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Doc. XXIII n. 46-bis


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PARTE SESTA

1. Camorra e lavoro

Negli anni '70 a Napoli si assiste ad una graduale trasformazione del fenomeno clientelare. Fino al 1974 il clientelismo era stato molecolare e familistico. Il disoccupato faceva anticamera per mesi e per anni nei partiti, nelle segreterie dei politici di governo e nelle sedi dei sindacati. La transazione era in genere individuale, molecolare. La singola assunzione assicurava il consenso generalizzato di un intero parentato. La singola assunzione funzionava anche da propulsore di aspettative. E le aspettative si portavano dietro altri consensi. A partire dall'inizio degli anni '70 nel Centro Storico e nelle periferie i gruppi della sinistra extraparlamentare realizzano una presenza radicalmente nuova. La sinistra a Napoli non è soltanto più quella operaista e sindacalizzata. Napoli in quegli anni è la terza città metalmeccanica d'Italia, dopo Torino e Milano. Il tessuto industriale tiene ancora nella Zona Orientale. E ad occidente l'Italsider un baluardo della classe operaia. E negli altoforni dell'Italsider saranno bruciati oltre 1.000 miliardi con la ristrutturazione di un impianto siderurgico che tutti sapevano condannato alla chiusura dopo qualche anno.
La sinistra extra-parlamentare sperimenta a Napoli una strategia populista. Lotta Continua con la leadership di Mimmo Pinto organizza il primo movimento dei disoccupati. E così la sinistra prosciuga aree di consenso proprie della protesta monarchica e neo-fascista. Il PCI capisce che per radicarsi nel Centro Storico bisogna seguire la strategia populista dei gruppi extra parlamentari. Ed ecco che sorge il primo movimento dei disoccupati organizzati. Lo definiscono «Lista Cinque Santi». La denominazione deriva da Vico Cinque Santi:
un vicolo di Napoli dove ha sede il movimento che conta oltre 700 iscritti.
Si passa così dal clientelismo doroteo e molecolare al clientelismo di massa. Il partito assicura una sorta di padronato politico al movimento dei disoccupati che vedranno i loro organizzati assunti, inizialmente con forme di precariato, negli enti locali e negli ospedali.
Il successo elettorale della sinistra nel 1975 a Napoli affonda le sue radici anche sulla forza e la presa di questi movimenti. Ma ecco che la camorra dopo qualche anno decide di trasformarsi in una sorta di partito malavitoso di massa. La camorra capisce che il meccanismo delle liste di lotta può essere gestito anche dalle cosche. E così scendono in piazza gli ex detenuti. C'è una legge dello Stato che assicura un loro eventuale avviamento al lavoro. Nel movimento degli ex detenuti si fanno largo i rappresentanti di tutti i partiti. La famiglia camorrista che egemonizza questo movimento dei disoccupati fa capo al clan dei Giugliano di Forcella. Ed ecco che attorno alle liste degli ex detenuti fiorisce un mercato clandestino del posto fisso. È il 1981 quando l'amministrazione Valenzi stipula una convenzione con le


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coop. degli ex detenuti. All'interno del PCI ci sono delle resistenze. Il Presidente della Lega delle Cooperative ed esponente di primo piano del PCI Ricciotti Adinolfi si oppone alla decisione di Valenzi. Chiede un colloquio con l'allora Segretario Regionale del Partito Comunista Italiano Antonio Bassolino. Non riesce dopo ore di attesa ad ottenerlo. Anzi Adinolfi viene emarginato e alla guida della Lega delle Cooperative è nominato un impiegato regionale distaccato alla CGL: si tratta dell'architetto Luciano Miraglia. Le cooperative degli ex detenuti sono così gestite unitariamente dalle maggiori centrali cooperative, dalla Lega al Confcooperative. C'è persino un suicidio in questa storia. Quello dell'ex presidente delle cooperative di servizio della Lega Domenico Maresca, un esponente del PCI padre di una figlia ed appena trentatreenne. Maresca è raggiunto da una comunicazione giudiziaria per truffa ed associazione per delinquere di stampo camorrista. Maresca è una persona perbene che si è trovato per coerenza e militanza politica dentro un ingranaggio inesorabile. Si toglie la vita gettandosi dal ponte di Seiano, un volo di 100 metri pone fine alla sua esistenza. L'inchiesta va avanti. Si tratta di un'affare di 240 miliardi truffati allo Stato. C'è di tutto: dalle fatture false alle frodi dell'Iva, dalle iscrizioni vendute per 10 milioni alle clientele esercitate da tutti i partiti presenti in consiglio comunale. C'è un drammatico comitato federale del PCI. L'Onorevole Gerado Chiaromonte che invoca il rispetto della legalità viene messo in minoranza. Qualche anno dopo, poche ore prima di morire chiamerà il direttore de «Il Mattino» e confessa per sfogarsi: «Sono addolorato per il coinvolgimento del PDS nella tangentopoli napoletana. Ricordo che quando ci fu il caso delle cooperative degli ex detenuti, chiesi l'inchiesta del partito. Al Consiglio Federale rimasi isolato. Fu uno dei giorni più brutti della mia vita.» (vedere allegati: articolo di Armando De Simone sul quotidiano «Il Giornale di Napoli» e promemoria sui possibili collegamenti tra la maxitruffa dei corsi fantasma di formazione professionale e l'assassinio del giornalista de «Il Mattino» Giancarlo Siani).

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