ALLEGATO
5-08226 Olivieri: Vicenda giudiziaria di un cittadino italiano residente in Colombia.
TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTAIl caso del connazionale Danilo Conta, da lungo tempo residente in Colombia, è ben noto al Ministero degli affari esteri ed all'Ambasciata d'Italia a Bogotà, che ha intrattenuto contatti con il connazionale fin dalla revoca da parte delle autorità colombiane del suo visto di residenza nell'aprile 1996.
In particolare, non appena ricevuta notizia dell'espulsione del connazionale l'Ambasciata d'Italia a Bogotà ha immediatamente preso contatto con le Autorità locali per conoscere i motivi del provvedimento, sottolineando l'assenza di qualsiasi precedente a carico del Conta e sollecitando al massimo livello una revisione della decisione.
Allo stesso tempo, nonostante i problemi di carattere logistico e di sicurezza che ciò comportava, l'Ambasciata provvedeva a fornire temporaneo rifugio al Sig. Conta, ospitandolo su sua richiesta nei locali della Rappresentanza, al fine di evitargli di lasciare il Paese.
Successivamente, grazie al costante interessamento dell'Ambasciata ed ai continui contatti con il Ministero degli esteri colombiano, le autorità locali decidevano di restituire al connazionale il suo documento di identità. Al tempo stesso, lo informavano della possibilità di ricorrere in giudizio contro il ritiro del visto, godendo in ogni caso della possibilità di rimanere in Colombia fino alla conclusione della procedura di ricorso. A seguito di tale positivo sviluppo il Sig. Conta decideva quindi di lasciare spontaneamente la Rappresentanza il 22 aprile 1996, dopo esservi rimasto ininterrottamente per tredici giorni, e di proseguire l'azione giudiziaria volta ad accertare le eventuali responsabilità penali nella decisione di revoca del proprio visto. Il procedimento giudiziario si concludeva definitivamente nel settembre 1996, con il ritiro da parte dei servizi di sicurezza colombiani della richiesta di revoca del visto.
Nel frattempo, come ricordato dall'Onorevole interrogante, nell'agosto 1996 si verificava l'episodio del sequestro del connazionale ad opera delle FARC. Anche in tale frangente l'Ambasciata si è impegnata seguendo costantemente l'evolversi della situazione, attivando tutti i canali di contatto con le autorità di polizia, la croce rossa, le autorità religiose, e fornendo un'assistenza diretta e sistematica alla convivente del connazionale, incaricata delle trattative con esponenti della guerriglia.
A seguito di tali interventi, e della proficua collaborazione con il Governo colombiano, il connazionale veniva quindi liberato nel febbraio 1997, disponendo in quell'occasione di una particolare assistenza logistica predisposta dall'Ambasciata d'intesa con le competenti autorità locali.
Successivamente alla propria liberazione, il connazionale decideva di intentare causa contro i servizi di sicurezza ed il Ministro degli esteri colombiano per la precedente decisione di revoca del visto.
Il 17 giugno 1998 il Sig. Conta veniva quindi ricevuto dal nostro ambasciatore a Bogotà e in pari data l'ambasciata procedeva a richiedere all'ufficio centrale giudiziario colombiano notizie sui processi attivati dal connazionale presso le corti locali, compresa la Corte suprema di giustizia.
Da ultimo la nostra rappresentanza ha assistito il connazionale consentendogli di
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avere numerosi incontri con le autorità istituzionali, incluso il responsabile dell'ufficio giuridico del Presidente della Repubblica, e consultando un legale di fiducia per ottenere un parere in merito alla validità giuridica delle argomentazioni del connazionale. Illegale consultato ha peraltro espresso l'opinione che le denunce presentate dal connazionale successivamente alla rinnovata validità del suo visto sarebbero insufficienti a far ravvisare un'azione dolosa da parte delle autorità locali e che pertanto è improbabile che le azioni giudiziarie intraprese dal Sig. Conta possano concludersi con l'esito da lui auspicato.
In merito alla richiesta più generale dell'Onorevole interrogante su quali siano le iniziative del Ministero degli affari esteri per tutelare i cittadini italiani in Colombia, va rilevato che - proprio a seguito della vicenda del Sig. Conta - la nostra ambasciata ha promosso un'azione congiunta delle Rappresentanze dell'Unione europea a Bogotà, volta a sensibilizzare il governo colombiano sull'opportunità di modificare la normativa recentemente adottata in materia di concessione dei visti. Tale normativa esclude infatti l'obbligo di motivazione o la possibilità di un ricorso in caso di cancellazione di un visto. Le legge in questione, tuttavia, non ha ancora subito alcuna modifica.
Tale passo a livello europeo non ha ancora prodotto il risultato sperato, tuttavia la positiva conclusione del caso Conta costituisce un precedente indicativo della disponibilità da parte colombiana a rivedere decisioni che possano recare un ingiustificato pregiudizio a cittadini stranieri; fermo restando il rispetto della sovranità di ciascuno Stato e la conseguente libertà di decisione in merito agli ingressi degli stranieri sul proprio territorio.
D'altra parte va ricordato che non tutti gli Stati, anche nell'ambito dell'Unione Europea, motivano il rifiuto di concessione del visto ad un cittadino straniero (in tal senso la legislazione italiana in materia è tra le più avanzate).
Quanto infine ad altre iniziative intese ad assicurare la migliore tutela dei diritti e degli interessi dei nostri connazionali in Colombia, come del resto in tutti gli altri Paesi stranieri, il Ministero degli affari esteri sta attuando un notevole sforzo di adeguamento delle proprie strutture a ciò preposte, anche con l'ausilio delle più recenti innovazioni telematiche. Si è varato ad esempio un nuovo programma per la gestione e il monitoraggio dei casi di connazionali detenuti all'estero, si è riveduta e semplificata la normativa per l'erogazione di prestiti e sussidi, in relazione alla quale è in via di ultimazione anche uno specifico programma informatico, si sta dando particolare rilievo alla formazione «pre-posting» di funzionari e impiegati destinati a coprire ruoli consolari, si sta infine cercando di completare il quadro giuridico bilaterale di riferimento attraverso la negoziazione di specifici accordi (ad esempio un Trattato sul trasferimento dei detenuti).
5-08472 Zacchera: Chiusura dell'Ambasciata italiana in Madagascar.
TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTALa chiusura dell'Ambasciata d'Italia ad Antananarivo, a decorrere dal 1o giugno 2000, si inserisce nel programma di ristrutturazione e razionalizzazione della rete diplomatico-consolare avviato a partire dal 1990. Esso rifletteva la necessità di adeguare la nostra presenza istituzionale all'evoluzione degli interessi del paese nel nuovo contesto internazionale e rispondeva ai noti vincoli imposti dal programma
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di risanamento del bilancio pubblico che hanno comportato negli ultimi anni sensibili decurtazioni nelle risorse disponibili per la gestione della nostra rete diplomatica.
Il Governo auspica fortemente che questa decisione possa essere quanto prima rivista grazie ad un ampliamento delle disponibilità finanziarie, proprio sulla base delle osservazioni formulate dall'onorevole interrogante. D'altra parte la situazione illustrata dall'onorevole Zacchera riflette una fase di transizione, già superata, in cui l'Ambasciata era stata chiusa e il nuovo Consolato Generale Onorario non era ancora stato aperto (anche per ritardi imputabili alle autorità locali nel procedimento di accreditamento del titolare).
La prima nomina a Console Generale del signor Renato Alaimo non ha avuto successo poiché il Governo del Madagascar non ha concesso il gradimento (senza fornire alcuna spiegazione formale, come consentito dall'articolo 12 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963).
Successivamente, acquisito il gradimento delle Autorità malgasce, è stato conferito l'incarico di Console Generale Onorario (e non «Vice Console Onorario» - come riportato dall'onorevole interrogante) alla cittadina italiana, signora Cinzia Catalfamo, che ha assunto le funzioni il 12 ottobre 2000.
Per quanto concerne l'idoneità della persona prescelta ad esercitare l'incarico, sono state svolte le dovute indagini per verificare che la candidata possedesse i necessari requisiti. La signora Catalfamo, secondo quanto confermatoci anche dall'Ambasciatore del Madagascar a Roma, risulta molto ben introdotta negli ambienti locali, come essa ha saputo dimostrare attraverso contatti ai più alti livelli per la trattazione di varie questioni fin dal momento della nomina. La signora è anche molto attiva nel campo sociale (adozioni a distanza) e ha collaborato con i missionari italiani presenti nell'isola.
L'argomento della religione musulmana cui si è convertita la signora Catalfamo non appare rilevante. Fra i requisiti di selezione dei titolari di uffici onorari non compaiono né il sesso né la religione, alla luce del dettato della Costituzione che stabilisce l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge senza distinzioni di sesso né di religione.
Al fine di sottolineare la volontà del Governo italiano di mantenere le ottime relazioni bilaterali da sempre esistenti tra i due paesi e di assicurare ad Antananarivo la continuità di una importante presenza istituzionale, è stato creato infatti un Ufficio Consolare Onorario con il più alto rango di Consolato Generale.
In virtù delle funzioni assegnate al suo titolare con apposito decreto, il Consolato Generale Onorario nella capitale malgascia non è soltanto un punto di riferimento o un semplice appoggio logistico per la nostra Ambasciata a Pretoria, ma un ufficio capace di erogare direttamente i più importanti servizi consolari ai connazionali, fra cui il rinnovo dei passaporti, il rilascio di procure speciali, di certificazioni ecc., ad esclusione del rilascio di nuovi passaporti.
Va sottolineato infatti che secondo il diritto internazionale (Convenzione sulle Relazioni consolari di Vienna del 24 aprile 1963) il titolare di un Ufficio consolare onorario detiene uno status, che gli consente di intervenire presso le Autorità locali per la difesa e la tutela degli interessi dei cittadini italiani.
Inoltre, in Madagascar operano già altri due uffici onorari, il Vice Consolato Onorario a Tamatave e il Vice Consolato Onorario a Nosy Bé. Va precisato anche che l'Ambasciatore in Madagascar era accreditato presso l'isola di Mauritius. A Mauritius è stato accreditato il Capo Missione a Pretoria e vi opera un Consolato Onorario.
Nel periodo di transizione precedente l'apertura del nuovo Consolato Generale Onorario, l'Ambasciata a Pretoria ha proceduto, relativamente al Madagascar a rilasci di visti (488), rinnovi e rilasci di passaporti, pratiche di adozioni internazionali, rimpatri di salme e prestiti consolari per il rimpatrio.
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Per quanto riguarda l'aspetto valutario, considerate le difficoltà oggettivamente esistenti per il pagamento dei servizi consolari, si è ritenuto di ricorrere al rilascio gratuito degli atti più urgenti, al fine di favorire al massimo l'utente.
Circa i corsi della «Dante Alighieri», essi verranno presto ripristinati stante la disponibilità dell'insegnante che precedentemente li teneva. Per completezza di informazione si segnala che a seguito della chiusura dell'Ambasciata d'Italia a Antananarivo e prima dell'entrata in funzione del Consolato Generale Onorario, si è potuto comunque intraprendere, d'intesa con le autorità malgasce, un'importante iniziativa consistente nell'avvio di negoziati finalizzati alla conclusione di un Accordo per la promozione e protezione degli investimenti tra i due paesi. In questo contesto una bozza di Accordo è già stata trasmessa per il tramite sia di questa Ambasciata del Madagascar che della nostra Ambasciata a Pretoria per l'esame delle autorità locali. Infine, va detto che i programmi gestiti dal Ministero degli Esteri e mirati in particolare alla lotta contro la malaria continuano regolarmente.
5-07974 Zacchera: Tutela della minoranza cristiana in India.
TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA1. Gli episodi di intolleranza cui si riferisce l'Onorevole interrogante, che hanno assunto in alcuni casi la forma di vere e proprie aggressioni fisiche contro religiosi e contro istituzioni cristiane, hanno formato oggetto di numerose e puntuali segnalazioni da parte della nostra Ambasciata a New Delhi. Tali incresciosi episodi datano, nel crescendo di frequenza, dal 1998. Essi sono in generale attribuiti ad organizzazioni estremiste induiste e, nei casi di attacchi a chiese in Karnataka, a Goa e in Andra Pradesh, alla setta Deender Anjuman.
2. L'argomento è stato affrontato in stretto coordinamento con i nostri partners europei nelle riunioni dei Capi Missione dell'Unione Europea in India, nel corso delle quali si è ritenuto opportuno astenersi dal compiere passi formali salvo che un deterioramento della situazione lo imponga. Si è tuttavia deciso di utilizzare canali riservati e contatti personali per rappresentare preoccupazione alle autorità locali e sottolineare l'impatto negativo sulle opinioni pubbliche dei Paesi occidentali del ripetersi di simili episodi di intolleranza per l'immagine dell'India quale società laica e tollerante. L'Italia, tramite la nostra Ambasciata a New Delhi, si è quindi conformata alla linea concordata in ambito Unione europea, rimanendo in stretto contatto con la Nunziatura Apostolica a New Delhi nonché con la Conferenza Episcopale Cattolica Indiana, che hanno peraltro consigliato cautela.
3. Non risultano, comunque, episodi di intolleranza contro i missionari italiani (dopo il caso Staines, gli stessi erano stati invitati a rappresentare simili eventualità all'Ambasciata a New Delhi o ai Consolati Generali di Calcutta e Mumbai).
Anche sul piano più propriamente politico, non si è mancato di segnalare tali episodi in occasione di colloqui avuti con esponenti politici indiani. Durante la visita a Roma del Primo Ministro indiano Vajpayee, (avvenuta lo scorso anno) il tema è stato affrontato nei colloqui con il Presidente del Consiglio Amato. In quella occasione, da parte indiana è stata riaffermata la volontà di colpire con la necessaria fermezza le manifestazioni di intolleranza da parte dei fondamentalisti induisti.
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Va comunque segnalato che gli episodi di cui sopra, nonostante la loro gravità, non alterano l'attuale realtà indiana, che è quella di un paese dove esiste sulla grande libertà di culto di cui beneficiano tutte le religioni. Gli episodi in questione sono il frutto dell'azione di alcuni sparuti gruppi di fanatici induisti, che ritengono in tal modo di poter affermare la propria presenza nell'attuale quadro politico indiano. Il governo Vajpayee ha ripetutamente condannato gli episodi di violenza e la condanna è stata in alcuni casi seguita dall'arresto dei colpevoli, come nel caso degli episodi di violenza di Goa.
4. Si osserva, inoltre, che su un piano generale il nostro Paese persegue nei competenti fori internazionali un'attenta politica di sostegno a tutte le iniziative orientate ad assicurare i diritti di ogni essere umano alla libertà di pensiero, religiosa e di costume.
5. Proseguendo nel solco di una lunga tradizione, l'Italia negli ultimi anni ha promosso ed incoraggiato alle Nazioni Unite ogni iniziativa volta a rafforzare il dialogo interculturale ed interreligioso stilla base del reciproco rispetto.
In tale ambito si segnala l'appoggio dato dal nostro Paese all'approvazione, nella primavera scorsa, della Risoluzione n.2000/33 della Commissione dei Diritti Umani, nella quale viene ribadito l'impegno degli Stati ad eliminare ogni forma di intolleranza e di discriminazione religiosa. In particolare, la Risoluzione chiede agli Stati di assicurare che nell'ambito del loro ordinamento giuridico vengano previste adeguate forme di protezione e garanzia per la libertà religiosa e di attivarsi per combattere l'intolleranza e gli atti di violenza che da essa derivano. La Risoluzione, approvata all'unanimità, prevede, tra l'altro, il rafforzamento del ruolo del Rappresentante Speciale dell'ONU per la libertà religiosa, che ha il compito di monitorare ogni eventuale incidente e formulare raccomandazioni per prevenire l'intolleranza basata su fattori religiosi.
Nella stessa Risoluzione viene prevista l'organizzazione di una Conferenza Consultiva delle Nazioni Unite sull'educazione in relazione alla libertà religiosa, alla tolleranza ed alla non discriminazione, che si terrà a Madrid dal 23 al 25 novembre 2001 in occasione del ventennale della «Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione basate sulla religione».
5-07509 Pezzoni: Evoluzione della situazione politica in Indonesia.
TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTAIl Governo italiano condivide le preoccupazioni esposte nell'interrogazione dell'On. Pezzoni relativamente ai pericoli di sovvertimento del «corso democratico» promosso all'interno dell'Indonesia dopo la caduta di Suharto.
Si ha, al riguardo, ben presente il ruolo che le forze militari - anche dopo l'uscita di scena dalla vita politica del generale Wiranto, dimessosi, nel maggio scorso, dopo la sua sospensione dalle funzioni ministeriali da parte del Presidente Wahid - ancora detengono, quale elemento condizionante l'evoluzione politica della Repubblica di Indonesia.
L'asserita complicità di parte dell'esercito - sotto la direzione di esponenti legati al vecchio regime di Suharto - negli scontri che hanno insanguinato la provincia delle Molucche e nell'attività terroristica delle milizie pro-integrazioniste a Timor Ovest offre una giusta misura del potenziale effetto destabilizzante - non
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solo per il Paese ma per l'intera regione - insito nello spirito di revanche che anima alcuni settori militari.
Nell'attuale Governo Wahid la presenza militare è costituita da quattro esponenti provenienti dai ranghi militari, fra i quali il potente Ministro coordinatore per la sicurezza Yudhoyono.
La fluidità della situazione politica e la difficoltà di prevedere l'evoluzione futura della stessa vengono, ora, aggravate dai ventilati rischi di messa in stato di accusa contro Wahid, dopo che il Parlamento ha approvato, all'inizio di febbraio, una censura contro il Presidente per presunte illegalità nella gestione di fondi pubblici. Un'ampia maggioranza parlamentare - composta, non solo, dal Golkar, vecchio partito dell'ex dittatore Suharto, e dalla «galassia» di partitini islamici facenti capo politicamente al Presidente dell'Assemblea Consultiva, Amien Rais, ma anche dal PDI-P, il partito della Vicepresidente Sig.ra Megawati, e dai rappresentanti dei militari in Assemblea - ha votato la censura, chiedendo al Presidente di chiarire la propria posizione in Parlamento relativamente ad eventuali «comportamenti impropri» nei casi relativi ai «donativi» ricevuti dall'ente di Stato per gli Stocks alimentari (Bulog) e dal Sultano del Brunei. Il Presidente Wahid ha tre mesi per replicare all'iniziativa parlamentare.
Di fronte alle pressioni, da parte di alcune forze politiche, di accelerare la sessione speciale del Parlamento destinata a decretare la messa in stato di accusa del Presidente, Wahid sembra aver imboccato con decisione la strada del contrattacco. Durante gli ultimi giorni si sono moltiplicate nell'est di Giava, ed in particolare nella città di Surbaya - roccaforte politica di Wahid - manifestazioni violente di protesta da parte dei membri della Nadhlatul Ulama (l'Associazione musulmana guidata dal Presidente) contro le fazioni politiche maggiormente contrarie al Presidente Wahid, il venerato «Gus Dur».
L'ondata di violenza sembra aver posto un freno all'»accelerazione» dello scontro istituzionale. Le principali forze politiche hanno al momento rifiutato l'ipotesi dell'»impeachment immediato», ribadendo l'esigenza di rispettare la procedura che concede tre mesi al Presidente per rispondere alle accuse rivolte dal Parlamento.
L'attuale crisi istituzionale rappresenta lo sbocco drammatico del contrasto tra le istituzioni dello Stato indonesiano che si trascina dall'anno scorso. Oltre alle censure legate ai due scandali finanziari, il Parlamento rimprovera al Presidente Wahid di non aver saputo controllare l'»eruzione» della violenza etnica e religiosa nelle Molucche e le dinamiche secessioniste nelle province di Aceh ed Irian Jaya. Inoltre, la difficoltà della ripresa economica, dopo la crisi finanziaria del 1997-98 che ha contribuito alla caduta di Suharto, aggrava l'entità dello scontro politico.
Al riguardo, il Governo italiano è convinto che un eventuale scontro frontale - in presenza di una chiara volontà del Presidente di reagire con tutti i mezzi agli attacchi - rischia di avere conseguenze imprevedibili, in un Paese che ancora porta i segni degli sconvolgimenti sociali e politici subiti con la caduta di Suharto.
Per ora sia il Golkar sia i partiti musulmani legati ad Amien Rais hanno mantenuto i nervi saldi e non si è prodotto il «bagno di sangue» che si potrebbe temere. Ma il passaggio ad una dimensione violenta della lotta politica apre scenari poco rassicuranti.
Appare, d'altronde, egualmente preoccupante l'atmosfera di intimidazione che, a pari titolo, fautori ed oppositori del Presidente stanno creando nei confronti del Parlamento. Così come appaiono preoccupanti le minacce di Wahid di sciogliere la Camera qualora la coalizione a lui contraria si estenda ulteriormente. Una misura, questa, utilizzata solo una volta nella storia dell'Indonesia da Sukarno nel 1959, e sulla cui legalità e conformità alla Costituzione si mostrano forti dubbi all'interno dello stesso panorama politico indonesiano.
In questo scenario oltremodo delicato il Governo italiano resta convinto che nell'ambito della politica estera comune
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europea vada rafforzato il dialogo con l'Indonesia al fine di contribuire al successo della politica di riforme democratiche avviata in quel Paese. In questo senso, l'Italia ha appoggiato le iniziative dell'Unione europea finalizzate, nel rispetto dell'indipendenza ed integrità territoriale dell'Indonesia, a creare le condizioni favorevoli per la pacificazione delle aree di crisi. L'ambito più efficace di intervento per l'UE rimane quello dell'assistenza umanitaria, condotta in accordo e con l'assistenza logistica del Governo indonesiano. Ciò comporta per l'Unione un monitoraggio continuo delle aree di intervento. Lo stesso impegno europeo per Timor Orientale non può d'altra parte prescindere da un dialogo costante con le autorità indonesiane la cui influenza sulle vicende presenti e future della regione timorese rimane essenziale.
Nell'ambito del dialogo con le autorità indonesiane - alla luce delle conclusioni del Consiglio affari generali del 20 marzo 2000, che ad oggi ancora delineano la strategia complessiva dell'UE nei confronti dell'Indonesia - l'Unione europea promuove il rispetto dei diritti umani e della legalità quali condizioni imprescindibili per la piena valorizzazione del percorso democratico; sostiene le riforme del sistema giudiziario e dell'apparato militare intraprese, con molte difficoltà, dal Governo Wahid; ha ribadito più volte la necessità di favorire il dialogo e la riconciliazione come unici strumenti utili a ridurre le tensioni di natura etnica e religiosa che minacciano l'integrità del Paese, e, con essa, la stabilità regionale.
Il Governo italiano è intenzionato a continuare a sostenere le iniziative prese in ambito dell'Unione europea, con il fine di consolidare e valorizzare ulteriormente il dialogo con il Governo democratico indonesiano.
L'incalzare degli avvenimenti in Indonesia impone naturalmente la necessità di condurre l'esercizio in corso alla luce di un'attenta e costante valutazione dell'evoluzione della crisi politica in atto.