioni prospettate dalla Commissione bilaterale Italia-USA, con il rapporto cosiddetto «Tricarico-Prueher». Saranno quindi formulate considerazioni sugli aspetti che sembrano meritare particolare attenzione.
6.1. Misure adottate dopo l'incidente.
In tempi molto brevi dopo l'incidente le autorità governative italiane e quelle statunitensi hanno attuato una serie di misure con effetto immediato, alcune di carattere operativo, altre concernenti la sicurezza del volo. Fra queste misure, in particolare, si evidenziavano nuove restrizioni sulle quote minime di sorvolo, i collegamenti radio con i controllori del traffico aereo italiano, l'uso delle mappe italiane per la pianificazione dei voli, la previsione di riunioni informative a cura del controllo del traffico italiano. Ai fini del loro successivo
esame, giova completare la lista dei provvedimenti posti in essere, riportandoli tutti, come ricordati nel rapporto Tricarico-Prueher.
Innanzitutto, da parte italiana sono state aumentate le restrizioni sulle quote minime. Precisamente sono state imposte ulteriori limitazioni a salvaguardia della popolazione, fissando la quota minima di sorvolo su tutto l'arco alpino, pari a 2000 piedi (600 metri circa) dal suolo, stabilendo il divieto di sorvolo a quote inferiori a 13.000 piedi (4300 metri circa) dal livello medio del mare in un'area di circa 30 chilometri, identificata da coordinate geografiche, intorno al comune di Cavalese, e raddoppiando le quote minime di volo sul resto del territorio nazionale (ad eccezione delle zone esercitative sul mare). In particolare, il preesistente livello minimo per le BBQ sul rimanente suolo italiano da 500 piedi è stato portato a 1000 piedi, mentre quello in vigore in determinate aree (esclusivamente per missioni BBQ di tipo operativo) è stato innalzato da 250 piedi a 500 piedi.
Riguardo a tali restrizioni delle quote, si deve considerare che esse sono state concepite e attuate nell'ottica di limitare ulteriormente l'impatto ambientale, in quanto dal punto di vista della sicurezza volo erano già adeguati i valori delle quote minime fissati ed osservati in passato.
Sono state inoltre riviste le aree tattiche e quelle dedicate come aree di lavoro per l'attività BBQ a suo tempo determinate, tenendo presente la densità abitativa delle zone sulle quali insistono, sempre allo scopo di ridurre al minimo il disagio alla popolazione.
Nel contempo veniva disposto che durante il volo sulle rotte a BBQ, i velivoli dovessero restare, ove possibile, in collegamento radio/radar con i controllori di volo italiani.
Tenuto conto che in precedenza i contatti erano previsti principalmente per il riporto su alcuni e pochi punti significativi di ciascun percorso (ciò rappresentava una misura adeguata per la regolarità dei voli) questa misura è da considerare, oltre che innovativa, in linea di massima migliorativa. Con questa misura, tuttavia, non si è potuto prevedere di ottenere un sicuro risultato positivo ai fini dell'effettivo e costante controllo delle missioni per l'intero percorso: permangono infatti in determinate zone, a causa dell'orografia, le difficoltà per i collegamenti radio e gli avvistamenti radar su base continuativa.
Per rendere comunque più efficace l'azione di controllo sulla condotta dei voli, laddove possibile, l'A.M. ha provveduto a curare, secondo quanto riferito dall'attuale Capo di SMA, in audizione, la divulgazione estesa e capillare sul territorio nazionale di un «modulo per la segnalazione di sorvolo»: ogni cittadino che sia stato testimone di voli ritenuti irregolari è stato così invitato a cooperare alla loro repressione. In tal modo si è inteso conferire più concreta valenza alle segnalazioni stesse che, com'è noto, hanno presentano limiti ed oggettive difficoltà, soprattutto nella fase di verifica dei riscontri, e dare maggiori tempestività e speditezza all'iter del loro inoltro ed alle indagini conseguenti.
Sulla base dell'esperienza maturata negli ultimi anni, è stata elaborata ed emanata una direttiva finalizzata proprio a creare, a seguito di segnalazioni da parte dei cittadini o delle forze dell'ordine,
un ulteriore canale informativo di notizie, fondate possibilmente su elementi più circostanziati ed attendibili, riguardanti i sorvoli di aerei militari per qualche motivo considerati non regolamentari.
Sempre dopo l'incidente, nell'intento di assicurare che gli equipaggi fossero pienamente consapevoli delle restrizioni di quota vigenti, sono state adottate da parte statunitense apposite modifiche in talune procedure, quali le seguenti:
formalizzazione della procedura di controllo mirata a garantire la distribuzione puntuale delle informazioni sui voli, mediante firma da parte dei comandanti rischierati dell'apposita scheda informativa FCIF (Flight Crew Information File);
sistematico controllo della procedura, mediante l'adozione del metodo «leggere e siglare» da parte degli equipaggi, per l'attestazione della presa visione (significando che, in caso di omissione, ai piloti non sarebbe stato permesso di volare) ed attraverso periodiche ispezioni del tipo «senza preavviso», circa la regolare applicazione degli aggiornamenti e delle eventuali varianti;
istruzione obbligatoria in modo standardizzato sui voli a bassa quota mediante briefings specificamente dedicati a tutti gli equipaggi prima del loro rischieramento;
formalizzazione di «procedure operative standard» (SOP) relative al rischieramento, con l'inclusione del maggior numero di dettagli sulle norme e procedure locali. Ciò al fine di aiutare i comandanti e gli equipaggi ad essere meglio preparati sulle stesse procedure, norme e sul loro aggiornamento.
Le suddette misure erano risultate tutte indispensabili considerando che le procedure in precedenza erano state lacunose, scarsamente o per nulla applicate e per taluni aspetti addirittura non esistevano. Quindi le misure realizzate più che semplici aggiustamenti delle regole vigenti, si sono rivelate interamente innovative ed hanno posto rimedio a varie carenze riscontrate nella linea di comando americana dell'USMC e in particolare nell'ambito del VMAQ-2. In questo Gruppo, infatti, l'insieme di tali carenze ha influito molto nel concorrere a determinare fattori negativi nell'azione di supervisione.
Inoltre, nell'intento di assicurare la migliore familiarizzazione degli equipaggi con le rotte, tenendo presenti i rischi e i pericoli del volo, sono state attuate le seguenti ulteriori disposizioni:
solo le unità aeree del 31o Stormo F.W. stanziate in permanenza ad Aviano sono autorizzate all'addestramento alla bassa quota. Sono stati fissati nuovi criteri per la programmazione e l'esecuzione di tali voli da parte del 31o Stormo F.W.;
gli equipaggi statunitensi hanno l'obbligo di adoperare le carte geografiche italiane su scala 1:500.000 per la programmazione dei voli e come fonti di informazioni; sono tenuti a ricevere briefings speciali sul volo a bassa quota da parte dei controllori italiani ed inoltre, prima di effettuare ogni volo, devono certificare di aver rivisto tutti i materiali
dei briefings e di essere a conoscenza di tutte le limitazioni e avvisi di volo applicabili (NOTAMs).
Senza entrare nel merito della disposizione di limitare l'autorizzazione dell'attività a BBQ al solo 31o Stormo, le altre misure erano necessarie e adeguate. Va osservato che l'uso della carta italiana 1:500.000 (del tipo CNA-AM edita dal CIGA, quale alternativa alla carta OACI-CAI) era stato già previsto nelle pubblicazioni italiane (Manuale BOAT e POS ADD 1).
Infine, per migliorare la gestione delle operazioni da parte dei comandanti americani interessati, le autorità USA hanno stabilito di far:
tenere, prima di ogni rischieramento, briefings obbligatori per i comandanti di Stormo, rivolti ad assicurare agli stessi tutte le informazioni sul tipo e sulla frequenza degli eventi addestrativi pianificati;
formalizzare, a cura del Comando del Corpo dei Marines (e ciò in analogia a quanto già fatto dalle altre Forze armate), un'apposita procedura per la «gestione dei rischi operativi» (ORM), comprendente la valutazione «ORM» per ogni volo, da sottoporre poi all'approvazione dei livelli competenti della catena gerarchica;
esaminare, a cura di terzi (non appartenenti al reparto dell'equipaggio), dopo ogni volo a bassa quota, la scatola nera, al fine di verificare la conformità alle regole e alle restrizioni.
Le suddette misure sono state ritenute tutte appropriate e migliorative, in quanto tese ad incrementare i fattori concorrenti alla sicurezza nella gestione dell'attività addestrativa in generale.
6.2. Interventi successivi: il rapporto Tricarico-Prueher.
La Commissione bilaterale Italia-USA.
A distanza di un anno dalla tragedia di Cavalese, la necessità di verificare l'adeguatezza della normativa internazionale e interna concernente la operatività e la sicurezza dei voli condotti da militari statunitensi in territorio italiano, ha spinto gli Stati Uniti e l'Italia a promuovere un negoziato bilaterale su questi temi. Precisamente, in occasione del «summit» del marzo 1999, il Presidente del Consiglio italiano D'Alema e il Presidente americano Clinton si sono accordati per intraprendere una revisione bilaterale delle misure poste in essere e delle regole e procedure per i voli a bassa quota in Italia, allo scopo di ottenere le massime condizioni di sicurezza possibili per i voli di addestramento statunitensi. A tal fine, a seguito del mandato che i suddetti Presidenti hanno attribuito rispettivamente al Ministro pro tempore ed al Segretario della Difesa, in data 9 marzo 1999 è stata istituita una Commissione bilaterale con il compito di condurre una
esaustiva revisione delle misure correttive adottate in ambito operativo e della sicurezza del volo, di stabilire l'adeguatezza di tali misure e di determinare la necessità o meno di misure addizionali; al fine di assicurare la compatibilità delle operazioni americane con i requisiti di sicurezza e con i comuni obblighi ed impegni derivanti dall'appartenenza alla NATO. Detta Commissione, composta da dieci membri per delegazione, con a capo il gen. Tricarico, per l'Italia, e l'ammiraglio Prueher, per gli Stati Uniti, ha iniziato ad operare il 15 marzo 1999 e ha concluso i propri lavori con la presentazione del rapporto finale il successivo 13 aprile, entro i termini richiesti.
Conclusioni della Commissione bilaterale.
La Commissione - avendo riconosciuto che le dottrine e le procedure che governano l'addestramento per il volo a bassa quota in Italia devono garantire sicurezza, permettere la prontezza operativa delle unità consentendo ai piloti di mantenere i propri requisiti professionali, e nel contempo assicurare non solo il conseguimento degli obblighi comuni verso la NATO ma anche gli impegni bilaterali - ha fornito le proprie conclusioni, delle quali appresso si riportano in sintesi le principali:
l'azione di comando dell'unità o gruppo costituisce la garanzia primaria della sicurezza del volo e richiede una accurata e disciplinata aderenza alle procedure stabilite;
sussiste la necessità dell'addestramento operativo, comprensivo dei voli a bassa quota in condizioni di sicurezza, nell'ambiente in cui le forze aeree sono destinate ad operare, allo scopo di mantenere la prontezza delle unità e l'aggiornamento degli equipaggi in supporto alle potenziali missioni bilaterali e NATO. Sebbene i reparti statunitensi non si rischierino in Italia con l'intento di acquisire l'abilitazione al volo a bassa quota, devono essere in grado di mantenere tale abilitazione quando rischierati in Italia. Spetterà pertanto allo Stato Maggiore della Difesa italiano prendere in considerazione di volta in volta le esigenze addestrative delle unità USA;
le procedure operative e di sicurezza volo erano disponibili, attivate, ed erano sufficienti al tempo dell'incidente, ma la conoscenza e la conformità ad esse erano incomplete. Ad esempio, non era stabilito alcun sistema per verificare che i reparti schierati avessero ricevuto e letto tutte le informazioni rilevanti connesse con il volo.
Proseguendo nelle sue conclusioni, la Commissione Tricarico-Prueher ha constatato che le relazioni di comando e controllo statunitensi prima dell'incidente erano complicate ed in un certo senso non chiare e potevano aver contribuito ad un ambiente in cui non era stata posta una sufficiente enfasi sulla familiarizzazione e sull'aderenza alle procedure di volo stabilite. Conseguentemente, le autorità USA avevano rivisto e modificato, da allora, le relazioni di comando e controllo dei reparti americani schierati in Italia, chiarendo i rapporti ospite-ospitato.
Fra le modifiche alla direttiva rientravano quelle apportate dall'US Cinceur OPORD 4247 (partecipazione americana alla Forza di stabilizzazione NATO, Operazione Joint Forge) e dal Memorandum d'intesa (MOA) datato 2 dicembre 1998 tra USAREUR e USAFE, riguardante anche il ruolo del 31o Stormo F.W. In particolare, veniva rammentato che prima dell'incidente - nella catena di comando NATO, non USA - i Gruppi VMAQ stanziati ad Aviano dipendevano, attraverso la catena di comando operativa NATO, dal COMSTRIKEFORSOUTH (CSFS). Il CSFS aveva la supervisione dei compiti della NATO, ma la responsabilità per le attività USA (anche per i voli di addestramento) apparentemente risiedeva a livello di CINCEUR. Tale relazione di comando USA non era sufficiente per fornire una sorveglianza adeguata. A seguito dell'incidente, mentre per quanto concerneva la parte operativa è stata decisa l'assegnazione delle eventuali unità schierate ad Aviano (come i Gruppi VMAQ) alle dipendenze di MARFOREUR (quale componente di EUCOM), mediante le su citate modifiche all'OPORD 4247 veniva chiarito che:
le unità ospitanti avrebbero fornito a tutte le unità rischierate informazioni complete riguardanti tutte le procedure e norme di volo;
le unità rischierate avrebbero seguito le procedure dell'unità ospitante nel caso in cui tali procedure fossero state più restrittive di quelle della nazione ospitante o della specifica forza armata;
le unità ospitanti e quelle ospitate avrebbero dovuto stabilire, con accordi scritti, le procedure per le missioni sia addestrative che operative. Anche la relazione tra VMAQ-2 e 31o Stormo F.W. all'epoca dell'incidente era analoga al rapporto «ospitante/ospite» ma senza una direzione formale circa gli obblighi e le responsabilità di ogni unità. A seguito dell'incidente, al 31o Stormo F.W. veniva riconosciuto ed assegnato un ruolo più ampio e visibile; tale ruolo è stato confermato dalla responsabiltà assunta in forza del «Memorandum of Agreement» (MOA) del 2 dicembre 1998 tra USAREUR e USAFE. In particolare, veniva specificato che il 31o Stormo F.W. avrebbe svolto un ruolo di collegamento tra il Comandante dell'installazione italiana e la suddetta USAREUR, e che, inoltre, tutte le attività di volo sarebbero state sorvegliate dal Vice Comandante alle operazioni del 31o Stormo F.W., quale unico punto di contatto con l'Aeronautica militare italiana per le questioni operative della base di Aviano. A parere della Commissione bilaterale, la ristrutturazione limitata ma ben definita secondo il «MOA» fra USAREUR e USAFE prima menzionato e le raccomandazioni per una Autorità statunitense designata, sarebbero state idonee a realizzare una gestione appropriata delle unità rischierate, evitando confusioni nella catena di comando operativa.
È stato inoltre rilevato che:
le relazioni di comando e controllo italo-americane sono regolamentate da numerosi accordi bilaterali e multilaterali, compresi il trattato del Nord Atlantico, il NATO SOFA, il Protocollo di intesa (MOU) del 1993 su Aviano con il suo complementare accordo tecnico del 1994. Questi accordi stabiliscono convenzioni basiche di comando e controllo ed affermano la sovranità italiana sui propri aeroporti e
sul proprio spazio aereo. Le procedure modificate per il coordinamento dei rispettivi compiti e responsabilità americane e italiane hanno chiarito le responsabilità nazionali per la sicurezza del volo in Italia;
le misure correttive, operative e di sicurezza volo, poste in essere subito dopo l'incidente sono state pienamente adeguate a garantire la sicurezza dei voli delle forze americane in Italia. Una volta che saranno integrate dalle raccomandazioni suggerite dalla Commissione bilaterale, e poi istituzionalizzate e standardizzate in tutta Italia, tali misure assicureranno ancor più la compatibilità di tutte le operazioni aeree americane con i requisiti di sicurezza e con i comuni impegni ed obblighi verso l'Alleanza;
uno scopo importante dei provvedimenti post-incidente è quello di assicurare una chiara linea di responsabilità per il controllo della qualità nella pianificazione dei voli. Il perseguimento di tale obiettivo è insito nel concetto di una autorità designata statunitense responsabile, incaricata di fornire informazioni complete alle unità locali americane, di garantire un continuo collegamento con il Comandante italiano della base, di ricevere le certificazioni dei Comandanti delle unità sulla prontezza dei loro equipaggi a compiere la missione e sulla loro conoscenza delle regolamentazioni vigenti nella zona.
In aggiunta alle misure istituite dal Comandante in Capo US in Europa e dalle forze americane, la Commissione bilaterale ha prescritto alcune raccomandazioni addizionali, che sono state concepite per assicurare l'aderenza alle procedure previste da parte degli equipaggi operanti dentro lo spazio italiano. Le nuove misure conferiscono una standardizzazione alle procedure e sottolineano la necessità dell'approvazione italiana per tutte le operazioni all'interno del suo spazio aereo sovrano.
Qui appare il caso di sottolineare che la Commissione bilaterale, avendo esaminato sotto vari profili (normativo, procedurale, operativo, addestrativo e organizzativo) la situazione esistente all'epoca dell'incidente e riguardante, preminentemente se non proprio esclusivamente, la parte USA, ha evidenziato fra le conclusioni - così come ha fatto anche la Commissione d'inchiesta americana «DeLong» - l'errore di mancata supervisione verificatosi nella catena di comando dell'equipaggio. Relativamente all'indagine su questo specifico punto e a quella estesa alla catena di comando americana, mentre la Commissione «DeLong» si era limitata ad indicare elementi sommari e piuttosto generici circa le possibili carenze, particolarmente in riferimento al fatto che la catena USA era stata giudicata complicata, ingombrante e poco chiara (con riguardo alla gestione delle missioni nazionali e anche di quelle NATO), la Commissione bilaterale è sembrata essersi soffermata sugli stessi argomenti con maggiore attenzione e con una approfondita disamina dei loro aspetti pertinenti. In tal modo si è appreso da fonte USA che il Comandante sovraordinato al Gruppo VMAQ-2 rischierato ad Aviano, il COMSTRIKEFORSOUTH (CSFS) aveva su detto Gruppo la supervisione dei compiti NATO ma non di quelli di carattere nazionale (compresi quelli
concernenti l'attività addestrativa). Tali compiti e responsabilità USA risiedevano apparentemente a livello del Comandante delle forze americane in Europa (CINCEUR). L'avverbio «apparentemente» in effetti non conferisce piena chiarezza alla questione; potrebbe significare il coinvolgimento di altri livelli od autorità senza escludere del tutto un ruolo, anche se marginale e comunque poco chiaro, dello stesso CSFS. In ogni caso, è stato appurato da parte USA, così come veniva riconosciuto anche dalla Commissione bilaterale, che il tipo di relazioni esistente nella linea di comando statunitense prima dell'incidente non era sufficiente per garantire un adeguato grado di sorveglianza e controllo.
È stato possibile appurare, inoltre, con maggiore evidenza, che anche la relazione tra il Gruppo VMAQ-2 dei Marines ed il 31o Stormo F.W. dell'USAF, improntata ad una consuetudinaria e generica pratica del rapporto «ospite/ospitante», mancava di basi di accordo e di direzione formali circa le responsabilità e gli obblighi di ciascun reparto/unità e nei rapporti reciproci fra diversi reparti. Conseguentemente, grazie ai riscontri di ulteriori approfondimenti e verifiche, ed alle delucidazioni acquisite, la Commissione Tricarico-Prueher ha meglio messi a fuoco e definiti i provvedimenti mirati a sanare gli aspetti lacunosi dell'organizzazione statunitense, eliminando anche eventuali punti suscettibili di creare altre incertezze e ambiguità. Tutto ciò, consolidando e rafforzando le misure adottate subito dopo l'incidente, già ritenute adeguate, ed integrandole con altre, appropriate, in senso ulteriormente migliorativo.
Raccomandazioni della Commissione bilaterale.
La Commissione Tricarico-Prueher, dopo aver investigato le aree di pertinenza, ha posto l'accento sulla stretta e diretta dipendenza della sicurezza del volo da una condotta professionale delle operazioni di voli. Essa, come ha fatto per l'investigazione dell'incidente la Commissione istituita dal Comando del Corpo dei Marines (presieduta dal gen. DeLong), ha concluso che l'incidente è stato causato da un errore dell'equipaggio e che un errore di mancata supervisione si era verificato da parte della catena di comando dell'equipaggio. La stessa Commissione ha formulato quindi sette raccomandazioni (unitamente ai rispettivi dettagli ed elementi esplicativi) che brevemente si riassumono di seguito.
Nuove procedure per l'addestramento al volo a bassa quota da parte dei velivoli USA.
Per l'addestramento al volo a bassa quota (da intendersi a BBQ, secondo il Manuale BOAT) devono essere applicate le seguenti procedure:
le unità americane permanentemente basate in Italia saranno autorizzate ad effettuare voli a BBQ, come previsto negli esistenti
accordi bilaterali e NATO, entro il limite massimo del 25 % dell'attività di volo settimanale autorizzata; ciò quando certificato dall'autorità designata statunitense e con l'accordo del Comandante italiano della base;
le autorità americane non stanziali saranno autorizzate ad effettuare attività di volo a BBQ solo entro il contesto di esercitazioni autorizzate dallo Stato Maggiore della Difesa italiano (solo nei casi in cui il criterio di impiego delle forze preveda tale forma tattica di volo) e quando tale attività è necessaria per l'addestramento mirato all'effettuazione delle operazioni di volo per le quali dette unità sono basate in Italia (e solamente previa certificazione da parte dell'autorità USA designata ed autorizzazione da parte dello Stato Maggiore della Difesa italiano);
le unità stanziate su portaerei e i gruppi anfibi saranno autorizzati ad effettuare voli a BBQ solo dopo aver ottenuto la certificazione e l'approvazione in accordo a ben determinate e prefissate procedure, che in ogni caso comportano l'autorizzazione preventiva dello Stato Maggiore della Difesa italiano.
Qui si evidenzia che, in stretta relazione con tali nuove procedure, un risultato molto qualificante di fatto raggiunto con l'accordo Tricarico-Pruher e che si può considerare fondamentale e di rilevanza significativa è stato quello di non consentire ulteriormente - se non in casi eccezionali, da valutare di volta in volta da parte delle autorità italiane - l'esercizio del volo a bassa quota sul territorio nazionale da parte dei reparti di volo stranieri (compresi quelli americani) non stanziali. Per i reparti stanziali invece tale forma di volo è stata significativamente contingentata. È stato altresì previsto, come ricordato dal Capo di SMA nella sua audizione, che per i reparti temporaneamente rischierati, qualora autorizzati a svolgere attività di volo a bassa quota, la medesima non possa interessare l'arco alpino.
Autorità statunitensi designate
È stato stabilito di nominare un Comandante americano in ciascun aeroporto italiano (per esempio, il Comandante del 31o Stormo F.W. ad Aviano) quale autorità statunitense designata, responsabile per la verifica e la monitorizzazione del rispetto dei regolamenti americani e italiani di sicurezza del volo. Le unità statunitensi avranno il permesso di condurre operazioni di volo solo dopo essere state certificate dalla predetta autorità. In proposito, si evidenziano le seguenti specifiche disposizioni:
i comandanti delle unità americane saranno responsabili di certificare alla loro autorità designata USA il possesso delle qualifiche da parte degli equipaggi dell'unità, per le missioni assegnate, operative e di addestramento;
all'autorità designata americana spetta il compito di revisionare e sottoporre il programma giornaliero dei voli al comandante italiano
dell'aeroporto, attestando la conformità della missione pianificata alle norme di volo italiane e agendo in coordinamento con il suddetto comandante al fine di assicurare la compatibilità delle procedure locali con le regolamentazioni italiane della sicurezza volo;
alla predetta autorità designata USA compete fornire esaustive informazioni a tutte le unità americane rischierate sul posto circa le regole di volo italiane e statunitensi e certificare al comandante italiano dell'aeroporto la qualificazione delle unità per effettuare l'addestramento di volo a BBQ.
Ufficiali di collegamento e/o scambio
È stata prevista l'assegnazione di ufficiali di collegamento e/o di scambio italiani e statunitensi presso unità selezionate americane e italiane per ottimizzare il flusso di informazioni e facilitare le comunicazioni. Agli ufficiali italiani incaricati spetta il compito di assistere le unità USA a comprendere le procedure di volo italiane, assicurare lo scambio completo ed efficiente delle informazioni, ed assicurare la distribuzione e la ricezione all'unità interessata delle pubblicazioni e dei materiali italiani pertinenti.
Commissione per la sicurezza del volo
È stata prevista la nomina di rappresentanti americani per la sicurezza volo (S.V.) per ricevere briefings di indottrinamento da parte degli ufficiali italiani S.V. e per incontrarsi periodicamente con il rappresentante designato dell'Ispettorato S.V. italiano, allo scopo di discutere questioni relative alle regole e argomenti di interesse inerenti all'ambiente di volo italiano. Ai rappresentanti per la S.V. americani compete rivedere annualmente con le unità USA dislocate in Italia i risultati in tale specifico settore e le raccomandazioni del predetto Ispettorato italiano.
Sito internet per le informazioni di volo
È stato previsto come obiettivo da realizzare la creazione di un archivio di informazioni basato su tecnologie tipo internet, in modo da permettere agli equipaggi di accedere quasi in tempo reale alle informazioni specifiche più aggiornate del teatro operativo prima di essere schierati.
Infine sono state prospettate due particolari raccomandazioni riguardo alla revisione periodica ed alla istituzionalizzazione delle nuove procedure; con la prima è stato previsto di rivedere tali procedure, a seconda delle necessità, al fine di assicurare che tutti gli elementi e fattori rilevanti siano sempre presi in considerazione; con la seconda, è stato raccomandato di tener conto delle nuove procedure nel
processo di revisione e di aggiornamento in corso degli accordi bilaterali e di incorporarle negli atti da formalizzare (accordi tecnici) al fine di rendere gli accordi stessi più rispondenti alle attuali esigenze dei due Paesi.
In estrema sintesi, dal lavoro di revisione critica svolto dalla Commissione bilaterale, sulle regole e sulle procedure previste per lo svolgimento dell'attività addestrativa e operativa delle forze statunitensi in Italia, è emerso che tali regole e procedure all'epoca dell'incidente erano sufficienti sotto il profilo della sicurezza del volo; ma è anche risultato che la loro conoscenza e la loro conformità ad esse da parte del personale statunitense erano incomplete e quindi carenti. Per esempio, come accennato, non era stato stabilito alcun sistema per verificare che i reparti USA rischierati avessero ricevuto e letto tutte le informazioni rilevanti connesse con il volo. Le misure correttive, operative e di sicurezza volo poste in essere dopo l'incidente erano corrispondenti a quelle già decise e introdotte da parte italiana e pienamente adeguate per fornire un margine addizionale di sicurezza. Fra queste le nuove restrizioni delle quote minime di sorvolo, i collegamenti radio con gli enti di controllo del traffico italiano, la sospensione dei voli per i reparti non stanziali e l'uso delle carte geografiche per la pianificazione dei voli, le riunioni informative gestite dai controllori del traffico aereo italiano.
Dagli approfondimenti della Commissione bilaterale era venuta anche la conferma dell'esistenza di punti deboli o poco chiari nella catena di comando e controllo americana, sempre al tempo dell'incidente. In particolare, tale conferma riguardava sia le relazioni tra il 31o Stormo F.W., stanziale ad Aviano, e i reparti schierati e rotazionali come il Gruppo VMAQ-2, sia le relazioni tra questo Gruppo e i livelli di comando sovraordinati. La poca chiarezza di tali relazioni concerneva i ruoli e gli aspetti di direzione e di sorveglianza da parte delle autorità interessate sulle unità rispettivamente dipendenti, nonché le responsabilità e gli obblighi di ciascuna unità e nei rapporti fra varie unità, in materia di attività operative e addestrative.
Nell'ambito dei lavori della Commissione bilaterale era stato possibile verificare che le autorità statunitensi avevano rivisto e modificato le relazioni di comando e controllo dei reparti americani schierati (o da schierare) in Italia, chiarendo i rapporti ospite-ospitato e istituendo conseguenti misure correttive.
La Commissione bilaterale ha ribadito altresì la validità delle misure adottate sia da parte italiana e sia da parte americana e ne ha proposte altre con le proprie raccomandazioni. Tra le misure suggerite dalla Commissione è apparsa di sicuro rilievo, sotto l'aspetto organizzativo, l'identificazione e la nomina di una «autorità statunitense designata» presso ciascun aeroporto italiano, sede di uno o più reparti americani schierati, quale «responsabile» di certificare che le attività di volo delle unità U.S. in Italia siano pianificate e svolte in pieno accordo e rispetto delle vigenti regole e normative di volo italiane. Si è così meglio configurato ed anche rafforzato il ruolo del Comandante del 31o Stormo F.W. ad Aviano nei confronti dei reparti U.S. schierati/rotazionali verso i quali è divenuto più concreto e visibile il suo grado
di coinvolgimento e quindi di responsabilizzazione; ciò, ferme restando le precipue prerogative e attribuzioni di ciascuno, anche riguardo alle relazioni con il corrispondente Comandante italiano del medesimo aeroporto. L'aspetto della responsabilizzazione viene toccato frequentemente, come traspare dagli elementi di dettaglio in alcune specifiche misure tra quelle introdotte, e va ad interessare in modo più accentuato il personale statunitense schierato in Italia, nei vari compiti e nei disparati settori d'impiego, fino a ciascun equipaggio di volo e al singolo pilota. Si evince dalle misure adottate anche l'enfasi su una responsabilizzazione che si basa sull'obbligo dello stesso personale americano di tenersi aggiornato sulle conoscenze attinenti ai voli e di avere la costante consapevolezza di operare in strutture e nello spazio aereo italiani, nel rispetto di regolamenti accettati da ambo le parti che riconoscono l'assoluta sovranità italiana.
Pure importanti sono le misure inerenti le designazioni degli Ufficiali con compiti di collegamento (qui, specialmente di quelli italiani presso le unità americane) e all'attività congiunta per gli scambi informativi nel campo della sicurezza volo.
L'adozione delle misure derivanti dalle raccomandazioni della Commissione bilaterale, e che sono state definite in maniera precisa, dettagliata e quindi realizzate anche mediante la revisione e/o la stesura di atti formali circostanziati, di massima scritti, in aggiunta a quelle esistenti e alle altre introdotte dopo l'incidente, ha contribuito a rendere più chiaro, più solido ed incisivo e allo stesso tempo più stringente e vincolante rispetto al passato l'insieme delle norme e delle procedure applicabili nella materia dei voli statunitensi e più segnatamente di quelli a BBQ nel nostro Paese.
Dalle audizioni effettuate dalla Commissione parlamentare d'inchiesta si è appreso che le raccomandazioni contenute nel rapporto Tricarico-Prueher sono state già quasi tutte recepite dalle autorità militari che le terranno inoltre presenti nella conclusione di futuri, ulteriori accordi tecnici che verranno adottati conformemente a quanto previsto dalla normativa internazionale già in vigore. Gli accordi tecnici in forma semplificata hanno caratteri e contenuti tali da potersi considerare obbligatori e vincolanti a prescindere da una loro approvazione parlamentare.
Da alcune audizioni è emersa la sensazione che il rapporto Tricarico-Prueher, risultato soprattutto della forza propositiva della delegazione italiana, abbia colmato alcune lacune che continuavano a sussistere benché fossero state in precedenza adottate diverse norme convenzionali in materia. Ciò nonostante, alcuni aspetti rimangono forse da chiarire e potrebbero esserlo proprio in occasione della stesura degli accordi tecnici che recepiranno le raccomandazioni della Commissione Tricarico-Prueher. Si fa riferimento, per esempio, alla qualificazione dei voli. La individuazione dei limiti spazio-temporali e delle caratteristiche dei voli rende evidente come sia importante chiarire se devono intendersi «in servizio» ai fini di cui al Trattato di Londra anche aerei che non rispettino le raccomandazioni della Commissione oppure gli aerei militari statunitensi presenti nel territorio in virtù dell'appartenenza all'Alleanza Atlantica e che operano al di fuori della predetta programmazione e pianificazione nell'ambito di
voli a carattere nazionale e non già NATO. É evidente, infatti, che qualora la risposta sia negativa discenderanno importanti conseguenze sia sotto il profilo delle responsabilità sia sotto il profilo dell'esercizio della giurisdizione civile e penale nei confronti dei soggetti responsabili. Anche da questa ottica viene confermata l'esigenza di chiarire meglio cosa debba intendersi per esecuzione di un «official duty» già rimarcata nei precedenti paragrafi.
Si evidenzia, inoltre, l'esigenza di meglio definire anche il diretto potere di intervento, di interferenza e di sospensione delle attività da parte del comando italiano qualora la missione statunitense non rispetti i limiti e le condizioni operative determinate secondo i criteri di cui sopra. È auspicabile dunque l'attribuzione di adeguati poteri di intervento immediatamente operativi ed esecutivi; solo in tal modo, infatti, risulterà possibile responsabilizzare il comando italiano in merito all'effettivo rispetto delle regole di esecuzione dei voli e si potrà affermare un effettivo esercizio della sovranità italiana sugli spazi aerei e sul territorio italiano.
(12) Per i testi di alcuni degli accordi conclusi nel quadro NATO fino al 1990 e per alcuni interessanti scritti sulla disciplina delle basi militari della NATO in Italia v. Camera dei Deputati, Servizio informazioni parlamentari e relazioni esterne, Le basi militari della NATO e di Paesi esteri in Italia (con scritti di RONZITTI, MOTZO, MARCHISIO e POLITI), Roma, 1990, p. 147 ss. Per uno studio più ampio sulla NATO v. altresì, più di recente, CANNIZZARO, N.A.T.O., Digesto delle discipline pubblicistiche, vol. X, UTET, Torino, 1995, pp. 52-75.
(13) Risulta particolarmente interessante quanto recentemente rilevato dalla dottrina statunitense sulla portata e sulle conseguenze giuridiche dell'applicazione dell'articolo 134 dell'UCMJ: "This catch-all provision grants criminal jurisdiction over "all disorders and neglects to the prejudice of good order and discipline in the armed forces" and "all conduct of a nature to bring discredit upon the armed forces". By interpreting Article 134 of the UCMJ broadly, the United States has the ability to deny exclusive jurisdiction to the receiving State for virtually any crime committed by its military. One of the main policies behind the expansion of Article 134 was to reduce the scope of foreign criminal jurisdiction over U.S. forces. By expanding Article 134 to include all, or at least the majority of criminal offences committed by its military force in the receiving state, the United States has been able to retain criminal jurisdiction (albeit concurrent jurisdiction) over its military stationed in foreign countries" (K.C. PRIEST-HAMILTON, Who really should have exercised jurisdiction over the military pilots implicated in the 1998 Italy Gondola Accident?, in 65 Journal of Air Law and Commerce, summer 2000, pp. 619-620).
(14) Appaiono di sicuro interesse, a proposito della posizione di alcuni importanti Stati parti dell'Alleanza Atlantica sulla questione della esenzione dalla giurisdizione dello Stato territoriale dei militari appartenenti a forze armate di Stati alleati, le conclusioni emerse dallo studio della normativa tedesca e britannica e delle norme convenzionali concluse a tale riguardo dalla Germania e dalla Gran Bretagna. In particolare, da tale studio emerge come lo Stato territoriale possa, ricorrendone le circostanze, ulteriormente delimitare la propria giurisdizione anche nei casi in cui esso sarebbe competente secondo il Trattato di Londra.
(15) V. supra, all'inizio di questo paragrafo.
(16) Secondo l'articolo 65 del Trattato CE, "Le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere, da adottare a norma dell'articolo 67 e per quanto necessario al miglior funzionamento del mercato interno, includono: a) il miglioramento e la semplificazione: - del sistema per la notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali; - della cooperazione nell'assunzione dei mezzi di prova; - del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali.; b) la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale; c) l'eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri".
(17) REISMAN and SLOANE, The Incident at Cavalese and Strategic Compensation, in American Journal of International Law, 2000, p. 505 ss.
(18) Cass. Pen. del 26/6/1975, in Cass. Pen. Mass. Ann., 1976, 704; Cass. Pen., Sez.III del 5/7/1976, in Arch. Giur. Circ. e sinistri, 1977, 292.
(19) Cass. Pen. 17/2/1977, in Giust. Pen., 1977, II, 494.
(20) Cass. Pen. del 18/11/1982, in Cass. Pen. Mass. Ann. 1984, 1429.
(21) Si ricorda che la quota minima di sorvolo per le località ed i centri popolati resta fissata a 1500 piedi, mentre la distanza laterale non deve essere inferiore a un miglio, quando al di sotto di tale livello.
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