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Doc. XXXIV n. 5


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1. Premessa.

Le questioni oggetto della presente relazione, alle quali il Comitato ha ritenuto di dedicare una parte rilevante dei suoi lavori nel corso degli ultimi mesi e che ha quindi inteso sottoporre alla valutazione delle Camere, si inquadrano nell'ambito della tematica generale del rapporto tra servizi di informazione e sicurezza, polizia giudiziaria e magistratura, del quale può forse affermarsi, anzi, che costituiscano aspetti principali.
La legge 24 ottobre 1977, n. 801, detta al riguardo un quadro di riferimento sintetico, ma sufficientemente chiaro, i cui fondamenti, contenuti nell'articolo 9, possono essere così riassunti:

a) gli operatori dei servizi di informazione e sicurezza non rivestono la qualità di ufficiali o di agenti di polizia giudiziaria; per coloro che la possiedono in base agli ordinamenti dell'amministrazione di provenienza, essa resta sospesa per il periodo di assegnazione ai ruoli degli organismi informativi;

b) conseguentemente, in deroga alle ordinarie disposizioni, gli operatori medesimi sono esentati dall'obbligo di rapporto all'autorità giudiziaria, previsto, come obbligo di denuncia, per tutti i pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio in relazione alle notizie di reato di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio (articolo 331 del codice di procedura penale), e, come specifico obbligo di rapporto, in termini generali, per tutti gli appartenenti alla polizia giudiziaria (articolo 347 del codice di procedura penale). I suddetti operatori sono infatti tenuti a fare rapporto esclusivamente al proprio direttore, che ne riferisce al Ministro competente e, tramite il CESIS, al Presidente del Consiglio dei ministri;

c) i responsabili dei servizi di informazione e sicurezza hanno per altro l'obbligo di fornire ai competenti organi della polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativi a fatti configurabili come reati; tale adempimento può essere ritardato, su disposizione del Ministro competente e con l'esplicito consenso del Presidente del Consiglio, quando ciò sia strettamente necessario per il perseguimento delle finalità istituzionali dei servizi;

d) tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria debbono fornire ogni possibile cooperazione agli agenti dei servizi.


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Può essere utile ricordare che l'articolo 7 della legge n. 801 del 1977 esclude in maniera drastica che i magistrati possano svolgere, sia pure in modo saltuario, attività alle dipendenze dei servizi.
Dalle disposizioni richiamate emerge innanzitutto con evidenza, secondo quanto si avrà modo di precisare ulteriormente nel prosieguo della presente relazione, che nessun rapporto diretto può intercorrere tra autorità giudiziaria e servizi di informazione e sicurezza. Gli organi cui questi ultimi possono rapportarsi debbono invece essere, necessariamente ed esclusivamente, quelli della polizia giudiziaria. Per altro, la collaborazione che deve intercorrere tra servizi e polizia giudiziaria riveste carattere eminentemente informativo: i servizi di sicurezza, nelle forme viste sopra, mettono a parte la polizia giudiziaria dei fatti e delle circostanze acquisiti nell'esercizio della propria attività che ritengano integrare fattispecie di reato. Nella direzione opposta, la collaborazione che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria debbono prestare agli agenti dei servizi appare definita in termini assai più ampi, essendo i primi tenuti a garantire «ogni possibile cooperazione», dunque - deve ritenersi - tanto di tipo informativo quanto di tipo operativo.
Questo quadro normativo non ha subito alterazioni per effetto delle disposizioni che, successivamente all'entrata in vigore della legge n. 801 del 1977, hanno ampliato o meglio definito i compiti dei servizi di informazione e sicurezza, investendoli di specifica responsabilità di intelligence nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Come si avrà modo di approfondire al paragrafo 4.1, le norme introdotte con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 345 del 1991, convertito dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, non hanno modificato sotto alcun profilo la posizione istituzionale degli organismi informativi né le modalità operative proprie della loro azione, disponendo anzi espressamente la perdurante validità delle attribuzioni e della disciplina degli ordinamenti previsti dalla legge n. 801 del 1977.
Tuttavia, malgrado il dettato legislativo, il Comitato ha avuto modo di rilevare ripetutamente come la prassi applicativa abbia condotto, forse anche a causa dell'usura del tempo cui tale dettato è stato esposto, all'instaurarsi di meccanismi di collaborazione non immediatamente riconducibili al disegno originario della legge n. 801 del 1977, e forse in taluni casi addirittura ad ipotesi di diretta disposizione, da parte dell'autorità giudiziaria, di agenti degli organismi informativi per il compimento di attività di indagine.
Già nell'ambito della prima relazione presentata alle Camere nel corso della presente legislatura il Comitato ha avuto modo di segnalare tali disfunzioni, in maniera per altro incidentale e senza approfondirne sistematicamente le implicazioni (si vedano in particolare le osservazioni svolte a pagina 18 del Documento XXXIV, n. 1). Nella medesima occasione il Comitato aveva altresì avanzato dubbi circa la natura ed il fondamento di una attività di «supporto tecnico» non meglio definita cui faceva esplicito riferimento un documento originato dal SISDE, riservandosi di approfondire successivamente la questione.
La presente relazione non intende esplorare nella sua interezza tutti i profili connessi alle relazioni istituzionali che debbono intercorrere tra gli organi sopra ricordati. Intende tuttavia porre all'attenzione


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del Parlamento un settore dell'ordinamento giuridico su cui sussistono zone d'ombra che è opportuno dissipare. L'approfondimento ha infatti condotto il Comitato a individuare taluni snodi critici, particolarmente rilevanti sul piano istituzionale, che possono costituire un utile punto di riferimento sia per l'azione concreta delle autorità interessate sia, soprattutto, in vista della riforma del sistema delle informazioni per la sicurezza nazionale, il cui sollecito intervento è stato ripetutamente auspicato dal Comitato non solo nella presente, ma anche nelle trascorse legislature. L'analisi della tematica ha in particolare consentito all'organo parlamentare di controllo di cogliere le ragioni profonde che hanno indotto alla costruzione di quella «paratia stagna» posta dalla legge n. 801 del 1977 tra autorità giudiziaria e servizi di informazione e sicurezza nonché i fenomeni istituzionali e sociali che ne hanno parzialmente modificato, in termini di prassi, l'atteggiamento e la consistenza. Il Comitato, in esito a tale analisi, ha infine ritenuto di rassegnare al Parlamento le proprie considerazioni sulla materia, indicando sia la propria opinione de iure condito, sia gli interventi auspicabili de iure condendo.

Ciò premesso, occorre ricordare che il tema oggetto della presente relazione si è venuto ad evidenziare nell'ambito delle attività conoscitive svolte dal Comitato in relazione a due specifiche vicende, tra loro assolutamente distinte e non assimilabili sotto alcun profilo, che il Comitato ha ritenuto meritevoli di approfondimento avendo rilevato la presenza di aspetti riconducibili ai propri compiti istituzionali, come definiti dalla legge.
Si fa riferimento, in primo luogo, alle questioni sorte in ordine alla partecipazione di operatori del SISDE a talune attività di indagine poste in essere nell'ambito del procedimento penale relativo all'omicidio della studentessa romana Marta Russo; in secondo luogo, all'emergere di veri e propri episodi di superamento della «paratia stagna» posta dalla legge tra autorità giudiziaria ed organismi informativi, emersione registrata dapprima in modo frammentario ed impreciso sulla base di vari articoli di stampa e quindi, in termini assai più affidabili, grazie agli sviluppi di un procedimento disciplinare a carico di un magistrato del tribunale di Milano, il dottor Guido Salvini, traente origine - tra l'altro - da una specifica imputazione di responsabilità derivante dall'essersi questi avvalso direttamente, nell'espletamento di attività di indagine, dell'operato di soggetti appartenenti ai ruoli degli organismi informativi, e, come tali, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sprovvisti della qualifica di ufficiali o di agenti di polizia giudiziaria.
Prima di ripercorrere nelle linee essenziali le iniziative istruttorie poste in essere dal Comitato con riferimento ai casi testé ricordati, è necessario:

a) precisare preliminarmente in cosa concretamente consista l'attività di supporto tecnico fornita dai servizi di informazione e sicurezza alla polizia giudiziaria, al fine di meglio comprendere le tematiche ad essa sottese. Secondo quanto si vedrà nel dettaglio nel prosieguo della relazione, tale supporto viene attivato nell'ambito di indagini condotte sotto la responsabilità dell'autorità giudiziaria. Nel caso in cui l'ufficio procedente deleghi il compimento di atti investigativi


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che comportino l'utilizzo di apparecchiature tecniche (come videocamere, videoregistratori, microfoni, sistemi radio, eccetera) da parte della polizia giudiziaria, può verificarsi il caso che questa non ne disponga, sia per ragioni contingenti - legate in ipotesi al contemporaneo impiego operativo di tutti i supporti in dotazione in altre attività di istituto - sia per il fatto che, talvolta, la migliore esecuzione dell'atto di indagine sembrerebbe richiedere strumentazione particolarmente sofisticata, non disponibile presso i reparti tecnici dell'organismo incaricato. In tal caso, il Comitato ha registrato come frequente sia la prassi di rivolgersi alle strutture operative degli organismi informativi, i quali, in un contesto di cooperazione tra organi dello Stato e nel quadro di regole e procedure che si avrà modo di approfondire più avanti, mettono a disposizione le apparecchiature necessarie ed il personale in grado di farne uso;

b) svolgere talune considerazioni di carattere generale sul piano del metodo.
In primo luogo, le due vicende, come avvertito, si riferiscono a fatti privi di qualsivoglia collegamento reciproco. Di esse si è ritenuto opportuno un esame parallelo esclusivamente perché - pur essendo profondamente diverso il rapporto di ciascuna di tali vicende con l'ordinamento (la prima ha luogo infatti in assenza di esplicite previsioni normative; la seconda, ove in ipotesi accertata in fatto, in evidente contrasto con la legge n. 801 del 1977) - i profili istituzionali che esse evocano sollecitano le competenze del Comitato con riferimento al tema generale oggetto della presente relazione. È bene in proposito sottolineare la diversa valenza delle due vicende ai fini che in questa sede interessano. Mentre infatti il caso relativo alle indagini concernenti l'omicidio di Marta Russo si incentra proprio su una fattispecie di supporto tecnico prestato da agenti di un organismo informativo in occasione del compimento di un atto investigativo e costituisce pertanto il riferimento prioritario degli argomenti svolti dal Comitato, differente rilievo assume la vicenda evidenziata dal richiamato procedimento disciplinare. Esso infatti non ha riferimento a fattispecie di supporto tecnico in senso proprio, concernendo un'ipotesi di disposizione diretta di operatori dei servizi informativi da parte di un magistrato per il compimento di atti di indagine, che è cosa evidentemente ben diversa. Tuttavia la vicenda del dottor Salvini presenta connotazioni assai rilevanti sul piano dei princìpi che debbono presiedere allo svolgimento del rapporto di cui si è detto dianzi. È infatti evidente che le valutazioni del Comitato sulle motivazioni giuridico-formali e sull'opportunità dell'attività di supporto tecnico presuppongono necessariamente una chiara definizione del fondamento e dei limiti del rapporto che l'ordinamento ha inteso instaurare tra autorità giudiziaria, polizia giudiziaria e servizi di informazione e sicurezza, nell'ambito di un delicato equilibrio tra l'esercizio di prerogative tutte costituzionalmente rilevanti. In sostanza, le argomentazioni svolte con riferimento al caso del giudice Salvini - sulla scorta delle motivazioni recate dall'atto di incolpazione, dalla sentenza pronunciata dalla competente sezione del Consiglio superiore della magistratura e dalle successive impugnazioni del Procuratore generale presso la Suprema Corte e del Ministro della giustizia - concorrono


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a comporre il quadro di principio entro il quale si collocano le considerazioni svolte anche con riferimento alla questione del supporto tecnico prestato nell'ambito di indagini giudiziarie, che è il tema principale della presente relazione.
In secondo luogo, il Comitato intende precisare che gli approfondimenti istruttori svolti in merito alle vicende testé richiamate hanno avuto esclusivo riguardo ai profili di interesse istituzionale del Comitato medesimo che si sono venuti di volta in volta ad evidenziare nei rispettivi contesti. In particolare, appare indispensabile chiarire che nessun interesse hanno rivestito e rivestono per l'organo parlamentare di controllo né le vicende processuali, in sé considerate, connesse al giudizio in corso per l'accertamento delle responsabilità legate all'omicidio della studentessa Marta Russo, né gli esiti definitivi cui tale giudizio (del quale è stato celebrato e recentemente concluso il primo grado) condurrà. Si tratta infatti di profili rimessi all'esclusiva responsabilità dell'autorità giudiziaria, in ordine ai quali il Comitato, prima ancora che interesse, non ha titolo alcuno per intervenire. Quanto al procedimento disciplinare svoltosi dinanzi alla competente sezione del Consiglio superiore della magistratura, è parimenti di tutta evidenza che la sorte delle incolpazioni e dell'incolpato non ha mai rivestito alcun rilievo ai fini delle competenze dell'organo parlamentare di controllo. L'interesse del Comitato sulla vicenda, come detto, ha avuto invece riguardo esclusivamente ai fatti evocati dalle incolpazioni, nonché alle argomentazioni addotte a fondamento delle stesse o del giudizio su di esse, limitatamente a quella parte attinente al fondamento ed ai limiti delle modalità di impiego degli operatori dei servizi di informazione e sicurezza nell'ambito di indagini giudiziarie.

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