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Doc. XXXIII n. 2


Parte Seconda
LA SICUREZZA ESTERNA


1. Profili generali della minaccia

I maggiori pericoli per la sicurezza sono rappresentati dal permanere della minaccia terroristica e dalla capillare penetrazione ideologica del fondamentalismo islamico nell'intero bacino del Mediterraneo.
Continua, inoltre, il particolare attivismo degli Organismi informativi di alcuni Paesi dell'Est europeo, del Medio Oriente e del Nord Africa. Con riferimento alle principali aree di crisi, evidenziate nella cartina, si rileva il perdurare di notevoli fattori di rischio, che sono oggetto di particolare attenzione da parte dei Servizi, sia sotto il profilo informativo sia scotto quello valutativo, d'intesa con gli Organismi esteri collegati e con la Nato.


Nella regione balcanica, il protrarsi di tensioni etnico-sociali rende estremamente precaria la stabilità interna di quasi tutte le Repubbliche ex Jugoslave, con ripercussioni nel settori politico-istituzionale, economico e militare.
Nell'area mediterranea, l'incremento dell'attività degli estremisti islamici costituisce una concreta minaccia per gli assetti politici locali. Analoghe situazioni potrebbero svilupparsi in America Latina e nel Sud Est asiatico. Numerosi indizi fanno rilevare connessioni tra elementi della militanza islamica radicale ed ambienti della criminalità organizzata, specie nei settori del traffico di stupefacenti, del riciclaggio, della falsificazione di valuta e del contrabbando di armi.
In Medio Oriente, il prolungato stallo negoziale del processo di pace arabo-israeliano sta favorendo la penetrazione politico-ideologica da parte degli Stati oltranzisti nei confronti dei Paesi politicamente instabili.
Nella Federazione Russa permangono fattori d'instabilità derivanti dall'incertezza sulle effettive capacità di recupero del Presidente Eltsin e dalla possibilità che la crisi cecena rafforzi le spinte indipendentiste, specie nel Caucaso. Effetti negativi sugli sviluppi della situazione russa derivano anche dalle tensioni regionali presenti in alcune Repubbliche della Comunità degli Stati indipendenti (CSI) a causa dell'involuzione autoritaria del rispettivi governi e della guerra civile in corso in Tagikistan.
Nel Corno d'Africa, nonostante il susseguirsi di iniziative diplomatiche, il quadro di sicurezza resta molto precario, mentre nella cosiddetta Regione dei Grandi Laghi la situazione si è ulteriormente aggravata e tra la popolazione dello Zaire si stanno diffondendo sentimenti antioccidentali per il mancato invio della Forza multinazionale.

2. Valutazione del rischi connessi con:

a. sicurezza militare
Nella ex Jugoslavia
, nonostante la firma di accordi di normalizzazione delle relazioni bilaterali, culminati con il reciproco riconoscimento degli Stati nati dalla dissoluzione della Repubblica Socialista Federativa Jugoslava (RSFJ), si rileva una situazione di perdurante instabilità. Questa, oltre ad essere alimentata dalla mancata definizione dei contenziosi territoriali e dalla spartizione dell'eredità politica e dei beni della RSFJ, rischia di estendersi ulteriormente a causa della grave crisi politica innescatasi a Belgrado.
In Bosnia Erzegovina, accanto ad un sostanziale rispetto delle clausole militari previste dagli accordi di Dayton Parigi, si rileva una generalizzata resistenza alla piena attuazione di quelle civili. Perdurano, infatti, attriti interetnici. favoriti dal rafforzamento dei partiti nazionalisti dopo le elezioni presidenziali, politiche e cantonali di settembre. Sono presenti anche rischi connessi alla crescente influenza dei fondamentalisti islamici, alla mancata consegna dei criminali di guerra e al programma internazionale di riarmo delle Forze Armate della Federazione Croato-Musulmana, percepito dai serbo-bosniaci come un tentativo di rafforzamento della parte avversa.
In Croazia, permangono divergenze con i serbo-croati in merito alla reintegrazione delle regioni orientali sotto la sovranità di Zagabria. Inoltre, le precarie condizioni di salute del Presidente Tudjman rischiano di alimentare la lotta politica all'interno del partito di governo, nel quale un eventuale rafforzamento dell'ala radicale potrebbe comportare una revisione dell'atteggiamento sui contenziosi in atto, ivi compreso quello sulla penisola di Prevlaka, il cui controllo riveste prioritaria rilevanza strategica per i serbo-montenegrini.
Nella Repubblica Federale Jugoslava, le imponenti manifestazioni di protesta dopo l'annullamento delle elezioni amministrative in importanti città della Serbia, continuano ad essere alimentate anche dalla precaria congiuntura economica. Si registrano, inoltre, mire autonomistiche nel Montenegro e nella provincia del Kossovo, nonché crescenti segnali anche in Vojvodina, di opposizione alla politica accentratrice delle autorità serbo-federali.
Si valuta che l'aspirazione popolare alla completa democratizzazione del Paese non sia reprimibile a lungo, anche se la dirigenza di Belgrado non sembra disposta a cedere il potere. Ne potrebbe derivare un prolungato periodo d'instabilità politica, suscettibile di favorire il rafforzamento delle fazioni ultranazionaliste e di incidere negativamente sul processo di normalizzazione dell'intera regione balcanica.
Nella Repubblica ex Jugoslavia di Macedonia, la situazione interna appare ancora condizionata dalle rivendicazioni delle diverse etnie, specie albanese e serba, attorno alle quali si coagulano le frange più radicali.
In Albania si registra un allentamento delle tensioni tra le forze politiche, dopo il regolare svolgimento delle ultime elezioni amministrative. Peraltro, a causa delle condizioni economiche tuttora critiche permangono i rischi di nuovi flussi migratori verso Paesi limitrofi.
Nell'area nordafricana, l'estremismo islamico ha confemato la sua pericolosità soprattutto in Algeria e in Egitto, con crescenti riflessi sulla stabilità della Libia, dove il protrarsi del regime sanzionatorio e il deterioramento della situazione socio-economica potrebbero contribuire alla destabilizzazione del Paese. Ciò determinerebbe un mutamento del quadro strategico della regione, con immediate incidenze sulla sicurezza dei flussi energetici. Ulteriori rischi derivano dai programmi proliferazione delle armi di distruzione di massa che continuano a rappresentare l'obiettivo prioritario di alcuni Paesi dell'area.
In Algeria, il Presidente Zeroual intende perseguire la realizzazione del progetto di rinnovamento politico-istituzionale, escludendo dal dialogo i gruppi accusati di appoggiare gli estremisti. Dopo la modifica della legge elettorale, é stata promossa la «Conferenza per la riconciliazione nazionale», intesa a sancire i principi ai quali deve conformarsi l'attività delle forze politiche (rifiuto della violenza e accettazione del pluralismo politico, nel rispetto degli elementi essenziali dell'identità araba). Il 28 novembre ha avuto luogo un referendum costituzionale che ha rafforzato i poteri presidenziali e reso illegali i partiti politici a base confessionale, i quali non potranno, pertanto, partecipare alle elezioni legislative del 1997. In tale contesto, sono prevedibili forti contrasti con le forze di opposizione e ulteriori attentati ad opera di gruppi armati, anche contro obiettivi stranieri sia all'interno del Paese sia all'estero.
L'Egitto, che svolge un ruolo di particolare rilievo per la stabilità regionale e per lo sviluppo del processo di pace arabo-israeliano, sta affrontando, con relativo successo, seri problemi di natura economico-sociale, che costituiscono un terreno fertile per la diffusione del radicalismo islamico. Nel confronti di tale fenomeno. le autorità egiziane hanno inteso operare con grande determinazione, promuovendo, da un lato, campagne repressive nei confronti dei militanti islamici, dall'altro, assumendo il controllo dei centri di culto e favorendo un'evoluzione ideologica volta a conciliare i principi tradizionali dell'Islam con le esigenze di una società più aperta. In ambito regionale, il governo ha rilasciato un'intensa attività diplomatica, anche se permangono forti tensioni con il Sudan.
In Medio Oriente, il quadro d'instabilità regionale, caratterizzato dallo stallo del processo di pace, é alimentato dalle ricorrenti crisi irachene, dai crescenti problemi interni dei Paesi arabi moderati e, soprattutto. dalle ingerenze degli Stati che nell'area sono attestati sulle posizioni più oltranziste. L'assenza di significativi progressi nelle trattative arabo-israeliane ha indotto i Paesi arabi a riesaminare il proprio atteggiamento verso Israele, rallentando la distensione seguita ai primi successi negoziali con il Governo Rabin. In campo israeliano, le scelte dell'attuale Primo Ministro continuano ad essere condizionate dagli ambienti nazionalisti e oltranzisti ebraici. Infatti, l'attuale componente maggioritaria del governo israeliano mantiene una linea politica contraria a concessioni territoriali nel confronti dei più diretti interlocutori. Il negoziato con la Siria per il ritiro israeliano dalle alture del Golan non ha fatto alcun progresso, mentre nella zona hanno avuto luogo significative esercitazioni militari di entrambi i Paesi. Crescenti movimenti di forze militari siriane si sono registrati. altresì, in territorio libanese, con il rischio di favorire le iniziative antiebraiche della guerriglia islamica locale e le prevedibili azioni di ritorsione da parte di Israele.
Particolarmente tesi rimangono i rapporti tra israeliani e palestinesi, dopo gli incidenti del 25 e 26 settembre che hanno provocato oltre 60 morti e un migliaio di feriti, a seguito della decisione israeliana di aprire l'antico passaggio nei pressi della spianata delle Moschee di Gerusalemme est. Il rinvio del ritiro delle truppe israeliane da Hebron, la ripresa degli insediamenti colonici in Cisgiordania, la richiesta di ulteriori condizioni, da parte israeliana. per ottemperare agli impegni assunti, stanno facendo sorgere nei palestinesi il timore che l'attuale governo israeliano miri, di fatto, alla revisione degli accordi stipulati. La mancanza di concreti risultati provocherebbe seri problemi per l'Autorità Palestinese, che, peraltro, deve già fare fronte alla difficile situazione economica del territori amministrati ed alle iniziative dei settori radicali ostili al processo di pace. Considerato che le questioni più controverse del negoziato - problema di Gerusalemme e status definitivo dei Territori - devono ancora essere affrontate, si ritiene molto elevato il rischio che qualche incidente possa provocare un improvviso innalzamento della tensione.
In un ambito regionale più ampio, la ripresa della conflittualità nel Kurdistan iracheno ha provocato la reazione militare statunitense che. seppur contenuta. ha determinato dissensi nell'ambito degli stessi Paesi della coalizione antirachena. Contestualmente, il governo di Baghdad è riuscito ad ottenere l'appoggio della comunità internazionale per il mantenimento dell'integrità territoriale del Paese e un'attenuazione delle sanzioni ONU («Oil for Food»). Nonostante l'attentato di dicembre contro il figlio di Saddam Hussein, gli attuali equilibri all'interno del potere iracheno non appaiono mutati, anche se la dissidenza di fede sciita sembra ora in grado di sviluppare una più incisiva attività antiregime.
Un ulteriore fattore di tensione deriva dalla politica di Teheran, ritenuta da molti osservatori una minaccia alla sicurezza internazionale. Tali timori sono stati alla base del disegno di legge approvato dalla Camera dei Rappresentanti USA, che prevede l'applicazione di sanzioni economiche nel confronti di ditte che intrattengono rapporti economici con l'Iran. Nel medio periodo, è prevedibile che si acuisca la crisi nei rapporti tra i due Paesi.
Nella Federazione russa la situazione appare caratterizzata da notevole incertezza, connessa ai contrasti esistenti all'interno della dirigenza politica e alle precarie condizioni economiche che hanno inasprito il clima sociale, alimentando tensioni nelle classi lavoratrici e, in misura crescente, nei quadri militari.
La crisi cecena appare in lenta ma graduale risoluzione, dopo la firma di un'intesa che regolerà i rapporti tra Mosca e Grozny fino alle elezioni presidenziali e politiche di gennaio 1997. Particolari timori destano, tuttavia, l'attività di gruppi armati sfuggiti al controllo delle autorità secessioniste e la possibilità che le vicende cecene rafforzino le spinte separatiste, specie nell'area del Caucaso. In tale regione, infatti, le dirigenze delle Repubbliche autonome, a connotazione monoetnica, stanno indirizzando la loro azione politica verso il conseguimento della piena indipendenza.
Mosca, inoltre, segue con particolare attenzione la crisi afghana per i possibili riflessi destabilizzanti negli Stati ex sovietici nell'Asia centrale e, soprattutto, in Tagikistan. Difatti, un'ulteriore diffusione dell'integralismo religioso tra le popolazioni musulmane dell'area potrebbe minare la tenuta dei governi locali.
Sul piano diplomatico, si evidenzia un crescente dinamismo volto a rilanciare il ruolo di potenza della Russia nel contesto internazionale. Mosca intende rafforzare l'influenza sui Paesi della regione e rivitalizzare la Comunità degli Stati Indipendenti mediante l'ampliamento delle collaborazioni bilaterali, incluso il settore militare, anche per contrastare l'allargamento ad Est della Nato.
Nel Corno d'Africa sussistono notevoli fattori d'instabilità, causati dalla difficile situazione economica, dalla crescente diffusione dell'estremismo islamico e dalla conflittualità a forte connotazione tribale.
In Somalia, l'assenza di una riconosciuta autorità statale ha favorito il riarmo delle fazioni, l'inasprimento degli scontri e il deterioramento delle condizioni di sicurezza, con costante pericolo per gli operatori delle organizzazioni umanitarie. Le tradizionali resistenze dei capi dei principali movimenti ad accettare soluzioni negoziali, considerate limitative degli interessi personali e clanici, continuano ad ostacolare le iniziative di pacificazione a livello regionale ed internazionale. Tale situazione potrebbe favorire il rafforzamento del fondamentalisti islamici e l'ingerenza dei Paesi interessati a mantenere focolai d'instabilità per aumentare la propria influenza nell'area.
In Africa centrale, la cosiddetta Regione dei Grandi Laghi è interessata da una persistente conflittualità interetnica, aggravata dal problema del rientro nei Paesi d'origine dei profughi ruandesi e burundesi, già rifugiatisi in Zaire, Uganda e Tanzania. In Zaire la tensione è suscettibile di ulteriore peggioramento per l'ampliamento della zona controllata dai ribelli, a cui potrebbe conseguire la disgregazione del Paese, con il coinvolgimento nel conflitto di tutta l'area centroafricana.
L'evoluzione della crisi viene seguita con particolare attenzione, per monitorare le situazioni di pericolo nelle quali potrebbero essere coinvolti connazionali appartenenti a organizzazioni umanitarie o a comunità religiose.

b. spionaggio
Si confermano i tentativi già evidenziati nella precedente relazione semestrale, dei Servizi d'informazione di alcuni Paesi dell'Est di ampliare l'attività di ricerca nei settori delle tecnologie avanzate, dell'informatica e delle telecomunicazioni, mediante il frequente ricorso alla copertura offerta da imprese commerciali, da società finanziarie e da istituti bancari, agevolmente utilizzabili nella ricerca illegale di informazioni sensibili.
Nel quadro dell'azione di contrasto, è stato possibile rilevare che i Servizi di un Paese dell'ex-Jugoslavia hanno alimentato significativamente la loro attività, soprattutto nel Nord Est dell'Italia, non limitandosi alla ricerca informativa di carattere politico-economico, ma ricorrendo anche ad azioni di disinformazione e di propaganda, nonché a tecniche «di disturbo», rivolte contro nostri connazionali all'estero. È stato evidenziato che i Servizi di un altro Paese dell'area balcanica hanno recentemente posto attenzione al nostro territorio e, in particolare, alla parte che ospita una consistente colonia di loro conterranei. L'azione è finalizzata alla ricerca e all'individuazione di fuoriusciti dissidenti che risultano già oggetto di intimidazioni suscettibili, in prospettiva, di evolvere in atti violenti.
Si è rilevato, poi, che alcuni governi di Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa impiegano i Servizi per il controllo dei propri dissidenti e per l'acquisizione di sostanze altamente tossiche, utilizzabili anche in campo militare, o di materiali soggetti a restrizioni per l'esportazione. I Servizi di un Paese mediorientale sono costantemente impegnati a penetrare ambienti d'interesse, facendo leva anche sulla conversione religiosa per reclutare soggetti potenzialmente utili. È risultato, inoltre, che la ricerca informativa di tali Servizi è precipuamente orientata verso i sistemi d'arma, l'attività addestrativa e la documentazione tecnico-operativa delle nostre Forze Armate. Da ultimo, è emerso, ed è tuttora in via di approfondimento, l'impegno dei Servizi di un Paese sottoposto ad embargo, nella programmazione di azioni ritorsive, anche di tipo terroristico.
Dall'analisi dei risultati dell'attività di controspionaggio degli ultimi cinque anni, rappresentati nel grafico, emerge che, nonostante la fine della «guerra fredda», l'attività di spionaggio svolta nei confronti dell'Italia si mantiene molto elevata. Si é assistito, in realtà, ad una continua diversificazione della copertura degli agenti informativi stranieri e all'ampliamento dei relativi campi di ricerca.


Nel complesso si è registrato un aumento delle attività d'ingerenza, penetrazione ed informazione che i nostri Servizi sono chiamati a fronteggiare, peraltro condotte con metodologie sempre più sofisticate ed insidiose. La minaccia spionistica, oltre a servirsi di tecnologie avanzate, sta progressivamente assumendo connotazioni di globalità, attraverso le interconnessioni con taluni movimenti estremisti e la criminalità organizzata transnazionale. Nel corso del semestre in esame, l'attività di contrasto ha portato all'identificazione di 87 agenti stranieri, di cui 4 attivi in Italia, nonché di un connazionale sospettato di attività spionistica a favore di un Paese straniero.

c. terrorismo internazionale
Il terrorismo internazionale ha registrato una recrudescenza dovuta ad istanze di natura religioso-nazionalista, etnica e socio-economica, interessando principalmente un'area nel cui punto focale è situata l'Italia.


Dall'inizio degli anni 90, i gruppi terroristici islamici possono contare anche sulla crescente presenza, nelle aree di crisi, di ex combattenti in Afghanistan che, rientrati nei Paesi di origine dopo il ritiro delle forze sovietiche, sono confluiti, in gran parte, nella militanza radicale integralista e nella criminalità.
Grazie alle elevate capacità professionali acquisite, alla forte motivazione ideologica e al consistente e diversificato sostegno finanziario di cui dispongono, i veterani islamici forniscono un prezioso contributo alle formazioni terroristiche. che operano soprattutto dove sono più forti gli squilibri socio-economici.
In Medio Oriente, segnatamente in Israele, le attività dei gruppi radicali islamici sono state contenute grazie all'azione congiunta delle forze di sicurezza palestinese ed israeliana. Si è ridotto, nel frattempo, il sostegno della popolazione palestinese ai gruppi estremisti, tenuto conto che gli attentati hanno favorito la sconfitta dei partiti politici israeliani moderati, con il conseguente rallentamento del processo di pace. L'esistenza di importanti settori islamico-palestinesi, tuttora attestati su posizioni di intransigenza, rende comunque possibile la realizzazione di iniziative terroristiche anche al di fuori di Israele.
In Europa, l'attività terroristica dei radicali islamici, che accusano Parigi di sostenere il governo del Presidente algerino Zeroual, ha avuto gravi ripercussioni in territorio francese.
In generale, si può rilevare che, finora, l'attività dei militanti islamici negli altri Paesi europei sia consistita soprattutto nel rifornimento di armi, denaro e documenti falsi da inviare alle organizzazioni nei Paesi di provenienza. L'Europa ha costituito sin qui una sorta di «retrovia logistica» alla luce di una linea strategica, secondo cui gli integralisti non avrebbero interesse a promuovere atti che, provocando la reazione delle autorità dei Paesi europei, comporterebbero una limitazione delle loro attività.
Pur tuttavia, l'arresto di esponenti di spicco dei movimenti oltranzisti islamici e la loro eventuale estradizione rientrano tra le cause che possono indurre tali movimenti ad effettuare azioni terroristiche contro i Paesi maggiormente impegnati nell'azione di contrasto.
Per quanto concerne il terrorismo di matrice etnica, è proseguita l'offensiva dell'ETA, che ha indirizzato la propria azione contro personale militare e delle Forze dell'ordine, strutture turistico-alberghiere in Andalusia e Catalogna nonché contro interessi francesi in Spagna, quale ritorsione per l'aumentata cooperazione tra gli apparati di sicurezza di Parigi e di Madrid. Nel Regno Unito, si é assistito ad una ripresa dell'attività terroristica dell'Esercito Rivoluzionario Repubblicano Irlandese (PIRA), che sembra preludere ad una «escalation» delle operazioni soprattutto contro le Forze Armate britanniche in Irlanda del Nord.
Circa l'attività del movimento curdo, in Turchia è proseguita la forte pressione militare nei confronti della guerriglia che, dal canto suo, ha reagito anche con azioni suicide. In mancanza di soluzioni politiche, è prevedibile che il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) prosegua le attività di guerriglia e le iniziative politiche in Europa, nelle quali s'inquadrano, tra l'altro, i lavori del cosiddetto Parlamento curdo in esilio, giunto alla sua 5^ sessione.
Un eclatante esempio di estremismo politico, connesso a rivendicazioni di tipo socio-economico, è costituito dal ritorno sulla scena internazionale di movimenti eversivi peruviani, uno dei quali si è reso responsabile, il 17 dicembre, a Lima, del sequestro di centinaia di persone, al fine di ottenere la scarcerazione del militanti del movimento, detenuti anche in altri Paesi.
Si valuta che gli eventi che si stanno attualmente verificando in campo internazionale possano costituire un polo catalizzatore per le attività terroristiche di gruppi estremisti di varia matrice. In particolare, la natura transnazionale dell'estremismo islamico e la sua provata propensione alla violenza costituiscono una reale minaccia soprattutto per i Paesi occidentali. Ciò rappresenta il pericolo maggiore, anche perché i gruppi terroristici, grazie a cospicui finanziamenti, riescono a mantenere elevate le proprie capacità operative, sfruttando tempestivamente i progressi tecnologici e anticipando, a volte, le contromisure degli Organismi di sicurezza.

3. Traffico di armamenti e di tecnologie avanzate, proliferazione di armi di distruzione di massa

Evidenze informative confermano il perdurare della ricerca di mercati europei da parte di trafficanti e faccendieri di varie nazionalità. per la commercializzazione di armamenti e di materiale sensibile provenienti dai Paesi dell'Est europeo. A tale riguardo, l'attività svolta dai Servizi ha consentito l'arresto di un connazionale e di due cittadini portoghesi coinvolti in un traffico di materiale sensibile.
Per quanto concerne, più specificatamente, l'attività informativa volta ad individuare i programmi di acquisizione di materiale militare, perseguiti da Paesi «a rischio», sono state riscontrate:
* operazioni occulte poste in essere da ambienti vicini al governo di un Paese dell'ex-Jugoslavia, finalizzate al reperimento di armamenti. Le transazioni verrebbero condotte da una società di copertura, mediante triangolazioni con Paesi compiacenti.
* ricerche promosse da un Paese mediorientale nel settore degli esplosivi per acquisire tecnologie e materie prime per la loro produzione.
La costante attenzione nei confronti dei Paesi sottoposti ad embargo ONU ha permesso d'individuare, fra l'altro, le metodologie adottate da uno Stato mediorientale per reperire le merci soggette a restrizioni e i nuovi canali di approvvigionamento utilizzati da un governo africano in campo aeronautico. Società di quest'ultimo Paese avrebbero, altresì, tentato di reperire materiali ed attrezzature tecniche da destinare ai settori militare e petrolifero.
Nel campo della proliferazione delle armi chimiche, biologiche e nucleari e dei vettori ad esse associati, sono stati acquisiti importanti clementi informativi e di conferma sui programmi chimici e sui relativi siti in costruzione di un Paese nordafricano, particolarmente impegnato a reperire - anche sul territorio nazionale - precursori e materiale tecnico da destinare allo sviluppo del settore. Nei confronti del medesimo Paese sono stati, contestualmente, accertati i risultati conseguiti in campo missilistico. Si valuta che la limitata preparazione del personale e l'inadeguatezza tecnico-scientifica delle strutture impiegate indurrà tale Stato a ricercare ancora all'estero «know-how» e tecnologie.
Prosegue intensa l'attività di ricerca informativa verso l'area balcanica per accertare l'esistenza di programmi di proliferazione e per meglio definire i rapporti di collaborazione stabiliti tra i nuovi Stati e Paesi terzi, finalizzati alla realizzazione congiunta di alcuni progetti strategici. Prioritario interesse è attribuito alla cooperazione militare che va instaurandosi fra un Paese della regione e uno Stato africano, soprattutto nel settore missilistico.
In tale campo, alcuni Paesi stanno esaminando la possibilità di modificare sistemi contraerei a lungo raggio, per impiegarli verso obiettivi terrestri, nonché di sviluppare missili da crociera, anche se di tipo non sofisticato. Si presume che, in una fase successiva, il loro interesse sarà concentrato sia sullo sviluppo di sistemi missilistici a più lunga gittata, aventi maggiore carico utile e migliore precisione, sia sull'acquisizione delle conoscenze necessarie per l'impiego di propellenti solidi, di materiali compositi e di sistemi di guida avanzati.
Nel settore chimico, a medio-lungo termine, alcuni Stati tenteranno di impadronirsi delle capacità necessarie alla produzione di aggressivi letali, recentemente sviluppati da un Paese dell'Est europeo.
Nell'ambito dell'azione di contrasto alle attività di proliferazione chimica e missilistica, sono stati forniti importanti contributi informativi in sede di riunioni internazionali del «Gruppo Australia» e del «Missile Technology Control Regime».
L'azione dei Servizi in direzione del controllo delle esportazioni italiane verso aree «a rischio» ha consentito di bloccare forniture sospette, destinate presumibilmente allo sviluppo di programmi chimici di due Paesi mediorientali, e numerose transazioni di un prodotto che potrebbe essere impiegato nel settore nucleare. In quest'ultimo settore, due Stati dell'area mediorientale potrebbero acquisire, nel medio-lungo periodo, la capacità di produrre ordigni nucleari.


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