Back

Doc. XXXIV n. 1


Pag. 7


1. Premessa.

Il Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, dalla data del suo insediamento nella XIII legislatura (17 settembre 1996), ha affrontato ed ha in corso di esame numerose questioni, relative sia ai profili generali dell'attività dei Servizi di informazione e sicurezza, sia a specifiche vicende (su cui pure si riferirà con altra relazione al Parlamento), in particolare per quanto concerne i sistemi e criteri di assunzione presso il SISDE dal 1980 in poi.
Questa prima relazione riguarda una materia già posta all'attenzione del Parlamento nel corso della passata legislatura con la relazione presentata il 5 marzo 1996, il cui contenuto postulava ulteriori accertamenti che questo Comitato ha doverosamente ritenuto di compiere con carattere di priorità.
La vicenda che trae origine dal fascicolo della fonte «Achille» del SISDE ha consentito al Comitato di predisporre una relazione idonea ad evidenziare la diagnosi delle attività e del funzionamento della struttura del SISDE. Anche se si tratta di una vicenda che riguarda un periodo storico definito - dalla metà dell'anno 1991 al novembre del 1993 - e il complesso della produzione di una specifica fonte informativa, è possibile estrapolare considerazioni valide a configurare linee di sviluppo migliorativo del sistema informativo.
Infatti, la circostanza che si tratti di un'epoca piuttosto recente, nonché la particolare ricchezza in numerosi settori (a prescindere, per ora, dalla valutazione sulla rispondenza ai fini istituzionali del SISDE) della produzione raccolta nel fascicolo della fonte «Achille», consentono al Comitato di ritenere che la vicenda possa costituire esempio emblematico su cui la presente relazione, assai più che con il richiamo puntuale alle informazioni su fatti e persone ivi raccolte, potrà esprimere una sua complessiva analisi, sollecitando, si auspica, un ampio dibattito che coinvolga in Parlamento le forze politiche.
Al fine di raffrontare, poi, tale vicenda «emblematica» del recente passato con le successive, ed attuali, linee di attività del SISDE alla stregua delle direttive ministeriali o della direzione del Servizio, si è proceduto ad una specifica istruttoria, cui è riferito il paragrafo conclusivo della presente relazione.
Il Comitato ha preso visione dell'intera produzione documentale raccolta nel fascicolo della fonte «Achille». Soltanto sei schede, come si specificherà in seguito, restano non conosciute nel loro contenuto, essendo acquisite dalla Procura della Repubblica di Brescia in procedimenti penali nella fase delle indagini.


Pag. 8


Nel corso della passata e dell'attuale legislatura il Comitato ha svolto numerose audizioni sulla vicenda, invitando i Ministri dell'interno pro tempore, i direttori del SISDE e i funzionari che hanno svolto attività comunque connesse con la produzione della fonte «Achille».
Con la presente relazione, il Comitato intende, anzitutto, chiudere in modo appropriato una vicenda che da troppo tempo è stata proposta all'attenzione dell'opinione pubblica attraverso riprovevoli fughe di notizie, ovvero interviste scoop di persone che bene avrebbero fatto a informare prima gli organi competenti e poi, semmai, la stampa.
D'altro lato, la relazione intende prospettare un'analisi dinamica per un ambito di rilevanza centrale dell'attività informativa; soltanto oggi, del resto, il Comitato ha acquisito gli ulteriori elementi istruttori idonei a tali finalità. In base al complesso degli elementi raccolti, il Comitato intende ora adempiere al proprio dovere istituzionale nei confronti delle Camere, offrendo un contributo utile a indicare per il presente e per il futuro, oltre che per il passato, spunti di dibattito nel Parlamento, anche per delineare uno scenario di possibile riforma del sistema dei Servizi di informazione e sicurezza.

2. Richiami cronologici.

Nel corso della XII legislatura, il Comitato aveva chiesto, al Presidente del Consiglio dei ministri e al ministro dell'Interno, di poter acquisire il complesso documentale noto come «dossier Achille» contenente la produzione informativa di una fonte del SISDE.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, dottor Lamberto Dini, nell'audizione del 12 dicembre 1995, aveva riconosciuto la gravità e la rilevanza della vicenda relativa ai documenti conservati dal SISDE, impegnandosi a visionare personalmente il fascicolo e a riferirne al Comitato.
Nella stessa data del 12 dicembre 1995 il Comitato chiedeva alla Procura della Repubblica di Brescia informazioni su alcuni documenti, estratti dal fascicolo «Achille», ad essa inviati dal SISDE, il quale, in precedenza, con una nota del direttore pro tempore aveva negato al Comitato persino l'esistenza dell'incartamento (vedi pag. 13 della già citata relazione «Sull'acquisizione illegittima di informazioni riservate e controllo parlamentare», presentata al Parlamento il 5 marzo 1996).
La Procura della Repubblica di Brescia, come è noto, inviava al Comitato copia degli atti ad essa trasmessi dal SISDE, ad eccezione delle sei schede richiamate in premessa.
Nel corso dell'anno 1996 il Comitato sollecitava al Governo l'acquisizione del fascicolo «Achille».
Dalla data di insediamento del Comitato nella XIII legislatura, la richiesta era formulata con successive note, di analogo tenore, in date 8 ottobre, 15 novembre e 25 novembre 1996.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Prodi, il 29 novembre 1996 comunicava, su conforme parere del ministro dell'Interno, la propria determinazione di consentire al Comitato la visione


Pag. 9

dell'intero complesso documentale, custodito presso il SISDE, non senza rappresentare preoccupazioni connesse al rischio di eventuali divulgazioni, anche parziali, del contenuto degli atti.

3. Sulla competenza del Comitato.

La nota inviata dal Presidente del Consiglio dei ministri il 29 novembre 1996, con la quale pure si mette a disposizione del Comitato il fascicolo «Achille», muove dalla premessa che il Comitato non abbia il potere di acquisire, sia pure per il tramite del Presidente del Consiglio, documenti esistenti presso gli archivi dei Servizi.
Vi sarebbe, in altri termini, una facoltà del Governo - come nel caso specifico è avvenuto - di aderire a simili richieste del Comitato parlamentare ma non anche un obbligo di corrispondervi positivamente per consentire il controllo parlamentare sulle «linee essenziali dell'attività dei Servizi» (articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801).
Il Comitato ritiene che la premessa, pur superata - come si è detto - nel caso della vicenda, meriti una opportuna discussione e messa a punto.
Tra i profili essenziali della auspicata riforma dei Servizi di informazione e sicurezza rientra - anche per esplicita ammissione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Prodi, nell'audizione dinanzi al Comitato - la necessità di precisare chiaramente che l'organo parlamentare disponga di più ampi, incisivi e dettagliati poteri di controllo. In altri termini, sarà indispensabile chiarire che è sottratta alla volontà dell'organo controllato - ossia il Governo, per la sua responsabilità politica sul sistema dei Servizi - la scelta di consentire o meno la disponibilità, da parte dell'organo di controllo, degli elementi documentali che appaiono necessari all'esercizio del controllo medesimo, fatta salva in ogni caso l'opponibilità del segreto di Stato, con la conseguente assunzione di responsabilità politica e la connessa verifica in sede parlamentare. Situazione che, proprio nella vicenda ora in esame, ha comportato, nella scorsa legislatura, l'impossibilità per il Comitato di prendere conoscenza del fascicolo «Achille»: circostanza, questa, denunziata nella relazione del 5 marzo 1996 in cui esattamente si osservava (pag. 14): «La conoscenza di quei documenti, la verifica della loro legittimità o illegittimità rientrano pienamente nell'ambito dei poteri di controllo spettanti al Comitato. Né si può sostenere che il discrimine tra attività legittime e illegittime non attenga alle linee essenziali dell'attività dei Servizi, sulle quali il Comitato è abilitato a chiedere informazioni in base all'articolo 11 della legge n. 801 del 1977».
Tali condivisibili considerazioni il Comitato ritiene che si debbano riaffermare, anche perché, sin dall'entrata in vigore della legge n. 801 del 1977, in numerose occasioni - tanto da potersi configurare una prassi in tal senso - sono stati acquisiti atti, documenti e rapporti formati dai Servizi. Si è quindi progressivamente consolidata - con un forte impulso del Comitato in tale direzione - una interpretazione adeguatrice e funzionale del dettato legislativo, che ha consentito in


Pag. 10

definitiva al Parlamento di prendere conoscenza, in forma legittima, di vicende ed episodi talora estremamente rilevanti per la ricostruzione politica di alcuni periodi della storia del nostro Paese.
Nel quinquennio 1990-95, e con riferimento ai soli casi di maggiore importanza e delicatezza, si può ricordare che il Comitato ha acquisito i seguenti complessi documentali originati dai Servizi, tutti caratterizzati da una elevata classifica di segretezza:
a) documentazione acquisita dal SISMI in Cecoslovacchia, richiesta dal Presidente del Comitato in data 6 settembre 1990, trasmessa in data 14 settembre 1990 e classificata «SEGRETO»;
b) documenti NATO coperti dalla massima classifica di segretezza e non duplicabili - compresi nell'ambito della documentazione «Gladio» diversa da quella sottoposta a sequestro dalla Procura della Repubblica di Roma e da quell'Ufficio trasmessa su supporto magnetico - vennero inviati al Comitato e furono da questo restituiti, dopo la disamina, alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
c) documentazione contenente indicazioni aggiornate circa la consistenza organica del CESIS, del SISMI e del SISDE, nonché gli organigrammi delle relative strutture interne, trasmessa dal Segretario Generale del CESIS con nota datata 1o dicembre 1992, classificata «SEGRETO»;
d) documenti predisposti dal SISMI, in prevalenza coperti dalla classifica «SEGRETO» e riguardanti, tra l'altro, l'organigramma del Servizio e del suo dispositivo estero, i rapporti tra SISMI e SIOS di Forza Armata, l'attività preventiva e l'organizzazione del SISMI in alcune aree geografiche, trasmessi al Comitato a seguito di un'audizione del ministro della difesa, svoltasi il 23 giugno 1993;
e) documentazione contenente informazioni relative a dipendenti dei Servizi di informazione e sicurezza aventi rapporti di parentela con membri del Parlamento o del Governo, con amministratori di enti locali, con magistrati e giornalisti professionisti, trasmessa al Comitato con note datate 3 febbraio e 17 marzo 1995, entrambe classificate «SEGRETO», a seguito di una richiesta formulata nel corso dell'audizione del Segretario Generale del CESIS, svoltasi il 19 gennaio di quello stesso anno.

Il Comitato auspica vivamente che a tale prassi, ed alla corrispondente interpretazione funzionale della norma, il Governo intenda continuare a far riferimento, in attesa della non più procrastinabile riforma legislativa che consacri il diritto vivente (1).



(1) Si espongono di seguito i dati di sintesi risultanti da una ricognizione condotta sui documenti conservati nell'archivio del Comitato al fine di rilevare la corrispondenza direttamente intercorsa, nella passata legislatura, tra il Presidente del Comitato, il Segretario Generale del CESIS, l'UCSI, i direttori dei due Servizi di sicurezza ed altre autorità amministrative del settore della sicurezza:

1) richieste inviate direttamente dal Presidente del Comitato al Segretario Generale del CESIS = 6:
norme su concessione NOS;
accordo Alleanza Atlantica;
sequestro Kassam;
legislazione straniera su informazione e sicurezza;
ricorsi;
bilanci Servizi anni 1995-96.
2) Richieste inviate direttamente dal Presidente del Comitato all'UCSI (Ufficio centrale di sicurezza) = 14:
sopralluogo del 14 dicembre 1994 (10);
richiesta di documentazione (2);
richiesta di informazioni (2).
3) Richieste inviate direttamente dal Presidente del Comitato al Direttore del SISMI = 24:
richieste di documentazione (3);
rapporti con l'autorità giudiziaria;
normativa su funzionamento archivio SISMI;
norme su concessione NOS;
consistenza personale SISMI;
richieste di notizie e/o informazioni (14);
criminalità organizzata;
Ustica;
turbative mercati finanziari.
4) Richieste inviate direttamente dal Presidente del Comitato al Direttore del SISDE = 28:
rapporti con l'autorità giudiziaria;
normativa sul funzionamento archivio SISDE;
richieste di documentazione (10);
norme su concessione NOS;
consistenza personale SISDE;
richiesta notizie e/o informazioni (12);
criminalità organizzata;
turbative mercati finanziari.
5) Richieste inviate direttamente dal Presidente del Comitato ad altre autorità amministrative del settore della sicurezza:
5.1) capo della Polizia = 2:
caso «Uno bianca»: documentazione sugli indagati della Polizia;
tabulato sui sequestri;
5.2) Comandante generale dell'Arma dei carabinieri = 1:
norme su concessione NOS;
5.3) Comandante generale della Guardia di finanza = 2:
attività della guardia di finanza su magistrati;
turbative dei mercati finanziari.
Tutte le richieste hanno ricevuto risposta dalle autorità interpellate o dalle sovraordinate autorità politiche.


Pag. 11

È da rilevare, inoltre, con specifico riferimento alla disciplina delle fonti informative, che appare essenziale la conoscenza, da parte del Comitato, delle direttive adottate dai direttori e dai ministri pro tempore.
Non può infatti sfuggire la circostanza che le direttive - dalle quali, di norma, non si può prescindere per conoscere le «linee essenziali» dell'attività dei Servizi in ciascun ambito - assumono rilevanza sia per verificarne l'osservanza, sia - ove manchino - per rilevare la carenza di regole in determinati settori e in determinati periodi temporali.


Pag. 12

4. Struttura e linee di contenuto del fascicolo «Achille».

Il fascicolo contiene una serie disparata di informazioni che, con uno sforzo di razionalizzazione, possono essere riordinate su quattro grandi filoni, oltre a singoli fatti descritti in schede pure catalogate ma non riconducibili ad uno specifico «filone di attenzione»:

a) notizie concernenti l'attività delle diverse correnti e delle persone che operavano nella D.C. romana;

b) notizie concernenti l'attività della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, in relazione alle vicende di Tangentopoli;

c) notizie concernenti autorevoli esponenti della gerarchia vaticana, anche con riferimenti alle simpatie politiche dei medesimi;

d) notizie concernenti criteri e strategie per le nomine ad incarichi di responsabilità nella RAI;

e) notizie diverse.

Sub a): Correnti della D.C. romana.

Alcune note descrivono riunioni per l'assegnazione dei collegi ritenuti «sicuri» in vista delle elezioni politiche 1992; altre note si soffermano sul ruolo e le funzioni di Vittorio Sbardella e sul ruolo della corrente andreottiana nel sistema delle privatizzazioni avviato dal Governo nella seconda metà del 1992.

Sub b): Attività della Procura della Repubblica di Milano.

Nel fascicolo risultano estratti tutti i documenti riferibili a notizie sull'attività del pool «Mani pulite»; di tale documentazione, ottenuta in copia dalla Procura della Repubblica di Brescia, il Comitato ha già riferito al Parlamento con apposita relazione; nel successivo paragrafo 5 si riferisce conclusivamente e complessivamente sulla questione delle attività informative riguardanti i magistrati.

Sub c): Informazioni su alti esponenti vaticani.

Particolarmente ricco, e denso di profili rilevanti, è il filone relativo a informazioni che si pretendono raccolte in ambienti vaticani, su personaggi di elevato rilievo nella gerarchia ecclesiastica. Basterà qui ricordare:

1) una nota con informazioni raccolte in ambienti vicini alla Conferenza Episcopale Italiana, dalle quali emergerebbero riferimenti - per il coinvolgimento in gravi delitti in Sicilia - a forze estranee alla mafia, collegate a organizzazioni massoniche internazionali e a grandi gruppi finanziari ebraici;

2) alcune note sulle condizioni di salute del Papa, in cui si richiama un preteso attivismo tra gli aspiranti alla successione al soglio pontificio;


Pag. 13


3) note che raffigurano l'esistenza di varie «correnti» nell'ambito della gerarchia ecclesiastica, presentata come divisa in relazione a scelte di politica interna o di politica internazionale;

4) una nota del luglio 1993 che, oltre a confermare contrasti nell'ambiente vaticano, richiama presunti piani di ambienti finanziari ebraici contro il ruolo dei cattolici in politica.

Sub d): Sulle vicende RAI.
Molte note riguardano informazioni su progetti di organigrammi di Telegiornali e reti della RAI; si descrivono cene a casa di autorevoli personaggi di area democristiana per la discussione di diversi scenari di assegnazione degli incarichi; vi sono notizie sui movimenti interni alla RAI ed alla redazione del TG1 con riferimenti a pretesi «segnali» provenienti da altissime personalità del Vaticano.

Sub e): Notizie diverse.

Si descrivono alcuni episodi connessi all'attenzione della RAI, attraverso un proprio giornalista, alle vicende del sequestro di Farouk Kassam, giornalista che sarebbe stato invitato da altro collega della redazione a sottolineare il ruolo decisivo di Mesina, sostanzialmente sconfessando quello delle forze di Polizia nella liberazione dell'ostaggio.
Si sottolinea il ruolo svolto da un giornalista siciliano nel riportare con toni sempre particolarmente marcati ed enfatici i presunti collegamenti mafiosi di Salvo Lima.
Si racconta, in una nota dell'aprile 1993, che in una telefonata di Buscetta ad un noto giornalista, il primo avrebbe rivelato al secondo di possedere prove dirette dell'appoggio di ambienti mafiosi per l'elezione di un sindaco.
Infine, due note dell'aprile e maggio 1993 riferiscono di divisioni tra le logge massoniche in relazione ad alcune azioni di lobbies massoniche e finanziarie filo-ebraiche contro le iniziative della Banca d'Italia e del Governo, tanto da potersi ipotizzare che tali azioni abbiano contribuito negativamente sulla decisione di Moody's di declassare il rating italiano.

5. Sulla presunta attività informativa dei Servizi nei confronti di magistrati.

Il Comitato, nella propria relazione del 5 marzo 1996, ha specificamente riferito al Parlamento in ordine alla documentazione, proveniente dal fascicolo della fonte «Achille» del SISDE, acquisita dalla Procura della Repubblica di Brescia e consistente in quattordici schede. Di queste, otto schede sono state trasmesse al Comitato.
Altre sei schede, sul contenuto delle quali la Procura della Repubblica di Brescia ha ritenuto di dover proseguire le indagini, non sono state trasmesse al Comitato, che può indicarne esclusivamente


Pag. 14

l'intitolazione e, sommariamente, l'oggetto, come riportato dalla stessa nota della Procura di Brescia:

1) documento «Novità in vista nell'inchiesta tangenti di Milano»;

2) documento «Voci su manovre internazionali contro la lira», contenente notizie provenienti da fonti «autorevoli» su presunti contatti tra magistrati e ambienti, anche internazionali, in grado di determinare tali manovre;

3) documento «La vicenda Lega-Cardinale Martini»;

4) documento «Il giudice Colombo indaga in Svizzera»;

5) documento «Avviso di garanzia a G. Balboni Acqua»;

6) documento «Ancora indiscrezioni sulle influenze della politica ebraica», che fa riferimento alla possibile appartenenza a logge massoniche coperte di magistrati della Procura della Repubblica di Milano.

Il Comitato, al fine di consentire al Parlamento una valutazione completa sulla documentazione contenuta nel fascicolo della fonte «Achille», ha richiesto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia notizie in merito alle sei schede non rinvenute nel raccoglitore conservato presso il SISDE, sul presupposto che tali schede fossero state inviate all'Autorità giudiziaria in originale.
Del resto, alla mancanza - nel raccoglitore - delle schede in questione, corrisponde, nelle pagine di protocollo progressivo, l'indicazione, nello spazio bianco, delle parole «inviato alla autorità giudiziaria di Brescia».
Tali circostanze avevano indotto i componenti del Comitato a ritenere che l'unico mezzo idoneo a consentire la visione della parte mancante del fascicolo Achille fosse quella di ottenerne, come già era avvenuto nel 1996 per altre schede, la trasmissione in copia dalla Procura della Repubblica di Brescia.
Con la nota di risposta del Procuratore della Repubblica di Brescia, è stata resa nota al Comitato, oltre alla prosecuzione delle indagini nei procedimenti penali cui le schede SISDE ancora non esaminate si riferiscono, una seconda circostanza, che per la sua rilevanza e gravità induce ad alcune considerazioni.
Il Procuratore della Repubblica, dottor Tarquini, ha comunicato di aver acquisito dal SISDE le schede in questione - comprese quelle ancora non esaminate dal Comitato - in copia e non in originale, ai sensi dell'articolo 256 del codice di procedura penale.
Ciò significa, evidentemente, che gli originali di tutte le schede trasmesse «in copia» a Brescia avrebbero dovuto essere conservate «in originale» nel raccoglitore posto a disposizione del Comitato.
Al contrario, come si è detto, in corrispondenza dei numeri progressivi di protocollo vi sono pagine bianche con il solo richiamo alla trasmissione della scheda all'autorità giudiziaria.
In sostanza, il SISDE non ha consentito al Comitato l'esame di atti, che certamente sono conservati presso i propri archivi, e neppure ha comunicato di averne conservato la disponibilità in originale.


Pag. 15


La maggioranza delle schede inviate in copia a Brescia si riferisce a procedimenti penali conclusi ovvero in fase dibattimentale; per le sei schede in questione, l'Autorità giudiziaria non ha proceduto al sequestro ma alla semplice acquisizione di copia, sicché al SISDE è rimasta la disponibilità per gli scopi istituzionali, tra i quali è certamente il controllo del Comitato parlamentare, nelle forme idonee a garantire la segretezza delle informazioni e dei documenti raccolti.
Nel corso dell'audizione del 3 aprile 1997 il ministro dell'Interno, dottor Napolitano, ha confermato che tutti gli originali dei documenti inviati in copia alla Procura della Repubblica di Brescia sono stati estratti dal contenitore e sono attualmente custoditi presso il SISDE.
In primo luogo, desta seria perplessità il fatto che non si sia - negli spazi corrispondenti del raccoglitore - indicato che gli originali erano stati trattenuti in altro luogo presso il SISDE, in modo da consentire al Comitato almeno di valutare se per il solo effetto della trasmissione in copia dei documenti all'Autorità giudiziaria fosse precluso anche l'esercizio delle funzioni di controllo parlamentare. La circostanza, di cui il Comitato è venuto a conoscenza per effetto di un lodevole contributo collaborativo della magistratura di Brescia, certo rivela che il SISDE aveva quantomeno delle perplessità sul determinarsi di tale effetto preclusivo, poiché altrimenti ben avrebbe potuto (e dovuto) in modo chiaro e trasparente dichiarare al Comitato, all'atto della messa a disposizione del raccoglitore, che degli atti inviati in copia al magistrato non riteneva di poter consentire la visione, dovendosi però in tale ipotesi fornire anche una ragionevole motivazione giuridica di simile determinazione.
Anche il possibile argomento, secondo cui la trasmissione dal SISDE all'Autorità giudiziaria determinerebbe ex se la segretazione dei documenti inviati, non è decisivo.
Anzitutto, l'effetto giuridico della «segretazione», anche nei confronti del Comitato, di documenti del SISDE come conseguenza della loro trasmissione «in copia» all'Autorità giudiziaria non deriva da alcuna disposizione normativa e dunque si tratta di una questione da approfondire senza considerare alcuna soluzione come doverosa, anche in riferimento ai casi in cui l'Autorità giudiziaria con lo specifico ordine di cui all'articolo 256 del codice di procedura penale disponga l'acquisizione in originale.
In secondo luogo, se anche fosse esatta quella tesi, ne deriverebbe l'impossibilità per il SISDE di opporre il segreto allorché la fase investigativa si sia conclusa e il processo sia passato alla fase pubblica. Altrimenti, come è avvenuto nel caso in esame, si precluderebbe al Comitato l'esercizio del suo compito istituzionale anche in relazione ad atti per i quali lo stesso magistrato inquirente ritenga possibile la conoscenza.
Vero è che, in ogni caso, ciò che non si doveva fare è non comunicare al Comitato la determinazione del SISDE di non rendere disponibili atti custoditi presso i propri archivi, inducendo invece la convinzione che tali atti fossero stati inviati all'Autorità giudiziaria e quindi non fossero più materialmente disponibili.
Lo stesso ministro dell'Interno, nel corso dell'audizione, ha preso atto della esistenza, in tale vicenda, di una questione tuttora insoluta.

Pag. 16


In definitiva, sin dall'inizio della vicenda del fascicolo della fonte «Achille», come del resto il Comitato ha già messo in luce nella precedente relazione sul tema, l'organo parlamentare ha acquisito notizie e documenti dalla Procura della Repubblica di Brescia con rapidità e completezza piuttosto che dal SISDE, che pure il Governo aveva autorizzato a porre a disposizione del Comitato l'intero fascicolo.
Resta perciò tuttora preclusa al Comitato, che è privo del potere di disporre l'acquisizione diretta di atti e documenti dei Servizi, la visione di sei schede contenute nel fascicolo «Achille», il cui contenuto - prima richiamato sinteticamente nei titoli - appare di indubbio interesse per lo svolgimento delle attività di referto al Parlamento.
La questione, di ordine generale, concernente lo svolgimento di attività di intelligence nei confronti di magistrati, ha ovviamente interessato il Comitato, che di recente ha ottenuto dal ministro di Grazia e giustizia, prof. Flick, una completa ed apprezzabile ricostruzione dell'attività di verifica compiuta in materia dal Governo Dini e dal Governo Prodi.
In data 10 gennaio 1996 il Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura trasmetteva al ministro di Grazia e giustizia una risoluzione del Consiglio con cui era richiesta completa informazione su asserite attività informative compiute dai Servizi nei confronti di magistrati della Procura della Repubblica di Milano.
Una prima risposta, non esaustiva, era fornita il 27 febbraio 1996 dal ministro Caianiello al Consiglio Superiore. Con tale nota, il ministro precisava che dalla produzione della fonte «Achille» del SISDE non era derivata alcuna elaborazione o attività di intelligence nei confronti del dottor Di Pietro; che nei riguardi dello stesso magistrato non era stato intestato alcun fascicolo; che le notizie raccolte non hanno avuto alcuna utilizzazione, in quanto non valutate di interesse istituzionale, salva la trasmissione su richiesta dell'Autorità giudiziaria.
Con successive note, del 7 giugno e dell'8 novembre 1996, predisposte sulla base di specifiche notizie fornite dal ministro dell'Interno, il ministro di Grazia e giustizia, professor Flick, completava esaustivamente la risposta del Governo alla risoluzione del gennaio 1996.
In particolare, il Governo Prodi ha precisato che i nominativi relativi ad alcuni magistrati risultano citati in atti del SISDE a titolo puramente incidentale o in relazione a questioni istituzionali e che da tali atti non è derivata attività di intelligence.
Vi sono, in particolare, riferimenti a: possibili attentati e misure di tutela di magistrati; rapporti intercorsi tra il SISDE, organi di polizia giudiziaria e magistrati; contributi informativi forniti dal SISDE a richiesta del Procuratore generale della Corte di cassazione per la stesura del discorso di inaugurazione dell'anno giudiziario; partecipazione di magistrati a convegni, manifestazioni e dibattiti su questioni istituzionali.
Nell'appunto «riservato» del 9 agosto 1996, allegato alla nota 30 ottobre 1996 del ministero dell'Interno e trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura, oltre alle richiamate considerazioni, convalidate dai ministri competenti nelle rispettive note di trasmissione, vi è un ultimo capoverso su cui il Comitato ritiene si debba

Pag. 17

attirare in modo particolare l'attenzione, per alcune osservazioni che nel successivo paragrafo saranno ampiamente formulate.
Viene segnalato, infatti, il rinvenimento, all'interno di carteggio divisionale, di un foglio, privo di intestazione e firma, relativo a supposte attività di un alto magistrato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma; si precisa che detto foglio è copia di altro contenuto nella produzione della cosiddetta fonte «Achille».
Il richiamo alle vicende e agli atti sinora indicati consente la formulazione di alcune considerazioni.
Emerge, anzitutto, la chiara affermazione del governo in carica sulla inesistenza, negli archivi del SISDE, di documenti, fascicoli o altri atti indicativi dello svolgimento di attività di intelligence dal 1o gennaio 1992 nei confronti di magistrati della Procura della Repubblica di Milano o comunque di altri appartenenti all'ordine giudiziario.
Il Comitato non può che apprendere con soddisfazione l'esito di questa ricognizione, condotta nell'arco di alcuni mesi per ordine del ministro dell'Interno, dottor Napolitano, salvo le precisazioni che più avanti si faranno circa la partecipazione di magistrati a convegni e manifestazioni istituzionali.
Si tratta di un esito che consente di superare, pur dopo le polemiche e strumentalizzazioni che negli ultimi anni hanno accompagnato le prime rivelazioni in merito trapelate sulla stampa, i molti dubbi e la comprensibile inquietudine del Paese, sulla circostanza che apparati ed organi dello Stato - quali sono i Servizi di informazione e sicurezza - avessero spiato magistrati, anche al fine di ostacolarne la meritoria azione di contrasto alla criminalità.
È certamente vero che alcune notizie conservate nel fascicolo «Achille» erano prive di rilevanza istituzionale per le finalità proprie del SISDE e ciò introduce un elemento di riflessione critica su cui più avanti si tornerà. Ma quel che occorre sottolineare è la valutazione del governo in carica, con argomenti condivisibili, circa l'impossibilità di collegare tali notizie (anche quando raccolte al di fuori delle finalità istituzionali del Servizio) a finalità di indebita interferenza sull'attività della Procura milanese. Non si può non richiamare altresì la circostanza che lo stesso dott. Di Pietro, nell'audizione dinanzi al Comitato, ha affermato - in merito ad alcuni fatti descritti in una delle schede del fascicolo «Achille» - che gli stessi erano proprio quelli da lui raccontati al dottor Achille Serra. In tal modo, implicitamente escludendo che tale riservata comunicazione avrebbe potuto compromettere le indagini dallo stesso magistrato efficacemente condotte.
Vi è, allora, la necessità di ripercorrere in una diversa ottica, di equilibrio e correttezza istituzionale, le linee di un rapporto tra magistratura e servizi di intelligence che, nel recente periodo considerato, appare diverso da quello che in epoche più lontane aveva espresso pagine oscure nella storia della Repubblica; pagine di deviazioni e illegalità su cui ancora, a distanza di decenni, il Paese non riesce a cogliere una definitiva risposta di verità.
Non è circostanza di secondario rilievo, sotto il profilo storico e politico, che l'assenza di deviazioni dei Servizi, in danno della magistratura, negli ultimi anni, provenga dal ministro dell'Interno espresso

Pag. 18

da una parte politica che dal dopoguerra ad oggi non ha mai avuto la responsabilità del dicastero.
Ritiene il Comitato che sia necessario formulare alcuni rilievi in merito a tre ulteriori profili introdotti dai documenti in esame.
In primo luogo, è certamente estranea ai fini propri del SISDE, ed appare davvero inspiegabile, la raccolta di notizie circa la partecipazione di magistrati a convegni, manifestazioni culturali e simili; se l'interesse fosse stato quello di conoscere gli argomenti giuridici esposti nelle relazioni o durante i lavori dei convegni, sarebbe stata assai più efficace la pura e semplice acquisizione del materiale documentale scientifico, in luogo della conservazione in archivio di notizie concernenti «il fatto» della partecipazione del magistrato; conservazione che, a tacer d'altro, rivela comunque un irragionevole sovraccarico di documenti inutili negli archivi del Servizio.
Risulta inoltre, dal medesimo appunto del 9 agosto 1996, che in alcuni casi i magistrati avrebbero richiesto al SISDE documentazione e/o notizie.
L'articolo 9 della legge n. 801 del 1977, com'è noto, impone agli agenti dei Servizi di informazione e sicurezza, i quali vengono a conoscenza di fatti con possibile rilevanza penale, di farne rapporto al direttore del Servizio; quest'ultimo, a sua volta, ha l'obbligo di riferire alla polizia giudiziaria.
La legge, quindi, esclude che il personale dei Servizi - il quale è privo della qualifica di agente di polizia giudiziaria - possa inviare direttamente all'autorità giudiziaria informazioni e notizie, ancorché in esse vengano ravvisati gli estremi di un reato.
Vi è, in effetti, la preoccupazione di sottolineare - e ciò, alla stregua del nuovo ordinamento processuale penale, trova definitiva conferma - che la raccolta della notitia criminis e l'investigazione per il processo sono compiti esclusivi della polizia giudiziaria che dipende dal pubblico ministero secondo regole e garanzie precise, la cui violazione - oltre a tutto - renderebbe non utilizzabili per il dibattimento gli elementi informativi o documentali raccolti. Il divieto che la legge pone per il personale dei Servizi non è riprodotto, con riferimento ai magistrati, attraverso una disposizione preclusiva di richieste informative o documentali dirette rivolte ai Servizi medesimi: tuttavia, alla stregua della ricostruzione - sopra accennata - della ratio legis, sembra al Comitato che neppure al magistrato inquirente sia consentito rivolgere direttamente al Servizio informativo richieste di collaborazione investigativa.
La questione, di particolare delicatezza, dovrà essere affrontata in sede di riforma della legge n. 801 del 1977, affinché in modo chiaro si stabilisca un principio idoneo a risolvere questo evidente punto di crisi della normativa in vigore.
Nel medesimo appunto 9 agosto 1996 del SISDE va, infine, sottolineato il riferimento - tra gli atti che dimostrano rapporti con appartenenti alla magistratura - ad un «supporto tecnico» non meglio precisato, che il Servizio avrebbe fornito ad organi di polizia giudiziaria «sulla base di decreti autorizzativi di taluni dei magistrati in questione».

Pag. 19


Il Comitato ritiene necessario conoscere in quali attività si sia concretizzato il «supporto tecnico» del SISDE alla polizia giudiziaria: se si trattasse, ad esempio, di intercettazioni telefoniche, poiché è noto che le stesse devono essere svolte esclusivamente dalla polizia giudiziaria nei locali a disposizione di questa, costituirebbe violazione delle norme processuali l'eventuale delega ad organi di intelligence.
Si tratterebbe, quindi, ove risultasse un riferimento a tal genere di attività, di constatare una violazione di regole che il sistema del rito penale stabilisce in modo preciso e non derogabile.
È ora importante che le attuali direttive, secondo l'indirizzo avviato nel 1993 e nel 1994 da direttori pro tempore dei Servizi, rafforzino con argomenti sempre più chiari il principio della netta distinzione tra compiti di intelligence e compiti investigativi della polizia giudiziaria, confermando la regola sin troppo evidente, ma talora disattesa nel passato, secondo cui gli organi di intelligence non hanno competenza a «trattare» la notizia a fini investigativi di polizia giudiziaria, dovendo invece investire formalmente la polizia stessa perché sia quest'ultima ad indagare sui fatti criminosi che le notizie istituzionalmente acquisite dai Servizi consentono di rivelare.

6. Sulla integrità del fascicolo «Achille»: la questione dei cosiddetti «galleggianti».

Come si è accennato nel precedente paragrafo, è emerso fortuitamente, grazie all'indicazione contenuta nell'appunto 9 agosto 1996 del SISDE trasmesso al ministro della Giustizia, che un appunto anonimo su attività di un alto magistrato della Procura della Repubblica di Roma sarebbe stato contenuto nel fascicolo della fonte «Achille».
I componenti del Comitato hanno potuto esaminare l'intero fascicolo contenente la produzione della fonte «Achille»: in esso non compare alcun foglio relativo ad attività del predetto magistrato.
Tale circostanza, considerato che neppure nel carteggio acquisito dalla Procura della Repubblica di Brescia il nome di quel magistrato risulta presente, introduce un elemento di particolare gravità e rilevanza a favore della ipotesi secondo cui l'integrità e la composizione dei fascicoli potrebbe essere (e nel caso del fascicolo Achille sarebbe stata) alterata con sottrazioni di fogli o schede già in esso inseriti senza protocollo o numerazione.
Del resto, nel corso dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, dottor Dini, al Comitato fu confermato che il sistema di archiviazione e catalogazione delle note o schede predisposte dalle fonti informative non prevedeva - e fu per questo che il Presidente Dini ritenne di modificare il sistema della archiviazione - una protocollazione numerata di tutti i fogli in ordine progressivo, in modo da impedire il ricorso alle cosiddette «schede galleggianti», cioè inseribili o estraibili a seconda delle arbitrarie disposizioni di responsabili che sono e purtroppo resteranno ignoti.
Nel corso della audizione svolta il 21 gennaio 1997 dinanzi al Comitato, l'ex agente del SISDE Roberto Napoli - responsabile della


Pag. 20

«gestione» della fonte Achille - affermava che nella produzione della fonte stessa sarebbero state comprese circa ottanta informative, delle quali il dottor Falchi, già capo del centro SISDE di Roma 1 (cfr. pag. 16 della relazione prima citata «Sull'acquisizione illegittima di informazioni riservate e controllo parlamentare)», avrebbe vietato la protocollazione progressiva e che in effetti, a suo dire, sarebbero state estratte dal complesso documentale.
Lo stesso signor Napoli riferiva di aver richiamato tali gravissime circostanze nel corso di un confronto con il dottor Falchi dinanzi all'Autorità giudiziaria inquirente di Brescia: in proposito, il Comitato ha ottenuto conferma della esistenza di tale confronto, videoregistrato, agli atti processuali di un procedimento penale che, tuttavia, risulta ancora nella fase delle indagini. Nel corso della audizione, il signor Napoli precisava altresì alcuni filoni informativi su cui, a richiesta dello stesso dottor Falchi, la fonte «Achille» aveva operato, senza che, tuttavia, il materiale documentale acquisito fosse catalogato e conservato con protocollo nel fascicolo. Di tale documentazione, che in effetti il Comitato non ha rinvenuto all'interno del fascicolo custodito presso il SISDE, il signor Napoli ha indicato a grandi linee alcuni pur significativi ambiti di riferimento:

a) risultanze delle indagini del magistrato Carlo Palermo su traffici d'armi con la Somalia e vicende connesse con la cooperazione internazionale;

b) formazione del soggetto politico poi denominato «Forza Italia», attraverso numerose notizie sulle persone di Silvio Berlusconi e dei fratelli Dell'Utri.

Precisava, altresì, il signor Napoli, che nella sua esperienza presso la divisione personale del SISDE aveva constatato direttamente che anche in tale ufficio esistevano documenti e note che non venivano protocollate: ad esempio, lettere di personaggi politici volte a sollecitare assunzioni con il sistema della «chiamata diretta».
Il Comitato non può, allo stato, formulare una ipotesi confermativa di quanto riferito dal signor Napoli, che pure, come si è detto, ha riferito di aver ribadito le accuse dinanzi al magistrato inquirente di Brescia, cui spetterà la decisione su eventuali profili di rilevanza penale. Certamente, ogni dubbio è legittimo, alla luce del fortuito riscontro positivo - derivante da un appunto del SISDE - di una circostanza (inserimento nel fascicolo di una scheda relativa ad un magistrato della Procura della Repubblica di Roma) che nella diretta conoscenza del Comitato è invece insussistente. Ciò apre un varco di forte dubbio, su cui la direzione del Servizio e il Governo dovranno condurre ogni necessario approfondimento e dar conto al Comitato, in un eventuale momento successivo, degli accertamenti svolti su tali gravissime ipotesi di non corrispondenza della consistenza del complesso documentale di fascicoli riferiti ad una fonte informativa, che potrebbero estendersi anche ad altro materiale archiviato presso il SISDE.
Analogamente, ritiene il Comitato che sia necessaria ed urgente una chiara risposta del Governo sulla questione, cui si è fatto riferimento


Pag. 21

nel precedente paragrafo, della mancanza, nel raccoglitore, degli originali delle schede inviate in copia a Brescia, ed in particolare delle sei schede che non sono state poste a disposizione del Comitato.

7. La vicenda del «fascicolo RAI».

Con nota del 23 ottobre 1996, il Presidente del Comitato sollecitava al Presidente del Consiglio dei ministri informazioni già richieste dal Presidente del Comitato nel corso della passata legislatura, concernenti l'esistenza di un «fascicolo RAI» presso il SISDE, richiedendone la ricognizione volta alla eventuale individuazione di notizie estranee alle finalità istituzionali del Servizio.
In data 6 febbraio 1997 il Presidente del Consiglio dei ministri dava riscontro alla nota in questione, comunicando, in merito al «fascicolo RAI», elementi che il Comitato valuta di particolare interesse.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha anzitutto confermato l'esistenza del «fascicolo RAI» presso il SISDE, precisando che lo stesso contiene, oltre a «taluni» atti riconducibili all'attività istituzionale del Servizio, «molti» atti privi di qualsiasi interesse ed «alcuni» lesivi della privacy e della reputazione dei singoli personaggi nominati. Otto documenti sarebbero, infine, la riproduzione di fogli contenuti nel dossier fonte «Achille».
Il ministro dell'Interno ha giudicato «la maggior parte delle informazioni raccolte» non aderente ai fini istituzionali del Servizio. Conseguentemente lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri ha comunicato di aver disposto la custodia in un plico sigillato - a cura del direttore del SISDE - di tutti i documenti estranei alle finalità istituzionali.
Si tratta, pur nella rapidità della ricostruzione effettuata, di una vicenda anzitutto confermativa delle evidenziate disfunzioni, consistenti nella raccolta e conservazione di ampia documentazione estranea ai fini propri del SISDE. Vi è poi, indirettamente, la conferma di quanto appreso durante alcune audizioni, in ordine alla regola di duplicare atti raccolti da informatori «non specializzati» ed inserire i documenti nel fascicolo «di settore» ove esistente. Indubbiamente, le allarmanti circostanze ora confermate inducono il dubbio che per altri «settori» di interesse della fonte «Achille» esistesse uno specifico fascicolo presso il Servizio.
Il Comitato sta, quindi, provvedendo a verificare tale ipotesi, che, se trovasse riscontro positivo, sarebbe ovviamente oggetto di specifica successiva relazione.
Vi è, infine, un dato di particolare valore positivo nella citata nota del Presidente del Consiglio dei ministri: si tratta della riferita disposizione circa la «sigillatura», e quindi la estrazione dalla documentazione disponibile, dei documenti estranei ai fini istituzionali del SISDE. Nel corso delle audizioni del Presidente del Consiglio dei ministri, on. Prodi, nonché dei direttori del CESIS e del SISDE, il Comitato aveva esplicitamente segnalato l'esigenza di procedere ad una sorta di ricognizione degli archivi, al fine di estrarre e rendere


Pag. 22

comunque non più disponibili da parte di alcuno i documenti indebitamente conservati, perché estranei ai fini istituzionali.
In ogni caso, auspicando che si persegua rapidamente l'obiettivo di una approfondita rilettura e «rivisitazione» del materiale archiviato, sia pure a partire da specifiche vicende o materie, il Comitato prende atto con soddisfazione che una prima disposizione - ancorché forse a carattere provvisorio e in qualche modo cautelativo - è stata adottata in linea con quanto al Governo era stato richiesto.
Resta lo sconcerto e l'allarme derivante dalla confermata esistenza - per ora in un settore quale è quello del servizio pubblico radiotelevisivo - di una certa attività non riconducibile a quella «non istituzionale» del SISDE, di cui peraltro il Comitato non conosce i riferimenti temporali.

8. Orientamenti programmatici del Governo.

Il Comitato ha ascoltato, in ordine alle problematiche concernenti le fonti informative, il ministro dell'interno, dottor Napolitano, e il direttore del SISDE, prefetto Stelo; ad essi, in particolare, il Comitato ha richiesto di esporre le linee di attività già avviate dall'insediamento del Governo Prodi e il programma di azione che nelle rispettive responsabilità si intende attuare.
Il direttore del SISDE ha, in primo luogo, riferito al Comitato di aver iniziato la propria attività prescindendo da una ricognizione dei criteri e delle direttive eventualmente adottate dai suoi predecessori nell'incarico, allo scopo di non esserne in alcun modo condizionato.
Il prefetto Stelo, enunziando il proprio programma di attività, ha affermato di voler specificare il ruolo della intelligence come funzione naturalmente propedeutica rispetto a quella della polizia giudiziaria, in modo da scongiurare - in termini chiari e puntuali - ogni possibile sovrapposizione di ruoli.
I filoni dell'attività informativa saranno, in via prioritaria, diretti ai settori dell'informatica, delle minacce alla stabilità economica nazionale, della criminalità nei settori del riciclaggio di rifiuti, del racket e dell'usura, dell'immigrazione clandestina.
Per quanto riguarda l'uso delle fonti, il direttore del SISDE ha riferito al Comitato di aver adottato due direttive: la prima, volta ad escludere la acquisizione di notizie non utili all'attività di intelligence (ancorché non contrastanti con le finalità proprie del Servizio); la seconda, volta alla valutazione immediata della attendibilità della fonte e della utilità del filone di raccolta, attraverso una verifica preliminare da effettuare sin dall'inizio della collaborazione informativa con il Servizio. La mancata acquisizione di copia delle richieste direttive o, comunque, delle disposizioni impartite per iscritto dall'attuale direttore del SISDE, non consente al Comitato di esprimere una compiuta valutazione sui criteri attuativi dei pur apprezzabili obiettivi che nella audizione sono stati indicati, in modo necessariamente sintetico.
In relazione a due profili di particolare interesse e rilievo, il prefetto Stelo ha fornito al Comitato una positiva ed esaustiva risposta. Anzitutto, l'affermazione che il controllo della produzione informativa


Pag. 23

di ciascuna fonte è sempre rivolto a verificare la rispondenza delle informazioni con le finalità istituzionali del Servizio e che, di conseguenza, quando vi è anche soltanto il dubbio che tale rispondenza non sussista, la notizia non deve essere acquisita.
In secondo luogo, le informazioni di cui è ammessa la raccolta sono solo quelle fornite da fonti del Servizio, ovvero da fonti istituzionali: ogni altra informazione non può essere acquisita e, ove ciò sia accaduto, il documento deve essere distrutto.
La prima ed immediata verifica sulla informazione raccolta è di competenza del capocentro territoriale. Questa, secondo il direttore del SISDE, era una regola in vigore anche prima del suo insediamento.
Nella seduta del 3 aprile 1997 il Comitato ha proceduto alla audizione del ministro dell'Interno, dott. Napolitano.
Il ministro, in via preliminare, si è astenuto da ogni valutazione o giudizio sulla direzione, gestione e indirizzo politico nei confronti del Servizio nei periodi anteriori alla assunzione della sua responsabilità di governo del settore. Ha peraltro fornito al Comitato elementi e indicazioni sulle direttive adottate negli anni 1970-1995 (si veda in proposito il successivo paragrafo 9) delineando alcune ipotesi e considerazioni programmatiche per la gestione ed anche per la riforma del settore.
Per quanto attiene alle recenti direttive del SISDE, il ministro ha ricordato la previsione - vigente dal 4 novembre 1996 - della distruzione immediata di documenti o notizie non aderenti agli scopi istituzionali del Servizio, nonché la disposizione che «congela» qualsiasi carteggio riguardante membri del Parlamento e che non sia strettamente pertinente a misure per la tutela degli interessati.
Le ragioni, in particolare, della prima direttiva sopra richiamata, sono state collegate, dallo stesso ministro dell'Interno, alla esigenza di comprendere ed analizzare compiutamente fenomeni distorsivi ed inquietanti che hanno determinato la raccolta e la conservazione di notizie estranee agli scopi del SISDE, con diverse ed improprie finalità. Si tratta di un proposito condivisibile, su cui il Comitato ha posto l'accento chiedendo anzi al Governo che si compiano scelte, coraggiose ma inevitabili, per rivelare al Paese le eventuali commistioni tra ragioni (indispensabili) dell'intelligence a tutela della libertà democratica e fini impropri e di parte di raccolte documentali utili al ricatto e al condizionamento di scelte politiche, istituzionali e di libertà del Paese.
Nel corso della audizione, il ministro dell'Interno ha, opportunamente, escluso che nell'ordinamento in vigore il responsabile politico possa o debba interferire nella puntuale attività di gestione del Servizio, quasi per trasformarsi in un «super-direttore» dello stesso.

Tuttavia, oltre al mantenimento del rapporto fiduciario tra il Presidente del Consiglio ed i ministri e i direttori dei Servizi, il dott. Napolitano ha prospettato al Comitato l'ipotesi della puntualizzazione e del rafforzamento del potere ministeriale di indirizzo, che allo stato - in particolare per materie come la gestione delle fonti informative, la classificazione e catalogazione - appare delineato dalla legge in modo troppo generico.
Il ministro Napolitano ha infine riferito che è emersa, nell'ambito del Comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza, l'opportunità

Pag. 24

di una direttiva politica generale del Presidente del Consiglio dei ministri per l'indirizzo complessivo dell'attività di intelligence; tale direttiva non risulta allo stato adottata.

9. Considerazioni e valutazioni: diagnosi di un caso esemplare.

Il Comitato ritiene, alla stregua del pur sintetico richiamo al contenuto del fascicolo «Achille», che nel periodo in cui la stessa fonte ha operato - dal 1991 al novembre 1993 - si sia svolta una considerevole attività di raccolta e archiviazione presso il SISDE di informazioni su persone e vicende che certamente non hanno alcun riferimento alla tutela della sicurezza democratica dello Stato e delle sue istituzioni.
Il Comitato ha svolto numerose audizioni di funzionari e agenti del SISDE a vario titolo interessati alla «gestione» della fonte e alla utilizzazione delle informazioni. Sembra perciò doveroso che il Parlamento conosca alcune circostanze emblematiche di una organizzazione che, almeno in quel periodo e per tale vicenda, appare inefficiente, talora addirittura irrazionale, comunque indirizzata a scopi estranei a quelli propri del Servizio e in qualche caso consistenti nella grave violazione della riservatezza, valore costituzionalmente tutelato.
La fonte denominata «Achille», attivata nel 1991 su presentazione del signor Napoli e dopo la verifica da parte della direzione del SISDE, era «gestita» dallo stesso Napoli, dal capo del Primo Reparto operativo e dal capo del Centro Roma 1 (città nella quale la stessa fonte operava) e ha sospeso definitivamente la sua collaborazione nel novembre 1993, per ragioni di ordine personale che nessuna delle persone ascoltate dal Comitato ha indicato.
Si trattava di una fonte di elevato grado di attendibilità, compensata con circa 1.200.000/1.500.000 lire al mese, e con il compito di fornire informazioni in settori vari. È qui da farsi una prima notazione: nessuna delle persone ascoltate dal Comitato ha spiegato come e perché una fonte veniva, all'epoca dei fatti, «approvata», e quindi ammessa a raccogliere notizie per il Servizio: risulta, anzi, che - certamente per questo caso, ma è stata probabilmente questa la regola - a seguito della presentazione e del riscontro sulle persone (effettuato, quest'ultimo, dalla direzione del Servizio) vi fosse anche la possibilità di avviare il periodo «sperimentale» di attività senza predeterminare i settori di raccolta delle notizie. Nel caso della fonte «Achille», è risultato trattarsi di persona «ben introdotta» nell'ambiente dei media e tuttavia è stato escluso - in particolare dall'ex direttore del Servizio, prefetto Finocchiaro - che potesse trattarsi di un giornalista, poiché in tal caso si sarebbe commessa una precisa violazione dell'articolo 7, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801. Pur formulando tale considerazione ed aggiungendo che sia l'utilizzo sia la conferma periodica, come fonte, di un giornalista (o di un magistrato, o di un appartenente alle forze di polizia) sono vietate, lo stesso prefetto Finocchiaro ha affermato:

1) di non conoscere l'identità della fonte, attivata prima della sua nomina alla direzione del SISDE e pur tuttavia utilizzata durante la sua direzione;


Pag. 25


2) di non poter escludere, pertanto, che la fonte appartenesse ad una delle categorie vietate.

Con tali affermazioni il prefetto Finocchiaro ha, alternativamente, ammesso che il direttore del Servizio potesse ignorare l'identità di una fonte - anche al sol fine di stabilirne la legittimità dell'utilizzo - ovvero che lo stesso direttore potesse provvedere a determinare se continuare a utilizzare la fonte sulla base di elementi insufficienti. Si tratterebbe, inoltre, di una determinazione fondata sulla ignoranza di uno status soggettivo della fonte cui si collega la violazione non di una circolare interna ma di una norma primaria della legge sull'ordinamento dei Servizi.
Entrambe le alternative ipotesi sono state peraltro smentite dagli altri funzionari subordinati, ascoltati dal Comitato; l'altro ex direttore del Servizio, prefetto Voci, ha precisato che il direttore del SISDE non gestisce mai direttamente una fonte, senza negare però che spetta a lui il potere di attivarla e confermarla.
Tali prime notazioni già consentono di evidenziare un tratto caratteristico nel comportamento di tutte le persone ascoltate dal Comitato: il tentativo, spesso irragionevole, di affermare, per ogni decisione, l'incompetenza propria e la competenza di altri. Il Comitato, in non poche occasioni, ha avuto serie difficoltà persino a comprendere, data la scarsa collaborazione delle persone ascoltate in relazione a questi fatti, quale fosse l'ordine delle competenze, dalla raccolta alla destinazione finale, della notizia fornita; quale fosse la destinazione finale; se vi fosse una richiesta, e con che specificità, da parte dell'autorità politica ovvero dalla direzione del Servizio, ovvero se le notizie fossero comunque acquisite e archiviate (circostanza, quest'ultima, che il Comitato ritiene poco verosimile).
Particolarmente censurabile è la circostanza che non vi fossero disposizioni scritte sulle competenze e sulle procedure da seguire, in modo da scongiurare comportamenti personali talora incontrollabili e incontrollati.
Proprio in ordine alla fonte «Achille», i criteri di gestione delle informazioni, relative, come si è detto, a vicende milanesi e romane, evidenziano ulteriori elementi di talora inspiegabile irrazionalità.
Il ministro dell'Interno, prefetto Coronas, nell'audizione del 10 gennaio 1996, ha affermato - e non si dubita che questa sia la spiegazione più attendibile - che l'inserimento delle informazioni ricevute dalla «fonte» in un raccoglitore testimonia che il Servizio ha valutato interessante ai propri fini la notizia ricevuta; per il Servizio ne deriva - ha proseguito il ministro Coronas - l'obbligo di informare il titolare del dicastero sulle informazioni raccolte e trattenute nel fascicolo.
A fronte di tali considerazioni del ministro Coronas, è emersa in proposito - durante il periodo di gestione di questa fonte - una situazione talvolta contraddittoria delle valutazioni e delle dichiarazioni relative dei principali funzionari del SISDE interessati al contatto con «Achille» ed ascoltati dal Comitato.
Vi è chi ha osservato - il prefetto Gianni e il dott. Falchi - che in particolare l'attività della Lega e del pool «Mani pulite» erano


Pag. 26

ritenute «di interesse» per il Servizio. Dal 1992 in poi, prosegue il dott. Falchi, le informazioni della fonte «Achille» ritenute utili erano inviate al gabinetto del ministro dell'Interno.
Altro funzionario (il dottor De Biasi) ha invece affermato di non aver mai inviato al ministro dell'Interno informative predisposte dalla fonte «Achille» e di non aver conoscenza di comunicazioni di tal genere disposte da altri funzionari del SISDE.
L'ex direttore, prefetto Finocchiaro, poi, ha sostenuto che le singole informative di questa fonte non erano di rilevanza tale da giustificarne l'invio al ministro, che invece era informato dei grandi filoni di attività del Servizio.
Il colonnello Falcucci, infine, ha addirittura affermato che se anche una fonte avesse continuato a fornire notizie di nessuna rilevanza per la sicurezza dello Stato, non vi sarebbe stato per lui alcun obbligo - e neppure la competenza - a darne segnalazione ai superiori al fine della disattivazione della fonte stessa.
Le contraddittorie ma emblematiche dichiarazioni, raccolte dal Comitato, dimostrano che il Servizio ha da un lato mantenuto e retribuito, con denaro pubblico, la fonte, con ciò dimostrando un interesse a proseguire nella collaborazione, e che invece il direttore pro tempore valutava la produzione di poco interesse e quindi non ne informava il ministro; che, infine, al gabinetto del ministro le informative erano trasmesse - evidentemente, ma incredibilmente, all'insaputa del direttore - da funzionari di grado inferiore.
Il Comitato ritiene che questa tipica espressione di pessima organizzazione, inefficienza e disinvolto utilizzo del denaro pubblico vada segnalata, per le valutazioni del Parlamento, quale esempio tipico di come un moderno servizio di informazione non deve operare.
L'ipotesi alternativa è che il Servizio, a partire dai direttori pro tempore, ritenesse utile ed interessante continuare a ricevere informative sull'attività delle correnti interne alla DC, sui criteri e le strategie per la lottizzazione della RAI, sull'attività della Procura della Repubblica di Milano, sul Vaticano sino alle più alte gerarchie ecclesiastiche. Ma è fin troppo evidente che questi ambiti di conoscenza sono del tutto estranei da collegamenti con l'esigenza di tutela della sicurezza democratica, compito proprio del SISDE, e rientrano nella sfera inviolabile della riservatezza dei privati.
Dalla esposizione, che necessariamente non è del tutto particolareggiata, dei diversi profili di questa vicenda, il Comitato ritiene di poter trarre sin d'ora alcune ulteriori considerazioni e valutazioni.
La gestione di una fonte non settoriale, come quella denominata «Achille», attiva per circa due anni in ambiti milanesi e romani di speciale delicatezza, non sembra essere stata accompagnata né dalla predeterminazione - ovvero dalla periodica verifica - di obiettivi dell'attività informativa, né dalla valutazione appropriata di rilevanza e di rispondenza delle notizie acquisite alle finalità del Servizio. Si è, presumibilmente, ritenuta interessante una grande quantità di informazioni che, invece, avrebbero dovuto essere addirittura rifiutate al momento della consegna, in quanto non utilizzabili ad alcun titolo, se non per la deprecabile consuetudine di raccogliere in «dossier» dati e altri elementi privi di una ragionevole destinazione.

Pag. 27


Emerge, in sintesi, la quasi completa impossibilità per il Comitato di individuare un responsabile per ciascuno degli atti e per il complesso delle attività di cui il Comitato è venuto a conoscenza. Il Comitato non ha ottenuto copia delle direttive di recente adottate dal direttore del SISDE, secondo quanto lo stesso ha ricordato nella medesima audizione, precisando altresì di non aver neppure proceduto alla ricognizione delle direttive emanate dai direttori precedenti.
Va, ancora, considerato che il frequente avvicendamento - dal 1991 alla fine del 1993 - di funzionari alla direzione del Servizio ha obiettivamente concorso al frazionamento e quindi all'indebolimento della programmazione informativa, anche nella indispensabile politica di «investimento» sugli informatori reclutati per alcuni settori di rilevanza primaria.
In altri termini, la debolezza della guida politica, riflessa in scelte di direttori cui non si è consentito di programmare almeno a medio termine la politica di intelligence, ha presumibilmente consentito, e talora indotto, a concentrare risorse e attenzione su contributi informativi, spesso irrilevanti per una attività di intelligence di alto profilo, ma tuttavia consistenti in apparenti risultati immediati da offrire all'autorità di governo come elemento quasi dimostrativo della funzionalità e, al limite, dell'esistenza stessa dei Servizi.
È stato, così, privilegiato il reclutamento di fonti - come quella denominata «Achille» - non adeguatamente selezionate e formate, ma comunque idonee ad una ricca produzione di informative scarsamente rilevanti; ciò può essere andato a scapito di un più proficuo investimento, di medio-lungo periodo, in collaboratori forse nell'immediato non produttivi di risultati visibili, ma al contrario impegnati nella penetrazione in ambienti di assai maggior interesse istituzionale, in prospettiva, per i nostri Servizi.
In ordine al reclutamento, alla gestione delle fonti e alla utilizzazione delle notizie, come ha riferito il ministro Napolitano, sono state adottate, nel corso degli anni, decine di direttive contenenti, perciò, una vasta disciplina della materia.
In particolare, nel corso della audizione del 3 aprile 1997 il ministro ha affermato che:

a) nel periodo 1978-1990 l'utilizzo delle fonti, quanto alla selezione, alla valutazione e agli indirizzi della ricerca informativa, è stato regolato da 99 direttive. Di queste, ben 24 dirette a richiamare l'attenzione degli uffici centrali e periferici del SISDE sulla esigenza di oculata, meticolosa e paziente selezione e valorizzazione delle fonti in direzione esclusivamente di obiettivi istituzionali;

b) nel periodo 1991-1994 sono state emanate 52 direttive in ordine alla gestione delle fonti, sotto il profilo della catalogazione, delle spese sostenute e della distruzione del relativo carteggio. Nel 1994 sono state in particolare dettate prescrizioni puntuali sulla esigenza di indirizzare le fonti secondo fini istituzionali, e di non utilizzare come fonti - salvo eccezioni - i dipendenti pubblici. Si è inoltre ribadito l'assoluto divieto di riportare notizie riguardanti persone od organizzazioni politiche senza la precisazione delle finalità istituzionali per cui le notizie erano state acquisite;

Pag. 28



c) nel periodo 1995-1997 sono state adottate 11 direttive sulla gestione delle fonti, in particolare per la più incisiva valutazione periodica. Si è precisata la necessità che oltre alle finalità istituzionali del Servizio, gli informatori seguano gli obiettivi ad essi corrispondenti, e che si dimostrino perciò validi e idonei sotto ogni profilo.
Nel dicembre 1996, confermando analoghe direttive del 1995, si è ribadita la sospensione di eventuali operazioni di distruzione di materiale di archivio, e il congelamento di qualsiasi carteggio riguardante parlamentari (salvo le notizie utili per la tutela degli interessati).
Le direttive ribadiscono, infine, la necessità che tutta la documentazione, anche se acquisita informalmente (appunti, segnalazioni) venga protocollata, numerata progressivamente e registrata sulla copertina-indice; i documenti estranei agli scopi istituzionali dell'ente devono essere invece distrutti.
Il Comitato, alla luce delle informazioni fornite dal ministro, osserva anzitutto che una produzione normativa tanto consistente, e presumibilmente puntuale (l'affermazione è formulata in via di ragionevole ipotesi, non conoscendo purtroppo i contenuti delle direttive) può dimostrare la difficoltà di governare il sistema e di raggiungere gli obiettivi programmati. Il fenomeno evidenziato può derivare dalla necessità di compensare con frequenti reiterazioni di prescrizioni analoghe la difficoltà di controllo e vigilanza sul rispetto, dal punto di vista sostanziale, delle regole medesime.
Ovvero, come in alternativa ipotizzato dal ministro dell'Interno, il fenomeno rilevato sarebbe espressione - purtroppo consueta anche in altri settori istituzionali - di ripetitività burocratica; ipotesi, questa, meno inquietante ma non rassicurante, sia perché la degenerazione della burocrazia assume, in un servizio informativo, valenza assai più negativa che in altre pubbliche amministrazioni, sia perché la coazione a ripetere un ordine o una regola comunque indebolisce l'efficacia della prescrizione all'interno della struttura organizzativa.
Il Comitato auspica fortemente una inversione di rotta a proposito della reiterazione di direttive che nel periodo recente non segnala un significativo contenimento e ritiene assai opportuna la predisposizione di testi unici normativi che raccolgano per ciascun settore le prescrizioni da emanarsi con direttiva, definendo in tal modo regole chiare e non ripetitive, e quindi realmente efficaci.
Certo è che nel periodo 1991-1994 non mancavano affatto le regole di condotta cui tutto il personale del SISDE avrebbe dovuto attenersi per l'utilizzazione della fonte «Achille».
I comportamenti e le attività rilevati dal Comitato appaiono, allora, tenuti in violazione di tali norme.
Non risulta, peraltro, che siano stati adottati provvedimenti disciplinari o di altro genere per le accertate ipotesi di disfunzione o di violazione anche gravi negli anni cui le vicende in esame si riferiscono: ne deriva la considerazione, preoccupante, che la direzione del Servizio possa avere implicitamente avallato tali comportamenti, dei quali in definitiva porta la responsabilità dinanzi al Governo.
È necessario che una fonte venga utilizzata - con la puntuale verifica della utilità e rilevanza del flusso informativo prodotto - non

Pag. 29

soltanto nell'ambito di un obiettivo settoriale predeterminato, ma anche entro limiti soggettivi idonei ad evitare che le notizie attingano vicende meritevoli di assoluta riservatezza, tanto che già la descrizione in schede o altri documenti ne compromette in modo grave la tutela.
Non può mancare, in ogni caso, la diretta responsabilità del direttore del Servizio, cui deve anche far capo l'obbligo puntuale di informare il ministro sul contenuto dei rapporti acquisiti e di evitare che i funzionari di grado subordinato raccolgano, conservino e comunque utilizzino elementi privi di interesse istituzionale per il Servizio.
Dalla complessiva vicenda sin qui delineata il Comitato ha tratto alcune ulteriori convinzioni. La prima è senza dubbio l'opportunità della distruzione dei fascicoli privi di interesse per le finalità istituzionali del Servizio, contenenti notizie che certo, con la minaccia o per la sola eventualità di una - indebita, ma possibile - diffusione, contribuiscono a non modificare un clima di tensioni e sospetti che presso l'opinione pubblica si è costruito intorno alla funzionalità e alle stesse ragioni d'essere di un sistema di intelligence: sistema che, alle soglie del ventunesimo secolo, dovrà caratterizzarsi per uno strumento trasparente, forte e di speciale professionalità per la difesa dello Stato dai pericoli connessi a fenomeni sociali, criminali o economico-finanziari di rilevante drammaticità, senza che un solo cittadino italiano debba poter più temere indebite e strumentali intromissioni negli spazi riservati alla propria vita privata.
Non può, in effetti, ritenersi che l'attività dei Servizi di informazione e sicurezza venga svincolata - nel nostro ordinamento - dal rispetto di princìpi generali di garanzia dei diritti e delle libertà delle persone, ed anzitutto della riservatezza privata.
Vero è che la normativa recentemente approvata dal Parlamento sulla tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali (legge 31 dicembre 1996, n. 675) non si applica, nel suo complesso, alle attività dei Servizi (cfr. articolo 4, comma 1, lettera b) della legge). E tuttavia, lo stesso articolo 4, al comma 2, stabilisce l'applicabilità anche al trattamento di dati personali da parte dei Servizi, di non poche importanti disposizioni della nuova legge.
In particolare, sono applicabili:

a) l'articolo 9, che impone il trattamento dei dati personali in modo lecito e secondo correttezza, la raccolta per scopi determinati, espliciti e legittimi, la conservazione per un periodo di tempo coerente con lo scopo della acquisizione;

b) l'articolo 15, che impone la custodia dei dati in forme idonee a evitare accessi non consentiti e utilizzazioni improprie;

c) l'articolo 17, che esclude la possibilità di fondare provvedimenti amministrativi o giudiziari soltanto su trattamenti autorizzati di dati personali volti a definire il profilo o la personalità dell'interessato;

d) l'articolo 18, che impone il risarcimento del danno per l'uso indebito dei dati personali altrui;

e) gli articoli 31 e 32, che disciplinano i poteri del Garante anche sui dati in argomento;

Pag. 30


f) l'articolo 36, che punisce con la reclusione chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure necessarie per garantire la sicurezza dei dati personali.

È evidente che la nuova disciplina, pur considerando prevalente, per quanto riguarda l'acquisizione delle informazioni e la loro custodia da parte dei Servizi, il fine istituzionale di salvaguardia della sicurezza dello Stato rispetto alla tutela della privacy del singolo cittadino, non ha tuttavia mancato di circoscrivere tale prevalenza nei limiti in cui appaia strettamente necessario acquisire notizie e dati interessanti per il perseguimento di quel fine proprio.
Allorché, invece, siano raccolte informazioni, o si compiano atti comunque invasivi della sfera privata al di fuori dal fine istituzionale proprio degli organismi informativi, certamente il diritto individuale riprende piena forza e, cadendo la ragione giustificativa della compressione, la sanzione di illegittimità rappresenta la naturale conseguenza, secondo i princìpi generali, di comportamenti contrastanti con regole di specifica e diretta derivazione costituzionale.
È per queste ragioni che, ad avviso del Comitato, il Governo non potrebbe limitarsi ad una generica conservazione di tali raccolte informative indebitamente formate, ancorché con il proposito di non farne uso. Infatti, nulla potrebbe escludere la circolazione anche parziale di tali documenti, ovvero la illecita riproduzione, destinata - come nella esperienza del nostro Paese è purtroppo accaduto - ad alimentare archivi «privati» con finalità di costituzione di strumenti ricattatori.
La distruzione di un potenziale serbatoio di offesa plurima a libertà e diritti individuali avrebbe il pregio di avviare una nuova stagione di riordino funzionale dei Servizi, tutti finalmente orientati soltanto a difendere e non ad offendere la sicurezza democratica e i cittadini con rami o iniziative più o meno «deviati». Si dovrebbe, contestualmente alla distruzione, porre un definitivo «marchio di falsità» sulle eventuali, sedicenti notizie che dovessero circolare ancora con attribuzione di origine a quella fonte o a quel ramo informativo colpiti dalla azione di ripristino della legalità.
Si potrebbe pensare, al fine di contrastare la circolazione o l'uso indebito successivamente alla formale distruzione degli atti, ad una sanzione penale per chiunque, da tale momento, faccia riferimento alla documentazione distrutta, rivelandone, ovvero, utilizzandone in qualsiasi modo il contenuto.
Si potrebbe, di conseguenza, confidare in un forte contributo alla indispensabile serenità della vita privata dei cittadini ed al rispetto di quelle posizioni individuali che dall'articolo 2 della Costituzione sono fortemente tutelate.
Nel corso dell'audizione del 3 aprile 1997, il ministro dell'Interno ha riferito che dal 9 novembre 1996, data di insediamento dell'attuale direttore del SISDE, prefetto Stelo, è in vigore una direttiva, adottata dallo stesso prefetto, che prescrive la distruzione immediata delle notizie non rientranti negli scopi istituzionali del SISDE; tale apprezzabile iniziativa potrebbe, con gradualità, essere completata con una organica revisione degli archivi diretta alla progressiva eliminazione


Pag. 31

dei documenti, estranei ai fini del Servizio, già acquisiti e indebitamente conservati.
Dalla vicenda il Comitato ha tratto, infine, la convinzione che sia urgente porre mano alla revisione della legge in materia; tra le altre esigenze, che saranno individuate sulla base di un'analisi sistematica che il Comitato sta svolgendo sull'intera materia, sicuramente devono essere sin d'ora segnalati i seguenti aspetti:

la facoltà del Comitato stesso di poter acquisire informazioni sul funzionamento dei Servizi in maniera più incisiva di quanto non consentito dall'attuale legge;

la necessità che il Governo imponga un regolamento di attuazione dell'attività del SISDE, che definisca le linee generali concernenti la disciplina non classificabile sui compiti, le responsabilità e le procedure per l'acquisizione, l'elaborazione, l'utilizzazione e l'archiviazione delle informazioni.

Si trattarebbe, in altri termini, di predisporre una fonte normativa unitaria, attuativa della legge, idonea a costituire il fondamento organico per le direttive di competenza dei direttori del SISDE.

Back