ALLEGATO
RISPOSTE ALLE INTERROGAZIONI SVOLTE
Testo integrale della risposta all'interrogazione Contento n. 5-06221
Con l'interrogazione in esame l'interrogante, premesso che le operazioni di trasferimento al catasto urbano delle particelle su cui insistono fabbricati rurali potrebbe comportare l'attribuzione a tali cespiti di una rendita autonoma, «in spregio» al principio in base al quale il reddito da essi derivante confluisce nel reddito dominicale, chiede l'abrogazione del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28 ritenendolo illegittimo, nonché l'accatastamento delle predette unità immobiliari nella categoria D/10, e l'eventuale attribuzione della rendita ai soli fini inventariali.
Al riguardo il Dipartimento del territorio ha preliminarmente rilevato che il nuovo assetto dell'inventario immobiliare è stato delineato dall'articolo 9 della legge n. 133 del 1994 e dall'articolo 3, commi 154, 155 e 156, della legge n. 662 del 1996.
In particolare, la nuova architettura del sistema catastale è stata ridisegnata dai seguenti regolamenti attuativi:
decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n 28;
decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n 138;
decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139.
La nuova disciplina prevede, in buona sostanza:
a) la costituzione di un inventario completo del patrimonio edilizio nazionale denominato «catasto dei fabbricati», attraverso l'integrazione dell'attuale «catasto edilizio urbano» con le costruzioni rurali.
Ed invero, con decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 1998), le modalità di accatastamento sono state distinte in due fasi. Per non gravare di ulteriori oneri i cittadini che avevano provveduto a denunciare al catasto terreni, entro la data di entrata in vigore del predetto regolamento (decreto ministeriale n. 28 del 1998), le costruzioni rurali, nel rispetto della previgente normativa, tali costruzioni sarebbero state trasferite a cura dell'Amministrazione nel costituendo catasto dei fabbricati, sulla base delle informazioni risultanti dal catasto terreni.
Il completamento delle operazioni di accatastamento sarà effettuato successivamente a cura dei possessori, in occasione del primo trasferimento di diritti, del mutamento nello stato dei beni ovvero della perdita dei requisiti di ruralità ai fini fiscali.
Invece, per i fabbricati già realizzati ma non dichiarati in catasto entro la predetta data di entrata in vigore del medesimo regolamento, si è reso obbligatorio l'accatastamento con le modalità previste per fabbricati urbani, anche per le costruzioni i cui possessori presentassero i requisiti per il riconoscimento della ruralità:
b) il censimento delle costruzioni rurali con attribuzione di rendita al catasto dei fabbricati, secondo nuovi criteri di classamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998):
c) la separazione tra i profili e le finalità tecnico-catastali (legati alla natura dell'immobile) e quelli fiscali connessi, oltre ai caratteri degli immobili, anche ai
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requisiti dei soggetti proprietari e/o conduttori degli stessi (decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 1998).
Infine, con la legge 18 febbraio 1999, n. 28, è stata prevista la delega al Governo per la predisposizione di un regolamento per la revisione del sistema estimale del catasto terreni.
Ciò posto, con riferimento all'inventario del patrimonio edilizio il predetto Dipartimento ha precisato che le modalità di accatastamento (disposte dal decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 1998) avevano un esplicito carattere transitorio (articolo 1, comma 6) in attesa dell'emanazione del nuovo regolamento per la costituzione del catasto dei fabbricati (ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 133 del 1994).
Tuttavia, tale disposizione transitoria non ha trovato pratica attuazione, in quanto il predetto decreto n. 139 del 1998 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data successiva (12 maggio 1998) rispetto alla pubblicazione dell'apposito decreto ministeriale n. 28 del 1998 che, pertanto, ha reso implicitamente inefficace detta norma transitoria.
Per quanto riguarda le altre operazioni previste dalla disciplina di che trattasi il Dipartimento del territorio ha rilevato che l'attribuzione di una rendita catastale non produce alcun effetto automatico sull'imposizione fiscale; infatti, i fabbricati rurali, che presentano requisiti di ruralità ai fini fiscali, anche se denunciati in catasto con le ordinarie modalità di accatastamento degli immobili urbani, e censiti nella categoria D/10 ovvero anche in altre categorie catastali con attribuzione di rendita non sono soggetti ad imposte (dirette, indirette ed ICI) sui fabbricati, ma solo a quelle connesse all'esercizio dell'attività agricola. Di contro l'attribuzione della rendita catastale comporta il rilevante vantaggio di fornire al contribuente elementi utili ad assolvere ai propri obblighi fiscali, nell'ipotesi che per motivi soggettivi vengano meno i presupposti per il riconoscimento della ruralità.
Circa i criteri di attribuzione della rendita, il Dipartimento del territorio ha osservato che tali criteri attengono a profili tecnici disciplinati dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998. Peraltro, la concezione strutturale che supporta il nuovo sistema dei valori catastali è fondata su criteri (fattori «posizionale» e «edilizio») rapportati ai valori dell'area e del costo di costruzione, che sostanzialmente corrispondono a quelli richiamati nel testo dell'interrogazione.
In particolare, la delimitazione delle zone censuarie di fatto favorisce, e non penalizza, una più equa valutazione degli immobili siti in aree rurali rispetto ad immobili siti in aree di maggiore apprezzamento, in quanto le microzone rurali sono caratterizzate da una gamma di valori molto contenuti.
Testo integrale della risposta all'interrogazione Repetto n. 5-06367
Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede di conoscere se risulti normativamente corretto il comportamento tenuto dal comune di Bergeggi (Savona) che, al fine di verificare la regolarità delle posizioni fiscali in materia di tributi locali, ha richiesto a tutti i contribuenti l'esibizione della relativa documentazione con conseguente applicazione della sanzione in caso di inadempimento.
Al riguardo, il Dipartimento delle entrate ha comunicato che il comune di Bergeggi, interessato della questione, ha confermato di aver rivolto ai contribuenti inviti ad esibire e trasmettere atti e
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documenti riguardanti i tributi amministrati ai sensi delle norme vigenti (articolo 73 del decreto legislativo n. 507 del 1993 in materia di TARSU: articolo 3, comma 4, della legge 144 del 1989 in materia di ICIAP, articolo 14 del decreto legislativo n. 473 del 1997) e di aver approvato apposita delibera che prevede il minimo delle sanzioni, con effetti non retroattivi, per la mancata esibizione e trasmissione della documentazione richiesta.
Il predetto comune ha fatto, altresì, presente di aver attivato uno sportello dove il contribuente può recarsi per comunicare informazioni e dati utili all'aggiornamento della banca dati. Nella fase di acquisizione dei dati nessun intento sanzionatorio, a giudizio del comune, sarebbe stato perseguito bensì soltanto quello di ottenere collaborazione da parte dei contribuenti e nel contempo la possibilità di fornire risposte, chiarimenti ed informazioni sulla fiscalità passiva dei cittadini.
Agli atti dell'ente risulterebbe la rimostranza di un solo contribuente che, malgrado verbali chiarificazioni telefoniche, non si è ritenuto soddisfatto.
Ciò posto, il comune di Bergeggi ha precisato che la rilevazione dei dati dei contribuenti è stata effettuata soltanto a mezzo dello sportello e dell'acquisizione da altri enti del settore pubblico e non come invece indicato nel testo dell'interrogazione, mediante lettera ordinaria inviata a tutti i contribuenti contenente riferimenti sanzionatori in caso di mancato riscontro.
In proposito il predetto Dipartimento ha osservato che l'articolo 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, impone alla pubblica amministrazione di non aggravare il procedimento se non in casi di straordinarie e motivate esigenze, nonché di non richiedere atti e documenti già in suo possesso. Anche le norme sulla potestà regolamentare degli enti locali pongono un limite alla disciplina delle proprie entrate tributarie, individuabile nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
In particolare, in materia di TARSU non è previsto l'obbligo di esibizione della cartella esattoriale, salvo l'onere generale di comprovare l'assolvimento del tributo, né sussiste una sanzione specifica in caso di non ottemperanza.
Inoltre, l'articolo 73 del decreto legislativo n. 507 del 1993 fa riferimento soltanto a richieste di documenti e questionari «...ai fini del controllo dei dati contenuti nelle denunce o acquisibili in sede di accertamento d'ufficio» Non sono previsti nella specie altri obblighi di esibizione di documentazione, né l'applicazione di sanzioni stante il principio di stretta legalità (articolo 3 del decreto legislativo n. 472 del 1997 e articolo 1 della legge n. 689 del 1981).
In materia di ICI (articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992) è giustificata l'esibizione o trasmissione di atti e documenti solo a seguito di richiesta motivata in sede di liquidazione e accertamento: lo stesso invio di questionari deve essere relativo a richiesta di dati e notizie di carattere specifico.
In materia di ICIAP (ai sensi della legge n. 144 del 1989), i comuni possono richiedere l'esibizione della denuncia e della ricevuta di versamento e, ai fini dell'accertamento e della liquidazione del tributo, atti e documenti concernenti l'imposta.
Relativamente alla TOSAP non esistono disposizioni particolari.
Alla luce delle vigenti disposizioni e delle notizie acquisite, il Dipartimento delle entrate ha precisato che, se l'operazione di rilevazione in questione, qualificata dall'ente come richiesta di collaborazione attraverso l'attivato sportello, ha assunto una valenza generale, che coinvolge non alcuni contribuenti per problematiche afferenti gli accertamenti o le riscossioni che li riguardano ma tutti indistintamente e senza motivazione specifica, per di più prevedendo l'applicazione di sanzioni, potrebbe ravvisarsi un uso non corretto dell'esercizio del potere di accertamento, che consente la richiesta di atti e documenti, nonché l'invio di
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questionari, solo in presenza di particolari ipotesi e sempreché gli atti e documenti non siano reperibili presso altre banche dati cui il comune può accedere, in esenzione di spese e diritti, o di cui può venire, comunque, a conoscenza con attività organizzatorie delle proprie strutture.
Trattandosi di un comune la valutazione concreta non rientra, però, nella responsabilità del Ministero.
Testo integrale della risposta all'interrogazione Foti n. 5-04804
Con interrogazione in esame l'interrogante, premesso che con precedente atto di sindacato ispettivo (n. 5-04009 il cui svolgimento ha avuto luogo nella seduta del 14 aprile 1998 presso la VI Commissione finanze), concernente il mancato rimborso al signor Magnaschi delle somme versate quale oblazione per edilizia in sanatoria, non concessa dal comune di Bettola, lamenta che l'orientamento dell'Amministrazione finanziaria circa il termine iniziale per il decorso della prescrizione del diritto al rimborso non può computarsi ancor prima che esista «la possibilità di realizzare l'interesse».
Al riguardo ed in via preliminare, ribadisce che con circolare del Dipartimento delle entrate (n. 41-IV-8053 del 20 dicembre 1993), conformemente a quanto chiarito dal Ministero dei lavori pubblici (con la circolare n. 142 del 6 febbraio 1989), è stato rilevato che: «...il dies a quo per il formarsi del silenzio-assenso e per l'esercizio del diritto al conguaglio o al rimborso, decorre dalla data di presentazione dell'istanza...» di condono (ai sensi dell'articolo 35 della citata legge n. 47 del 1985, come modificato dall'articolo 4 del decreto-legge 12 gennaio 1988, n. 2, convertito dalla legge n. 68 del 1988).
Tale orientamento, peraltro, è stato ribadito dal Consiglio di Stato (sezione quarta), con decisione n. 1246/97 del 31 ottobre 1997.
Con tale decisione, concernente una analoga questione relativa alla decorrenza del termine prescrizionale del diritto al rimborso per somme versate a titolo di oblazione a seguito di presentazione della domanda di condono edilizio, il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che «dalla data di presentazione della domanda, decorrono simultaneamente due termini: uno di 24 mesi, ai fini della formazione del silenzio-accoglimento da parte dell'Amministrazione, ed un secondo di 36 mesi, per la prescrizione dei crediti di rimborso e conguagli».
Conseguentemente il predetto Consesso ha ritenuto che «appare corretto l'operato dell'Amministrazione che ha respinto - per prescrizione dei termini - le istanze... intese ad ottenere il rimborso delle eccedenze... versate sulle oblazioni dovute all'Erario... in quanto il predetto termine, decorso il quale l'Amministrazione non può più pretendere somme a conguaglio ed il presentatore dell'istanza non può più vantare eventuali rimborsi, inizia dal momento di presentazione della domanda».
Poiché la domanda di rimborso è stata presentata dal signor Magnaschi in data 5 settembre 1990, cioè oltre il termine di trentasei mesi a far tempo dal 19 febbraio 1986, data in cui sarebbe stata prodotta la richiesta di concessione edilizia in sanatoria, ne deriva che detta domanda di rimborso non può che ritenersi tardiva.
Ciò posto, l'indicazione fatta dal signor Magnaschi nella richiesta di concessione edilizia prodotta al comune («si riserva di richiedere la ripetizione di quanto pagato») non può costituire istanza di rimborso di quanto versato quale oblazione per abusi edilizi.
Infatti, come specificato nell'articolo 1, decreto ministeriale del 12 aprile 1998, una tale istanza doveva essere prodotta all'intendenza finanza territorialmente competente.
Inoltre, la circostanza dell'esistenza di una vicenda giudiziaria, collegata alla costruzione
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abusiva dell'immobile, non può valere come causa di sospensione della decorrenza dei termini per la presentazione della domanda di rimborso: infatti, l'esito di tale vicenda giudiziaria potrebbe avere valenza solo per l'accoglimento o meno della domanda di rimborso, tempestivamente prodotta.
Ed invero, il decorso del termine prescrizionale nella fattispecie oggetto dell'interrogazione prescinde dalla questione della rilevanza di una qualificazione dell'inerzia mostrata dal titolare del diritto, bensì è fondata sull'inidoneità dell'atto nel quale il Magnaschi ha manifestato l'intento di «riservarsi» la possibilità di richiedere la ripetizione di quanto pagato.
Tale riserva non può certamente ritenersi idonea a differire nel tempo i termini prescrizionali previsti da disposizioni di legge, per la presentazione dell'apposita istanza.