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Doc. XXIII n. 60


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DOCUMENTO SULLO SMALTIMENTO DEGLI SCARTI DA MACELLAZIONE E DELLE FARINE ANIMALI

(PRIME INDAGINI E RIFLESSIONI SULL'ATTUALE SISTEMA NORMATIVO E SUL FUNZIONAMENTO DEL MERCATO).

(relatore: Presidente Massimo Scalia)


1. Premessa: il quadro normativo e gli organi di controllo.

Le problematiche connesse al manifestarsi, in alcuni Paesi europei, del fenomeno noto come «mucca pazza» hanno comportato l'adozione di numerosi provvedimenti sia a livello comunitario che nazionale. Questi hanno riguardato tutti gli aspetti di tutela della salute, a partire dall'attività di prevenzione fino alle garanzie per il consumatore ed alle modalità per il trattamento dei rifiuti a rischio, nonché la previsione di una serie di attività di controllo relative all'immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale destinati a fini diversi dal consumo umano.
La forte preoccupazione per la diffusività della malattia dei bovini ha investito delicati aspetti di tutela del bene primario della salute collettiva, ma ha avuto altresì ripercussioni non trascurabili sull'andamento economico di un intero settore. Vanno considerate, infatti, le forti ricadute che l'emergenza BSE ha determinato nel mercato italiano ed europeo delle carni e prodotti derivati e, dunque, l'avvertita necessità, da parte della comunità, di ripristinare la fiducia dei consumatori nella qualità delle carni bovine e dei derivati.
Nell'ambito di una tematica così complessa, la Commissione ha ritenuto suo compito approfondire, in questo scorcio di legislatura, gli aspetti dell'emergenza BSE che attengono più specificamente allo smaltimento degli scarti da macellazione e delle farine animali. A tal fine ha avviato una serie di attività conoscitive su un campione di stabilimenti di macellazione, impianti di pretrattamento ed inceneritori, che consentissero di ricostruire l'intera filiera carni e derivati.
Scopo del lavoro è offrire i dati e le valutazioni di una prima analisi che, se pure non completa, per la qualità degli impianti presi in considerazione, il tipo di lavorazioni effettuate ed i prodotti ottenuti è comunque - come vedremo - rappresentativa del panorama nazionale circa le modalità di smaltimento degli scarti da macellazione e delle farine animali, nonché delle problematiche che agitano il settore.

1.1 Il quadro normativo.

La normativa italiana - di ricezione delle direttive comunitarie - è costituita da disposizioni specifiche, relative alla lotta contro l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), e da disposizioni di carattere


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più generale che riguardano il controllo sulla produzione, macellazione e smaltimento degli animali e degli scarti di lavorazione.
Va ricordato che la BSE, in Italia, è stata inclusa tra le malattie infettive e diffusive degli animali con ordinanza ministeriale 10 maggio 1991 (1) ed il successivo decreto legislativo n.508/1992 (2) ha introdotto le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale, nonché la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti di origine animale.
È seguita l'emanazione di una ricca normativa più specifica relativa sia ai profili sanitari e di polizia veterinaria, che all'immissione sul mercato di tali rifiuti ed alle modalità di esercizio delle attività di stoccaggio, trasporto e pretrattamento degli animali e delle carni; ciò soprattutto a partire dal 1996, in relazione alla scoperta della probabile trasmissione della BSE attraverso le farine di carne incorporate nei mangimi.
Basta citare di seguito: il decreto legge n.429 del 1996, convertito nella legge n.532/1996, che ha disposto una serie di misure per far fronte all'insorgenza della malattia negli animali ed ha istituito il certificato di garanzia della carne bovina; i decreti ministeriali 29 gennaio 1997 e 7 gennaio 2000 (3), che hanno, rispettivamente, introdotto un'unità operativa d'intervento presso il centro di referenza nazionale delle encefalopatie degli animali - operante in stretta collaborazione con il dipartimento alimenti, nutrizione e sanità pubblica veterinaria del Ministero della sanità e con l'Istituto superiore di sanità - ed appositi controlli sanitari, da attuarsi attraverso un sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica, che si avvale dei servizi veterinari delle aziende ASL; l'ordinanza ministeriale 15 giugno 1998 (4), che ha eliminato dal consumo umano ed animale il materiale specifico a rischio ottenuto da animali della specie bovina, ovina e caprina proveniente da alcuni Stati membri dell'Unione europea in cui veniva già adottato il sistema di sorveglianza contro la BSE.
Sotto il profilo di più stretto interesse per l'indagine della Commissione, relativo all'immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale ed al loro sistema di smaltimento, vanno ricordati: il decreto 15 maggio 1993, sulla determinazione dei sistemi di trattamento dei materiali ad alto rischio, e la circolare esplicativa n.22 del 1993 del Ministero della sanità; il decreto interministeriale 26 marzo 1994 (5) e la circolare applicativa n.25 del 1994 del Ministero della sanità, sulle procedure per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti di origine animale.
Vale rammentare che nel 1997 - a seguito della comparsa nel Regno Unito di una variante della malattia Creutzfeldt-Jacob, per la quale non poteva escludersi una connessione con la comparsa della versione animale della BSE - la Commissione europea individuava la categoria del materiale specifico a rischio, vietandone qualsiasi

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impiego; tale decisione, mai applicata, è stata abrogata dalla successiva decisione 2000/418/Ce, che ha fornito la definizione del materiale specifico a rischio e ne ha disciplinato l'impiego. Tale decisione è stata tempestivamente recepita dallo Stato italiano con il decreto ministeriale 29 settembre 2000 del Ministero della sanità, che definisce le modalità per la rimozione, lo stoccaggio e la distruzione del materiale specifico a rischio, individuato nei tessuti animali, nell'intero corpo degli animali morti o abbattuti della specie bovina di età superiore ai dodici mesi e delle specie ovina e caprina di qualunque età ed in qualsiasi prodotto derivato od ottenuto dai predetti materiali (6).
Ulteriori disposizioni sono state introdotte con l'ordinanza ministeriale 13 novembre 2000 (7), la quale - tenuto conto delle difficoltà di reperire in tempi brevi impianti di incenerimento - prevede un allegato tecnico elaborato dal Ministero dell'ambiente, al fine del recupero energetico in impianti di coincenerimento.
Quest'ultima ordinanza però - come il sottosegretario alla sanità ha rappresentato alla Commissione (8) - ha riscontrato una serie di difficoltà applicative proprio per i requisiti tecnici previsti nell'allegato, ritenuti non applicabili, tanto da creare una situazione di emergenza sanitaria per l'impossibilità di smaltimento del materiale specifico a rischio, sia tal quale che trattato. Si è infatti determinato uno stoccaggio eccessivo di materiale specifico a rischio fresco e pretrattato negli impianti di pretrattamento, nei macelli e depositi, fino a rendere necessaria, in alcuni casi, la loro chiusura nonché la chiusura dei mattatoi.
A fronteggiare la situazione d'emergenza è intervenuta l'ordinanza ministeriale 3 gennaio 2001 (9) che, in particolare, ha fatto obbligo ai titolari degli impianti d'incenerimento di accettare, ai fini della distruzione: il materiale specifico a rischio sia tal quale che trattato; le farine provenienti dalla trasformazione del materiale ad alto rischio come definito dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 508/1992, oggetto dell'ordinanza del Ministero della sanità 17 novembre 2000, che, peraltro, ha posto il divieto di somministrazione delle proteine animali agli erbivori.
Ancora: con il decreto legge n.1/2001 è stato ribadito l'obbligo di incenerimento o coincenerimento, prevedendo indennità ed agevolazioni per i soggetti che lo assicurino, ed è stata altresì definita la procedura relativa all'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali ottenute dal materiale a basso rischio, cui deve provvedere l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura.
Da ultimo, il recentissimo decreto legge 14 febbraio 2001 n. 8, oltre a misure di sostegno ed agevolazioni per gli operatori del settore, ha disposto l'incenerimento o coincenerimento anche delle proteine animali ottenute dal materiale a basso rischio finora destinate all'ammasso pubblico, affidando alla citata Agenzia il compito di predisporre a tale scopo uno specifico programma operativo.


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La destabilizzazione provocata nel mercato delle carni dalla comparsa della BSE ha, poi, indotto le autorità comunitarie all'adozione - a partire dal 1997 - di una serie di misure finalizzate a ripristinare la fiducia dei consumatori nella qualità delle carni bovine consumate. In particolare, è stato introdotto un sistema per l'etichettatura delle carni e dei prodotti a base di carne con l'indicazione di alcune informazioni relative al macello ed al laboratorio di sezionamento delle carcasse; è stata altresì istituita l'anagrafe zootecnica bovina, dove vanno a confluire tutte le informazioni sugli animali.
Il sistema, inizialmente su base volontaria, è divenuto obbligatorio con il regolamento 1760/2000 Ce ed è entrato in vigore in Italia dall'1 settembre 2000; ulteriori informazioni sugli animali (come il luogo di nascita e di ingrasso, di allevamento e macello, nonché le varie fasi di lavorazione delle carni ottenute) diverranno obbligatorie dal primo gennaio 2002, così concorrendo a realizzare quell'esigenza di garantire la rintracciabilità dell'origine del prodotto carne e del suo intero ciclo produttivo di cui si è detto, che è posta a garanzia della sua stessa qualità di fronte al consumatore.

1.2 Le sanzioni - In particolare, le sanzioni per le attività di raccolta e trasformazione degli scarti da macellazione e delle farine animali.

Quanto esposto sulla disciplina di prevenzione dettata dall'emergenza BSE e - come vedremo - la previsione di controlli incrociati a garanzia della sicurezza alimentare, dimostra come la Comunità europea e gli Stati membri si siano trovati sottoposti a fortissime pressioni e alla necessità di organizzare la sicurezza alimentare, al fine di ristabilire la fiducia dei consumatori nella qualità delle carni bovine e dei prodotti derivati; al contempo, si continua a valutare e rafforzare l'adozione di misure in funzione dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche della malattia.
In tale direzione si muove anche il sistema delle sanzioni previste per le violazioni alla disciplina del settore. Infatti, al quadro sanzionatorio generale applicabile all'emergenza BSE, presente nel decreto legislativo n.508 del 1992, si sono andate via via aggiungendo o sostituendo sanzioni più rigorose e indirizzate alle varie categorie dei soggetti coinvolti nel ciclo produttivo delle carni bovine, tutte finalizzate a far meglio rispettare la normativa nell'intera filiera e garantire una maggiore trasparenza ai consumatori.
In particolare, per quanto riguarda le attività di raccolta e di trasformazione dei materiali a rischio che qui interessano, accanto alle sanzioni amministrative e di natura strettamente sanitaria, il decreto citato già prevedeva la misura dell'arresto sino a due anni o dell'ammenda sino a cento milioni nei confronti del soggetto che inizia l'attività di raccolta e trasformazione dei materiali ad alto rischio senza aver ottenuto il preventivo riconoscimento, ovvero con riconoscimento sospeso, rifiutato o revocato da parte della competente autorità.
L'arresto sino ad un anno o l'ammenda sino a un milione sono previste, invece, a carico di chi inizia l'attività di raccolta e trasformazione dei materiali a basso rischio. Anche chi effettua l'attività di


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raccolta e trasporto dei materiali a basso ed alto rischio, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinque milioni a trenta milioni, mentre sanzioni più basse sono dettate per i responsabili degli impianti che non effettuano controlli ed ispezioni nelle loro strutture.
Con il decreto del Ministero della sanità 29 settembre 2000, è stata altresì prevista per i contravventori la possibilità della chiusura temporanea degli impianti per un periodo massimo di sei mesi. Da ultimo, in armonia con il dettato comunitario, è intervenuto il decreto legge 14 febbraio 2001 n. 8, il quale - nell'ambito di una serie di interventi urgenti finalizzati a fronteggiare l'emergenza BSE - ha dettato misure più rigorose nel settore zootecnico, volte a colpire atteggiamenti fraudolenti e «furbeschi» lesivi o comunque pericolosi per la salute collettiva.
Esse vanno: dalle sanzioni amministrative pecuniarie previste per le attività di vendita o messa in commercio o, comunque, finalizzate alla distribuzione per il consumo delle carni e dei prodotti di carne bovina non rispondenti alle prescrizioni stabilite; alla revoca di eventuali contributi ed agevolazioni; alla sospensione dell'attività per un periodo da tre mesi a un anno (in caso di comportamenti reiterati); fino alla chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio, con impossibilità per il titolare di ottenere una nuova autorizzazione nei cinque anni successivi, previste per i fatti di particolare gravità da cui sia derivato un pericolo per la salute pubblica.
Il decreto in questione fa salve, naturalmente, le ipotesi in cui ricorra una fattispecie penale, come, per citare quelle più ricorrenti, il commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate o nocive (articoli 442-444 cp), la diffusione di una malattia delle piante o degli animali (articolo 500 cp), l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità (articolo 650 cp) ed altre ipotesi illecite di attività truffaldine.
Inoltre, secondo quanto riferito dal sottosegretario alla sanità dinanzi alla Commissione (10), in sede comunitaria è forte il dibattito sulla necessità di ripristinare le sanzioni penali in tutto il settore dei mangimi (11), dei farmaci utilizzati in zootecnia (12) e dei residui (13): settori che direttamente e maggiormente incidono sulle aspettative di tutela della salute pubblica.

1.3 Il sistema dei controlli e gli organi di controllo.

La normativa vigente contempla controlli sulla filiera carni affidati ad organi istituzionali diversi, a seconda che l'azione di controllo abbia finalità di tutela preventiva e repressiva della salute collettiva o del bene ambiente, ovvero di controllo e regolazione del sistema di mercato in funzione di quelle esigenze. Ciò purtroppo - come vedremo - ingenera spesso una confusione e sovrapposizione di ruoli


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e responsabilità dei soggetti, che intaccano la stessa efficienza ed efficacia dell'attività di controllo e finiscono, piuttosto, con l'agevolare la commissione delle violazioni.
Vi sono anzitutto i controlli sanitari e la sorveglianza epidemiologica della BSE, cui sono preposti da una parte i servizi veterinari, dipendenti dal Ministero della sanità, compresi quelli di confine, porto, aeroporto, e quelli per gli adempimenti degli obblighi comunitari; dall'altra, gli istituti zooprofilattici sperimentali, che operano nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.
In particolare, i servizi veterinari - i quali si avvalgono delle prestazioni e della collaborazione degli istituti zooprofilattici sperimentali - operano presso le aziende sanitarie locali o in ambiti più ampi, individuati dalla regione secondo la distribuzione e le attitudini produttive del settore delle carni e dei prodotti di origine animale in una determinata area.
È altresì compito delle regioni stabilire le modalità di raccordo funzionale tra i vari organi deputati al controllo e provvedere alla loro eventuale integrazione.
La disciplina dei controlli sanitari prevede che negli impianti di macellazione il veterinario ufficiale sia presente a tutte le operazioni di macellazione, mentre negli impianti di sezionamento il predetto garantisce il controllo sulla lavorazione delle carni e le condizioni di igiene generale dello stabilimento. Il riconoscimento di tali impianti è di competenza del Ministero della sanità, che ne accerta l'idoneità alle operazioni (14).
Norme specifiche regolano, poi, i controlli sugli scambi di animali e dei prodotti di origine animale, contemplando nel primo caso il controllo all'origine e nel luogo di destinazione; nel secondo, invece, i controlli sono effettuati al momento della produzione e presso il luogo di destinazione.
A tal fine animali e prodotti di origine animale devono essere accompagnati dai certificati sanitari e - ove siano destinati all'esportazione - dai documenti previsti nello Stato di destinazione (15). Appositi controlli sanitari sul rischio BSE sono stati di recente introdotti con il decreto del Ministero della sanità del 7 gennaio 2001 di cui si è già detto, attraverso l'istituzione del sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica.
Venendo al profilo più specifico dei controlli sugli scarti e sulle proteine animali ottenute dal processo di lavorazione (materiale specifico a rischio e materiale ad alto rischio), la legislazione d'emergenza ha previsto che i controlli sanitari presso i depositi temporanei ed i centri di trasformazione e/o distruzione vengano effettuati a cura, sempre, del servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale; mentre il Ministero della sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro mantengono compiti ispettivi. Anche alle regioni


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è attribuito un potere di sorveglianza e di controllo sulle predette attività (16).
Accanto ai controlli sanitari descritti, vi sono quelli posti a garanzia della correttezza delle lavorazioni e dei prodotti ottenuti, affidati all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, che può avvalersi del Corpo forestale dello Stato e del reparto speciale dell'Arma dei carabinieri per l'effettuazione di controlli sulle operazioni di stoccaggio ed incenerimento del materiale specifico a rischio e ad alto rischio (17).
A tal fine, è stato altresì istituito l'ufficio del commissario straordinario per il coordinamento dell'emergenza BSE, il quale può promuovere l'attivazione del potere di ordinanza presso i competenti organi dello Stato (le prefetture) anche in deroga alla normativa vigente, al fine di fronteggiare situazioni di eccezionale emergenza.
A questi controlli si aggiungono poi le varie forme di vigilanza e di controllo curate dal Corpo forestale dello Stato, dal reparto speciale dell'Arma dei carabinieri e dalle altre forze di polizia.
Ulteriori controlli sono diretti alla prevenzione e repressione delle violazioni nella preparazione e commercializzazione dei prodotti agro-alimentari e delle sostanze di uso agrario e forestale. Questi ultimi sono affidati all'Ispettorato centrale per la repressione delle frodi, dipendente dal Ministero delle politiche agricole e forestali.
Al fine proprio di garantire una maggiore efficienza delle strutture locali dell'Ispettorato, il legislatore dell'emergenza ha autorizzato il ministro delle politiche agricole e forestali alla razionalizzazione funzionale di tali unità locali, sì da garantirne una presenza capillare ed adeguata sul territorio nazionale (18).
Ebbene, accanto al descritto sistema di controlli incrociati, dovrebbero rimanere comunque di competenza delle strutture Arpa e delle asl locali le attività di controllo finalizzate, rispettivamente, alla prevenzione e repressione degli illeciti ambientali, nonché alla tutela della salute e delle condizioni di lavoro negli stabilimenti, che, però, sono superati dal carattere di specialità della disciplina d'emergenza nel settore.
È evidente come tale situazione di complicato intreccio e, talvolta, sovrapposizione di organi tutori crei - analogamente a quanto avviene in altri settori dell'attività amministrativa - confusioni e difficoltà nell'individuazione dei soggetti tenuti ad operare e delle loro responsabilità, in tal modo rischiando di compromettere le stesse finalità del sistema dei controlli in termini di efficienza ed efficacia dei medesimi.
Ad evitare ciò, la Commissione ritiene importante un riordino dell'intera materia e, soprattutto, la realizzazione di uno scambio continuo di informazioni e di un'azione mirata di coordinamento delle attività tra i vari soggetti istituzionalmente preposti ai controlli in questo settore.
In questa direzione si muove la bozza di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sanitarie relative ai


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sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, chiarendo il rapporto tra la direttiva sui rifiuti di origine animale e la direttiva quadro sui rifiuti, e collegandole tra loro. Per i sottoprodotti di origine animale, trasformati e non, sono previste, infatti, tre potenziali destinazioni: un'operazione di eliminazione dei rifiuti (ad esempio, messa in discarica, sotterramento o incenerimento); un'operazione di recupero dei rifiuti (ad esempio, coincenerimento); oppure l'immissione sul mercato (ad esempio, fusione con produzione di proteine animali trasformate e grassi fusi da utilizzare per mangimi, fertilizzanti o prodotti cosmetici o farmaceutici, alimenti per animali da compagnia, articoli di pelletteria, ecc.).
Ebbene, la proposta di regolamento prevede che un prodotto di origine animale destinato ad una delle suddette operazioni di eliminazione o di recupero sia considerato un rifiuto. I controlli di tali operazioni saranno pertanto finalizzati a garantire che i rifiuti siano eliminati o recuperati, in modo tale da conseguire gli obiettivi dell'articolo 4 della direttiva quadro sui rifiuti e da proteggere la salute umana e l'ambiente.
Il quadro normativo che si prospetta a livello comunitario avvalora la tesi - condivisa dalla Commissione - che la materia è assoggettata alla disciplina del decreto Ronchi, tranne in questa fase di emergenza (cioè fino al 31 dicembre 2001); in questo caso, infatti, vige il principio della normativa speciale d'emergenza che deroga alla norma generale (decreto Ronchi e successivi decreti ministeriali attuativi), trattandosi comunque di rifiuti di origine animale. Anche nell'attuale fase di emergenza rimangono, invece, soggette alla disciplina dettata dal decreto Ronchi le operazioni d'incenerimento dei rifiuti, con tutte le conseguenze che ne discendono in tema di autorizzazioni ed organi deputati ai controlli (Arpa, asl).

2. I lavori svolti dalla Commissione.

2.1 Premessa.

In questo complesso quadro - come anticipato - la Commissione ha ritenuto opportuno un approfondimento, anche alla luce delle più recenti disposizioni normative dell'emergenza BSE. A tal fine, ha avviato una serie di attività conoscitive, individuando alcuni stabilimenti di macellazione, gli impianti di pretrattamento autorizzati e taluni inceneritori che sono stati visitati da consulenti della Commissione nel periodo compreso tra il 24 gennaio ed il 9 febbraio 2001, con lo scopo di ricostruire l'intera filiera delle carni e dei prodotti derivati dalla carne, avendo particolare attenzione - in ragione dei suoi compiti istituzionali - alle attività di smaltimento degli scarti di lavorazione (materiale specifico a rischio).

2.2 Le audizioni.

La Commissione ha proceduto all'audizione del ministro per le politiche agricole e forestali, del sottosegretario di Stato alla sanità e


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del commissario straordinario per l'emergenza BSE, che hanno illustrato lo stato della normativa attuale e le principali difficoltà che incontra il mercato dei rifiuti di origine animale.
In particolare, i predetti hanno riferito degli interventi urgenti adottati di recente o da adottare secondo le indicazioni comunitarie, tutti finalizzati a minimizzare il rischio BSE ed a riconquistare la fiducia dei consumatori nella qualità della carne bovina e dei prodotti derivati; hanno altresì rappresentato alla Commissione le prospettive tecnologiche che possono assicurare lo smaltimento dei quantitativi di materiale specifico a rischio e ad alto rischio, prodotti in ambito nazionale
(19).
Sono stati anche sentiti i rappresentanti delle associazioni di categoria interessate, Assograssi e Assalzoo (20), ed il responsabile dell'Istituto superiore di sanità (21), al fine di conoscere gli interessi e le problematiche degli operatori del settore nell'attuale situazione di emergenza. I predetti hanno riferito alla Commissione in merito alle tecnologie disponibili per le attività di trasformazione e/o distruzione degli scarti da macellazione e delle farine animali, nonché in ordine alle effettive capacità aziendali di adeguamento alla normativa e di reazione alla crisi provocata dall'allarme BSE nel mercato.
Il 23 febbraio 2001, la Commissione ha ascoltato il presidente dell'Agea, nonché il direttore dell'Anpa (22), che hanno fornito alcuni dati relativi agli impianti d'incenerimento e coincenerimento esistenti sul territorio e dotati della tecnologia necessaria per la distruzione del materiale specifico a rischio e ad alto rischio, in condizioni di sicurezza per l'ambiente e la salute pubblica.
I predetti hanno, poi, riferito delle possibili alternative al sistema dell'incenerimento di tali materiali e sulla necessità di assicurare controlli mirati e costanti sulle strutture impiantistiche e sulla correttezza delle operazioni, in maniera analoga a quanto avviene in altre esperienze europee.

2.3 Le visite presso gli impianti.

Nel dettaglio, gli stabilimenti di macellazione oggetto di attenzione sono stati i seguenti: «Centro Carni» di Roma; «F.lli Schellino spa» di Formigliana (VC); «Consorzio Grossisti Industria e Commercio Carni scrl» di Torino; «Icam snc» di Grosseto; «InAlCa spa» di Castelvetro di Modena (MO); «Roda spa» di Pontevico (BS).
Gli impianti di pretrattamento presi in considerazione sono stati tutti quelli che ad oggi, secondo i dati in possesso della Commissione,


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risultano autorizzati dal competente Ministero della sanità a ricevere per il trattamento il materiale specifico a rischio e quello ad alto rischio come individuati dalla normativa vigente, e precisamente l'impianto «Petergrass» snc di Caivano (NA), «Imar» srl di Como, «Eco Rendering» srl di Fenegrò (CO), «Ml Lorenzin» srl di Galliera Veneta (PD), «Farm Service» srl di Reggio Emilia, «Salgaim Ecologic» spa di Morsano al Tagliamento (PN) ed «Agrolip Sarda» srl di Cagliari.
L'impianto di incenerimento visitato dai consulenti della Commissione è quello di Brescia, trattandosi dell'impianto dotato della tecnologia adeguata ad uno smaltimento corretto delle farine animali (circa 150 tonnellate al giorno), il quale - unitamente ad altro impianto similare esistente in Sardegna - risulta attualmente destinatario del materiale specifico a rischio trattato sul territorio nazionale.

2.3.1 Gli impianti di macellazione.

Il «Centro Carni» di Roma.

Il 24 gennaio 2001 alcuni consulenti della Commissione si sono recati presso lo stabilimento di macellazione del comune di Roma dove viene lavorato, per conto terzi, un ridotto quantitativo di capi bovini. Il «Centro Carni» assicura lo smaltimento degli scarti di macellazione, mediante incenerimento, presso l'impianto di Ponte Malmone di proprietà dell'«AMA» spa.
Le fasi di lavorazione sono le seguenti: le teste, le ghiandole ipofisarie, l'ileo, il pacco intestinale e il midollo spinale (materiale specifico a rischio) vengono colorati con inchiostro di colore blu ed inseriti in appositi contenitori di materiale plastico a chiusura ermetica (acquistati in loco dagli stessi allevatori) contraddistinti da una banda rossa trasversale, della capienza di circa 20-25 litri, su cui il veterinario annota il nome dell'allevamento di provenienza; il materiale di scarto, già sigillato all'interno dei contenitori, viene stoccato nell'apposita cella frigorifera, in attesa dell'invio allo smaltimento finale; i contenitori vengono successivamente caricati sui mezzi autorizzati, alla presenza del veterinario del servizio interno al macello, il quale attesta la corrispondenza tra il documento di trasporto e gli scarti di macellazione effettivamente caricati dal vettore; l'automezzo si reca direttamente all'inceneritore, preventivamente avvertito, dove il carico viene nuovamente controllato da altro veterinario incaricato della verifica; i contenitori vengono scaricati direttamente sul nastro convogliatore e avviati all'incenerimento; il prezzo, comprensivo di contenitori, trasporto e incenerimento finale, è di circa 2100 lire/kg iva inclusa.

L'«Inalca» spa di Castelvetro di Modena (MO).

Questo impianto, prima dell'allarme «mucca pazza», macellava per cinque giorni lavorativi settimanali circa 2200 capi di bestiame al giorno, di cui un terzo era rappresentato da razze bovine francesi.


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Attualmente la macellazione si è ridotta a soli 730 capi bovini al giorno, quindi con una riduzione dell'attività di circa il 65 per cento; il peso degli scarti di lavorazione (materiale specifico a rischio) ammonta a circa 40 kg per capo bovino, contro i precedenti 5/6 kg per animale.
Nel corso della visita i consulenti hanno rilevato che, a differenza del centro carni di Roma, presso questa azienda gli scarti di macellazione sono raccolti in cassoni custoditi presso una cella frigorifera adibita allo stoccaggio; giornalmente, i cassoni colmi degli scarti vengono raccolti da una società di trasporto conto terzi, la «Raccoglitori Mantovani» srl, incaricata di portare il carico presso il centro di pretrattamento; il materiale, così raccolto, viene certificato dal veterinario di turno che ne attesta il peso, l'origine e la pericolosità sanitaria.

Lo stabilimento «Roda» spa di Pontevico (BS).

L'attività alimentare della Roda spa ha un volume di affari che si aggira intorno ai 35 miliardi (è bene precisare che l'azienda si occupa di trasformazione e trasporto di energia elettrica, oltre che del commercio all'ingrosso di carni). Dal primo gennaio 2001 l'attività di macellazione delle carni bovine si è ridotta del 90 per cento circa.
La procedura di gestione del materiale specifico a rischio, che si è riscontrata, è la seguente:
teste, tonsille, midollo spinale vengono stoccate in una cella frigorifera; le teste sono riposte in ceste di plastica, il resto in buste trasparenti di nylon. Tutti i prodotti descritti vengono colorati con inchiostro indelebile;
gli intestini sono riposti in ceste di plastica nel piazzale antistante la «tripperia» e colorati con inchiostro indelebile.

Di tali rifiuti di origine animale, le teste vengono ritirate dalla ditta «Paris Giovanni Noris» di Ciserano (BG), mentre le tonsille, il midollo spinale e gli intestini vengono ritirati a 800 lire/kg dalla «Rodella Paolo» srl di Travagliato (BS), che li trasporta presso il proprio centro di stoccaggio autorizzato; una volta raggiunto un considerevole quantitativo, la «Rodella Paolo» srl provvede a consegnare gli scarti, dietro pagamento di 550-600 lire/kg, alla ditta «F.lli Alberio» spa di Cirimido (CO) che, a sua volta, li trasporta al centro di pretrattamento.

L'impianto «F.lli Schellino» spa di Formigliana (VC).

La lavorazione annuale media di questo impianto è pari complessivamente a 60.000 capi circa, rappresentati esclusivamente da bovini. I dati raccolti dai consulenti relativamente all'ultima settimana di lavorazione, hanno evidenziato un netto calo dell'attività di macellazione a seguito dell'insorgenza BSE; infatti, le vendite della carne bovina si sono ridotte drasticamente, scendendo da una media di oltre 1000 capi macellati a quella di circa 160.


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I rifiuti di origine animale prodotti - ad alto e basso rischio, nonché quelli a rischio specifico - vengono prelevati e smaltiti da terzi nei relativi impianti di trasformazione, trattamento ed eliminazione; in particolare, i materiali ad alto rischio ed a rischio specifico sono conferiti alla ditta «Eco Rendering» di Fenegrò (CO) presso il proprio impianto di pretrattamento. Gli accordi contrattuali con la «Eco Rendering» per lo smaltimento dei predetti rifiuti prevedono un costo del servizio pari a 600 lire/kg, comprensivo del trasporto e pretrattamento.

Il «Consorzio Grossisti Industria e Commercio Carni scrl» di Torino.

Il consorzio (ex macello civico comunale) effettua una lavorazione annuale media pari complessivamente a 35.000 capi, rappresentati all'incirca dal 65 per cento di bovini, 20 per cento ovini/caprini ed il restante di altre specie animali; anche presso questo stabilimento, si è dovuto registrare un netto calo dell'attività a seguito dell'allarme BSE, tanto che le vendite di carne bovina sono scese da una media di 700 capi macellati a quella di circa 200 capi.
Il materiale ad alto e basso rischio ed a rischio specifico prodotto dal Consorzio viene - anche in questo caso - prelevato e smaltito da terzi nei relativi impianti di trasformazione, trattamento ed eliminazione. In particolare, il materiale ad alto rischio ed a rischio specifico viene conferito, tramite la ditta di trasporto «Nicola Ferruccio» di Casellette (TO), alla società «Eco Rendering» di Fenegrò (CO).
Gli accordi contrattuali con la «Eco Rendering» per lo smaltimento dei predetti rifiuti prevedono un costo del servizio pari a 750 lire/kg comprensivo del trasporto e pretrattamento, quindi un costo leggermente maggiore di quello praticato dalla società all'impianto «F.lli Schellino» spa della provincia di Vercelli (vedi sopra).

Il mattatoio «Icam snc» di Grosseto.

La lavorazione media annuale del mattatoio è pari complessivamente a 60.000 capi circa, di cui 12.500 bovini, 36.000 ovini ed i restanti di altre specie animali; come per il resto del paese, le ultime lavorazioni hanno risentito di un'evidente flessione dovuta al calo dell'attività di macellazione. Vengono prodotti rifiuti di origine animale ad alto e basso rischio, nonché a rischio specifico; in particolare, i materiali ad alto rischio ed a rischio specifico vengono eliminati mediante l'impianto di incenerimento attivo all'interno dello stesso stabilimento di macellazione.

2.3.2 I centri di pretrattamento.

La «Farm Service» srl di Reggio Emilia.

Il 30 gennaio 2001 i consulenti hanno visitato l'impianto di pretrattamento del materiale specifico a rischio «Farm Service» di


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Reggio Emilia, autorizzato dal Ministero della sanità in data 3 ottobre 2000; qui il materiale arriva e viene immediatamente scaricato nella tramoggia di lavorazione o sul piazzale, dove non si è riscontrato alcun controllo da parte del veterinario che, invece, dovrebbe essere presente alla fine del ciclo di lavorazione per certificare le farine in partenza.
In verità, le condizioni igienico-sanitarie dell'impianto verificate dai consulenti lasciano a desiderare sia per l'ammasso indiscriminato di carcasse e scarti di macellazione, sia per l'impianto di aerazione apparentemente non efficiente.
Lo stabilimento è rimasto chiuso per quindici giorni, nel mese di dicembre, a causa dell'impossibilità a smaltire le farine prodotte e il grasso stoccato.
I prezzi praticati sono di 500 lire/kg escluso il trasporto, che si aggira intorno alle 50/100 lire/kg. Gli scarti di macellazione e le carcasse bovine provengono da varie regioni del nord Italia ed in piccole quantità dal centro sud. Le farine prodotte vengono inviate all'impianto d'incenerimento di Brescia.

L'impianto «Petergrass» snc del comune di Caivano (NA).

Si tratta dello stabilimento autorizzato al trattamento del materiale specifico a rischio e ad alto rischio ubicato più a sud del paese, ed è l'ultimo che risulta (al 9 febbraio 2001) aver ricevuto tale autorizzazione da parte del dicastero della sanità. I produttori e/o detentori che intrattengono rapporti commerciali con la «Petergrass» snc sono - data l'ubicazione dell'impianto - per lo più appartenenti alle regioni dell'Italia meridionale, qualcuno del basso Lazio e dell'Abruzzo.
I prezzi praticati dall'impianto per la presa in carico del materiale specifico a rischio e di quello ad alto rischio sono di 700-800 lire/kg, giustificati dal costo di raccolta e trasporto elevati in rapporto alle quantità di materiale prodotte. Ogni carico è sottoposto al controllo del veterinario in partenza (ossia presso il detentore e/o produttore) e in arrivo (presso l'impianto «Petergrass»).
In verità, il titolare dell'azienda ha espresso alcune perplessità in merito al futuro dell'attività aziendale, lamentando, in particolare, di non aver trovato nella zona termovalorizzatori disponibili al ritiro delle farine animali ad un prezzo accettabile.

Lo stabilimento «Ml Lorenzin» srl di Galliera Veneta (PD)

Questa impresa a conduzione familiare si è di recente (2001) riconvertita da impianto ad alto rischio, solo per i volatili, ad impianto per il trattamento del materiale specifico a rischio; applica per le operazioni di trasformazione il prezzo di 500 lire/kg, maggiorato di 100 lire/kg se il trasporto degli scarti viene effettuato con i propri automezzi.
Per quanto hanno potuto verificare i consulenti nel corso del sopralluogo presso l'impianto, il veterinario è presente alle operazioni


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saltuariamente durante la giornata; certifica e «piomba» esclusivamente i camion in uscita contenenti le farine animali, da inviare all'incenerimento presso l'impianto di Brescia.
Questo centro di pretrattamento è l'unico che sia riuscito a smaltire il grasso prodotto, ad un costo di 180 lire/kg, presso una società tedesca che lo utilizza come combustibile.

La «Salgaim Ecologic» spa di Morsano al Tagliamento (PN).

L'impianto è autorizzato al trattamento del materiale specifico a rischio dall'ottobre 1998: si presenta, però, carente sotto l'aspetto igienico-sanitario, con carcasse animali e scarti di macellazione che i consulenti hanno trovato ammassati in uno spiazzo di cemento, privo di buche di contenimento e con emissioni di odori nauseabondi generati dal deperimento del predetto materiale organico.
La società è autorizzata pure al trasporto del materiale specifico a rischio e raccoglie gli scarti di macellazione prodotti da alcuni allevamenti della regione. Il prezzo praticato per le attività di pretrattamento è di lire 700/800 lire/kg, comprensivo del trasporto. Anche in questo caso le farine animali prodotte sono destinate all'incenerimento presso l'impianto di Brescia.

Lo stabilimento «Imar» srl di Molteno (LC).

Questo stabilimento ha iniziato le lavorazioni di pretrattamento all'inizio del mese di ottobre 2000; precedentemente, era un'azienda a conduzione familiare (padre e figlia) che effettuava lavorazioni sul materiale a basso rischio. Nel settembre del 2000 la «F.lli Alberio» spa ha proposto la formazione dell'attuale società «Imar», chiedendo l'autorizzazione al trattamento del materiale specifico a rischio; ha versato il 60 per cento del capitale, ma con scrittura privata ha lasciato ai vecchi proprietari il pieno potere decisionale nella gestione dell'attività aziendale, che ha ad oggetto quasi esclusivamente le operazioni di trasformazione del materiale specifico a rischio per conto della stessa «F.lli Alberio». Quest'ultima, periodicamente, scarica dai propri mezzi il materiale destinato al pretrattamento e provvede successivamente al ritiro delle farine proteiche, per portarle al termoutilizzatore di Brescia. Il prezzo di lavorazione è definito in 500 lire/kg.

L'impianto «Agrolip Sarda» srl di Cagliari.

Lo stabilimento raccoglie gli scarti di macellazione provenienti da tutta la Sardegna e si trova a breve distanza dal secondo inceneritore (il primo - abbiamo visto - è quello di Brescia) che attualmente provvede allo smaltimento delle farine proteiche prodotte sul territorio nazionale, gestito dalla società «Tecnocasic».
L'autorizzazione alle attività di pretrattamento del materiale specifico a rischio rilasciata alla «Agrolip sarda» risale al mese di ottobre


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2000; per tale attività, la società richiede 350 lire/kg comprensivo di tutte le fasi di movimentazione degli scarti, dal loro ritiro presso l'impianto di macellazione fino all'incenerimento.
L'emergenza BSE non ha colto impreparata l'azienda che, per far fronte alla precedente epidemia ovina denominata «lingua blu», già nell'ottobre 2000 aveva iniziato ad inviare all'incenerimento le farine animali ottenute dai capi ovini. L'amministratore dell'impresa ha rappresentato ai consulenti la consuetudine - purtroppo ancora molto radicata nella regione - di sotterrare gli animali morti, anziché consegnarli agli impianti per il pretrattamento, arrecando così un danno ingente anche all'impresa.

L'«Eco Rendering» srl di Fenegrò (CO).

Lo stabilimento risulta in esercizio da oltre 60 anni ed in passato è stato gestito dalla ditta individuale «Farioli», successivamente società «Farioli» srl; effettua attività di trattamento del materiale ad alto e basso rischio, mentre dal giugno 1997 lavora il materiale specifico a rischio.
Le farine proteiche prodotte dal ciclo di pretrattamento vengono stoccate in appositi silos o big bags, per essere poi trasferite presso l'impianto di incenerimento «ASM» di Brescia, mentre i grassi sono stoccati in appositi silos. I prezzi, trasporto escluso, sono nell'ordine delle 600 lire/kg.

2.3.3 L'impianto di incenerimento ASM spa di Brescia.

Questo inceneritore è attualmente - con una capacità autorizzata di 220.000 ton/anno - il più grande termoutilizzatore d'Italia (per un certo periodo, lo scorso dicembre è stato fermato perché erano state incenerite circa 400 mila tonnellate di rifiuti).
A partire dal mese di gennaio 2001 l'impianto si è dichiarato disponibile ad accettare le farine animali provenienti dagli impianti di pretrattamento, con il limite di 1.500 ton/settimana, poiché tali farine, per essere bruciate, vanno «mescolate» con gli altri rifiuti conferiti all'impianto, al fine di evitare che filtrino attraverso la griglia della fornace.
Ogni carico di farina animale che entra all'interno del comprensorio della «ASM» viene controllato e vistato dal veterinario ufficiale.
Per quanto riguarda il profilo commerciale, invece, alla data della visita da parte dei consulenti della Commissione (30 gennaio 2001) non è risultato alcun contratto, ma solo un accordo teso a fissare il prezzo finale dell'attività intorno alle 120-150 lire/kg.

2.4 Le procedure di smaltimento del materiale specifico a rischio: incenerimento con pretrattamento ed incenerimento diretto.

Dalle visite effettuate presso gli impianti, è emerso che per lo smaltimento del materiale specifico a rischio vengono seguite due


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procedure, completamente differenti nella metodologia adottata e sotto il profilo dei rispettivi costi di smaltimento.
La prima procedura, peraltro utilizzata dalla quasi totalità degli operatori, è quella dell'incenerimento del materiale specifico a rischio previo pretrattamento del medesimo.
In linea generale, in questo caso il produttore/macellatore invia periodicamente il materiale specifico a rischio ad uno stoccaggio provvisorio (23).
Il pre-trattatore sottopone il materiale specifico a rischio ad operazioni di disidratazione e sminuzzatura che lo riducono a farine ovvero a grassi liquidi.
Le farine così ottenute vengono inviate all'inceneritore, mentre per i grassi liquidi - in attesa di indicazioni da parte del Governo - attualmente si procede allo stoccaggio presso le ditte di pretrattamento.
Le fasi del ciclo possono prevedere un altro passaggio intermedio degli scarti presso un centro di stoccaggio temporaneo: in questo caso, è lo stoccatore ad inviare il materiale alle società di pretrattamento. Le attività di stoccaggio costano al produttore/macellatore lire 800 + Iva; il titolare del centro di stoccaggio paga il servizio lire/kg 550 + Iva.
Va ricordato che norme specifiche regolano tutte le fasi di trasporto del materiale specifico a rischio, fino alla sua destinazione allo stabilimento d'incenerimento, prevedendo che esso sia: contraddistinto con colore indelebile e stoccato in celle frigorifere dedicate, in attesa del conferimento presso l'impianto di pretrattamento; conferito tramite i contenitori o gli automezzi dotati dei requisiti di cui al decreto Interministeriale 26/3/1994, relativo alla raccolta e al trasporto di rifiuti di origine animale. Tale decreto prevede l'identificazione mediante una targa da apporre sui due lati del mezzo di trasporto, recante la dicitura « Materiale specifico a rischio» di dimensioni non inferiori a cm 50x35; nonché l'apposizione sul contenitore o sull'automezzo di una striscia inamovibile di colore rosso alta almeno 15 cm). Il carico deve essere accompagnato dal documento di trasporto, controfirmato dal veterinario ufficiale; inoltre, entro sette giorni lavorativi successivi alla ricezione del materiale specifico a rischio, va inviata copia del documento di trasporto allo stabilimento di provenienza con la dichiarazione di ricezione debitamente sottoscritta.
Per ciò che concerne le forme d'incenerimento diretto del materiale specifico a rischio, va osservato che si tratta di procedura costosa per l'impresa di macellazione.
Ad esempio - come i consulenti della Commissione hanno potuto verificare -, presso il macello di Roma, il produttore porta i capi al mattatoio dove il materiale specifico a rischio viene raccolto in appositi contenitori di plastica, forniti dal produttore, e lo ripone all'interno di celle frigorifere per inviarlo periodicamente all'azienda municipalizzata di Roma (AMA).


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I costi sostenuti dal mattatoio ed imputati ai singoli produttori per lo smaltimento è davvero molto alto, poiché ammonta a: lire/kg 1.115 + Iva per l'incenerimento, cui va aggiunta una quota fissa di lire 200.000 per ogni conferimento, a prescindere dal peso; lire 9.000 + Iva per ogni contenitore che contiene in media 15/20 kg di MSR; costi di trasporto dal macello all'inceneritore, da quantificare.
In totale, l'incenerimento diretto del materiale specifico a rischio costa ai produttori non meno di lire/kg 2.200.

3. Le principali problematiche riguardanti le attività di trasformazione e distruzione dei rifiuti di origine animale.

3.1 Premessa.

L'inchiesta condotta dalla Commissione ha consentito di individuare una serie di tematiche che, senza alcuna pretesa di esaurire le problematiche che agitano l'intera filiera, sono certamente rappresentative delle difficoltà principali opposte ai momenti fondamentali di snodo delle attività di trasformazione e/o distruzione degli scarti e delle farine proteiche (materiale specifico a rischio e materiale ad alto rischio).
Sono queste, infatti, le attività oggetto dei lavori della Commissione e rispetto ad esse le aziende osservate riflettono il panorama nazionale nel settore, poiché - per quanto si è evidenziato sopra - sono stati presi in considerazione tutti gli stabilimenti autorizzati alle operazioni di pretrattamento ed i mattatoi che lavorano i maggiori quantitativi di carne bovina prodotta nell'intero territorio, secondo i dati forniti dal Ministero della sanità. È stato poi visitato l'impianto d'incenerimento di Brescia che, insieme a quello di Cagliari, risulta abilitato ad oggi alla distruzione delle farine animali ottenute dal materiale specifico a rischio e ad alto rischio prodotto in ambito nazionale.

3.2 Le tecnologie utilizzabili per lo smaltimento delle farine e dei grassi animali.

Le verifiche effettuate dalla Commissione mostrano come l'incenerimento del materiale specifico a rischio segue alle attività di trasformazione del medesimo, ad opera delle aziende di pretrattamento.
Del resto, la generale inadeguatezza degli impianti esistenti sul territorio nazionale e ragioni di ordine economico sconsigliano la distruzione della carcassa animale tal quale. Sotto quest'ultimo profilo, infatti, va considerato che il contenuto d'acqua della carcassa si aggira intorno al 50 per cento e, quindi, buona parte del combustibile necessario per bruciarla verrebbe consumato per far evaporare l'acqua stessa. Inoltre, le filiere di produzione delle farine e dei grassi animali verranno comunque mantenute attive per evitare ulteriori problemi al settore dei mangimifici e, quindi, lo smaltimento di tali rifiuti di origine


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animale, non utilizzabili per scopi alimentari, deve essere effettuato per termodistruzione.
Va osservato che la termodistruzione delle farine può avvenire in forni a griglia, a tamburo rotante ed anche in letto fluido ricircolante, in considerazione del tenore dei residui di umidità che si aggira intorno al 10 per cento. Analogamente, i grassi con tenore di umidità del 2 per cento e potere calorifico intorno alle 9000 Kcal/Kg, possono essere termodistrutti nei forni sopra menzionati. La loro viscosità somiglia a quella di un gasolio pesante.
L'Agenzia nazionale di protezione dell'ambiente (ANPA) ha effettuato un censimento degli impianti d'incenerimento di rifiuti solidi urbani, sanitari e speciali, nonché degli impianti di coincenerimento presenti sul territorio, dove poter avviare il materiale specifico a rischio
(24). Ebbene, secondo i dati del censimento, in Italia vi sono circa 99 impianti di incenerimento, il 20 per cento dei quali, tuttavia, non è ancora disponibile, spesso a causa di problemi tecnici di adeguamento delle emissioni alla normativa vigente. Inoltre, secondo il dato fornito dal commissario per l'emergenza BSE, dei predetti 99 impianti d'incenerimento disponibili, 42 sono gli inceneritori per rifiuti urbani.
Per la termodistruzione delle farine animali possono essere utilizzati anche i cementifici, la cui omogenea dislocazione geografica sul territorio (circa 61) risolverebbe anche diversi problemi di tipo organizzativo e di trasporto del materiale specifico a rischio, oltre che di remunerazione del servizio. Si pensi solo che nelle regioni meridionali non vi sono stabilimenti d'incenerimento, mentre sono presenti 15 cementifici.
Certo, anche per i cementifici si pone un problema di idoneità alle operazioni di smaltimento ma, secondo calcoli attendibili, la loro capacità dovrebbe essere più che sufficiente a coprire il fabbisogno prevedibile di mercato. Infatti, secondo quanto riferito dal commissario straordinario, circa 46 - 47 dovrebbero essere gli impianti in regola con la normativa vigente, per una capacità complessiva di circa 500 mila tonnellate, che corrispondono all'incirca ai quantitativi di farine animali prodotte prima dell'emergenza BSE (25).
Al fine, comunque, di garantire che lo smaltimento dei materiali a rischio presso i cementifici autorizzati avvenga in condizioni di sicurezza, occorre che essi siano dotati di sistemi adeguati alla gestione di tali materiali (sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni, come previsto dal DM 5 febbraio 1998; idonei sistemi di stoccaggio, movimentazione ed alimentazione dei rifiuti, ecc.).
Va aggiunto che i cementifici, a differenza dell'inceneritore, offrono il vantaggio tecnologico di non rilasciare residui di combustione; occorre tuttavia prestare per essi una particolare attenzione alla fase di carico e di alimentazione. Infatti, lo smaltimento presso i cementifici


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avviene a temperature che assicurano la distruzione del «prione», ma i problemi di filiera, come la difficoltà di disporre di meccanismi adeguati per buttare nel forno il materiale da bruciare, determina livelli di contaminazione nell'area, attraverso le farine, oltre che nei sistemi filtro, facendo ritrovare materiale contaminato (amminoacidi) persino nelle ceneri, nonostante esse abbiano subito temperature molto elevate. Ad evitare tali pericoli - come ha rappresentato il direttore dell'ANPA - occorrerebbe, in particolare, che il processo lavorativo degli scarti di macellazione si attestasse su una pezzatura delle farine molto superiore; ciò garantirebbe una maggiore pulizia in sede di smaltimento sia nel cementificio che presso un inceneritore.
Una grande attenzione a questo «sporco di filiera» - innanzitutto per i rischi sulla salute dei lavoratori che inalano le polveri di farina - viene prestata da alcuni Paesi europei, dove i controlli presso gli stabilimenti sono molto rigorosi. È interessante, al riguardo, l'esperienza della Gran Bretagna, dove è stato redatto un rigido protocollo operativo proprio perché residui di farine, sfuggiti nella fase di combustione (attraverso le griglie, o durante il caricamento e la movimentazione), hanno causato contaminazione delle scorie per problemi di non corretta housekeeping. Nelle scorie, infatti, sono stati trovati amminoacidi (residui di proteine), con pericolo non trascurabile della presenza del «prione».
Le norme tecniche inglesi per la distruzione delle farine e per la lavorazione delle carcasse e delle ossa prevedono, inoltre, che gli stoccaggi debbano essere totalmente chiusi, con porte e serrande a chiusura automatica a prova di uccelli, roditori e insetti. Le emissioni vanno monitorate con sistemi in continuo, mentre i COV (composti organici volatili), gli odori e le diossine sono controllati periodicamente. Le ceneri, per quanto sopra detto, debbono essere controllate giornalmente. Anche lo stoccaggio di carni ed ossa sottoposti a pretrattamento e triturazione deve avvenire in ambiente chiuso a prova di uccelli roditori e insetti. Tali norme precauzionali hanno lo scopo di impedire che le specie animali in questione entrino nella catena alimentare.
Rispetto al nostro Paese, il dottor Viviano dell'Istituto superiore di sanità ha informato la Commissione (26) che il quadro tecnologico degli impianti in funzione è comunque sufficientemente adeguato per la distruzione delle farine e dei grassi.
In riferimento al cloro totale presente nelle farine, il predetto ha affermato che i valori sono bassi e si attestano intorno allo 0,2 per cento. L'azoto non termico (termico è quello derivante dall'azoto dell'aria in fase di combustione) derivante dalla sostanza organica (l'azoto delle proteine), fa aumentare il valore delle emissioni di ossidi d'azoto, ma anche ciò non dovrebbe costituire un problema, essendo disponibili sistemi efficienti di abbattimento delle emissioni.
Secondo quanto riferito dal responsabile della sanità, qualche anno fa una Commissione del Ministero della sanità si è interessata


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sulla fattibilità di bruciare carcasse animali nei forni crematori delle strutture ospedaliere, ma i risultati del gruppo di lavoro non hanno sortito risultati apprezzabili. Per il futuro, in ogni regione si potrebbero realizzare forni crematori di idonea potenzialità.
Per quanto riguarda il problema degli ossidi di azoto in emissione, va detto che numerosi inceneritori sono ormai equipaggiati con combustori tipo low - Nox (a basso ossido di azoto) e con sistemi di abbattimento dei Nox, tramite iniezione a valle della combustione di urea o ammoniaca.
Un'ottimizzazione del sistema di termodistruzione si potrebbe, poi, realizzare qualora anche gli impianti Enel si rendessero disponibili per tale operazione.
È stata altresì segnalata alla Commissione una via alternativa alla termodistruzione che sembra promettente: si tratta della tecnologia denominata «Sistema di smaltimento Polimass - carne» della società Ecoenergy Ricerche di Trapani, che consiste in un processo di ossidodistruzione messo a punto in collaborazione con l'università di Messina.
Premesso che l'impianto utilizzato può essere fisso o carrellabile ed ha una potenzialità di trattamento di 15 tonnellate/ora, il processo di ossidodistruzione consiste, in sintesi, dei seguenti passaggi: la carcassa animale, posta in apposito cassone, viene triturata fino ad una pezzatura di dieci centimetri ed ulteriormente triturata a pezzature più fini; il materiale triturato viene immesso in un reattore di ossidodistruzione a bagno ossidante, in cui si innesca un processo di depolimerizzazione che si completa in circa 50 secondi.
Il prodotto della polimerizzazione è un poliglicol, che viene mescolato con biomasse a grandi superfici e fatto reagire con un additivo denominato MDI. Il materiale ancora in fase di reazione, detto polixano espanso, viene depositato in cassoni metallici e si solidifica. Il prodotto finale che si ottiene dal procedimento è sterile e può essere utilizzato in campo industriale nella fabbricazione di materie plastiche.
Va, infine, segnalato che, nel corso di un recente sopralluogo nella regione Puglia, la Commissione ha apprezzato il sistema a forno rotante per la termodistruzione di rifiuti industriali in fase di start-up che si trova nell'area industriale di Brindisi, presso il consorzio Sisri. Questo forno potrebbe essere utilizzato anche per la distruzione termica delle farine e dei grassi animali; la sua potenzialità è di circa 100 tonnellate/giorno ed il sistema di abbattimento delle emissioni è costituito da filtri a manica, da assorbitori con carbone attivo in polvere e da un lavaggio acido/base. Le temperature in gioco nella camera di post-combustione, a valle della camera di combustione del forno rotante, sono dell'ordine di 1200oC. Tale impianto dispone altresì di un sistema di abbattimento degli ossidi di azoto con urea posto a valle della combustione.

3.3 In particolare, i problemi di smaltimento del grasso e del sangue bovino.

Problemi particolari si pongono per lo smaltimento del grasso e del sangue bovino.


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Per quanto concerne il primo, seri motivi di preoccupazione derivano dalla giacenza presso gli impianti di pretrattamento di notevoli quantitativi di grassi risultanti dal processo di colatura degli scarti animali.
Invero, mentre esiste un divieto di utilizzo delle farine animali, è invece consentito l'uso dei grassi ottenuti dalle lavorazioni degli scarti.
L'attuale situazione di incertezza sulle possibili destinazioni ha comportato che le aziende del settore proseguano nelle attività di trasformazione e stoccaggio e, quindi, i grassi continuino ad accumularsi, rendendo facilmente prevedibile una prossima saturazione dei magazzini e la paralisi delle attività di trasformazione, come, del resto, si è già verificato nello scorso anno (27).
A ciò va aggiunto che per i grassi ottenuti dalle lavorazioni del materiale a basso rischio, la situazione è resa più difficile dalla mancata previsione dell'indennità per il loro smaltimento. Il problema si pone perché tali grassi, se pure potrebbero essere utilizzati in zootecnia e nel settore industriale, nell'attuale situazione d'allarme BSE non vengono più richiesti dal mercato e, quindi, i produttori subiscono danni non indifferenti: essi, infatti, stanno proseguendo nell'attività di stoccaggio e di accantonamento, ma di fatto non riescono a collocare sul mercato i grassi ottenuti, né ricevono aiuti per provvedere al loro smaltimento.
La Commissione auspica, pertanto, un sollecito intervento dell'organo esecutivo, che ponga fine all'attuale stato di blocco del settore (con costante e preoccupante aumento dei quantitativi in deposito presso le aziende), prevedendo, anzitutto, un ammasso pubblico anche per i grassi animali, al fine di consentire alle imprese di continuare il ciclo di lavorazione e di tutelare un corretto smaltimento; in secondo luogo, chiarendo le possibilità di utilizzo di tali grassi ed, in particolare, predisponendo norme che consentano l'uso come combustibile, presso le centrali termiche, dei grassi ottenuti dal materiale a rischio specifico.
Al riguardo, va detto che i costi di smaltimento dei grassi provenienti dal materiale specifico a rischio sono pressoché corrispondenti a quelli riconosciuti per le farine animali - a dispetto delle previsioni originarie, si dovrebbe passare da 726.000 lire/t. a 1.450.000 lire/t. (28) - e più convenienti, proprio in considerazione della possibilità di utilizzare il grasso per processi di autoconsumo energetico.
Lo smaltimento del sangue, invece, pone una serie di problemi dipendenti soprattutto dalla difficoltà di reperire impianti tecnologicamente attrezzati a tale attività: in Italia infatti - come ha rappresentato alla Commissione il ministro delle politiche agricole e forestali - gli impianti disponibili sono soltanto due. Ad ovviare in parte alla situazione, è finalmente intervenuta la circolare del Ministero della sanità 16 febbraio 2001, la quale osserva che il sangue proveniente da animali abbattuti ai sensi del regolamento 2777/2000 Ce deve essere distrutto mediante incenerimento o coincenerimento.


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Le difficoltà operative legate al numero estremamente ridotto di impianti in grado di trattare il sangue (due) hanno indotto le autorità a riconoscere la possibilità di trattarlo presso gli impianti autorizzati al basso e all'alto rischio, al fine di renderlo idoneo all'incenerimento; in tal senso si era espresso l'Istituto superiore di sanità nel parere richiestogli dal dipartimento alimenti e nutrizione del competente Ministero.

3.4 Il funzionamento del mercato dei rifiuti di origine animale. I costi di smaltimento.

I lavori svolti hanno evidenziato il costo elevato dello smaltimento del materiale specifico a rischio tal quale, per le ragioni che si sono ampiamente esposte nel paragrafo che precede.
Interessa qui, invece, porre all'attenzione che la riscontrata dislocazione non omogenea sul territorio nazionale delle poche aziende autorizzate alle attività di pretrattamento - quasi tutte concentrate nell'area nord del Paese - concorre a determinare una lievitazione dei costi di mercato nella procedura d'incenerimento previo trattamento, nonché l'esposizione a possibili attività illecite da parte di operatori attratti dal facile business, secondo quanto la stessa Commissione ha potuto verificare ed hanno altresì rappresentato gli operatori del settore.
Un terzo profilo riguarda i pericoli insiti nell'inidoneità dei processi di pretrattamento ad eliminare con certezza il «prione» agente della BSE e, di conseguenza, il pericolo per la diffusione dello stesso nell'ambiente, rischio rilevante anche per le grandi quantità di materiali da trattare.
D'altra parte, proprio la scarsa presenza di aziende abilitate alle attività di lavorazione e trasformazione degli scarti da macellazione, e la loro non funzionale dislocazione geografica, ha determinato una proliferazione delle strutture di stoccaggio temporaneo degli scarti tal quali, sì da ovviare all'eccessiva distanza degli impianti di pretrattamento dalle zone di produzione, ma con costi aggiuntivi notevoli nella filiera.
Sul punto, non possono che condividersi le preoccupazioni espresse da esponenti istituzionali (29) relativamente al fatto che l'esistenza di numerosi intermediari rende ancora più difficoltosa l'attività di controllo sulla movimentazione delle carni bovine e dei prodotti derivati, riportando in evidenza il grave problema della tutela della salute pubblica.
D'altra parte la filiera, così come strutturata ad oggi, dipende anche dalla convenienza del produttore ad inviare il materiale specifico a rischio agli operatori intermedi (vedi stoccaggi provvisori), al fine di ridurre i propri costi di smaltimento.


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Un'ulteriore notazione, però, va fatta: alla prevedibile propensione del mercato delle carni e dei derivati al pretrattamento prima dell'invio alla distruzione, dipendente dal numero ridotto di impianti abilitati e dalle esposte ragioni di convenienza economica, va aggiunto un altro elemento non trascurabile, e cioè che l'indennità prevista dal legislatore per coloro che assicurano la distruzione copre pressoché interamente l'attuale costo di smaltimento del materiale specifico a rischio trattato, ma non quello che occorrerebbe per forme di smaltimento mediante incenerimento diretto del materiale tal quale. Quest'ultimo, infatti, richiederebbe prezzi più elevati, in considerazione della complessità delle tecnologie necessarie, e non assicurerebbe quei profitti derivanti dalla trasformazione del materiale specifico a rischio e ad alto rischio in fonte di energia.
In verità, le ragioni di prevenzione e tutela della salute pubblica che ispirano tutta la normativa d'emergenza BSE ed, in particolare, la necessità di eliminare in tempi brevi dal mercato il materiale a rischio evitando troppi passaggi dalla macellazione e produzione degli scarti all'incenerimento si scontrano con l'estrema difficoltà ad individuare impianti idonei alle operazioni d'incenerimento (attualmente solo Brescia e Cagliari), comunque insufficienti ad assicurare l'eliminazione dei quantitativi prodotti sul territorio nazionale.
Tale situazione, se non sarà modificata nel breve periodo, oltre ad agire sui prezzi di mercato - facilmente condizionabili da parte di coloro che assicurano la distruzione del materiale a rischio previo trattamento - è altresì foriera di facili violazioni da parte di operatori senza scrupoli.
Va detto, peraltro, che la scarsa chiarezza della normativa d'emergenza circa i soggetti destinatari dell'indennità per la distruzione del materiale specifico a rischio ingenera ulteriore confusione e possibilità di speculazione, anche se sembra ormai prevalere l'orientamento ad una ripartizione di tale indennità fra i vari operatori (dall'azienda di allevamento a quella di macellazione, allo stabilimento di trasformazione fino all'impianto di incenerimento) (30). In particolare, un'equa ripartizione delle indennità vale ad evitare che sui produttori dei materiali a rischio finiscano col gravare costi esosi di smaltimento, spingendoli ad affidare i materiali ai centri di stoccaggio temporaneo al fine di ridurre i propri costi di smaltimento.
Sarebbe opportuno che sul punto intervenisse con chiarezza l'organo di governo, al fine di ovviare all'attuale situazione di stallo del mercato che spesso si deve registrare, oltre che per un riequilibrio tra le varie posizioni economiche che eviti speculazioni di mercato del tipo di quelle descritte.
Da ultimo, la Commissione deve rilevare la necessità di chiarire al più presto alcune modalità di eliminazione dei rifiuti di origine animale, ponendo la distinzione su quanto va effettivamente distrutto mediante incenerimento o coincenerimento e quanto, invece, può essere riutilizzato in zootecnia, nell'industria farmaceutica e altro.


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L'orientamento, sia a livello comunitario che governativo, sembra quello di favorire la distruzione anche del materiale a basso rischio, prevedendone un utilizzo esclusivamente per la produzione di alimenti per animali familiari, prodotti tecnici e farmaceutici, come hanno riferito alla Commissione il ministro delle politiche agricole e forestali, il sottosegretario alla sanità ed il commissario straordinario per l'emergenza BSE (31).
Anche il recentissimo decreto legge 14 febbraio 2001 n.8 - che ha introdotto ulteriori interventi urgenti ed agevolazioni per operatori chiamati a fronteggiare l'emergenza BSE - pare muoversi in questa direzione, laddove ha previsto che l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura provveda all'incenerimento o coincenerimento delle proteine animali trasformate finora destinate all'ammasso pubblico (articolo 8). La decisione interviene finalmente in una situazione di mercato in forte crisi, poiché da un lato il ciclo di produzione delle farine ottenute dal materiale a basso rischio sta continuando; dall'altra, le aziende del settore sono ormai colme di tali farine, in attesa dei conferimenti. A ciò va aggiunto che finora l'ammasso pubblico non era neppure iniziato ed il mercato delle farine proteiche ottenute dal basso rischio versava in una situazione assolutamente precaria per il trasferimento di tali farine nei magazzini dell'Agea, come hanno riferito alla Commissione i rappresentanti delle associazioni di categoria interessate (Assograssi e Assalzoo) (32).
La prevista destinazione delle farine all'incenerimento o coincenerimento, pur se non risolutiva della crisi del mercato, interrompe almeno l'attuale situazione di stallo. La decisione appare ispirata all'esigenza, del tutto condivisibile, di evitare ogni rischio di contaminazione fra tipi di farine diverse, nonché il pericolo di una distribuzione della farina ottenuta dal materiale a basso rischio, che rimane comunque vietata per l'alimentazione animale.
Si auspica, comunque, che sul punto vengano al più presto assunte le determinazioni a livello comunitario sulle destinazioni del materiale a basso rischio, che sarebbero utili anche alla gestione della politica agricola comune oltre che della sicurezza sanitaria.

3.5 I rapporti tra alcune imprese della filiera.

Un dato che lascia perplessi riguarda i rapporti che la Commissione ha dovuto registrare tra alcune imprese del settore, che operano su distinte aree geografiche.
L'allarme BSE ha portato in breve tempo alla nascita e/o trasformazione di poche società che effettuano le attività di pretrattamento. Secondo i dati in possesso della Commissione sono, infatti, sette le società autorizzate alle operazioni di pretrattamento del materiale specifico a rischio e del materiale ad alto rischio.


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Il primo elemento riscontrato riguarda la dislocazione di tali società, localizzate prevalentemente nell'area settentrionale del Paese; questa dislocazione non appare omogenea né funzionale alle reali esigenze produttive di quelle aree.
Inoltre, tale situazione - come abbiamo illustrato al paragrafo che precede - concorre a determinare la lievitazione dei costi e dei servizi nell'ambito del mercato dei rifiuti di origine animale.
La Commissione ha dovuto registrare l'esistenza di collegamenti diretti o indiretti tra alcune delle società di pretrattamento con altre aziende che operano nel settore e che, in molti casi, hanno rilevanza nazionale.
Ad esempio, la «Imar» srl di Como - società di pretrattamento del materiale specifico a rischio - è controllata dalla «F.lli Alberio» spa di Cirimido (CO); quest'ultima è attiva nel trattamento del materiale a basso rischio ed è, a sua volta, compartecipe nella «Farm Service» di Reggio Emilia, altra società autorizzata al pretrattamento del materiale specifico a rischio.
La «Farm Service» è altresì compartecipata dalla «Lipitalia 2000» spa della provincia di Torino i cui esponenti, attraverso un'altra società, sono cointeressati nella «Eco Rendering» srl di Fenegrò (CO). Ebbene, la «Eco Rendering» rientra fra le sette società autorizzate al pretrattamento dei materiali a rischio.
In sostanza, su un campione di sette aziende - tutte quelle sino ad oggi autorizzate alle operazioni di trasformazione dei materiali a rischio - ben tre risultano tra loro collegate.
Al riguardo, la Commissione non può che manifestare legittime perplessità in ordine alle concrete possibilità che si realizzi un equilibrio del mercato e la trasparenza dei servizi, tenuto anche conto di altri fattori di disturbo come la scarsità ed inadeguatezza degli impianti, il crollo delle vendite nel settore, le incertezze sulle possibilità di utilizzo di taluni materiali a rischio ed altro.
Né possono sottovalutarsi le possibili conseguenze negative che potrebbero derivare dalla registrata proliferazione di attività intermedie nel ciclo produttivo delle carni bovine: il riferimento, nel caso di specie, è ai numerosi centri di stoccaggio temporaneo del materiale specifico a rischio e ad alto rischio, che si prestano ad operazioni di smistamento incontrollato ed illegale degli scarti stoccati. Inoltre, le suddette attività intermedie non aiutano a ricostruire i vari passaggi della filiera e, quindi, a risalire ai quantitativi prodotti e smaltiti; occorre che, almeno, vengano intensificati i controlli su tali attività, al fine di ridurre il pericolo della commissione di violazioni pericolose per la salute pubblica.

3.6 Alcune problematiche connesse ai controlli della filiera carni.

L'attenzione della Commissione va soprattutto alla necessità di garantire la trasparenza della filiera carni: dalla macellazione allo smaltimento finale degli scarti e delle farine animali, passando attraverso le fasi intermedie del trasporto, stoccaggio e pretrattamento.
Il problema richiama immediatamente la tematica dei controlli.


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La proliferazione delle fasi di stoccaggio e dei conseguenti trasporti favorisce la commissione di violazioni, poiché aumenta la possibilità di sottrarsi ai controlli previsti dalla normativa vigente, con conseguenze negative sia per il mercato che per la tutela della salute pubblica.
La situazione è resa ancora più difficile dal fatto che al materiale a rischio, da smaltire secondo i criteri dettati dalla normativa d'emergenza, si aggiunge quello degli animali deceduti per cause naturali, in quantitativi che sono, purtroppo, difficilmente stimabili. È quanto rappresentato alla Commissione dal commissario straordinario per l'emergenza BSE (33).
Se prima dell'insorgenza della malattia il quantitativo complessivo stimabile degli scarti di macellazione si collocava tra i 2.200.000 e 2.400.000 tonnellate, equivalenti all'incirca a 550 mila - 600 mila tonnellate di farine proteiche; nelle attuali condizioni di mercato perturbato dall'allarme BSE, risulta difficile operare una stima dei quantitativi di materiale a rischio prodotti (e del numero dei bovini coinvolti), tenuto anche conto dell'impossibilità attuale di ricollegare documentalmente gli scarti di macellazione del capo bovino all'avvenuto smaltimento delle farine ottenute dagli stessi.
Da ciò consegue l'estrema difficoltà di verifica delle violazioni: il permanere di destinazioni finali diverse delle farine animali prodotte dal materiale a basso rischio ed a rischio specifico e la possibilità di ottenere indennità per lo smaltimento delle seconde (ai sensi del decreto legge 11 gennaio 2001, n. 1), consentirebbe facili spostamenti di grosse quantità da una categoria all'altra, in funzione dei maggiori profitti, nonché un aumento dei quantitativi mediante false dichiarazioni attestanti operazioni mai effettuate o non rispondenti al vero e difficilmente riscontrabili.
Gioverebbe al sistema che venissero al più presto chiarite alcune modalità di eliminazione dei rifiuti di origine animale e si operasse la distinzione tra quanto va effettivamente distrutto e quanto, invece, può essere riutilizzato in zootecnia, nell'industria farmaceutica ed altro.
Tornando all'analisi della filiera, l'intero sistema rivela la necessità di potenziare i controlli sulla movimentazione dei bovini, in modo da assicurare la loro rintracciabilità e quella delle loro carni, degli scarti e delle farine, dotando anzitutto la banca dati per l'identificazione e la registrazione del bestiame, che non opera ancora a regime, dei mezzi e delle risorse necessarie. Occorre, poi, definire le modalità di controllo dell'intero sistema, compresa la predisposizione di un protocollo di monitoraggio specifico per le attività di trasformazione e gli impianti d'incenerimento con i loro prodotti finali (le ceneri).
Indicativa della situazione è la circostanza, evidenziata dal sottosegretario alla sanità (34), che si continuino a scoprire mattatoi clandestini sul territorio nazionale, nonostante l'intensificazione dei controlli ad opera del NAS dei carabinieri. Anche i servizi ispettivi della Commissione dell'Unione europea hanno lamentato, per l'Italia,


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carenze di personale per le attività di coordinamento e vigilanza sia a livello centrale che periferico.
Bisogna in ogni caso garantire che le operazioni di pretrattamento avvengano con le più rigorose garanzie ed i più rigorosi controlli sanitari ed ambientali. Ciò soprattutto in relazione al fatto che il «prione» può sopravvivere alle temperature che si raggiungono nei processi industriali di pretrattamento e pertanto potrebbe essere rilasciato nelle acque e, peggio, finire nei fanghi di depurazione che vengono poi usati come fertilizzanti e concimi.
Assai debole è, poi, il coordinamento tra i vari organi deputati alla vigilanza ed al controllo del settore; come evidenziato dal direttore dell'Agenzia nazionale di protezione dell'ambiente (ANPA), sul territorio nazionale si registra un'assenza generalizzata di informazioni sui problemi connessi allo smaltimento degli scarti e delle farine animali. Gli operatori richiedono, inoltre, precise indicazioni sul tipo di strumenti ed azioni da intraprendere per fronteggiare l'emergenza.
Vi è, quindi, l'esigenza di individuare le problematiche connesse alla gestione dell'intero ciclo di trattamento dei materiali a rischio, dalla ricezione e stoccaggio sino all'incenerimento. Lo scambio di informazioni, che alle autorità di controllo pervengono da canali diversi (ad esempio attività di accertamento sanitario ed amministrativo delle imprese), consentirebbe una maggiore conoscenza dei problemi dell'intero ciclo, realizzando una più efficace azione di contrasto.
Del resto, preoccupazioni sull'attuale funzionamento del sistema dei controlli sono state espresse dal ministro delle politiche agricole e forestali, dal sottosegretario alla sanità e dal commissario straordinario per l'emergenza BSE (35), i quali hanno convenuto sulla necessità di rendere capillari e sistematici i controlli sul territorio, nonché sulla possibilità di promuovere l'attivazione del potere straordinario di ordinanza spettante alle prefetture, al fine di fronteggiare situazioni di eccezionale emergenza e di reprimere qualsiasi tentativo di speculazione nella filiera carni (articolo 4 del decreto legge n.1 dell'11 gennaio 2001).

3.7 Brevi cenni sulla natura degli scarti da macellazione e delle farine proteiche.

La questione relativa alla natura degli scarti da macellazione e delle farine proteiche è oggetto di discussione sia da parte dello Stato italiano che degli Stati membri della Comunità europea.
In Italia, a seguito dell'emanazione del «decreto Ronchi» che - in attuazione della normativa comunitaria - ha disciplinato la materia dei rifiuti, si è posto il problema della qualificazione dei predetti materiali; soprattutto l'Agenzia nazionale di protezione dell'ambiente (Anpa), anche attraverso le sue unità operative territoriali (Arpa e Appa), ha ritenuto che l'intera materia degli scarti e delle farine


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animali non rientri nel campo di applicazione della normativa speciale sanitaria (decreto legislativo n. 508/92), ma vada correttamente ricondotta alla disciplina dettata dal «decreto Ronchi», trattandosi di rifiuti di origine animale, secondo - del resto - la definizione adottata dalla stessa normativa comunitaria. In tal senso, si sono registrati anche diversi interventi della magistratura ordinaria che ha irrogato sanzioni, ai sensi del decreto Ronchi, nei confronti dei titolari di stabilimenti di raccolta e trasformazione di tali rifiuti.
La Commissione europea è però andata di contrario avviso, ritenendo che le attività di raccolta, trasporto, trasformazione e commercializzazione dei rifiuti di origine animale ricadono nell'ambito della direttiva 90/667/Ce, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n.508 del 1992 (vedi sopra). In sostanza, secondo il legislatore comunitario, gli scarti e le farine animali non destinati al consumo umano, pur venendo classificati come «rifiuti di origine animale» dalla direttiva 90/667/Ce, non possono considerarsi «rifiuti» ed essere assoggettati alla relativa disciplina, quando essi non vengono eliminati, ma soltanto trasformati per essere immessi nel ciclo produttivo.
I recenti interventi per fronteggiare l'emergenza BSE (nazionali e comunitari), specie in relazione alla scoperta della probabile trasmissione della malattia attraverso le farine di carne presenti nei mangimi, sembrano, però, aver indotto la Commissione europea a porsi nuovamente il problema della natura e di una corretta ed omogenea classificazione degli scarti e delle farine animali, anche in relazione alle decisioni tutte finalizzate alla minimizzazione del rischio di trasmissione delle encefalopatie spongiformi bovine.
In Italia, basta ricordare il susseguirsi di una serie di provvedimenti di tutela preventiva: l'ordinanza ministeriale 15 giugno 1998, che ha eliminato dal consumo umano ed animale il materiale specifico a rischio ottenuto da animali della specie bovina, ovina e caprina provenienti da alcuni Stati della Comunità in cui veniva già adottato il sistema di sorveglianza contro la BSE; le più recenti ordinanze che hanno posto il divieto di somministrazione delle proteine animali a tutti gli erbivori, laddove precedentemente si faceva riferimento ai soli ruminanti, nonché l'obbligo di distruzione del materiale specifico a rischio e ad alto rischio, con il divieto assoluto di impiego; il decreto legge n.8 del 14 febbraio 2001, che ha previsto la destinazione all'incenerimento o coincenerimento anche delle proteine animali ottenute dal materiale a basso rischio e destinate all'ammasso pubblico.
In questo contesto, è necessaria un'opera di razionalizzazione del sistema normativo comunitario ed interno, poiché la divergenza nelle regolazioni nazionali sugli scambi può determinare una diffusione della malattia anche all'esaurirsi della fase emergenziale.
Si tratta del problema che maggiormente sta impegnando la Commissione europea, poiché è di tutta evidenza che la concreta possibilità di realizzare il raccordo tra le normative dei singoli Stati passa, anzitutto, attraverso la previsione di una classificazione omogenea dei rifiuti di origine animale; in quella sede, è positivo l'orientamento ad una codificazione cer, secondo quanto riferito dal sottosegretario alla sanità e dal commissario straordinario per l'emergenza BSE.


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Il problema si è posto anche in considerazione del fatto che dalla direttiva 90/667/Cee sui rifiuti di origine animale non risulta chiaro quale sia il campo di applicazione, quali siano i confini tra essa e la direttiva quadro sui rifiuti, e se le sue disposizioni siano sempre sufficienti a garantire la correttezza delle operazioni di eliminazione o recupero. Il motivo risiede in parte nel fatto che la direttiva in oggetto non sempre prevede determinati controlli, finalizzati alla tutela della salute umana o dell'ambiente, né si occupa dei controlli sui prodotti della fusione. Tale situazione ha provocato confusioni sull'individuazione dei soggetti responsabili del controllo e in alcuni casi ha condotto ad un doppio controllo o, peggio, ad una mancanza di controlli. Ad esempio, la direttiva non contiene disposizioni a tutela della salute umana e dell'ambiente rispetto alle operazioni di combustione. Pertanto non si può ritenere che la suddetta attività sia disciplinata dalla direttiva medesima: ad essa si applicano, quindi, le disposizioni della direttiva quadro sui rifiuti.
Si pensi, ancora, al sotterramento, autorizzato - in alcuni casi - come metodo di eliminazione dei rifiuti di origine animale, rispetto al quale, invece, la direttiva 90/667/Cee specifica che esso va effettuato in modo da evitare la contaminazione delle falde freatiche ed altri danni all'ambiente, sicché si può considerare che essa disciplini il sotterramento. Di conseguenza, il sotterramento effettuato nei casi previsti dalla direttiva non è soggetto ai controlli previsti dalla direttiva quadro sui rifiuti.
I prodotti della fusione (farine di carne e di ossa, grassi fusi) non sono, invece, disciplinati da tale direttiva; se, dunque, sono soggetti ad operazioni di eliminazione o recupero di rifiuti, essi rientrano nella direttiva quadro sui rifiuti.
In questo contesto, spesso foriero di incertezze e confusioni per gli operatori del settore, è intervenuta la recente proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio di cui si è detto sopra, delimitando finalmente il rapporto tra la direttiva sui rifiuti di origine animale e la direttiva quadro sui rifiuti. Infatti, tale bozza - occorre ribadirlo - stabilisce che i prodotti di origine animale, trasformati e non, sono da considerare rifiuti, sia quando essi sono destinati ad operazioni di eliminazione (come l'incenerimento), che nel caso in cui vengano avviati al recupero (coincenerimento) o immessi sul mercato a determinate condizioni.
I controlli su tali attività saranno pertanto finalizzati a garantire che i rifiuti siano eliminati o recuperati in modo tale da proteggere la salute umana e l'ambiente, ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti.
A livello di normazione interna, occorre procedere ad un'armonizzazione delle leggi speciali del settore, specie in considerazione dei numerosi interventi d'urgenza, disordinati e non sempre coordinati tra loro, con la normativa generale in materia di carni e prodotti derivati: fattori che rendono difficile la consultazione e la corretta applicazione delle leggi da parte degli operatori.
Quanto si è esposto sull'evoluzione della normativa comunitaria, avvalora la tesi - condivisa dalla Commissione - che la materia de qua è assoggettata alla disciplina del decreto Ronchi, tranne nell'attuale fase di emergenza (cioè fino al 31 dicembre 2001), in cui la normativa

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speciale d'emergenza si pone come deroga alla norma generale (decreto Ronchi e successivi decreti ministeriali attuativi), trattandosi sempre di rifiuti di origine animale. Va, però, rimarcato che anche nell'attuale fase di emergenza le operazioni d'incenerimento dei rifiuti di origine animale devono ritenersi soggette alla disciplina del decreto Ronchi, con tutte le conseguenze che ne discendono in tema di autorizzazioni ed organi deputati ai controlli (Arpa, asl).

4. Conclusioni.

A conclusione di questa esposizione dell'indagine svolta dalla Commissione, fermo restando che la complessità della situazione richiede un'analisi completa di tutte le fasi di filiera ed ulteriori approfondimenti, è possibile qui tracciare delle considerazioni su quanto è stato possibile osservare nel ciclo produttivo delle carni bovine e dei sottoprodotti, con particolare riferimento alle fasi delle attività di trasformazione e distruzione degli scarti di macellazione e delle farine proteiche.
La Commissione - se pure valuta favorevolmente la risposta tempestiva da parte dei dicasteri preposti (Sanità, Ambiente e Politiche agricole e forestali) a fronteggiare l'attuale situazione di emergenza - non può fare a meno di evidenziare, per un verso i problemi di pratica attuazione della normativa esistente, con ovvie conseguenze sul meccanismo di funzionamento della filiera; dall'altro, le numerose difficoltà che permangono a livello organizzativo e di coordinamento fra le strutture delegate ai controlli.
Sotto il primo profilo, un elemento di incertezza da sciogliere riguarda le possibili destinazioni dei grassi ottenuti dalle lavorazioni degli scarti: nell'attuale situazione di emergenza, le aziende proseguono nelle attività di trasformazione e stoccaggio e, quindi, i grassi continuano ad accumularsi, rendendo facilmente prevedibile una prossima saturazione dei magazzini e la paralisi delle stesse lavorazioni.
La Commissione sollecita, pertanto, un intervento del Governo che preveda, nel breve termine, l'ammasso pubblico anche per i grassi animali, al fine di consentire alle imprese di continuare il ciclo di lavorazione e di tutelare un corretto smaltimento. Vanno altresì disciplinate le modalità di utilizzo dei grassi come combustibili presso le centrali termiche.
Un altro elemento di difficoltà, che, nell'attuale situazione di emergenza, era rappresentato dalla carenza di impianti dotati della tecnologia adeguata allo smaltimento del sangue (soltanto due nel territorio nazionale), pare, invece, in via di superamento, grazie alle previsioni della recentissima circolare del dicastero della sanità, secondo cui il sangue proveniente da animali abbattuti ai sensi del regolamento 2777/2000 Ce va distrutto mediante incenerimento o coincenerimento; inoltre, le aziende possono trattarlo presso gli impianti autorizzati al basso e all'alto rischio, al fine di renderlo idoneo all'incenerimento.


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La scarsa chiarezza della normativa d'urgenza, circa i soggetti destinatari dell'indennità per la distruzione del materiale specifico a rischio, ingenera ulteriore confusione e possibilità di speculazioni. In realtà, l'orientamento di tutti gli operatori del settore è per una ripartizione di tale indennità fra coloro che partecipano dell'intero processo produttivo (dall'azienda di allevamento a quella di macellazione, allo stabilimento di trasformazione fino all'impianto di incenerimento)
(36); sarebbe, però, opportuna un'indicazione precisa sul punto da parte del Governo, al fine di ovviare alle attuali incertezze e ristabilire l'equilibrio tra le varie posizioni economiche.
Altro elemento di difficoltà che impedisce un corretto funzionamento del mercato dei rifiuti di origine animale - da risolvere con sollecitudine - è rappresentato dalla mancanza di una chiara distinzione tra rifiuti di origine animale che vanno distrutti mediante incenerimento o coincenerimento e quelli che, invece, possono essere riutilizzati in zootecnia, nell'industria farmaceutica e altro. Si è visto che l'orientamento generale, espresso anche dalle disposizioni contenute nel decreto legge n.8 del 14 febbraio 2001, sembra quello di favorire la distruzione anche del materiale a basso rischio, prevedendone un utilizzo esclusivamente per la produzione di alimenti per animali familiari, nonché di prodotti tecnici e farmaceutici.
La Commissione auspica, comunque, che vengano al più presto assunte chiare ed univoche determinazioni a livello comunitario sulle destinazioni del materiale a basso rischio, che sarebbero utili anche alla gestione della politica agricola comune oltre che della sicurezza sanitaria.
Va, inoltre, ribadito che la materia de qua è assoggettata alla disciplina del decreto Ronchi, tranne nell'attuale fase di emergenza (cioè fino al 31 dicembre 2001), in cui la normativa speciale d'emergenza si pone come deroga alla norma generale (decreto Ronchi e successivi decreti ministeriali attuativi), trattandosi sempre di rifiuti di origine animale (con l'ovvia esclusione dalla disciplina speciale delle operazioni d'incenerimento dei rifiuti di origine animale).
Va, pertanto, rilevata la necessità di razionalizzazione del sistema normativo vigente all'esaurirsi della fase emergenziale, attraverso un riordino sistematico dei numerosi interventi normativi che si sono succeduti, in aggiunta o sostituzione a precedenti provvedimenti, rendendo talvolta complicata anche l'individuazione dei vari referenti istituzionali, si tratti dell'organo di controllo o di quello che deve rilasciare le autorizzazioni, ovvero dell'organo che ha compiti di sola vigilanza nel settore (si pensi alle regioni).
Il problema di armonizzare la normativa vigente si pone anche nei rapporti tra Stati membri della Comunità europea, al fine di minimizzare il rischio BSE negli scambi. Al riguardo, si ritiene importante che la Commissione europea continui nei lavori che in tale direzione sta svolgendo, anche attraverso l'istituzione di commissioni e tavoli tecnici di confronto su temi specifici, che vedono la partecipazione dei partners europei.


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In quelle sedi, va valutato positivamente l'orientamento espresso dalla recente bozza di regolamento in discussione e la previsione di una codificazione CER dei rifiuti di origine animale. Altrettanto positivamente la Commissione valuta i recenti obblighi introdotti dai regolamenti comunitari, che mirano a garantire la rintracciabilità del prodotto carne e dei suoi sottoprodotti.
Dall'indagine della Commissione emerge, infine, l'importanza dei controlli nell'intera filiera delle carni bovine.
Va ribadito che i controlli devono essere intensificati ed attuati con sistematicità da parte dei vari organi preposti (servizi veterinari centrali e regionali, ispettorato per la repressione delle frodi, forze di polizia, Asl, Arpa); da un lato, infatti, occorrono maggiori e più efficienti controlli sui movimenti degli animali e sugli aspetti sanitari; dall'altro, vanno effettuati maggiori e più efficienti controlli amministrativi sulle attività.
Bisogna in ogni caso garantire che le operazioni di pretrattamento avvengano con le più rigorose garanzie ed i più rigorosi controlli sanitari ed ambientali. Ciò soprattutto in relazione al fatto che il «prione» può sopravvivere alle temperature che si raggiungono nei processi industriali di pretrattamento e pertanto potrebbe essere rilasciato nelle acque e, peggio, finire nei fanghi di depurazione che vengono poi usati come fertilizzanti e concimi.
Una maggiore incisività nei controlli consentirebbe di arginare fenomeni di distorsione del mercato (vedi i raggruppamenti di imprese, i costi alti di smaltimento) e di accertare la reale attività svolta dai numerosi centri di stoccaggio provvisorio degli scarti di macellazione, che si prestano a violazioni da parte di eventuali operatori senza scrupoli, i quali agiscono in dispregio delle norme vigenti, con conseguente pericolo per la salute pubblica.
Al contempo, va realizzata una maggiore collaborazione tra gli organi di controllo, in modo da rendere più incisive le verifiche delle attività in questione ed efficace il contrasto a possibili fenomeni illegali.
Conclusivamente, in ragione delle circostanze e dei fenomeni che si registrano, può affermarsi che gli elementi acquisiti consentono di valutare positivamente l'azione del Governo, ma che appare necessario uno sforzo comune per superare taluni punti critici del sistema, che preoccupano per i delicati profili di tutela della salute collettiva su cui vanno ad incidere.
Va realizzata, a tal fine, una strategia di prevenzione generale e speciale, nonché un'adeguata cultura del controllo tra i vari soggetti istituzionali, che garantisca ai cittadini la qualità delle carni e dei prodotti di carne bovina consumati.
Da ultimo, va mantenuto e rafforzato l'impegno a seguire con attenzione l'evolversi della situazione, investendo mezzi e risorse che favoriscano la progressione della ricerca medico-scientifica verso soluzioni contro la diffusività e gli esiti letali dell'encefalopatia spongiforme bovina (BSE o TSE).


(1) Ministero della sanità.
(2) Recepimento nazionale della direttiva 90/667/Ce.
(3) Ministero della sanità.
(4) Ministero della sanità.
(5) Ministero della sanità di concerto con il Ministero dell'ambiente.
(6) Vedi articolo 1 ed allegato F del decreto 29 settembre 2000.
(7) Ministero della sanità.
(8) Vedi audizione del 15 febbraio 2001 dinanzi alla Commissione.
(9) Ministero della sanità di concerto con il Ministero dell'ambiente.
(10) Vedi audizione del 15 febbraio 2001.
(11) Vedi decreto legislativo n. 90/93.
(12) Vedi decreto legislativo n. 119/92.
(13) Vedi decreto legislativo n. 336/99.
(14) In particolare, si ricordano le seguenti fonti normative: decreto legislativo n. 508/92; legge n. 532/96; decreto legislativo n. 270/93; decreto ministeriale 29 settembre 2000; decreto ministeriale 7 gennaio 2001.
(15) Vedi in particolare decreto legislativo n. 28/93, decreto legislativo n. 196/99.
(16) Vedi decreto ministeriale 29 settembre 2000.
(17) Vedi decreto legge n. 1 dell'11 gennaio 2001, sopra citato.
(18) Vedi legge n. 462/86; legge n. 898/86; decreto legislativo n. 507/99.
(19) Vedi audizione del 15 febbraio 2001.
(20) Vedi audizione di Gennaro Papa, presidente dell'Assograssi, e di Giordano Veronesi, presidente del gruppo mangimi semplici dell'Assalzoo, del 19 febbraio 2001.
(21) Vedi audizione di Giuseppe Viviano, dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità, del 23 febbraio 2001.
(22) Vedi audizione di Pierluigi Bertinelli, presidente dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, e di Giovanni Damiani, direttore dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, del 23 febbraio 2001.
(23) Fa eccezione la testa che, invece, viene inviata ad una ditta autorizzata ad estrarne le parti che possono essere commercializzate, destinando la parte restante al pretrattamento; per quest'ultima operazione il macellatore non paga alcuna somma alla ditta che effettua il ritiro.
(24) Vedi audizione del direttore dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente del 23 febbraio 2001.
(25) Vedi audizione di Guido Alborghetti, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative volte a fronteggiare le conseguenze della BSE, del 15 febbraio 2001.
(26) Vedi audizione del 23 febbraio 2001.
(27) Sul punto, vedi audizione citata di Gennaro Papa, presidente dell'Assograssi.
(28) Vedi audizione di Alfonso Pecoraro Scanio, ministro delle politiche agricole e forestali, del 15 febbraio 2001.
(29) Vedi, in particolare, l'audizione di Giovanni Damiani, direttore dell'Anpa, del 23 febbraio 2001.
(30) Vedi, da ultimo, il decreto legge 18 febbraio 2001, n. 8.
(31) Vedi audizione del 15 febbraio 2001.
(32) Vedi audizione di Gennaro Papa, presidente dell'Assograssi, e di Giordano Veronesi, presidente del gruppo mangimi semplici dell'Assalzoo, del 19 febbraio 2001.
(33) Vedi audizione del 15 febbraio 2001.
(34) Vedi audizione del 15 febbraio 2001.
(35) Vedi audizione del 15 febbraio 2001.
(36) Vedi, da ultimo, il decreto legge 18 febbraio 2001, n. 8.

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