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5. Le attività illecite nel ciclo dei rifiuti in Emilia Romagna.
5.1. Episodi criminosi.
Per quanto riguarda le attività illecite, sia il prefetto di Bologna che i rappresentanti delle forze dell'ordine ascoltati in audizione hanno escluso infiltrazioni della criminalità organizzata in tale settore economico; esiste tuttavia una diffusa illiceità nel ciclo dei rifiuti, non tanto in materia di smaltimenti abusivi quanto relativamente ad attività irregolari che risultano essere l'origine di successivi sversamenti o smaltimenti illeciti, spesso in territori sotto lo stretto controllo della criminalità organizzata, come l'area vesuviana o la Calabria. Esistono peraltro - come le indagini dell'autorità giudiziaria hanno evidenziato - soggetti che in questa regione hanno dato vita a vere e proprie organizzazioni, le quali hanno lucrato sulla gestione illecita e truffaldina del ciclo dei rifiuti. Si tratta di osservazioni che saranno riprese e meglio illustrate successivamente.
quello di ben 20.000 litri di liquidi riversati nel fiume Mesola, presso Cesena) con gravi ripercussioni sulle stesse falde idriche, ed alla realizzazione di discariche abusive (il Nucleo Operativo Ecologico dell'Arma dei Carabinieri ha evidenziato, per l'anno 1997, ben 19 violazioni su 17 ispezioni effettuate).
Romagna. Al momento dell'incendio giacevano nel capannone circa 5000 tonnellate di tali rifiuti, posti sotto sequestro penale unitamente al capannone.
5.3. Le principali vicende giudiziarie.
Dalle audizioni e dalla documentazione acquisita, la Commissione è venuta a conoscenza di attività illecite su scala nazionale che vedono coinvolta questa regione, purtroppo divenuta negli ultimi anni nodo di scambio di traffici illeciti di rifiuti, in cui ricorrono sia società e soggetti che svolgono attività d'intermediazione nel settore, sia organizzazioni criminali operanti in altre regioni (soprattutto Campania e Puglia), che hanno ormai esteso il loro raggio d'azione su tutto il territorio nazionale (connessioni fra traffici abusivi di rifiuti e criminalità organizzata - operante in determinate aree territoriali depresse del paese - sono emersi, infatti, anche in Piemonte, Lombardia e Liguria), ampliando altresì le loro attività specifiche nel settore dei rifiuti dal semplice controllo dei siti finali di smaltimento alle attività di trasporto e di commercializzazione e, quindi, gestendo siffatte attività illecite dal produttore di rifiuti sino al sito di smaltimento illegale.
(2) Cfr. il Doc. XXIII n. 12 e il Doc. XXIII n. 16 approvati dalla Commissione.
Attraverso il sistema del cosiddetto «giro bolla», i rifiuti pericolosi vengono declassificati in residui riutilizzabili presso centri di stoccaggio (spesso costituiti artatamente) e affidati per lo smaltimento, per lo più illecito presso cave abbandonate o discariche non autorizzate a
ricevere rifiuti di provenienza extra regionale, se non addirittura mescolati al terriccio ed interrati per essere utilizzati nella pavimentazione di strade o nella costruzione di abitazioni civili, con grave pericolo per i cittadini e con produzione di notevoli profitti illeciti.
(3) Cfr. il Doc. XXIII n. 12.
Emblematica è, altresì, l'inchiesta condotta dalla Procura di Rimini - da cui il relativo procedimento penale, tuttora pendente (è stata formulata richiesta di rinvio a giudizio) - che ha portato all'arresto di ben undici personaggi titolari di attività di trasporto o di raccolta e smaltimento di rifiuti urbani, ovvero di società d'intermediazione nel settore, nonché di alcuni amministratori pubblici collusi, per il delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e per reati connessi (truffe, falsificazioni di certificati e di autorizzazioni, violazioni fiscali e altro).
stessi, nonché ai danni del Cia s.p.a., secondo un sistema - quello descritto - che si è ripetuto per alcuni anni (1994-1996), poiché non venivano effettuati controlli più penetranti della mera verifica formale dei documenti di accompagnamento dei rifiuti, in apparenza del tutto regolari. Per ingenti quantitativi di rifiuti provenienti dall'inceneritore di Salsomaggiore Terme, di cui sempre il Savini curava lo smaltimento, forte è il sospetto che essi siano stati addirittura smaltiti in discariche non autorizzate o comunque in luoghi non idonei a riceverli, dal momento che non è stato possibile accertarne la destinazione finale.
rispetto della legalità anche di carattere normativo. Ciò senza voler trascurare la necessità - da più parti denunciata dinanzi alla Commissione dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, e dalla stessa Commissione già rappresentata al Parlamento ed al Governo - di una serie interventi tesi sia al rafforzamento delle attività di controllo, fino ad oggi risultate gravemente lacunose nell'ambito delle attività connesse al ciclo dei rifiuti (vedi centri di stoccaggio), sia alla dotazione di mezzi e strutture idonei alle varie forze di polizia giudiziaria investite di competenza in materia di reati ambientali, che siano capaci di operare in stretto raccordo fra loro e con gli altri organismi preposti alla salvaguardia dell'ambiente (Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente - amministrazioni regionali e provinciali - procure territoriali), si da poter incidere efficacemente sulle diverse realtà territoriali del paese.
La Commissione ha raccolto numerose notizie specifiche in ordine agli illeciti connessi all'attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti in questa regione; dalle audizioni del prefetto di Bologna, dell'assessore regionale all'ambiente e dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste, nonché dai dati forniti dalle forze dell'ordine, risulta che le violazioni nel settore attengono principalmente all'abbandono di rifiuti pericolosi sul territorio, in specie lungo gli argini dei fiumi (come
Un settore che in Emilia Romagna appare particolarmente esposto al rischio di comportamenti illeciti è quello relativo all'attività svolta dai numerosi centri di stoccaggio insistenti nella regione, i quali - è ben noto - offrono facilmente il fianco ad attività di miscelazione tout court e modifica (mediante alterazioni e falsificazioni dei documenti di accompagnamento) della tipologia dei rifiuti tossico-nocivi, che vengono in tal modo avviati a forme di smaltimento non corrette, nei siti più disparati, con grave danno per l'ambiente e la salute dei cittadini.
Significativi al riguardo i dati offerti dall'ARPA, che evidenziano il ricorso a tale pratica illegale presso centri di stoccaggio di diversi comuni dell'Emilia Romagna (come Ferrara, Rimini, Piacenza, Parma e Ravenna) ed hanno determinato l'avvio di inchieste della magistratura che - come vedremo più avanti - destano particolare allarme per la natura e diffusione del fenomeno. Dai dati dell'ARPA si evince inoltre che gli impianti autorizzati sono prevalentemente depositi temporanei per conto terzi di rifiuti speciali e che sono circa 2000 le autorizzazioni riferite a singole tipologie di rifiuti e non v'è pertanto corrispondenza tra il numero di impianti autorizzati e le tipologie di rifiuti autorizzate.
Fra gli episodi illeciti, merita segnalare il ritrovamento di 88 fusti metallici contenenti reflui industriali esausti, che sono stati abbandonati su un terreno in prossimità del comune Montale di Piacenza (il procedimento penale è tuttora in corso). Altro episodio preoccupante è stato il rinvenimento di un contenitore per rifiuti radioattivi addirittura nell'oasi naturalistica di Punte Alberete, nei pressi di Ravenna (già nel luglio 1997 nella stessa area erano stati trovati contenitori con un materiale altamente tossico quale il policlorodifenile); le analisi del contenuto hanno evidenziato la presenza di scorie di cesio e di berillio.
Nel quadro dell'attività svolta dalla Guardia di Finanza merita segnalare la scoperta nel comune di San Pietro in Casale di una vasta area destinata a deposito non autorizzato di rifiuti pericolosi (oli esausti e batterie per auto) e speciali (veicoli a motore, rimorchi ed altro, rifiuti derivanti da attività di demolizione e di costruzione eccetera), posta immediatamente sotto sequestro nel marzo 1998. Sono stati rinvenuti ben 15.000 quintali di rifiuti speciali e 10 quintali di rifiuti pericolosi. Il procedimento penale nei confronti del titolare che ha gestito tale deposito senza alcuna autorizzazione sin dal 1993 è tuttora pendente. Vi è, poi, da segnalare l'abbandono di diverse tonnellate di rifiuti pericolosi (anche lastre di amianto) in una discarica abusiva sita nella frazione di Casalborsetti del comune di Ravenna.
Sempre Ravenna, nel maggio 1998, è stata teatro di un incendio di vastissime proporzioni sviluppatosi presso il capannone della società «Fertildocks s.r.l.» (oltre 7000 mq.), destinato al trattamento di rifiuti provenienti dall'azienda AMSA di Milano (la municipalizzata titolare del servizio di smaltimento rifiuti) che dovevano, poi, essere avviati alla termocombustione nella centrale ENEL di Fusina (Veneto), in virtù di un'intesa stipulata nel luglio 1997 tra le regioni Lombardia ed Emilia
L'episodio ha determinato l'avvio di un'indagine da parte della Procura di Ravenna, che allo stato ha accertato la natura certamente dolosa dell'incendio, la cui opera di spegnimento, protrattasi per ben 22 giorni (19 maggio-10 giugno 1998), ha richiesto l'impiego delle forze dei Vigili del fuoco dei comuni di Bologna, Forlì, Lugo e Faenza, oltre che di Ravenna. Dai primi accertamenti esperiti, è risultato che nel capannone giacevano già dal settembre 1997 Rsu e fertilizzanti che non erano stati trattati, motivo per il quale proprio il giorno precedente al verificarsi dell'incendio era stata convocata la Giunta comunale per ottenere chiarimenti relativamente alla corretta esecuzione del contratto da parte della società AREA, impegnata nelle attività di stoccaggio e trattamento dei rifiuti, e dell'azienda d'intermediazione, che è risultata essere una ditta (la SEA) avente sede nella Repubblica di San Marino.
Particolare rilievo in questo nuovo scenario delineatosi e più volte denunciato dai rappresentanti dell'associazione Legambiente ai vari organi preposti ai controlli nel settore oltre che alla magistratura, è l'indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli su alcuni traffici illeciti di rifiuti tossico-nocivi provenienti da industrie del nord Italia, in specie dell'Emilia Romagna (comuni di Reggio Emilia e Bologna), e trasportati lungo le dorsali tirrenica e adriatica, per essere abbandonati in aree territoriali del meridione controllate dalla criminalità organizzata (2).
Fortemente indicativi degli interessi coinvolti nell'«affare» rifiuti e delle dimensioni preoccupanti assunte dal fenomeno sono i dati offerti dalla Procura Distrettuale di Napoli in ordine alla varietà dei siti finali di smaltimento (3), prontamente reperiti grazie all'intervento dei clan criminali (in particolare di clan camorristici, come quello dei Casalesi), per farvi confluire i rifiuti provenienti da altri siti illegali, ogni volta che questi venivano individuati e posti sotto sequestro dalla magistratura.
Alcune ditte di smaltimento e trasporto della regione Emilia Romagna (soprattutto dei comuni di Rimini, Piacenza, Parma, Forlì e, in parte, Bologna) avevano inviato, infatti, i loro rifiuti (urbani) per lo più in discariche abusive della Puglia e dell'Emilia Romagna, ma anche di Abruzzo e Calabria, sempre attraverso il ben noto meccanismo del cosiddetto «giro bolla», per cui i rifiuti venivano miscelati in alcuni centri di stoccaggio e poi spediti verso tali siti finali di smaltimento.
Precisamente, Marco Savini, titolare di un centro di stoccaggio di rifiuti urbani ed assimilabili nel comune di Borgonovo, aveva incaricato la ditta Muratori Trasporti a effettuare trasporti di Rsu dal comune di Piacenza e territori limitrofi e dal Consorzio smaltimento rifiuti fra i comuni di Salsomaggiore Terme e Fidenza, alle discariche di Ancarano, Pomarico, Collecorvino e Corigliano Calabro. Tali rifiuti, in realtà, non sono mai pervenuti nelle citate discariche, ma sono risultati smaltiti prevalentemente presso la discarica di Ginestreto, attraverso l'utilizzazione di false bolle ecologiche emesse dal Cia s.p.a. di Coriano, grazie alla compiacenza di un suo funzionario che percepiva dall'illecita emissione lauti compensi (secondo quanto appurato dai magistrati lire 500.000 circa per ogni bolla).
La ditta Muratori Trasporti, peraltro, era titolare di un appalto con il Cia s.p.a. per il trasporto di Rsu dal forno di incenerimento del comune di Coriano alla discarica di Ginestreto, per cui non era difficile far figurare gran parte dei rifiuti di altre località fra quelli provenienti da Coriano mediante, appunto, una falsa bolla ecologica proveniente dal Cia s.p.a. (bolle ecologiche false sono state emesse anche dalle società Amga di Cesena e dall'Amiu di Forlì).
È evidente la truffa realizzata ai danni dei comuni di provenienza dei rifiuti, che pagavano la ditta per il trasporto e lo smaltimento degli
Un altro filone della stessa indagine condotta dalla Procura di Rimini ha consentito di reprimere un gravissimo traffico illecito di rifiuti: nel 1995 notevoli quantitativi di fanghi tossico-nocivi prodotti dalle Acciaierie venete s.p.a. ed affidati per il trattamento e lo smaltimento alla ditta Asbestos Tecnical Service 2, venivano inviati direttamente, senza subire alcun processo di inertizzazione e trattamento, in una cava dismessa sita in territorio veneto (comune di Soave) e finivano addirittura utilizzati dalla ditta Edilstrade per la pavimentazione delle strade, con gravissimo pregiudizio per l'ambiente e la salute pubblica.
Le due ditte, infatti, si facevano garanti dell'attività di trasporto, trattamento e riutilizzo finale di tali rifiuti mediante false attestazioni agli enti competenti, così lucrando ingenti somme dalle Acciaierie Venete s.p.a. per il servizio loro affidato e solo in apparenza svolto. È interessante notare come l'accertamento dei fatti sopra riferiti è stato condotto valendosi di tecniche d'indagine (come le intercettazioni telefoniche) rese possibili dalla contestazione di reati economico-fiscali, che hanno consentito al pubblico ministero di «chiudere il cerchio» e individuare l'esatta portata delle condotte criminose e delle responsabilità individuali in un settore - quello dei reati ambientali - in cui, purtroppo, spesso la Commissione ha dovuto registrare un forte ritardo nell'attività di accertamento degli illeciti. Tale ritardo è dovuto a molteplici fattori quali la fitta rete di collusioni, l'inadeguatezza dei controlli e l'assenza di una efficiente attività di coordinamento tra gli organi competenti, le difficoltà per quanto riguarda gli accertamenti tecnici e analitici e, soprattutto, l'assoluta insufficienza dei tempi e degli strumenti d'indagine a disposizione della magistratura, essendosi in presenza di fattispecie prevalentemente contravvenzionali. Ciò comporta gravissime conseguenze sia sotto il profilo dei danni arrecati all'ambiente e alla salute del cittadino nonché degli interessi patrimoniali coinvolti, che sotto quello, strettamente processuale, dei termini brevi di prescrizione dei reati de quo e, quindi, della possibilità di esplicare un'efficace azione repressiva di siffatte condotte illecite.
A tale proposito, la Commissione rinnova il suo impegno a sollecitare l'introduzione nel sistema penale di nuove fattispecie di reato ambientale ed il rafforzamento degli strumenti d'indagine, rinviando ai lavori dell'apposito gruppo di studio che ha formulato nel marzo 1998 proposte poi inviate ai Presidenti della Camere e delle Commissioni parlamentari. Non c'è dubbio, infatti, che una delle cause principali dell'illegalità diffusa nelle attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, nonché della progressiva e preoccupante penetrazione nel settore da parte della criminalità organizzata, debba essere individuato nella inadeguatezza degli strumenti di garanzia del