Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59 - Domenica 20 dicembre 1998


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ALLEGATO 1

Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59.

RELAZIONE SEMESTRALE AL PARLAMENTO SULLO STATO DELLE RIFORME PREVISTE DALLA LEGGE N. 59 DEL 15 MARZO 1997

1. Premessa.

Con l'adozione della legge n. 59 del 15 marzo 1997 il Parlamento ha approvato un complesso normativo di riforma della pubblica amministrazione tra i più ambiziosi del dopoguerra.
La riforma si fonda su quattro pilastri: il decentramento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni e agli enti locali, la riorganizzazione dell'amministrazione centrale dello Stato, il completamento della contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego ed, infine, la semplificazione dell'azione amministrativa e dei rapporti tra amministrazione e cittadini.
La legge n. 59 prevede che l'attuazione della riforma avvenga attraverso un iter assai complesso, che si sviluppa per fasi successive con l'adozione di una pluralità di atti di diversa natura (decreti legislativi, leggi regionali, decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, regolamenti) da parte di soggetti diversi.
I tempi per l'attuazione della riforma nelle varie materie Sono stati inoltre volutamente diversificati dal legislatore, in modo da permettere una consequenzialità logica del processo riformatore: in primo luogo il decentramento amministrativo, in secondo luogo la riforma dell'amministrazione centrale sulla base delle competenze residue.
La legge n. 59 è intervenuta anche su aspetti procedurali per l'adozione dei diversi provvedimenti attuativi. In particolare, la legge ha istituito la Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa, con due funzioni: l'espressione di pareri sui principali provvedimenti attuativi della legge n. 59 ed il monitoraggio periodico dello stato di attuazione delle riforme, con una relazione semestrale alle Camere.
La presente relazione rientra dunque tra i compiti istituzionali della Commissione e costituisce il primo atto parlamentare di monitoraggio della riforma, fotografandone l'attuazione alla data del 30 settembre 1998, cioè a sei mesi di distanza dalla scadenza del primo termine delle deleghe contenute nella legge n. 59, e precisamente il termine del 31 marzo 1998, previsto per l'adozione dei decreti legislativi di decentramento amministrativo.

2. Il decentramento amministrativo.

L'aspetto di maggior rilevanza politica della riforma è costituito dall'avvio di un'ampia opera di conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, sia territoriali che funzionali, riprendendo un processo che era sostanzialmente rimasto fermo al decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977.
La legge n. 59 mira ad instaurare quello che nel dibattito politico è stato


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definito «federalismo amministrativo», ossia un sistema che introduca il massimo grado di federalismo consentito dalla Costituzione vigente. A tal fine ribalta il cosiddetto principio del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative delle regioni, quel principio per cui, ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione, le regioni esercitano funzioni amministrative solo nelle materie per le quali hanno competenza legislativa. La legge afferma il principio secondo cui l'amministrazione è propria delle regioni e degli enti locali, anche nelle materie per le quali lo Stato esercita la funzione legislativa, salvo l'elenco di materie per le quali l'articolo 1 della legge n. 59 riserva l'amministrazione allo Stato (difesa, rapporti con le confessioni religiose, cittadinanza, moneta, ordine pubblico, amministrazione della giustizia, previdenza sociale, ...). Con un immagine un poco azzardata si potrebbe dire che stiamo passando da un modello di ordinamento «alla francese», a forte centralizzazione, ad un modello di stampo tedesco, un modello cioè in cui lo Stato centrale «il Bund!) è presente con la propria amministrazione solo a livello centrale, mentre a livello periferico tutta l'amministrazione è svolta dai Laender, dalle regioni.
La legge si preoccupa anche di dettare i princìpi alla luce dei quali deve avvenire il conferimento delle funzioni:
particolare rilievo è assunto dal primo principio contemplato dalla legge, ossia quello di sussidiarietà, secondo il quale «la generalità dei compiti e delle funzioni amministrative» devono essere attribuite «ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime» (articolo 4, comma 3, lettera a, della legge n. 59 del 1997). Per la prima volta compare quindi nella nostra legislazione il principio di sussidiarietà, che impone di ripartire le funzioni amministrative collocandole al livello di governo Più vicino alle comunità interessate dalle decisioni, permettendo pertanto la responsabilizzazione ed il coinvolgimento dei cittadini in tutte le scelte di governo attinenti alla propria comunità. Il principio di sussidiarietà contiene però un ulteriore aspetto di grande rilievo, ossia afferma che occorre attribuire «le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità»; esso diventa quindi una garanzia contro un'eccessiva ingerenza dell'amministrazione pubblica nella vita dei cittadini, affermando la necessità di favorire l'assolvimento da parte delle formazioni sociali di funzioni socialmente rilevanti.
Tra i vari princìpi posti dalla legge n. 59 merita ancora sottolineare quello di «adeguatezza», ossia l'attenzione nel processo di conferimento «all'idoneità organizzativa dell'amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l'esercizio delle funzioni» (articolo 4, comma 3, lettera g, della legge n. 59 del 1997). Ciò significa che il conferimento deve avvenire non a favore di una categoria in astratto di enti, bensì avendo riguardo alla concreta capacità di governo della singola amministrazione ricevente.
Il decentramento amministrativo, disciplinato dal capo I della legge n. 59 (articoli 1-10), deve svilupparsi attraverso varie fasi successive.

2.1 L'individuazione delle funzioni amministrative conferite.
La prima fase consiste nell'adozione, ai sensi dell'articolo 1 della legge, di decreti legislativi volti a conferire funzioni e compiti amministrativi a regioni ed enti locali.
La legge dispone che i decreti legislativi contengano un'elencazione tassativa delle funzioni e dei compiti mantenuti in capo alle amministrazioni statali ed un'elencazione, puramente indicativa, delle funzioni e dei compiti conferiti alle regioni ed agli enti locali.
In origine l'esercizio della delega era previsto entro il termine di nove mesi dall'entrata in vigore della legge (quindi


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entro il 1o gennaio 1998), termine successivamente prorogato al 31 marzo 1998 dalla legge n. 127 del 1997.
La delega di cui all'articolo 1, ormai scaduta, è stata attuata con i seguenti provvedimenti:
decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Gazzetta Ufficiale 5 giugno 1997, n. 129), conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'amministrazione centrale;
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1998, n. 5); conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro;
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Gazzetta Ufficiale 21 aprile 1998, s.o.77/L), conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali;
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 115 (Gazzetta Ufficiale 27 aprile 1998, n. 96), completamento del riordino dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

L'oggetto della delega contenuta all'articolo 1 è esteso dall'articolo 4, comma 4, il quale prevede che con decreti legislativi si provveda anche a riformare la materia dei servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale, oltre che a riordinare e razionalizzare la disciplina relativa alle attività economiche ed industriali. In attuazione di questa delega il governo ha adottato i seguenti decreti legislativi:
decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Gazzetta Ufficiale 10 dicembre 1997 n. 287), conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale;
decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 (Gazzetta Ufficiale 5 marzo 1998, n. 53), razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti;
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Gazzetta Ufficiale 24 aprile 1998,s.o.80/L), riforma della disciplina relativa al settore del commercio;
decreto legislativo 31 marzo n. 123 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1998, n. 99), disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese;
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 (Gazzetta Ufficiale 13 maggio 1998, n. 109), disposizioni in materia di commercio con l'estero.

Quanto al contenuto dei singoli decreti legislativi: il decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale, ha soppresso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e ha parallelamente istituito il Ministero delle politiche agricole, come centro di riferimento degli interessi nazionali in materia di politiche agricole ed agroalimentari (articolo 2). Vengono trasferiti alle regioni tutti i compiti in precedenza svolti dal soppresso Ministero in materia di agricoltura, pesca, agriturismo, caccia, sviluppo rurale e alimentazione (articolo 1); sono Soppressi tutti gli enti, istituti ed aziende sottoposti alla vigilanza del Ministero delle risorse agricole ed è posta in liquidazione l'Agecontrol spa. (articolo 3).
Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, decentra le funzioni ed i compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro finora esercitate dal Ministero del lavoro (articolo 2); attribuisce ai privati la possibilità di svolgere funzioni nel settore del collocamento, facendo cessare il monopolio pubblico in materia (articolo 10); istituisce il sistema informativo lavoro - SIL -, costituito dall'insieme delle strutture organizzative, delle risorse hardware, software e di rete relative alle funzioni in materia di mercato del lavoro (articolo 11).


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Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, costituisce l'attuazione generale della delega al decentramento amministrativo. Con questo atto il Governo conferisce a regioni ed enti locali molteplici funzioni e compiti amministrativi in tutte le materie che la legge n. 59 non riserva espressamente allo Stato; in particolare il decreto individua quattro aree di materie: sviluppo economico e attività produttive; territorio, ambiente ed infrastrutture (titolo III); servizi alla persona e alla comunità (titolo IV); polizia amministrativa regionale e locale e regime autorizzatorio (titolo V).
Per quanto concerne l'area dello sviluppo economico e delle attività produttive (titolo 11), il decreto legislativo si compone di vari capi, corrispondenti alle diverse materie trattate:
ARTIGIANATO (capo II): vengono conferite alle regioni tutte le funzioni amministrative statali in materia non espressamente riservate allo Stato (articolo 14), ivi comprese le agevolazioni alle imprese artigiane;
INDUSTRIA (capo III): vengono elencate le funzioni amministrative conservate in capo allo Stato (articolo 18); sono attribuite alle camere di commercio le funzioni esercitate dagli uffici metrici provinciali e dagli uffici provinciali per l'industria, il commercio e l'artigianato - UPICA - (articolo 20), che sono soppressi; sono delegate alle regioni tutte le restanti funzioni amministrative. In particolare saranno erogati dalle regioni i fondi destinati dalle leggi dello Stato alla concessione di agevolazioni, contributi ed incentivi di qualsiasi genere all'industria, che confluiranno in un unico fondo regionale amministrato secondo norme stabilite da ciascuna regione (articolo 19); sono inoltre presenti norme di semplificazione e liberalizzazione;
SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (capo IV): vengono attribuite ai comuni le funzioni concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione e la localizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie (articolo 23); tali funzioni sono esercitate da ogni comune, singolarmente o in forma associata, tramite uno sportello unico (articolo 24) e attraverso un provvedimento amministrativo unico, disciplinato con regolamento governativo (articolo 25);
ENERGIA (capo V): sono individuate le funzioni riservate allo Stato (articolo 29) e quelle conferite alle regioni (articolo 30) e agli enti locali (articolo 31);
MINIERE E RISORSE GEOTERMICHE (capo VI): sono delegate alle regioni le funzioni statali relative ai permessi di ricerca ed alle concessioni di coltivazione di minerali solidi e delle risorse geotermiche, nonché le funzioni di polizia mineraria su terraferma (articolo 34).
CAMERE DI COMMERCIO (capo VII): sono aboliti vari atti di controllo, tra cui quelli su statuti e bilanci delle camere di commercio; è attribuito alle regioni il controllo sugli organi camerali (articolo 37);
FIERE E MERCATI (capo VIII): sono trasferite alle regioni parecchie funzioni amministrative, tra cui quelle concernenti il riconoscimento della qualifica delle manifestazioni fieristiche di rilevanza nazionale e regionale, gli enti fieristici di Milano, Verona e Bari, la promozione dell'associazionismo nel settore del commercio, l'erogazione di ogni tipo di ausilio finanziario (articolo 41);
TURISMO (capo IX): sono conferite alle regioni tutte le funzioni non riservate espressamente allo Stato (articolo 44 e 45).
Per quanto concerne l'area relativa a territorio, ambiente ed infrastrutture (titolo III), il decreto legislativo si articola nei seguenti capi:
TERRITORIO ED URBANISTICA (capo II): in materia di urbanistica sono soppresse varie funzioni (articolo 53),


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sono indicate quelle mantenute allo Stato (articolo 54), mentre tutte le restanti sono conferite a regioni ed enti locali (articolo 56). Per quanto attiene all'edilizia residenziale pubblica, sono conferite alle regioni tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato ed, in particolare, quelle relative alla determinazione delle linee d'intervento, alla programmazione delle risorse finanziarie, alla gestione degli interventi, alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi (articolo 60). Sono infine attribuite ai comuni le funzioni relative alla conservazione, utilizzazione ed aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano (articolo 66);
PROTEZIONE DELLA NATURA E DELL'AMBIENTE (capo III): sono conferiti alle regioni i compiti di protezione delle zone costiere e le competenze attualmente esercitate dal Corpo forestale dello Stato, salvo quelle necessarie all'esercizio delle funzioni di competenza statale (articolo 70). Con atto di indirizzo e coordinamento, da adottarsi entro il 5 gennaio 1999, saranno individuate le specifiche categorie di opere , attualmente sottoposte a valutazione statale di impatto ambientale - VIA -, da trasferire alla competenza delle regioni (articolo 71);
RISORSE IDRICHE E DIFESA DEL SUOLO (capo IV) si stabilisce che alla gestione dei beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio (articolo 86). Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato ed, in particolare, le funzioni relative alla realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura, ai compiti di polizia idraulica, alle concessioni di estrazione di materiale litoide dai corsi d'acqua, alla programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste (articolo 89);
OPERE PUBBLICHE: sono conferite alle regioni tutte le funzioni in materia di opere pubbliche non espressamente riservate allo Stato ed, in particolare, l'individuazione delle zone sismiche, l'autorizzazione alla costruzione di elettrodotti con tensione sino a 15 kv, l'edilizia di culto (articolo 94);
VIABILITÀ (capo VI): sono soppresse varie funzioni amministrative (articolo 97); sono conferite alle regioni tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato ed, in particolare, le funzioni di programmazione, progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale (articolo 99) individuata, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 della legge n. 59;
TRASPORTI (capo VII): varie funzioni amministrative in materia sono soppresse (articolo 102), altre sono affidate ai privati (articolo 103). Sono conferite alle regioni tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato ed, in particolare, le funzioni relative al rifornimento idrico delle isole, alla disciplina della navigazione interna, al conferimento di concessioni per l'installazione e l'esercizio di impianti lungo le autostrade, al rilascio di concessioni per la gestione delle infrastrutture ferroviarie di interesse regionale (articolo 105);
PROTEZIONE CIVILE «capo VIII): sono conferite alle regioni tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato ed, in particolare, le funzioni di predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, di attuazione di interventi urgenti in caso di crisi, di spegnimento degli incendi boschivi.
Per quanto concerne l'area dei servizi alla persona e alla comunità (titolo IV ), il decreto legislativo si compone di vari capi, corrispondenti alle diverse materie trattate:
TUTELA DELLA SALUTE (capo I): sono conferite alle regioni tutte le funzioni in tema di salute umana e veterinaria, salvo quelle espressamente mantenute allo Stato (articolo 114);


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SERVIZI SOCIALI (capo II): sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni nella materia dei servizi sociali, salvo quelle espressamente mantenute allo Stato o trasferite all'INPS; sono in particolare attribuiti ai comuni i compiti di erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali, nonché i compiti di progettazione e realizzazione della rete dei servizi sociali (articolo 131);
ISTRUZIONE SCOLASTICA (capo III): sono delegate alle regioni le funzioni concernenti la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, la programmazione sul piano regionale della rete scolastica, la determinazione del calendario scolastico, i contributi alle scuole non statali (articolo 138). A province ed enti locali sono inoltre attribuite le funzioni concernenti l'istituzione, l'aggregazione e la soppressione di scuole, i servizi di supporto al servizio di istruzione per alunni con handicap, il piano di utilizzazione degli edifici (articolo 139);
FORMAZIONE PROFESSIONALE (CAPO IV): sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente mantenute allo Stato; in particolare sono trasferiti gli istituti professionali nel cui ambito non funzionano corsi di studio di durata quinquennale per il conseguiment0 del diploma dei istruzione secondaria superiore (articolo 144);
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI (capo V): è previsto che una commissione paritetica composta da rappresentanti del Ministero per i beni culturali e da rappresentanti degli enti territoriali individui i musei e gli altri beni culturali statali la cui gestione rimane allo Stato e quelli per cui essa è trasferita a regioni, province o comuni (articolo 150);
SPETTACOLO (Capo VI): sono individuati i compiti di rilievo nazionale;
SPORT (capo VII): rimane riservata allo Stato la vigilanza sul CONI.

Per quanto concerne la polizia amministrativa regionale e locale (titolo V), il decreto legislativo stabilisce che regioni ed enti locali sono titolari delle funzioni e dei compiti di polizia amministrativa nelle materie ad essi conferite (articolo 158).
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 115, completamento del riordino dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, incrementa le funzioni dell'Agenzia; ne amplia gli organi, prevedendo l'istituzione del presidente del consiglio di amministrazione; detta infine procedure per la nomina degli organi medesimi.
Il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, detta una nuova disciplina della materia dei servizi pubblici di trasporto, trasferendo a regioni ed enti locali i servizi inerenti I sistemi di mobilità (terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali ed aerei) di ambito regionale o infraregionale Si prevede inoltre che l'esercizio dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati, sia regolato mediante contratti di servizio di durata non superiore a nove anni e con ricorso a procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio - ancora consentita la gestione diretta o l'affidamento diretto dei servizi da parte degli enti locali a propri consorzi o aziende speciali, che comporta però da un lato l'esclusione dell'ampliamento dei bacini di servizio rispetto a quelli già gestiti nelle predette forme e, dall'altro, l'obbligo per gli enti locali di affidare quote dello stesso servizio, tramite procedure concorsuali (articolo 18).
Il decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, si propone di riorganizzare la rete distributiva, introducendovi maggiori elementi di concorrenza e liberalizzazione.
Il decreto legislativo 31 marzo n. 114, riforma della disciplina relativa al settore del commercio, introduce vari aspetti di liberalizzazione e semplificazione del settore. La programmazione della rete distributiva è affidata alle regioni, che entro il 24 aprile 1999 devono definire gli


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indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali, cui i comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici generali e attuativi. Viene abolita la licenza per l'apertura degli esercizi di vicinato «quelli aventi una superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti), che è ora soggetta unicamente a previa comunicazione al comune competente e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione (articolo 7») Sono ridotte da 14 a 2 le tabelle merceologiche, mentre altre disposizioni riguardano gli orari di apertura dei negozi e le forme speciali di vendita.
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, individua procedure tipizzate, cui devono attenersi tutti i soggetti pubblici, attraverso cui attuare tali interventi. Le norme riguardano la programmazione degli interventi, la concessione degli incentivi, le procedure di erogazione, le forme di controllo e di sanzione in caso di violazioni, il monitoraggio degli interventi.
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, disposizioni in materia di commercio con l'estero, riorganizza gli strumenti di sostegno all'internazionalizzazione e alla competitività delle imprese italiane. In particolare il decreto dispone il rafforzamento dell'attività del CIPE, cui compete l'adozione di tutte le direttive in materia di export e al cui interno viene creata una Commissione di coordinamento dell'istruttoria e dei provvedimenti di politica economica; vengono inoltre riorganizzati i soggetti operanti nel settore, in particolare la SACE e la SIMEST.
A completamento del processo di decentramento amministrativo, l'articolo 10 della legge stabilisce che, entro un anno dalla data di entrata in vigore dei succitati decreti, il Governo possa adottare decreti legislativi contenenti disposizioni correttive ed integrative. La delega in questione non è ancora stata esercitata dal Governo.
L'articolo 9 della legge prevede infine una delega per definire ed ampliare le attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, unificandola, per le materie di interesse comune di regioni, province e comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. La delega è stata attuata con l'adozione del decreto legislativo:
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1997, n. 202).

Questo decreto ha rafforzato il ruolo della Conferenza Stato-regioni, incrementandone i compiti; ha disciplinato a livello legislativo la Conferenza Stato-città e autonomie locali, fino ad allora disciplinata unicamente dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri istitutivo; ha creato, con la Conferenza unificata, una sede unitaria di raccordo fra Governo, regioni ed il sistema delle autonomie locali.
La stessa legge n. 59 ha previsto che le Conferenze esprimano pareri su tutti i provvedimenti necessari per l'attuazione del decentramento amministrativo.

2.2 La ripartizione delle funzioni a livello regionale.
Il secondo passaggio del processo di decentramento amministrativo avviene all'interno delle singole realtà regionali.
Il legislatore delegante ha instaurato una sorta di doppio binario del processo di conferimento delle funzioni che non sono tassativamente riservate allo Stato.
Laddove infatti il conferimento riguardi materie estranee a quelle di cui all'articolo 117 della Costituzione, i decreti legislativi ripartiscono direttamente le funzioni amministrative tra regioni, province, comuni ed altri enti locali, sulla base dei principi contenuti nella legge delega; qualora invece il conferimento attenga a materie rientranti nell'elenco di cui all'articolo 117, i decreti legislativi conferiscono tutte le funzioni alle regioni, le quali poi devono provvedere a ripartirle tra province, comuni ed enti locali, trattenendo in capo alla regione stessa solo


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ciò che richiede l'unitario esercizio a livello regionale. Questo secondo passaggio è disciplinato dall'articolo 4, commi 1 e 5, della legge, secondo cui, entro sei mesi dall'emanazione di ciascun decreto legislativo di conferimento di funzioni, ogni regione adotta una legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa.
Qualora la regione non provveda entro il predetto termine, la legge delega il Governo ad emanare, in via sostitutiva, entro i successivi novanta giorni, uno o più decreti legislativi di ripartizione tra regioni ed enti locali delle funzioni conferite; le disposizioni di tali decreti sostitutivi si applicheranno fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
I decreti legislativi che richiedono una legge regionale di ripartizione delle funzioni sono i seguenti:
decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale.
Al 30 settembre tutte le quindici regioni a statuto ordinario, tranne il Piemonte, hanno adottato la legge regionale per ripartire tra regione ed enti locali le funzioni conferite dallo Stato.
L'adozione delle leggi regionali è avvenuta spesso con ritardo rispetto al termine di sei mesi previsto dalla legge n. 59: ciò ha dato luogo all'emanazione del decreto legislativo n. 60 del 5 marzo 1998 (Gazzetta Ufficiale 27 marzo 1998, n. 72), che ha provveduto a ripartire provvisoriamente le funzioni per le otto regioni che non sono riuscite ad adottare la legge nel prescritto termine. Ad oggi le disposizioni del decreto n. 60 si applicano al solo Piemonte, unica regione rimasta inadempiente.
decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale Il decreto legislativo richiede di essere attuato attraverso una legge regionale che ripartisca tra regione ed enti locali le funzioni conferite e definisca gli indirizzi per la pianificazione dei trasporti locali.
Al 30 settembre 1998 solo cinque regioni (Basilicata, Lazio, Liguria e Toscana) hanno pubblicato la legge attuativa; altre quattro regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, Umbria e Veneto) sono in attesa del controllo governativo sulla deliberazione legislativa. Il Governo ha adottato, per le regioni ritardatarie, un decreto legislativo sostitutivo, in corso di pubblicazione.
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro.
La legge regionale deve disciplinare l'organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti dal presente decreto, che costituisce norma quadro.
Al 30 settembre risultano pubblicate sette leggi regionali (Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Toscana). Per le restanti regioni è prossimo un intervento sostitutivo del Governo.
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali Le regioni sono anche in questi caso chiamate ad adottare una propria legge per individuare le funzioni trasferite o delegate agli enti locali e quelle mantenute in capo alla regione stessa. La legge regionale deve procedere alla determinazione dei livelli ottimali di esercizio delle funzioni da parte dei comuni di minore dimensione demografica e deve attribuire agli enti locali le risorse umane, finanziarie, organizzative e strumentali necessarie per l'esercizio delle funzioni conferite, in misura tale da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dal conferimento. Il decreto legislativo n. 112 dispone inoltre che le regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedano strumenti e procedure di raccordo e concertazione per consentire la collaborazione e l'azione


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coordinata fra regioni ed enti locali (articolo 3, co. 5, decreto legislativo n. 112 del 1998).
L'approvazione delle leggi regionali comporterà un profondo impegno da parte regionale: sia per la molteplicità delle funzioni amministrative conferite dallo Stato, sia per la indeterminatezza usata dal decreto legislativo nell'indicare le funzioni conferite, atteso che spesso le disposizioni consistono in espressioni indeterminate (del tipo: «sono conferite alle regioni tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato..»), sia infine per la necessità di approvare Con legge una nuova allocazione complessiva di funzioni e risorse tra diversi livelli di governo, quando ancora non sono conoscibili con chiarezza né le funzioni conferite né le risorse conseguentemente trasferite dallo Stato alle regioni.
Al 30 settembre la fase di adozione delle leggi regionali non è praticamente iniziata, risultando approvate solo due leggi regionali di principi delle regioni Abruzzo e Veneto, una legge della Liguria in materia di servizi sociali ed una legge della Toscana istitutiva del Consiglio delle Autonomie locali. Alla stessa data risultano sottoposte al controllo governativo le deliberazioni legislative dell'Umbria (legge di principi per l'attuazione della legge n. 59 e istituzione del Consiglio delle autonomie locali) e della Toscana (attuazione complessiva del decreto n. 112).
Il termine ultimo per l'adozione delle leggi regionali scade il 6 novembre 1998.

2.3 Il trasferimento dei beni e delle risorse.
Il terzo passaggio del processo di decentramento si avrà con l'adozione, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 59, di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM), con cui si provvederà alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire nonché alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni ed enti locali. Ai sensi della legge n. 59 il trasferimento dei beni e delle risorse dovrà «comunque essere congruo rispetto alle competenze trasferite» e comportare «la parallela soppressione o
il ridimensionamento dell'amministrazione statale periferica, in rapporto ad eventuali compiti residui».
I decreti del Presidente del Consiglio dei ministri devono essere adottati con le scadenze temporali e le modalità stabilite dai singoli decreti legislativi di conferimento di funzioni.
Per quanto riguarda l'adozione dei DPCM nelle materie oggetto di conferimento, la situazione è la seguente:
per quanto riguarda il decreto legislativo n. 143 del 1997 in materia di agricoltura e pesca, entro i termini - scaduti al 31 dicembre 1997 - sono stati adottati unicamente due DPCM di modestissimo rilievo;
per quanto concerne il decreto legislativo n. 422 del 1997 in materia di trasporto pubblico locale i termini per l'attribuzione alle regioni delle risorse per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a FS s.p.a. nonché per i servizi marittimi ed aerei di interesse regionale sono scaduti il 30 giugno 1998, senza che alcun provvedimento sia stato adottato;
per quanto attiene al decreto legislativo n. 469 del 1997 in materia di mercato del lavoro, i termini per l'individuazione in via generale dei beni e delle risorse da trasferire alle regioni sono scaduti il 9 maggio 1998; il decreto attuativo è stato presentato alle Camere nel mese di settembre 1998. Per il concreto trasferimento dei beni e delle risorse il decreto legislativo ha previsto il termine del 7 settembre 1998; il DPCM in questione non è ancora stato presentato al Parlamento;
per quanto infine riguarda il decreto legislativo n. 112 del 1998, i termini per l'adozione dei DPCM scadono il 31 dicembre 1999. Termini più ravvicinati sono disposti per i DPCM di individuazione di beni e risorse relativi all'esercizio delle funzioni conferite in materia di sviluppo economico, da adottarsi entro il 30 novembre 1998,


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e per i DPCM di trasferimento di beni e risorse in materia di formazione professionale, da adottarsi entro il 6 novembre 1999. Al 30 settembre 1998 nessuno di tali DPCM è stato adottato.

Si noti che il decreto legislativo n. 112 ha opportunamente stabilito che la decorrenza dell'esercizio delle funzioni conferite è contestuale all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse e comunque tale decorrenza può essere graduata in modo da completare il trasferimento entro il 31 dicembre 2000.
Quindi, fintanto che non si realizzerà l'effettivo trasferimento delle risorse, il conferimento avviato dalla legge n. 59 non produrrà effetti concreti in capo alle amministrazioni destinatarie delle funzioni.

3. La riforma dell'amministrazione centrale.
Il secondo pilastro della riforma è costituito dalla riorganizzazione dell'amministrazione statale.
A tal fine la legge n. 59 delega il Governo a razionalizzare l'ordinamento della Presidenza del Consiglio e dei ministeri «anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo» «articolo 11, comma 1, lettera a, legge n. 59), nonché a riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dall'assistenza e previdenza, le istituzioni di diritto privato e le società per azioni, controllate dallo Stato, che operano nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale «lettera b) L'oggetto della delega si estende al riordino e potenziamento degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle pubbliche amministrazioni (lettera c) ed al riordino degli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica, nonché gli organismi operanti nel settore stesso (lettera d).
La riforma dell'organizzazione pubblica è strettamente correlata al decentramento delle funzioni amministrative. La logica dell'impianto riformatore è unica: decentrare a regioni ed enti locali tutte le funzioni che la legge non riserva espressamente allo Stato; successivamente riorganizzare l'amministrazione statale, centrale e periferica, basandosi sui compiti che residuano in capo a tale amministrazione. I tempi che la legge pone per le due riforme sono volutamente diversi: entro il 31 marzo 1998 il Governo ha dovuto adottare i decreti legislativi con cui trasferire funzioni amministrative dallo Stato alle regioni e agli enti locali; per la riorganizzazione dell'apparato centrale il termine è invece posto al 31 gennaio 999. Il decentramento pertanto comporterà l'alleggerimento delle funzioni statali, da cui dovrà discendere uno snellimento dell'apparato statale, con l'accorpamento e la soppressione dei ministeri le cui funzioni sono state in parte decentrate e con lo smantellamento, quasi totale, dell'amministrazione periferica dello Stato.
La delega è molto ampia ed ha un oggetto composito; l'attuazione datane alla data del 30 settembre 1998 è assai limitata.

3.1 La riforma della Presidenza del Consiglio e dei ministeri.
Per quanto concerne la razionalizzazione dell'ordinamento della Presidenza del Consiglio e dei ministeri (articolo 11, comma 1, lettera a), è stato adottato unicamente il decreto legislativo:
decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3 (Gazzetta Ufficiale 14 gennaio 1998, n. 10) riordino degli organi collegiali operanti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento dello Spettacolo.
Il decreto dispone l'accorpamento, la soppressione o lo snellimento della composizione di parecchi comitati, giunte o commissioni operanti presso il Dipartimento dello Spettacolo, uniformandone le norme di funzionamento, la durata in carica dei componenti ed i criteri per l'adozione di deliberazioni.


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Sono stati altresì trasmessi alle Camere per il necessario parere parlamentare due schemi di decreto legislativo, rispettivamente concernenti l'istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali e l'istituzione del Servizio consultivo ed ispettivo tributario (SECIT).
In particolare, il primo schema di decreto legislativo si propone di istituire il nuovo ministero, che nasce dall'accorpamento del ministero per i beni culturali ed ambientali con le strutture della Presidenza del Consiglio competenti in materia di spettacolo e sport. Il provvedimento organizza il nuovo ministero, articolandolo in non più di dieci uffici dirigenziali generali e prevedendo la figura del segretario generale; viene inoltre rafforzata l'amministrazione periferica del ministero, con la creazione delle soprintendenze regionali e con l'attribuzione di maggior autonomia alle principali soprintendenze.
Per quanto concerne l'attuazione della delega in oggetto, in data 28 luglio 1998 la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione che impegna il Governo ad adottare un unico decreto contenente il nuovo ordinamento dei ministeri; la risoluzione sottolinea infatti l'importanza di evitare che «il quadro di riforma sia frammentato da iniziative normative settoriali». La riforma dei ministeri dovrà perciò realizzarsi attraverso un intervento normativo unitario, che permetta di procedere ad accorpamenti, soppressioni e riordino di strutture, in ogni caso riducendo il numero complessivo dei ministeri.
Nell'attuazione della delega occorrerà infine superare il rigido modello ministeriale e introdurre modelli flessibili, ricorrendo a direzioni generali, dipartimenti ed agenzie a seconda delle necessità operative.
Si deve inoltre rilevare che la legge n. 59 (che modifica l'articolo 17 della legge n. 400 del 1988) delegifica ampiamente la materia dell'organizzazione e della disciplina degli uffici dei ministeri. L'articolo 13 della legge infatti affida al regolamento il riordino degli uffici di diretta collaborazione con i ministri e i sottosegretari di Stato (articolo 13, comma 1, lettera a), l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale (lettera b), la previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati (lettera c), l'indicazione e la revisione periodica della consistenza delle piante organiche (lettera d) e la previsione di decreti ministeriali per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (lettera e).
In attuazione del disposto dell'articolo 13 della legge, sono stati presentati al Parlamento i seguenti provvedimenti:
lo schema di regolamento concernente il nuovo ordinamento del ministero dei trasporti e della navigazione;
lo schema di regolamento di organizzazione del ministero per le politiche agricole.

3.2 Il riordino degli enti pubblici nazionali.
In attuazione della delega al riordino degli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dall'assistenza e previdenza e delle istituzioni di diritto privato e società per azioni, controllate dallo Stato, che operano nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale (articolo 11, comma 1, lettera b), il Governo ha adottato i seguenti provvedimenti:
decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 426 (Gazzetta Ufficiale 12 dicembre 1997, n. 289) trasformazione dell'Ente pubblico Centro sperimentale di cinematografia nella Fondazione «Scuola nazionale di cinema);
decreto legislativo 29 gennaio 1998, n. 19 (Gazzetta Ufficiale 11 dicembre 1998, n. 34) trasformazione dell'ente pubblico «La Biennale di Venezia» in persona giuridica privata denominata «Società di cultura La Biennale di Venezia»;
decreto legislativo 29 gennaio 1998 (Gazzetta Ufficiale 12 dicembre 1998,


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n. 35) trasformazione in fondazione dell'ente pubblico «Istituto nazionale per il dramma antico»;
decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134 (Gazzetta Ufficiale 8 maggio 1998, n. 105) trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate,
decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283 (Gazzetta Ufficiale 17 agosto 1998, n. 190) istituzione dell'Ente tabacchi italiani.

I primi quattro decreti trasformano gli enti pubblici oggetto dell'intervento in soggetti di natura giuridica privata (fondazioni), pur mantenendo aspetti propri di un ente pubblico per quanto concerne la composizione degli organi, il controllo della Corte dei conti e la contribuzione ordinaria dello Stato.
Per quanto concerne l'ultimo decreto, esso istituisce l'Ente tabacchi italiani come ente pubblico economico, cui sono attribuite le attività produttive e commerciali già svolte dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, con esclusione dell'attività inerenti il lotto e le lotterie.
- stato inoltre presentato al Parlamento uno schema di decreto legislativo in materia di razionalizzazione delle norme concernenti l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).

3.3 I meccanismi di monitoraggio e valutazione dei costi.
Nessun decreto è stato sinora adottato in materia di riordino e potenziamento degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle pubbliche amministrazioni (articolo 11, comma 1, lettera c).

3.4 Il riordino del settore della ricerca scientifica.
Per quanto invece attiene al settore della ricerca scientifica e tecnologica (articolo 11, comma 1, lettera d), il Governo ha emanato il:
decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204 (Gazzetta Ufficiale 1998, n. 151) disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica.
Il decreto individua la sede di indirizzo strategico e di coordinamento della politica nazionale della ricerca (il cosiddetto «cervello del sistema»), prevede organismi e strumenti per la valutazione della ricerca, riordina gli organi consultivi e la programmazione dei flussi finanziari.
Alla data del 30 settembre sono stati inoltre presentati alle Camere tre schemi di decreto legislativo, concernenti la riforma dell'ENEA, la riforma dell'Agenzia spaziale italiana (ASI) ed il riordino del Consiglio nazionale delle Ricerche (CNR).

3.5 I decreti correttivi.
La legge n. 59 prevede inoltre una delega al Governo per adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti adottati ai sensi dell'articolo 11, comma 1, ulteriori decreti legislativi contenenti disposizioni correttive ed integrative.
In attuazione di tale delega il Governo ha presentato alle Camere uno schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive e integrative ai decreti legislativi n. 426 del 1997 (Scuola nazionale di cinema), n. 3 del 1998 (Organi collegiali del Dipartimento per lo spettacolo), n. 19 del 1998 (Biennale di Venezia), n 20 del 1998 (Istituto nazionale per il dramma antico) , n. 134 del 1998 (Enti lirici).

4. La riforma del pubblico impiego.
Terzo ambito della riforma è la disciplina del lavoro pubblico.
La legge n. 59, all'articolo 11, comma 4, ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni.
Il termine per l'esercizio della delega, originariamente previsto per il 31 dicembre 1997, è stato successivamente differito


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al 31 marzo 1998 dalla legge n. 127 del 1997 ed infine ulteriormente spostato al 31 ottobre 1998 dalla legge n. 191 del 1998.
Alla data del 30 settembre 1998, la delega è stata attuata attraverso due decreti legislativi:
decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396 (Gazzetta Ufficiale 14 novembre 1997, n. 266), modificazioni decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in materia di contrattazione collettiva e di rappresentatività sindacale nel settore del pubblico impiego;
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Gazzetta Ufficiale 8 aprile 1998, n. 82), nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa.

Il decreto legislativo n. 396 stabilisce i livelli, le procedure e le disponibilità finanziarie della contrattazione collettiva nel pubblico impiego; riordina e potenzia l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), con l'individuazione delle procedure attraverso cui le pubbliche amministrazioni rappresentate esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'Agenzia. Il decreto stabilisce infine i criteri per determinare la rappresentatività sindacale ai fini dell'attribuzione dei diritti sindacali e dell'esercizio della contrattazione collettiva.
Il decreto legislativo n. 80 del 1998 completa il processo di contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, avviato con il decreto legislativo n. 29 del 1993.
Il decreto estende la privatizzazione del rapporto di lavoro anche alla dirigenza pubblica, rimanendone esclusi solamente i magistrati, gli avvocati ed i procuratori dello Stato, il personale militare nonché quello delle carriere diplomatica e prefettizia.
Della dirigenza viene inoltre notevolmente rafforzato il ruolo manageriale: al dirigente generale compete la piena responsabilità delle proprie strutture, con la completa gestione di un budget di spesa, determinato con riferimento agli obiettivi che la struttura deve perseguire. Al dirigente generale spetta attribuire gli incarichi dirigenziali all'interno della propria struttura: in tal modo gli è data la piena disponibilità delle risorse, che deve impiegare al meglio per raggiungere gli obiettivi prefissati; in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo egli ne è quindi pienamente responsabile. Anche per i dirigenti dello Stato, come già avveniva per quelli degli enti locali, vale il principio della temporaneità del conferimento degli incarichi; alla scadenza del termine il dirigente potrà essere confermato o rimosso, in base alle performances della propria gestione.
Per alcuni incarichi dirigenziali di altissimo livello (i segretari generali dei Ministeri e i capi delle strutture che sono articolate al loro interno in direzioni generali) è stato previsto che essi possono essere confermati o revocati nel loro incarico entro novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. La norma si applica a casi limitati, in cui il livello di responsabilità connesso all'ufficio richiede che sussista un rapporto fiduciario tra i titolari dell'ufficio ed il Governo in carica, posto che nelle mani dei dirigenti preposti a tali uffici risiede gran parte della responsabilità dell'attuazione del programma di Governo.
Un altro aspetto significativo della riforma consiste nel passaggio, a partire dal mese di luglio 1998, sotto la giurisdizione del pretore del lavoro delle controversie in materia di pubblico impiego, con riferimento a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro a partire da tale data; le controversie relative a questioni anteriori restano nella giurisdizione del giudice amministrativo sino al 15 settembre 2000 (articolo 45, 17o comma). Questo periodo di moratoria nel quale al giudice civile saranno dirottate soltanto le cause insorte per questioni poste successivamente al io luglio 1998, restando l'altra parte del contenzioso al giudice amministrativo,


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è giustificato dall'esigenza di attendere la riforma della giurisdizione civile segnatamente sul punto relativo alla giurisdizione del giudice unico.
Sul versante della tutela, il decreto n. 80 contiene anche una importante normativa, fortemente innovativa: attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di servizi pubblici, urbanistica ed edilizia.
In virtù di questa normativa, quindi, gran parte della riforma del pubblico impiego è ormai consegnata alla contrattazione collettiva; in particòlare sarà la nuova tornata contrattuale che interessa i vari comparti del pubblico impiego a dover costruire una nuova disciplina dell'impiego pubblico, che consenta di avere strutture efficienti, competitive con gli standards europei ed al servizio dei cittadini.
In applicazione delle nuove regole è stata aperta la contrattazione nei vari comparti, che ha portato alla sigla di preintese nei comparti regioni-autonomie locali, ministeri ed enti pubblici non economici. Sono stati inoltre definiti i comparti di contrattazione; è stato fatto l'accordo dirigenti, accorpandoli in un'unica area dirigenziale ed è stata avviata la misurazione della rappresentatività, che porterà all'elezione, nei mesi di ottobre e novembre, delle rappresentanze unitarie del personale (RSU).
Per quanto attiene al comparto regioni-autonomie locali, la preintesa per la revisione dell'ordinamento professionale del personale, siglata l'8 luglio 1998, supera il precedente sistema di inquadramento basato sulla qualifica funzionale e introduce un nuovo sistema di classificazione del personale articolato in quattro categorie (A, B, C e D). Per il personale della categoria D è prevista l'istituzione di un'«area delle posizioni organizzative», che in sostanza assume i contenuti qualificanti dell'area quadri del lavoro privato, pur non avendone lo stesso carattere di stabilità. La progressione economica all'interno di ciascuna categoria non segue meccanismi automatici, ma si basa su giudizi del dirigente adottati sulla base di alcuni criteri generali (esperienza acquisita, risultati ottenuti, interventi formativi e di aggiornamento, impegno e qualità della prestazione individuale). La promozione ad un'altra categoria è basata su procedure selettive, cui è consentita la partecipazione del personale interno anche prescindendo dai titoli di studio ordinariamente previsti per l'accesso dall'esterno. In ogni ente sono inoltre adottate metodologie permanenti per la valutazione delle prestazioni dei dipendenti, anche ai fini della progressione economica: la valutazione è effettuata con cadenza periodica dal dirigente ed è tempestivamente comunicata al dipendente.
Per quanto attiene al comparto ministeri, il 26 luglio 1998 è stata Sottoscritta una prima intesa sul sistema di classificazione del personale, con accorpamento delle attuali nove qualifiche funzionali in tre aree (A, B e C), nonché istituzione nell'area C di una separata area dei professionisti dipendenti, in cui confluiscono i lavoratori che espletano un'attività che richiede, in base alla laurea, l'abilitazione all'esercizio della professione e/o l'iscrizione ad albi professionali. Nell'ambito dell'area C le amministrazioni possono conferire ai dipendenti ivi inseriti incarichi che1 pur rientrando nell'ambito delle funzioni di appartenenza, richiedano lo svolgimento di compiti di elevata responsabilità, che comportano l'attribuzione di una specifica indennità.
L'accesso dall'esterno avviene tramite procedure concorsuali pubbliche, mentre i passaggi interni tra le diverse aree avvengono attraverso procedure selettive volte all'accertamento dell'idoneità o della professionalità richiesta, previo superamento di corso-concorso. I passaggi dei dipendenti da una posizione all'altra all'interno dell'area avverrà mediante percorsi di qualificazione e aggiornamento professionale, con esame finale.
Per il comparto enti pubblici non economici è stata siglata, il 30 luglio 1998, una preintesa che concerne il sistema di classificazione del personale (anche qui le attuali nove qualifiche funzionali sono accorpate in tre aree professionali). L'accordo


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disciplina, in modo simile a quello del comparto ministeri, l'accesso alle amministrazioni dall'esterno ed i passaggi interni tra le diverse aree e all'interno delle singole aree, nonché i meccanismi di progressione economica.
Si noti infine che la legge n. 191 del 1998 ha sottratto alla Commissione bicamerale per la riforma amministrativa la competenza ad esprimere i pareri sui decreti adottati in attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 4. Pertanto i futuri decreti attuativi della predetta delega saranno Sottoposti ai pareri delle commissioni permanenti di Camera e Senato, competenti per materia.

5. La semplificazione.
Punto cruciale dell'impianto riformatore è rappresentato dalla semplificazione dell'azione amministrativa e dei rapporti tra amministrazione e cittadini. Si riprende così un processo riformatore già avviato con la legge n. 241 del 1990 in tema di disciplina del procedimento e connessi istituti di semplificazione, nonché con la successiva legge n. 537 del 1993.
La legge n. 59, all'articolo 20, si propone di perseguire la semplificazione attraverso la delegificazione di procedimenti amministrativi, ossia attraverso il passaggio da una disciplina dettata quasi per intero dalla legge ad una disciplina di fonte regolamentare.
La legge dispone che il Governo presenti alle Camere, entro il 31 gennaio di ogni anno, un disegno di legge per la delegificazione di norme concernenti provvedimenti amministrativi; la stessa legge deve inoltre contenere le norme di delega o di delegificazione necessarie per la compilazione di testi unici.
Per quanto attiene la fase di prima attuazione della legge n. 59, la stessa legge comprende in allegato un elenco -successivamente ampliato dalla legge n. 191 del 1998 - di 112 procedimenti amministrativi che devono essere semplificati, sostituendo alla vecchia disciplina, fondata su diverse leggi stratificatesi nel tempo, una nuova disciplina di rango regolamentare che risponda ai seguenti principi: riduzione del numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni che intervengono nel procedimento, riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti, riduzione del numero dei procedimenti amministrativi e accorpamento di quelli che si riferiscono alla medesima attività, accelerazione delle procedure di spesa e contabili, soppressione dei procedimenti che risultino non più rispondenti alle finalità ed agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione di settore, soppressione dei procedimenti che comportino per l'amministrazione e per i cittadini costi più elevati dei benefici conseguibili. La legge prevede inoltre che vengano emanati regolamenti per disciplinare i procedimenti nelle materie relative allo sviluppo e programmazione del sistema universitario «articolo 20, comma. 8, lettera a), alla composizione e funzioni degli organismi collegiali di rappresentanza del sistema universitario (lettera b), agli interventi per il diritto allo studio (lettera c), al conseguimento del titolo di dottore di ricerca (lettera d), alle procedure per l'assegnazione da parte delle università di eredità1 donazioni e legati (lettera e).
In attuazione delle predette norme, il Governo ha presentato al Senato il 7 settembre 1998 un disegno di legge di «Delegificazione e codificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi-legge di semplificazione 1998» (A.S. 3506).
Quanto alla delegificazione dei vari procedimenti individuati dalla legge, sono stati adottati i seguenti provvedimenti:
in attuazione di articolo 20, comma 8, lettera a):
decreto del Presidente della Repubblica 27.01.98, n. 25 (Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 1998, n. 39), regolamento concernente lo sviluppo e la programmazione del sistema universitario, nonché i comitati regionali di coordinamento;
in attuazione di articolo 20, comma 8, lettera b):
decreto del Presidente della Repubblica 2.12.97, n. 491 (Gazzetta Ufficiale


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22 gennaio 1998, n. 17), regolamento recante istituzione del Consiglio nazionale degli studenti universitari;
in attuazione di articolo 20, comma 8, lettera c):
decreto del Presidente della Repubblica 25.07.97, n. 306 (Gazzetta Ufficiale 16 settembre 1997, n. 216), regolamento recante disciplina in materia di contributi universitari;
in attuazione di articolo 20, comma 8, lettera d):
decreto del Presidente della Repubblica 03.10.97, n. 386 (Gazzetta Ufficiale 7 novembre 1997, n. 260), regolamento recante la disciplina per l'approvazione degli atti dei concorsi per ricercatore universitario;
decreto del Presidente della Repubblica 03.10.97, n. 387 (Gazzetta Ufficiale 7 novembre 1997, n. 260), regolamento recante disciplina delle procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca.

Per quanto attiene ai procedimenti indicati nell'allegato 1 della legge, sono stati adottati i seguenti regolamenti:
decreto del Presidente della Repubblica 13.07.98, n. 367, regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di presa in consegna di immobili e compiti di sorveglianza sugli immobili demaniali [procedimento n. 6];
decreto del Presidente della Repubblica 12.01.98, n. 37 Disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi [procedimento n. 14];
decreto del Presidente della Repubblica 02.12.97, n. 509 (Gazzetta Ufficiale 18.02.98, n. 40), Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto [procedimenti nn. 21 e 76];
decreto del Presidente della Repubblica 28.04.98, n. 351, Semplificazione dei procedimenti in materia di cessazione dal servizio e trattamento di quiescenza del personale della scuola [procedimento n. 35];
decreto del Presidente della Repubblica 10.11.97, n. 514 (Gazzetta Ufficiale 13.03.98, n. 60), Regolamento recante disciplina del procedimento di autorizzazione alla produzione, commercializzazione e deposito di additivi alimentari [procedimento n. 44];
decreto del Presidente della Repubblica 13.11.97, n. 519 (Gazzetta Ufficiale 24.03.98, n. 69), Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla produzione e al deposito della margarina e dei grassi idrogenati alimentari [procedimento n. 80];
decreto del Presidente della Repubblica 11.02.98, n. 53 (Gazzetta Ufficiale 23.03.98, n. 68), Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica che utilizzano fonti convenzionali [procedimento n. 87].

Sono stati inoltre presentati al Parlamento i seguenti schemi di regolamento:
decreto del Presidente della Repubblica, Semplificazione del procedimento di concessione ai comuni di un contributo per le spese di gestione degli uffici giudiziari [procedimento n. 2];
decreto del Presidente della Repubblica, Regolamento di semplificazione del riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto [procedimento n. 17];
decreto del Presidente della Repubblica, Semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale [procedimento n. 22];


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decreto del Presidente della Repubblica, Schema di regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione di impianti produttivi, per il loro ampliamento, ristrutturazione e riconversione, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi [procedimenti nn. 26, 42, 43 e 50];
decreto del Presidente della Repubblica, Schema di regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi alla detenzione e commercializzazione di sostanze zuccherine [procedimento n. 82];
decreto del Presidente della Repubblica, Schema di regolamento per la semplificazione delle procedure relative alla composizione ed al funzionamento delle commissioni provinciali per l'artigianato e all'iscrizione, modificazione e cancellazione all'Albo delle imprese artigiane [procedimento n. 96];
decreto del Presidente della Repubblica, Schema di regolamento concernente modifiche ed integrazioni al testo unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture di cui al decreti legislativo 24.07.92, n. 358 [procedimento n. 103];
decreto del Presidente della Repubblica, Schema di regolamento per la semplificazione dei procedimenti per l'iscrizione all'Albo nazionale dei costruttori [procedimento n. 107];
decreto del Presidente della Repubblica, Semplificazione dei procedimenti riguardanti l'erogazione dei fondi destinati alla formazione professionale ed allo sviluppo [procedimento n. 112].

La legge prevede che sugli schemi di tutti i regolamenti venga acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.
Dal succitato elenco appare evidente l'esiguità del numero dei procedimenti semplificati: sui 112 procedimenti previsti dalla legge n. 59, alla data del 30 settembre 1998 risultano pubblicati solo sette regolamenti, mentre altri nove schemi di regolamento sono stati sottoposti al parere parlamentare. L'estrema lentezza con cui si procede alla delegificazione è spiegabile sia con l'entità del lavoro occorrente per riordinare una legislazione frammentaria, sovrappostasi negli anni senza ordine alcuno, sia con la scarsità delle risorse umane da adibire a tale compito. Appare pertanto irrinunciabile che nel disegno di legge annuale di semplificazione vengano prevista la possibilità per il Governo di acquisire le risorse indispensabili per svolgere questa enorme mole di lavoro.
Altro rilevante strumento di semplificazione per il mondo delle imprese consiste nella realizzazione dello sportello unico per le attività produttive, disciplinato dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 112 del 1998. La norma attribuisce ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessione, la riattivazione e la localizzazione degli impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie. Presso ogni comune questa funzione sarà svolta da un'unica struttura amministrativa, presso la quale sarà istituito lo sportello unico, cui le imprese o i cittadini potranno rivolgersi. Il procedimento per l'autorizzazione all'insediamento delle attività produttive sarà disciplinato da un unico regolamento, con grande risparmio di tempi ed oneri per le imprese.
Lo schema di regolamento istitutivo dello sportello unico è stato presentato il 13 luglio 1998 al Parlamento.

6. L'autonomia scolastica.
La legge n. 59, in una logica di riforma complessiva della pubblica amministrazione, non trascura di riformare sia il settore della ricerca scientifica - come si è visto al par. 3 sia il settore della scuola.
L'articolo 21 della legge avvia un processo per il conferimento dell'autonomia


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alle istituzioni scolastiche ed agli istituti educativi.
Anche nel mondo della scuola si apre quindi un processo di decentramento: le funzioni svolte dal Ministero della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche. Ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria viene estesa la personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e degli istituti d'arte.
La legge stabilisce che con regolamento siano determinati i requisiti dimensionali ottimali per l'attribuzione alle istituzioni scolastiche della personalità giuridica. La personalità giuridica e l'autonomia saranno quindi attribuite alle istituzioni scolastiche a mano a mano che esse, anche unificandosi tra loro, raggiungeranno i predefiniti requisiti dimensionali, attraverso piani di dimensionamento della rete scolastica e comunque non oltre il 31 dicembre 2000.
Alle istituzioni scolastiche che abbiano conseguito la personalità giuridica è attribuita autonomia organizzativa, didattica e di ricerca. Contestualmente all'acquisto della personalità giuridica e dell'autonomia da parte della propria istituzione scolastica, ai capi d'istituto è conferita la qualifica dirigenziale.
In attuazione di questo vasto progetto di riforma scolastica, il Governo ha adottato i seguenti provvedimenti:
il decreto del Presidente della Repubblica 18.06.98, n. 233 (Gazzetta Ufficiale 16.07.98, n. 164), Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali di istituto;
il decreto legislativo 06.03.98, n. 59 (Gazzetta Ufficiale 26.03.98, n. 71), Disciplina della qualifica dirigenziale dei capi di istituto delle istituzioni scolastiche autonome.

La competenza ad esprimere i pareri sui citati regolamenti governativi spetta alle Commissioni parlamentari competenti per materia.

7. Considerazioni conclusive.
7.1. L'attuazione della delega di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59 ha evidenziato alcuni problemi, nell'ambito dell'esperienza di questa Commissione, che è opportuno segnalare. Innanzitutto l'esigenza stessa di utilizzare lo strumento della delega per un'operazione di riforma tanto complessa è apparsa confermata dall'esperienza. Infatti, proprio lo strumento della delega ha consentito di pervenire, in tempi ragionevolmente brevi, all'adozione di atti normativi primari di contenuto tanto complesso sia sotto il profilo tecnico che politico-amministrativo.
Un utilizzo così ampio dello strumento della delega rende indispensabile che il Parlamento sia pienamente inserito nel processo legislativo delegato attraverso istanze rappresentative e con possibilità di intervento significative. La scelta del legislatore di affidare a questa Commissione bicamerale il compito di esprimere i pareri parlamentari indubbiamente è stato utile perché ha consentito di riunire in un'unica istanza la pluralità delle voci espresse dalle diverse Commissioni permanenti delle due Camere, che altrimenti sarebbe stato necessario ascoltare.
Si è posto tuttavia un problema di rapporti tra questa Commissione e le Commissioni permanenti, problema che è stato risolto sul piano informale, attraverso puntuali e tempestivi contatti con i Presidenti ed i colleghi delle Commissioni permanenti di Camera e Senato; nell'ambito della Camera dei deputati, mediante la decisione del Presidente, di consentire alle Commissioni permanenti di esprimere a questa Commissione le loro osservazioni sui singoli testi in tempi congrui con riferimento a quelli stabiliti dalla legge per l'espressione del parere parlamentare (nota del Presidente della Camera in data 26 marzo 1998). Questi contatti, sia di carattere informale che formalizzati nell'espressione di queste osservazioni, hanno


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sempre dato ottimi frutti consentendo a questa Commissione di conoscere opinioni e valutazioni, che sempre sono state tenute nella massima considerazione.
Nell'ambito della Commissione la funzione consultiva è stata esercitata secondo la procedura delineata dal Presidente della Camera con nota in data 24 giugno 1997. Secondo questa procedura, la proposta di parere, presentata dal relatore, può essere emendata su proposta di ciascun membro della Commissione. Gli emendamenti vengono sottoposti a discussione e votazione. Le proposte emendative, che si configurano come alternative rispetto alla proposta di parere, perché nella sostanza con essa incompatibili, sono presentate e poste in discussione come proposte di parere alternativo e vengono sottoposte a votazione solo nel caso in cui non sia approvata la proposta del relatore.
Questa procedura, seguita dalla Commissione, ha consentito il reale coinvolgimento delle opposizioni, che è poi la ratio dell'istituzione parlamentare, nel procedimento consultivo.
Appare opportuno segnalare che testi di grande importanza, passati all'esame della Commissione, come ad esempio il decreto legislativo sul commercio, sono stati approvati in sede consultiva con il voto quasi unanime della Commissione.
7.2. La procedura di adozione dei decreti legislativi risulta dalla nota dei Presidenti delle Camere al Presidente del Consiglio dei ministri in data 12 febbraio 1998.
La bozza di decreto approvata dal Governo viene inviata alle Camere, che devono esprimere il parere nei termini di legge; il Governo, nell'adottare il testo finale del decreto, può portare al testo stesso tutte le modifiche che ritenga opportune nell'ambito di quelle indicate nel parere parlamentare.
Viceversa non è consentito al Governo apportare modifiche diverse ed ulteriori rispetto a quelle contenute nel parere parlamentare (nota al Presidente del Consiglio dei ministri dei Presidenti della Camere del 12 febbraio 1998). Modifiche diverse ed ulteriori, che il Governo intenda apportare allo schema di decreto legislativo, devono essere nuovamente comunicate al Parlamento, al fine di acquisire il relativo parere su di esse.
Ulteriore problema si pone laddove, oltre ai pareri parlamentari sono richiesti pareri di organi esterni quali, ad esempio, quelli della Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie, ovvero del Consiglio di Stato. Su questo punto la prassi seguita nella prima fase di attuazione della delega è stata piuttosto confusa ed improvvisata. Successivamente la questione risulta chiarita nel senso che il parere parlamentare previsto dalla legge venga espresso per ultimo, anche sulla base degli altri pareri necessari. Ne deriva che al Parlamento devono essere previamente comunicati questi ultimi in tempo utile per consentire l'espressione del parere parlamentare (nota al Presidente del Consiglio dei Presidenti della Camere del 12 febbraio 1998).
Evidentemente ci si trova di fronte ad un modello di elaborazione legislativa cui partecipa sia il Governo che il Parlamento. Detto modello sicuramente modifica l'originario concetto della delega legislativa, come quella affidata all'esclusiva responsabilità dell'Esecutivo. Questa trasformazione dell'istituto si è resa necessaria a seguito dell'ampio utilizzo che di essa viene fatto in settori di così rilevante importanza per il governo del Paese.
7.3. I termini per l'espressione del parere parlamentare sono stati in genere rispettati, salvo particolari casi nei quali la concomitanza di altri lavori in sede parlamentare, ovvero fattori esterni, non lo hanno consentito. In questi casi il Governo è stato avvertito in tempo utile dell'impossibilità del rispetto dei termini e, in conseguenza, ha sempre atteso l'espressione del parere parlamentare, ancorché fuori termine, per l'adozione del decreto governativo.
Nel complesso si è potuto constatare un rapporto collaborativo molto stretto tra Parlamento e Governo nell'elaborazione


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dei decreti, il cui testo finale si è, nella maggior parte dei casi, conformato agli indirizzi emersi dai pareri della Commissione.
Alcuni casi, in cui si sono verificati significativi scostamenti, sono stati giustificati dal fatto che in essi il Governo ha recepito pareri di altre Commissioni, come ad esempio il parere della Commissione bicamerale per le questioni regionali, in attuazione di cui al Capo I della legge n. 59, ovvero di organi esterni quali la Conferenza Stato-regioni, ai quali la stessa legge ha demandato il compito di esprimersi. A volte, come al momento dell'adozione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, la scadenza ravvicinata del termine non ha consentito al Governo il pieno recepimento degli indirizzi della Commissione, ma tuttavia quest'ultimo si è impegnato a tenerne conto in sede di emanazione dei decreti correttivi ed integrativi.
7.4. Nel lungo periodo di attuazione della delega sono emersi dei problemi di coordinamento a fronte di iniziative legislative ordinarie del Parlamento o dello stesso Governo, improntati a principi differenti rispetto a quelli della delega ed operanti sui medesimi oggetti o su oggetti strettamente connessi. Così ad esempio, nel mentre si dava attuazione al capo I della legge n. 59 ispirata, come è noto, a principi di forte decentramento, si sono assunte iniziative legislative improntate a principi centralistici confliggenti con i primi.
Sul punto, mentre ovviamente non si può suggerire alcun rimedio di carattere formale stante la sovranità del legislatore, sarebbe tuttavia opportuno introdurre strumenti di coordinamento e di monitoraggio del lavoro parlamentare (ad esempio, valorizzare i pareri che la Commissione esprime a norma dei regolamenti della Camera e del Senato), che possano consentire una rapida segnalazione di questi momenti di contrasto tale da indurre le Commissioni competenti a pause di riflessione od alla modificazione delle iniziative intraprese.
7.5. La delega del Capo II della legge 59 relativa all'organizzazione dovrebbe seguire un'impostazione unitaria tale da consentire un nuovo disegno dell'organizzazione pubblica complessivamente intesa, evitando duplicazioni tra strutture, la presenza di strutture inutili od operanti in settori di amministrazione regionale, e consentendo l'adozione di modelli organizzativi omogenei per strutture dello stesso tipo e così via. A tal fine questa Commissione ha inteso approvare alcuni specifici indirizzi al Governo intesi a che vengano adottati: un decreto riguardante il nuovo ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri per il riordino della relativa disciplina organizzativa ed alla razionalizzazione delle funzioni in rapporto a quelle proprie dei singoli ministeri; un altro decreto legislativo concernente il nuovo ordinamento dei ministeri, il riordino della disciplina generale, la definizione del numero necessariamente ridotto e delle rispettive aree di attribuzione funzionale; tutto ciò nell'ambito di un quadro normativo unitario. Nello stesso senso la Commissione affari costituzionali della Camera ha adottato, in data 17 luglio 1998, una specifica risoluzione.
Tuttavia la delega del Capo II resta ancora inattuata se non per alcuni interventi strutturali concernenti singoli Enti. La Commissione sul punto ha sempre segnalato l'opportunità di tenere conto, anche nell'ambito di questi singoli interventi, di un disegno complessivo che in qualche caso, invero, è apparso carente.
7.6. A conclusione della prima relazione presentata alle Camere, la Commissione esprime, da una parte, profonda soddisfazione per il lavoro svolto dal Parlamento e dal Governo in stretta e proficua sinergia, nell'ambito di un'operazione di riforma dei pubblici apparati che può essere considerata una delle più ambiziose nell'ordinamento giuridico italiano; dall'altra, manifesta qualche preoccupazione sullo stato di attuazione dell'operazione di riforma che necessita, per il suo completamento, di una serie di


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adempimenti da parte di una pluralità di centri di governo, Stato centrale, regioni, autonomie territoriali e funzionali, che solo ora stanno muovendo i primi passi.
Si percepiscono, altresì, nella complessa realtà del nostro sistema sociale, resistenze di vario tipo da parte di organizzazioni di settore, sia sul versante della piena attuazione del decentramento che sul versante della semplificazione amministrativa e della riorganizzazione dello Stato.
La Commissione ribadisce il suo impegno nel processo di riforma ancora da completare ed auspica una forte determinazione in questa direzione da parte di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, nonché da parte degli enti locali, delle regioni e delle loro organizzazioni.
In un'operazione così difficile e di così rilevante impegno politico e giuridico, occorre il coinvolgimento di tutti coloro che credono veramente nella necessità della trasformazione e della modernizzazione degli apparati di Governo e del loro funzionamento per consentire al Paese di affrontare la sfida europea ed internazionale in condizione di parità con i Paesi più evoluti e per consentire ai semplici cittadini e alle loro famiglie, nonché alle imprese ed alle loro organizzazioni, una vita più facile, meno complicata e costosa, più adeguata alle esigenze di una società moderna.