Gli incontri cominciano alle 15,30.
Incontro con il prefetto di Palermo.
PRESIDENTE. Saluto a nome della Commissione il prefetto Francesco Lococciolo, che ringrazio per l'ottimo coordinamento svolto per questa missione in Sicilia. I tempi a nostra disposizione erano estremamente limitati ed il territorio regionale è certamente grande; tutto si è svolto comunque con la massima tempestività e precisione nei tempi previsti; rinnovo quindi i ringraziamenti al prefetto di Palermo e agli altri prefetti che hanno concorso alla buona riuscita della missione.
Al nostro interlocutore, che conosce i compiti e gli obiettivi della Commissione, chiediamo di illustrarci una panoramica della situazione nella regione. Ricordo che la Commissione d'inchiesta si recò a Palermo già nella passata legislatura. Vorremmo in particolare comprendere non tanto quale sia la situazione, come si dice, prima e dopo la cura, ma quale sia stata l'evoluzione registrata nel corso di questi anni rispetto a tutte le questioni inerenti alla gestione dei rifiuti, i compiti della regione e quelli delle amministrazioni provinciali e locali, nonché ovviamente ai traffici illeciti e agli aspetti attraverso cui si può rilevare o si rileva la presenza della criminalità organizzata.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Signor presidente, mi avvarrò di qualche appunto perché sono prefetto di Palermo solo da 48 ore.
PRESIDENTE. Noi contiamo sulla continuità della amministrazione.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Sicuramente, difatti non mi rifiuto, mi consentirete però di consultare qualche appunto. Tra qualche tempo magari potrò illustrare la situazione a braccio.
Per quanto riguarda la panoramica cui lei faceva riferimento, presidente, il piano di riordino relativo al territorio della provincia di Palermo prevede 13 comprensori per lo smaltimento dei rifiuti.
PRESIDENTE. Lei ha compiti di coordinamento per tutta la regione in questa materia?
FRANCESCOLO COCCIOLO, Prefetto di Palermo. In realtà i coordinatori sono due: uno per la parte occidentale ed uno per quella orientale, Catania e Palermo.
PRESIDENTE. D'accordo, le chiederei quindi di darci un quadro per la parte che riguarda i suoi compiti di coordinamento.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Devo dire, presidente, che non ho ancora iniziato a svolgere i miei compiti di coordinamento. Ho raccolto, attraverso la struttura della Prefettura, alcuni dati relativamente alla provincia, poiché credevo, a torto, di dover riferire solo su questo. Comunque, se lei ritiene, potrò farmi carico anche di quest'altra parte e inviare poi alla Commissione un documento al riguardo.
PRESIDENTE. D'accordo. Iniziamo comunque dalla provincia di Palermo; poi, man mano che lei prenderà maggiore familiarità con i suoi incarichi, svilupperemo il discorso.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Sono a disposizione.
Per la provincia di Palermo il piano regionale prevede, dicevo, 13 comprensori per lo smaltimento dei rifiuti. Di queste discariche comprensoriali al momento solo una è realizzata; si tratta di quella di Bellolampo, che ha avuto determinate vicissitudini; era saturata, poi è stata realizzata una terza vasca per 1 milione 500 mila metri cubi.
PRESIDENTE. Ricordo che era in discussione la possibilità di ampliare i lotti per le vasche verso l'area in cui si trova un poligono militare. Sa in che area sono stati ricavati questi ulteriori metri cubi?
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. No, ormai la vasca è realizzata; posso comunque accertare questo elemento e riferirlo poi alla Commissione.
PRESIDENTE. Rispetto alle esigenze del comprensorio di Palermo, sembrava possibile andare ad una trattativa con la difesa per ottenere spazi per lotti su cui allestire ulteriori discariche.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Adesso, con la nuova vasca, Palermo ed altri 8 comuni sono autosufficienti. Non mi viene segnalata una necessità di impellenza tale da dover approntare un ulteriore amplimento. Vi sarà tempo e necessità perché i rifiuti certo non diminuiscono; attualmente, però, i comuni della provincia di Palermo si avvalgono di 49 discariche provvisorie.
PRESIDENTE. Tutte ex articolo 12, attuale articolo 13?
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Sì. Si tratta di discariche provvisorie; ovviamente non so se si riuscirà a rispettare tale provvisorietà. Se la Commissione ritiene, per quanto riguarda l'attivazione delle discariche comprensoriali, potrò lasciare un appunto che indica il punto in cui i singoli progetti si sono fermati.
PRESIDENTE. Sarà certamente utile, anche perché tra pochi giorni sarà presentata un'indagine che la Commissione ha svolto presso tutti i comuni italiani proprio al fine di disporre di un quadro complessivo del problema. La situazione palermitana credo sia già, come si dice, in macchina, ma un ulteriore check sarà certamente utile.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Questi sono i progetti previsti dal piano; alcuni sono nella fase dell'appalto, altri in quella dell'affidamento ed altri ancora sono da realizzare.
Gli esercizi provvisori sono, dicevo, 49 di cui 3 in manutenzione. Ho già accennato a Bellolampo. I comuni di Palermo, Capaci, Carini, Ficarazzi, Isola delle Femmine, Monreale, Monte Lepre, Torretta e Villa Abate sono quelli che conferiscono nella discarica, oltre ai comuni di Altofonte, Bagheria, Santa Flava, Trabia e Termini Imerese.
Anche il modo in cui si è cercato di fronteggiare l'emergenza ha portato ad una situazione di provvisorietà. Nel 1997 - mi si riferisce - vi sono state delle tensioni, ma, attraverso la collaborazione tra prefettura, provincia, regione e comune di Palermo, per lo meno per quanto riguarda gli aspetti di ordine pubblico, queste sono state risolte.
PRESIDENTE. I comuni che ha indicato sono quelli che conferiscono i rifiuti a Bellolampo?
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Sì, è una discarica che presenta tutti i requisiti previsti per ricevere i rifiuti conferiti.
Non so se riferire poi alcuni casi di discariche per inerti, ad esempio quella nel comune di Terrasini, che è stata assegnata a quel comune dal Ministero delle finanze dopo provvedimenti di confisca. La gestione degli impianti continua ad essere affidata alla stessa azienda palermitana.
Per quanto riguarda la situazione delle discariche anomale, vi è la necessaria attenzione da parte degli organi di polizia, ma si tratta prevalentemente di piccole discariche, come quelle che si possono spesso vedere agli angoli delle strade. Non vi è quindi una organizzazione; si tratta più che altro di esempi di cattiva educazione o di piccola illegalità; residui delle lavorazioni edilizie, qualche frigorifero o scaldabagni gettati per strada.
Per quanto riguarda invece i rifiuti tossici, la discarica di Monreale, che era gestita dalla ditta Ecol-it, ha cessato. Si trattava di una ditta che aveva l'autorizzazione per la trasformazione di scarti di animali, che ha però cessato l'attività. Mi si riferisce che dagli accertamenti effettuati non risulterebbero dal 1997 anomalie dei valori radiometrici. Comunque, allo stato attuale, in questa discarica di rifiuti tossici non viene più conferito alcun rifiuto. Nel comune di Campofelice di Roccella, la ditta "La Cinque" ha invece un impianto di stoccaggio di fanghi che provengono dal polo petrolchimico di Priolo, in provincia di Siracusa. Anche questa ha avuto varie vicissitudini, anche per il passaggio delle competenze dopo il decreto Ronchi; prima aveva avuto una autorizzazione o per lo meno il non divieto di proseguire l'attività da parte dell'assessorato regionale; adesso se ne occupa la provincia, con il laboratorio di igiene e profilassi della USL e dalle ultime verifiche mi si dice che il rifiuto non è risultato pericoloso.
Per quanto riguarda l'attività di contrasto alla criminalità organizzata, la prefettura ha in corso una procedura, iniziata con la richiesta a tutti i comuni di precisare se intrattenessero rapporti privati con ditte cui era demandato lo specifico del trattamento dei rifiuti. Trentacinque comuni hanno risposto positivamente nel senso che hanno tali rapporti contrattuali con privati. Avute queste notizie, da parte della prefettura sono stati incaricati gli organi di polizia di verificare se eventualmente tra questi rapporti ve ne fosse qualcuno non legittimo o comunque riferibile ad attività di natura mafiosa. Nello stesso campo, oltre ai nuclei speciali dei carabinieri (NOE), il centro della Criminalpol della Sicilia occidentale ha un piccolo nucleo di ispettori, il che aumenta le possibilità di accertamento nel campo.
Per quanto riguarda le operazioni di polizia giudiziaria, ve ne è stata una nel 1995 che ha portato alla denuncia per associazione a delinquere e disastro doloso. Sette casi sono stati deferiti all'autorità giudiziaria dopo che vi era stato un contatto con un collaboratore di giustizia che aveva segnalato alcuni nomi, per cui l'indagine è passata alla procura della Repubblica.
Ho avuto degli scambi con le procure della Repubblica, nei limiti in cui un prefetto può farlo, perché nel momento in cui inizia un'azione penale vi è il limite del segreto istruttorio e gli organi giudiziari e gli agenti di polizia giudiziaria riferiscono al magistrato.
Rispetto a situazioni come quella della Campania che riguardano organizzazioni a largo raggio, di sostanza patrimoniale determinante, posso dire che in Sicilia, per la sua ubicazione, vi sono difficoltà a far arrivare rifiuti tossici provenienti da altre regioni d'Italia. Tale aspetto, in un certo senso salvaguarda il territorio da questa ipotesi criminale. Chiaramente anche in Sicilia si producono rifiuti tossici e vi è una certa attenzione rispetto al loro conferimento e alla loro destinazione.
Dico questo in linea generale, ma la Commissione sicuramente avrà modo di approfondire il tema presso le procure della Repubblica e gli organi accertatori. Ho parlato anche con il questore di queste preoccupazioni.
Provengo dalla Toscana, dove il fenomeno del transito, del conferimento e della scoperta di discariche ha un certo substrato e una certa consistenza.
Spero di potere tra qualche tempo essere più preciso e completo, anche relativamente ad un mio personale giudizio, che in questo momento non mi è possibile esprimere per i motivi che ho esposto. Posso comunque lasciare agli atti della Commissione le notizie di cui dispongo, anche se mi rendo conto che da un prefetto ci si aspetta qualcosa di più a livello di giudizio o di ipotesi.
PRESIDENTE. La ringrazio.
La Commissione nel corso di questa prima visita in Sicilia si è già formata alcune idee, ma ritengo che sarà utile una nostra ulteriore presenza nella regione per valutare meglio una serie di situazioni.
Posso già dirle, circa i compiti che la riguardano, che l'attenzione nei confronti dei rifiuti pericolosi deve essere particolarmente sottolineata perché in Sicilia, in particolare nella parte orientale (penso all'area di Priolo e Gela), vi sono molte aziende che producono rifiuti pericolosi. La Sicilia è una regione produttrice di rifiuti pericolosi e da quanto risulta alla Commissione, anche sulla base di indagini specificatamente disposte, la fine di questi rifiuti è in larga misura sconosciuta. Ciò significa che riusciamo a capire dove va a finire solo una piccola percentuale di queste sostanze. Poiché la Sicilia non ha discariche attive in grado di ospitare rifiuti pericolosi, ci attenderemmo che presso le capitanerie di porto o comunque presso i transiti verso il continente esistessero documentazioni in grado di farci capire dove vanno a finire questi rifiuti. Così non è e ciò legittima il sospetto più che fondato che gran parte dei rifiuti sia smaltita in modo illegale proprio nel territorio siciliano. Questa non è un'opinione ma è un dato sul quale richiamiamo l'attenzione di tutte le autorità preposte, a cominciare dai prefetti.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Su questo versante vi sono iniziative dell'autorità giudiziaria. La preoccupazione è che vi sia un punto di partenza ma non un punto di arrivo dei rifiuti. Questo aspetto è già all'attenzione ed ho chiesto di saperne di più. Se voi ci farete l'onore di tornare in Sicilia, oppure se avrò l'occasione di venire io a Roma, spero di riaffrontare la questione.
Non vorrei essere frainteso, per cui preciso che la Sicilia difficilmente è un punto di arrivo di prodotti provenienti da altre parti, però non so quanta parte dei rifiuti tossici che produce vada dove deve andare. Questo è il punto da accertare.
PRESIDENTE. Noi abbiamo una certezza che può essere smentita solo da dati di fatto e cioè che più del 90 per cento dei rifiuti pericolosi prodotti in Sicilia non esce dalla regione, a meno che ciò non avvenga in maniera del tutto illegale e clandestina. Di questo non abbiamo documentazione, che invece abbiamo del fatto, emerso dall'indagine - che prima le ricordavo - svolta presso le capitanerie di porto (ora la faremo anche presso le Ferrovie dello Stato), che solo poche migliaia di tonnellate di rifiuti rispetto alle 100 mila accreditate alla Sicilia escono dalla regione.
Per quello che riguarda la Sicilia come possibile terminale di smaltimento di rifiuti pericolosi, sospettiamo che vi sia un pregresso che ha visto la regione come terminale e non vorremmo che esso - della questione si occupa la pretura di Palermo: ascolteremo i magistrati - abbia una sua attualità e connessioni anche internazionali in quanto, in virtù della presenza della mafia, il territorio siciliano viene considerato di difficile controllo (penso alle aree del trapanese con caverne e grotte) per cui può essere sede di allocamento illegale di rifiuti pericolosi.
Queste sono le preoccupazioni che riteniamo di doverle far presenti.
Vi è poi un problema legato a certi rifiuti speciali, anche ospedalieri, che forse attiene alle competenze della prefettura di Catania. Sarebbe comunque utile fare un controllo su cosa passa per Messina per via ferroviaria e via nave, perché vi è un buco nero - che riguarda tutta l'Italia e non solo la Sicilia - sulla destinazione di certi rifiuti e di certi traffici. Abbiamo capito che attraverso il porto di Messina e i traghetti delle Ferrovie dello Stato passano molte cose: sarebbe interessante sapere quali.
PIERLUIGI COPERCINI. Se non sbaglio l'esperienza toscana del prefetto è maturata a Firenze.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. A Massa Carrara, Pisa e Firenze.
PIERLUIGI COPERCINI. Mi dispiace che non l'abbia maturata a Livorno, ma può essere interessante quella di Massa. Ha avuto sentore di traffici che potrebbero coinvolgere i porti di Livorno e di Massa con la Sicilia?
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Per quello di Livorno non lo so. Come è noto, il porto ha avuto un momento di paralisi, poi la compagnia portuale si è trasformata in Spa ed è riuscita a ribaltare la situazione.
Per quanto riguarda invece il porto di Carrara, posso dire che sono stato nella città quattro anni e mezzo, per cui ho atteso alla bonifica Farmoplant con l'inceneritore e la bruciatura del rogor e delle 60 mila tonnellate; ho ultimato la bonifica della Italiana coke ed ho avviato il primo lotto della bonifica della Enichem - che spero sia proseguita - che riguarda una situazione veramente tragica, perché vi sono non tracce ma depositi di diossina a tutti i livelli; neppure si sa quale sia stata l'aggregazione chimica delle sostanze che vennero ammucchiate nel soprassuolo in quelli che chiamano i "cumuli".
Al porto di Carrara ho dato molta importanza, però posso dire che non è un terminale attraverso cui passa qualcosa di diverso dal marmo. E' molto facile fare non solo un'indagine ma anche un rapporto fra carico e scarico, perché sia in esportazione sia in importazione a Carrara arrivano lapidei da tutto il mondo, dal Brasile, dall'India, che poi vengono "targati" Massa Carrara e aggregati nelle opere meravigliose della creatività italiana e toscana, per cui far passare qualcosa di diverso dal lapideo è un po' difficile.
Dà, invece, qualche preoccupazione il comprensorio di La Spezia che, per quanto riguarda il Tirreno superiore, è uno dei più grandi porti di smistamento di containers. Un controllo o una gestione particolare dei containers è difficile e richiede professionalità maggiore. A noi ciò interessa perché il tutto viene stoccato nel grande hangar di Sarzana che è al confine della confluenza dell'autostrada Genova-Livorno con la La Spezia-Parma: in quel triangolo vi è il più grande deposito di containers, dove sono state effettuate anche operazioni antidroga molto sostanziose.
Circa la marmettola, la questione si è risolta perché prima si trattava di un prodotto tossico, ma poi la Toscana si è allineata al Veneto e l'ha classificata come una materia prima-seconda, per cui vi è un utilizzo che va dagli spaghetti, all'aspirina, al conglomerato sotto l'asfalto delle strade. Quello che era un onere di miliardi per i produttori si è trasformato in un affare di miliardi. Anzi, bisognerebbe cominciare a prestare attenzione a questo comparto, che riguarda materiali che rappresentavano una passività ed ora vanno a ruba.
PRESIDENTE. Rinnovo i ringraziamenti della Commissione, anche per quanto riguarda le notizie sulla situazione di La Spezia e le zone del triangolo cui si è da ultimo riferito.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Spero di essere presto in grado di riferire con la stessa dovizia sulla situazione di Palermo.
PRESIDENTE. Certamente. In questo senso potrebbe essere interessante controllare a Palermo i traffici verso Livorno. Abbiamo sentito anche oggi, infatti, che esistono sinergie tra società locali e società livornesi proprio in ordine allo smaltimento di particolari tipologie di rifiuti. Avere, come si dice, l'occhio lungo su questo non fa davvero male. Segnatamente credo che la Commissione sia interessata alla situazione del porto di Palermo ed alla gestione delle navi per quanto riguarda le operazioni a bordo (non solo in sala motori), che espongono i lavoratori interessati anche ai rischi connessi all'amianto. Anche questo è un punto che sarà oggetto di attenzione; probabilmente queste notizie sono già giunte alle sue orecchie; ove così non fosse, le segnaliamo il fatto.
FRANCESCO LOCOCCIOLO, Prefetto di Palermo. Si tratta di una questione nazionale. Ho visto addirittura che ultimamente anche la Croce rossa è stata indicata con riferimento ad alcuni containers che hanno determinato situazioni di emergenza di protezione civile; vi erano infatti coperture di amianto.
Lascio comunque alla Commissione il promemoria di cui dicevo relativo alla dislocazione territoriale per quanto riguarda il conferimento dei rifiuti.
PRESIDENTE. Di nuovo grazie.
Incontro con l'assessore regionale all'ambiente.
PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore regionale al territorio e ambiente, onorevole Vincenzo Lo Giudice, ed i collaboratori che lo accompagnano, che sono la dottoressa Grazia Crapanzano, dirigente amministrativo, l'ingegner Giuseppe Latteo, dirigente coordinatore del gruppo rifiuti solidi urbani e il dottor Giacomo Talluto, dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali.
Credo che i compiti della Commissione siano a tutti noti; in particolare siamo interessati ad avere una visione d'insieme della situazione esistente in Sicilia relativamente alla gestione non solo dei rifiuti solidi urbani ma anche, per quel che riguarda la competenza della regione, di quelli pericolosi, attesa la presenza nell'isola di società di grande impatto nazionale che ivi operano e che sicuramente producono rifiuti di questo tipo.
VINCENZO LO GIUDICE, Assessore regionale al territorio e ambiente. Premetto che non ho fatto il concorso per diventare assessore e quindi molte cose le conosco e vado apprendendole giorno dopo giorno. Tra l'altro si tratta di una branca particolarmente complessa e difficile. Sto cercando di riguadagnare il tempo perduto in riferimento al decreto Ronchi, affrontando la questione in tre momenti diversi. Il primo riguarda le discariche.
E' cambiata la filosofia del rifiuto. Mentre prima del decreto, fino all'anno scorso, questo veniva considerato per le amministrazioni una sorta di palla al piede, ora viene considerato addirittura come un elemento di sviluppo perché con esso si può creare energia ed altre cose, principalmente con il riciclaggio.
Aggiungo che si erano create situazioni antipatiche, nel senso che, ai sensi dell'articolo 12, si andava avanti con discariche provvisorie; oggi, al posto di quella norma, c'è l'articolo 13 e i comuni con molta facilità fanno cose che non dovrebbero. Sono assessore da un paio di mesi ed ho cercato di affrontare con la necessaria urgenza questo argomento; in particolare ho capito che prima di fare un piano generale è opportuno vedere come si possono distruggere i rifiuti che si producono in Sicilia; si tratta, grosso modo, di qualcosa tra gli 800 grammi ad un chilo di rifiuti al giorno per 5 milioni di abitanti. Si tratta quindi di mettere in atto una serie di discariche, perché ormai da questo punto di vista siamo all'estinzione, e contemporaneamente di affrontare gli altri aspetti del problema. Devo dire che siamo veramente a buon punto nel senso che abbiamo già individuato dove scaricare i rifiuti che si producono. Abbiamo imposto ai comuni la raccolta differenziata; questo per quanto riguarda i rifiuti normali.
Per quanto riguarda quelli speciali, abbiamo iniziato con uno screening per cercare innanzitutto di capire quanti se ne producono e come devono essere smaltiti.
A questo punto, darei quindi la parola al funzionario che mi accompagna, il quale per essere assunto ha sostenuto il concorso che non ho fatto io, perché burocraticamente possa rispondere ai quesiti della Commissione.
PRESIDENTE. Speriamo non solo burocraticamente ma anche operativamente.
CRAPANZANO GRAZIA, Dirigente amministrativo. Quale dirigente amministrativo mi occupo del gruppo rifiuti speciali, fino a ieri classificati anche come tossico-nocivi.
Per quanto riguarda lo smaltimento, in Sicilia abbiamo avuto degli strumenti programmatori: il programma di emergenza previsto nella legge 475 che, sulla base del fabbisogno, aveva già individuato degli impianti e delle tipologie in particolari aree. Aveva previsto la divisione delle Sicilia in comprensori. Successivamente, come si sa, i programmi di emergenza - é stato anche abrogato l'articolo 5 della predetta legge 475 - non hanno avuto un buon esito. Alcune regioni li hanno accolti e li hanno tradotti in ulteriori piani; altre, come nel nostro caso, non lo hanno fatto. Ovvero, queste situazioni più gravi, riferite soprattutto alle aree industriali di Priolo (Siracusa) e di Gela (Caltanissetta) sono state oggetto di un intervento specifico. Sono state riconosciute, con decreto del Presidente della Repubblica, aree a rischio e oggetto di appositi interventi finanziari; l'identificazione è avvenuta sulla base di una ricognizione anche impiantistica del vecchio programma di emergenza e tutto é stato integrato da ulteriori studi. Sono stati previsti degli interventi che si andranno a realizzare; si parla di piattaforme con moduli integrati; abbiamo trattamenti, quindi rifiuti, che servono per declasssare, delle discariche e in alcuni casi anche dei termocombustori, Si tratta di interventi finalizzati essenzialmente a garantire l'autosmaltimento in queste aree dove insistono i petrolchimici e dove quindi é proprio concentrata la maggiore produzione di rifiuti pericolosi e in alcuni casi difficili da smaltire.
PRESIDENTE. La regione ha concordato con le aziende produttrici le aree di Gela e Priolo Gargallo? Queste aree hanno una caratteristica duplice: sono state a suo tempo proclamate aree a rischio di crisi ambientale ma poi, secondo l'analisi condotta sulla base delle autocertificazioni previste dal DPR 175/88 (la cosiddetta legge Seveso) sono state anche definite come aree ad alta densità di rischio industriale. Rispetto a tali aree sono previste una serie di cose, ma la possibilità di riuscire a bonificare alcune di queste aree ed avere poi una gestione complessivamente corretta è legata verosimilmente anche ad accordi specifici tra le industrie che sono interessate ai siti e la regione. Vorrei sapere come è gestita questa partita.
CRAPANZANO GRAZIA, Dirigente amministrativo. A seguito del DPR è stato approvato un accordo di programma che rende possibile l'attuazione degli interventi individuati. L'accordo di programma prevede anche la costituzione di una apposito comitato dell'area rischio, nel quale sono rappresentati i produttori, i consorzi....
PRESIDENTE. Questa è la procedura standard che si segue in tutte le aree che hanno problemi simili; vorrei sapere se sono stati fatti passi avanti e di che tipo.
CRAPANZANO GRAZIA, Dirigente amministrativo. I passi sono stati che alcuni degli interventi già individuati - erano circa 70 o più - sono già in fase di espletamento, perché sono stati oggetto di interventi finanziari nel tempo; quindi alcune opere si stanno realizzando. Cito ad esempio gli interventi realizzati e consegnati afferenti all'impianto più grosso di depurazione che abbiamo, quello consortile di Priolo, dove abbiamo un parco serbatoi funzionale all'accoglimento di rifiuti liquidi; quindi non scarichi reflui ma proprio rifiuti liquidi che hanno bisogno di una particolare struttura recettiva (serbatoi, eccetera) per essere trattati. Questi sono stati consegnati e infatti stiamo procedendo....
PRESIENTE. Le chiederei di rendere disponibile per la Commissione, per conto dell'assessorato e ovviamente non in questo momento, un quadro dello stato dell'arte a questo riguardo, indicando in particolare quali dei piani e dei progetti approvati stiano marciando e quale sia l'avanzamento dei relativi lavori.
L'assessore ha assunto i suoi compiti recentemente, ma vorremmo capire perché vi é stato un ritardo nell'attuazione del DPR del maggio 1989 per quel che riguarda il censimento dei siti contaminati. A noi risulta che vi è stato un ritardo.
CRAPANZANO GRAZIA, Dirigente amministrativo. Lei sta parlando dei vecchi piani di bonifica?
PRESIDENTE. Si, i vecchi piani di bonifica postulavano l'esistenza di un censimento dei siti che non sappiano bene se sia stato fatto o meno; ci risulta comunque un ritardo a questo proposito.
GRAZIA CRAPANZANO, Dirigente amministrativo. Questo studio è stato affidato inizialmente ad una struttura che ha effettuato una prima ricognizione alla SNAM-progetti. Su questi siti però occorrevano ulteriori approfondimenti di indagine, perché per alcuni si faceva riferimento essenzialmente a discariche per urbani (vecchi siti che insistevano in prossimità di valloni con scorrimento di acque), mentre solo pochi erano stati considerati interessati dalla presenza di rifiuti pericolosi.
A seguito del nuovo decreto, abbiamo avanzato ulteriori proposte per cui il piano per l'individuazione dei siti da bonificare era in fase di aggiornamento e di revisione, anche alla luce di segnalazioni da parte delle autorità e degli organi di controllo, quando è subentrato il decreto legislativo che ha previsto ulteriori variazioni. Abbiamo così avviato una fase di ricognizione che vede come protagonisti, ai fini di un censimento e della costituzione dell'anagrafe regionale dei siti inquinati, gli uffici periferici regionali e cioè le CPTA, attraverso le quali faremo la ricognizione.
PRESIDENTE. Passiamo ora alla parte politica sulla quale potrà risponderci l'assessore.
Pochi mesi fa, in un convegno nazionale organizzato dalla Commissione d'inchiesta a Roma, è stata denunciata l'arretratezza della situazione dei rifiuti in tutto il paese. L'impressione che abbiamo è che questa arretratezza raggiunga livelli significativi in alcune regioni d'Italia tra le quali vi è la Sicilia. Dobbiamo quindi rivolgere al responsabile politico alcune domande semplici e puntuali.
Il piano regionale dei rifiuti della Sicilia ci risulta sia quello del 1990, che non ha avuto aggiornamenti. La tendenza generale che abbiamo rilevato in tutta Italia è quella di fare piani regionali ben determinati che però hanno una caratteristica comune: delegano alle province regionali - come ci sembra giusto - l'attuazione di una serie di iniziative di coordinamento e di controllo, che attengono ai poteri specifici delle province. Però, senza questo atto iniziale, si corre il rischio dello scarica barile.
Occorre, quindi, chiarire se la regione Sicilia dopo il 1990 abbia predisposto un altro piano conforme alle norme contenute nel decreto legislativo n. 22 del 1997 in grado di dare un quadro di riferimento alle amministrazioni locali, agli enti territoriali ed anche agli operatori. Senza un quadro di riferimento generale, difficilmente le imprese potranno operare correttamente.
Vorremmo sapere se la Sicilia abbia emanato tale nuovo piano, se abbia intenzione di farlo ed in che forma, con riferimento al decreto legislativo n. 22 del 1997. D'altro canto risulta alla Commissione che la regione Sicilia non abbia ancora recepito tale decreto legislativo. La questione appare delicata anche in considerazione dell'autonomia speciale di cui gode la regione.
VINCENZO LO GIUDICE, Assessore regionale al territorio e ambiente. E' cambiata la filosofia del rifiuto. Prima del decreto legislativo n. 22 del 1997, in Sicilia si era realizzato un programma in virtù delle prime leggi sullo smaltimento che risalgono al 1979. Tale programma divideva la Sicilia in una serie di comparti per la realizzazione delle discariche. Quando è subentrato il decreto Ronchi che prevede cose diverse e - come dicevo - cambia la filosofia del rifiuto, per cui dalle discariche si passa ai termodistruttori e alla raccolta differenziata, vi è stata un'impasse. Sulla base di notizie che raccolgo giorno per giorno, credo che ci si sia fermati perché non si sapeva se andare avanti o meno con le discariche.
Alla ripresa dei lavori, quando ci siamo resi conto che la situazione diventava terribile, nel senso che non vi erano più neanche le discariche, abbiamo rivisto quel piano e lo abbiamo aggiornato creando discariche che consentono di raccogliere rifiuti normali per quattro o cinque anni, nelle more del piano dei termodistruttori, che sarà approvato nel più breve tempo possibile.
Come dicevo, abbiamo rivisto il piano che ho fatto approvare dalla commissione tutela ambiente e stiamo dando indicazioni anche attraverso uno spostamento di finanziamenti volti a realizzare in Sicilia una ventina di discariche che ci consentiranno di sopravvivere per tre o quattro anni. Abbiamo sentito i comuni e le province per poter realizzare il piano in sintonia e abbiamo convenuto come procedere. La seconda parte che riguarda i termodistruttori e il risanamento ambientale credo sia già pronta per cui la realizzeremo entro breve termine.
PRESIDENTE. Mi permetto di ricordare che il decreto legislativo n. 22 del 1997, recependo le tre direttive europee in materia pone alcune priorità molto precise. Vorrei sapere se la regione abbia recepito il decreto e quindi anche le priorità.
VINCENZO LO GIUDICE, Assessore regionale al territorio e ambiente. La regione non ha recepito il decreto perché mi è stato detto che è cogente e non vi è bisogno di recepimento.
GIUSEPPE LATTEO, Coordinatore del gruppo rifiuti solidi urbani. La regione ha dato attuazione a quelle parti del decreto legislativo n. 22 che non confliggono con le norme o con piani regionali vigenti.
PRESIDENTE. Esistono piani regionali vigenti?
GIUSEPPE LATTEO, Coordinatore del gruppo rifiuti solidi urbani. Esiste il piano regionale approvato nel 1989 che prevede due momenti, uno di breve termine basato sulle discariche controllate e uno di lungo termine basato sugli impianti a tecnologia complessa.
Per tutte le parti che non confliggono con norme e piani regionali, abbiamo dato attuazione al decreto n. 22 attraverso circolari ai comuni e alle province, in particolare per le attività riguardanti gli obiettivi indicati nel decreto stesso e cioè il recupero e il riciclaggio dei rifiuti solidi urbani. Attraverso gli accordi di programma, abbiamo dato indicazioni a comuni e province per l'ubicazione dei centri comunali di raccolta delle stazioni sovraccomunali in modo da avviare le attività che, non confliggendo con norme o piani regionali, potevano essere messe in cantiere subito.
PRESIDENTE. L'opinione che ci stiamo formando è che il meccanismo delle circolari faccia sentire le province regionali libere da alcuni adempimenti. Per questo forse l'aspetto formale del recepimento a livello regionale è importante, come l'esistenza di una delega esplicita da parte della regione a livello provinciale. Non credo che le circolari siano uno strumento adeguato a convincere le province che sia possibile demandare a loro l'attivazione di alcuni punti. Il tema è molto delicato perché corriamo il rischio che, operando sulla base di circolari, le province si sentano obbligate fino ad un certo punto. La situazione sarebbe diversa se esistessero un piano regionale e una delega esplicita e formale alle province e se i punti attuativi del decreto legislativo n. 22 avessero forza di legge e non la forza di una legge subordinata alla non conflittualità con leggi preesistenti.
Mi rendo conto che questo tema attiene ad aspetti politici più che operativi, però ho la preoccupazione che non si riesca ad uscire da questa situazione. Abbiamo verificato che le province aspettano dalla regione qualcosa di più di una circolare, la quale non viene sentita dalle autorità provinciali, ma anche comunali, come qualcosa che abbia carattere definitivo e definitorio.
GIUSEPPE LATTEO, Coordinatore del gruppo rifiuti solidi urbani. Per quanto riguarda le parti del decreto legislativo n. 22 che confliggono con norme e piani regionali vigenti, come accennava l'assessore, è stata istituita una apposita commissione in seno al comitato regionale tutela ambiente che, oltre a compiti di pianificazione, ha il compito di predisporre l'aggiornamento del piano. La commissione è stata istituita subito dopo l'emanazione del decreto legislativo n. 22 per rivedere i comprensori individuati con il piano del 1989 e adeguare il vecchio piano ai nuovi principi contenuti nel decreto.
Circa 15 giorni fa il comitato regionale ha espresso un primo parere. Il lavoro sarà completato con la specificazione della modifica dei comprensori e delle tecnologie che dovranno essere utilizzate per dare attuazione al decreto legislativo attraverso la pianificazione regionale così modificata.
PRESIDENTE. Circa i criteri che informano il decreto legislativo n. 22, la priorità maggiore non attiene tanto all'azione delle amministrazioni regionali o territoriali quanto ad un'evoluzione tecnologica che configura come obiettivo primario quello di ridurre a monte la produzione di rifiuti. Questo impegno, che riguarda tutta l'Europa, va assunto dalle imprese che producono merci e beni, le quali devono mirare al massimo livello di recuperabilità. Ciò attiene ai poteri regionali e territoriali solo dal punto di vista dello stimolo.
Vi è però un'altra priorità rilevante. Nel momento in cui si dà la precedenza alla raccolta differenziata dei rifiuti, la vocazione decisamente agricola della regione Sicilia suggerisce - come peraltro è stato messo in evidenza in molti convegni e lavori sul settore - che il trattamento separato della frazione umida e la produzione di compost ai livelli di qualità previsti da uno dei decreti attuativi del decreto legislativo n. 22 può far decollare ovunque, e in particolare nelle regioni a vocazione agricola, la raccolta differenziata. Sembra capitale che la commissione che lavora a livello regionale e le amministrazioni coinvolte individuino, nell'ambito di bacini ottimali che probabilmente dovrebbero essere definiti da un piano regionale, i siti in cui allocare impianti per il compost.
Esiste poi la questione degli impianti di produzione del CDR, perché nei termodistruttori non può andare un rifiuto qualunque; la parte non recuperabile, ma ancora di qualche pregio, opportunamente lavorata, può andare invece in impianti dedicati, di cui però non c'è traccia. Ce ne sono pochi in tutta Italia, ma in Sicilia non ce n'è traccia, né di questi né di quelli relativi al compost. Solo allora si pone il problema della termodistruzione; se non c'è raccolta differenziata, non abbiamo la separazione della frazione umida da quella secca, né gli impianti di compost che sono essenziali per far decollare la stessa raccolta differenziata, e ancor meno quelli per la produzione di combustibile derivato da rifiuti, il CDR, che solo consente di passare poi alla fase dei termodistruttori.
GRAZIA CAPRANZANO, Dirigente amministrativo. Se il Presidente consente, vorrei intervenire su questo punto. Il nostro gruppo segue anche il problema del recupero. Prima, però vorrei fare una puntualizzazione in merito al problema delle province. La regione Sicilia ha una legge regionale, la legge n. 9 del 1986, che accoglie in pieno i dettami e gli orientamenti delle nuove norme in materia di decentramento. Parliamo della legge Bassanini. Li accoglie in pieno soprattutto sotto il profilo del principio della sussidiarietà, in quanto già in quelle norme rinveniamo che si dà una priorità di interventi, quale la realizzazione di discariche o di impianti di depurazione, ai comuni e laddove questi non provvedano alle province; queste ultime hanno anche il compito di realizzare gli impianti. Tutto questo, dal punto di vista normativo, è già contenuto in una vecchia norma regionale. Si tratta ora semplicemente di stimolare anche i comuni, con l'ulteriore spinta delle province ...
PRESIDENTE. Mi scusi, questo è un tema delicatissimo perché in realtà gran parte degli impianti che abbiamo in mente, per quel che riguarda i rifiuti, tranne quello che è purtroppo l'abuso del ricorso all'articolo 13, ex articolo 12, per le discariche emergenziali, che però non sono discariche ma semplice accumulo, che devasta il territorio e non gestisce i rifiuti; girando per la Sicilia ne abbiamo viste anche troppe di queste discariche, ma il dissennato ricorso all'articolo 13 riguarda comunque tutta l'Italia. Gli impianti di cui parliamo, dicevo, hanno tutti la necessità della designazione di ambiti ottimali. Non è pensabile che un comune di trentamila abitanti si doti di una linea da 200 tonnellate al giorno per trattare la frazione umida o quella secca. Quindi, l'appello ai comuni va sempre bene, proprio nella direzione che ogni comune inizi o continui a fare, secondo gli obiettivi del decreto legislativo n. 22, raccolta differenziata, ma il problema di fondo è che se le province, che grosso modo coincidono con ambiti ottimali, a meno che la regione non ne individui altri migliori, non creano consorzi o comunque condizioni tali per cui gli impianti si possano realizzare, è difficile che a fare ciò siano i singoli comuni. E' molto difficile, tranne che per i comuni più grandi, come Palermo e Catania, pensare ad impianti dedicati ed al servizio di un'area che non sia quella di più comuni. Di qui l'insistenza che abbiamo sulle province, altrimenti non vi è, come si dice, la dimensione di scala.
GRAZIA CAPRANZANO, Dirigente amministrativo. Si, infatti vorrei aggiungere che, anche se con semplici circolari, si è dato un suggerimento in questa direzione e per quelle che sono le possibilità già contenute nelle leggi, anche nelle leggi regionali di recepimento già ricordate che prevedono sempre la stipula di accordi di programma, perfettamente in linea quindi con le indicazioni del decreto Ronchi. Chiaramente poi una identità territoriale ed amministrativa, quale quella che appunto si prospetta nel provvedimento Ronchi con la identificazioni di bacini provinciali, non farà altro che snellire l'attuazione del consorzio obbligatorio e quindi anche la realizzazione degli interventi.
Riconducendomi ora invece all'altro discorso relativo, al potenziamento delle attività di recupero, a questo punto io che vengo fuori da una serie di lavori lunghissimi con le altre regioni per quanto riguarda i decreti di attuazione, soprattutto quelli riferiti al recupero, posso dire che avevamo già messo in evidenza alcune grosse carenze riferite sia agli impianti di compostaggio sia alle possibilità date per attività di tipo agro-industriale, che sono poi quelle prevalenti nella nostra regione.
A seguito di questi contatti, avevamo avanzato anche delle proposte precise, anche dopo un formale impegno del ministro Ronchi che voleva che per i decreti di attuazione vi fosse una più attiva collaborazione da parte delle regioni, proprio per rendere più facilmente applicabili le norme ai vari livelli. Ci siamo impegnati tanto e abbiamo prodotto tutta una serie di documenti; la regione Sicilia ha inserito delle vere e proprie voci riferite al comparto agricolo ed in particolare alla lavorazione degli agrumi; pensavamo di intervenire partendo proprio da questo punto, dando una particolare facilitazione al comparto produttivo in quelle che sono le operazioni di recupero; abbiamo degli insediamenti che sono unici o tra i pochi in Europa, come quello per la estrazione della pectina dalla buccia degli agrumi, che è una vera e propria attività industriale fondata sul recupero; e come questa, tante altre. Avevamo inserito tantissime voci, riguardanti anche la possibilità di riutilizzo di questi materiali come fertilizzanti. Debbo però aggiungere che purtroppo - questa non è una impressione solo mia ma di tutte le regioni - non avendo avuto nessun riscontro su questo da parte del Ministero, continuiamo a ritrovarci con un lavoro faticoso alle spalle ma senza alcun risultato, ovvero chi deve applicare la norma e quindi incentivare il recupero di materia, secondo i principi del decreto Ronchi, incontra notevoli difficoltà.
Per quanto riguarda il compost di qualità, posso dire che abbiamo già un impianto di compostaggio, realizzato da tempo, in provincia di Trapani. Si tratta di un impianto che non è mai stato completato; mancano alcune parti, per cui è chiaro che il compost che si ottiene non è sicuramente di qualità, ma negli interventi previsti, anche con queste semplici circolari, si danno già spunti notevoli per raccogliere in maniera separata la frazione umida da avviare poi al compostaggio, anche senza impianti così complessi perché di fatto poi in realtà il procedimento è abbastanza semplice; occorrono solo poche strutture dal punto di vista tecnico, delle impermeabilizzazioni, eccetera, e soprattutto strutture per l'abbattimento di eventuali odori, eccetera. Di fatto vi sono tecnologie che consentirebbero anche questo.
PRESIDENTE. Le tecnologie ci sono, il problema è realizzare gli impianti. La questione credo sia un poco meno semplice di quanto lei non pensi perché bisogna raggiungere i livelli fissati dal relativamente recente decreto di attuazione per quel che riguarda il compostaggio ed alcuni inquinanti guida. Ciò significa disporre di una tecnologia all'altezza e non sempre si riesce ad avere - questo si verifica anche in altre regione che stanno tentando questa strada - un compost di qualità. Basta pensare a tutto quello che dalla spazzatura urbana va a finire nella frazione umida; il problema dei metalli pesanti; il cadmio è un indicatore tipico. In questo senso, dicevo, il problema è un po' meno semplice ed in ogni caso lei sta citando l'impianto di Trapani che è molto piccolo, lavora parzialmente e comunque non è in grado di produrre il compost secondo le specifiche fissate dal già citato decreto attuativo.
GRAZIA CAPRANZANO, Dirigente amministrativo. Oltre ad essere un dirigente amministrativo, sono anche un biologo e alcuni processi, come questi, li conosco. Il problema, per quel che riguarda la sua semplicità, non è tanto nella tecnologia, quanto nel selezionare e controllare a monte quello che va in queste frazioni. Il problema è tutto lì. Se pensiamo solamente e puramente di raccogliere la frazione proveniente dai mercati, per intenderci, dobbiamo considerare che l'uso di pesticidi ed anticrittogramici negli ortaggi e nella frutta che mangiamo è oggi tale da non consentire la produzione di un compost di qualità; non possiamo pensare allora di ottenerlo addirittura dalla frazione umida del rifiuto urbano, per il quale, a parte il livello di responsabilità del singolo cittadino, è difficile assicurare una separazione pura ...
PRESIDENTE. Per informazione posso dire che è proprio in questa direzione che si stanno avviando alcune grandi città. Il problema, dunque, proprio per le difficoltà che lei ricordava, si pone anche in termini di tecnologie adeguate. Tali tecnologie, però, esistono sono disponibili; il problema è di far partire il tutto.
Tornando invece agli aspetti più politici, devo dire che siamo rimasti un po' scoraggiati da due fatti; innanzi tutto una sostanziale assenza di controlli. Questa non è una caratteristica solo della regione siciliana; un po' in tutte le regioni del sud vi è un difetto di controlli, che laddove esistono verificano peraltro la complicazione di vari passaggi. Viceversa in altre regioni, che sono ora per fortuna la maggioranza, esiste ormai l'agenzia regionale per la protezione ambientale ed il problema viene affrontato in modo unitario dal punto di vista delle procedure e degli standard, ma con l'articolazione a livello di provincia prevista con la costituzione della stessa agenzia. Questo punto fu a suo tempo inserito nella legge.
Tornando, dicevo, agli aspetti più politici, la Sicilia non è certo l'unica regione, ma purtroppo tutte le regioni del sud - in cattiva compagnia con Lombardia e Lazio, tranne la Campania - non hanno una agenzia regionale per la protezione ambientale, che è uno dei passaggi non risolutivi ma determinanti per quel che riguarda la vicenda rifiuti.
Pare che la regione Sicilia disponga del software per avviare un MUD, ma non ce ne risultano. Vorremmo capire perché. Inoltre, sempre sul piano politico, vorremmo capire perché non sono autorizzate in Sicilia discariche di tipo 2B o 2C, atteso che esistono industrie che producono rifiuti pericolosi e attesa l'incerta loro vicenda, come abbiamo potuto registrare noi stessi cercando di seguire il percorso ed il flusso di questi rifiuti. Come dicevo all'inizio, è però certezza che lo smaltimento illegale riguardi gran parte di questi rifiuti. Vorremmo una risposta su questo punto perché francamente, al di là della buona volontà che vedo per quanto riguarda le circolari ed i suggerimenti, vorremmo anche capire come si fa a far decollare in Sicilia un circuito integrale dei rifiuti che superi l'arretratezza che condanna questa e molte altre regioni, se non si mettono al passo, a restare davvero molto indietro, con riflessi del tutto negativi sull'economia, sulle imprese e così via.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Mi occupo in particolare della problematica dei rifiuti delle province di Caltanissetta e Siracusa.
Per quanto riguarda la Petrolchimica di Gela, il problema non dovrebbe sussistere, perché fin dal 1989 lo stabilimento si è dotato di una serie di discariche interne di tipo 2a, 2b e 2c, per cui è autosufficiente.
PRESIDENTE. A Gela il volume di discarica 2c è al di sotto dei 30 mila metri cubi.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Sì, però l'AGIP-petroli, che gestisce la discarica in stabilimento, ha presentato dei nuovi progetti.
PRESIDENTE. Non all'interno dello stabilimento.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Sempre all'interno.
PRESIDENTE. Ieri abbiamo avuto un lungo incontro con rappresentanti dell'Enichem e dell'AGIP-petroli, che hanno alcune discariche di tipo 2b e 2c per volumi francamente irrisori rispetto ai quantitativi in gioco. Stanno facendo ora - abbiamo fatto un sopralluogo - un circuito complesso per quello che riguarda alcuni fanghi, che avranno una loro destinazione.
Ci sembra che siano ben lontani dall'essere autosufficienti. Ma questa sarà materia di un rapporto che avremo con l'Enichem e l'AGIP-petroli a livello nazionale.
Siamo molto scontenti di come una grande industria nazionale sta affrontando questo problema non solo in Sicilia ma anche in altre parti del paese.
Se la regione nutre la speranza che l'AGIP-petroli e l'Enichem a Gela siano autosufficienti per quanto riguarda lo smaltimento di rifiuti pericolosi, questa rischia di essere una pericolosa illusione. Vogliamo subito avvertirvi che così non è e che il problema sarà oggetto di audizioni che avremo con i responsabili nazionali di questi gruppi.
Sottolineo l'elemento di scontentezza che non è soggettivo ma che speriamo produrrà comportamenti diversi nel momento in cui sarà esplicitato ai responsabili nazionali, che, per altro verso, in alcune situazioni configurano un grande impegno nel settore ambientale. Abbiamo verificato che ciò a Gela non è vero: non vi appoggiate su asserzioni, che sulla base di incontri, di elementi che ci sono stati dati e di visione diretta dei luoghi, possiamo dire che sono ben lontane dalla realtà.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. I fanghi mercuriali dell'Enichem, in merito ai quali abbiamo svolto un lavoro per la procura di Gela, non finivano nella discarica di stabilimento, ma venivano mandati al nord con stoccaggio abusivo (abbiamo verificato il caso di carichi che diminuivano di peso). Il problema grosso sono i MUD, per cui non avendo i dati non possiamo effettuare riscontri.
Lavoro spesso in collaborazione con i NOA e posso dire che fare un formulario di identificazione fasullo è i controlli nelle province sono effettuati al momento sui registri e sono solo cartacei. Non si può seguire il trasportatore per cui spesso accadono fatti di questo tipo.
Teoricamente Gela è autosufficiente.
PRESIDENTE. Lasci perdere la teoria.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. E' così, sulla base delle notizie ufficiali.
PRESIDENTE. Comunico ufficialmente che non è autosufficiente. Che la regione lo sappia!
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Ne prendo atto.
Per quanto riguarda il polo di Siracusa, la situazione è molto più drammatica, perché nessuno ha discariche di stabilimento o impianti, se non piccoli inceneritori, per cui i rifiuti o vengono mandati al nord oppure ci si affida a discariche locali che però sono praticamente quasi esaurite. Attualmente abbiamo in esercizio una sola discarica di circa 40 mila metri cubi per rifiuti speciali, autorizzata prima dell'emanazione del decreto Ronchi.
PRESIDENTE. Dove si trova?
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. A Melilli. Tra l'altro vi è un grosso problema politico (spiegherò poi perché non si fanno gli impianti del tipo 2b e 2c).
Vi è poi un'altra discarica, sempre a Melilli, la cui potenzialità autorizzata è già stata saturata. Vi sarebbero altri 35 mila metri cubi di rifiuti speciali da autorizzare, però abbiamo problemi con la ditta interessata, che è stata denunciata più volte alla procura per certi illeciti. Dobbiamo quindi svolgere alcune verifiche prima di dare l'autorizzazione. Dopo questo vi è il vuoto assoluto. Abbiamo dei progetti di discarica a buon punto, però mancando una programmazione precisa, se non vi è la volontà del comune di attuarli, la regione non può imporlo, perché non si tratta di impianti pubblici, a differenza delle discariche urbane.
Guarda caso tutti i progetti di discarica sono nel comune di Melilli, per cui vi è stata quasi una sollevazione della popolazione e del consiglio comunale che verrebbero a trovarsi con 5 discariche. D'altra parte, i grossi impianti petrolchimici sono quasi tutti a Priolo e la popolazione di Melilli si chiede perché debba ospitare le discariche.
Sono già sorti grossi problemi come quello relativo al depuratore consortile di Priolo Vergallo che serve il complesso petrolchimico e depura i liquami urbani dei comuni di Priolo e Melilli e della frazione di Belvedere che producono un quantitativo enorme di fanghi (60 mila metri cubi l'anno) che non si sa come smaltire. Il nuovo decreto sul riutilizzo, infatti, esclude questi fanghi dalla possibilità di utilizzo in cementificio con semplice comunicazione e i comuni si rifiutano di autorizzare una discarica per il depuratore, avviato verso un ulteriore utilizzo da parte di industrie di laterizi per l'edilizia. Il risultato è che si è trovato di recente a Buonfornello uno stoccaggio provvisorio: di fatto una discarica abusiva dei fanghi.
PRESIDENTE. Siamo reduci da una visita a Buonfornello e devo dirle che la situazione, rispetto alle altre che abbiamo visto in Sicilia, non è la peggiore. Ci risulta, infatti, abbastanza evidente il quantitativo estremamente limitato di materiali.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Sì, perché è all'inizio.
PRESIDENTE. Inoltre, questo quantitativo ha subito un pretrattamento, una forma di stabilizzazione e quindi, il materiale, tutto sommato, risulta molto meno pericoloso di altri. Quindi, siamo di fronte a quantitativi limitati, a materiale non particolarmente pericoloso e ad una gestione un po' avventurosa che però ricade nel capitolo di cui parlavamo all'inizio nel senso che, in assenza di una programmazione e di un quadro certo, le imprese si trovano nelle condizioni di non sapere che fare. Non hanno infatti elementi per certificare che cosa la IS produce in termini di fanghi e, nel momento in cui dovessero conferire - sto facendo un esempio - alla Sicilcalce di Caccamo, questa vorrà capire di che materiale si tratti e se sia realmente utilizzabile per un recupero e per produrre materiale laterizio; vorrà capire se nella composizione dei rifiuti vi siano elementi incongrui e incompatibili con la loro lavorazione.
La situazione vede negligenza da parte dei produttori di rifiuti e l'assenza di controlli e di capacità di specificare passaggio per passaggio cosa i singoli operatori si trovano ad avere.
Quindi, senza un programma generale - che non so se possa essere surrogato da una legge regionale o da una circolare - occorre un'iniziativa della regione che indichi chiaramente come procedere, altrimenti tutto sta drammaticamente fermo. Ho ascoltato molte buone intenzioni e molti "si farà", ma non è questa la strada attraverso la quale si esce da una situazione di reale arretratezza.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Negli scorsi anni l'ufficio, anche per quanto riguarda la programmazione, è stato bloccato perché i decreti-legge (18) che si sono susseguiti prima del decreto Ronchi non davano certezza circa la possibilità di inviare al recupero o di smaltire determinati materiali. Anche le imprese si sono trovate bloccate. Poi vi è stato il problema del catasto che negli anni scorsi si è "accatastato"; inoltre le poche schede che abbiamo visto contenevano dati disomogenei, non aggregabili e difficilmente interpretabili. Ora con il MUD potremo avere il quadro completo di quello che si produce in Sicilia e di quello che si può recuperare facilmente per cui si potrà fare una programmazione del settore.
Le imprese, a loro volta, sono state frenate perché i comuni si sono opposti allo smaltimento dei rifiuti speciali. D'altro canto senza una programmazione non potevamo imporre gli impianti, come invece è stato fatto per i rifiuti urbani.
PRESIDENTE. Mi permetto di suggerire che rispetto allo smaltimento di rifiuti pericolosi, forse sarebbe bene - la regione ha l'autorità politica e la forza per imporlo - che nelle aree a particolare vocazione industriale (penso a quella di Priolo Vergallo) chi ha prodotto rifiuti trovi all'interno delle aree a disposizione, peraltro amplissime, i luoghi in cui smaltirli. Mentre la provincia può fare molte cose e non le sta facendo, la regione ha la statura per confrontarsi su questo tema.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Infatti, almeno per Siracusa, nel programma di disinquinamento di tutta l'area a rischio sono previsti dei soldi per la realizzazione della piattaforma polifunzionale e il consorzio ASI è titolare di questo progetto, ma ad oggi non ha presentato nulla. Ci sono i soldi, ma non è stato fatto il progetto.
PRESIDENTE. Occorre un forte pungolo.
VINCENZO LO GIUDICE, Assessore regionale al territorio e ambiente. Con molta franchezza, so che siamo in considerevole ritardo e da questo punto di vista non c'era bisogno che ci sentisse la Commissione, che comunque ringraziamo se ciò serve da pungolo e da stimolo.
Il fatto che siamo in notevole ritardo mi mortifica come politico e come siciliano e cercheremo di recuperare questo ritardo. Prima però ci dobbiamo chiarire le idee noi e poi non ci possiamo affidare alla sensibilità dei comuni, che non c'è. Dobbiamo imporre le cose che debbono essere fatte. Le dobbiamo imporre perché, se non creiamo la cultura di queste cose, saremo sempre in ritardo. Fra cinque o sei mesi faremo un'altra audizione e diremo ancora: faremo, faremo, faremo! Mi piacerebbe, se ci fossi ancora io, di poter dire fra sei mesi: abbiamo fatto qualcosa. Questo vuole essere il mio impegno. Credo infatti che siamo arrivati ai minimi termini. Tempo da perdere non ce n'è più. Allora, preso atto di una situazione disastrata, questo non deve essere per me una scusa, ma anzi uno stimolo in più per cercare di riguadagnare il tempo perduto. Questo è quello che volevo dire.
GIACOMO TALLUTO, Dirigente tecnico del gruppo rifiuti speciali. Vorrei aggiungere qualcosa come punto in favore della regione. Mi riferisco ai rifiuti sanitari, ex rifiuti ospedalieri, che in passato sono stati un grosso problema e lo sono ancora, a causa delle ditte trasportatrici che hanno dato appunto problemi per questi rifiuti che teoricamente andavano al nord ma poi è capitato proprio a me - è bastata una telefonata ad un inceneritore del nord - per verificare che lì non arrivava nulla.
Devo dire che la provincia di Palermo e quella di Caltanissetta sono attualmente autosufficienti per il pubblico. Abbiamo riattivato degli inceneritori degli ospedali, anche se non sono adeguatissimi o all'ultima moda; ci siamo così potuti affrancare dai trasportatori privati. E' stato fatto un programma di finanziamenti per l'acquisto di sterilizzatori, che è stato trasmesso al ministero. Con questo programma di, ripeto, acquisto di sterilizzatori e riattivazione degli inceneritori esistenti e riattivabili, si vuole raggiungere l'autosmaltimento totale nella regione Sicilia. Il pubblico farà da azienda e si prevede che possa raccogliere anche tutti i rifiuti sanitari delle attività private; policlinici, caserme e tutto il resto.
GRAZIA CRAPANZANO, Dirigente amministrativo. Vorrei inoltre sottolineare che è in corso una sorta di programma sperimentale nell'azienda USL n. 6 di Palermo, che prevederà anche la possibilità che questo materiale, trattato attraverso la sterilizzazione, ulteriormente essiccato e compattato, quindi con una riduzione volumetrica, avendo un potere calorifico inferiore rilevante, possa essere impiegato nuovamente nelle caldaie delle lavanderie degli ospedali stessi; si sta cioè cercando di chiudere il ciclo, con riutilizzo negli stessi inceneritori, come combustibile.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo e prendiamo con serietà l'impegno ora espresso dall'assessore, sottolineando anche come nella esigenza di recuperare i ritardi forse un'azione della regione può essere, oltre a quella programmatoria e definitoria che si realizza attraverso un piano, anche quella di education. Credo infatti che oltre alle circolari sia fondamentale l'esistenza di un buon rapporto con le province e tutti gli operatori ed i soggetti interessati; rapporto che va promosso e deve prevedere anche una policy ad hoc perché la regione Sicilia è grande, le province sono tante e non è con uno schioccar di dita che si riesce a realizzare il coordinamento.
Per quanto riguarda la nostra Commissione, il nostro compito sarà quello di stare, come si dice, con il fiato sul collo di tutti, dagli amministratori alle grandi industrie nazionali che purtroppo danno cattiva prova in questa regione. Non faremo sconti a nessuno e speriamo che questo possa risultare utile in Sicilia per andare verso una gestione di una partita così delicata e per alcuni aspetti così rischiosa come quella dei rifiuti che sia non solo rispettosa delle norme, ma più sostanzialmente, come poi le norme vorrebbero, nel rispetto della salute dei cittadini e dell'ambiente.
Incontro con i rappresentanti dei comuni di Catania e di Palermo.
PRESIDENTE. Saluto i nostri interlocutori, che sono il dottor Paolino Maniscalco, assessore all'ambiente e nettezza urbana di Catania, e il dottor Alberto Mangano, assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo, e li ringrazio per la loro presenza. Ricordo che questo primo sopralluogo in Sicilia non conclude la visita della Commissione nell'isola. Ci siamo infatti resi conto di dover tornare per esaminare alcune situazioni specifiche.
Devo dire che il panorama è abbastanza desolante, con una idea di arretratezza e ritardi che proprio ora ci veniva confermata dall'assessore regionale. Intendo dire che risulta confermato che non vi è stato il recepimento formale del decreto legislativo n. 22 del 1997, ma solo delle circolari che, in assenza di un piano regionale che sia collimato con le norme di quel provvedimento, lasciano abbastanza il tempo che trovano. Non vi sono impianti di alcun tipo; proliferano le discariche abusive e vi è la presenza invadente e scorretta dal punto di vista della gestione dei rifiuti di alcuni grandi gruppi industriali che soprattutto nella Sicilia meridionale operano in modo che, come abbiamo avuto occasione di controllare direttamente, è ben lontano dall'essere soddisfacente. E' un quadro complessivo che induce a stimolare molto il ruolo della regione, ben sapendo però che anche le province ed i comuni hanno poi, soprattutto nel caso dei comuni grandi, delle poste da giocare.
L'orientamento regionale, come media nazionale, è quello di delegare alle province gran parte dei compiti; ovviamente nelle province i comuni più importanti hanno un ruolo decisivo. Questo mi pare di aver capito che non è stato fatto dalla regione siciliana; il piano è ancora quello vecchio del 1989; alle province arrivano le circolari e tutto rimane molto sospeso e molto per aria.
Vorremmo quindi capire dai due comuni più importanti della Sicilia, quanto meno come popolazione se non anche per storia e tradizione, quale sia la situazione della partita rifiuti, ovviamente avendo anche indicazioni su eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata in un circuito che purtroppo in varie aree del paese, soprattutto del sud, laddove più forte è la presenza della mafia, della camorra, eccetera, registra una sorta di west connection, che vorremmo sapere se avete elementi per indicarci anche nei comuni di Palermo e Catania.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Per quanto riguarda il primo punto: è vero. Vi è arretratezza complessiva, di cui abbiamo responsabilità tutti, anche i comuni. Noi, ad esempio, facciamo raccolta differenziata, ma le percentuali sono ancora piccole.
PRESIDENTE. Quali sono?
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Ancora siamo a circa l'1 per cento, anche se la plastica va molto bene; per il vetro avevamo potuto comprare poche campane, solo 150; non avevamo altri soldi. Adesso ne stiamo comprando altre 450 in modo di arrivare ad un numero complessivo di 600. La percentuale quindi aumenterà, ma per ora, ripeto, è bassa.
Il ruolo della regione è però estremamente negativo. Non ho compreso bene se nella sua frase iniziale, presidente, sul fatto che l'arretratezza era confermata dall'assessore regionale, vi fosse...
PRESIDENTE. L'assessore regionale ha parlato di ritardo grave che va colmato e si è impegnato in questo senso, anche perché ci ha comunicato di essere assessore regionale da pochi mesi.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Sì, questo è vero, ma già la presenza di questo assessore regionale è un sintomo di arretratezza della Sicilia in questa materia.
PRESIDENTE. Questa è una valutazione politica.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Sì, è una valutazione politica ed io sono un assessore. Ma perché dico questo? Lo posso dimostrare e lascerò una documentazione a questo proposito. E' assessore da pochi mesi, ma ricordo che i rappresentanti di una ventina di comuni della provincia di Catania, accompagnati dall'assessore provinciale, si sono incontrati circa un mese fa non tanto per sollecitare, perché questo non è più un termine che si possa usare, ma per contestare in modo molto fermo alla regione il fatto che i progetti delle discariche controllate a norma di legge restano nei cassetti dell'assessorato - il nostro è in quei cassetti da più di un anno; quelli di altri comuni sono lì anche da più tempo - e non vengono portati all'esame del consiglio regionale per la tutela dell'ambiente.
PRESIDENTE. Ci spieghi meglio questo passaggio, per cortesia. L'iter autorizzativo richiede che la discarica per i rifiuti solidi urbani sia...
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. E' previsto che passi per il comitato regionale per la tutela dell'ambiente (CRTA), che esamina il progetto, dà eventuali prescrizioni, dopodiché i comuni possono espropriare i terreni e fare la gara d'appalto.
Non sto a ripetere le cose dette da questo assessore nei confronti del decreto Ronchi: una cosa cervellotica che sta sulla luna e così via; in altre parole, la regione non crede nel decreto legislativo n. 22. Questo è chiarissimo. Non ci spiegano per quale motivo non vogliono esaminare i nostri progetti. Consegno alla Commissione una decina di solleciti che abbiamo fatto nell'ultimo anno. Non abbiamo mai avuto una risposta. Avremmo gradito anche che ci si rispondesse, ad esempio, che non si vuole esaminare i nostri progetti perché magari siamo antipatici; invece, non è mai venuta alcuna risposta dalla regione.
Nella sede che dicevo abbiamo preannunciato all'assessore - e poi lo abbiamo messo per iscritto con il documento che consegno - che se la regione non avesse sbloccato questi progetti, avremmo chiesto al Ministero dell'ambiente il commissariamento della regione siciliana, così come è accaduto per altre regioni.
Ci rendiamo ben conto come le discariche vadano via via nel tempo assumendo un ruolo inferiore a quello avuto in passato, però ancora per qualche tempo sono indubbiamente necessarie e debbono essere fatte con tutte le caratteristiche prescritte. Voglio anche ricordare che il 3 settembre prossimo scadranno i diciotto mesi previsti dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 22.
PRESIDENTE. L'infausto articolo 13, che recepisce l'ex articolo 12.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Vengono a scadenza la prima attivazione, che è stata per sei mesi, e le altre due proroghe di sei mesi ciascuna, per un totale, appunto, di diciotto mesi. La scadenza è il 3 settembre prossimo. Ci troveremo quindi in una situazione molto difficile. L'unica cosa che la regione ha saputo fare di fronte a questa emergenza è una circolare. Così, con una circolare dell'assessore regionale, si è inteso modificare il decreto legislativo n. 22, dicendo che - cosa che ovviamente non può fare - che le competenze che quel decreto pone in capo al presidente della regione, d'intesa con il ministro dell'ambiente, cioè una eventuale, straordinaria, ulteriore proroga, sono ora in capo al presidente della provincia regionale.
L'unica cosa che ha fatto la regione siciliana nei confronti del decreto legislativo n. 22 è - ripeto - una circolare con cui cerca di scaricare sui presidenti delle province compiti che la legge assegna al presidente della regione. E' una situazione insostenibile.
La settimana scorsa è stato a Catania il ministro Ronchi che ho avuto modo di incontrare e al quale ho preannunciato che all'inizio del prossimo mese i comuni della provincia di Catania chiederanno il commissariamento della regione siciliana, se non verrà sbloccato in tempi brevissimi l'iter delle discariche. Il ministro Ronchi ha risposto che conosce bene i ritardi della regione siciliana e non esclude interventi sostitutivi di carattere straordinario (consegno alla Commissione un ritaglio di stampa relativo a questo incontro).
La situazione è tanto più assurda se si pensa che abbiamo presentato un progetto di discarica corredato di una valutazione di impatto ambientale effettuata dal CNR che prevede nuovi metodi (sistema LARA). Informalmente i funzionari della regione che hanno esaminato il progetto e la valutazione di impatto ambientale hanno detto che non ne avevano mai visti di simili e che avrebbero assunto quella valutazione come linea guida per la valutazione di impatto ambientale sulle discariche: lo hanno detto al CNR e non a me.
PRESIDENTE. Ciò ci rende contenti, perché noi siamo stati propugnatori del ricorso, ovunque possibile, al progetto LARA per avere un monitoraggio della situazione che, con quella piattaforma con forte potere risolutivo, consente di avere una descrizione di dettaglio del suolo e dei suoi problemi.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Da un lato abbiamo i funzionari che dicono di non aver mai visto prima qualcosa del genere e che avrebbero proposto di assumere la valutazione come linea guida, e dall'altro abbiamo l'assessorato che blocca il progetto e non lo pone in discussione. Capirei se mi dicessero che lo hanno esaminato e che è sbagliato, ma invece non lo esaminano e non danno alcuna risposta. Questa situazione è diventata intollerabile. A questo punto mi chiedo se vi siano soltanto inerzia e ignavia o se vi sia dell'altro, cioè la volontà di far andare le cose così come vanno.
Mi dispiace che l'assessore regionale sia stato ascoltato dalla Commissione prima di noi, perché le cose che sto dicendo meriterebbero un approfondimento.
PRESIDENTE. Le stiamo approfondendo.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Se volete posso fare un accenno alla circostanza che la provincia regionale di Catania ha fatto un progetto per un termoutilizzatore per l'ambito territoriale ottimale della provincia. Anche questo è fermo dal mese di maggio del 1996 alla regione, la quale aveva detto che avrebbe concentrato su questo impianto i finanziamenti del POF; invece un mese fa, dopo aver fatto aspettare la provincia 23 mesi, ha detto che non se ne faceva nulla.
Non conosco molto bene queste vicende e non so per quali motivi il progetto non sia stato finanziato, però ritengo che anche questo fatto debba essere approfondito.
PRESIDENTE. Tenendo conto delle priorità individuate dal decreto legislativo n. 22 del 1997, mi chiedo se, in una regione a forte vocazione agricola come la Sicilia (ed in particolare la provincia di Catania), si debba prevedere - è questo un suggerimento che viene dalla Commissione - la costituzione di impianti di compostaggio nell'ambito di un bacino ottimale di utenza che, al tempo stesso, è il modo migliore per recuperare la frazione umida e per far decollare la raccolta differenziata che, al di là degli obiettivi modesti prima ricordati, tiene conto della forte vocazione agricola della regione.
Segnalo anche il fatto che per andare alla termodistruzione secondo le norme e gli allegati tecnici del decreto citato, un impianto di termodistruzione prefigura l'esistenza di un impianto di produzione di CDR e cioè di combustibili da rifiuti, ottenuti attraverso la raccolta separata, che poi possa alimentare il termodistruttore.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Il piano provinciale ancora non esiste; vi è una bozza che proprio in questi giorni la provincia e i comuni stanno discutendo. In quell'ambito è prevista la realizzazione di impianti di compostaggio (uno adiacente al termoutilizzatore). Abbiamo posto il problema se sia più opportuno, proprio per le caratteristiche della nostra provincia e per minimizzare i trasporti, realizzare più di un impianto di compostaggio. La provincia ha detto che avrebbe approfondito questo aspetto.
PRESIDENTE. Rimane oscuro il motivo per cui associare un impianto di compostaggio al termodistruttore. Capirei di più una logica di filiera che veda un impianto di produzione del CDR vicino ad un termodistruttore.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. E' previsto un impianto di separazione accanto al termoutilizzatore ed anche quello per il compostaggio. Abbiamo osservato che sarebbe opportuno avere più impianti decentrati di compostaggio a livello provinciale. Il piano della provincia è ancora in fase di elaborazione. Ciò che mi preme sottolineare è che il ritardo della regione nei nostri confronti è di un anno, per quanto riguarda la discarica. Rispetto ad altri comuni so che il ritardo è superiore e in relazione all'impianto della provincia è di due anni. La regione blocca tutto; appena qualche iniziativa arriva alla regione, si ferma. Dispiace dirlo in un momento in cui si parla non solo di decentramento ma anche di federalismo, però le cose stanno così.
Desidero ora fare una considerazione circa i rapporti che abbiamo con alcune imprese per la raccolta. A Catania, circa metà del servizio è svolto in economia direttamente dal comune, mentre l'altra parte è in appalto. Stiamo per superare questa situazione con la realizzazione di un'azienda speciale. Però, vorrei fare qualche riflessione sui servizi di nettezza urbana gestiti in appalto in questi ultimi quattro anni, anche se le mie sono valutazioni politiche e sensazioni, anche se molto nette. Le gare che noi facciamo, dal punto di vista dell'importo, superano la soglia comunitaria e vengono pubblicate sulle gazzette europee. Però il mercato aperto in questo settore non esiste, nel senso che alle gare del comune di Catania partecipano generalmente quattro imprese. Ne partecipavano tre ed appena si è introdotta la quarta c'è stata la terza guerra mondiale.
PRESIDENTE. Ci spieghi meglio.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Quando mi sono insediato, quattro anni fa, erano state indette delle gare per la nettezza urbana su tre lotti, due piccoli ed uno molto grande. La cosa mi è sembrata strana ed ho chiesto per iscritto all'allora direttore della nettezza urbana come mai vi fosse questo squilibrio fra i tre lotti. Mi rispose che era stato fatto un maxilotto con territori adiacenti. Sono andato a verificare la planimetria di Catania ed ho visto che non era affatto così. Ho fatto dividere il maxilotto in modo da avere quattro lotti più equilibrati; ho chiesto la rimozione del direttore della nettezza urbana e l'ho ottenuta (evidentemente con un direttore che mi scrive che il bianco è nero quando io posso controllare non posso avere un rapporto di fiducia; inoltre si trattava di una persona poco efficiente). Alla gara si sono presentate quattro ditte, ma le tre solite hanno vinto gli appalti: una ditta ha vinto i due lotti che avevo fatto dividere. A seguito del fatto che si era presentata una nuova ditta vi è stata una serie di guerre giudiziarie, una sentenza del TAR e così via. Successivamente abbiamo fatto altre gare, alle quali hanno partecipato sempre queste quattro ditte, con un'altissima conflittualità fra di esse.
PRESIDENTE. Può dirci subito i nomi delle ditte?
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Le ditte sono la Manutencoop, società cooperativa, la LEX, una società cooperativa sulla quale tornerò dopo, la SIET, una società individuale e la Dusty, che si è aggregata per ultima.
Successivamente si presentarono alle altre gare sempre queste quattro ditte. Il vicesindaco Paolo Berretta ha rappresentato questo fatto anche alla Commissione antimafia.
PRESIDENTE. Poteva gentilmente rappresentarlo anche a questa Commissione, che svolge un'inchiesta specifica su questi fenomeni.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Lo sto facendo.
Io purtroppo ho parlato di questo fatto in consiglio comunale, e alle ultime gare si sono presentate sei ditte: le solite quattro e due nuove, le quali avevano però i certificati sbagliati, per cui sono rimaste in gara sempre quelle quattro.
Leggo questo fatto insieme con altri elementi che non conosco bene ma che, come siciliano, leggo sui giornali locali: a Siracusa da decenni c'è sempre la stessa ditta; a Ragusa da decenni c'è sempre la stessa ditta. Si ha l'impressione che vi siano delle nicchie - e non una reale concorrenza - all'interno delle quali operano alcuni soggetti. Quando vi sono elementi che turbano questo equilibrio succede - come dicevo prima - il finimondo.
PRESIDENTE. Il dato di fatto è che da molti anni a Catania, per quello che riguarda gli appalti per i rifiuti, concorrono sempre le tre ditte che ha citato, alle quali si è aggiunta una quarta ditta, la Dusty, che ha creato qualche perturbativa con caratteristiche giudiziarie.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Come ho anticipato, ho qualcosa da dire sulla ditta LEX. Proprio questa notte la magistratura catanese ha emesso tre mandati di cattura, di cui due eseguiti, contro dirigenti e rappresentanti della ditta per truffa all'INPS: pare che siano stati falsificati i modelli DM10, che attestano il versamento dei contributi per i lavoratori. Abbiamo appreso la notizia questa mattina; dopodomani avremo la seduta del collegio di difesa per interrompere il rapporto con questa ditta e vedere il da farsi.
L'ultima cosa che voglio dire a proposito del sistema delle gare nel settore della nettezza urbana è la seguente riflessione: noi stiamo per costituire l'azienda speciale per superare la divisione tra una gestione in parte comunale ed in parte in appalto ed anche - lo debbo dire esplicitamente - il sistema degli appalti, che così com'è non ci soddisfa. Abbiamo scelto di andare verso l'azienda speciale. So bene che in Parlamento si sta discutendo...
PRESIDENTE. Ex legge n. 142?
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Sì. So bene, dicevo, che in Parlamento si sta discutendo del superamento delle aziende speciali perché - si dice - oggi la miglior forma di gestione è la società per azioni. Non faccio una discussione ideologica...
PRESIDENTE. Posso però ricordare che la costituzione di un'azienda speciale non esclude che questa possa costituire una società per azioni.
PAOLINO MANISCALCO, Assessore all'ambiente e alla nettezza urbana di Catania. Sì, però mi dicono che in Parlamento si sta discutendo del superamento delle aziende speciali. Non faccio, ripeto, una questione ideologica, perché in altri settori questo va sicuramente bene, ma in questo settore ritengo sia opportuno lasciare alle amministrazioni, per le cose che ho detto prima, la possibilità di costituire un'azienda speciale. Una cosa è se un'impresa non pulita vince una gara d'appalto che dura uno, due o tre anni, altra cosa è se invece, andando a costituire una società per azioni, la scelta del partner, che deve essere fatta con gara di evidenza pubblica, va ad individuare una ditta con queste caratteristiche. Allora quello diventa un elemento gravemente inquinante e di carattere stabile per l'amministrazione: aver costituito una società per azioni con una ditta non pulita. Quindi è giusto che si affrontino i problemi della economicità, efficacia, efficienza e così via; tutti argomenti che porterebbero a privilegiare la scelta della società per azioni, ma ritengo che, come nella scelta che abbiamo fatto noi, vi siano anche altre amministrazioni che hanno l'esigenza di una moratoria rispetto a queste situazioni, nella quale chiudono tutti i rapporti esterni e riorganizzano il servizio, secondo scelte di interesse pubblico. Mi sembrerebbe sbagliato e non aiuterebbe le amministrazioni, soprattutto quelle del Mezzogiorno, se si andasse nella direzione di sminuire, rendere o comunque considerare superata la possibilità dell'azienda speciale. Perché, ripeto, accanto alle motivazioni sull'efficienza del servizio, ve ne sono anche altre che non ritengo debbano essere poste in secondo piano.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Innanzitutto, sul ruolo della regione; se lo stesso assessore che da poco tempo ricopre questa carica ammette che vi sono dei ritardi è presumibile, anzi certo ritenere che tali ritardi sono molto più profondi di quanto non si dica. E' questa una considerazione a margine di esperienze che abbiamo condotto in questi anni di rapporti con una regione che ha sempre dichiarato a parole di voler attivarsi ma che poi è sempre mancata agli appuntamenti importanti.
Un dato per tutti: l'ultima discarica aperta nel territorio di Palermo a Bellolampo, che è una discarica controllata, ha avuto tre anni di gestazione dentro gli uffici della regione per avere tutti i visti ed i pareri necessari: due anni fa abbiamo avuto una grave emergenza rifiuti a Palermo, proprio per l'esaurimento della prima e della seconda vasca, rispetto alla quale, insieme alla provincia regionale, avevamo approntato un piano per le discariche provinciali che si è arenato nei meandri della burocrazia regionale. Il risultato è che se non avessimo fatto presto con i pareri sulla terza vasca e non avessimo fatto presto nel realizzarla, probabilmente a Palermo avremmo vissuto una situazione di crisi gravissima non sapendo materialmente dove smaltire i rifiuti.
Non vi è dubbio che lo statuto regionale, che concede autonomia alla regione, ancora una volta con riferimento al decreto legislativo n. 22, sia usato contro la regione; continua ad esserci indifferenza rispetto alle normative dettate a livello nazionale. Su di esse si può dare un giudizio positivo o negativo e il potere dell'Assemblea è anche quello di modificare le leggi nazionali per adeguarle alla realtà locale, ma ripeto che l'indifferenza è un dato costante.
Non mi dilungo oltre sui giudizi sull'operato dei vari assessori al territorio e all'ambiente che si sono succeduti: la situazione palermitana ci pare in questo momento abbastanza buona.
PRESIDENTE. Abbastanza buona per gli RSU?
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Sì, perché abbiamo un'azienda municipalizzata da... mi viene da dire da sempre; non mi chiedete da quanti anni ma certamente sono molti; abbiamo, dicevo, un'azienda municipalizzata che, per conto del comune, gestisce tutto il ciclo dei rifiuti solidi urbani, dalla raccolta allo smaltimento. Sono note le vicende che riguardavano la vecchia discarica di Bellolampo; era assolutamente fuori legge, ma poi nel tempo era stata risanata. Insieme all'azienda ed alla provincia negli ultimi due anni - è un dato storico per cui non faccio torto a nessuno se mi riferisco all'esperienza della giunta di centro-sinistra che c'è stata alla provincia - abbiamo messo insieme un'azione strategica per quanto riguarda Palermo, ma non solo, approfittando della possibilità di usufruire dei finanziamenti della Comunità europea sui fondi strutturali. La misura riguardava i rifiuti solidi urbani, ma non ne ricordo il numero. Per questa misura abbiamo presentato un pacchetto organico di progetti tendenti, in linea con il decreto Ronchi, a ridurre la massa dei rifiuti che debbono poi andare a discarica o comunque allo smaltimento finale.
E' un pacchetto di progetti per circa 100 miliardi; certamente non verrà finanziato per intero, semmai verrà finanziato. Inviterei quindi la Commissione anche a verificare presso la regione i finanziamenti che erano allocati su questa misura se esistono ancora e altrimenti in base a quale ordine di emergenza sono stati eventualmente dirottati su altre misure.
PRESIDENTE. Lei faceva riferimento, se non ho capito male, a progetti che volevano attingere al quadro comunitario di sostegno?
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Al POP. Sono gli stessi finanziamenti destinati ai tre capoluoghi principali, Palermo, Catania e Messina.
PRESIDENTE. Qual è la procedura? Qual è il ruolo della regione rispetto a questi finanziamenti?
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Il ruolo della regione è solo quello di approvare i progetti e distribuire le somme che la Comunità ha assegnato. E' abbastanza semplice. E' la regione che li esamina e li valuta...
PRESIDENTE. E li avanza in sede europea.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Vi è una Commissione della Comunità europea che verifica.
PRESIDENTE. Questo è certo. Il problema è un altro. Non ho capito e non so se lei lo sappia, se i progetti che voi avete avanzato e che la regione doveva portare a livello di Comunità europea siano stati approvati e finanziati dalla Comunità stessa.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Non sappiamo neanche se la regione li abbia inoltrati. Devo dire che purtroppo l'anno scorso abbiamo avuto una serie di incontri ripetuti con l'assessore regionale, presenti i rappresentanti dei comuni di Catania e di Messina. Si trattava di una richiesta formale di presentare i progetti: comuni e province direttamente interessate hanno avanzato le loro proposte. Chiaramente sono proposte che andranno oltre il budget disponibile della regione, che credo di ricordare si aggiri sui 150 miliardi complessivamente per le tre aree metropolitane, per le tre città e province di Palermo, Catania e Messina. E' passato un anno, mese più mese meno, e non sappiamo se i progetti siano stati valutati, quale sia l'esito di tale valutazione e quindi la risposta ai comuni ed alle province, che in alternativa possono attivare altri canali di finanziamento, per integrare o addirittura sostituire un'eventuale mancanza. Siccome però le vicende della regione sono veramente particolari, non ultima la vicenda del bilancio da far quadrare, il silenzio potrebbe far sorgere il sospetto che si sia preferito dirottare su altre linee di finanziamento questi fondi.
PRESIDENTE. Mi scusi, ma per quello che so, lei ne saprà sicuramente di più, la regione siciliana ha approvato questo bilancio, per cui basterebbe leggerne i capitoli di spesa per verificare se i progetti siano stati approvati o meno.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Di questo purtroppo non abbiamo alcuna notizia ufficiale e quindi non siamo in grado di dare noi...
PRESIDENTE. Esisterà un bollettino regionale su cui vengono pubblicati gli atti della regione?
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Il bilancio non credo che lo pubblichino così facilmente. Comunque, il bilancio è stato approvato...
PRESIDENTE. E' sicuramente pubblicato in Gazzetta; succede così in tutte le regioni, non credo che lo statuto speciale consenta alla regione di non pubblicare il suo bilancio.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Certamente, ma questo dato non l'abbiamo. Non abbiamo avuto alcuna comunicazione dall'assessorato regionale e quindi il sospetto che quanto meno i progetti non siano stati ancora esaminati...
PRESIDENTE. Mi permetta: il sospetto può essere confermato o no consultando la Gazzetta regionale.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Questo per vedere se ci sono i fondi, ma per sapere la fine dei progetti, non credo che pubblicheranno in Gazzetta l'esito della valutazione.
PRESIDENTE. Mi riferivo all'affermazione che non si sa se ci sono i fondi. Se ci sono, dovrebbero risultare dal bilancio, che è pubblicato.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Faremo una verifica. La situazione in questo momento è che abbiamo l'azienda municipalizzata che gestisce l'intero ciclo di rifiuti urbani. Abbiamo attivato l'anno scorso nel mese di luglio, se non ricordo male, la terza vasca, che ha consentito di superare lo stato di crisi e che ha una durata teorica di circa tre anni. Rispetto a questo problema abbiamo attivato questo piano dei ciclo dei rifiuti, per un investimento di circa 100 miliardi, che dovrebbe essenzialmente servire ad attuare tutte quelle politiche di raccolta differenziata e selezione dei rifiuti solidi urbani, e quindi di indirizzo di questi rifiuti ad una serie di utilizzi...
PRESIDENTE. Qual è il livello attuale della raccolta differenziata?
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Siamo dell'ordine del 2 per cento, quindi un livello abbastanza basso. Questo è un impegno che come azienda abbiamo preso, cioè quello di incrementare la raccolta differenziata, ma questa non basta. Vi è tutta una serie di altri programmi che stiamo mettendo in cantiere, sempre che si riesca ad utilizzare le risorse europee e a trovare quelle eventualmente mancanti.
Il programma comprende una serie di opere, che potrei anche elencare brevemente. E' previsto un impianto di trattamento umido per il compost di qualità, un impianto per la raccolta e la selezione differenziata multimateriale, otto centri in città, divisi per le otto municipalità in cui è diviso il territorio del comune di Palermo; i centri ambiente; due impianti di trasferimento rifiuti per ridurre il movimento per la discarica, che si trova alle porte di Palermo; un impianto per il recupero di inerti, uno per la produzione di compost non di qualità, uno per la selezione automatica della frazione secca da quella umida, uno per la produzione di CDR; stiamo poi lavorando su un progetto di utilizzo del biogas della discarica Bellolampo; progetto per il quale abbiamo avuto anche alcuni interessamenti di aziende private. Stiamo provando a vedere la realizzabilità di tale impianto attraverso l'intervento diretto dei privati, cioè il cosiddetto project financing, quello che nella legge regionale è il promotore privato di opere pubbliche. Aspettiamo quindi delle proposte che poi metteremo...
PRESIDENTE. Ovviamente per la produzione di energia elettrica da biogas.
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Sì. La potenza dell'impianto è prevista in un megawatt.
segue MANGANO
Sulla terza vasca, abbiamo avanzato le pratiche per la certificazione di qualità dell'impianto ISO 14000 e stiamo producendo quanto necessario per essere sicuri che si tratti di un impianto funzionante e perfettamente in regola con le norme.
Anche noi, in questi mesi, stiamo provvedendo a trasformare l'azienda municipalizzata in azienda speciale, come primo passaggio. Concordo sulle preoccupazioni espresse dall'assessore Maniscalco sulla prospettiva della società per azioni, perché ci troviamo in una situazione in cui anche le aziende speciali, per paradosso statutario del comune di Palermo, non possono fare società per azioni. A mio avviso bisognerà cambiare rapidamente questa disposizione, che crea una differenza notevole rispetto al quadro normativo. Comunque rimane la scelta fatta dall'amministrazione di trasformare l'azienda municipalizzata in azienda speciale, sulla quale stiamo operando.
L'azienda dà tutte le garanzie di controllo del ciclo e i rapporti con i privati sono estremamente limitati: abbiamo solo un'azienda che assicura lo smaltimento finale dei rifiuti speciali (Teseco), rispetto alla quale non abbiamo alcun motivo di lamentela. Come dicevo, i rapporti con l'esterno sono pressoché nulli.
PRESIDENTE. La Commissione si è già offerta varie volte, nei confronti di diversi comuni, ovviamente su loro richiesta, di effettuare una sorta di esame preliminare del livello di trasparenza delle ditte che il comune o l'azienda speciale vogliono coinvolgere nella gestione. Se il comune di Palermo volesse ricorrere...
ALBERTO MANGANO, Assessore per le aziende municipalizzate del comune di Palermo. Lo terremo in buon conto per le prossime gare, che certamente dovremo fare.
Non abbiamo elementi per ritenere che attorno al tema dei rifiuti a Palermo ci siano interessi poco chiari o comunque che siano permeati all'interno della struttura del comune o, per essa, dell'azienda municipalizzata.
Non do alcun giudizio di qualità sull'azienda, perché sono la persona meno indicata per farlo, però posso dire che è un'azienda che ha fatto molti progressi negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda l'efficacia del servizio che oggi comincia ad essere, anche per la popolazione, quasi soddisfacente (probabilmente non lo sarà mai del tutto in un settore delicato come quello dei rifiuti) e ad avere un indice di gradimento accettabile.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo.
Incontro con il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Lorenzo Matassa.
PRESIDENTE. Ringraziamo il nostro interlocutore. L'audizione riguarda gli aspetti di competenza di questa Commissione che hanno a che vedere con le iniziative della procura di Palermo, che lei oggi qui rappresenta.
In questo quadro, vorremmo sapere se nella gestione del ciclo dei rifiuti emergano, per quello che riguarda indagini in atto presso la procura, evidenze di infiltrazioni o presenza di criminalità organizzata. In particolare in connessione con il filone di ricerca, svolta dalla precedente Commissione nella scorsa legislatura, vorremmo sapere se la procura di Palermo sia al corrente di traffici internazionali di rifiuti che abbiano la Sicilia come possibile luogo terminale di smaltimento, con presenza di aziende e società non italiane collocate in alcuni punti d'Europa (si è parlato della Svizzera e dell'Olanda).
Ovviamente, parti che debbono rimanere riservate saranno sottoposte ad una particolare disciplina.
LORENZO MATASSA, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Nel ringraziarvi per questo invito, debbo dirvi che non sono impreparato in senso tecnico a fornire risposte, perché se sono stato invitato qui e in questo senso sono stato delegato dal procuratore capo di Palermo sicuramente vi è un motivo (in effetti, sono titolare di più di un'indagine che può esservi utile nella ricomposizione di questo mosaico). Però devo fare una premessa probabilmente essenziale: sono stato onerato di questo incarico ieri ed ho finito l'udienza di ieri alle 8 di sera; questa mattina ho dovuto svolgere in ufficio una serie di attività con carattere di emergenza, per cui mi trovo a dovervi rispondere in modo un po' improvvisato.
Ho ricevuto tre o quattro giorni fa la nota con la quale mi invitavate alla trasmissione di atti o documenti. L'ho trasmessa al procuratore capo di Palermo per via gerarchica, affinché fossi formalmente autorizzato ad interloquire con voi.
PRESIDENTE. Non appartiene alla pratica di questa Commissione richiedere atti.
LORENZO MATASSA, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Ma questo è avvenuto.
PRESIDENTE. Abbiamo richiesto a tutti i comandi delle forze dell'ordine addette al contrasto di questi fenomeni che, nel momento in cui avviano per iniziativa dell'autorità giudiziaria o per iniziativa autonoma delle forze dell'ordine dei procedimenti informativi, subordinatamente all'approvazione da parte dell'autorità giudiziaria, ce ne diano notizia. Ciò non significa trasmissione degli atti.
LORENZO MATASSA, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Forse il mio ricordo è inesatto. Purtroppo non ho con me l'atto, perché l'ho trasmesso al procuratore capo di Palermo per un doveroso visto autorizzatorio.
Non so in che modo e in che termini oggi io possa essere abilitato a rispondere su atti dell'ufficio, essendo stato delegato all'ultimo
momento e non avendo avuto un interscambio con i miei interlocutori naturali, cioè i procuratori aggiunti e soprattutto il procuratore capo (che è attualmente assente e lo sarà per qualche giorno), in una situazione di contestualità temporale.
Se lo ritenete opportuno, sottolineato il fatto che penso che questa audizione sarà lunga e considerato che i temi che avete delineato non sono di facile trattazione, vorrei rinviare questa mia audizione anche solo di qualche giorno per poter interloquire con il procuratore e quindi avere una veste delegata più piena e per essere più puntuale sulla materia che dobbiamo trattare.
PRESIDENTE. Prendendo atto delle difficoltà che lei avrebbe oggi nel farci un'esposizione esauriente, ci rivolgeremo di nuovo al procuratore di Palermo affinché l'incaricato delle indagini che hanno attinenza con i compiti della Commissione (probabilmente lei) possa essere ascoltato dalla Commissione.
Fa parte della memoria - non di questa Commissione bicamerale istituita meno di un anno fa, ma sicuramente della mia in quanto presiedevo la precedente Commissione - la presenza presso la procura di Palermo di fascicoli aperti in ordine a diverse indagini giudiziarie portate avanti da alcuni sostituti, dei quali ricordo anche il nome. Può essere che le indagini siano già concluse, considerato l'ampio intervallo di tempo, però avendo in mente questo pregresso e l'ulteriore attività di indagine svolta dalla procura, ritengo utile per la Commissione ascoltare lei o chi la procura vorrà delegare.
LORENZO MATASSA, Sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Palermo. Sicuramente, penso che sarà un lavoro migliore di quello che potrebbe farsi oggi dopo una verifica dei fascicoli giacenti e dopo controlli con i magistrati che eventualmente li stiano istruendo, con riferimento in particolare alle definizioni istruttorie ed investigative. Già da adesso, però, posso rassegnare alla Commissione una questione che forse è propria anche di grossa parte dell'attività investigativa. E' difficile discernere ciò che è mera affermazione labiale, impulso di natura politica o latamente sociale al fenomeno e ciò che invece è ricostruzione dal punto di vista investigativo e criminologico, se posso usare questo termine, delle investigazioni e del loro sbocco procedimentale. Una cosa è dire che si ha una fascicolo in relazione all'affondamento di una data nave nella quale probabilmente vi erano rifiuti nucleari ed altri è affermare che una determinata indagine ha portato al sicuro accertamento di queste realtà, per cui sono stati assicurati alla giustizia i responsabili dei fatti. Penso che alla Commissione interessi più il risultato delle indagini, almeno per quella che può essere l'audizione di un sostituto procuratore, piuttosto che la denuncia a volte recepita in termini di platealità e a livello di diffusione giornalistica.
PRESIDENTE. Francamente alla Commissione la platealità non interessa. Abbiamo invece interesse a conoscere un quadro organico di determinate vicende, ad esempio quelle riguardanti le cosiddette navi "a perdere". Già nella relazione conclusiva della precedente Commissione di inchiesta si è cercato di fare il punto al riguardo. Vi è stato un forte impegno della Commissione per rendere possibile - vi furono una serie di difficoltà - quelle che furono poi le indagini di campo svolte in alcune aree del paese. Da questo punto di vista, siamo ovviamente interessati a quelli che sono gli esiti investigativi delle procure ma anche alla ricostruzione di un quadro generale. La Commissione ha attivato gruppi di lavoro ad hoc sulle varie questioni.
LORENZO MATASSA, Sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Palermo. Posso anticipare in questa sede - mi sento sicuramente abilitato a farlo - che investigo ed approfondisco una ipotesi, quella della denuncia di Green Peace international; si parte cioè dagli approfondimenti investigativi che sarebbero stati svolti in Europa, in Olanda ed in altri paesi, in merito a non ben - almeno allo stato - utilmente chiarite cointeressenze e fenomenologie mafiose in materia di smaltimento di rifiuti tossici, nocivi, nucleari e quindi anche fonti e canali finanziari collegati a questo tipo di attività. Questo è l'ambito in cui vi potrò - se e nel modo in cui lo chiederete - essere utile alla Commissione.
PRESIDENTE. A questo proposito desidero rivolgerle una richiesta, che riveste però carattere riservato. Dispongo quindi che l'incontro prosegua con segretazione del relativo resoconto.
(L'incontro procede con segretazione del verbale).
Riprendiamo ora il regime ordinario di pubblicità.
Per quanto riguarda il suo riferimento ad una richiesta di atti da parte della Commissione, desidero fare una precisazione. Posso senz'altro escludere che sia stata avanzata una richiesta di atti da parte nostra per il semplice fatto che essendo la nostra una Commissione di inchiesta, i poteri e le limitazioni che la riguardano anche per quanto riguarda l'accesso agli atti della magistratura, sono disciplinati dall'articolo 82 della Costituzione e dal regolamento interno. Abbiamo invece notizia che la richiesta di cui si è detto sia pervenuta da parte della Commissione parlamentare antimafia.
LORENZO MATASSA, Sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Palermo. Devo aver confuso l'intestazione della lettera. Comunque, ho trasmesso la nota in questione al procuratore capo, che ritengo sia l'unico a poter eventualmente abilitare un sostituto a riferire su quelle che sono le indagini in corso. Premesso che l'interscambio è dato normativo acquisito e naturale, anche tale interscambio, essendo io delegato dal mio procuratore, è bene che abbia una preventiva autorizzazione. Ripeto che il fatto è dovuto solo alla circostanza che il procuratore è assente e lo sarà ancora per qualche giorno. Per questo motivo penso che sarebbe bene aggiornare l'incontro, perché possa venire anche più preparato a rispondere alle richieste della Commissione.
PRESIDENTE. D'accordo, ci risentiremo in altra sede e momento.
Incontro con i rappresentanti delle associazioni industriali di Sicilia e della provincia di Siracusa.
PRESIDENTE. Saluto i nostri ospiti che sono la dottoressa Antonia Miceli, direttore della federazione regionale industrie Sicilia, il dottor Vittorio Pianese, presidente dell'associazione provinciale industria Siracusa, ed il dottor Sebastiano Lentini, presidente provinciale piccole industrie Siracusa. I compiti della Commissione d'inchiesta riguardano il ciclo dei rifiuti, rispetto al quale abbiamo verificato una sostanziale arretratezza e alcuni ritardi di cui ci ha parlato l'assessore regionale all'ambiente. In questo quadro, le imprese che operano nel settore non hanno certezze, per cui sono scoraggiate ad operare in modo positivo, peraltro in circuiti poco trasparenti e spesso anche illegali.
Ci pare che vi sia una forte caduta per quanto riguarda l'inserimento del mondo imprenditoriale in un settore ricco per le imprese dal punto di vista impiantistico e dei prodotti recuperabili.
Vorremmo conoscere la vostra opinione su una situazione che ci sembra ben lontana dall'essere affrontata in termini moderni.
ANTONIA DI MICELI, Direttore della federazione regionale industrie Sicilia. Siamo un'organizzazione di categoria di secondo grado, per cui associamo le associazioni territoriali e non abbiamo rapporti diretti con le imprese. Però, per i grandi temi quale quello dell'ambiente svolgiamo una funzione di informazione e monitoraggio sulle normative che comportano adempimenti ed obblighi da parte del sistema produttivo che opera in quel particolare settore.
Anche noi registriamo i notevolissimi ritardi nell'attrezzatura del territorio per finalità ambientali di prevenzione ma anche di tutela dell'ambiente e i numerosi condizionamenti che derivano per il sistema delle imprese da una normativa troppo vasta e pesante, che si sovrappone e viene cambiata ricorrentemente. Essa trova attuazione nei provvedimenti previsti dalle leggi istitutive (mi riferisco per ultimo al decreto Ronchi) con grandi ritardi, per cui vi è una sostanziale difficoltà delle imprese che operano o si accingono ad operare nel settore a rispettare tutti gli adempimenti avere certezza del diritto, tanto che alla fine nessuno è mai certo di essere in regola dal punto di vista delle autorizzazioni e degli adempimenti burocratici.
Attraverso la commissione regionale per l'albo delle imprese smaltitrici che ha sede presso la camera di commercio di Palermo, abbiamo monitorato il lungo iter che ha portato, nel tempo, a smaltire un arretrato notevolissimo, anche per ritardi del Ministero dell'ambiente nell'attrezzare le camere di commercio e quindi nel dare risorse per far funzionare la commissione. Ciò per consentire alle imprese di essere iscritte nell'albo e avere le carte in regola per operare in Sicilia. Per un certo periodo abbiamo riscontrato che intervenivano imprese di altre regioni perché le nostre non avevano avuto la possibilità dell'iscrizione. In altre parole, hanno perso il lavoro imprese che, pur avendo i requisiti e avendo presentato le istanze da anni, hanno potuto ottenere l'iscrizione con molto ritardo.
Non so se abbiate avuto modo di sentire il presidente della camera di commercio di Palermo che è anche presidente della commissione, comunque posso dirvi che abbiamo rilevato (anche attraverso esperti segnalati dal Ministero dell'ambiente e scelti sulla base di definizioni delle associazioni di categoria) che alla sezione regionale sono state presentate circa 840 domande da imprese che operano nei vari settori della raccolta, del trattamento, dello smaltimento, dello stoccaggio e del riciclaggio dei rifiuti. Tali domande sono state recuperate dai ritardi pluriennali ed esaminate dalla segreteria nella fase istruttoria e dalla commissione. Attualmente abbiamo una sezione ordinaria (categoria 3, rifiuti speciali) con 217 aziende iscritte che hanno tutti i requisiti e possono operare sul territorio. Per la categoria 4 (tossici e nocivi) sono iscritte 44 aziende siciliane. Ne sono state cancellate 5 non per illeciti ma perché hanno dismesso l'attività.
Uno dei problemi che abbiamo rilevato in relazione alla normativa Ronchi è che la procedura accelerata prevista per l'iscrizione alla categoria 3 forse è troppo accelerata, nel senso che entro dieci giorni la Commissione, dopo la fase istruttoria e decisionale, sulla base della documentazione che presentano le imprese (moralità, attrezzatura tecnica), dovrebbe consentire l'iscrizione. Prendendo per buone e fondatamente acquisite (nel senso che nessuno dichiara il falso alla commissione) queste istanze, non vi è la possibilità di approfondirle sul piano istruttorio, per cui si corre il rischio che una iscrizione sortisca effetti non positivi sul piano dell'affidabilità dell'impresa.
Il problema è anche quello di una struttura amministrativa all'interno della camera di commercio, ma anche di composizione della commissione, che non consente di rispettare tempi più veloci nell'esame e nell'istruttoria delle pratiche.
PRESIDENTE. Mi scusi. Queste è un'osservazione di cui terremo senz'altro conto, ma - per capirci - nel momento in cui le procedure avessero tempi tali da consentirvi di poter meglio fare anche voi una valutazione, quali sono i codici che segui?. L'associazione dei demolitori di automobili, ad esempio, che abbiamo già avuto modo di ascoltare in Commissione, ci ha fatto presente che, essendo quello un settore in cui esistono molti illeciti e neanche marginali, hanno fissato un codice di comportamento, che è un po' la chiave d'accesso alla loro associazione: quelli che non rispettano quel codice di comportamento e non presentano determinati requisiti non vengono associati, proprio perché l'associazione vuole caratterizzare i propri associati su un determinato piano di qualità. Non ricordo il numero, ma a livello nazionale gli associati sono molte centinaia, forse molte migliaia.
Avete qualcosa di simile a questi codici di comportamento, a queste forme di selezione o autoselezione, sulla base di precisi criteri?
ANTONIA DI MICELI, Direttore della federazione regionale industrie Sicilia. Come associazione e rappresentanti di interessi professionali territoriali, a livello confederale abbiamo dei codici che definiamo come statuti; essi prevedono la iscrizione delle imprese che, che come libera scelta, vogliono aderire alla nostra associazione territoriale per avere i servizi che noi forniamo alle imprese associate. Non vi sono regole speciali in funzione dell'appartenenza settoriale delle imprese. Naturalmente - come possono testimoniare i colleghi qui presenti - quando abbiamo imprese che operano in particolari comparti, esse ricevono servizi ed informazioni per applicare e mettersi in regola con le normative del settore. Non possiamo certo tenere come associati imprenditori che abbiano una discarica di rifiuti illegale; essi sanno bene quali sono le procedure, le prassi, le modalità che devono seguire nella loro attività imprenditoriale. In questo senso si tratta di una sorta di codice etico.
VITTORIO PIANESE, Presidente Associazione provinciale industria Siracusa. Ringrazio innanzitutto per questa convocazione. Mi sembra che il problema che veniva posto prima in evidenza per quanto riguarda il riciclaggio dei rifiuti sia lontano dalla nostra realtà. Ad esempio, nella associazione degli industriali di Siracusa le aziende che trattano rifiuti sono quattro; quindi fondamentalmente non abbiamo questo problema. Chiramente se una di queste aziende fosse al di fuori della legge, ricorreremmo al nostro codice etico e l'impresa non potrebbe essere associata.
Notavo la sua sottolineatura della arretratezza della situazione siciliana nel senso che non credo che essa sia ascrivibile soltanto alla regione in quanto organizzazione; credo che manchi fondamentalmente nella nostra isola un discorso che coinvolga la popolazione e le categorie produttive sulla problematica dei rifiuti. Probabilmente quello che è successo in passato, quando sono state scoperte situazioni illecite relative a rifiuti importati dal nord - abbiamo avuto ad esempio il caso dei rifiuti ospedalieri ritrovati a Lentini - ha creato una situazione psicologica per cui la questione rifiuti non viene associata ad una attività per la quale si può fare una impresa in termini onesti, come servizio territoriale per la collettività. In una zona come quella di Siracusa, che è fortemente industrializzata ed in cui potrebbe quindi esservi una forte attività di riutilizzo dei rifiuti o la loro collocazione in discarica, oppure anche creando quello che è ormai scritto da tanti anni nel piano regionale e nel piano di risanamento ambientale, cioè la creazione di una piattaforma per lo smaltimento dei rifiuti, tutto si scontra con una situazione difficilissima per le autorizzazioni necessarie, per cui praticamente il rifiuto va bene finché viene smaltito nel giardino della casa vicina ma non nella propria. Si innestano così delle battaglie fra comuni e spesso un sindaco riesce ad essere eletto sulla base del rifiuto che ha opposto e oppone in questa materia. E' un grossissimo problema su cui occorre lavorare. Tenete conto che nel tentativo che stiamo facendo insieme alle forze sociali ed imprenditoriali per creare e rilanciare le piccole e medie imprese, proprio in una richiesta di sovvenzione globale alla Comunità europea, che è stata approvata per la provincia di Siracusa, abbiamo inserito tra le linee di investimento quella che gira intorno ai rifiuti, considerando non solo gli aspetti relativi allo scarico e all'incenerimento, ma anche tutto il ciclo che parte dalla riduzione della produzione di rifiuti.
Quando non vi sono siti o non vi è comunque disponibilità sul territorio, le grandi aziende possono mandare i loro rifiuti fuori, ma non così può fare chi è meno attrezzato, e quindi si arrangia come può. Vi sono tra l'altro situazioni particolari. Una delle cose di cui possiamo essere orgogliosi, ad esempio, nella nostra zona industriale è il depuratore consortile costruito dalla Cassa del Mezzogiorno e gestito da una società mista pubblico-privato. Il depuratore produce dei fanghi ed uno dei tradizionali canali di riciclaggio e smaltimento di tali rifiuti sono i cementifici. E' qualcosa che negli Stati Uniti credo vada avanti da almeno vent'anni se non trenta; da noi è stata invece una grandissima pena riuscire finalmente con la regione siciliana ad avere l'autorizzazione; siamo andati avanti per un paio d'anni con il trattamento di questi rifiuti sia nella cementeria di Augusta, che è vicina alla zona industriale sia all'Insicem di Ragusa; ora invece il decreto Ronchi, portando dentro il discorso dei metalli e la relativa concentrazione, ha tolto di mezzo questa possibilità. Naturalmente abbiamo fatto la domanda alla regione per vedere se sia possibile avere una esenzione, perché viene a mancare uno strumento ed un metodo molto valido per lo smaltimento.
Credo quindi che occorra fondamentalmente agire in tre direzioni: cercare di togliere psicologicamente il rifiuto organico che c'è nei confronti di uno smaltimento lecito dei rifiuti; provare la possibilità di una legislazione regionale, perché la regione ha competenza specifica ed unica al riguardo, che consenta di accelerare le pratiche; trovare infine il modo, attraverso le conferenze di servizio, di superare le opposizioni endemiche da parte dei singoli comuni.
PRESIDENTE. Posso dirle che la Commissione tornerà sicuramente in Sicilia per raccogliere ulteriori elementi rispetto alle visite già svolte. L'isola è grande e non abbiamo avuto il tempo di visitarla tutta. Quella di Siracusa è una delle zone che non abbiamo potuto visitare, ma è sicuramente nell'attenzione della Commissione. In questo senso penso che prenderemo nuovamente contatto cno voi per tutta una serie di domande. Per quello che abbiamo visto a Gela, ma abbiamo informazioni analoghe per Priolo Vergallo, fra gli elementi di arretratezza e ritardo vi è sicuramente l'atteggiamento di Enichem e Agip-petroli che, anche se non solo in Sicilia, per quel che riguarda la gestione dei rifiuti pericolosi, lascia molto a desiderare. Avremo occasione senz'altro di ascoltare i responsabili nazionali di queste grandi industrie.
La questione fanghi è molto più delicata e credo di poter dire subito che non appare facile pensare a scorciatoie regionali. Credo occorra riferirsi invece ad un miglioramento delle tecnologie per conseguire livelli come quelli che si trovano in giro per l'Europa. Ma anche su questo avremo modo di tornare.
SEBASTIANO LENTINI, Presidente provinciale piccole industrie Siracusa. Il mio ruolo è quello di presidente dell'API Siracusa e vicepresidente vicario dell'API Sicilia, che è la federazione regionale delle piccole e medie industrie. Anche a nome del presidente Scuderi, che mi ha pregato di porgere le sue scuse per non poter essere presente a questo incontro per concomitanti ed improrogabili impegni, ringrazio la Commissione per l'occasione offerta con questo incontro di rappresentare alcuni problemi di cui si parla spesso ma sui quali non riusciamo purtroppo mai a registrare passi avanti.
L'avvocato Pianese diceva prima che la regione è l'amministrazione che dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento in questa materia e ciò alla luce non solo del DPR 915 ma anche del decreto Ronchi. Su quest'ultimo provvedimento abbiamo lavorato molto come piccole e medie imprese. Proprio a Siracusa abbiamo organizzato un convegno di respiro regionale, in collaborazione con il Bollettino rifiuti ed ambiente, la dottoressa Ficco, i rappresentanti del ministero, Angelini e Fossati, cioè con chi ha materialmente lavorato prima sul decreto Ronchi e poi sul decreto Ronchi-bis. Tutto questo era ovviamente finalizzato ad assicurare una maggiore sensibilizzazione dei nostri imprenditori. Io sono un operatore del settore, nelle attività di raccolta, trasporto e conferimento e conosco bene quali sono le condizioni in cui si trovano gli operatori. La grande industria, rispetto ai tempi passati, ha molto sensibilizzato le piccole imprese che operano nel settore e nell'indotto ed alcune di queste grandi industrie sono diversi passi avanti rispetto ad altre. Possiamo dire che vi è ormai uno standard che ci consente di avere un ambiente tutto sommato vivibile.
Per quanto riguarda le attività, abbiamo il grosso problema della mancanza di impianti di discarica; questo si pone per i rifiuti speciali, cioè non pericolosi, ma a maggior ragione anche per quelli pericolosi. Vi è anche una particolare carenza di impianti di discarica per rifiuti urbani; molte delle discariche esistenti sono autorizzate ai sensi del famoso articolo 12 del DPR 915 e questo crea grandi problemi alle piccole e medie imprese per i rifiuti assimilabili agli urbani, che sono tanti. Il decreto Ronchi, con l'innovazione della gestione degli imballaggi, modifica un po' la situazione, ma prima che si possa arrivare a regime in una materia così complessa, credo occorreranno più anni di quelli indicati nel decreto. Manca, come diceva anche l'avvocato Pianese, una piattaforma per lo smaltimento dei rifiuti. A Siracusa, forse per primi in Sicilia, avevamo individuato un'area per un impianto di discarica, tra l'altro approvato come sito anche nel piano regolatore della città. Vi era addirittura l'idea di un project financing per la realizzazione di questo impianto, considerato che le risorse a disposizione non sono affatto sufficienti.
Altro problema è quello del trasporto. Molte committenti chiedono il conto terzi, ma questo non è scritto da alcuna parte. Questo crea un regime di monopolio obbligato che pone in difficoltà imprese che per molto tempo hanno investito e lavorato nel settore, visto che i conto terzi sono bloccati.
Ultima, ma non per questo meno importante, la costituzione dell'ARPA, un'agenzia che qui in Sicilia non è stata ancora insediata e non decolla.
PRESIDENTE. Il problema non è solo siciliano.
SEBASTIANO LENTINI, Presidente provinciale piccole industrie Siracusa. Tutto ciò che è stato rappresentato dai colleghi mi trova perfettamente d'accordo e, per quanto mi riguarda, ho cercato di integrare i fatti che in qualche maniera risaltano maggiormente. Mi auguro che da questa interlocuzione sortiscano effetti e comunque ritengo che sarà utile la visita a Siracusa che ha preannunciato il presidente.
Credo che i consorzi del gruppo industriale, se opportunamente riformati, potranno dare un grosso contributo sulla gestione e sulla individuazione - visto che si parlava di competenze comunali - dei siti nei quali insediare le discariche. Cito, ad esempio, il caso di Melilli, la cui vecchia amministrazione aveva dato una sorta di autorizzazione preliminare per un progetto di massima di insediamento di una discarica, ma la nuova amministrazione l'ha revocata in quanto più ambientalista della precedente. Intendo dire che è necessario un ente che coordini - quindi la provincia regionale - sulla base di un piano regionale, che pare sia pronto dal 1985, ma probabilmente non è adeguato e comunque non ha mai visto la luce, creando così grossi problemi al settore e soprattutto all'ambiente e alla collettività.
PRESIDENTE. Segnaliamo che la Commissione ha istituito un gruppo di lavoro ad hoc sull'impatto legislativo del decreto Ronchi, sulle amministrazioni e sulle imprese. Al di là delle osservazioni che avete fatto oggi, questo può essere un canale per far pervenire riflessioni e proposte che, attraverso i documenti della Commissione, possono costituire atti di orientamento e di indirizzo per il Parlamento e per il Governo. Tenete conto che esiste anche questa possibilità per riflettere sul procedere della legislazione e sull'impatto sui soggetti interessati.
Vi ringraziamo.
Incontro con i rappresentanti delle associazioni ambientaliste.
PRESIDENTE. Saluto i nostri ospiti. Conoscete le competenze e i compiti di questa Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Abbiamo fatto una prima visita in varie aree della Sicilia e abbiamo capito che dovremo tornare perché diverse situazioni richiedono un'ulteriore attenzione. Quello che abbiamo di fronte è un quadro di arretratezza e ritardi, nel senso che sostanzialmente non ci sono impianti, tranne la discarica di Bellolampo.
Abbiamo visto direttamente il ricorso all'articolo 13 per l'emergenza e abbiamo verificato una situazione, per quanto riguarda i rifiuti pericolosi, che abbiamo già reso pubblica attraverso un'indagine della Commissione. Nel complesso il quadro presenta dei punti preoccupanti.
Siamo qui ad ascoltare quanto ci direte e a ricevere la vostra documentazione.
GIUSEPPE ZASO, Responsabile regionale del settore rifiuti di Legambiente. Il dettaglio delle questioni che quasi quotidianamente trattiamo a seguito di segnalazioni e denunce viene raccolto in un dossier che forniremo alla Commissione. In conclusione produrremo un documento elaborato da tutti i circoli di Legambiente Sicilia contenente la sintesi delle nostre preoccupazioni. Con tale documento, che ha origine dal decreto Ronchi, si è cercato di fare il punto della situazione: esso, infatti, inizia con un'analisi storica nella quale si evidenzia un'assoluta mancanza normativa e un'assoluta assenza della regione (la situazione non è mutata).
Immagino che già sappiate che del piano regionale dei rifiuti della regione Sicilia, che risale al 1989, non è stato attuato quasi nulla, se non in qualche discarica. Ciò che, magari con modifiche, poteva rappresentare un buon inizio, purtroppo è rimasto tale e fino ad oggi non abbiamo notizie certe - tranne qualche indiscrezione di corridoio - sul piano regionale dei rifiuti. Secondo noi questa è l'origine di tutti i nostri problemi, dalla quale discendono anche la questione delle cave abusive o meno e una serie di sospetti che sarebbero di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria (cito i casi di Pasquasia e Castelvetrano).
Stiamo raccogliendo dati su tutti i casi emblematici che si verificano in Sicilia e produrremo un rapporto abbastanza dettagliato.
In quasi un anno di vigenza del decreto Ronchi sono nate scuole di pensiero sulla sua recepibilità o meno. Ad un incontro svoltosi un anno e mezzo fa a Palazzo dei Normanni alla presenza del ministro Ronchi queste scuole di pensiero sono state esplicitate, senza che nessuno dicesse ad esempio che la legge n. 315 non è stata recepita ma è stata applicata, perché si ritiene che i rifiuti non siano di competenza esclusiva della regione Sicilia.
Noi riteniamo che il meccanismo si sia avvitato per cui le nostre situazioni vengono sempre affrontate come emergenze ed in queste condizioni sono giustificate tutte le soluzioni che apparentemente possono risolvere i problemi. Uno dei pochi atti eclatanti dell'assessore Grimaldi è stato un convegno a Castello di Reggio (Palermo) in cui vi è stata l'apoteosi dell'incenerimento, tanto che è stato scomodato in quell'occasione addirittura Imhoff delle famose fosse. Fondamentalmente la questione è che siamo in emergenza e il mezzo per superarla è l'incenerimento, un sistema che ha coinvolto anche alcune amministrazioni come quella provinciale appena passata che nel tempo ha maturato orientamenti diversi: spero che diventi concreto il consorzio che a Termini Imerese che raggruppa una serie di comuni e che sta tentando di percorrere strade diverse.
La nostra principale preoccupazione riguarda il vuoto legislativo e l'assenza della regione Sicilia, che si manifesta anche attraverso gli organi tutori: non riusciamo, infatti, ad avere un rapporto immediato con la guardia forestale, così come invece l'abbiamo con il NOE, con la Guardia di finanza e con la procura circondariale di Palermo che si sta dimostrando estremamente sensibile (cito per tutti Pizzo Sella).
Sulla questione dei rifiuti, Legambiente è coinvolta in una specie di battaglia con la Fincantieri a proposito della questione dell'amianto, partendo dalla decoibentazione fatta, come al solito, da ditte che sono sparite immediatamente quando è arrivata la capitaneria di porto. Comunque, il problema dell'amianto rimane e la vicenda non è conclusa: infatti, abbiamo "beccato" un'altra nave che sta per essere decoibentata nello stesso modo.
La domanda che abbiamo formulato e che ancora non ha ricevuto una risposta - credo che non abbia ricevuto risposta neppure il procuratore Pignadone - è la seguente: i rifiuti dell'amianto dove vanno a finire?
Un'altra preoccupazione espressa nel nostro documento riguarda il fatto che, dal punto di vista imprenditoriale ed anche degli incentivi da parte della regione, non vediamo un interesse verso la raccolta differenziata. D'altro canto nessuna raccolta differenziata può essere attivata se non ha a valle un sistema imprenditoriale che si muove in quella direzione. Siamo di fronte all'assoluta mancanza di iniziative, di idee e, per quanto riguarda la regione, di incentivi.
ANDREA LONGO, Segretario regionale WWF. Non mi dilungherò sugli aspetti trattati che pure sono centrali e rappresentano il nodo basilare della questione, quello cioè delle competenze e della relazione tra normativa nazionale, decreto Ronchi e statuto autonomo della regione Sicilia, a nostro avviso ormai anacronistico.
Un aspetto di particolare rilevanza è quello dei piani dei rifiuti che, come diceva il rappresentante di Legambiente, sono fuori tempo e non si conciliano con le nuove normative.
Mi limiterò a sottolineare alcuni aspetti che ad avviso del WWF sono inquietanti. Essi riguardano le autorizzazioni su alcune richieste di discarica, soprattutto per quanto riguarda i rifiuti speciali e pericolosi, ed in particolare la faciloneria con la quale alcuni organi della regione le concedono. Cito in proposito il recente esempio relativo al comune di Campofranco, dove l'assessorato regionale per il territorio e l'ambiente ha autorizzato una discarica, in base all'articolo 13, in una zona interessante dal punto di vista geologico, una delle poche zone in Sicilia ed in Italia di particolare interesse per la presenza di una serie di cristalli di gesso.
PRESIDENTE. Lei sta parlando di rifiuti ex articolo 13, rifiuti solidi urbani?
ANDREA LONGO, Segretario regionale WWF. Sì. Per andare, invece, ad altro genere di rifiuti, un esempio è quello con cui le sovrintendenze danno il nulla osta, i pareri positivi per la localizzazione. E' il caso di una ditta, la ALAC, che dalla provincia di Catania chiede il deposito di rifiuti nella provincia di Caltanissetta, quindi al centro della Sicilia.
PRESIDENTE. Che tipo di rifiuti?
ANDREA LONGO, Segretario regionale WWF. Rifiuti speciali pericolosi, che in maniera tombale si vogliono depositare in provincia di Caltanissetta. In questo caso, in pieno vincolo paesaggistico, il nulla osta viene dato da parte della sovrintendenza con una nota che credo sia graziosa: l'autorizzazione viene data con una condizione, cui la ditta deve adeguarsi: considerate 190 mila metri cubi di rifiuti che, ripeto, in maniera tombale si richiede di mettere in zona a vincolo paesaggistico, la sovrintendenza dà il suo OK purché la rete metallica di recinzione, i paletti ed il traliccio del cancello scorrevole siano tinteggiati di colore verde. Dopo di che tutto va bene per quanto riguarda il vincolo paesaggistico.
Porto solo degli esempi, anche per motivi di tempo, ma lascerò poi la relativa documentazione. Un'altra ditta fa la stessa richiesta; questa volta non dalla provincia di Catania ma sempre all'interno di quella di Caltanissetta per una discarica nella stessa provincia, a due chilometri di distanza e per lo stesso tipo di rifiuti; questa volta però il vincolo è idrogeologico, in un periodo peraltro in cui sappiamo bene i problemi idrogeologici del nostro territorio. Ebbene, il nulla osta viene dato per rifiuti speciali pericolosi da parte dell'azienda foreste, nel caso specifico di un ispettorato di questa azienda. Anche in questo caso non sorge alcun problema, la ditta non è più l'ALAC ma la Ecologia Alternativa Srl ed il nulla osta viene dato, precisando unicamente che si consiglia la messa a dimora di alcune piante: acacie, ginestra ed una specie di pino.
Sono questi solo due esempi, tre con quello di Campofranco. Purtroppo di situazioni del genere in Sicilia ce ne sono diverse.
FELICE AMATO, Responsabile per la provincia di Messina di "Ambiente e vita". Non è un'impresa facile tracciare un quadro esaustivo della problematica della gestione dei rifiuti nella regione Sicilia. Il panorama normativo appare denso di circolari, provvedimenti, leggi attuative e parrebbe quindi dimostrare un interesse relativamente al problema dei rifiuti a livello regionale. A ben guardare di fatto, però, si notano strutture insufficienti a garantire il corretto smaltimento dei quantitativi prodotti.
Nonostante i buoni propositi del piano di smaltimento dei rifiuti industriali, anche per le situazioni di emergenza a fronte dell'articolo 5 della legge n. 475 del 1988, le previsioni sono state del tutto disattese ed oggi è grave l'assenza di depuratori di rifiuti liquidi e di acque di percolato per conto terzi, per cui è facile immaginare la fine che fanno tali tipologie (cave, discariche abusive, fognature, eccetera).
A ciò si aggiunge che altrettanto carenti sono le strutture di stoccaggio, le discariche di rifiuti industriali per conto terzi, di impianti di trattamento e i forni di incenerimento conto terzi, che sono del tutto assenti. Inoltre, la mancanza di controlli sul territorio, se si eccettuano rari esempi, ha favorito e favorisce il fenomeno dello smaltimento selvaggio con gravi pericoli per l'ambiente in senso ampio e per la salute della popolazione.
A fronte di tale situazione, appare ancora più preoccupante lo scenario che si delinea all'orizzonte relativamente agli interventi previsti dal piano di disinquinamento per il risanamento del territorio delle province di Caltanissetta e Siracusa, dichiarate aree ad alto rischio ambientale.
PRESIDENTE. Lei sta riferendosi alla parte di Gela e Priolo Gargallo?
FELICE AMATO, Responsabile per la provincia di Messina di "Ambiente e vita". Sì, la provincia di Caltanissetta con i comuni di Gela, Butera e Misceni, e quello della provincia di Siracusa, con i comuni di Augusta, Priolo e Melilli.
Il piano, relativo al problema dei rifiuti tossici stoccati per adesso presso grossi stabilimenti industriali (come l'Enichem di Siracusa) e quello per la bonifica dei siti contaminati prevedono strutture di smaltimento che al momento sono del tutto inesistenti, anche se un piano del Ministero dell'ambiente ha previsto bandi di gara per dare il via alle operazioni preliminari. Tali bandi scadono nel luglio di quest'anno.
Inoltre, la regione Sicilia è ancora priva di una legge istitutiva dell'agenzia regionale per l'ambiente. A fronte di tale situazione grave, preoccupante e per certi versi deprimente, la nostra associazione ha già iniziato da due anni un monitoraggio attento del territorio con la collaborazione dei responsabili provinciali dell'associazione stessa. Io stesso ho inviato mesi fa alla Commissione un dossier sul degrado del territorio della riviera ionico-messinese, dove per l'appunto l'assenza di controlli e la pressoché totale mancanza di programmazione da parte dell'amministrazione comunale di Messina ha ridotto le fiumare dei Peloritani in vere e proprie discariche a cielo aperto, ricettacolo di ogni sorta di rifiuti che le piogge torrentizie veicolano nel mare, trasformando così i fondali marini della nostra riviera in immondezzai sottomarini.
A questo punto credo sia più importante parlare del problema dell'amianto. Come la Commissione sa, quasi tutto l'amianto viene stoccato nella zona di Siracusa. Anche la stampa ha dato grande risalto al problema, che è serio. Esso deve essere considerato da un punto di vista normativa e da un punto di vista tecnico. Gran parte dell'amianto regionale viene portato nella discarica di Andolina nel territorio di Mililli in provincia di Siracusa. A tale discarica di tipo 2b vengono conferite notevoli quantità di amianto che subirebbero (il condizionale è d'obbligo) un trattamento di inertizzazione dalla ditta Giovanni Aprile, che ne cura anche lo smantellamento ed il trasporto. Il trattamento avverrebbe presso il centro di stoccaggio della stessa ditta Aprile.
PRESIDENTE. Usando sempre il condizionale, il centro di stoccaggio dove sarebbe?
FELICE AMATO, Responsabile per la provincia di Messina di "Ambiente e vita". Nel comprensorio due di Siracusa.
PRESIDENTE. In una località diversa di Mililli?
FELICE AMATO, Responsabile per la provincia di Messina di "Ambiente e vita". Penso che sia nella stessa zona.
PRESIDENTE. Quindi nella stessa località c'è il centro di stoccaggio e quello di smaltimento finale.
FELICE AMATO, Responsabile per la provincia di Messina di "Ambiente e vita". E' un caso raro che venga effettuato il trattamento da parte della ditta Aprile, perché ai sensi del DPR 8 agosto 1994, non è possibile, dopo lo smaltimento dell'amianto in polvere ed in fibre, effettuare stoccaggi provvisori (almeno che non si tratti di confinamenti temporanei di cantiere) e tanto meno trattamenti di qualsiasi natura. Sembra che i trattamenti di inertizzazione non rispettino le più elementari norme di sicurezza per gli operatori coinvolti, mancando sistemi di aspirazione delle fibre in fase di lavorazione. L'amianto verrebbe dalle Ferrovie dello Stato di Alcamo e Termini Imerese, dalle caserme del Genio militare di Messina, dalle centrali ENEL del territorio regionale, dall'Enichem di Siracusa e da piccoli insediamenti industriali regionali, da raffinerie e impianti petroliferi del siracusano.
Per quanto riguarda i rifiuti ospedalieri non assimilabili agli urbani, sembra che la produzione regionale assommi a circa 7 mila tonnellate/anno. Nella regione, però, non vi sono impianti di incenerimento di tali rifiuti, per cui questi vengono quasi tutti smaltiti fuori regione. Nel recente passato sono anche circolate voci di interramenti in vecchie cave o di smaltimenti addirittura in mare. E' questo un argomento che meriterebbe un approfondimento da parte della Commissione, dato l'elevato rischio per la salute pubblica in caso di smaltimenti non corretti. Vi è anche il sospetto che dai porti di Milazzo, Palermo ed Augusta vi possa essere un transito di rifiuti sanitari e sembra anche radioattivi, che viaggerebbero addirittura come merci sfuggendo così ad ogni tipo di controllo. A questa modalità di smaltimento sarebbero accomunabili anche alcuni rifiuti pericolosi che transitano per i porti di Palermo e Milazzo.
Per quanto riguarda invece i rifiuti solidi urbani, le discariche esistenti nel territorio funzionano tutte ai sensi dell'articolo 12 del DPR 915 del 1982. Vi è pero un aspetto che vorrei fosse ulteriormente analizzato: il regime di monopolio con cui alcuni comuni gestiscono tali discariche. Consideriamo ad esempio la situazione di Siracusa, dove alla scadenza di un appalto ne segue l'immediata proroga con ordinanze sindacali e sempre alla stessa ditta SASPI, oggi incorporata nel gruppo Waste management Italia. Stessa situazione si riscontra a Siracusa, dove il gestore è sempre la IGM che conferisce nella discarica di Contrada Cardona. A Messina il gestore è ALTECOEN, che conferisce alla discarica di Portella Arena, per la quale, un po' per le gestioni particolari del tempo, cioè del periodo passato, è in fase di progettazione una operazione di bonifica e ristrutturazione della discarica stessa. A Palermo i rifiuti solidi urbani sono gestiti dalla ditta AMIA, che gestisce anche la discarica di Bellolampo, le cui vicissitudini credo siano ben note alla Commissione.
In alcuni comuni è già iniziata la raccolta differenziata, ma solo per farmaci scaduti, pile, vetro e carta. I principali capoluoghi di provincia hanno già questo tipo di raccolta differenziata.
Sarà cura mia personale e della associazione trasmettere alla Commissione, onorevole presidente, ogni sorta di informazioni e notizie che mi auguro possano essere di aiuto nel corso dell'attività di inchiesta in questo delicato settore dello smaltimento dei rifiuti.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri interlocutori per il contributo recato. Ci scusiamo per l'esiguità del tempo a disposizione, ma la Commissione presterà la massima attenzione alla documentazione che ci sarà inviata, segnatamente dalle associazioni ambientaliste che più sono impegnate in questo campo, ad indagare e ad avanzare proposte a diretto contatto con i cittadini ed i problemi del territorio.
Come ho già detto, la Commissione ritornerà senz'altro in Sicilia poiché molti sono i capitoli sono rimasti aperti, che è nostra intenzione approfondire dettagliatamente.
Gli incontri terminano alle 19,30.