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LA COOPERAZIONE DI POLIZIA IN AMBITO COMUNITARIO
1. Le prime realizzazioni: i Gruppi di lavoro «Trevi».
Il Consiglio europeo di Roma del 1o e 2 dicembre 1975, su impulso anglo-tedesco, decise che i ministri dell'interno degli Stati membri si sarebbero incontrati regolarmente per discutere i problemi del mantenimento dell'ordine e della sicurezza.
Fin dalla prima riunione (18 giugno 1976) i ministri decisero di creare alcuni gruppi di lavoro, denominati «TREVI» (acronimo di «terrorismo, radicalismo e violenza internazionale»). La finalità di questi gruppi, il cui mandato è stato progressivamente esteso, era, appunto, di favorire la cooperazione nella lotta al terrorismo, lo scambio di dati concernenti l'organizzazione, l'equipaggiamento e la formazione dei servizi di polizia, la collaborazione con riguardo al mantenimento dell'ordine durante gli avvenimenti sportivi, gli aspetti internazionali della lotta alla grande criminalità, quali gli attacchi a mano armata, il traffico di stupefacenti, la frode, la tratta di esseri umani, nonché l'esame delle problematiche risultanti dalla abolizione delle frontiere interne tra gli Stati membri delle Comunità.
La struttura «TREVI» risultava organizzata attorno a tre livelli. La riunione ministeriale, di regola a cadenza semestrale, era preparata dal Comitato degli alti funzionari, il quale, a sua volta, poteva basarsi sulle proposte dei vari gruppi di lavoro.
Sotto il profilo operativo, il tema della lotta al traffico di stupefacenti ha ricevuto un particolare impulso dalla creazione, decisa dalla riunione ministeriale di Dublino del giugno 1990, dell'«European Drugs Intelligence Unit» (EDIU), che operava mediante una unità centrale, raccordata con i singoli paesi membri, come centro di analisi di informazioni in materia di contrasto al detto traffico.
2. Segue: l'Unità europea antidroga (EDU).
Il Consiglio europeo di Lussemburgo del 28-29 giugno 1991, su proposta tedesca, decise di accelerare l'esame dei progetti tendenti alla creazione di un ufficio investigativo criminale europeo con compiti di accentramento e di coordinamento delle attività informative e di intelligence.
Sulla base della positiva esperienza di EDIU il Consiglio europeo di Maastricht del 9 e 10 dicembre 1991, approvò la proposta di istituire, come primo passo verso la collaborazione istituzionalizzata in tema di polizia, una Unità europea antidroga (EDU). Al Consiglio europeo di Maastricht si deve, inoltre, l'approvazione del progetto di Trattato sull'Unione europea, poi firmato nella medesima città olandese il 7 febbraio 1992. Come è noto, il Trattato di Maastricht, nell'istituire l'Unione europea, fondata sulle tre Comunità europee e su due ambiti di cooperazione, svolti con metodo essenzialmente intergovernativo, ha riservato il secondo di essi al settore della giustizia e degli affari interni (GAI). L'articolo K.1 del Trattato sull'Unione europea individua, tra le questioni di «interesse comune» degli Stati membri, al n. 9 «la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga ed altre forme gravi di criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di cooperazione doganale, in connessione con l'organizzazione a livello dell'Unione di un sistema di scambio di informazioni, in seno ad un ufficio europeo di polizia (EUROPOL)».
EDU diventa quindi il precursore di EUROPOL, e, sulla base dell'accordo ministeriale di Copenaghen del 2 giugno 1993 e con la denominazione EDU-EUROPOL, ha iniziato ad operare a L'Aja (come previsto dalla decisione relativa alla sua sede, adottata il 29 ottobre 1993 dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea) il 3 gennaio 1994, a seguito dell'invio da parte di ciascuno Stato membro degli ufficiali di collegamento.
Le competenze di EDU-EUROPOL, inizialmente indirizzate al traffico illecito di stupefacenti, furono progressivamente ampliate. Esse, infatti, dapprima risultarono estese al traffico di sostanze nucleari e radioattive, alla lotta all'immigrazione clandestina, al traffico di autoveicoli rubati ed al riciclaggio, successivamente, al traffico di esseri umani, e, in processo di tempo, al terrorismo ed alla lotta contro la falsificazione di monete e altri mezzi di pagamento.
3. L'istituzione di EUROPOL.
La Convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia, denominato EUROPOL, è stata firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995. L'entrata in vigore della Convenzione è stata a lungo bloccata a causa del mancato accordo tra gli Stati membri circa l'organo giurisdizionale competente ad interpretarne le decisioni. Si dovette attendere, infatti, il 26 luglio 1996 per la firma del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da pane della Corte di giustizia delle Comunità europee, della Convenzione EUROPOL. Inoltre, soltanto il 19 giugno 1997 fu firmato il Protocollo relativo ai privilegi e le immunità di EUROPOL.
La Convenzione EUROPOL è entrata in vigore il 1o ottobre 1998 a seguito del perfezionamento delle procedure nazionali di ratifica. Il Consiglio di amministrazione di EUROPOL, ha adottato il 1o ottobre 1998, il proprio regolamento interno. EUROPOL, peraltro, ha iniziato le sue attività a L'Aja solo il 1o luglio 1999, dopo la definizione dei vari atti normativi, previsti dall'articolo 43, par. 4, della Convenzione riguardanti, in particolare, i diritti ed i doveri degli ufficiali di collegamento, le norme applicative degli archivi di analisi, il regolamento interno dell'Autorità comune di controllo, lo statuto del personale, norme in materia di protezione del segreto, il regolamento finanziario, l'accordo di sede tra EUROPOL ed i Paesi Bassi, il Protocollo sui privilegi e le immunità del personale EUROPOL e gli accordi relativi ai privilegi e le immunità degli ufficiali di collegamento presso EUROPOL. La Convenzione EUROPOL ha attribuito la competenza di adottare i detti atti ad una pluralità di soggetti: agli Stati membri (Protocolli e Accordi sui privilegi), al Consiglio dell'Unione (norme sugli archivi di analisi, statuto del personale, norme sul segreto, regolamento finanziario) ed all'Autorità comune di controllo (regolamento interno).
Il Parlamento italiano, per parte sua, ha provveduto a ratificare la Convenzione EUROPOL ed il Protocollo sull'interpretazione pregiudiziale della Corte di giustizia con la citata legge 23 marzo 1998, n. 93, mentre ha ratificato il Protocollo sui privilegi e le immunità di EUROPOL con legge 7 giugno 1999 n. 182.
Con l'inizio dell'operatività di EUROPOL è terminata l'attività di EDU-EUROPOL. EUROPOL è divenuto proprietario di tutte le attrezzature finanziate mediante il bilancio comune dell'Unità Droghe-Europol, sviluppate o proposte da detta unità o messe a sua disposizione permanente o gratuita dallo Stato olandese che ne ha ospitato la sede, nonché la totalità dei suoi archivi e dei sistemi di dati da essa autonomamente gestiti.
4. L'attribuzione al Comitato delle funzioni di vigilanza sull'attività dell'Unita' nazionale EUROPOL.
L'articolo 6 della legge 23 marzo 1998, n. 93, che ratifica e dà esecuzione alla Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 istitutiva di EUROPOL ed al Protocollo di Bruxelles del 24 luglio 1996, concernente l'interpretazione in via pregiudiziale della medesima Convenzione da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, attribuisce al Comitato di controllo sull'attuazione e sul funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen anche funzioni di vigilanza sull'attività dell'Unità nazionale EUROPOL. Ai sensi della stessa norma il Governo è tenuto a presentare annualmente al Comitato una relazione sull'attuazione della Convenzione EUROPOL. La legge 7 giugno 1999, n. 182, che ratifica e dà esecuzione al Protocollo di Bruxelles del 19 giugno 1997, relativo ai privilegi e alle immunità di EUROPOL, stabilisce che la detta relazione governativa comprenda anche le informazioni essenziali e le valutazioni del Governo concernenti i privilegi e le immunità di cui beneficia personale di EUROPOL.
La relazione per il 1998 è stata presentata il 20 luglio 1999 e quella per il 1999 è stata illustrata, nell'ambito di un'audizione del Sottosegretario Brutti dinanzi al Comitato, il 13 giugno 2000.
Al regolamento interno del Comitato è stata demandata la disciplina dell'attività di vigilanza sull'UNE, l'Unità nazionale EUROPOL: tale regolamento è stato adottato con delibera del Comitato il 28 luglio 1999, in occasione della quale il Comitato ha anche cambiato la sua denominazione in «Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione e il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen e di vigilanza sull'Unità nazionale EUROPOL». Nello svolgimento di tale attività il Comitato, ai sensi dell'articolo 5 del detto regolamento interno, oltre ad esaminare la relazione annuale del Governo, può procedere ad audizioni di ministri, dirigenti e rappresentanti di organismi, amministrazioni pubbliche e autorità indipendenti in relazione alle materie di propria competenza; ha inoltre facoltà di chiedere, informato il ministro competente, l'intervento dei dirigenti assegnati all'Unità nazionale EUROPOL, nonché degli ufficiali di collegamento distaccati presso EUROPOL al fine di acquisire informazioni e chiarimenti sulla loro attività; può altresì promuovere, informandone i Presidenti delle Camere, incontri con i componenti del Consiglio di amministrazione, con il Direttore, con il Controllore finanziario e con i componenti del Comitato finanziario di EUROPOL; può, infine, promuovere, informandone i Presidenti delle Camere, incontri con le competenti commissioni del Parlamento europeo ovvero con singoli suoi componenti.
5. La cooperazione in materia di polizia e giudiziaria penale secondo il Trattato di Amsterdam.
Il Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, entrato in vigore il 1o maggio 1999, apporta numerose modifiche al Trattato sull'Unione europea per quanto riguarda la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, ed è suscettibile, pertanto, di aprire nuove prospettive per EUROPOL.
L'obiettivo che si è inteso perseguire è quello di fornire a coloro che risiedono nel territorio degli Stati membri (cittadini dell'Unione o meno) un livello elevato di sicurezza in uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia». In tale spazio va assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima (articolo 2 Trattato sull'Unione europea). Si tratta della concretizzazione della proposta formulata fin dal 1977 dal Presidente francese Giscard d'Estaing di creare uno «spazio giudiziario europeo». Di fatto la globalizzazione del crimine e l'internazionalizzazione delle organizzazioni criminali hanno obbligato gli Stati a non considerare più sufficiente limitarsi alla garanzia dell'ordine pubblico e della sicurezza interna. Quest'azione di contrasto, infatti, resta largamente inefficace senza forme di collaborazione sinergica con gli altri Stati.
In questa prospettiva, rispetto al contrasto alla criminalità, le nuove disposizioni del Titolo VI del Trattato sull'Unione europea,
anzitutto, non contengono più la limitazione ai suoi aspetti internazionali, riferendosi ora alla «criminalità» tout court. In secondo luogo, le nuove disposizioni prevedono che il contrasto non sia più soltanto rivolto alla criminalità «organizzata» ma menzionano la prevenzione e la repressione della criminalità «di altro tipo». In terzo luogo, nell'esemplificazione delle condotte illecite che rientrano nel genus criminalità, il Trattato modificato, nel ribadire la necessità di un contrasto al terrorismo, al traffico illecito di droga ed alla frode, sostituisce il mero riferimento alle «altre forme gravi di criminalità internazionale», che figurava nell'articolo K.1, n. 9, del Trattato sull'Unione europea, con l'indicazione specifica della tratta degli esseri umani, dei reati contro i minori, del traffico illecito di armi e della corruzione (articolo 29, secondo comma, del Trattato sull'Unione europea).
Va poi sottolineata la significativa novità consistente nel coniugare, conformemente al principio di legalità nella sua più moderna accezione, l'interrelazione tra cooperazione di polizia e cooperazione giudiziaria. In questo quadro un ruolo essenziale assume il ravvicinamento delle normative degli Stati membri in materia penale ed, in particolare, «la progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni per quanto riguarda la criminalità organizzata, il terrorismo e il traffico illecito di stupefacenti» (articolo 31, lett. e), del Trattato sull'Unione europea). Utili precisazioni, con riguardo al riavvicinamento delle norme penali sostanziali, risultano dalle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999. Il Consiglio europeo, infatti, ha ritenuto che gli sforzi intesi a concordare definizioni, incriminazioni e sanzioni comuni dovrebbero incentrarsi, in primo luogo, su un numero limitato di settori di particolare importanza, quali la criminalità finanziaria (riciclaggio di denaro, corruzione, falsificazione dell'euro), il traffico di droga, la tratta degli esseri umani e, in particolare, lo sfruttamento delle donne e lo sfruttamento sessuale dei minori, nonché la criminalità ad alta tecnologia e la criminalità ambientale (punto 48 delle conclusioni). Inoltre, il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio ad adottare, entro la fine del 2000, una normativa che preveda sanzioni più severe per il reato di tratta di esseri umani e di sfruttamento economico dei migranti da paesi terzi (punto 23 delle conclusioni).
Per quanto più direttamente attinente ad EUROPOL è opportuno notare che le nuove disposizioni, per un verso, non intendono limitare la cooperazione tra le forze di polizia degli Stati membri al solo quadro EUROPOL, potendo tali forze anche cooperare «direttamente» (articolo 29, secondo comma, primo trattino, del Trattato sull'Unione europea).
Per altro verso le nuove disposizioni intendono consolidare la cooperazione finora svolta mediante EUROPOL, potenziandone le attuali competenze ed ampliandole ad altri ambiti.
Ed invero, ai sensi dell'articolo 30 del Trattato sull'Unione europea, l'azione comune nel settore della cooperazione di polizia comprende quattro aspetti. Il primo attiene alla cooperazione «operativa» tra le autorità di polizia degli Stati membri in relazione alla prevenzione, all'individuazione dei reati e alle relative indagini. Il secondo
riguarda la raccolta, l'archiviazione, l'analisi e lo scambio di informazioni, specie se relative alla segnalazione di transazioni sospette, nel rispetto delle disposizioni sulla protezione dei dati personali. Il terzo ambito di azione comune riguarda la cooperazione e le iniziative in settori quali la formazione, lo scambio di ufficiali di collegamento, il comando di funzionari, l'uso di attrezzature e la ricerca in campo criminologico. Infine, il quarto campo di intervento concerne la valutazione in comune di particolari tecniche investigative ai fini dell'individuazione di forme gravi di criminalità organizzata.
Rispetto ai segnalati ambiti di azione comune appare non privo di significato che la menzione di EUROPOL figuri solo rispetto al sistema informativo e neppure in forma esclusiva mentre è pacifico che il contenuto delle attività finora svolte da EUROPOL copra sostanzialmente anche gli altri settori d'azione.
L'impressione di un regresso di EUROPOL, o almeno di un suo ridimensionamento, viene meno, tuttavia, se si tiene conto della disposizione secondo cui il Consiglio dell'Unione, entro cinque anni dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, cioè entro il maggio 2004, deve mettere EUROPOL in condizione di agevolare e sostenere la preparazione, nonché di promuovere il coordinamento e l'effettuazione di specifiche operazioni investigative da parte delle autorità competenti degli Stati membri, comprese azioni operative di unità miste cui partecipano rappresentanti di EUROPOL con funzioni di supporto. Inoltre, il Consiglio è chiamato, sempre entro il 2004, ad adottare misure che consentano ad EUROPOL di richiedere alle autorità nazionali di svolgere e coordinare le loro indagini su casi specifici e di sviluppare competenze specifiche che possono essere messe a disposizione degli Stati membri per assisterli nelle indagini relative a casi di criminalità organizzata.
La centralità di EUROPOL nel sistema di cooperazione di polizia delineato dal Trattato di Amsterdam risulta confermata dalla lettura delle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999.
Nel documento si rileva, infatti, che «EUROPOL ha un ruolo fondamentale di sostegno per quanto riguarda la prevenzione della criminalità, l'analisi e le indagini a livello di Unione». In quest'ottica, il Consiglio europeo ritiene non solo che ad EUROPOL debbano essere fornite le risorse necessarie ma che il suo ruolo debba essere rafforzato conferendogli la facoltà di ottenere «dati operativi» dagli Stati membri e ribadisce la previsione, di cui all'articolo 30, paragrafo 2, lettera a), citato, in tema di coordinamento delle indagini e di squadre investigative comuni (v. punto 45 delle conclusioni). A quest'ultimo riguardo il Consiglio dell'Unione nello scorso aprile non è giunto ad una conclusione registrando la divisione degli Stati membri. Infatti, taluni Stati preferiscono attendere la revisione globale della Convenzione EUROPOL prima di creare le squadre investigative comuni; altri, sostenuti dalla Commissione europea, si sono dichiarati favorevoli ad una decisione immediata.
Ma ciò non è tutto. Le conclusioni di Tampere insistono sull'opportunità che EUROPOL partecipi, con funzioni di supporto, alle squadre investigative comuni (punto 43 delle conclusioni), e contengono un invito al Consiglio ad estendere la competenza di EUROPOL
«al riciclaggio in generale, a prescindere dal tipo di reato da cui i proventi riciclati derivano» (punto 56 delle conclusioni).
Infine, è «in cooperazione con EUROPOL» che la task force operativa europea dei capi della polizia deve scambiare esperienze, le migliori prassi e informazioni sulle tendenze attuali della criminalità transnazionale nonché contribuire alla predisposizione di azioni operative (punto 44 delle conclusioni). Questa task force si è riunita per la prima volta a Lisbona il 7 e 8 aprile 2000.
Venendo, ora, agli strumenti che il Trattato di Amsterdam predispone quanto alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, la loro tipologia risulta specificatamente individuata: il Consiglio dell'Unione può adottare posizioni comuni, decisioni-quadro convenzioni e decisioni. Merita segnatamente di essere sottolineata la previsione di decisioni-quadro strumento inedito nel terzo pilastro volto al ravvicinamento delle legislazioni e della regolamentazione degli Stati membri. Tali decisioni, che il Consiglio deve assumere all'unanimità, sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, ferma restando la competenza nazionale circa la forma ed i mezzi da impiegare per raggiungere il tale obbligo di risultato. Per prevenire interpretazioni evolutive da parte del giudice comunitario gli autori del Trattato di Amsterdam hanno preferito specificare che le decisioni-quadro non hanno efficacia diretta, cioè non possono essere invocate dai singoli davanti ai giudici nazionali al fine di paralizzare una legislazione interna con esse incompatibile (articolo 34, paragrafo 2. lett. b, del Trattato sull'Unione europea).
In questo quadro non può essere sottaciuta la carenza dell'intervento parlamentare nel processo decisionale. Infatti, il Consiglio dell'Unione, prima di adottare le decisioni-quadro, è tenuto soltanto a consultare il Parlamento europeo; quest'ultimo, pertanto, è chiamato ad esprimere il proprio parere entro un termine, non inferiore a tre mesi, fermo restando che in mancanza di parere entro detto termine, il Consiglio può deliberare (articolo 39, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea). Va ricordato, peraltro, che il Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea, allegato al Trattato di Amsterdam, valorizza il ruolo della Conferenza delle commissioni per gli affari europei (COSAC) proprio al fine di incoraggiare una maggiore partecipazione dei parlamenti nazionali alle attività dell'Unione europea e di potenziarne la capacità di esprimere i loro pareri sui problemi che rivestono per loro particolare interesse. In quest'ottica la COSAC non solo può esaminare qualsiasi proposta o iniziativa legislativa concernente l'istituzione di uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» suscettibile di incidere sui diritti e sulle libertà dei singoli, ma anche può trasmettere al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione ogni contributo che ritenga utile rispetto alle dette iniziative legislative.
Alla luce del ruolo singolarmente debole del Parlamento europeo nel processo decisionale che porta all'adozione delle decisioni-quadro, non si può non ripensare alle modalità di intervento del Parlamento italiano nella cosiddetta fase ascendente, considerato che, quando esso sarà chiamato a dare attuazione alle decisioni-quadro, il contenuto normativo di esse risulterà già compiutamente predeterminato. (In proposito si rinvia alle Conclusioni, Capitolo V, par. 2.1).
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