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Doc. XXIII n. 27


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1) Problematiche generali.

Prima di entrare nelle diverse e particolari questioni legate al tema in oggetto, è opportuna una descrizione generale dei temi coinvolti.


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1.1) La classificazione dei rifiuti radioattivi.

Per comprendere quali siano i termini della questione, è necessaria una descrizione delle caratteristiche e delle tipologie dei rifiuti radioattivi, delle loro quantità e della loro attuale dislocazione. Si tratta complessivamente di circa 25.000 metri cubi già ospitati presso gli impianti nucleari, cui si aggiungono 6000 metri cubi circa di rifiuti vetrificati di ritorno dalle operazioni di riprocessamento nel Regno Unito, e dei rifiuti che verranno prodotti dalla disattivazione e dallo smantellamento degli impianti nucleari, stimabili in 100-150.000 metri cubi.
Come già accennato nella premessa, i rifiuti nucleari vengono classificati in diverse categorie, in funzione delle loro caratteristiche radioattive. Vi sono oggi criteri leggermente diversi di classificazione. Sui quali torneremo più avanti, che possono incidere, seppur in modo lieve, sulla classificazione dei rifiuti.
La classificazione, cui per semplicità si fa riferimento nel testo, va guardata secondo gli orizzonti temporali nei quali avviene il decadimento degli elementi radioattivi.
Prima categoria, o rifiuti a bassissima radioattività: in questa categoria sono classificati i rifiuti la cui radioattività decade in un tempo massimo di qualche anno a livelli di radioattività di qualche disintegrazione per secondo (Bequerel, Bq) per grammo (Bq/g) e soddisfano le condizioni poste nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230. Quando raggiungono tale condizione, questi rifiuti possono essere smaltiti come rifiuti convenzionali, secondo il decreto legislativo 22 del 1997.
Seconda categoria, o rifiuti a bassa e media radioattività: sono compresi in questa categoria i rifiuti la cui radioattività decade entro alcune centinaia di anni alla concentrazione totale dell'ordine di alcune centinaia di Bq/g. Per concentrazione totale si intende la somma delle concentrazioni di radioattività dovute a tutti gli elementi radioattivi presenti nel rifiuto.
Terza categoria, o rifiuti ad alta attività e/o lunga vita media: tutti i rifiuti non ricompresi nelle prime due categorie. I tempi per i quali la radioattività permane a livelli radiologicamente significativi sono dell'ordine sino alle centinaia di migliaia di anni. In tale categoria ricade il combustibile nucleare irraggiato (o esaurito), cioè il combustibile già impiegato nelle centrali nucleari, i rifiuti ad alta attività vetrificati provenienti dalle operazioni di riprocessamento del combustibile ed i rifiuti che contengono elementi radioattivi a vita lunga e lunghissima in concentrazioni superiori a quelle ammesse per la II categoria.
Per quanto riguarda la questione della sistemazione in sicurezza di questi rifiuti, le categorie che ci interessano sono di fatto la II e la III, poiché i tempi medi di decadimento della radioattività dei rifiuti di I categoria sono così brevi rispetto alle altre categorie che la loro gestione è possibile anche senza le strutture necessarie a gestire le altre due categorie, sulle quali concentriamo la nostra attenzione.
In termini di volume di rifiuti, la II categoria costituisce oggi circa il 68 per cento del totale (inclusa la I categoria) ma, in termini di


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radioattività totale, solo il 10 per cento circa. La III categoria costituisce dopo il condizionamento solo il 2-5 per cento del volume totale, ma include circa il 90 per cento della radioattività totale. La rimanente quota di circa il 30 per cento in volume è costituita da rifiuti della I categoria, la cui radioattività rispetto al totale è una parte trascurabile.
Questi rifiuti, descritti più avanti nella tabella I provengono: dalle attività pregresse degli impianti di produzione elettronucleare, dalle attività di ricerca, dalle attività industriali. Una parte volumetricamente più rilevante sarà generata, come già accennato, dalla disattivazione e dallo smantellamento degli impianti nucleari.
Una quota dell'ordine dei 300-400 metri cubi per anno di rifiuti a media e bassa radioattività è invece generata dalle diverse attività industriali, dalla ricerca scientifica e dal settore medico-sanitario, di agnostico e terapeutico. Tali rifiuti devono, in parte, essere raccolti e custoditi perché contengono, oltre a elementi a vita media breve, anche elementi radioattivi a vita medio-lunga (II e III categoria).
Secondo le attuali politiche di gestione dei rifiuti, la II categoria dopo essere stata opportunamente condizionata va sistemata, nel sito o nei siti, in idonee strutture di smaltimento e controllata per trecento anni ed oltre. Tale orizzonte di tempo corrisponde a dieci volte il tempo di dimezzamento dei prevalenti elementi radioattivi a vita media (come il cesio-137 e lo stronzio-90), tempo nel quale la radioattività si è ridotta di mille volte rispetto all'attività iniziale. Fissati tre secoli solo come orizzonte temporale di riferimento, è chiaro che le attività di controllo del sito dovranno protrarsi anche successivamente.
La sistemazione dei rifiuti di II categoria deve essere tale da poterne comunque consentire il recupero, qualora si determinino orientamenti diversi per lo smaltimento.
La gestione della III categoria richiede la sistemazione ad interim, per un arco di tempo valutabile nell'ordine di circa un secolo, in un deposito dalle idonee caratteristiche. Passato tale periodo, nel corso del quale parte della radioattività decade, i rifiuti andranno sistemati, secondo le attuali politiche di gestione, in un sito geologico profondo.
Per completezza di esposizione, va aggiunto che i rifiuti radioattivi possono presentare a volte una loro tossicità chimica di cui si dovrà tener conto al momento del recupero e della riutilizzazione del sito di smaltimento. Inoltre, le operazioni di disattivazione e smantellamento degli impianti nucleari, oltre a produrre un notevole volume di rifiuti radioattivi - in grande misura ricadenti nella I e II categoria -, danno luogo anche ad una significativa produzione di rifiuti pericolosi, tossici e nocivi, quali oli esausti, PCB, materiale contenente amianto, accumulatori di piombo ed altro, per i quali bisognerà adottare una specifica strategia di idonea sistemazione.

1.2) La sistemazione attuale dei rifiuti radioattivi.

Come si evince dalle tabelle 1 e 2, i rifiuti radioattivi sono, per la quasi totalità, attualmente immagazzinati negli stessi impianti in cui furono prodotti, cioè centrali nucleari ed impianti sperimentali di


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ricerca. Il combustibile nucleare irraggiato, invece, in parte è stato inviato all'estero per il riprocessamento (impianti della British Nuclear Fuel Ltd nel Regno Unito) da cui dovranno rientrare in futuro i manufatti ad alta e media attività sopra menzionati, in parte è stato trasferito ed immagazzinato nella piscina dell'ex reattore «Avogadro» presso il centro di Saluggia (VC), nella piscina del reattore di Trino Vercellese e nella piscina del reattore di Caorso.
Secondo le informazioni rese nelle audizioni del 22 ottobre 1998, l'ANPA dispone già di un inventario di dati sui rifiuti radioattivi e sul combustibile nucleare irraggiato, sufficientemente dettagliato, suddiviso per impianti, per categorie, in dati volumetrici e di radioattività; tale inventario è sintetizzato nelle tabelle 1 e 2, mentre nelle tabelle 2A e 2B sono descritte le caratteristiche dei rifiuti radioattivi condizionati che dovranno tornare in Italia provenienti dall'impianto di riprocessamento BNFL del Regno Unito, secondo due diverse ipotesi. Si tratta di quantità complessive relativamente piccole se confrontate con quelle presenti in altri Paesi, ma di tipologie piuttosto differenziate.
Ad oggi, comunque, non tutti i rifiuti radioattivi esistenti sono stati caratterizzati dagli esercenti; la loro puntuale caratterizzazione dovrà essere effettuata nell'ambito delle operazioni di condizionamento dei rifiuti (secondo le prescrizioni della guida tecnica n. 26 dell'ANPA).
Per quanto riguarda i rifiuti annualmente prodotti da attività medico-ospedaliere, industriali e di ricerca, essi non seguono, di norma, la pratica della conservazione nei luoghi di produzione, ma vengono affidati per lo più ad imprese private che in parte li immagazzinano in depositi autorizzati dalle autorità periferiche locali (ASL, prefetti), ma comunque temporanei, e, in parte o in casi di emergenza, li trasferiscono negli impianti ENEA del centro della Casaccia gestiti dalla Nucleco spa, società costituita su decisione del CIPE, con delibera dell'11 luglio 1980.
Circa la destinazione di altri rifiuti a bassissima radioattività non si dispone di notizie perché escono dal controllo delle autorità competenti, in quanto smaltibili in regime di esenzione, secondo quanto previsto al comma 2 dell'articolo 154 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230. Come sopra ricordato, tali rifiuti vengono gestiti come rifiuti convenzionali, secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 22 del 1997.

Tabella 1.1 Rifiuti radioattivi, secondo l'ANPA, aggiornati al mese di marzo 1999

Fonti di produzione percentuale in volume (mc) percentuale in attività (TBq)
Elettrica
24.53 20.33
Ricerca
36.95 79.64
Altre
38.52 0.03



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Tabella 1.2

Impianti Rifiuti radioattivi Sorgenti dismesse
volume in mc attività in TBq attività in TBq
CAORSO
1878
5,9
TRINO V.
780
130,8
LATINA
893
1348,7
GARIGLIANO
2197
577,3
EUREX
1582
7151,1
0,11
ITREC
2701
752,3
0,04
IPU
60
NUCLECO
6059
14,1
682,41
AVOGADRO
25
4,8
FN
247
0,7
CCR ISPRA
2589
186,4
Altri operatori
5525
1,5
9,78
TOTALE
24.535
10.172
692,34


Tabella 1.3


Categoria Descrizione per cento
in m3(1)
per cento
in Tbq(1)
Destinazione
II Rifiuti a bassa e media attività con limitato contenuto di radionuclidi a lunga vita67,5 10 Smaltimento definitivo in siti superficiali ingegneristici
III Rifiuti a più elevata attività e/o con più elevato contenuto di radionuclidi a lunga vita4,9 90 Deposito di stoccaggio a medio-lungo termine

(1) Il completamento a 100 riguarda i rifiuti a bassissima attività, che ovviamente non danno un contributo significativo alle percentuali di attività.



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Nota alle tabelle 1.1, 1.2 e 1.3

In un contesto internazionale, in particolare nell'ambito dell'Unione europea, sta emergendo un consenso su una classificazione che individua, per le diverse categorie, il tipo di gestione e la destinazione finale raccomandata. La seguente tabella mostra un parallelo con la classificazione secondo la guida tecnica n. 26 dell'ANPA.


Categorie Caratteristiche Corrispon- denza con GT26 Tipo di gestione
VLLW Rifiuti che decadono in pochi mesi (massimo alcuni anni) a livelli inferiori ai limiti stabiliti per il rilascio incondizionato
I Stoccaggio temporaneo e smaltimento come rifiuti convenzionali
LILW-SL Rifiuti a bassa e media attività con limitato contenuto di radionuclidi a-emittenti
II Condizionamento e smaltimento in un sito ingegneristico in superficie
LILW-LL Rifiuti a bassa e media attività che eccedono il limite di 4000 Bq/g per a-emittenti
III Condizionamento in matrice cementizia e smaltimento in depositi di media profondità (>100 m)*
HLW Rifiuti che eccedono il limite di 4000 Bq/ per a-emittenti e presentano una significativa produzione di calore (>100 W/m3)
III Condizionamento in matrice vetrosa e smaltimento in formazione geologica profonda (100-800 m) dopo un periodo di stoccaggio di 30-50 anni in adeguate strutture ingegneristiche*

doveVLLW - Very Low Level Waste
LILW-SL - Low and Intermediate Level Waste-Short Lived
LILW-LL - Low and Intermediate Level Waste-Long Lived
HLW - High Level Waste

* Anche se viene riconosciuta nella comunità scientifica internazionale la possibilità di smaltimento definitivo dei rifiuti LILW-LL e HLW in siti geologici a media o alta profondità, non esiste ad oggi un sito operativo di smaltimento di questo tipo, eccetto il sito WIPP negli Stati Uniti d'America, che ha ricevuto nel 1998 le autorizzazioni all'esercizio (solo LILW-LL in miniera di sale a 600 metri di profondità).


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Tabella 2
Combustibile irraggiato ancora presente in Italia


sito provenienza del combustibile tipo numero elementi massa (kg)
uranio plutonio torio
AVOGADRO
PWR - TRINO UO2 49
14430,6
143,5
BWR-GARIGLIANO(1) UO2 260
52576,9
273,4
BWR-GARIGLIANO MOX 62
12271,4
244,4
CAORSO
BWR-CAORSO UO2 1032
185206,4
1310,7
TRINO
PWR-TRINO UO2 39
11876,5
54,2
PWR-TRINO MOX 8
2284,2
94,6
EUREX
PWR-TRINO cruciformi UO2 52
1931,3
22,2
BWR-GARIGLIANO UO2 0,3
63,0
0,3
ITREC
ELK RIVER U-Th 64
72,0
1607,0
TOTALE
1566
280712,4
2143,3
1607,0


(1) In corso di trasferimento per il riprocessamento.

Tabella 2A - Caratteristiche dei rifiuti radioattivi condizionati che dovrebbero tornare in Italia dopo il riprocessamento del combustibile irraggiato inviato negli impianti della BNFL a Sellafield (Regno Unito)

centrale Comb. tHM HLR m3GBq ILR m3GBq SLLR m3GBq
GARIGLIANO
53,7 2,73,18E+08 35,8 4,66E+06 328,537
TRINO
51,7 5,15,97E+08 56,07,06E+06 330,037
LATINA
573,2 8,55,35E+08722,81,03E+084386,0491
Totale
678,6 16,31,45E+09864,61,15E+085044,5565

dove:tHM: tonnellate heavy metal (uranio e plutonio);
HLR: rifiuti ad alta attività vetrosi (III categoria, ANPA-Guida tecnica n. 26);
ILR: rifiuti a media attività cementati (III categoria, ANPA-Guida tecnica n. 26);
SLLR: rifiuti a bassa attività cementati (II categoria, ANPA-Guida tecnica n. 26).


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Tabella 2B - Caratteristiche dei rifiuti radioattivi condizionati in vetro, prodotti dal riprocessamento del combustibile irraggiato, che torneranno in Italia nel caso in cui i rifiuti cementati (ILR e SLLR) verranno sostituiti con i rifiuti vetrosi (HLR)

centrale combustibile n.elementitHM HLR N.m3 GBq
GARIGLIANO
260 53,7 203,43,98E+08
TRINO
168 51,7 366,17,16E+08
LATINA
50326 573,2 14023,71,50E+09
Totale
50754 678,6 19633,22,61E+09

1.3) Princìpi generali per la gestione dei rifiuti radioattivi.

L'attuale sistemazione dei rifiuti radioattivi è dunque improntata alla prassi di ospitarli presso gli impianti di produzione o presso depositi temporanei ad hoc non esistendo un sito idoneamente attrezzato con un centro di smaltimento. È evidente che si tratta di una situazione provvisoria che va superata attraverso la gestione di lungo periodo, indispensabile in una materia come questa, gestione che deve essere realizzata all'insegna della ricerca della migliore soluzione radioprotezionistica oggi perseguibile.
L'obiettivo fondamentale della gestione dei rifiuti radioattivi è quindi quello di ridurre al minimo il rischio indebito della popolazione e dei lavoratori limitandone le esposizioni attuali e future alle radiazioni. Pertanto i rilasci di radioattività devono essere mantenuti ai livelli più bassi per quanto ragionevolmente conseguibile secondo il criterio ALARA (as low as reasonably achievable, ovvero: la più bassa ragionevolmente conseguibile).
Nel caso specifico dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, l'assumere come riferimento il «migliore tecnologicamente disponibile» potrebbe rendere i limiti di sicurezza migliorabili all'infinito, ad esempio aumentando sempre di più lo spessore delle barriere nel sito. Ciò non significa, ovviamente, che nell'ambito delle tecnologie da impiegare non si faccia il massimo sforzo verso il livello migliore possibile e non si tenga conto, nelle politiche di gestione, della possibilità di modificarle alla luce di nuovi sviluppi tecnici in materia.


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Le politiche di gestione devono quindi porsi l'obiettivo di massimizzare:

la sicurezza sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni, anche oltre i confini nazionali e per le generazioni future;

la sicurezza rispetto ad attentati terroristici, atti di guerra, incidenti, o a furti di materiali;

isolamento della radioattività dalla biosfera;

l'accessibilità per consentire ispezioni e manutenzione delle diverse strutture;

il monitoraggio continuo per consentire un immediato allarme nel caso di perdite accidentali;

la possibilità di recupero dei rifiuti per una loro diversa sistemazione, qualora ve ne sia la necessità.

La dottrina stabilita dalla ICRP (International commission for radiologycal protection), dall'IAEA (International atomic energy agency) e dall'Unione europea, su cui si tornerà più avanti, impiega la nozione di livello accettabile del rischio, per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. La nozione di accettabilità è implicita nella definizione del criterio ALARA, dove la parola «ragionevolmente» implica una valutazione fra costi e benefici nonché di tener conto delle nuove possibilità tecnologiche.
Poiché queste ultime si possono migliorare nel tempo, ciò richiede la possibilità di una revisione periodica delle politiche di gestione dei rifiuti radioattivi alla luce dello sviluppo tecnologico e quindi la possibilità di intervenire per modificarne la sistemazione. Sin dalla progettazione del sito o dei siti, bisognerà dunque prevedere tale flessibilità nella gestione dei rifiuti radioattivi e garantirla nel corso del tempo.

1.4) Quadro istituzionale e obiettivi da conseguire.

Con la firma nel gennaio 1998 della convenzione internazionale sulla sicurezza della gestione dei rifiuti radioattivi e degli elementi di combustibile nucleare esaurito, l'Italia ha assunto anche formalmente, nei confronti degli altri Paesi firmatari, l'impegno di garantire una corretta gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato.
Gli obblighi cui fa riferimento la convenzione sopra citata riguardano concreti indirizzi in merito a criteri di sicurezza e radioprotezione riconosciuti dalla comunità internazionale, di cui si riscontra una diffusa applicazione nei Paesi europei ed extra-europei, che dispongono già di adeguate soluzioni normative e di strutture istituzionali per la gestione dei rifiuti radioattivi.
Spetta allo Stato:

definire gli indirizzi per la gestione dei rifiuti e garantirne la sicurezza;


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stabilire e applicare di conseguenza un chiaro quadro legislativo e prescrittivo;

stabilire gli obblighi connessi alla sicurezza della gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato.

I Paesi europei, pur con assetti statutari differenti, nella maggior parte dei casi hanno adottato la soluzione di costituire un unico soggetto pubblico cui affidare la gestione unitaria a livello nazionale delle problematiche attinenti la destinazione finale dei rifiuti di bassa e media radioattività e del combustibile nucleare irraggiato.
Il nostro Paese si trova in una condizione pressoché unica, essendo le attività industriali in campo nucleare cessate da oltre 11 anni; in tali condizioni vi è ancor più la necessità di assicurare l'unitarietà della gestione, assegnando ad un unico soggetto istituzionale il compito di sistemare in condizioni di sicurezza ed in tempi accettabili le attività nucleari.
In particolare, tale soggetto dovrà assicurare:

la realizzazione e la gestione del sito o dei siti per lo smaltimento dei rifiuti a bassa e media attività (rifiuti di II categoria);

la realizzazione e la gestione del deposito o dei depositi per la custodia temporanea dei rifiuti di alta attività e del combustibile nucleare irraggiato (rifiuti di III categoria);

la promozione ed il coordinamento della chiusura delle attività nucleari pregresse cioè la disattivazione e lo smantellamento delle centrali nucleari e degli altri impianti del ciclo del combustibile.

È evidente che senza la realizzazione del sito o dei siti per lo smaltimento, ove sistemare in sicurezza i rifiuti radioattivi di II categoria, non sarà possibile completare le operazioni di disattivazione e smantellamento degli impianti nucleari che daranno un contributo volumetricamente preponderante alla produzione di rifiuti, anche se minore in termini di radioattività totale.
Il soggetto istituzionale cui affidare tali compiti è individuato in questo documento in un'unica Agenzia nazionale pubblica. Il carattere pubblico dell'Agenzia è ritenuto indispensabile perché tale soggetto possa svolgere credibilmente un ruolo di garanzia degli interessi della collettività nel controllo degli investimenti. Ciò consente peraltro di separare il ruolo di promozione e coordinamento della gestione operativa della disattivazione e smantellamento degli impianti nucleari, che può essere affidata ad altri soggetti.
Il carattere pubblico dell'Agenzia è ritenuto un aspetto irrinunciabile, anche in considerazione del fatto che i tempi coinvolti dalle diverse attività necessarie alla gestione dei rifiuti si concentrano nell'arco di alcune decadi, ma si protraggono per alcuni secoli. Si tratta dunque di un ordine di problemi non comune alla pianificazione ordinaria delle attività industriali, ma oggi affrontato, in modo più o meno avanzato, da tutti i Paesi che possiedono rifiuti radioattivi.
La creazione di società per la gestione della disattivazione e dello smantellamento degli impianti nucleari, società controllate dalla stessa Agenzia, è ritenuta una soluzione utile a dotare l'industria italiana di


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soggetti in grado di operare in questo campo anche al di fuori dei confini nazionali. Infatti, è circa un centinaio il numero di impianti nucleari che in tutto il mondo in breve tempo giungerà a fine vita, e che in prospettiva va disattivato e smantellato.

1.5) Il sito di smaltimento.

Secondo una recente indagine dell'IAEA, i Paesi dotati di siti di smaltimento già operativi sono 37, mentre 8 sono i Paesi che hanno un sito già selezionato ed in fase di avviamento, e 9 quelli che hanno un processo di selezione avviato da tempo. Nel nostro Paese è avviata la procedura di selezione del sito, con il lavoro di una task-force dell'ENEA incaricata dal Ministero dell'industria, che ha già identificato come le aree morfologicamente e territorialmente idonee rappresentino il 9 per cento del territorio nazionale.
Nel sito di smaltimento, scelto secondo caratteristiche idrogeomorfologiche che ne massimizzino la sicurezza, viene ospitato il centro di smaltimento: strutture ingegneristiche che ospitano i rifiuti condizionati, installazioni ausiliarie come laboratori di analisi e controllo, stazioni per il condizionamento dei rifiuti, servizi, uffici. L'insieme di tali infrastrutture si configura, quindi, come un vero e proprio centro tecnologico ove sarà possibile promuovere altre attività di tipo scientifico-tecnologico e di ricerca.
La presenza di tali attività comporta una costante formazione di personale specializzato ed un tendenziale miglioramento di tecnologie e tecniche di gestione; dunque, rappresenta uno dei fattori per il mantenimento e consolidamento della sicurezza del sito stesso. In assenza di un tale nucleo di attività, vi è l'ineluttabile indebolimento progressivo delle risorse umane e tecnologiche in questo settore con ovvie ricadute per la sicurezza nucleare del sito stesso. Infine, solo con un tale centro di attività si può mantenere aperta la possibilità di un miglioramento - con nuove tecnologie e tecniche o con nuove sistemazioni - delle condizioni di sicurezza in cui sono sistemati i rifiuti radioattivi.
Il sito di smaltimento per i rifiuti di II categoria può essere superficiale o sub-superficiale oppure profondo. La valutazione di quale ipotesi sia la migliore riguarda la maggiore «ispezionabilità» dei depositi superficiali o sub-superficiali e la maggiore «inaccessibilità» dei depositi profondi. Il primo caso prevede un'attività di custodia che si deve programmare per un arco temporale che si protrae per alcuni secoli. Nel caso di un sito profondo, più difficile da ispezionare e da cui è più difficile recuperare i manufatti per una loro eventuale diversa sistemazione, la possibilità che, anche per fattori economici, si ponga l'ipotesi di sigillare ed abbandonare il sito è realistica.

1.6) Il deposito ad interim per i rifiuti di III categoria.

Il deposito temporaneo per la III categoria può essere di tre tipi: per il solo combustibile irraggiato, per i rifiuti ad alta attività vetrificati


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provenienti dal riprocessamento del combustibile irraggiato, per entrambe le tipologie di rifiuto.
Esempi di depositi temporanei del solo combustibile irraggiato esistono in diversi Paesi: Francia, Germania, Regno Unito, Giappone, Svezia, Finlandia. Esempi di depositi ad interim per i soli rifiuti vetrificati ad alta attività sono riscontrabili in Francia, Regno Unito, Russia e Giappone.
Depositi ad interim misti, tipologia di grande interesse per il nostro Paese che ha entrambe le tipologie di rifiuti, sono riscontrabili in Belgio, Svizzera, Olanda e Germania.
La strategia tradizionale di gestione del combustibile irraggiato ne prevedeva il «riprocessamento» che, per quanto riguarda il nostro Paese, veniva effettuato negli impianti della BNFL nel Regno Unito.
Per riprocessamento si intende la separazione, attraverso un processo industriale lungo, complesso e costoso, dei diversi elementi che costituiscono il combustibile irraggiato: i prodotti della fissione, che sono i «rifiuti» veri e propri, la quota residua di uranio fissile (uranio-235, il combustibile vero e proprio), l'uranio-238 o uranio cosiddetto «naturale» ed il plutonio. Per le tipologie di combustibile impiegato in Italia, in termini di volume, l'uranio naturale costituisce oltre il 95 per cento del totale, mentre in termini di radioattività il 99 per cento è costituito dalle scorie vere e proprie e cioè dai prodotti della fissione dell'uranio fissile.
Uno degli obiettivi principali del riprocessamento del combustibile irraggiato è il recupero del plutonio, elemento che non esiste in natura e che si produce nei reattori nucleari per trasmutazione dell'uranio naturale. Si tratta, com'è noto, di un elemento fondamentale per gli usi di tipo militare. Sia per il fallimento della filiera dei reattori «autofertilizzanti», che usano il plutonio come combustibile, sia per lo smantellamento delle testate atomiche, lo stock esistente di plutonio rappresenta ancor più oggi un problema per la proliferazione atomica.
Inoltre, il riprocessamento implica comunque un certo rilascio di radioattività nell'aria e nell'acqua, implica il trasporto del combustibile ed il ritorno dei rifiuti condizionati nei Paesi di origine nonché l'aumento dei volumi di rifiuti nucleari da gestire. L'estrazione del plutonio, inoltre, richiede un regime di sorveglianza ed una difficile contabilità, che garantisca la massima sicurezza rispetto a sottrazioni indebite di tale pericoloso elemento.
Per tale complesso di ragioni, a livello internazionale si è andata affiancando, alla gestione più tradizionale del combustibile irraggiato con il riprocessamento, anche una diversa gestione che prevede la sistemazione idonea del combustibile irraggiato senza riprocessamento, in depositi specificatamente progettati (stoccaggio a secco ed a raffreddamento passivo).
La scelta di non riprocessare il combustibile irraggiato è stata l'obiettivo di un'iniziativa della sezione italiana dell'associazione internazionale Greenpeace presso la centrale nucleare di Caorso nell'estate 1996, che aveva proprio lo scopo di fermare le prime prove di trasporto verso il Regno Unito delle barre di combustibile irraggiato ancora presenti nelle piscine del reattore. La richiesta dello stoccaggio a secco del combustibile irraggiato veniva peraltro accolta dall'ENEL, che ne aveva già previsto la possibilità.


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1.7) Il sito geologico profondo.

Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti nucleari in formazioni geologiche profonde, anche se esiste in ambito tecnico-scientifico internazionale un generale consenso sul fatto che tale opzione è da considerarsi perseguibile e sicura, attualmente esso è ancora in una base di studi e ricerche. Infatti, anche quei Paesi che hanno notevole produzione di rifiuti ad alta attività e a lunga vita media sono, nei casi più avanzati, ancora nella fase di costruzione di laboratori o di impianti sotterranei.
Le formazioni geologiche profonde che per la loro peculiarità offrono maggiori garanzie di confinamento dei rifiuti nucleari e su cui si è concentrata l'attenzione della Commissione europea sono le miniere di salgemma e le cavità presenti nelle formazioni granitiche e argillose.
Su queste ultime, data la loro ampia diffusione nel proprio territorio nazionale, l'Italia ha approfondito insieme al Belgio gli studi per lo smaltimento. Ad Asse, in Germania, le sperimentazioni sono avvenute in miniere di salgemma, a Grimsel in Svizzera e a Stripa in Svezia in siti granitici, mentre esplorazioni geomorfologiche avvengono in siti potenziali quale Yucca Mountain negli USA, Aspo in Svezia, Gorleben in Germania e Olkiluoto in Finlandia.
Va qui precisato che, ad oggi, appare più difficilmente percorribile nel nostro Paese l'ipotesi di un sito geologico profondo idoneo (come riportato nella risoluzione della commissione «Grandi rischi» della Presidenza del Consiglio dei ministri di cui al successivo punto 3); pertanto la sistemazione definitiva dei rifiuti di III categoria, trascorso il periodo di deposito «temporaneo» di diversi decenni dovrà essere gestita ad un livello sovranazionale.

1.8) La disattivazione e lo smantellamento degli impianti nucleari.

La disattivazione e lo smantellamento dei reattori nucleari richiede una serie di operazioni che si svolgono lungo l'arco di alcuni lustri. Un elemento rilevante per la scelta della strategia da adottare è il fattore tempo: una parte della radioattività, infatti, decade nei primi decenni; successivamente, quando prevarrà l'attività degli elementi a vita lunga il livello di radioattività rimarrà costante per lunghissimo tempo.
Una strategia - lo smantellamento ritardato - prevede dunque che, dopo la disattivazione dell'impianto, le operazioni di smantellamento e di conseguente ripristino del sito vengano effettuate entro un trentennio dalla cessazione delle attività.
Una strategia di smantellamento anticipato, invece, richiede un più esteso utilizzo di tecnologie automatizzate per operare a distanza, in modo da ridurre l'impegno di dose per i lavoratori addetti. Si tratta, quindi, di una strategia possibile ma relativamente più costosa.
La scelta tra le due strategie è legata agli obiettivi prioritari fissati dalla politica di gestione dei rifiuti e di ripristino dei siti che ospitano impianti nucleari; un elemento rilevante è costituito, altresì, dal progressivo impoverimento delle competenze tecniche disponibili.


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1.9) Il Garante.

Nell'articolato proposto si prevede l'introduzione di un Garante, che agisca come attore indipendente nella complessa e difficile dinamica che si instaurerà tra l'Agenzia per i rifiuti radioattivi, gli esercenti, gli enti locali ed i cittadini nel processo di localizzazione del sito o dei siti di smaltimento dei rifiuti di II categoria e del deposito o dei depositi per lo stoccaggio temporaneo per la III categoria.
Tale Garante, in analogia con la figura prevista nella legislazione francese, se sufficientemente autorevole e forte potrà contribuire a diffondere le informazioni ai cittadini e a rendere complessivamente più trasparente il processo di localizzazione, costituendo un punto di riferimento autonomo.

1.10) Attività di ricerca.

Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi ad alta attività e/o a lunga vita media sono in corso ricerche e studi di fattibilità, cui partecipano anche istituzioni scientifiche italiane, su schemi di gestione alternativa finalizzati alla riduzione dei volumi da collocare in siti geologi ci profondi. Tali ricerche ancora lungi dall'avere un'applicazione concreta prevedono una separazione selettiva del rifiuto radioattivo (o partitioning) per avere:

da una parte i radionuclidi il cui tempo di dimezzamento sia inferiore ai trent'anni, da condizionare e smaltire poi in depositi superficiali o sub-superficiali;

dall'altra, i radionuclidi a vita lunga da «trasmutare» (trasmutation) in reattori costruiti ad hoc, a neutroni termici o veloci, allo scopo di ottenere ulteriore energia e prodotti di fissione trasmutati, caratterizzati da vite medie più brevi, in modo da essere a loro volta condizionati e smaltiti.

Tali operazioni, ancora a livello di studio, potrebbero incidere e ridurre parzialmente i volumi dei rifiuti di III categoria trasformandoli in rifiuti di II categoria. Come si è detto, i rifiuti di III categoria comprendono il 90 per cento della radioattività ma costituiscono una quota in volume dell'ordine del 5 per cento.
Il Politecnico di Milano è coinvolto nelle ricerche sugli aspetti ingegneristici del sistema, mentre l'ENEA è impegnata, insieme ad altri partners europei, nelle ricerche per la tecnologia del partitioning.
Le difficoltà legate a questa strategia riguardano sia i livelli di efficienza del 99,9 per cento richiesti al partitionig sia la rilevante difficoltà della fase di trasmutazione degli elementi; inoltre, tale strategia implica un ripetuto ricorso al riprocessamento e la costruzione di reattori nucleari specifici per la trasmutazione degli elementi radioattivi a lunga vita in elementi a vita media-breve, con conseguente ulteriore produzione di scorie radioattive da gestire.


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2) Impianti nucleari e rifiuti radioattivi in Italia.

Per una visione d'insieme della situazione nucleare italiana si riporta di seguito una sintesi di quanto è stato predisposto sull'argomento dall'ENEA, dall'ENEL e dall'ANPA, nell'ambito della conferenza nazionale sull'energia e l'ambiente, tenutasi a Roma dal 25 al 28 novembre 1998.

2.1) Centrali elettronucleari.

A partire dalla fine degli anni cinquanta l'Italia ha realizzato e messo in funzione quattro centrali elettronucleari: Latina (GCR da 160 Mwe), Trino Vercellese (PWR da 270 Mwe), Garigliano (BWR da 160 Mwe) e Caorso (BWR da 870 Mwe). Tutti gli impianti sono oggi spenti. La centrale del Garigliano fu fermata per modifiche nel 1978 e non più riavviata; gli altri impianti furono fermati in successione a partire dal 1988, in seguito al referendum del 1987.
Presso le centrali nucleari sono attualmente giacenti i rifiuti radioattivi prodotti nel corso del funzionamento e, nelle centrali di Trino Vercellese e Caorso, gli elementi di combustibile irraggiato: il combustibile irraggiato del reattore «Garigliano» e parte del combustibile del reattore «Trino» sono temporaneamente stoccati nella piscina dell'ex reattore «Avogadro» di Saluggia. Il combustibile irraggiato del reattore di Latina e parte del combustibile del reattore «Trino» sono stati inviati dall'ENEL all'estero per il trattamento, sulla base di un contratto di servizio che prevede il ritorno in Italia dei rifiuti condizionati derivanti dal riprocessamento. Tale pratica è stata successivamente abbandonata dall'ENEL: si pone quindi il problema della sistemazione degli elementi di combustibile irraggiato residui. Dopo il decreto di chiusura definitiva della centrale «Superphenix» emanato dal Governo francese è anche possibile che la quota di una parte del combustibile irraggiato, corrispondente alla partecipazione dell'ENEL alla joint-venture, venga trasferita in Italia.

2.2) Impianti del ciclo del combustibile.

Dai primi anni sessanta ad oggi presso i centri di ricerca ENEA di Casaccia, Saluggia e Trisaia sono stati realizzati diversi impianti pilota del ciclo del combustibile nucleare, aventi lo scopo di acquisire in modo sistematico le tecnologie afferenti alle diverse fasi del ciclo del combustibile a monte e a valle del reattore.
Inoltre la società FN ha realizzato e gestito l'impianto industriale di fabbricazione elementi di combustibile a Boscomarengo (AL).
Durante le attività condotte negli impianti sopra citati, si sono accumulati quantitativi sensibili di rifiuti radioattivi, alcuni già condizionati, altri nelle forme originali. Presso gli impianti sono inoltre immagazzinati materiali nucleari di diverso tipo (uranio, torio, plutonio, eccetera) ed elementi di combustibile irraggiato.


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2.3) Rifiuti radioattivi presenti sul territorio nazionale.

I rifiuti radioattivi di diversa origine attualmente presenti sul territorio nazionale comprendono materiali derivanti da attività energetiche, medico-diagnostiche, industriali e di ricerca. Dal confronto delle stime condotte da ANPA, ENEA e ENEL, al 31 dicembre 1997 risultavano presenti sul nostro territorio circa 23 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui circa 5 mila metri cubi di rifiuti di prima categoria, circa 16 mila metri cubi di seconda categoria e circa 2 mila metri cubi di terza categoria. Ai suddetti rifiuti si aggiungono i seguenti:

il combustibile irraggiato non inviato al ritrattamento (330 tonnellate circa) immagazzinato provvisoriamente presso le centrali nucleari dell'ENEL;

il combustibile irraggiato, 4 tonnellate circa, immagazzinato provvisoriamente presso gli impianti ENEA;

i rifiuti condizionati che dovranno rientrare m Italia come prodotto del ritrattamento dei combustibili inviati dall'ENEL all'estero (3.150 metri cubi di rifiuti di seconda categoria e 17 metri cubi di terza categoria);

la quota ENEL del combustibile irraggiato e sistemate presso la centrale «Superphenix»;

i rifiuti radioattivi che saranno generali dalle operazioni di smantellamento degli impianti ENEA del ciclo del combustibile nucleare;

i rifiuti radioattivi che saranno generati in futuro dalle operazioni di smantellamento delle centrali nucleari ENEL;

i rifiuti radioattivi che continueranno ad essere prodotti in futuro dalle pratiche medico-diagnostiche, dalle attività industriali e dalle attività di ricerca scientifica e tecnologica.

2.4) Attività di disattivazione degli impianti dell'ENEA.

Dopo l'interruzione delle attività di ricerca sul ciclo del combustibile nucleare, l'ENEA costituì nel 1990 una task force per la gestione dei materiali nucleari e dei rifiuti radioattivi accumulati e per la dismissione degli impianti correlati al ciclo del combustibile. Già dal 1980 era stata costituita la società Nucleco, per la gestione a livello nazionale sotto la sorveglianza dell'ENEA della raccolta dei rifiuti radioattivi provenienti da università, centri di ricerca, ospedali e laboratori di analisi.
Fra il 1990 ed il 1995, pur nella scarsità di risorse finanziarie, la task force (poi divenuta divisione per la sistemazione dei rifiuti radioattivi e la disattivazione degli impianti del ciclo del combustibile) condusse una serie di importanti interventi, fra i quali:

la realizzazione dell'impianto SIRTE per il trattamento di effluenti liquidi presso il centro della Trisaia;


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il trasferimento all'estero di 500 elementi di combustibile esaurito della centrale di Latina depositato presso l'impianto EUREX di Saluggia.

Tra il 1991 e il 1995 sono stati disattivati, con trasferimento o cessione dei materiali nucleari presenti e recupero degli edifici per altre attività, i seguenti impianti dell'ENEA:

impianto IFEC del centro di Saluggia;

impianto ISTEC del centro della Casaccia;

impianto UF6 del centro della Casaccia.

A partire dal 1996 le attività della divisione per la sistemazione dei rifiuti radioattivi e la disattivazione degli impianti del ciclo del combustibile hanno potuto avvalersi di un finanziamento specifico, ricevendone nuovo impulso. Tra gli interventi più specifici realizzati nel triennio 1996-1998 si ricordano:

trattamento e condizionamento dei rifiuti liquidi a bassa e media attività del centro della Trisaia mediante l'impianto SIRTE e la macchina MOWA;

ottimizzazione dell'impianto SIRTE-MOWA per il trattamento dei rifiuti liquidi ad alta attività della Trisaia;

avvio della realizzazione dell'impianto CORA per la vetrificazione dei rifiuti ad alta radioattività liquidi presenti nel centro di Saluggia;

cessione agli Stati Uniti (DOE) di 150 elementi di combustibile irraggiato di tipo MTR giacenti presso l'impianto EUREX di Saluggia;

ordine alla società Transnucleare di un contenitore metallico TN24 atto a contenere tutti gli elementi di combustibile irraggiato tipo Elk River presenti nel centro della Trisaia.

2.5) Attività di disattivazione degli impianti dell'ENEL.

Come è stato precedentemente ricordato, nella conduzione operativa delle proprie centrali nucleari, l'ENEL ha adottato sistematicamente la soluzione di immagazzinare temporaneamente presso gli stessi impianti i rifiuti radioattivi di processo (non legati al combustibile). Nel periodo 1987-1993 l'ENEL ha condotto su questi rifiuti le seguenti campagne di trattamento e condizionamento:

settemila fusti da 220 litri contenenti rifiuti tecnologici precompattati a bassa pressione sono stati trattati mediante supercompattazione, producendo presso le centrali del Garigliano, di Trino e di Caorso rispettivamente 282 metri cubi, 219 metri cubi e 280 metri cubi di rifiuti condizionati in fusti da 320 litri;

mille tonnellate di rifiuti a bassa e media attività di Caorso sono state trattate mediante incenerimento in impianti esteri, mentre le


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ceneri prodotte sono state cementate in fusti da 220 litri, ottenendo 140 metri cubi di rifiuti condizionati;

presso la centrale del Garigliano è stato realizzato e messo a punto un impianto per l'estrazione e il condizionamento di resine, fanghi e concentrati mediante la macchina MOWA. Sono stati successivamente trattati circa 360 metri cubi di questi rifiuti, producendo 1.400 fusti da 400 litri di rifiuti condizionati;

presso la centrale del Garigliano sono stati condizionati 1,5 metri cubi di rifiuti metallici ad alta attività (terza categoria) già immagazzinati in apposita fossa; il materiale è stato cementificato in sei contenitori da 15 metri cubi.

Tutti i rifiuti così condizionati rimangono immagazzinati temporaneamente presso le centrali che li hanno prodotti, in attesa che si renda disponibile il sito nazionale di smaltimento.
Per quanto riguarda il combustibile irraggiato, come già accennato l'ENEL ha provveduto a far ritrattare all'estero circa 1.600 tonnellate di combustibile nucleare irraggiato nelle centrali di Latina e Trino.
L'ENEL ha da tempo adottato la strategia della disattivazione delle centrali, denominata safe-store, articolata nelle seguenti fasi:

terminazione dell'esercizio;

smantellamento finale dei sistemi e delle strutture attivate o ancora contaminate, con il condizionamento dei materiali di risulta in forma idonea all'invio al sito nazionale di stoccaggio;

rilascio finale del sito, previa verifica radiologica finale.

Le attività già condotte o in corso presso le centrali ENEL rientrano nelle prime tre fasi.

2.6) Programma operativo dell'ENEL e dell'ENEA per la sistemazione del combustibile irraggiato.

L'ENEL sta attualmente migliorando i propri programmi operativi di gestione del combustibile nucleare esaurito, ancora presente in Italia, alla decisione di non procedere ulteriormente al ritrattamento (fatta salva la quota necessaria per esaurire i contratti di ritrattamento in essere), ritenendo conveniente considerare gli stessi elementi come rifiuti da condizionare e smaltire piuttosto che trasferire il problema alla gestione dei rifiuti risultanti dal ritrattamento ed optando per una strategia di stoccaggio a secco.
La strategia elaborata dall'ENEL prevede lo stoccaggio temporaneo degli elementi prima presso le centrali di origine e poi nella futura struttura da realizzare nel centro di deposito nazionale.
Nell'ottica delineata, il programma operativo dell'ENEL prevede l'esaurimento del contratto di ritrattamento in essere attraverso il trasferimento all'estero, a partire dal duemila, dei 259 elementi di combustibile della centrale del Garigliano attualmente stoccati presso le piscine dell'impianto «Avogadro» (Saluggia). Questa scelta tiene


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conto anche dell'esigenza di liberare la piscina dell'impianto «Avogadro» per motivi di sicurezza.
Sulla base della strategia descritta, in una prima fase il problema della sistemazione del combustibile esaurito si riduce allo stoccaggio temporaneo a secco di 1.191 elementi di combustibile, di cui 1.032 tipo Carso, 96 tipo Trino e 63 tipo Garigliano. Nell'ambito delle tecnologie disponibili l'ENEL ha apportato per l'adozione di contenitori metallici (casks) in grado di garantire lo stoccaggio temporaneo a secco di condizioni di sicurezza estremamente elevate e con impatto ambientale praticamente nullo.
L'ENEL ha sviluppato un programma temporale in base al quale il trasferimento del combustibile in contenitori a secco potrà essere completato a Trino entro la fine del 2001 (fine 2002 includendo anche il combustibile proveniente da Saluggia) e a Caorso entro la fine del 2004. La sistemazione dei casks consentirà di liberare le centrali di Trino e Caorso da qualunque vincolo al decommissioning derivante dalla presenza del combustibile esaurito nell'edificio del reattore.
Va ricordato che l'ENEL dovrà farsi carico in futuro di gestire la sistemazione anche del combustibile di sua proprietà (131 elementi di combustibile fresco e 121 di combustibile irraggiato), proveniente dalla centrale Superphenix di Creys-Malville, e dei rifiuti vetrificati che rientreranno in Italia come risultato del ritrattamento di tutto il combustibile inviato all'estero.
La strategia di stoccaggio a secco del combustibile esaurito è stata assunta anche dall'ENEA come soluzione di riferimento per la sistemazione temporanea del combustibile irraggiato tuttora in suo possesso: 52 elementi cruciformi tipo Trino (Saluggia), 64 elementi tipo Elk River (Trisaia), 1 elemento tipo Garigliano (Saluggia).
Per la gestione del combustibile esaurito - la cui evacuazione delle piscine di stoccaggio costituisce una precondizione per lo smantellamento degli impianti ospitanti - anche l'ENEA ha adottato, quale soluzione di riferimento, per lo stoccaggio temporaneo a secco in contenitori licenziati per lo stoccaggio e il trasporto. In quest'ottica è stato stipulato con la società francese TN un contratto per la fornitura di un contenitore tipo TN24 da installare presso l'impianto ITREC, di capacità sufficiente a contenere tutti i 64 elementi tipo Elk River. Inoltre per contenere tutti i 52 elementi tipo Trino e l'unico elemento tipo Garigliano è prevista l'acquisizione di un secondo contenitore dello stesso tipo.
Per quanto riguarda gli elementi Elk River l'ENEA sta attualmente esplorando in alternativa la possibilità di restituire il combustibile agli USA - così come si è fatto per il combustibile MTR (operazione completata nel febbraio 1998) e si farà in futuro per il combustibile del reattore TRIGA - nell'ambito della politica di ritiro del combustibile per reattori di ricerca di origine americana del DOE.
L'immagazzinamento a secco dei combustibili irraggiati attualmente detenuti dall'ENEA consentirà di evacuare le piscine di stoccaggio degli impianti EUREX e ITREC entro un periodo di quattro o cinque anni.
Al fine di ridurre al minimo il numero dei siti presso i quali è ospitato il combustibile irraggiato, l'ENEL ha offerto la propria disponibilità ad ospitare provvisoriamente anche i contenitori ENEA


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presso la centrale di Trino, in attesa della realizzazione del centro nazionale di stoccaggio.

2.7) Programma operativo dell'ENEA e dell'ENEL per la sistemazione dei materiali nucleari.

Presso i depositi dei centri ENEA di Casaccia, Saluggia e Trisaia e della società partecipata FN spa sono attualmente in giacenza materiali nucleari non irraggiati (uranio depleto, uranio naturale, uranio arricchito e torio), plutonio ed una soluzione di nitrato di torio ed uranile (prodotto finito) proveniente dal ritrattamento di venti elementi di combustibile tipo Elk River. La disattivazione dei depositi richiede il trasferimento dei materiali - previo trattamento, se del caso - presso altri centri o, come soluzione definitiva, la cessione degli stessi materiali ad operatori esteri.
L'opzione di riferimento per la soluzione di nitrati misti di uranio 235, uranio 233 e torio e la solidificazione in forma di ossidi misti mediante apposita installazione da costruire presso l'impianto ITREC. In alternativa si sta esplorando la possibilità di far eseguire l'operazione presso un impianto estero qualificato. In ogni caso l'ossido misto risultante sarà gestito come gli elementi di combustibile tipo Elk River.
L'ENEL si sta facendo attualmente carico dell'alienazione del combustibile non irraggiato tuttora presente presso le centrali nucleari, nonché dell'uranio depleto e del plutonio derivanti dal ritrattamento del combustibile esaurito a suo tempo inviato all'estero e di prossimo rientro in Italia.

2.8) Programma operativo dell'ENEA per la sistemazione dei rifiuti radioattivi.

Presso i centri ENEA di Saluggia e Trisaia sono immagazzinati rifiuti radioattivi solidi e liquidi provenienti dalle lavorazioni pregresse e dalle operazioni di smantellamento già avviate o completate. Presso il centro della Casaccia, oltre a rifiuti solidi e liquidi situati presso l'impianto «laboratorio plutonio» (IPU), sono depositati nell'area di stoccaggio gestita dalla società compartecipata Nucleo rifiuti radioattivi provenienti in parte dagli impianti nucleari dello stesso centro e in parte dall'esterno (ospedali, centri di ricerca, università).
I programmi di trattamento e di sistemazione predisposti dall'ENEA sono descritti nel seguito.

Rifiuti liquidi ad alta radioattività.

Per il trattamento dei rifiuti liquidi del centro della Saluggia è in corso di realizzazione, all'interno dell'impianto EUREX, un sistema di vetrificazione denominato CORA (Condizionamento rifiuti radioattivi). Dopo l'entrata in funzione a caldo dell'impianto (prevista entro il 2003) la campagna di vetrificazione durerà tre anni. I rifiuti liquidi ancora esistenti presso il centro della Trisaia (tre metri cubi) saranno trattati in loco con il sistema SIRTE-MOWA installato presso l'impianto


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ITREC. Completata l'ottimizzazione dell'impianto, è imminente l'avvio della campagna di cementazione, che terminerà nel 1999.

Rifiuti liquidi a bassa e media radioattività.

Per la sistemazione dei rifiuti liquidi a bassa e media radioattività è previsto il ricorso alla cementazione in grado di produrre manufatti adatti allo smaltimento superficiale.
Nel mese di giugno 1998 è stata completata la campagna di cementazione degli 80 metri cubi di rifiuti liquidi a bassa e media radioattività giacenti presso il centro della Trisaia, nell'impianto SIRTE-MOWA, con la produzione di 433 fusti di manufatti certificati dall'ANPA.

Rifiuti solidi a bassa e media radioattività.

Il trattamento previsto per i rifiuti solidi a bassa e media attività compattabili è la supercompattazione con successivo inglobamento in matrice cementizia per lo smaltimento definitivo. Tale trattamento sarà effettuato in parte con l'impiego di unità mobili (superpresse) della società Nucleco, ed in parte presso il centro della Casaccia, nell'impianto ICS42 dell'ENEA gestito dalla società Nucleco.

Rifiuti solidi ad alta radioattività.

Per i rifiuti solidi ad alta radioattività è allo studio la tecnologia di trattamento e condizionamento più appropriata dato che si tratta di materiale eterogeneo proveniente da diverse lavorazioni. Per tali rifiuti è comunque preso in considerazione un condizionamento finale in forma di manufatto cementizio.

2.9) Programma operativo dell'ENEL per la sistemazione dei rifiuti radioattivi.

Presso le centrali nucleari dell'ENEL sono immagazzinati rifiuti radioattivi di processo derivanti dallo svolgimento delle normali operazioni di esercizio e manutenzione. Si tratta in massima parte di rifiuti a bassa e media radioattività costituiti da residui tecnologici (solidi secchi, indumenti, lamierini metallici, materiale vario di consumo), resine, fanghi e concentrati.
Le metodiche di trattamento seguite dall'ENEL prevedono la riduzione di volume dei rifiuti mediante supercompattazione o incenerimento e il successivo condizionamento in fusti metallici, i quali sono immagazzinati temporaneamente presso le centrali in attesa che si renda disponibile il centro nazionale di smaltimento.
Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi ancora non sottoposti a trattamento, l'ENEL persegue una strategia composita:

il trattamento dei 200 metri cubi di rifiuti metallici ad alta attività della centrale di Latina (alette degli elementi di combustibile) è previsto nel breve termine, essendo attualmente in corso di individuazione il processo di condizionamento da adottare;


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il trattamento delle resine ad alta attività della centrale di Trino è previsto nel breve termine, essendo stata nel frattempo completata la qualificazione del processo di condizionamento;

il condizionamento degli altri rifiuti ad alta attività è differito all'epoca dello smantellamento delle centrali, onde poter essere condotto contestualmente con il trattamento dei rifiuti ad alta attività derivanti dallo smantellamento;

i rifiuti solidi a bassissima radioattività non saranno condizionati, ma immagazzinati in condizioni di sicurezza fino al decadimento al di sotto dei limiti di rilascio incondizionato, limiti che dovranno essere stabiliti dalle autorità competenti.

L'ENEL ha recentemente avviato uno studio di fattibilità tecnico-economica per la realizzazione di un sistema mobile per il trattamento dei rifiuti, facendo riferimento alla tecnologia della termodistruzione ad alta temperatura. Questa tecnologia dovrebbe assicurare la massima riduzione dei volumi ed una notevole stabilità dei rifiuti condizionati (vetrificati).

2.10) Programma operativo dell'ENEA e dell'ENEL per la disattivazione degli impianti nucleari.

Gli interventi programmati dall'ENEA sugli impianti non più operativi del ciclo del combustibile nucleare sono finalizzati alla loro disattivazione e al recupero delle strutture e degli spazi destinabili ad altri impieghi. Il processo di disattivazione previsto varia da impianto a impianto. Per alcuni impianti (ISTEC, UF6, IFEC) è stata già realizzata la completa disattivazione con il rilascio incondizionato e il reimpiego delle aree. Restano da disattivare gli impianti EUREX, ITREC, IPU, OPEC ed il laboratorio radiochimico CIII43, per i quali si deve tuttavia tenere conto della loro funzionalità all'attuazione dei piani di trattamento, condizionamento e stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi e delle stesse operazioni di smantellamento degli impianti.
Impianto OPEC (laboratorio celle calde). Le attività di disattivazione dell'impianto, iniziate a partire dal 1990, hanno portato all'incapsulamento del combustibile irraggiato giacente, allo smantellamento completo delle attrezzature e alla successiva decontaminazione delle tre celle dell'impianto OPEC-1. Per il laboratorio OPEC-1 è prevista la destinazione a deposito temporaneo del materiale nucleare attualmente detenuto, per il laboratorio OPEC-2, si prevede la trasformazione in deposito temporaneo per lo stoccaggio di grandi sorgenti terapeutiche obsolete, preparati radiferi e manufatti contenenti Pu in attesa del trasferimento al centro nazionale di smaltimento.
Impianto «laboratorio plutonio» (IPU). Dal 1990 ad oggi l'impianto IPU è stato interessato da approfonditi interventi di inventariamento, caratterizzazione, declassificazione, isolamento, concentrazione, riduzione di volume e stoccaggio dei materiali e dei rifiuti solidi e liquidi giacenti, propedeutici alla disattivazione. Nell'impianto è in corso di completamento un'infrastruttura, denominata ASSO, per le


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operazioni di decontaminazione preliminare, smontaggio e smantellamento delle attrezzature contaminate da plutonio esistenti nell'impianto. L'infrastruttura ASSO resterà disponibile per eventuali futuri interventi, mentre nei locali decontaminati sarà sistemata la sezione del CR Casaccia del Laboratorio nazionale di caratterizzazione dei rifiuti radioattivi.
Impianto EUREX. Data la perdurante necessità di mantenere in funzione l'impianto per le attività di trattamento, condizionamento e stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi, le operazioni di disattivazione si sono finora concretizzate a livello propedeutico. La disattivazione dell'impianto è prevista nel suo lungo periodo, a partire dal 2005, dopo il completamento dell'esercizio dell'impianto di vetrificazione CORA. Parte dell'impianto sarà opportunamente risistemata ed in essa continuerà ad operare il laboratorio nazionale di caratterizzazione dei rifiuti radioattivi quale infrastruttura di servizio permanente.
Impianto ITREC. A partire dalla seconda metà degli anni ottanta si è avviata nell'impianto una fase di decontaminazione preliminare. Il totale smantellamento dell'impianto ITREC seguirà alla campagna di trattamento dei rifiuti, il relativo piano di disattivazione sarà presentato alla fine del 1999.
Al di là delle azioni condotte, lo smantellamento sistematico degli impianti - che rimane l'obiettivo programmatico di lungo periodo - potrà iniziare solo quando sarà stato completato il trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato e l'alienazione delle materie nucleari ivi immagazzinati, e quando sarà disponibile il centro nazionale di stoccaggio dei rifiuti condizionati.
L'ENEA è azionista pressoché esclusivo della società FN spa, titolare dell'impianto di fabbricazione di combustibile nucleare di Bosco Marengo (AL), del quale è stata decisa la disattivazione. Nel giugno 1997 la FN ha presentato al Ministero dell'industria formale istanza di disattivazione della linea di fabbricazione del magazzino nucleare ai sensi del decreto legislativo 230/95. In sede di esame dell'istanza l'ANPA ha disposto una serie di verifiche e controlli preliminari che dovrebbero concludersi nel corso del 1999.
Nell'ipotesi che il Ministero dell'industria conceda l'autorizzazione nel corso dello stesso anno le attività di disattivazione potrebbero concludersi nel 2001 con il recupero degli edifici e la loro destinazione ad altri usi.
Avendo avviato e talvolta completato le attività propedeutiche per la messa in custodia protettiva passiva delle sue centrali, l'ENEL ha predisposto il programma di massima per lo smantellamento degli impianti.
L'attuazione di tale programma dipende da una serie di scelte strategiche e di condizioni esterne.
Le scelte strategiche si uniformano alla volontà di conseguire i seguenti obiettivi:

rendere certo il costo del decommissioning;

ottimizzarne il costo;

utilizzarlo come opportunità di business.


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Le condizioni esterne riguardano principalmente i seguenti aspetti:

la normativa tecnica di riferimento;

la disponibilità di alcune infrastrutture fondamentali;

gli aspetti procedurali;

la disponibilità di risorse finanziarie.

Il costo del decommissioning di un impianto nucleare si compone di due termini fondamentali: il costo delle attività sul sito (smantellamento delle strutture e condizionamento dei rifiuti) ed il costo di messa a dimora dei rifiuti radioattivi condizionati.
L'esperienza internazionale consente di condurre una stima sufficientemente accurata del costo delle attività sul sito, che può essere tuttavia rispettata solo a patto che le regole del gioco non cambino in corso d'opera e i programmi temporali non vengano dilazionati da ritardi autorizzativi o da incertezze nei finanziamenti. In quest'ottica si inquadra l'attività di ridefinizione dei costi di decommissioning delle diverse centrali che l'ENEL ha avviato con l'aiuto di qualificati consulenti internazionali. Se i programmi temporali che ne seguiranno saranno accettati da tutte le parti interessate come impegno circolante, la stima dei costi potrà assumere il significato di un bench-mark.

3) Azioni in corso per la scelta del sito da destinare a centro nazionale di smaltimento.

La necessità e l'urgenza di avviare a soluzione il problema della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e della disattivazione degli impianti nucleari è stata posta dall'ANPA all'attenzione del Governo, dei mezzi di comunicazione e degli operatori del settore, nel corso di due manifestazioni pubbliche, il 26 luglio 1995 ed il 25 novembre 1997, tenutesi a Roma.
Inoltre il problema della sistemazione dei rifiuti radioattivi presenti sul territorio nazionale è stato discusso anche nel 1996 nell'ambito della sezione nucleare della commissione «Grandi rischi», istituita presso il dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'argomento era stato posto all'ordine del giorno sia su sollecitazione della precedente commissione parlamentare d'inchiesta monocamerale, sia a seguito di iniziative giudiziarie e politiche in materia di rifiuti radioattivi. Per la valutazione di un programma operativo, la commissione aveva istituito un apposito gruppo di lavoro, con rappresentanti di enti ed operatori nazionali interessati al problema (ENEA, ENEL, nonché ANPA in qualità di osservatore). La risoluzione del gruppo di lavoro, riunitasi il 22 febbraio 1999 presso il dipartimento della protezione civile alla presenza del sottosegretario Barberi, indica nella struttura ingegneristica superficiale (con soluzioni tecniche che tengano conto delle condizioni geologiche e morfologiche) la tipologia appropriata per lo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi di II categoria, sulla scorta degli studi già espletati e di analoghe esperienze di altri Paesi;


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l'opportunità di localizzare nello stesso sito di ubicazione del deposito definitivo dei rifiuti di cui sopra l'infrastruttura per l'interim storage del combustibile irraggiato e dei rifiuti di III categoria condizionati. Inoltre, dallo studio effettuato è emersa l'impraticabilità dell'ipotesi di utilizzare, nel territorio peninsulare, miniere o cave come sito per il deposito, in quanto o meccanicamente instabili, o non idonee (per la presenza di falde o acquiferi) dal punto di vista idrogeologico, o sottoposte alla cosiddetta «chiusura mineraria».
Nello stesso periodo l'ENEA ha costituito una task force per individuare il sito nazionale di deposito dei rifiuti radioattivi; in particolare l'Ente è stato incaricato di intraprendere le azioni di natura sitologica e progettuale dirette all'individuazione e alla caratterizzazione di uno o più siti idonei ad ospitare il centro di deposito ed alla definizione concettuale del sistema ingegneristico. La priorità assegnata alla task force è stata quella di avviare le azioni preliminari, volte alla scelta del sito nel quale realizzare le strutture necessarie allo smaltimento dei rifiuti radioattivi di media e bassa attività.
Da documenti fatti pervenire alla commissione dall'ENEA, si evince che a tutt'oggi la task force ha svolto le seguenti attività:

completamento ed analisi critica dell'inventario nazionale di rifiuti e materiali destinati al sito di smaltimento, al fine di acquisire i dati per il dimensionamento del centro di deposito. Questa valutazione ha incluso anche i quantitativi dei rifiuti che proveranno dallo smantellamento delle centrali dell'ENEL e degli impianti dell'ENEA, che costituiscono la quota di gran lunga preponderante dei volumi da inviare al sito di smaltimento. L'inventario è in corso di revisione, in quanto dovranno essere definiti con maggiore approssimazione i suddetti dati (rifiuti radioattivi del CISAM, del CCR Ispra, eccetera);

elaborazione di un progetto concettuale per l'individuazione di un sito di smaltimento proponibile, sulla base delle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti italiani. Il lavoro è stato commissionato all'agenzia francese ANDRA (Agenzia nazionale per i rifiuti radioattivi), che ne ha verificato l'adattabilità a due siti italiani indicati dall'ENEA;

avvio di uno studio di performance assessment, avente per oggetto l'individuazione e l'applicazione di una metodologia di calcolo per la valutazione del comportamento ai fini del contenimento della radioattività, di un sistema di strutture modulari e del sito relativo nelle condizioni di esercizio normale ed in quelle incidentali;

caratterizzazione più dettagliata diretta a meglio definire le caratteristiche geochimiche ed idrogeologiche, antropiche, climatiche, eccetera, al fine di disporre di dati più precisi per la valutazione quantitativa di performance assessment e, quindi, meglio qualificare il programma ed il modello di calcolo. Inoltre la task force sito dell'ENEA ha messo a punto un sistema informativo geografico, SIG, riferito all'intero territorio nazionale per l'individuazione di siti potenzialmente idonei allo smaltimento di rifiuti a bassa e media radioattività. Il metodo si avvale di un sistema multiparametrico a punteggi e pesi che vengono assegnati alle diverse caratteristiche del sito. La caratteristica


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maggiormente valorizzata è quella socioeconomica: uso del suolo, distribuzione e densità della popolazione, vie di comunicazione.

Le altre caratteristiche che attengono alla valutazione della sicurezza, sia a breve che a medio e lungo termine, sono: la quota, la pendenza, la precipitazione, le caratteristiche idrogeologiche, la sismicità.
La metodologia adottata che può essere rivisitata ha permesso di assegnare ad alcune regione del centro e del sud dell'Italia (con esclusione delle isole) la classe di idoneità alta. Le stesse regioni presentano anche caratteristiche litologiche di tipo argilloso, marnoso o argilloso/marnoso di notevole interesse tecnico.
Di recente, per avviare una fase di concertazione strategica per le attività propedeutiche alla scelta di un sito di smaltimento per i rifiuti a media radioattività, è stato istituito, presso il Ministero dell'industria, un «Tavolo nazionale» composto da: Governo, regioni, UPI, ANCI, organizzazioni sindacali, nazionali e di categoria, ENEL, ENEA ed ANPA. Al completamento della fase informativa, il Ministero dell'industria si attende che le regioni o gli enti locali possano manifestare un eventuale interesse a mettere a disposizione del Paese un sito che risponda, in via preliminare, ai requisiti di sicurezza necessari alla realizzazione di un centro di smaltimento.

4) Visita ai centri di smaltimento spagnolo e francese.

Per approfondire le conoscenze ed i problemi che sottendono alla scelta ed alla gestione di un sito nucleare di smaltimento, nel 1998 una delegazione della Commissione si è recata presso i centri di El Cabril (Spagna) e dell'Aube (Francia).
Lo scopo era quello di acquisire informazioni, anche di natura tecnica, sulle attività di scelta e qualificazione del sito, sulla realizzazione delle strutture di smaltimento e sulle modalità di gestione, e nel contempo rendersi conto delle procedure di sicurezza poste in atto dagli enti gestori.

4.1) Centro di smaltimento di El Cabril (Spagna).

Il centro di smaltimento di rifiuti a bassa e media attività di El Cabril è situato nella sierra Albarrana, enclave della sierra Morena, che si estende nell'area nord occidentale dell'Andalusia, amministrativamente compresa nella provincia di Cordoba, da cui dista circa 90 km. La capitale Siviglia si trova a circa 100 km a sud del sito.
La zona è poco popolata e ad economia agricola e pastorale. Il centro si estende per circa 30 ettari ed è parte di una vasta area demaniale di oltre 1.100 ettari, in passato adibita a ricerca e coltivazione di miniere di uranio.
Le strutture di smaltimento di tipo superficiale, come attualmente configurate, hanno una capacità di circa 50 mila metri cubi di rifiuti condizionati. È tuttavia prevista la possibilità di estendere l'area di


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smaltimento, anche se tale estensione dovrebbe essere sottoposta ad un nuovo procedimento di licensing.
La tipologia delle strutture per lo smaltimento deriva da quella francese applicata nel centro dell'Aube, costituita da più unità ingegneristiche, a forma di parallelepipedo a base rettangolare realizzate in calcestruzzo armato, detti moduli, costruite fuori terra, della capacità di circa 5000 metri cubi, e destinate ad essere ricoperte con strati impermeabili dopo il riempimento, fino a ristabilire la configurazione iniziale del terreno, che è di tipo collinare. I manufatti radioattivi sono depositati nelle strutture modulari dopo essere stati immobilizzati in blocchi di calcestruzzo da 25 tonnellate, dette celle (dimensioni 2,5 x 2,5 x 2 metri), contenenti 18 manufatti cadauno. Ogni struttura di smaltimento può contenere 320 blocchi di calcestruzzo. Sia i blocchi di calcestruzzo che i moduli sono progettati per resistere ad un'accelerazione di 0,24 g. Attualmente risultano costruite 28 unità modulari, su due piattaforme rispettivamente da 16 e 12 moduli. A fine 1997 risultavano smaltiti 14 mila metri cubi di rifiuti condizionati.
Il centro di El Cabril ospita anche un laboratorio radiochimico ed un impianto per il condizionamento dei rifiuti radioattivi prodotti da piccoli produttori (ospedali, università, eccetera).
Il centro è operativo, di fatto, dal novembre 1992, quando i primi rifiuti giunsero nel deposito in una fase di pre-esercizio autorizzata a titolo di prova. Dal marzo 1993 il centro è stato autorizzato in esercizio dalle competenti autorità spagnole.
Il centro di El Cabril è gestito dall'Empresa nacional de residuos radioactivos (ENRESA) società di interesse nazionale i cui azionisti sono il CIEMAT (il corrispondente spagnolo dell'ENEA) e l'INI (Instituto nacional de industria). Essa è stata costituita con il decreto reale n. 1522 del 1984 per la gestione dei rifiuti radioattivi. I compiti di ENRESA, che riflettono sensibilmente anche la policy spagnola in materia di gestione del combustibile irraggiato, sono:

provvedere al trasporto e smaltimento nel centro di El Cabril dei rifiuti radioattivi di media e bassa attività prodotti e condizionati dai produttori nazionali;

definire le specifiche di accettabilità dei rifiuti condizionati e verificarne il rispetto tramite procedure di quality assurance;

condurre studi ed attività sperimentali dirette alla individuazione e qualificazione di un sito per lo smaltimento geologico dei rifiuti ad alta attività (che in Spagna includono anche il combustibile scaricato dalle centrali);

provvedere alla progettazione e realizzazione di sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato, sia di tipo centralizzato che presso le centrali di potenza;

provvedere alle attività di disattivazione delle centrali di potenza e di altre installazioni nazionali. Il decreto reale prevede che ENRESA assuma la responsabilità, operativa e di liability, di una centrale dopo il definitivo shut-down (la proprietà rimane tuttavia dell'operatore), divenga titolare della licenza di smantellamento, e proceda alle attività di smantellamento, i cui costi sono ripianati tramite il fondo a suo


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tempo costituito a valere sul prezzo del chilowattore. Nella pratica, la presa in carico da parte di ENRESA di una installazione da smantellare avviene solo dopo la decadenza definitiva della licenza di esercizio, evento che può intervenire, come di fatto succede, anche diversi anni dopo la fine dell'esercizio. Le attività operative di smantellamento vengono svolte tramite committenza ad operatori esterni, pubblici e privati, mentre ENRESA svolge il ruolo di società capocommessa.

L'ENRESA, ogni tre anni, elabora il piano nazionale per i residui radioattivi e lo sottopone all'approvazione del ministro dell'industria. All'atto della sua costituzione, l'ENRESA ha ricevuto un finanziamento iniziale da parte dello Stato per l'avvio dei lavori di qualificazione e realizzazione del sito di smaltimento. Secondo la legge istitutiva, l'ENRESA si finanzia con i proventi derivanti da una tassa sulla fornitura dell'energia elettrica; per i rifiuti di produzione non elettronucleare, l'ENRESA riceve i suoi proventi da tariffe ricavate sulla base dei servizi prestati.

4.2) Centro di smaltimento dell'Aube (Francia).

Il centro di smaltimento dell'Aube (CSA, Centre stockage de l'Aube), che beneficia della precedente esperienza più che ventennale, è il secondo sito operativo in Francia di tipo superficiale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività. Il primo ad essere messo in esercizio era stato quello della Manica (Centre de la Mauche, non lontano da Cherbourg), operativo dal 1969 e saturato nel 1994. Attualmente in tale centro sono state completate le operazioni di copertura delle strutture ingegneristiche di smaltimento, ed è entrato nella fase cosiddetta di controllo istituzionale, la cui durata prevista è di trecento anni. Nei prossimi cinque anni, saranno comunque effettuati monitoraggi particolari, prima di dare avvio al vero e proprio periodo di custodia passiva di lungo termine. Nel centro della Manica sono stati depositati 530 mila metri cubi di rifiuti condizionati.
Il centro dell'Aube è situato nella regione Champagne-Ardenne, dipartimento Aube e Alta Marna, a circa 40 km ad est della storica città di Troyes. È al centro di una zona economica prevalentemente agricola, solcata da fiumi (Aube e Senna). Il sito, di circa 100 ettari, ricade nel territorio di tre piccoli comuni situati a qualche chilometro di distanza.
La capacità del sito è di un milione di metri cubi ed è dimensionato per ricevere la produzione francese dei prossimi sessanta anni. Fino a tutto il 1997, sono stati trasferiti al centro 175 mila manufatti condizionati, per un totale di 82 mila metri cubi di rifiuti. Le strutture di smaltimento, completamente fuori terra (mentre quelle della Manica erano parzialmente interrate), sono costituite da moduli in calcestruzzo armato di circa 8.200 metri cubi di volume. La costruzione avviene modularmente, secondo le esigenze di carico, ed i manufatti condizionati, contrariamente a quello che avviene nel centro di El Cabril, vengono collocati direttamente nelle strutture di smaltimento in calcestruzzo in modo che la radioattività decresca verso le pareti


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esterne. Dopo il riempimento, le strutture vengono sigillate con cemento e materiale impermeabile.
Il centro dell'Aube costituisce un investimento globale di 1,4 miliardi di franchi e le spese di esercizio annuali, inclusa la ricerca, sono di circa 270 milioni di franchi.
Il centro di smaltimento dell'Aube è stato costruito ed è gestito dall'Agence nationale pour la gestion des déchets radioactifs (ANDRA), costituita con il decreto ministeriale 7 novembre 1979 ed ha lo statuto di un ente pubblico economico (EPIC: Etablissement public industriel et commerciel). Risponde ai ministeri di industria, ricerca ed ambiente. Il suo ruolo è stato definitivamente sancito con la legge 30 dicembre 1991, n. 91-1.381, sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi, che lo ha trasformato in un organismo pubblico industriale e commerciale sotto la tutela dei ministri dell'industria, della ricerca e dell'ambiente.
In pratica l'ANDRA sorveglia, come ente «terzo», tutti gli stadi della gestione dei rifiuti radioattivi attraverso il controllo del rispetto delle specifiche di produzione del manufatto, che costituiscono i criteri presi a base per il trasporto e lo smaltimento finale, ai quali gli esercenti dei reattori elettronucleari, degli impianti del ciclo del combustibile ed i piccoli produttori di rifiuti radioattivi si devono attenere. Senza tale compliance, i rifiuti non sono trasportabili né smaltibili, quindi di fatto non gestibili.
Attualmente l'ANDRA è impegnata in uno sforzo massiccio (tecnico, finanziario e politico) per la ricerca di un sito di smaltimento geologico profondo per i rifiuti ad alta attività.
Le principali fonti di finanziamento sono le sovvenzioni dello Stato e degli enti locali, la remunerazione dei servizi prestati, la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea e la cessione a Paesi terzi del proprio know-how.

5) Esempi di centri di smaltimento esteri.

5.1) Generalità.

I principi fondamentali della radioprotezione e della sicurezza ambientale nella gestione dei rifiuti radioattivi sono stati oggetto di particolare attenzione da parte della Agenzia internazionale per la energia atomica (IAEA) e della Commissione internazionale per la protezione radiologia (ICRP). Essi sono stati formulati per assicurare la tutela della salute umana e la protezione dell'ambiente, sia entro che oltre i confini di un Paese, e per non imporre oneri indebiti alle generazioni future.
L'applicazione di questi principi viene tenuta in particolare considerazione nella filosofia di gestione dei rifiuti radioattivi e nella progettazione dei sistemi e degli impianti di smaltimento. Sotto questo aspetto, uno dei principi stabiliti dalla IAEA è che non è etico rinviare la soluzione definitiva del problema alle generazioni future, almeno nel caso in cui esiste una tecnologia affidabile per lo smaltimento, come lo è per i rifiuti a bassa e media radioattività.
Per tali rifiuti infatti sono già in esercizio decine di centri di smaltimento nei quali, quasi ovunque, i rifiuti radioattivi sono smaltiti


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in strutture artificiali, costituite da barriere di cemento e calcestruzzo, realizzate in superficie o prossime agli strati superficiali del terreno. Alcuni Paesi invece, in considerazione di peculiari situazioni geografiche, hanno adottato soluzioni diverse. Ad esempio la Svizzera, che per la sua configurazione orografica non dispone di aree morfologicamente adatte per un tipo di smaltimento superficiale, ha in progetto di realizzare lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a media e bassa attività in gallerie scavate nel fianco di una montagna nei pressi di Wellemberg. In questo caso il confinamento sarà assicurato in parte anche dalle barriere naturali.
Un altro esempio è costituito dalla Germania, che fino ad ora ha preso in considerazione di realizzare un centro di smaltimento nei pressi di una esistente miniera di ferro a Konrad, in Bassa Sassonia, che presenta favorevoli condizioni di stabilità. Ciò è stato possibile in quanto la Germania dispone di un gran numero di miniere dismesse con caratteristiche ideali sotto il profilo meccanico ed idrogeologico.

5.2) Centro di smaltimento svedese SFR (Swedish final repository).

Un centro di smaltimento per rifiuti a bassa e media radioattività, di concezione diversa è il sito svedese di Forschmark, situato a circa 150 km a nord di Stoccolma, entrato in esercizio nell'aprile 1988. Il centro è gestito dalla Swedish nuclear fuel and waste management company.
Le strutture per lo smaltimento sono state realizzate nella roccia granitica a cinquanta metri sotto il livello del mar Baltico, a circa un chilometro di distanza dalla terraferma.
Questa particolare collocazione geografica del sito non è tuttavia sufficiente per classificarlo come sito di tipo geologico, in quanto la natura granitica del terreno non contribuisce in alcun modo all'isolamento dei radionuclidi dalla biosfera.
La tipologia delle strutture in ingegneristiche, realizzate all'interno dello scavo di circa 340 mila metri cubi di roccia granitica è stata progettata e realizzata per isolare il rifiuto radioattivo dalla biosfera per circa 500 anni. A causa di infiltrazione di cospicui volumi di acqua, la sicurezza è affidata alle barriere tecnologiche artificiali e ad una continua attività di prosciugamento.
Dopo il riempimento le strutture vengono adeguatamente sigillate ed isolate dalla biosfera, in modo che il monitoraggio e la custodia di lungo termine non siano necessarie.
Dei 340 mila metri cubi, il volume dei locali destinati allo smaltimento è di circa 60 mila metri cubi che costituiscono le strutture ingegneristiche di smaltimento realizzate da spesse pareti di calcestruzzo armato.
I quattro locali ed il silo, che compongono la struttura ingegneristica, sono utilizzati per differenti tipologie di rifiuti. Il silo per i rifiuti a media radioattività e i quattro locali per rifiuti a bassa radioattività. La manipolazione e la movimentazione dei rifiuti a maggiore radioattività è remotizzata mentre il rifiuto a radioattività molto bassa viene movimentato con sistemi manuali.


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Questo tipo di gestione ha permesso di contenere la dose collettiva media a valori molto bassi (1,5 mman Sv).
La programmazione e la pianificazione della consegna dei manufatti radioattivi è computerizzata e permette alla società svedese di regolarne il flusso e la tipologia.
Dal 1988 al 1996 sono stati smaltiti circa 22 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media radioattività, con un flusso di circa 2500-1500 metri cubi per anno.

5.3) Centro di smaltimento nel Regno Unito.

Nel Regno Unito è in esercizio da circa venti anni un centro di smaltimento per rifiuti radioattivi a media e bassa attività realizzato a Drigg, in prossimità degli impianti di Sellafield. Inizialmente lo smaltimento avveniva in trincee superficiali sprovviste di un adeguato rivestimento. In un secondo tempo, in seguito all'adozione dei criteri internazionali più severi i rifiuti sono stati smaltiti in trincee con rivestimento in calcestruzzo.
Un secondo sito di smaltimento per la bassa e media radioattività è allo studio presso il centro di Dounreay, nella costa settentrionale della Scozia, dove sono stati localizzati numerosi impianti nucleari e dove attualmente sono immagazzinati grandi quantitativi di rifiuti radioattivi.

5.4) Centri di smaltimento negli Stati Uniti d'America.

Gli USA, in considerazione degli enormi spazi disponibili a bassissima densità abitativa, in passato hanno adottato la tecnica di smaltire i rifiuti radioattivi a media e bassa attività, sia quelli prodotti da operatori privati che quelli del Department of energy (DOE) in trincee.
Da qualche anno gli operatori privati hanno sospeso questa pratica ed immagazzinano i rifiuti da loro prodotti (detti rifiuti radioattivi commerciali) negli stessi centri di produzione in attesa che vengano realizzati centri di smaltimento comuni a più gruppi di Stati (i cosiddetti compacts) nei quali si prende ancora una volta in considerazione l'impiego della tecnica del deposito superficiale in trincea.
Per i rifiuti radioattivi governativi (DOE), detti defence waste, sono adesso in esercizio centri di smaltimento nel Nevada e nei siti di Idaho e Savannah River. Le strutture di smaltimento sono tutte del tipo superficiale e sono costituite da trincee con o senza rivestimento (come quelle, in particolare, costruite nel centro del deserto del Nevada). In linea di massima, i centri di smaltimento degli USA non hanno gli stessi sistemi di confinamento dei centri di smaltimento europei e questo è stato possibile per le caratteristiche geografiche ed autropiche delle aree per lo più desertiche.

5.5) Centro di smaltimento in Giappone.

In Giappone dal 1990 è in esercizio un centro di smaltimento per rifiuti radioattivi a media e bassa attività presso il sito di Rokkasho-mura,


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situato all'estremità settentrionale dell'isola di Hoshuo, dove sono anche localizzati i principali impianti del ciclo del combustibile ed il deposito temporaneo dei rifiuti ad alta attività vetrificati e del combustibile irraggiato. Le strutture di smaltimento costituite da unità modulari e in calcestruzzo sono state realizzate a cielo aperto in un sostrato roccioso e, successivamente, ricoperte con strati di materiale artificiale e con terreno riportato, con una configurazione che assicura una completa impermeabilizzazione.
La capacità di progetto del centro di smaltimento, che sarà realizzato per fasi successive, sarà di 600 mila metri cubi pari a 3 milioni di bidoni condizionati da 200 litri. Attualmente sono stati smaltiti 40 mila metri cubi di rifiuti radioattivi.

6) Considerazioni per la definizione di strumenti normativi in materia.

Tenuto conto della peculiarità della situazione italiana rispetto a quella di altri Paesi comunitari ed extracomunitari, è stato più volte ribadito da parte di tutti gli organismi istituzionali auditi dalla commissione che la pianificazione della cessazione di ogni attività nucleare pregressa deve avvenire sulla base di un piano nazionale integrato che faccia ricorso a tutte le risorse e le competenze tecnico-scientifiche ancor oggi disponibili nel Paese.
Le ragioni di una tale esigenza, non più rinviabile, vanno ricercate, secondo l'ANPA, principalmente nel fatto che l'attuale situazione provvisoria, possibile fonte, in prospettiva, di rischio radiologico, deve essere drasticamente superato, alla luce dell'attuale sviluppo tecnologico, e di scelte strategiche ed innovative in campo energetico, tenendo presente che le risorse di personale qualificato, con reale bagaglio di conoscenze della situazione impiantistica, vanno progressivamente riducendosi.
Si tratta, quindi, della necessità di dar vita con urgenza ad un progetto complessivo, di ampia valenza programmatica, che tenga conto non solo della peculiarità del nostro Paese (impianti nucleari da tempo non più in esercizio, ricerca applicata sospesa, perdita progressiva della professionalità, della memoria storica e delle risorse umane), ma che comprenda anche la necessità di garantire il mantenimento delle necessarie competenze tecnico-scientifiche, nonché le conseguenti attività di ricerca finalizzate a soluzioni innovative di smaltimento.
Gli strumenti essenziali, perché si passi da una situazione di attesa e di studio ad una condizione di soluzione programmata, sono nell'ordine:

definizione di una strategia per la scelta del sito di smaltimento;
scelta di un sito di smaltimento da parte dello Stato;

istituzione di un'Agenzia nazionale di gestione, che nasca in un chiaro quadro di riferimento normativo e che raccolga le esperienze e le professionalità disponibili nel Paese, per tramandarle in vista dei lunghi tempi richiesti da una sistemazione definitiva delle attività nucleari pregresse;


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realizzazione di un centro per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di bassa e media radioattività;

individuazione di sicure fonti di finanziamento.

È importante che il primo punto preceda ed accompagni le attività connesse alla scelta del sito ed all'istituzione dell'Agenzia, in quanto tale scelta rappresenta il vero e proprio cammino critico dell'intero processo per la completa denuclearizzazione del Paese.
Il percorso logico e cronologico sopra indicato è fondamentale per la ricerca del consenso, da raggiungere tramite un'azione capillare di informazione trasparente.
Quest'attività, diretta soprattutto agli amministratori ed ai politici locali, oltre che alle comunità scientifiche ed alle associazioni ambientaliste, eccetera, è opportuno che sia condotta da un organismo super partes, garante della correttezza delle procedure e delle informazioni.
L'ANPA, grazie all'indipendenza che le deriva dai suoi compiti istituzionali, si pone quale soggetto tecnico-scientifico di riferimento per la tutela dell'ambiente e della salute dell'uomo.
Il contributo al raggiungimento del consenso può essere utilmente ottenuto seguendo l'esempio della Francia, dove è stata a tale scopo istituita la particolare figura di un médiateur, nominato con decreto del primo ministro. La missione ad esso assegnata (la persona che è stata scelta è un deputato ambientalista) può essere così sintetizzata:

provvedere a tutte le consultazioni utili con le comunità locali, le popolazioni interessate, gli organi di governo locale, le associazioni (esempio: sindacati, ambientalisti, eccetera), a cui presentare l'insieme del progetto, gli obiettivi del programma di realizzazione, la sua integrazione nel progetto nazionale per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, le potenziali sorgenti di rischio e le conseguenti misure di sicurezza e protezione da adottare;

registrare tutte le osservazioni ricevute dai vari interlocutori, raccogliendole in un rapporto da presentare ai ministri competenti;

elaborare con le comunità locali interessate un progetto generale che includa tutte le possibilità di sviluppo locale e che preveda gli opportuni investimenti da richiedere al Governo.

Per dare attuazione a quanto detto, è necessario predisporre nuovi atti legislativi concepiti per garantire la massima efficacia all'intero sistema gestionale, lasciando nel contempo inalterato sia il quadro legislativo in materia di impianti destinati allo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377, in attuazione della direttiva 85/337/CEE, e decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998), sia le competenze istituzionali di tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nel processo di sistemazione definitiva del pregresso nucleare.
In particolare, nell'elaborare gli schemi normativi, si ritiene che si debba anche tener conto, per quanto compatibile, come si è detto, con la specifica situazione del nostro Paese, delle esperienze di altri Paesi dell'Unione europea.


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Inoltre, l'istituenda Agenzia dovrà essere in grado, fin dal momento della sua istituzione, di assicurare un'efficiente operatività, tramite il trasferimento ope legis di parte delle specifiche competenze ancora disponibili in ambito nazionale (ENEA, ENEL, altri enti ed operatori).

7) Istituzione dell'Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi (ANGERIR).

L'indirizzo di base è quello di attribuire all'ANGERIR sia la competenza generale della gestione centralizzata dei rifiuti radioattivi da chiunque prodotti e/o detenuti, sia il compito di partecipare alla disattivazione degli impianti nucleari mediante la costituzione di società con i titolari dei provvedimenti autorizzativi di cui al capo VII del decreto legislativo 230/95. Ciò per tener conto della sostanziale unitarietà del problema della disattivazione degli impianti, della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare. Sotto questo profilo, una gestione unificata non può che avere effetti positivi.
In particolare, l'Agenzia deve principalmente:

effettuare le attività di caratterizzazione e qualificazione del sito di smaltimento prescelto;

provvedere alla realizzazione e all'esercizio, nel sito prescelto, del centro di smaltimento (nonché dei relativi servizi) che dovrà raccogliere tutti i rifiuti radioattivi nazionali di bassa e media attività confezionati secondo la guida tecnica n. 26 dell'ANPA, nonché le sorgenti dismesse;

provvedere alla realizzazione ed all'esercizio del deposito (interim storage) per lo stoccaggio di medio termine del combustibile irraggiato e dei rifiuti di terza categoria;

assicurare in regime di libera concorrenza servizi di raccolta, trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi prodotti nell'ambito delle attività nazionali ed in particolare di quelle che comportano l'utilizzo di sorgenti di radiazioni (ospedali, industrie, università, eccetera);

assicurare e partecipare alla disattivazione di tutti gli impianti e le installazioni nucleari dismesse mediante la costituzione di società con i titolari dei provvedimenti autorizzativi di cui al capo VII del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230;

stabilire i criteri e le modalità di accettazione dei rifiuti radioattivi nel centro di smaltimento, nonché la relativa congruità dei costi.

Inoltre l'Agenzia, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, deve perseguire la collaborazione con l'università, gli istituti di ricerca e gli organismi europei ed internazionali, al fine di mantenere aggiornato il know-how tecnologico in materia di smantellamento, di gestione e di smaltimento dei rifiuti ad alta radioattività, e di sistemazione degli elementi di combustibile nucleare esaurito, nonché


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concludere accordi di programma con le amministrazioni dello Stato, con le regioni e con gli enti locali, anche nell'ottica di predispone misure premiali di accompagno finalizzate a rimunerare la servitù territoriale di lungo periodo.
In definitiva l'Agenzia, che avrà personalità giuridica di diritto pubblico e sarà sottoposta alla vigilanza del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, deve provvedere e assicurare sia l'insieme delle operazioni che comportino la cessazione delle attività nucleari sia la gestione totale dei rifiuti radioattivi, assumendo la titolarità del centro di smaltimento per un periodo di circa 300-350 anni, durante il quale dovrà attuare, in via istituzionale, un controllo adeguato.
Gli esercenti ed i titolari di provvedimenti di disattivazione degli impianti nucleari devono elaborare una proposta globale di accantonamento (da aggiornare ogni tre anni) delle somme da destinare alle attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi ed alla disattivazione e/o allo smantellamento di impianti nucleari, nonché alla custodia degli elementi di combustibile esaurito, da sottoporre all'approvazione del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, secondo le modalità che saranno stabilite dallo stesso ministro.
Parimenti, l'Agenzia è tenuta a predisporre un piano programmatico e finanziario triennale, nel quale dovrà tener conto degli aggiornamenti tecnologici e degli accantonamenti di cui sopra, che sottoporrà all'approvazione del ministro vigilante.
Le fonti di finanziamento dell'Agenzia saranno «principalmente» assicurate:
dallo Stato, per quanto attiene le spese di gestione e di investimento;

dai finanziamenti relativi ai programmi di tutela ambientale, ai sensi dell'articolo 49 della legge 23 dicembre 1988, n. 448, e dal contributo annuo da parte delle società interessate alla produzione, distribuzione e trasmissione di energia elettrica, istituite ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79;

dai produttori e detentori dei rifiuti radioattivi e dai titolari dei provvedimenti di disattivazione per le attività di smaltimento;

dai contributi esterni quali, ad esempio, quelli dell'Unione europea, degli enti di ricerca, eccetera;

dal proprio patrimonio.

Inoltre all'ANGERIR saranno assegnate, nella misura del 50,1 per cento, le azioni di proprietà del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica delle società costituite a seguito delle privatizzazioni nel settore elettrico, per l'esercizio delle attività concernenti la disattivazione delle centrali elettronucleari, la chiusura del ciclo del nucleare e delle altre attività connesse e conseguenti.
Infine, in sede di prima attuazione, le risorse saranno, per la maggior parte, acquisite dall'Agenzia mediante trasferimento di uomini e mezzi da altre amministrazioni e organismi pubblici, come l'ENEA, l'ENEL e la Nucleco spa.


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È stato evidenziato, in precedenza, che la scelta del sito di smaltimento è un obiettivo di primaria importanza, di cui lo Stato deve farsi carico. Per essere quindi coerenti con gli obiettivi che si vogliono perseguire, è necessario che gli obblighi derivanti dalla normativa e connessi con l'esercizio del sito di smaltimento decorrano soltanto quando lo stesso sarà stato individuato con decreto del ministro dell'industria.

8) Considerazioni sull'attività dell'Agenzia per la gestione dei rifiuti radioattivi.

8.1) Funzioni e compiti.

Sulla base delle soluzioni organizzative e delle esperienze operative di altri Paesi dell'Unione europea, le agenzie o le società per la gestione dei rifiuti radioattivi possono avere compiti e responsabilità più o meno estesi. Di fatto, in Europa sono stati concepiti essenzialmente due modelli di operatori. Uno, per così dire, di tipo istituzionale, nel quale l'organismo assicura in pratica, per conto della collettività, funzioni di garanzia sulla gestione finale dei rifiuti, in particolare tenendo presenti le implicazioni di lungo periodo (vedi ANDRA in Francia e NIREX, nel Regno Unito); l'altro, invece, di contenuto più operativo, nel quale all'organismo sono attribuiti compiti di gestione più estesi, non limitati cioè solo alle attività di smaltimento definitivo, come nel caso dell'ONDRAF, in Belgio, e della ENRESA, in Spagna.
In Italia, vista la peculiarità della situazione nucleare, l'organismo che si propone è stato concepito non solo per assicurare alla collettività, per un periodo centenario, la sistemazione di tutto ciò che è stato e che verrà prodotto dalle attività connesse con l'uso pacifico dell'energia nucleare ma per svolgere anche un ruolo di garanzia nei confronti delle attività che attengono alla cessazione delle pregresse attività relative all'energia nucleare da fissione.
Le funzioni prioritarie di norma assegnate all'Agenzia, sono quelle di seguito descritte.
La gestione del centro di smaltimento dei rifiuti radioattivi di media e bassa attività. La gestione del centro può anche includere attività operative ausiliarie, come il trasporto dei rifiuti radioattivi condizionati dai luoghi di produzione o di stoccaggio, al centro di smaltimento, è anche possibile ipotizzare l'impiego di operatori su committenza, dato che i trasporti possono risultare molto diluiti nel tempo ed un'attività in proprio, di conseguenza, potrebbe essere onerosa per l'Agenzia.
La gestione di un centro di smaltimento implica la custodia di lungo periodo, durante il quale si ha il «controllo istituzionale»; tale controllo è successivo alla fase operativa, dopo che il centro è stato completato, per cui è necessario custodire il sito ed eseguire controlli e monitoraggi ambientali di vario tipo per circa trecento anni.
La gestione di un centro, comportando la titolarità della licenza di esercizio, implica anche che l'Agenzia sia attore della procedura autorizzativa. Come è noto, infatti, quando si deposita un rapporto di sicurezza, si deve contestualmente indicare il titolare. Ne deriva, per


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come si svolge l'iter per un sito di smaltimento, che l'Agenzia è anche il soggetto che qualifica il sito.
La qualificazione del sito. Non si deve confondere questo compito con la scelta del sito.
Si arriva, infatti, alla scelta di un sito attraverso un procedimento complesso, che implica non solo la definizione di un quadro degli indirizzi strategici ma anche scelte politiche e tecniche, queste ultime basate sulle caratteristiche che sono state prefissate dalle competenti autorità (ANPA).
Le diverse fasi comprendono: l'individuazione di vari siti potenzialmente idonei, la selezione di una rosa ristretta di siti, l'individuazione dei siti candidati e la scelta del sito in cui realizzare il centro di smaltimento.
Tutte queste operazioni, propedeutiche alla caratterizzazione completa ed alla qualificazione del sito, non richiedono necessariamente azioni in campo, ma possono essere svolte su documenti esistenti (mappe, piani regolatori, dati climatologici, dati socioeconomici, carte idrogeologiche). I siti candidati vengono resi pubblici e su essi si inizia una prima caratterizzazione in campo, che richiede pertanto il consenso pubblico. Questa fase deve essere preceduta o comunque affiancata da una puntuale informativa, capillare e trasparente, attraverso riunioni con Stato e regioni, province, enti locali, associazioni ambientaliste, eccetera, che come è stato detto in precedenza, può essere affidata ad un mediatore istituito con provvedimento legislativo di fonte governativa.
Tra i siti candidati si individua quello sul quale si inizia una preliminare attività di qualificazione, che viene svolta al fine di dare conferma ai dati che sono riportati nel rapporto di sicurezza. La qualificazione completa, che è estesa e costosa, richiedendo sondaggi, verifiche geotecniche, eccetera, si effettua solo per il sito finale. Queste fasi di qualificazione devono essere svolte necessariamente dall'Agenzia, in quanto titolare della licenza di esercizio.
È possibile anche ipotizzare che l'Agenzia debba svolgere le attività precedenti, di caratterizzazione, di concerto con enti ed istituti pubblici competenti nella materia.

8.2) La chiusura delle pregresse attività nucleari e la partecipazione alle attività di disattivazione degli impianti nucleari.

La strategia di disattivazione dei reattori nucleari, per motivi di opportunità radioprotezionistica, è di norma attuata in due fasi, come sarà meglio specificato nel capitolo dedicato alla disattivazione degli impianti nucleari.
La prima fase, comprende l'insieme delle attività che devono far raggiungere all'impianto un assetto atto a garantire la tutela fisica e sanitaria dei lavoratori e della popolazione, cioè un assetto per cui la nocività e la pericolosità dell'impianto è ridotta al minimo consentibile. Questa condizione, detta anche custodia protettiva passiva (CPP) dell'impianto nucleare, si ottiene essenzialmente allontanando il combustibile nucleare dall'impianto, rimuovendo la contaminazione asportabile, condizionando tutti i rifiuti radioattivi, riducendo drasticamente


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i carichi di fuoco e confinando la radioattività residua in edifici e componenti sigillabili.
La seconda fase, detta di smantellamento, deve perseguire l'obiettivo del rilascio incondizionato del sito. Pertanto essa comprende l'allontanamento dall'impianto dei rifiuti radioattivi solidificati e, ove necessario, lo smantellamento delle infrastrutture e dei componenti contaminati ed attivati, nonché un'approfondita indagine radiometrica ambientale. Tale fase può essere avviata dopo circa 25-30 anni dall'arresto del reattore, allorquando la residua radioattività indotta nell'impianto non tenderà più a diminuire in modo significativo. Sarebbe quindi non utile prorogare ulteriormente l'avvio delle attività di smantellamento in quanto non comporterebbe ulteriore beneficio radioprotezionistico.


Per gli impianti nucleari del ciclo del combustibile le operazioni connesse alle attività di disattivazione, di norma, avvengono senza soluzione di continuità in quanto solitamente non sussistono le esigenze di radioprotezione che sono alla base del differimento delle attività di smantellamento.
Lo smantellamento degli impianti è quindi un passo importante della strategia di sistemazione delle attività nucleari pregresse in quanto rappresenta l'ultimo atto significativo che consente il completo recupero dell'area sulla quale era stato realizzato il reattore o l'impianto nucleare.
Tutte le attività di cui si è detto, finalizzate alla chiusura delle pregresse attività nel settore elettronucleare e del ciclo del combustibile saranno assicurate dall'Agenzia che, all'uopo, costituirà società con titolari dei provvedimenti di disattivazione.
Le funzioni non necessariamente da assegnare all'Agenzia, sono invece quelle di seguito descritte.
Le attività connesse con il processo di selezione del sito o dei siti candidati, cioè le attività a monte della qualificazione. Potrebbe, ad esempio ritenersi opportuno che esse vengano appositamente svolte da un attore diverso da chi dovrà poi qualificare e gestire il sito, allo scopo di separare la figura di chi qualifica il sito da colui che lo cerca e lo caratterizza.
Nel caso italiano, se assegnare o no questo compito all'Agenzia, dipende anche dai tempi di istituzione della stessa, in quanto le attività in corso condotte dall'ENEA e dal Governo non devono essere interrotte dovendo esse consentire di arrivare all'indicazione del sito candidato per quando sarà operativa l'Agenzia.
Le attività di condizionamento dei rifiuti radioattivi.
Di norma, i rifiuti radioattivi vengono condizionati dagli stessi esercenti degli impianti nucleari che li hanno prodotti, quali l'ENEA, l'ENEL e il centro Euratom di Ispra. Invece, in linea di principio, è auspicabile che il trattamento ed il condizionamento dei rifiuti radioattivi di origine industriale, tecnologica, scientifica, eccetera, venga attuato dall'Agenzia.

9) Stima dell'investimento. Ricadute socio-economiche ed industriali.

Sulla base di analoghi programmi realizzati in altri Paesi dell'Unione europea e tenendo presente la situazione nazionale, l'investimento


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per la realizzazione dell'insieme delle infrastrutture all'interno ed all'esterno del centro di deposito definitivo, degli impianti di controllo, dei laboratori, dei servizi e delle strutture di deposito, secondo una prima stima condotta dalla task force dell'ENEA può essere dell'ordine di 500-600 miliardi (valore 1998), da suddividere in circa otto-dieci anni.
Le attività di progettazione e la costruzione sul sito anche del deposito temporaneo per l'alta attività e per gli elementi di combustibile potrebbe comportare il raddoppio dell'investimento. Vale la pena qui sottolineare che l'attuazione dell'intero programma richiede tempi relativamente lunghi. Si ricorda, quindi, che l'istituzione dell'Agenzia e la procedura per la scelta del sito dovranno procedere di pari passo.
Si può quindi supporre, anche sulla base di esperienze estere, di porre in atto un programma temporale così articolato:

avvio delle attività di promozione e della diffusione
dell'informazione: 1999;

approvazione della legge istitutiva dell'Agenzia: marzo 2000;

prosecuzione delle attività di caratterizzazione dei siti: dicembre 2000;

adozione del decreto ministeriale per la scelta del Sito: settembre 2001;

qualificazione del sito: marzo 2002;

procedure autorizzative: settembre 2002;

inizio costruzione: marzo 2004;

inizio esercizio: marzo 2007.

È stato detto, in premessa, che il centro di smaltimento in realtà è un centro dove si svolgono attività tecnologiche. È possibile quindi ipotizzare che nell'area si possano avviare altre iniziative compatibili e costituire poli di sviluppo a contenuto ecologico, di indubbia valenza socio-economica ed industriale. Infatti la realizzazione di infrastrutture, di laboratori e di servizi nonché l'esecuzione delle operazioni di disattivazione degli impianti nucleari sono indubbiamente un momento di stimolo per l'industria nazionale, che potrebbe impegnarsi a sviluppare e ad applicare tecnologie altamente innovative.
Esempi di questo tipo sono all'estero ormai una realtà.
La ricaduta qualitativamente non trascurabile di nuove iniziative potrebbe condurre ad un indotto (anche commerciale) di notevole interesse culturale per i cittadini e per gli amministratori locali. Ovviamente, far divenire realtà quanto è stato ipotizzato dipenderà molto dalla formulazione di un programma di interventi, dall'ammontare degli investimenti e dalla volontà politica degli amministratori locali. A tale proposito, giocherà un ruolo molto importante il contenuto dell'accordo di programma che l'ANGERIR e le suddette amministrazioni stipuleranno tenendo presenti le misure premiali previste dal Governo per la remunerazione della servitù territoriale di lunga durata.


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10) La disattivazione degli impianti nucleari.

10.1) Aspetti generali.

Nei paragrafi precedenti è stato accennato al fatto che, per gli impianti del ciclo del combustibile, tutte le operazioni che fanno parte del processo di disattivazione, possono avvenire senza soluzione di continuità sino al rilascio incondizionato del sito, mentre per i reattori nucleari, lo stesso processo, per motivi di opportunità radioprotezionistica, può essere realizzato per fasi e in tempi successivi.
In campo internazionale sono stati definiti due modi di procedere per il decommissioning che sono riferiti essenzialmente ai tempi ed alla pianificazione dell'esecuzione delle operazioni di disattivazioni degli impianti nucleari. Si tratta della disattivazione immediata, detta DECOM, e della disattivazione differita, detta SAFSTOR (IAEA - The regulatory process for the decommissioning of nuclear facilities).
La scelta dell'opzione di disattivazione immediata o differita dipende da una serie di parametri di riferimento che variano caso per caso e scaturisce, pertanto, da un esame comparativo che tiene conto sia di fattori più direttamente riconducibili agli aspetti di sicurezza nucleare e di radioprotezione, sia di altri fattori di tipo socio-economico e politico.
In campo internazionale la soluzione maggiormente adottata è stata, in passato, la SAFSTOR, mentre di recente si è assistito ad un ricorso sempre più frequente alla soluzione DECOM. Questo orientamento può trovare una spiegazione sia per la rapida evoluzione e maturazione delle tecnologie di smantellamento remotizzate e/o robotizzate, con notevole riduzione delle dosi occupazionali dei lavoratori, sia per il peso degli oneri che ne derivano agli esercenti per il mantenimento e la manutenzione dei sistemi.
In molti Paesi europei ed extraeuropei la pianificazione della disattivazione ha raggiunto la maturità industriale grazie anche alle iniziative in questo campo assunte dall'Agenzia per l'energia nucleare (NEA) dell'Organizzazione per la cooperazione economica dello sviluppo (OECD), che da tempo ha promosso un programma internazionale sul decommissioning (al quale partecipano tredici Paesi dell'OCSE) che comprende trenta impianti in fase di disattivazione, di cui venti reattori, sette impianti di riprocessamento, due impianti di fabbricazione di combustibili nucleari, ed un impianto di produzione di radioisotopi.
Gli scopi del programma sono fondamentalmente finalizzati ad agevolare lo scambio delle conoscenze e delle innovazioni tecnologiche e delle esperienze operative.
Secondo uno schema ormai molto diffuso, il processo di disattivazione si può articolare in tre fasi:

la prima fase, detta di custodia protettiva passiva (CPP) o di sorveglianza, si conclude quando il combustibile nucleare è stato allontanato dall'impianto, i rifiuti radioattivi sono stati condizionati, è stata attuata la decontaminazione meccanica e chimica dei sistemi e dei componenti ed è stata eseguita la mappatura della residua condizione radiologica dell'intero impianto;


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la seconda fase, che può definirsi transitoria o temporanea, comprende lo smantellamento completo dei sistemi e dei componenti, e dove è necessario anche delle strutture e degli edifici, il condizionamento dei rifiuti radioattivi prodotti nel corso dello smantellamento ed il rilascio del sito nucleare con «restrizioni»; è necessario passare per questa fase, ad esempio, quando il sito nucleare ospita più impianti (è il caso del sito multiunità di Saluggia, della Casaccia dell'ENEA o del centro europeo di Ispra) non necessariamente tutti disattivati, oppure quando parte o tutti i rifiuti radioattivi, per esigenze contingenti, non possono essere allontanati dall'impianto che li ha prodotti (ad esempio, sito di smaltimento in allestimento);

la terza fase, detta di rilascio incondizionato, si raggiunge quando è possibile rilasciare il sito senza vincoli radioprotezionistici.

Come è stato detto, le tre fasi possono essere eseguite senza soluzione di continuità o essere realizzate in modo differito nel tempo.

10.2) Situazione italiana.

Secondo l'ANPA ed il Ministero dell'industria, le condizioni di sicurezza degli impianti nucleari italiani non presentano, nell'immediato, particolari motivi di preoccupazione, grazie anche alle attività di manutenzione che vengono effettuate in modo rigoroso ed agli interventi di condizionamento dei rifiuti radioattivi.
È necessario tuttavia riconoscere che, con il trascorrere del tempo, l'insieme delle strutture, dei sistemi e dei componenti sono soggetti comunque ad un graduale deterioramento che richiederà, in un prossimo futuro, interventi sempre più onerosi e complessi e non sempre in grado di produrre risultati affidabili.
Pertanto, anche se la situazione attuale non può definirsi critica, è necessario procedere con sollecitudine ad una soluzione integrata, che deve concretizzarsi nell'ambito di una strategia globale di riferimento per tutti gli impianti presenti nel territorio nazionale.
È anche da tener presente il grave problema della progressiva perdita di risorse umane qualificate, causato sia dal raggiungimento dei limiti di età del personale tecnico sia dal trasferimento dello stesso ad attività non nucleari, senza possibilità di un adeguato turn-over.
Tenendo conto che, per operare la disattivazione di un impianto nucleare, sono generalmente necessari tempi lunghi (una decina di anni) si deve concludere che non vi è più molto margine di tempo per intervenire.

10.3) Proposta di modifica dell'attuale procedura di disattivazione (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230).

La procedura autorizzativa per la disattivazione degli impianti nucleari è stabilita dagli articoli 55, 56 e 57 del decreto legislativo n. 230 del 1995. Secondo questa procedura, particolarmente complessa, l'esecuzione delle operazioni è soggetta ad autorizzazione preventiva da parte del Ministero dell'industria, sentiti i pareri dei Ministeri dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza


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sociale, e della sanità, nonché della regione o provincia autonoma interessata e dell'ANPA. L'autorizzazione è rilasciata, ove necessario, per singole fasi intermedie rispetto all'ultimo stadio previsto. La suddivisione per singole fasi intermedie deve essere giustificata nell'ambito di un piano globale di disattivazione da allegare all'istanza di autorizzazione relativa alla prima fase. La documentazione tecnica da allegare all'istanza per ciascuna fase deve contenere:

il piano delle operazioni da eseguire;

la descrizione dello stato dell'impianto unitamente all'inventario delle materie radioattive;

l'indicazione dello stato dell'impianto al termine della fase;

l'analisi di sicurezza relativa alle operazioni da eseguire e allo stato dell'impianto a fine operazioni;

l'indicazione della destinazione dei materiali radioattivi di risulta;

una stima degli effetti sull'ambiente esterno;

un programma di radioprotezione anche per l'eventualità di un'emergenza.

Devono essere altresì indicati i momenti a partire dai quali vengono meno i presupposti tecnici per l'osservanza delle singole disposizioni legislative e delle prescrizioni di esercizio.
Entro sessanta giorni dal ricevimento della documentazione le amministrazioni trasmettono all'ANPA le proprie osservazioni. L'ANPA, esaminata la documentazione, tenuto conto delle osservazioni, trasmette alle stesse amministrazioni una relazione con le proprie valutazioni e con gli eventuali limiti e condizioni da osservare. Entro trenta giorni, le amministrazioni trasmettono all'ANPA le proprie osservazioni finali. L'ANPA, sentita la commissione tecnica, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 230 del 1995, invia al Ministero dell'industria, il proprio parere con l'indicazione delle eventuali prescrizioni. Il ministro dell'industria rilascia l'autorizzazione condizionandola all'osservanza delle eventuali prescrizioni definite dall'ANPA. L'esecuzione delle operazioni avviene sotto la vigilanza dell'ANPA.
Al termine delle operazioni il titolare dell'autorizzazione trasmette all'ANPA i rapporti che documentano le operazioni eseguite e lo stato dell'impianto e del sito. Il ministro dell'industria, sentite le amministrazioni interessate e l'ANPA, emette con decreto le eventuali prescrizioni connesse allo stato dell'impianto e del sito al termine delle operazioni.
Da quanto è stato detto, si evince che la procedura, alla quale si è accennato, appare particolarmente vincolata e ripetitiva riguardo ai pareri, tanto da risultare più complessa di quella prevista dallo stesso decreto per la costruzione di una centrale nucleare (articoli 36 e seguenti del decreto legislativo n. 230 del 1995).
Si tratta, quindi, di migliorare e semplificare l'attuale procedura lasciando inalterati i suoi caratteri di affidabilità relativamente alla sicurezza della popolazione e dei lavoratori nonché alla salvaguardia dell'ambiente.
Con tali premesse, è stata elaborata una proposta di modifica dell'articolo 56 del decreto legislativo n. 230 del 1995, che viene riportata nell'articolato (articolo 18).


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11) Note tecniche.

11.1) Premessa.

Fin dalle prime applicazioni dell'energia nucleare, la problematica della corretta gestione dei rifiuti radioattivi è stata in tutto il mondo oggetto di un particolare impegno tecnologico da parte degli enti di ricerca, in quanto è stata considerata un aspetto importante del ciclo nucleare ed una componente di rilievo della tematica ambientale e radioprotezionistica connessa con tali applicazioni. Si tratta di un problema molto articolato a fronte della diversificata produzione e tipologia dei rifiuti, in rapporto ai differenti momenti del ciclo produttivo. Anche le esigenze di soluzione sono state, pertanto, diverse e diversamente scaglionate nel tempo.
Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi costituisce la fase finale ed è certamente l'atto più impegnativo del ciclo gestionale in quanto deve essere destinato ad assicurare il contenimento del manufatto radioattivo per tempi assai più lunghi dell'ordinaria percezione degli operatori e delle popolazioni interessate, garantendo un assoluto isolamento dei radionuclidi dalla biosfera.
A tale proposito, si ritiene che la definizione di un sito di smaltimento debba essere condotta con il consenso degli amministratori e dei cittadini, che devono essere informati da un soggetto istituzionale super partes, il cosiddetto garante, così come è avvenuto in Francia.
Per dare al Paese una garanzia che tutto possa avvenire con la massima correttezza e trasparenza di obiettivi, viene proposta l'istituzione di un'Agenzia nazionale che, in qualità di esercente di un centro nazionale di smaltimento, annovera tra i suoi peculiari compiti anche quello di dover regolamentare e normalizzare i processi di confezionamento e di condizionamento del rifiuto radioattivo in funzione del suo smaltimento.
Per affrontare questa tematica nella massima sicurezza possibile, i principi fondamentali ai quali l'Agenzia dovrà fare riferimento sono quelli della radioprotezione dei lavoratori e delle popolazioni, nel presente e nel futuro, nonché della preservazione dell'ambiente.
Poiché questi obiettivi devono conseguirsi concretamente, mediante attività operative, è indispensabile fare riferimento a normative o guide tecniche già sufficientemente sperimentate.

11.2) La guida tecnica n. 26 dell'ANPA «Gestione dei rifiuti radioattivi» (edizione 1987).

In Italia la classificazione dei rifiuti radioattivi proposta dall'ANPA con la guida tecnica n. 26 è già ampiamente accettata ed utilizzata da alcuni importanti esercenti nucleari, in attesa che i rifiuti radioattivi a media e bassa radioattività vengano destinati ad uno smaltimento in depositi superficiali o subsuperficiali. Infatti, tale guida tecnica ha recepito tre criteri generali che sono comuni a tutte le regolamentazioni internazionali in materia di rifiuti radioattivi:

ottimizzazione delle dosi individuali e collettive (secondo il criterio ALARA), nonché preservazione della qualità dell'ambiente;


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adozione di adeguati provvedimenti atti a ridurre il volume dei rifiuti radioattivi:

immobilizzazione, ove necessario, dei radionuclidi mediante condizionamento del rifiuto in matrice inerte (manufatti).

Con riferimento alle tecniche di confinamento, la guida tecnica n. 26 prende in considerazione due fondamentali parametri, la concentrazione di radioattività ed il tempo di decadimento dei radionuclidi presenti, per mezzo dei quali determina tre categorie di rifiuti radioattivi (paragrafo II, punto 3); in particolare, per la seconda categoria, indica anche i requisiti e le modalità di condizionamento e di smaltimento (paragrafo II, punto 5).
L'aspetto tecnico che nella presente nota si vuole evidenziare è quello relativo alle caratteristiche chimico-fisiche e meccaniche che i manufatti radioattivi (la cui radioattività si prevede che decada tra i 50 e i 300 anni - II categoria) devono avere per rappresentare una prima barriera all'eventuale rilascio di radioattività in caso di incidente.
Esse sono elencate al paragrafo II.5.4 della guida tecnica e riguardano: la resistenza alla compressione, la resistenza ai cicli termici, la resistenza alle radiazioni, la resistenza al fuoco, la resistenza alla biodegradazione, la resistenza all'immersione, la lisciviabilità ed i liquidi liberi.
La verifica dei requisiti dei manufatti deve essere inquadrata in un programma documentato di qualificazione e controllo sviluppato sulla base di criteri di garanzia della qualità.
Per tutti i rifiuti radioattivi non appartenenti alle prime due categorie, detti di terza categoria, la guida tecnica, al momento non dà indicazioni se non per il processo di condizionamento, riferendosi a generici «processi di vetrificazione o altri processi di condizionamento sufficientemente provati».

11.3) Safety guide 1994 «Classification of radioctive waste» dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.

Per quanto attiene alla classificazione dei rifiuti radioattivi, nel linguaggio corrente, è ancora in uso un'antiquata terminologia qualitativa, spesso riportata nella letteratura internazionale, che ha avuto origine in sede IAEA (International atomic energy agency) e che è stata impiegata, in passato, in rapporto al tipo di deposito e di smaltimento che si intendeva attuare: rifiuti a bassa radioattività o di basso livello (LLW); rifiuti a media radioattività o di livello intermedio (ILW): rifiuti ad alta radioattività o di alto livello (HLW).
Alle tre suddette classi di rifiuti veniva aggiunta quella dei rifiuti contaminati da alfa emettitori in misura tale da doverli assimilare ai rifiuti di alto livello.
Alle prime due classi (LLW e ILW), ancor oggi, si possono far corrispondere, sia pure con qualche margine di approssimazione, i rifiuti classificati nelle prime due categorie della guida tecnica. Alle altre due (HLW ed alfa emettitori) corrispondono quelli classificati di terza categoria.


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In tempi recenti (1994) la stessa IAEA ha provveduto a formulare una nuova e più articolata classificazione dei rifiuti, sviluppando criteri quantitativi - confrontabili con quelli della guida tecnica n. 26 - mirati principalmente a salvaguardare gli aspetti di radioprotezione in relazione al tipo di sistemazione finale nel sito di smaltimento.
Vista l'analogia con quanto è stato regolamentato in Italia (vedi tabella I della guida tecnica n. 26), si può senz'altro affermare che i criteri e la metodologia adottati dall'ANPA sono in linea con gli orientamenti internazionali.
Nel nuovo sistema di classificazione, anche l'IAEA prevede tre classi principali di rifiuti radioattivi, solidi o solidificati, le cui caratteristiche sono riassunte nello schema seguente.

Classificazione IAEA 1994.

Classe dei rifiuti Caratteristiche principali Confronto con le categorie della GT n. 26 Tipo di smaltimento
1. Rifiuti esenti (EW)*Concentrazioni di attività inferiori ai livelli di esenzione
I Categoria
Nessuna restrizione di tipo radiologico
2. Rifiuti di livello basso
Livelli di attività superiori ai EW e potenza termica inferiore a 2 Kw/mc
2.1. Rifiuti a vita breve (LILW-SL)
Concentrazione dei radionuclidi alfa emettitori a vita media lunga non eccedente i 400 Bq/g in media e i 4000 Bq/q per singolo manufatto
II Categoria
In strutture superficiali o subsuperficiali
2.2. Rifiuti a vita me dia lunga (LILW-LL)
Concentrazione dei radioclidi a vita media lunga eccedenti le soglie di cui al punto 2.1
III Categoria
In formazioni geologiche profonde
3. Rifiuti di alto livello (HWL)
Potenza termica superiore a 2 Kw/mc e concentrazione di radionuclidi a vita media lunga eccedenti le soglie di cui al punto 2. 1
III Categoria
In formazioni geologiche profonde


* La materia della determinazione dei limiti di rilascio incondizionato è demandata alle autorità competenti di ciascuno Stato. È in corso, da parte della IAEA, un tentativo di unificazione di tali limiti tra i diversi Stati membri.


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11.4) Proposta di classificazione dei rifiuti radioattivi in ambito europeo.

Nell'ambito dell'Unione europea, un gruppo di esperti concerted action working group on waste classification and equivalence su mandato della Advisory Comittee on programme management (ACPM), ha studiato la possibilità di armonizzare le strategie ed ai criteri di gestione e di smaltimento dei rifiuti radioattivi, con particolare riguardo ai criteri di classificazione e di equivalenza tra tipologie diverse di rifiuti, dopo aver esaminato i sistemi di classificazione attualmente in uso nei diversi paesi dell'Unione europea. Ai lavori hanno partecipato anche esperti dell'est europeo.
L'attuale posizione, in materia di classificazione di rifiuti radioattivi, degli Stati comunitari è stata sintetizzata nel documento predisposto dal dipartimento della sicurezza nucleare e protezione civile della Commissione europea, del 30 marzo 1998, radioctive waste categories.
Dopo un approfondito confronto, il gruppo di lavoro ha proposto un criterio generale di classificazione, che è il risultato di un compromesso tecnico mediato tra tutti i sistemi già in uso nei diversi paesi dell'Unione.
Tale classificazione, che verrà presentata nel corso delle prossime riunioni dell'ACPM, in definitiva non si discosta molto dai criteri già indicati dall'IAEA e dall'ANPA.

Transition Radioactive Waste (TRW).

Tipologia di rifiuti che richiede un tempo limitato di stoccaggio, fino ad un massimo di cinque anni, affinché la radioattività decada a livelli inferiori ai limiti stabiliti dalle autorità competenti per il rilascio incondizionato. Tali limiti devono comunque seguire i criteri di base definiti nella direttiva Euratom 96/29 del 13 maggio 1996. Questa prima classe, in sostanza è equivalente alla prima categoria della guida tecnica n. 26, con la differenza che è stato specificato il limite massimo di anni di stoccaggio.

Low and Intermediate Level Waste (LILW).

Rifiuti con livelli di concentrazione di attività superiore ai limiti stabiliti per il rilascio incondizionato.

Short Lived Waste (LILW-SL).

Limite di concentrazione di attività (ai fini dello smaltimento) per alfa emittenti di 400 Bq/g sulla totalità dei rifiuti, con un limite di 4000 Bq/g per singolo manufatto.
Questa sottoclasse corrisponde alla seconda categoria della guida tecnica n. 26 ed identifica la tipologia dei rifiuti radioattivi che possono essere smaltiti in siti superficiali o subsuperficiali.


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Long Lived Waste (LILW-LL).

Rifiuti che eccedono il limite di concentrazione di attività per alfa emittenti di cui al punto precedente e non presentano una significativa produzione di calore.

High level Waste (HLW).

Rifiuti che eccedono il limite di concentrazione di attività per alfa emittenti di cui al precedente punto LILW-SL e presentano una significativa produzione di calore.
I rifiuti LILW-LL e HLW corrispondono alla terza categoria della guida tecnica n. 26.
Raccogliendo il parere della maggioranza degli esperti presenti nel gruppo, si è ritenuto di non dover specificare alcun valore di potenza termica di separazione fra i rifiuti appartenenti alle classi LILW-LL e HLW, mentre la IAEA stabilisce per tali rifiuti una soglia di 2KW/mc.
Il motivo sostanziale di tale decisione è che il limite di potenza termica è fissato in funzione delle caratteristiche del sito di smaltimento prescelto.
La soluzione che a tutt'oggi viene adottata per tale custodia è quella del deposito temporaneo, in attesa che i risultati degli studi condotti in appositi laboratori sotterranei possano essere utilmente impiegati per individuare e qualificare i siti geologici profondi.

11.5) Classificazione dei rifiuti radioattivi negli Stati Uniti d'America.

Per completezza di informazione, si riporta anche una sintesi del sistema di classificazione dei rifiuti radioattivi negli Stati Uniti d'America dedotta dai criteri elencati nel documento 10 CFR, articolo 61, Licensing requirements for land disposal of radioactive waste.
Negli Stati Uniti d'America esistono tre classi di rifiuti radioattivi (A, B e C), ad ognuna delle quali corrispondono caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto condizionato, crescenti nell'ordine.
La distinzione secondo le tre classi viene determinata sia dalla concentrazione di radionuclidi a vita lunga che dalla concentrazione di radionuclidi a vita breve.

Classificazione secondo i radionuclidi a emivita lunga.

Se la concentrazione non supera 0,1 volte i valori riportati nella tabella seguente, il rifiuto appartiene alla classe A:

se la concentrazione è compresa tra 0,1 e 1 volte i valori della tabella, il rifiuto appartiene alla classe C;

se la concentrazione supera i valori della tabella, il rifiuto non è adatto per essere smaltito in un deposito superficiale;

per rifiuti contenenti più radionuclidi presenti nella tabella, la concentrazione totale viene rispettata quando la somma dei quozienti, ottenuti dividendo la concentrazione dei singoli radionuclidi nel rifiuto per il corrispondente limite riportato nella tabella, non è superiore a 1.


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Radionuclidi Concentrazione Unità
C-148 Ci/mc
C-14 in metalli attivati80 Ci/mc
Ni-59 in metalli attivati220 Ci/mc
Nb-94 in metalli attivati0,2 Ci/mc
Tc-993 Ci/mc
I-1290,08 Ci/mc
a-emettitori con T1/2 > 5 anni100 nCi/g
Pu-2413500 nCi/g
Cm-24220000 nCi/g


Classificazione secondo i radionuclidi a emivita breve.

Se la concentrazione non supera i valori della colonna 1 della tabella seguente, il rifiuto appartiene alla classe A:

se la concentrazione è compresa fra i valori di colonna 1 e di colonna 2 della tabella, il rifiuto appartiene alla classe B;

se la concentrazione è compresa tra i valori di colonna 2 e di colonna 3 della tabella, il rifiuto appartiene alla classe C;
se la concentrazione supera i valori di colonna 3 della tabella, il rifiuto non è adatto allo smaltimento in un deposito superficiale;

per rifiuti contenenti più radionuclidi presenti nella tabella, la concentrazione totale viene rispettata quando la somma dei quozienti, ottenuti dividendo la concentrazione dei singoli radionuclidi nel rifiuto per il corrispondente limite riportato nella tabella riportata in precedenza non è superiore a 1.

Radionuclidi Concentrazione
(Ci/mc)

Totale dei radionuclidi
con T1/2 < 5 anni
H-3
Colonna 1 Colonna 2 Colonna 3
700
*
*
40
*
*
Co-60 700 * *
Ni-63 3,5 70 700
Ni-63 in metalli attivati 35 700 7000
St-90 0,04 150 7000
Cs-137 1 44 4600


* Per questi radionuclidi non ci sono limiti in classe B o C. Se il valore supera quello di colonna 1, il rifiuto è in classe B, a meno che altri radionuclidi determinino la classe superiore.


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Qualora i rifiuti radioattivi contengano radionuclidi diversi da quelli elencati nelle due predette tabelle, essi vengono classificati in classe A.

12) Esempi di legislazione e di organismi stranieri per la gestione dei rifiuti radioattivi.

Belgio.

La politica della gestione dei rifiuti radioattivi è affidata alla responsabilità dell'ONDRAF/NIRAS, l'Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi e del materiale fissile, un ente pubblico creato da una legge del 1980.
Questa Agenzia opera sotto la supervisione del Ministero per gli affari economici, che comprende il settore dell'energia tra le sue responsabilità.
Un regio decreto del 30 marzo 1981 definisce le finalità e i compiti dell'Agenzia.
Una legge del gennaio 1991 integra tra le competenze dell'Agenzia anche la gestione del materiale fissile e del combustibile irraggiato nonché lo smantellamento degli impianti nucleari dismessi, con modalità successivamente definite con apposito regio decreto dell'ottobre 1991.
Le attività relative alla gestione dei rifiuti radioattivi sono, al pari di tutte le altre attività nucleari, sottoposte all'osservanza delle «Regole generali per la protezione della popolazione e dei lavoratori dal rischio delle radiazioni ionizzanti» (regio decreto del 28 febbraio 1963 e successive revisioni).
All'atto della sua costituzione, l'Agenzia ONDRAF/NIRAS ha ricevuto una dotazione finanziaria iniziale dallo Stato.
A parte questo fondo iniziale, la legge istitutiva dell'Agenzia ONDRAF/NIRAS stabilisce che tutte le spese relative alla gestione dei rifiuti radioattivi debbono essere sostenute da chi li produce, tramite appositi contratti e convenzioni negoziati tra i produttori e la stessa Agenzia.
Il finanziamento di operazioni più a lungo termine quali lo smaltimento definitivo nel sito nazionale è anch'esso assicurato dai produttori di rifiuti tramite un fondo speciale.

Spagna.

Con regio decreto n. 1522 del 1984 è stata istituita l'Agenzia nazionale per i residui radioattivi (ENRESA); lo stesso decreto ne definisce i compiti e le responsabilità.
La politica generale per la gestione dei rifiuti radioattivi è definita periodicamente tramite il piano nazionale per i residui radioattivi, elaborato dall'Agenzia ENRESA e sottoposto al Ministero dell'industria e dell'energia per la successiva approvazione governativa. Il primo di questi piani è stato approvato nel 1987.


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Le leggi quadro di riferimento, contenenti tutte le applicazioni pacifiche dell'energia nucleare, sono: legge sull'energia nucleare (atto 25/1964); decreto 2869/1972 sul rilascio delle licenze per installazioni nucleari; regio decreto 2519/1982 sulla protezione della popolazione e dei lavoratori dal rischio di radiazioni ionizzanti (emendato nel 1987).
All'atto della sua costituzione, l'Agenzia ENRESA ha ricevuto una dotazione iniziale dallo Stato (finanziamenti, personale e infrastrutture già della JEN, Junta energia nuclear, l'Ente nucleare spagnolo analogo all'ex CNEN italiano).
Secondo la legge istitutiva dell'Agenzia ENRESA, i costi di tutte le attività relative alla gestione dei rifiuti radioattivi debbono essere sostenuti dai produttori dei rifiuti stessi. Il sistema previsto consiste nel fissare una tassa basata su una percentuale del conto totale delle forniture di energia elettrica fornita dall'intero comparto elettrico, in modo da costituire un fondo di dotazione permanente.
Attualmente l'ENRESA opera utilizzando quasi esclusivamente gli interessi prodotti da tale fondo, lasciando pressoché intatto il capitale in vista del suo utilizzo per le operazioni più impegnative (deposito centralizzato temporaneo per il combustibile irraggiato, sito nazionale di smaltimento definitivo in formazioni geologiche).
Per i rifiuti radioattivi non di produzione elettronuclare, è previsto invece il pagamento di specifiche tariffe applicate ai servizi prestati.

Francia.

Con decreto congiunto dei ministri dell'industria, dell'economia e del bilancio del 7 novembre 1979 è stata creata, in seno al CEA (Commissariat à l'energie atomique), l'ANDRA (Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi).
La legge n. 1381 del 30 dicembre 1991, relativa alla gestione dei rifiuti radioattivi, ha separato l'ANDRA dal CEA, trasformandola in un organismo pubblico industriale e commerciale, sotto la tutela dei ministri dell'industria, della ricerca e dell'ambiente.
Sulla base di tale disposizione legislativa, il decreto del primo ministro n. 1391 del 30 dicembre 1992, riconfermando ed ampliando le finalità ed i compiti già definiti nel decreto 7 novembre 1979, ha definito la nuova organizzazione dell'Agenzia.
Oltre ai compiti specifici di gestione (raccolta dei rifiuti, predisposizione e gestione dei siti nazionali di deposito, sia per la bassa attività che per l'alta attività), l'ANDRA ha anche la responsabilità di definire le specifiche nazionali per il condizionamento dei rifiuti, di promuovere e contribuire ai programmi di ricerca nazionali in materia di gestione dei rifiuti, di repertoriare lo stato e la localizzazione di tutti i rifiuti radioattivi che si trovano sul territorio nazionale.
Fonti principali di finanziamento per l'ANDRA sono le sovvenzioni dello Stato e degli enti locali, la remunerazione dei servizi prestati in ambito nazionale, la partecipazione a programmi finanziati dall'esterno (esempio: Comunità europea), la cessione a Paesi terzi di proprie conoscenze (esempio: assistenza all'ENRESA per la realizzazione del deposito di El Cabril).


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Germania.

Le leggi di riferimento sono: Atomic energy act (15 luglio 1985, emendato il 19 luglio 1994); Radiation protection ordinance (13 ottobre 1976, emendato il 2 agosto 1994); Directive on the control of radioactive waste (16 gennaio 1989, emendato il 14 gennaio 1994).
La responsabilità primaria per la gestione dei rifiuti radioattivi è del BFS (Ufficio federale per la protezione dalle radiazioni), creato nel 1976 con il nome di PTB, poi mutato in BFS, e posto sotto la giurisdizione del BMU (Ministero federale per l'ambiente, la protezione della natura e la sicurezza dei reattori).
Per gli aspetti relativi alla ricerca tecnologica sulla gestione dei rifiuti radioattivi, il BMU agisce congiuntamente con il BMFT (Ministero federale per la ricerca e la tecnologia).
Il BFS si avvale, come bracci operativi, delle società DBE (Compagnia germanica per la costruzione e la gestione di depositi per rifiuti radioattivi) e GNS (Compagnia per i servizi nucleari, di proprietà per l'80 per cento delle utilities elettronucleari).
I costi per la gestione dei rifiuti radioattivi debbono essere sostenuti dai produttori dei rifiuti stessi, sia pagando direttamente i servizi, sia attraverso la costituzione e capitalizzazione di un fondo speciale per la gestione dei rifiuti e lo smantellamento degli impianti, che i produttori di energia elettronucleare sono obbligati ad accumulare. La responsabilità primaria per la gestione di rifiuti radioattivi è del BFS.

Olanda.

La legge di riferimento è il Nuclear energy act n. 62 (21 febbraio 1963, sessioni 13 e 14).
Nel 1982 è stata istituita con apposita legge la società COVRA (Organizzazione centrale per i rifiuti radioattivi), responsabile della gestione di tutti i rifiuti radioattivi prodotti in Olanda.
La COVRA è una società di tipo privatistico.
Il budget della COVRA è coperto per il 60 per cento dalle utilities elettronucleari, per il 30 per cento dall'ECN (l'Ente statale olandese di ricerca energetica, assimilabile all'ENEA), e per il restante 10 per cento direttamente dallo Stato.

Svezia.

Le leggi che regolano in Svezia la gestione dei rifiuti radioattivi sono le seguenti: Act n. 1984/3 on nuclear activities (1984); Radiation protection act n. 1988/020 (1988); Act n. 1992/1537 on the financing of future costs of nuclear waste management.
La responsabilità della gestione dei rifiuti radioattivi è affidata alla società SKB (Compagnia svedese per il combustibile nucleare e la gestione dei rifiuti radioattivi).
La SKB, società costituita in prevalenza dalle 4 utilities elettronucleari nazionali, sottopone il suo programma triennale alla SKI (Ispettorato nucleare svedese), che lo valuta e lo sottopone, con le sue osservazioni, all'approvazione del Governo.


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I fondi necessari sono raccolti prelevando una quota parte della bolletta elettrica secondo un fattore annualmente aggiornato dalla SKI (attualmente pari a 0,019 corone svedesi per Kwh, ossia 4.4 lire/Kwh). Con questo sistema, tenendo conto anche degli interessi, fino al 1994 sono stati accumulati fondi pari a circa 15 miliardi di corone svedesi (circa 3500 miliardi di lire), che la SKB può utilizzare (e ha già in parte utilizzato) per coprire i costi di costruzione e gestione di impianti ed infrastrutture per lo stoccaggio sia temporaneo che definitivo del combustibile irraggiato. I costi relativi alla gestione e deposito degli altri rifiuti prodotti in Svezia non sono coperti da questi fondi, ma vengono pagati direttamente dai produttori.

Svizzera.

Le leggi svizzere che regolano la gestione dei rifiuti radioattivi sono le seguenti: Federal atomic energy act (23 dicembre 1959, ultimi emendamenti 3 febbraio 1995, sezioni 4, 9, 39); Federal order supplementing the atomic energy act (6 ottobre 1968, sezioni 1 e 10); Ordinanza per le misure preparatorie per la costruzione di depositi per rifiuti radioattivi (27 novembre 1989); Ordinanza per la protezione delle radiazioni (22 giugno 1994, sezioni da 89 a 93).
Sulla base di tali leggi per quanto riguarda la gestione dei rifiuti:

la raccolta, il trattamento, il condizionamento e lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti «non elettrici» sono assegnati tramite l'EDI (dipartimento federale dell'interno) al PSI (Paul Scherrer institute, istituto statale) con sede a Wurelingen;

il deposito centralizzato dei rifiuti «elettrici» (compresi quelli di ritorno dall'estero) è affidato alla società privata ZEILAG (Zwischenlager Wurelingen AG), fondata nel 1990 dalle utilities, che lo sta realizzando sempre a Wurelingen;

per la predisposizione e la gestione dei siti di smaltimento definitivo di tutti i rifiuti svizzeri, nonché per la promozione delle attività di ricerca di appoggio, è stata costituita fin dal 1972 la società NAGRA, di tipo privatistico, finanziata dallo Stato e dalle utilities.

È previsto per legge che le utilities elettronucleari (tramite prelievo dalla bolletta elettrica) e tutti gli altri produttori di rifiuti radioattivi contribuiscano ad alimentare un fondo destinato alla gestione dei rifiuti ed allo smantellamento degli impianti.
Da tale fondo attinge la NAGRA sia per le attività di ricerca sui siti di smaltimento ecologico per i rifiuti ad alta attività, sia per la realizzazione del deposito finale per i rifiuti a bassa attività (attualmente in corso nel sito di Wellemberg).

Regno Unito.

Le principali leggi che regolano la gestione dei rifiuti radioattivi sono: Nuclear installation act (1965, emendato da regulations del 18 settembre 1990); The control of pollution (radioactive waste), regulation


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n. 959 (1976), n. 863 (1984), n. 708 (1985), n. 1158 (1989): Radioactive substances act. sections 13 and 14 (1993).
Sulla base di tali leggi, la responsabilità di sviluppare, controllare ed aggiornare periodicamente la strategia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi è competenza del Secretary of State for the environment, di concerto con altri ministeri interessati. L'atto più recente è costituito dal documento UK Government review of radioactive waste management policy, emesso dal Secretary of State for the environment il 19 maggio 1994.
I compiti operativi sono affidati a due organismi, entrambi di proprietà dello Stato:

la BNFL (British nuclear fuel services), sotto la vigilanza del Department of environment, che fornisce, su basi commerciali (anche a clienti esteri), servizi di ritrattamento e di trattamento, condizionamento e interim storage di rifiuti radioattivi ad alta e media attività, e gestisce il deposito nazionale di Drigg per lo smaltimento definitivo dei rifiuti a bassa attività;

la NIREX (Nuclear energy radioactive waste executive), sotto la vigilanza del Department of energy, fondata nel 1985 per attuare la strategia governativa di smaltimento definitivo dei rifiuti di bassa e media attività prodotti nel Regno Unito.

Il costo della gestione dei rifiuti radioattivi deve essere interamente sostenuto dai rispettivi produttori.
La BNFL opera in regime puramente commerciale.
La NIREX è supportata, oltre che dallo Stato (Department of energy), dalla stessa BNFL e dalle utilities elettronucleari.

Stati Uniti d'America.

La gestione dei rifiuti radioattivi è regolata da un complesso corpus di leggi, di cui si elencano qui di seguito le principali:

Nuclear waste policy act (1982);

Nuclear waste policy amendments act (1987);

Energy policy act, section 801 (1992);

Low level radioactive waste policy act
(1980, emendato nel 1985);

Department of energy, Order 5820.2A, Radioactive waste management;

Waste isolation pilot plant land withdrawal act (1992);

West valley demonstration project act (1980).

Il Nuclear waste policy act prescrive che i produttori di combustibile irraggiato e i generatori di rifiuti ad alta attività paghino l'intero costo del loro smaltimento e che sia stabilito un nuclear waste fund per coprire i costi del programma di gestione dei rifiuti radioattivi.
A tale scopo, una tassa variabile è stata caricata sulle bollette elettriche a partire dall'aprile 1983, in aggiunta ad una tassa una tantum per coprire la produzione di rifiuti prima di tale data.


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