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1) La compilazione dei questionari
La prima osservazione che scaturisce dall'analisi dei dati dei questionari esaminati è che questi sono stati spesso compilati con evidenti e diffuse carenze, che evidenziano non solo la difficoltà da parte degli operatori di reperire i dati e di classificarli nello schema proposto dal questionario ma anche una diffusa disattenzione ed un atteggiamento di disinteresse da parte dei responsabili, sanitari e amministrativi, comportamento che presuppone una sostanziale disattenzione dei direttori generali.
È singolare osservare come questa difficoltà nel reperire dati completi e attendibili sia una costante che viene evidenziata da buona parte degli Istituti che hanno avviato studi analoghi.
È risultato spesso evidente che non esiste un reale collegamento tra chi gestisce operativamente i rifiuti ospedalieri (cioè chi si occupa della loro raccolta, della disinfezione, della movimentazione) e chi invece cura gli aspetti amministrativi.
Questa ripartizione di competenze, è alla base delle discrepanze riscontrate nei questionari e risulta particolarmente evidente nella sezione relativa ai costi,e in alcuni casi ha fatto nascere qualche dubbio sulla veridicità delle riposte.
Per questo motivo, quando è stato possibile, alcuni costi di smaltimento sono stati calcolati utilizzando informazioni inserite nelle note di specifica o nelle relazioni che talvolta hanno accompagnato i questionari. In presenza di situazioni particolarmente dubbie o di evidente incompletezza, sono state richieste integrazioni che nonostante tutto, in alcuni casi, non sono state fornite o non sono state sufficientemente esaustive.
È da segnalare che nel periodo che interessa l'indagine, 1995-1998 il S.S.N. è stato riorganizzato; tale situazione è stata motivo di un'ulteriore difficoltà per quelle aziende che hanno subito una riorganizzazione strutturale; i dati del 1998, infine, sono stati a volte trasmessi in modo incompleto in quanto gli ospedali, al momento dell'invio del questionario, avevano a disposizione solo i dati del primo semestre.
Per quanto riguarda la parte del questionario che si riferisce alle quantità di rifiuto prodotte, i dati forniti hanno risentito del fatto che le modalità di raccolta sono finalizzate allo smaltimento e quindi gli stessi dati quantitativi sono stati accorpati nonostante si riferiscano a rifiuti aventi diverso codice C.E.R.
In pratica, al momento della raccolta, vengono introdotti nello stesso contenitore rifiuti con differente codice C.E.R; per esempio, i rifiuti potenzialmente infettivi (CER 180103), i rifiuti taglienti e pungenti (C.E.R. 180101-180202) e le parti anatomiche non riconoscibili vengono confezionati in un unico contenitore. Di conseguenza,
per l'analisi quantitativa dei dati si è scelto il criterio di raggruppare i rifiuti in:
Rifiuti pericolosi a rischio infettivo e sanitari speciali (solidi e liquidi)
Rifiuti farmaceutici (solidi e liquidi)
Rifiuti pericolosi (solidi e liquidi)
Rifiuti pericolosi a rischio chimico (chimici solidi e liquidi)
Rifiuti radioattivi (con tempo di dimezzamento sia inferiore che superiore a 75 giorni solidi e liquidi)
Rifiuti assimilabili ai rifiuti urbani
Altro
Per quanto riguarda i dati relativi ai rifiuti assimilabili agli urbani e ai rifiuti indicati nel questionario come «altro», si deve segnalare che essi solo raramente sono stati forniti e quindi non faranno parte dell'analisi di dettaglio. Inoltre non sono stati segnalati quei rifiuti che vengono immessi direttamente o indirettamente nella rete fognaria.
Da segnalare infine che spesso la pesa dei rifiuti non viene eseguita all'interno della struttura sanitaria ma a destino cioè presso l'impianto di termodistruzione. In alcuni casi, la pesata viene effettuata anche dai trasportatori che dispongono di mezzi più attrezzati.
Al momento della consegna alla ditta di smaltimento, sul formulario di identificazione viene registrato o il numero dei contenitori o un peso presunto.
Solo occasionalmente è stata segnalata sui formulari la destinazione finale dei rifiuti (centri di stoccaggio, discariche o termodistruttori): la giustificazione addotta per questa carenza è stata che la struttura sanitaria, una volta consegnato il rifiuto alla ditta, non si ritiene più responsabile delle successive fasi quali il trasporto e/o lo smaltimento. In verità, invece, i direttori sanitari o il Direttore Generale avrebbero potuto far reperire queste informazioni dai formulari di identificazione dei rifiuti che le ditte devono restituire, a smaltimento effettuato, alle strutture sanitarie e sui quali deve essere riportata la località e la ragione sociale del termodistruttore o del centro di stoccaggio; ciò conferma quanto già stato detto circa la scarsa attenzione rivolta dai responsabili delle strutture monitorate all'indagine promossa dalla Commissione.
Le informazioni anagrafiche relative alle società alle quali è stato affidata anche una sola fase del ciclo (raccolta, confezionamento, trasporto, smaltimento) sono state sufficientemente complete anche se in alcuni casi è stato necessario un controllo più accurato dei dati forniti, al quale ha collaborato la Guardia di Finanza. Di contro sono risultate molto carenti le indicazioni degli importi erogati dalle strutture sanitarie alle ditte stesse. Molto spesso, in particolare per le ASL è stato indicato il costo globale dell'appalto di tutti i presidi ospedalieri e territoriali; in questi casi i singoli costi sono stati ricavati attribuendo ad ogni presidio della ASL un importo proporzionale alla quantità di rifiuto prodotto.
La determinazione dei costi relativi a ciascun presidio è stata ancora meno agevole nei casi in cui la struttura sanitaria ha stipulato contratti pluriennali. In alcuni casi non è stato inoltre possibile stabilire a quale tipo di appalto (fornitura contenitori, trasporto, smaltimento) era attribuibile l'importo segnalato.
2) Analisi dei dati relativi alle quantità
Nell'allegato 8 vengono riportate delle tabelle riassuntive della quantità rilevata per ciascuna tipologia di rifiuto, relativamente alle località prese in esame con il campione.
Da ricordare che solo per la Sicilia sono state prese in esame tutte le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende Ospedaliere ed i Policlinici Universitari; per le altre regioni, si hanno situazioni differenziate in quanto per il Lazio, la Campania e la Lombardia sono state prese in esame tutte le strutture (ASL, AO e Policlinici Universitari) dei soli capoluoghi mentre i dati relativi alla Sardegna riguardano solo i Policlinici Universitari.
Per quanto riguarda le tipologie di rifiuto precedentemente indicate (Par.1), si è preferito focalizzare l'attenzione sui quei rifiuti che vengono prodotti dai reparti ospedalieri delle strutture sanitarie, escludendo, almeno nella prima fase di elaborazione tutte quelle tipologie di rifiuto che pur essendo prodotte in una struttura nosocomiale trovano collocazione in altri tipi di indagine anche per la loro classificazione C.E.R.
Per i quattro anni presi in esame, le quantità di rifiuto prodotte, e le giornate di degenza sono riportate in tabella 2 che contiene dati riassuntivi.
Nel 1997 sono stati prodotti nei reparti ospedalieri circa 13.092 tonnellate di rifiuti sanitari;le giornate di degenza ordinarie, come evidenziato anche in tabella, sono, per lo stesso anno, 10.878.360 pertanto la quantità di rifiuto prodotto per giornata di degenza e per paziente, risulta essere circa 1,2 Kg.
Tenendo presente che non tutte le strutture sanitarie producono rifiuti radioattivi, si ottiene una produzione media di 1,16 Kg per giornata di ricovero per paziente.
Per i soli rifiuti pericolosi a rischio infettivo, la cui produzione risulta di 11.088 tonnellate per il 1997, la quantità di rifiuto prodotta per giornata di degenza e per paziente è di circa 1 Kg (1,02 Kg.), per i rifiuti farmaceutici (130 tonnellate nel 1997) è di 0,012 Kg mentre per i rifiuti pericolosi a rischio chimico (1.444 tonnellate per il 1997) risulta di 0,13 Kg; se si considera la somma dei rifiuti a rischio infettivo e di quelli farmaceutici, si ottiene una quantità pari a circa 1 Kg.
I dati raccolti tramite i questionari sono stati confrontati con i dati forniti dall'ANPA e con alcune informazioni fornite dall'AMA che gestisce il forno inceneritore di Roma. Utilizzando anche i dati relativi alle giornate di degenza messi a disposizione dal Ministero della sanità sul proprio sito Internet, sono state effettuate delle elaborazioni riportate in dettaglio in All.9 che, oltre a consentire una prima verifica dei dati raccolti con l'indagine, hanno permesso di effettuare estrapolazioni a livello nazionale relative al quantitativo dei diversi rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie.
Infatti, analizzando i dati messi a disposizione dal ministero della sanità sul proprio sito Internet, si ricava che le giornate complessive di ricovero per degenza ordinaria per le strutture pubbliche e private, (escluso il Day -Hospital), per il 1997 sono circa 82.000.000.
Considerando valida la produzione media di 1,16 Kg di rifiuto prodotto per giornata di degenza ordinaria per paziente, si ottiene che, a livello nazionale, la produzione complessiva di rifiuti infettivi, farmaceutici e chimici pericolosi sanitari provenienti da strutture ospedaliere pubbliche ed accreditate è di circa 95.120 tonnellate. (Giornate di degenza x produzione media).
Ulteriori considerazioni riportate in allegato 9 fanno presupporre che la quantità di rifiuti di origine sanitaria, prodotta a livello nazionale da tutte le strutture pubbliche e private e dai privati sia stimabile intorno alle 190.240 tonnellate.
3) La movimentazione dei rifiuti
a)
prodotto chimico da usare per la disinfezione dei rifiuti, i contenitori da utilizzare per i diversi tipi di rifiuto.
L'efficacia della disinfezione dipende da molti fattori:
Per quanto riguarda la natura dei contaminanti, si possono citare alcune tipologie di microrganismi: batteri sporigeni, microbatteri tubercolari, virus senza mantello lipidico, funghi, batteri in forma vegetativa, e virus con mantello lipidico (HIV, HBV, HCV); l'elenco è in ordine decrescente per quanto riguarda la resistenza alla disinfezione.
In generale, andrebbe limitato l'uso delle aldeidi perché potenzialmente tossiche per l'uomo ed in particolare l'uso della formalina, in quanto i gas di formaldeide sono considerati cancerogeni (circolare 57/83- Usi della formaldeide- del ministero della sanità); sono inoltre da evitare i composti a base di cloro perché possono dar luogo a prodotti tossici particolarmente negli impianti di incenerimento che lavorano a temperature inferiori ai 1200 oC ( a temperature superiori ai 1200 oC tutti i disinfettanti si decompongono senza dar luogo a prodotti tossici).
non uniforme del disinfettante e la impossibilità di un intimo e prolungato contatto con le intere superfici contaminate, non riesce a distruggere tutti gli agenti morbigeni. Di contro, tale pre-trattamento , in mancanza di apparecchiature sterilizzatrici, ha un valore pratico sia perché, se ben attuato, può determinare una notevole diminuzione della carica batterica, sia perché i microrganismi sopravvissuti possono mostrare un potere patogeno fortemente attenuato.
In considerazione dei risultati parziali che si ottengono con la disinfezione, vista la pericolosità tossica di alcuni disinfettanti, il ministero della sanità sta prendendo in seria considerazione la possibilità di abrogare tale obbligo contenuto nella deliberazione del Comitato Interministeriale del 27/7/84.
in primo luogo in ambito tecnico - scientifico e successivamente nelle opportune sedi politiche ed amministrative.
b) Movimentazione esterna
sul formulario di identificazione; ciò fa desumere che la consegna al termodistruttore debba avvenire in questo lasso di tempo.
costituire un problema dal punto di vista igienico sanitario, causa un ritardo nella registrazione del carico e dello scarico dei rifiuti che spesso eccede i termini previsti dalla normativa
4) Con i questionari sono state richieste informazioni relative al sito di smaltimento definitivo dei rifiuti ma solo in pochi casi si sono
registrate risposte complete ed utili per tracciare il percorso del rifiuto una volta uscito dalla struttura sanitaria.
5) Analisi dei dati relativi ai costi
Un aspetto particolarmente interessante dell'indagine è quello relativo ai costi di gestione dei rifiuti sanitari.
Sulla base dell'esperienza acquisita nell'ambito dell'indagine è stato rilevato che, i contratti tra le strutture sanitarie e le ditte appaltatrici, possono essere stipulati o considerando la quantità di rifiuti prodotti nel periodo precedente e quindi «a forfait»,oppure quantificando le quantità prodotte, in litri, chilogrammi, metri cubi o numero di imballaggi di un determinato volume.
complessivo senza pertanto identificare le quantità dei singoli produttori.
Per alcune strutture sanitarie, in particolare quelle di Napoli1 e Napoli2, è stata acquisita della documentazione supplementare inerente al trasporto per ferrovia ed ai costi di smaltimento dai quali è stato possibile avere una conferma degli importi parziali per il calcolo del costo per Kg.
Dai dati acquisiti nel corso delle visite effettuate a diversi nosocomi, si è accertato che il costo medio di smaltimento dei rifiuti a rischio chimico provenienti dai reparti di radiologia, come le soluzioni di sviluppo e fissaggio è di circa 300/ 500 lire al litro; un costo così basso è giustificato dal fatto che alcuni componenti di questo rifiuto, ad esempio l'argento, possono essere recuperati in impianti specializzati.
Utilizzando i dati precedenti e quelli relativi alle quantità di rifiuti prodotti per il 1997, si può fornire una stima calcolata del costo di gestione per i rifiuti infettivi, chimici e farmaceutici per le strutture sanitarie pubbliche e accreditate:
Le considerazioni riportate in All.9 fanno presupporre un costo complessivo, da attività pubbliche e private, di circa 650 Mld annui per i rifiuti d'origine sanitaria.
6) Le informazioni raccolte tramite i questionari, hanno consentito l'individuazione di buona parte delle ditte alle quali le strutture sanitarie affidano la gestione di rifiuti prodotti: per tali ditte si dispone dei dati anagrafici ed in alcuni casi si conosce l'ammontare dell'appalto e le modalità con le quali esso è stato assegnato (gara, trattativa privata...).
Le procedure che riguardano la movimentazione dei rifiuti prodotti all'interno dei diversi reparti presenti nelle strutture ospedaliere vengono generalmente fissate da un regolamento interno alla struttura ospedaliera nel quale vengono indicate delle procedure inerenti alla protezione della salute del lavoratore, le modalità di raccolta, il
I contenitori per la raccolta dei rifiuti pericolosi sia solidi che liquidi devono essere del tipo omologato. Essi vengono distribuiti nei diversi reparti della struttura nosocomiale o dal personale infermieristico incaricato o da personale appartenente a ditte che attuano le operazioni di pulizia e di sanificazione ambientale. Lo stesso personale può essere utilizzato per la movimentazione interna dei contenitori già riempiti.
Prima della chiusura, nei contenitori vengono inseriti i prodotti utilizzati per la disinfezione.
Di solito questa operazione può essere eseguita o dal personale infermieristico o dal personale dipendente delle ditte che eseguono il servizio di trasporto e di smaltimento e deve essere certificata dal Direttore Sanitario.
Le modalità di raccolta dei contenitori dipendono dalle condizioni dell'appalto. Le ditte possono prelevare i contenitori direttamente dai reparti oppure da un punto di raccolta indicato dalla Direzione Sanitaria.
Prima di lasciare la strutture nosocomiale, i contenitori, interni ed esterni, devono essere ermeticamente chiusi. (Deliberazione del 27 Luglio 1984 Gazzetta Ufficiale no 253 del 13/9/84. Supplemento Ordinario).
I contenitori possono essere approvvigionati o dalle stesse ditte che eseguono il servizio di smaltimento o da ditte specializzate. L'appalto può essere aggiudicato ad un'unica ditta per l'intera produzione dei rifiuti ospedalieri, liquidi e solidi o, caso più frequente, il servizio può essere frazionato ed appaltato a più ditte specializzate.
I diversi modi di concepire i capitolati di appalto del servizio da parte delle Aziende Sanitarie Locali, delle Aziende Ospedaliere o dei Policlinici Universitari determina il costo globale del servizio.
La disinfezione è, al momento, il pre-trattamento più diffuso che subiscono i rifiuti di origine sanitaria prima di essere allontanati dal luogo di produzione ed inviati alla termodistruzione. Essa è finalizzata all'eliminazione dei microrganismi patogeni con l'esclusione delle spore batteriche che possono essere eliminate,invece, con la sterilizzazione. Si attua generalmente utilizzando composti chimici che vengono inseriti direttamente nel contenitore utilizzato per la raccolta.
La disinfezione è attualmente prevista per:
a) rifiuti pericolosi a rischio infettivo e quelli speciali per i quali è previsto lo stesso trattamento e confezionamento dei rifiuti a rischio infettivo
a) campioni di urine, feci e sangue prima dello smaltimento in fognatura
b) liquami provenienti dai reparti a rischio infettivo
tipo di contaminanti e grado di contaminazione
quantità di materiale organico presente (il materiale organico inattiva i disinfettanti chimici)
tipo di agente germicida, sua concentrazione, quantità e tempo di contatto
caratteristiche del materiale da disinfettare
Nella scelta del disinfettante da utilizzare vanno prese in considerazione ed armonizzate tutte le caratteristiche precedentemente descritte tenendo anche conto della tossicità del disinfettante, che potrebbe causare danni all'ambiente ed agli operatori che lo utilizzano, e delle modalità di smaltimento finale del rifiuto stesso.
Nella tabella 3 vengono indicati alcuni disinfettanti insieme al loro grado di attività:
Nel corso dell'indagine sono stati consultati alcuni esperti nel campo della disinfezione, in particolare, è stato ascoltato dalla Commissione G.M: Fara, direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università «La Sapienza» di Roma.
Secondo il parere degli igienisti, le disinfezione, soprattutto quella dei rifiuti infettivi solidi, dà risultati parziali in quanto la distribuzione
Tuttavia, secondo i risultati riportati da diverse riviste scientifiche, si deve ridimensionare notevolmente la supposta pericolosità infettiva dei rifiuti ospedalieri sia nei confronti del personale delle strutture sanitarie che rispetto all'ambiente ed alla comunità in generale.
Nella letteratura scientifica, infatti, non esiste alcuna evidenza epidemiologica che dimostri che i rifiuti ospedalieri siano mai stai causa di episodi infettivi per la comunità.
Gli unici rifiuti di origine sanitaria sinora associati alla trasmissione di infezioni sono quelli taglienti o pungenti contaminati. Gli incidenti hanno tuttavia riguardato i soli operatori sanitari durante la loro attività e quindi prima che l'ago o un altro attrezzo tagliente diventi realmente rifiuto. Inoltre non è sufficiente che un rifiuto sia contaminato da numerosi microrganismi patogeni per indurre infezioni; bisogna che siano presenti altre condizioni che talvolta si verificano in particolari reparti ospedalieri per malattie infettive, quali: dose e virulenza del microrganismo, contatto con ospite sensibile, via di penetrazione (contatto con le vie respiratorie, urinarie, orofaringee).
I prodotti o i composti chimici utilizzati per la disinfezione, secondo quanto dichiarato nei questionari sono elencati nelle tabelle che seguono:
La sterilizzazione, in linea di principio, è il processo di trattamento fisico mediante il quale è possibile eliminare, già prima della termodistruzione, la presenza di forme di vita microbiche: virus, batteri e spore. L'abbattimento della carica microbica deve garantire un livello di sterilità non inferiore a 10 E-6. (S.A.L.).
Sull'opportunità o meno di dover sterilizzare il rifiuto infettivo, in passato vi sono stati pareri discordanti tra il ministero della sanità ed il ministero dell'ambiente relativi alla necessità, dopo sterilizzazione, di dover inviare in discarica o di dover comunque termodistruggere il rifiuto sanitario infetto.
È ovvio che un argomento di così ampia portata igienico sanitaria ha richiesto un approfondimento dell'intera tematica a partire dal «principio di giustificazione».
Una oggettiva valutazione delle motivazioni che inducono a scegliere una soluzione piuttosto che un'altra, è stata argomentata da un'analisi dei benefici e dei costi associati. Il giudizio d'insieme si è sicuramente basato su più parametri ed è stato oggetto di attenzione
A tal proposito, la regione Lombardia, circolare no 42 del 9 novembre 1994 del settore sanità e igiene, rileva che «la scelta della sterilizzazione dei rifiuti sanitari speciali, al di là di una possibile riduzione dei costi di smaltimento, da verificare nella realtà di ogni singola struttura sanitaria, sicuramente consente una riduzione delle difficoltà e responsabilità amministrative».
Per dovere d'informazione, i costi cui fa cenno la regione, nel 1994 erano sicuramente molto più alti di quelli praticati oggigiorno. D'altra parte bisogna anche tenere presente che nel caso di sterilizzatori che possiedano dispositivi di triturazione e compattazione, il prodotto finale si presenta come un solido compatto con una drastica riduzione del volume (il residuo è circa 15% del volume iniziale). Considerato l'alto potere calorifico di questa tipologia di scorie secche, queste possono essere bruciate in impianti per la produzione elettrica.
In definitiva, quindi, tenendo presente che dal punto di vista sanitario i risultati che si ottengono con la sterilizzazione e la termodistruzione sono igienicamente identici, la bozza del decreto applicativo dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 22 del 1997 che ha già avuto il parere favorevole del Consiglio di Stato ed è stato firmato dai ministri dell'Ambiente e della Sanità, indica che i rifiuti sanitari che subiscono il trattamento di sterilizzazione possono essere inceneriti in termodistruttori per rifiuti urbani purché questi siano disponibili in ambito territoriale; in caso contrario il rifiuto deve comunque seguire la strada della termodistruzione in inceneritori per rifiuti pericolosi o dedicati, salvo che la regione, su richiesta non abbia autorizzato lo smaltimento in discarica secondo quanto previsto all'articolo 45 comma 3.
Nel caso che si effettui il trattamento di sterilizzazione, l'apparecchiatura deve essere in grado di rendere irriconoscibile il rifiuto tramite triturazione, essiccamento e compattazione (diminuzione di volume).
In definitiva, la disposizione di cui sopra lascia alla direzione generale delle stesse strutture sanitarie decidere quale via seguire, secondo considerazioni di economicità
La normativa prevede che i rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie, una volta consegnati alle ditte che si occupano dello smaltimento, devono essere trasportati all'inceneritore o, se la regione non dispone di un adeguato impianto di termodistruzione, possono essere sterilizzati e quindi smaltiti in discarica controllata previa richiesta del presidente della regione; la richiesta deve essere accolta dal ministro della sanità e quello dell'ambiente che devono pronunciarsi entro novanta giorni.
L'ospedale che produce il rifiuto deve annotare entro una settimana dallo scarico (articolo 12, comma1, lettera a) del decreto legislativo «Ronchi», le quantità e le caratteristiche del rifiuto prodotto, riportate
Quando l'impianto di termodistruzione è ragionevolmente raggiungibile in tempi non eccessivi, il trasporto dei rifiuti avviene su gomma. In caso contrario, il rifiuto viene trasportato su gomma e successivamente su rotaia; alla fine del percorso, il rifiuto può essere globalmente trasferito, insieme al carro merci utilizzato durante il trasporto ferroviario all'impianto di incenerimento oppure, caso più frequente, dalla stazione ferroviaria viene ricaricato su gomma per essere definitivamente trasportato al termodistruttore (carrellamento)
Per quanto attiene al trasporto per ferrovia, le condizioni generali che regolano il movimento delle merci pericolose («Condizioni generali di vendita del trasporto di merci delle F.S.») sono piuttosto dettagliate e riguardano sia gli aspetti di etichettatura che la documentazione di accompagno dei colli. In particolare, la lettera di vettura deve contenere la dicitura «rifiuto», l'indicazione del tipo di classificazione, e l'eventuale composto chimico che determina la pericolosità del rifiuto.
Tra i documenti di trasporto è importante segnalare il formulario che individua le condizioni contrattuali; esso deve contenere tutte le informazioni riguardanti il produttore o detentore;il destinatario ed il luogo di destinazione, il primo vettore stradale e la ferrovia di partenza, il secondo vettore tra la stazione di arrivo ed il luogo di destinazione, le caratteristiche quantitative e chimico-fisiche del rifiuto ed altre informazioni riguardanti le istruzioni da eseguire nel caso di pericolo o di incidente ed infine le indicazioni del periodo massimo nel quale i rifiuti possono essere contenuti nell'imballaggio senza rischio per l'incolumità pubblica. In allegato 10 si riporta copia della modulistica relativa alle condizioni contrattuali per il trasporto ferroviario dei rifiuti speciali pericolosi
Per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti pericolosi tramite ferrovia, nel corso di alcune visite effettuate presso ditte smaltitrici, si è appreso che non sempre vengono rispettate le elementari norme di sicurezza e di igiene, in quanto il caricamento e l'impilaggio dei contenitori nei carri merci non vengono effettuati con le cure che sarebbero necessarie perché i contenitori stessi non si rovescino riversando parte del contenuto sul fondo del vagone.
Il piano di carico del carro, al contrario di quanto richiesto per i container per trasporto su gomma, non è costituito di materiale impermeabile; il piano di carico in legno del vagone può quindi assorbire sostanze pericolose e diventare un potenziale pericolo per la salute degli operatori.
Il lavaggio dei carri che trasportano rifiuti pericolosi, viene effettuato, secondo fonti delle F.S., solo a Mestre - Venezia e quindi questi vettori percorrono lunghi tratti prima di essere lavati e disinfettati; il costo del lavaggio, inoltre, incide sul costo complessivo del trasporto e quindi sul costo di smaltimento. Gli stessi carri possono poi essere utilizzati per trasportare merci di altro tipo in quanto non esistono carri ferroviari dedicati al trasporto dei soli rifiuti sanitari pericolosi.
I carri ferroviari che trasportano i rifiuti in Sardegna, infine, a causa delle code che spesso si registrano per l'imbarco, possono sostare anche per alcuni giorni prima di essere imbarcati e tale sosta, oltre a
Per inciso si fa presente quanto segnalato dalla divisione cargo delle F.S. di Palermo «.. per ciò che concerne gli anni 1998 e 1999 non risultano effettuate spedizioni. A tale proposito Vi segnaliamo che dal 1993 al 1998, a seguito della circolare n. 701 del 25/6/93 emessa dall'Assessorato Territorio e Ambiente della regione Sicilia, le F.S. furono inibite al trasporto dei ROT. Tale inibizione è decaduta con la circolare n. 959 del 19/5/98».
Casi particolari si segnalano per l'avvio all'incenerimento dei rifiuti provenienti da piccole isole; in questi casi vengono utilizzate delle imbarcazioni adeguatamente predisposte ed autorizzate.
In tutti i casi in cui il trasporto debba avvenire via mare, la normativa sul trasporto, decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1968 no 1008 - regolamento per l'imbarco, trasporto per mare, sbarco e trasbordo delle merci pericolose in colli, ed il decreto ministeriale 31/10/1991 No459 - regolamento recante norme sul trasporto marittimo dei rifiuti in colli - prevedono una serie di adempimenti che vengono riportati in all.11.
In sintesi, la normativa sul trasporto marittimo, divide i rifiuti in classi.
Chiunque voglia imbarcare rifiuti pericolosi, deve far domanda all'autorità marittima del porto d'imbarco,e indicare la classe di appartenenza del rifiuto. Devono comunque essere rispettate le norme introdotte dal decreto legislativo 22/97.
Nell'ambito dell'indagine, sono stati condotti degli accertamenti presso la Capitaneria di porto di Messina che hanno fornito i risultati indicati in all.12.
Da segnalare che, i rifiuti prodotti nella provincia di Napoli, in parte vengono indirizzati verso termodistruttori localizzati in Sardegna. Le motivazioni di questo movimento verso l'isola risiedono, secondo alcune dichiarazioni rilasciate dai responsabili delle ditte interessate, nella necessita di poter disporre in qualsiasi momento di un forno inceneritore alternativo e ciò induce le ditte a mantenere in vita dei contratti di smaltimento con società collocate sull'isola.
Le società che gestiscono gli impianti di termodistruzione situati in Sardegna si assicurano che ci sia comunque una quantità di rifiuti sufficiente a far funzionare il termodistruttore in condizioni di economicità, per cui stipulano con le società di smaltimento dei contratti che obbligano le stesse ad avviare parte dei rifiuti raccolti presso i termodistruttori dell'isola, o a pagare una penale.
Nella tabella riportata in All.13 vengono indicate alcune località di smaltimento dei rifiuti sanitari così come desunti dai dati raccolti con i questionari.
Da segnalare che alcune ASL come, ad esempio, la ASL 106 di Palermo smaltiscono i rifiuti in proprio ricevendo talvolta rifiuti anche da altre ASL.
L'elenco di tali ASL, secondo quanto ci è stato riportato nei questionari, e le quantità di rifiuti solidi termodistrutti, espresse in tonnellate, è contenuto nella tabella 6:
AZIENDE OSPEDALIERE E ASL CHE SMALTISCONO I RIFIUTI IN IMPIANTI INTERNI ALLE STRUTTURE
Come già evidenziato in precedenza, non tutte le ASL e AO hanno restituito i questionari compilati in modo corretto nelle parti relative ai costi.
Tali informazioni venivano richieste due volte, una volta in All.2 dove dovevano essere indicati i dati relativi ai costi di confezionamento trasporto e smaltimento o, in alternativa, il costo unitario totale del rifiuto ed una seconda volta in modo indiretto in All. 5 con il quale si chiedevano informazioni relativamente ai contratti che le strutture sanitarie stipulano con le ditte di smaltimento In molti casi è stato difficile ricavare il costo unitario del rifiuto in quanto le unità di misura utilizzate dalle strutture sanitarie non sono risultate uniformi.
Sul costo complessivo del rifiuto, incidono inoltre molte voci che non sempre sono state quantificate separatamente nei questionari come il costo del contenitore, del trattamento del rifiuto, del confezionamento, del trasporto ed il costo dello smaltimento.
A titolo di esempio, per i rifiuti ospedalieri, le principali voci che concorrono a costituire il costo del servizio, si possono sintetizzare nella seguente tabella:
Dai casi esaminati, si è evidenziato che di norma gli imballaggi in cartone hanno una densità media di rifiuto pari a circa lo 0,1 Kg/lt ( un contenitore da 40 litri pesa mediamente dai 3 ai 4 Kg );sono stati individuati casi in cui la densità è inferiore a 0,08 Kg/lt.
Sul formulario di identificazione viene registrato, oltre al numero dei colli, un peso presunto ( solo poche strutture dispongono di una bilancia per la pesata e solo pochi trasportatori si sono solo recentemente dotati di automezzi attrezzati per la pesa) che dovrebbe essere verificato a destino cioè quando gli imballaggi raggiungono l'impianto di incenerimento. Il peso presunto, in genere quantificato in base ai colli consegnati dall'ospedale al trasportatore, non viene certificato da un responsabile della struttura ma spesso viene indicato sul formulario di identificazione e sulla bolla di accompagnamento dal trasportatore.
Quando questi giunge al termodistruttore, l'automezzo di norma contiene rifiuti provenienti da più ospedali e da altre strutture che producono rifiuti sanitari; la pesata dei rifiuti viene effettuata in modo
I costi desunti dai questionari, sono stati aggregati in base alle quattro tipologie di rifiuti analizzati (pericolosi a rischio infettivo, chimici, farmaceutici, radioattivi) ed in base ai quattro anni analizzati.
I risultati sono sintetizzati nei grafici seguenti e sono espressi in lire per Kg di rifiuto raccolto, trasportato e smaltito:
La diversità dei costi che si riscontrano in tabella 8 si potrebbe far risalire è ragionevolmente attribuibile al tipo di servizio appaltato.
La variabilità che si riscontra in tabella 9 può in parte essere imputata al costo delle altre tipologie di rifiuto a rischio chimico ed in parte ad un'incoerenza dei dati forniti con i questionari.
Le informazioni raccolte nel corso delle visite presso le strutture nosocomiali e le ditte smaltitrici indicano che negli ultimi anni il costo unitario medio dei diversi rifiuti è progressivamente diminuito sia a causa dell'aumento del numero delle ditte che si occupano di smaltimento sia per l'incremento del numero di termodistruttori in esercizio e a seguito di una maggiore attenzione all'economicità della gestione da parte delle strutture sanitarie.
La tendenza può già essere osservata dai dati raccolti in particolare dalla Lombardia che, ad esempio per quanto riguarda i rifiuti infettivi, è passata dalle 2300 lire del 1995 alle 1800 lire del 1998. Secondo la relazione della regione Lombardia del giugno 2000 la spesa relativa allo smaltimento dei soli rifiuti sanitari potenzialmente infetti nel 1999 è stata di circa 25 Mld, contro un costo totale di circa 28 Mld ( che comprendono i rifiuti infetti, rifiuti speciali non pericolosi e rifiuti pericolosi chimici di laboratorio e di radiologia).
Si ha notizia che nel periodo 1999/00, in generale, i costi praticati sono inferiori alle medie precedentemente indicate. In alcuni casi, il prezzo al Kg risulta talmente basso da lasciar ipotizzare una gestione poco affidabile.
In alcuni casi, sono state condotte delle verifiche dirette su alcune società, in collaborazione con i consulenti della Guardia di Finanza.
I risultati di tali verifiche sono contenuti in un documento appositamente predisposto.
In allegato 14 si riporta, a titolo informativo, l'elenco delle società individuate tramite questionari, in relazione al tipo di rifiuto trattato ed alla località dove la società svolge la propria attività.